“Siamo la natura che si ribella”.

Oppure: “Siete folli terroristi che Meloni stroncherà”. Questi due sono gli opposti commenti alla manifestazione che ha visto  migliaia di persone  partire dal presidio No Tav di Venaus, centro del Festival Alta Felicità, per una passeggiata di lotta verso San Didero e Chiomonte. Un serpentone che si è snodato per le strade della Val di Susa e che ad un certo punto si è diviso permettendo a tutti di poter andare direttamente nei luoghi che sono diventati ormai il simbolo della devastazione, dello sperpero del denaro pubblico e dello sfruttamento dei territori. A San Didero migliaia di persone hanno raggiunto prima il presidio e poi direttamente le reti del cantiere: qui una sonora battitura al cancello disarmando le infrastrutture poste a protezione del cantiere tra cori e fuochi d’artificio. Contemporaneamente, sul versante di Giaglione, di fronte del cantiere di Chiomonte, un nutrito e determinato spezzone della passeggiata si è diretto al presidio dei mulini, aggirando il blocco sulla strada principale e dirigendosi poi ai jersey posti a difesa del cantiere dove diversi metri di concertina sono stati strappati dalle reti, nell’acclamazione generale pur tra lacrimogeni e idranti.   

“Pennatagliente” descrive e commenta l’avvenimento del 30 luglio (clicca qui): come i giornali hanno colto l’occasione per screditare ancora una volta  la battaglia ormai trentennale per la difesa del territorio. A riprova, riporta questi articoli inquadrati in una narrativa che parte dall’accusa di associazione a delinquere e che passa per i continui tentativi di criminalizzare la lotta, attuando le più svariate strategie.