Il governo vuole combattere la siccità o salvare gli interessi delle imprese che assetano il Paese?

Nelle intenzioni del governo (Ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto), la situazione di emergenza climatica, la siccità e il fenomeno della desertificazione (che già interessa il 20% del territorio italiano) saranno utilizzati per giustificare misure di razionamento dell’acqua, sospensioni programmate dell’erogazione, divieti e limitazioni all’utilizzo dell’acqua. Non è bastato, quindi, disapplicare il Referendum del 2011, oggi ci troviamo anche di fronte ad una nuova restrizione di democrazia che sottrarrà ai territori anche il controllo della propria acqua, sottoponendo i cittadini a centellinare questa risorsa vitale, pagata come oro ai vari gestori che, a fronte di lauti profitti e dividendi, hanno ridotto le reti a colabrodi. Mentre con ogni probabilità sarà impossibile irrigare anche il piccolo orto di casa, fiumi di acqua si disperdono dalle condutture nel sottosuolo.

Come movimento per l’acqua abbiamo denunciato come il “Recovery Plan” punti a realizzare una vera e propria “riforma” nel settore idrico fondata sull’allargamento del territorio di competenza di alcune grandi aziende multiservizio quotate in Borsa che gestiscono i fondamentali servizi pubblici a rete (acqua, rifiuti, luce e gas) la quale si sostanzierebbe in una vera e propria strategia di rilancio dei processi di privatizzazione.

A nostro avviso, invece, si tratta di mettere in campo un grande Piano nazionale per la ristrutturazione delle reti idriche (continua Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua)

Contro la guerra, un’altra società.

La guerra continua con il suo carico di morti, distruzione, devastazione. Nessun attore istituzionale sembra volerla fermare, praticando davvero e con coerenza quello che sarebbe da subito necessario: il cessate il fuoco e l’avvio di veri negoziati. La guerra continua e investe le nostre vite. Aumenta le diseguaglianze sociali, ingabbia la cultura e sottrae democrazia. Chiude tutte le faglie aperte dalla pandemia e rimette in un angolo ogni possibile trasformazione sociale. Persino il Recovery Plan, che abbiamo contestato contrapponendogli il nostro Recovery Planet, viene completamente rimosso e si parla ormai apertamente di Recovery di guerra. Tagli alla sanità e all’istruzione e corsa al riarmo, aumento delle spese militari e apertura di nuove basi militari, come quella a Coltano, dentro un parco nazionale. Nessuna transizione ecologica all’orizzonte, ma “più carbone, più trivellazioni e rilancio del nucleare”. Nessuna sovranità alimentare, ma nuovi finanziamenti all’agro-business e via libera agli ogm. Nessuna tutela dei beni comuni, ma lancio di una nuova stagione di privatizzazioni.

Fermare la guerra è la priorità. Per farlo occorre costruire un’altra società. In questi anni abbiamo aperto importanti spazi di convergenza tra i movimenti e abbiamo proposto un nuovo orizzonte comune: uscire dall’economia del profitto per costruire la società della cura, nella consapevolezza che nessuna/o si salva da sola/o. Occorre uscire dalla logica dell’emergenza decretata dai poteri dominanti, occorre agire l’urgenza di un cambiamento dal basso. Per questo, rilanciamo il confronto, la partecipazione e l’inclusione, chiedendo anche noi a tutte e tutti di “tenersi liberi in autunno”. 23 giugno ore 17,30 – 20,30  Società della Cura: questo è il link dell’evento online pubblico Facebook: https://www.facebook.com/events/442494787879589

Nucleare e gas non sono energie rinnovabili.

A questo link https://chng.it/52bC5wSRHf è possibile firmare la petizione (che ha già raccolto più di 100mila firme) contro la proposta della Commissione Europea di inserire nucleare e gas nell’elenco europeo delle energie verdi, proposta che vuol dire in sostanza usare i soldi del Next Generation EU (in Italia PNRR) per queste fonti pericolose e inquinanti. Il nucleare è già stato bocciato da ben due referendum popolari in Italia (1987 e 2011). L’Europa invece  deve sviluppare fonti di energie veramente rinnovabili come eolico, fotovoltaico, geotermico, idraulico. Nucleare e gas fossile non lo sono.

Contro la riforma pro-sanità privata della Lombardia.

La Regione Lombardia ha approvato una legge sanitaria che conferma quella politica di trasformazione della salute in merce che ha contribuito in modo determinante  alle enormi difficoltà di prevenzione e risposta alla pandemia in  Lombardia , anzi, utilizzando i fondi previsti dal PNRR, che apre ulteriormente alla gestione privata anche delle Case della Comunità e Ospedali di Comunità. Si oppone il Coordinamento regionale per il diritto alla salute. Clicca qui.  

Governo succube dei poteri economici e della speculazione finanziaria legati alle energie fossili e al nucleare.

La decisione della Commissione Europea di forzare la mano inserendo nelle energie rinnovabili anche nucleare e gas fossile va fermata. E’ un grave errore che contraddice le scelte  per dare alla questione ambientale e climatica la centralità che devono  avere per la transizione ecologica verso le energie rinnovabili. Il Ministro Cingolani e l’insieme del Governo hanno gravi responsabilità straparlando di nucleare di quarta generazione al solo fine di strizzare l’occhio alla pressione francese sul nucleare, dimenticando che ben 2 referendum hanno bocciato il nucleare in Italia. Clicca qui l’Osservatorio sulla transizione ecologica-PNRR  promosso da Coordinamento per la democrazia costituzionale, Laudato sii e Nostra.

Una nuova berlusconata per le infrastrutture ferroviarie.

ll PNRR nel campo delle infrastrutture di trasporto finanzia quasi solo quelle ferroviarie. Non c’è alcuna analisi per le singole opere che giustifichi questa nuova ondata di grandi opere “berlusconiane”. Il progetto di gran lunga  più rilevante è la nuova linea AV alta velocità Salerno-Reggio Calabria, affiancherebbe quella esistente e ne farebbe risparmiare ben mezz’ora di tempo; i costi risultano essere circa 5 volte maggiori dei benefici sociali. Il secondo per importanza è la “trasversale” Orte-Falconara, i benefici sociali sono un cinquantesimo dei costi, i risultati ambientali  addirittura negativi: il progetto emette in fase di costruzione più CO2 di quanto risparmia lo scarso traffico, dunque genera un danno netto all’ambiente. Un terzo riguarda una serie di miglioramenti sulla linea adriatica da Bologna a Brindisi, e qui i benefici sociali superano i costi. Nel Restiling della Tirrenica prevedibili modesti benefici ambientali netti e il totale dei benefici risulta di poco inferiore ai costi. Clicca qui una analisi di Marco Ponti.

Cara Ursula Von Der Leyen.

Presidente della Commissione Europea, firma anche tu la petizione che si oppone al recovery plan del governo Draghi nel quale  viene spacciata per “economia circolare” la produzione di biogas e di bio-metano a partire dalla coltivazione e fermentazione di colture intensive (mais, sorgo, triticale) e di rifiuti organici differenziati per produrre “bio-metano sostenibile”.

Cresce la povertà e il governo aumenta le spese militari.

Il governo italiano fa la sua di parte nella spartizione del mondo, nel rafforzare l’economia di guerra, nella difesa di un sistema economico che è letale per lo sviluppo e il progresso sociale. In Italia oggi, secondo i dati ISTAT, vivono in condizioni di povertà assoluta “poco più di due milioni di famiglie (7,7% del totale da 6,4% del 2019) e oltre 5,6 milioni di individui (9,4% da 7,7%)”. Ciò significa che quasi il 10% della popolazione italiana non ha le risorse sufficienti per condurre una vita che possa definirsi accettabile. Per non parlare poi del Meridione in cui il tasso di povertà supera il 42 %. Eppure Draghi programma l’aumento delle spese militari, secondo il Recovery Fund… continua

L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile: il PNRR viola il referendum.

L’ASVIS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) analizza lo stato di avanzamento del nostro Paese rispetto all’attuazione dei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030, clicca qui. Nel paragrafo “GOAL 6 – Acqua pulita e servizi igienico-sanitari” si denuncia esplicitamente il fatto che il PNRR, non escludendo la possibilità di gestione da parte dei privati, porti a disattendere l’esito referendario.

687 chilometri di tubi e centrali lungo la Penisola (coi soldi dei contribuenti).

Mentre l’Europa sostiene col Recovery Plan le fonti energetiche rinnovabili per superare i combustibili fossili. Per il metanodotto “Linea Adriatica” l’iter autorizzativo è giunto a conclusione, col placet di Roberto Cingolani. Ma i cittadini sono sul piede di guerra per tutelare ambiente e legalità: l’associazione “Forum ambientalista” s’è rivolta al Tar del Lazio; i “Comitati cittadini per l’ambiente” hanno presentato un esposto a Sulmona e Roma clicca qui.

Rinnovo dell’Alleanza Mobilità Dolce 2021-2024

Rinnovata la firma di 29 associazioni che rilancia l’Alleanza per la Mobilità Dolce in Italia fino al 2024. Cinque filoni di attività: seguire l’attuazione delle norme, monitorare l’uso dei fondi del PNRR, proseguire l’impegno per creare l’Atlante per la Mobilità Dolce, attivare e sostenere sperimentazioni nei territori, sviluppare indagini, report e position paper sulla mobilità dolce, borghi e turismo sostenibile. Clicca qui.

Il modello di transizione ecologica di Cingolani – Draghi (e Grillo?).

Il problema, per il ministro (grillino?), è che “il mondo è pieno di ambientalisti radical chic e di ambientalisti oltranzisti, ideologici: sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati”. Altrimenti il suo modello è il Piano di ripresa scritto dal suo Ministero al quale spetta circa il 40% dei fondi del Recovery Fund. Tale piano, commenta Marco Palombi, non è altro che un copia-incolla, una non libera rielaborazione di progetti già presentati da grandi imprese a cui  viene assegnata una corsia velocissima per le autorizzazioni: la riconversione delle raffinerie per produrre carburanti (waste to fuel dell’Eni); lo stoccaggio di CO2 (sempre Eni a Ravenna); mega-impianti per rinnovabili in aree industriali (Enel); gasdotti ovunque  compresi i due per la Sardegna bocciati dall’Autorità per l’energia; i poteri sull’end of waste, cioè quali rifiuti smaltire e come, attribuiti alle Regioni (Confindustria Ambiente).

Cingolani e Draghi (e Grillo?) ritengono che la transizione energetica consista nel far pagare allo Stato gli investimenti in gas – che resta un fossile, anche travestito da idrogeno – di grandi aziende e affidarsi al laissez-faire paesaggistico e industriale, altrettanto sussidiato, quanto alle rinnovabili. Dunque gli inceneritori di rifiuti diventano opere strategiche per la transizione, si possono autorizzare un po’ di trivellazioni in mare o buttare lì che sul nucleare bisogna essere pragmatici, guardare ai numeri e alle tecnologie di quarta generazione, senza uranio arricchito e acqua pesante (mature fra 40 anni).

Gli eventi disastrosi confermano: altro che “Green Deal”, il Pnrr è un vero attacco all’ambiente.

Invece di puntare davvero alla transizione ecologica, il piano destina le risorse a progetti con fonti fossili e alle grandi opere, grazie agli “sblocca cantieri” modello Berlusconi. Per evitare che la “cascata di miliardi” si traduca in nuovi sfasci ambientali e sociali occorre (continua)

Venti anni dal G8 di Genova. Senza memoria non c’è futuro.

Venti anni dal G8 di Genova. Senza memoria non c’è futuro: sentiamo il dovere, oltre che il diritto, di fare memoria di quel pezzo importante di storia dei movimenti sociali, tanto più perché è una ferita ancora aperta. Di farlo insieme, con l’attivismo sociale di diverse generazioni. Di farlo oggi, mentre c’è un terribile bisogno di futuro, di fronte alla possibilità che le dure lezioni della pandemia rimangano inascoltate.

Venti anni fa, una straordinaria convergenza di idee, esperienze, culture e pratiche in Italia e in tutto il mondo alimentò una grande speranza di cambiamento globale. Già conteneva la previsione dello scenario a cui si andava incontro: l’insostenibilità della globalizzazione neoliberista e i suoi pesantissimi impatti sociali, economici e ambientali. Le crisi che anno dopo anno si sono succedute a ritmi sempre più preoccupanti ci hanno dato ragione- fino alla pandemia, che ha messo in luce tutti i limiti strutturali del sistema e i pericoli che esso porta con sé. 

Oggi, la necessità di una alternativa di sistema è ancora più evidente. Il potere economico finanziario, il sistema politico, i governi ci costringono da venti anni a fare le Cassandre: nessun passo è stato fatto verso quel mondo diverso rivendicato da un gigantesco movimento globale, nonostante la consapevolezza dei problemi sia ora molto più grande di allora. La reazione ai danni della globalizzazione liberista è stata finora cavalcata dalla destra in chiave razzista, reazionaria, identitaria. Ora un virus ha messo a nudo tutta la magnitudine del disastro – climatico, sociale, umano, di genere, ambientale, pandemico, sanitario. Un forte punto di riferimento anti-sistemico è oggi ancora più necessario.

E’ tutta aperta la grande questione dello spazio civico e dell’agibilità democratica, del diritto al dissenso, della legittimità del conflitto sociale, del ruolo degli attori sociali: elementi che sono la cifra della qualità di una democrazia e che invece si vanno restringendo anche in tutta Europa. Nel 2001 nelle strade di Genova, alla Diaz, a Bolzaneto subimmo “la più grande violazione dei diritti umani in occidente”, alla verità sull’uccisione di Carlo Giuliani non si è mai voluti arrivare, chiarezza sui mandanti politici non è mai stata fatta, giustizia ne abbiamo avuta ben poca, e nessuno si è mai degnato di una scusa. Genova è una delle macchie nere e oscure della democrazia italiana, non c’è archiviazione possibile – e tenere aperto lo spazio civico è una necessità anche oggi. 

Genova ci parla della necessità della convergenza. Nel 2001 il movimento fu capace di resistere, di allargarsi ancora fino a realizzare nel 2003 la manifestazione più grande del mondo; seppe costruire una identità, una speranza, una cultura. Fu il risultato di un intreccio senza gerarchie fra provenienze, tematiche, soggettività diverse. In questi venti anni le idee di allora si sono fatte pratiche, conflitti, lotte, alternative concrete, si sono incarnate in tanti territori e comunità. Ma la pandemia ci dimostra che da solo non si salva nessuno, ci dice quanto siamo interconnessi e quanto bisogno c’è di ricostruire uno spazio pubblico nazionale, europeo e globale di lotta, di pensiero, di alternativa. 

Il mistero della transizione ecologica.

Il PNRR italiano e il suo padre, il RRF della Commissione europea, e la sua madre, il programma NextgenerationEU, altro non sono che armi di distrazione di massa, finalizzate a bloccare l’attenzione intorno a misure e progetti assolutamente inconsistenti, se non controproducenti. Se il ministro della Transizione sembra sensibile soprattutto alla lobby del gas (Eni ed Enel), il PNRR, nel suo insieme, destina il giusto tributo anche a quella del cemento e delle Grandi opere: il piano pullula di autostrade, aeroporti e treni ad Alta velocità, chiamati infrastrutture, tutti finanziati a spese del trasporto locale (compreso il TAV Torino-Lione, ricompreso nel PNRR, senza nominarlo, nelle vesti del fallito Ten-T). Continua Guido Viale.

Vogliamo essere l’alternativa alle scelte del governo Draghi.

La costruzione della Società della Cura ha coinvolto, in  un inedito percorso di convergenza fra realtà associative e movimenti, oltre 400  realtà collettive e oltre 1300 persone. Partendo dal Manifesto “Uscire dall’economia del profitto, costruire la società della cura”, abbiamo prodotto “Il nostro dono di Natale” del 22 dicembre 2020 con la rivendicazione di misure urgenti per l’emergenza e l’indicazione su dove trovare le risorse, nonché  il nostro Recovery Planet, alternativo al PNRR del Governo Draghi, consegnato con una mobilitazione davanti a Montecitorio il 26 aprile scorso. Pur in tempi di pandemia, abbiamo attraversato, rafforzandole e rafforzandoci, tutte le mobilitazioni sociali di questi mesi. Ci siamo incontrati, ci siamo confrontati, abbiamo fatto importanti passi avanti…abbiamo costruito percorsi collettivi (gruppi di affinità, tavoli di lavoro) e ci siamo radicati in molti territori. Tutti/e protesi a contribuire a costruire un’alternativa di società. Abbiamo davanti a noi un periodo che si presenta difficile e forse drammatico: le scelte messe in campo dai governi sembrano voler rimuovere i profondi insegnamenti che ci ha trasmesso la pandemia, per riprodurre, dentro un quadro ancor più autoritario, le politiche che ci hanno portato al disastro sociale ed ecologico. Il nostro prossimo appuntamento collettivo sarà a Genova nelle giornate del 19 e 20 luglio, dove terremo un’assemblea nazionale e un’assemblea internazionale dei movimenti, per confrontarci dentro una rete ancora più ampia su come preparare un autunno di mobilitazione sociale, e dove saremo di nuovo in Piazza Alimonda per ricordare la ferita aperta di Carlo Giuliani, ragazzo

Un primo bilancio sul governo Draghi, al di là del coro estasiato dei grandi media.

Assembramento senza mascherina

Da questo articolo (clicca qui) estrapoliamo alcuni capitoli riguardanti ambiente e salute.

Ambiente. La transizione a misura di grandi imprese. La transizione ecologica, per come disegnata nel Pnrr e nei decreti collegati, è in sostanza una ristrutturazione del sistema industriale a misura di (grande) impresa, peraltro lautamente sussidiata dallo Stato (vedi la Valutazione d’impatto ambientale da concedere subito e con priorità ai progetti più grandi). Di fatto si punta a modificare il mix energetico usato con un occhio di riguardo al gas (un fossile) e spesso secondo progetti già inseriti dai grandi gruppi nei loro piani industriali: i molti gasdotti che in futuro forse serviranno per l’idrogeno misto (Snam) e il progetto di cattura della CO2 (l’Eni nelle piattaforme di Ravenna) ne sono gli esempi più eclatanti. Non mancano scelte di fondo che il ministro Roberto Cingolani non ha mai discusso in pubblico: citeremo solo il caso degli inceneritori, bizzarramente inseriti tra gli impianti sottoposti ad autorizzazione veloce per gli obiettivi fissati dal Pniec (piano per il clima), che teoricamente sarebbe focalizzato sulla riduzione delle emissioni climalteranti.

Grandi opere. Tanto Tav e torna la legge obiettivo. Con le “semplificazioni”, il ministro Enrico Giovannini si è dotato del potere di gestire le faraoniche (e spesso inutili) opere infrastrutturali sul modello della legge Obiettivo. Oltre al ritorno dell’“appalto integrato” (progettazione ed esecuzione dell’opera allo stesso soggetto), ispirato alla legge dei tempi di Silvio Berlusconi – travolta dalle inchieste e definita “criminogena” da Raffaele Cantone – è la procedura lampo per le “opere di particolare complessità e rilevante impatto”: una lista affidata a un “comitato speciale” che – con Soprintendenza e Commissione Via altrettanto “speciali” – delibera in 45 giorni esprimendo “pareri lampo” che hanno effetto di “variante urbanistica”, aggirando Comuni e stazioni appaltanti. La lista, destinata a crescere, oggi conta 10 mega opere: dall’Alta velocità Palermo-Catania alla Roma-Pescara fino alla diga “foranea” di Genova. Il fiore all’occhiello è però l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria (10 miliardi stanziati nel fondo “complementare” al Pnrr, che ne mette altri 25): trattasi del completamento ideologico del Ponte sullo Stretto di Messina, su cui Giovannini ha non a caso riaperto il dibattito.

Covid. Il Caos eterologa e le giravolte sui vaccini. A maggio il governo si è fatto bocciare dal Garante della Privacy il Green pass: tra le altre cose, non era chiaro chi potesse accedere ai dati sanitari e si demandava parte della disciplina a regolamenti, di rango inferiore alla legge. Tra il 9 e il 16 giugno, dopo varie correzioni, è arrivato l’ok. Nel frattempo si fa avanti e indietro su AstraZeneca. Il 12 maggio il Comitato tecnico scientifico dà via libera alle Regioni sugli Open Day a base di AZ per i “volontari” dai 18 anni in su benché da marzo, per quanto autorizzati senza limiti d’età da Ema e Aifa, i vaccini a vettore virale siano “raccomandati” solo per gli over 60 a seguito delle trombosi rare che hanno indotto alcuni Paesi a eliminarli. Dopo gli appelli di medici e scienziati e la tragedia della 18enne ligure Camilla, l’11 giugno arriva lo stop: AZ vietato agli under 60 anche per le seconde dosi. Come in altri Paesi, i richiami si faranno con i vaccini Pfizer e Moderna, mentre per Johnson & Johnson resta solo la “raccomandazione”. Una settimana dopo, mezzo dietrofront: gli under 60 possono fare AZ col parere del medico.

Sud preso in giro: l’alta velocità aiuta i costruttori e i più ricchi.

Con il Pnrr arrivano miliardi per infrastrutture costosissime, senza stime di traffico e con effetti ambientali negativi. Al Meridione serve occupazione stabile in settori avanzati, invece le linee Av favoriscono, a costi enormi pagati da tutti, una piccola minoranza di persone che viaggia, dell’ordine del 5 per 1.000. E sono viaggiatori che hanno molta fretta, non certo i cittadini a più basso reddito del Sud. A cui servono buoni servizi ordinari di trasporto, per i loro spostamenti quotidiani per studio e lavoro. Clicca qui.

Recovery plan italiano in aperta violazione dei trattati europei.

Nel testo inviato alla commissione europea del Recovery Plan o P.N.R.R. del governo Draghi, a fronte di un ipotetico fondo europeo da 196 miliardi di euro per la “transizione ecologica”, il budget previsto per l’economia circolare è di soli 2,1 miliardi di euro, pari a meno dell’1 % del totale! Nonostante questo, tutti i giorni i media riportano le dichiarazioni di ministri, sottosegretari e parlamentari che ci spiegano come l’obiettivo centrale per la sostenibilità dei processi produttivi sia l’economia circolare e la de-carbonizzazione della produzione di energia attraverso fonti rinnovabili (non le biomasse, il metano o l’idrogeno prodotto dal metano). Occorre precisare che l’economia circolare serve a ridurre le importazioni di materie prime dall’estero, attraverso il recupero di “materia prima secondaria” dal riciclaggio dei rifiuti differenziati. Distruggere la materia per recuperare un quarto di energia è del tutto opposto al principio della circolarità decisa dall’U.E. Nel recovery plan del governo Draghi viene spacciata per “economia circolare” la produzione di biogas e di bio-metano a partire dalla coltivazione e fermentazione di colture intensive (mais, sorgo) e di rifiuti organici differenziati per produrre “bio-metano sostenibile”! Invitiamo quindi a firmare questa petizione… clicca qui.

Acqua pubblica e clima, col Recovery andrà ancora peggio.

Utili vietati? 8 miliardi di fatturato e bollette sempre più salate. E col Pnrr andrà peggio

Grazie alla regolazione delle tariffe realizzata da Arera, l’agenzia per le reti, i gestori  fatturano miliardi e realizzano grandi utili sottraendo risorse che potrebbero essere destinate agli investimenti. Ora il Recovery riverserà fondi per 4,38 miliardi purché le reti però tornino in mano privata.

Siamo nel bel mezzo di una crisi climatica, la gestione ai privati è una catastrofe

Per il Consiglio Nazionale dei Geologi  già ora il sistema non è pienamente in grado di assicurarci la disponibilità e salubrità della risorsa. Inoltre la riforma del settore idrico contenuta nel Pnrr nei fatti prepara la definitiva privatizzazione del servizio.

Canone ridicolo e concessioni affidate senza gara: il grande affare delle minerali

Noi siamo i più grandi consumatori di acqua imbottigliata, secondi solo al Messico e largamente primi fra i paesi occidentali. Secondo Legambiente, a fronte di un business stimato fra i sette e i dieci miliardi di euro l’anno, nelle casse regionali entrano solo 18 milioni

Transizione eco-illogica del ministro Cingolani

In febbraio avevo espresso preoccupazioni per l’impostazione del nuovo ministero della Transizione ecologica. Ora le preoccupazioni si sono rivelate fondate, in tanti tra coloro che si occupano di sostenibilità ambientale assistiamo attoniti alla transizione eco-illogica. La cifra di Cingolani sembra essere l’addizione verde più che la sostenibilità ambientale. Una visione fatta esclusivamente di crescita e […]

Contro il governo dei “migliori” da Roma a Bussoleno.

Clicca qui Alberto Perino

Contro il Governo, mentre a Roma si manifesta “BENI COMUNI, ACQUA E NUCLEARE: INDIETRO NON SI TORNA!” per un Recovery Plan dei diritti e per un futuro ecocompatibile, nelle stesse ore da Bussoleno parte la MARCIA POPOLARE NO TAV VERSO SAN DIDERO. Torna a farsi sentire la nostra voce con i tecnici e con gli amministratori, una voce di un popolo contrario alla distruzione della Valle, dell’ecosistema, della Natura e delle nostre scarse finanze alimentate sempre, e non scordiamocelo, dalle nostre tasse, con il taglio dei servizi: dalla sanità alla scuola, dalla mobilità locale alla ricerca…. Un popolo che  non accetta la finta di fare una ferrovia per togliere i TIR dalle strade e regalare alla SITAF un nuovo autoporto per aprire anche la seconda canna del traforo autostradale del Frejus e spostare attraverso la Valle di Susa anche il traffico che oggi passa per il traforo del Monte Bianco. Vogliono rubare il  nostro futuro, ma soprattutto il futuro dei nostri figli e delle generazioni future con un’opera che non avrà mai un saldo positivo di emissioni di CO2, che nel momento più delicato di svolta per migliorare il clima e salvare il Pianeta riversa nell’aria milioni di metri cubi di veleni oggi, raccontando la favoletta che domani andrà meglio. Dicono che non c’è più’ l’opposizione al TAV, alla distruzione della Valle, ad un nuovo autoporto a San Didero in sostituzione di quello di Susa che deve far posto allo smarino delle gallerie. Parlano dell’opposizione dei partiti, in quanto sono tutti al governo. Invece nel Paese non siamo tutti favorevoli al grande saccheggio delle casse dello Stato per foraggiare i soliti ben noti: dai Gavio (SITAF) a TELT, dalla ‘Ndrangheta che ci mette la manovalanza, a qualche piccolo im-prenditore locale che pensa di lucrare le briciole segando il ramo su cui è seduto! Clicca qui nella newslettera di Doriella&Renato le altre iniziative.

Clicca qui il video.

Privatizzazione idrica a go go.

Secondo  il Consiglio Nazionale dei Geologi, la riforma del settore idrico contenuta nel Pnrr nei fatti prepara la definitiva privatizzazione del servizio: ll Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) prevede investimenti per ‘garantire la gestione sostenibile delle risorse idriche lungo l’intero ciclo e il miglioramento della qualità ambientale delle acque interne e marittime’. Ma la cosiddetta riforma del settore idrico contenuta nel Pnrr, pur presentandosi come un rafforzamento della governance, nei fatti prepara la definitiva privatizzazione del servizio idrico attraverso la conquista del Sud Italia da parte delle società multiutility del centro nord. Insomma, si tratta di un rilancio dei processi di privatizzazione centrato sull’allargamento del territorio di competenza di alcune grandi aziende multiservizio quotate in Borsa che gestiscono i fondamentali servizi pubblici a rete come acqua, rifiuti, luce e gas. Mentre invece dovrebbe essere prioritario approvare una legge attuativa dell’esito referendario del 2011”.

Soprintendenza Unica, colpo di grazia alla tutela paesaggistica.

Gli ingranaggi del Recovery Plan faranno strame della natura, della cultura, della storia e dell’identità, di quello che a pieno titolo, ma ancora per poco, possiamo chiamare il Bel Paese. La capillare diffusione delle “rinnovabili”, così come prevista, per la nostra Italia, non è sostenibile: non è possibile spargere sul territorio nuovi impianti di estensione dieci volte maggiore di quanto già orrendamente impiantato negli ultimi quindici anni. Sarà un massacro e l’ultimo insulto al paesaggio. Clicca qui Italia Nostra.

Draghi ci allontana dall’Onu.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è finito sotto la lente d’ingrandimento di 800 esperti che fanno riferimento alle oltre 300 organizzazioni e reti aderenti all’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASVIS), la quale  ha presentato il rapporto “Il Pnrr e l’Agenda 2030”, manifestando allarme per l’allontanamento dell’Italia dagli obiettivi previsti dall’agenda dell’Onu per la sostenibilità su scuola d’infanzia, reti idriche, disuguaglianza del reddito e trasporto pubblico. Clicca qui.

Ennesimo tentativo di sospendere le norme di tutela previste dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

Contenuto nella bozza del dl Semplificazione delle procedure autorizzative per i lavori di costruzione di impianti per le energie rinnovabili finanziati con il Recovery plan. Protestano  le associazioni del settore archeologico che rappresentano imprese, professionisti e lavoratori, docenti universitari e amministrazioni pubbliche. Clicca qui.

Profonde critiche su metodo e contenuti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Le scelte obsolete del governo nel PNRR  vanno nel verso contrario alla declamata “transizione ecologica” che di fatto è una “spinta autoritaria” a grandi opere e progetti fonti di grande inquinamento e fermi da tempo (puntare sul metano ed estendere gli impianti di biogas e biometano, proseguire la rete di alta velocità, costruire la rete 5G wifi, recuperare il fallimento del superbonus 110% per l’edilizia ecc ….). Clicca qui  il comunicato del Movimento Legge Rifiuti Zero per l’Economia Circolare.

Società della Cura avvia il Gruppo di lavoro sulla Riforma fiscale.

Dopo la presentazione del proprio Recovery Planet, con le riuscitissime iniziative del 10 e del 26 Aprile, pronti a partire con il Gruppo di Lavoro Riforma Fiscale attivato all’interno del precedente gruppo Debito e Finanza. Siccome la riforma fiscale è la madre di tutte le battaglie, le misure individuate risulteranno indispensabili per avere a disposizioni risorse certe per finanziare le proposte contenute nelle  14 aree tematiche del Recovery Planet, dal reddito universale garantito al potenziamento strutturale di sanità e scuola pubblica, per garantire la gratuità dei trasporti pubblici locali, per attivare le misure di contrasto ai cambiamenti climatici.

La nuova diga di Genova serve ai giganti del trasporto marittimo.

Prevedendo un raddoppio del traffico di container nel 2029 rispetto al 2019, alla voce “Costo e finanziamento dell’opera” si sommano 500 milioni di euro dal Recovery fund, 250 con fondi dell’autorità portuale (che è un ente dello stato) e 200 dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti, totale 950 milioni. Per il completamento dell’opera servirebbero, da preventivo, altri 400 milioni, che al momento non ci sono. Le istituzioni sono schierate a favore della diga: secondo l’Autorità di sistema portuale, il sindaco, i governi regionale e nazionale e perfino l’arcivescovo, è irrinunciabile sostituire la vecchia con una nuova diga, più al largo, che dia spazio di manovra a navi lunghe anche 400 metri. La loro analisi costi-benefici di questo “gigantismo navale” sono ovviamente ottimiste, soprattutto per l’imprevedibile effetto occupazionale,  poco attente all’inquinamento e alle ricadute sociali e urbanistiche.  Clicca qui.  

In piazza contro il “Piano nazionale di ripresa e resilienza”

Il 26 aprile il Presidente del Consiglio Draghi porterà alla discussione delle Camere il PNRR. Sarà poco più che una ratifica, con tutti i partiti in spasmodica attesa del bastimento carico di miliardi che arriverà dall’Europa. Come Società della Cura saremo a Roma, davanti al Parlamento, PER PRESENTARE IL NOSTRO RECOVERY PLANET, un piano alternativo che contrapponga il prendersi cura alla predazione, la cooperazione solidale alla solitudine competitiva, il “noi” dell’eguaglianza e delle differenze all’”io” del dominio e dell’omologazione.

Società della Cura mobilitazione 26 aprile a ROMA, a piazza Montecitorio collegamento online  dalle ore 15.00 clicca qui.

Decimo anniversario del referendum 2011 acqua e nucleare. Mobilitazione contro Draghi.

10 anni fa una coalizione ampia e determinata ha sancito una vittoria storica nel nostro Paese con 27 milioni di sì ai referendum su acqua, servizi pubblici e nucleare.  10 anni dopo, in piena pandemia, quella vittoria basata sulla difesa dei beni comuni e sull’affermazione dei diritti di tutti sui profitti di pochi, ha un significato ancora più attuale. Infatti la cosiddetta riforma” del settore idrico contenuta nel Recovery Plan così come aggiornato dal governo Draghi punta ad un sostanziale obbligo alla privatizzazionein particolare nel Mezzogiorno. D’altronde Draghi non ha mai dissimulato la volontà di calpestare l’esito referendario visto che solo un mese e mezzo dopo firmò insieme al Presidente della Banca Centrale Europea Trichet, la lettera all’allora Presidente del Consiglio Berlusconi in cui indicava come necessarie privatizzazioni su larga scalaL’attuale versione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza risulta in “perfetta” continuità con queste indicazioni e rimane, dunque, una risposta del tutto errata alla crisi sindemica, riproponendo le stesse ricette che hanno contribuito a crearla.

Dunque proponiamo di avviare un confronto per organizzare insieme una grande mobilitazione in occasione del decennale per ribadire insieme che i beni comuni sono un valore fondante delle comunità e della società senza i quali ogni legame sociale diviene contratto privatistico e la solitudine competitiva l’unico orizzonte individuale. Dunque giovedì 29 aprile ore 18, assemblea nazionale on line: clicca qui.

Il Recovery Plan di Draghi: più privatizzazioni, meno democrazia.

Il “governo dei migliori” e il Recovery Plan ci vengono venduti come soluzioni salvifiche che cancelleranno i peccati dal nostro paese “restituendo” prosperità e benessere. La realtà però racconta di una gravissima sovversione della democrazia e di un piano infarcito della stessa cultura liberista che ci ha condotto alla situazione attuale, e che punta ancora alla privatizzazione dell’acqua. Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua (clicca qui) partecipando alla mobilitazione nazionale “Recovery PlanET”, chiede  investimenti pubblici per la ripubblicizzazione del servizio idrico così come previsto dalla legge per l’acqua pubblica colpevolmente rimasta indiscussa da oltre due anni in Commissione Ambiente della Camera, per la ristrutturazione delle reti idriche e per il riassetto idrogeologico e la messa in sicurezza del territorio.

No arsenali sì ospedali.

Clicca qui per firmare la Petizione no arsenali si ospedali per convertire le spese militari in investimenti per la salute nella prospettiva di una conversione ecologica dell’economia. Infatti Mario Draghi, dopo le prime settimane in cui nelle veline dei giornali italiani mancava soltanto che venisse indicato come il vero autore del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ha fatto, nel migliore dei casi, le stesse cose del governo precedente, ma con due aggravanti decisive: un’incapacità indifendibile nella gestione della campagna vaccinale e una crisi economica per la quale non ha indicato nessun intervento strutturale. Si è costruita e Draghi continua ad alimentare una narrazione di colpevolizzazione dei comportamenti individuali che, al netto di casi deprecabili ma quantitativamente insignificanti, sono stati additati come la ragione unica della diffusione del virus e della moltiplicazione delle sue varianti, indicando ogni volta l’untore di turno.

Si potrebbe pensare che il vero Draghi strategico e chirurgico emergerà nella fase 2, quella che deve assegnare i fondi del Recovery Plan riscritto dai “Draghi boys”? Si possono aspettare interventi strutturali, in un Paese che – dopo aver ricevuto mancette di sopravvivenza riducendo il welfare a beneficenza e filantropia – dovrebbe creare posti di lavoro a breve e medio termine colmando il gap digitale che ci allontana dal resto d’Europa. Ma l’unica certezza al momento è che nel piano allo studio del governo c’è il progetto d’incrementare la capacità militare attraverso i fondi del NextGeneration, che si aggiungeranno ai 36,7 miliardi di euro già stanziati per le spese militari, risorse sottratte all’investimento e allo sviluppo infrastrutturale dell’Italia. Nella morsa della pandemia al via manovre Usa-Nato: l’Italia ha però la soddisfazione di partecipare alla Defender-Europe 21 non solo con le proprie forze armate, ma quale paese ospite. Clicca qui Manlio Dinucci: Nella morsa della pandemia al via manovre Usa-Nato.

Ecco il nostro recovery planet. 10 aprile giornata nazionale di mobilitazione.

E’ in arrivo un bastimento carico di miliardi. Si chiama Next Generation Ue, è interamente guidato da Crescita – Concorrenza – Competizione. L’esatto contrario di ciò che la pandemia ci ha insegnato: Nessuno si salva da solo, siamo persone interdipendenti fra noi e con l’ambiente che ci circonda. Il governo Draghi – con una ristretta cerchia di “esperti” ordo liberisti – sta predisponendo il Recovery Plan per l’accesso ai fondi europei. Non si intravede alcuna inversione di rotta. 

Per questo la Società della Cura scende in piazza ( Imperia – Asti – Iesi – Ancona – Genova – Pietra Ligure – La Spezia – Campobasso – Firenze – Torino – Padova – La Spezia  – Sarzana – Saronno – Milano – Roma – Udine – Aosta – Lucca – Prato – Fermo – Pesaro – Legnano – Venezia – Pisa ) per presentareil suo Recovery PlanET: un documento elaborato per tre mesi da centinaia di mani che si riconoscono nella “Società della cura”. Il Recovery PlanET si può leggere qui. La Società della Cura è una convergenza nata durante il lockdown, coinvolgendo gruppi, associazioni, reti sociali e del mutualismo, movimenti.  Attualmente riunisce oltre 1800 aderenti collettivi e individuali in tutta Italia. Un lunghissimo elenco che trovate a questo link.

L’attività lobbystica di Legambiente a favore del Recovery fund?

Draghi peggiora Conte nel Recovery Fund, secondo (clicca qui): Movimento Legge Rifiuti Zero per l’economia circolare, ISDE Italia medici per l’ambiente, Centro Europeo Terza Rivoluzione Industriale – CETRI-TIRES,Gruppo Unitario per le Foreste Italiane – G.U.F.I. Gruppo di Intervento Giuridico – GrIG Associazione Consumatori Utenti – Movimento Sostenibilità Equità Solidarietà – SequS. “Viene chiamato ‘transizione ecologica’ un vecchio sistema di ‘economia lineare’ in cui ancora si premiano grandi infrastrutture, 5Gm alta velocità ecc. Questo a scapito della falsità con cui viene speso il termine di ‘economia circolare’ dato che molti di questi investimenti non produrranno alcun effetto nella diminuzione delle emissioni in atmosfera. Anzi”. Inoltre, secondo le sette associazioni nazionali, le dieci “opere faro” proposte da Legambiente per il Recovery fund non sono che “attività lobbystica“ a favore del governo.

–>(5) Legambiente: nel Recovery Plan via i PFAS da Veneto e Piemonte.

I mecenatismi  sono investimenti atti a saldare la dipendenza delle amministrazioni leghiste locali, ma la questione PFAS in Italia ha ormai assunto dimensioni strategiche. Infatti Legambiente ha presentato al Governo  dieci opere-faro sulle quali concentrare i fondi del Recovery Plan, per avviare una vera transizione ecologica per l’Italia. Tra queste, la bonifica dei territori e delle falde inquinate dai PFAS in Veneto e Piemonte, che per quanto riguarda lo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo si traduce nell’eliminazione della fonte dell’inquinamento, cioè nella cessazione degli impianti che producono e usano il Pfas C6O4. Clicca qui

Nessun piano amianto nel Recovery Plan?

Mentre i processi si concludono tutti senza risarcimenti per le Vittime, non risulta un piano di incentivi e risarcimenti per la rimozione dell’amianto sul territorio nazionale. L’amianto non è un problema del passato ma del presente e del futuro, e senza le necessarie bonifiche le persone continueranno ad ammalarsi e morire. Ogni anno 6.000 persone perdono la vita a causa delle malattie asbesto-correlate, altre decine di migliaia per tumori professionali, più di 1.400 per infortuni sul lavoro. Sono presenti ancora più di 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto, 33 in matrice compatta e 7 friabile, in un milione di siti, di cui 50.000 industriali e 40 di interesse nazionale e ci sono ancora circa 2.400 scuole a rischio, con un bacino di 350.000 alunni e 50.000 insegnanti. Per non parlare degli edifici privati.