Che fine ha fatto la “questione morale” di Berlinguer? 

In questi giorni di giugno, quaranta anni fa, moriva Enrico Berlinguer. In questi giorni si svolgono le elezioni europee. Nessun partito sta ponendo la “Questione morale” minimamente con la forza utopica e rivoluzionaria che pose Berlinguer. Eppure la “questione” è rimasta oggi la stessa di allora. O è peggiorata?

Gli italiani sono stufi, hanno  il rigetto della politica e il  vento di dell’astensionismo soffia robustamente. I partiti hanno degenerato e questa è l’origine dei malanni d’Italia. I partiti sono soprattutto macchine di potere e di clientela, gestiscono interessi, talvolta anche loschi. I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo, hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, i giornali. I partiti sono macchine di potere che si muovono soltanto quando è in gioco il potere: seggi in comune, seggi in parlamento, governo centrale e governi locali, ministeri, sotto-segretariati, assessorati, banche, enti; se no, non si muovono.

Contro questa degenerazione, Berlinguer oppose e propose la “diversità del PCI”. Anni dopo Beppe Grillo opporrà il “Vaffà”.  Morto Berlinguer, sedato Grillo, i due partiti giunti alle poltrone del potere hanno avuto l’occasione di provare la propria svolta politica.

Invece hanno messo  in mostra una classe dirigente incapace di affermare che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani sempre ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata. Incapace, se non di realizzare, almeno di affermare che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza, di crisi ambientali, che si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso sta sempre creando masse crescenti di disoccupati, di inoccupati, di emarginati, di sfruttati, e portandoci ad un passo dalle terza guerra mondiale.   

Falliti lo scossone al sistema affidato alla “strategia dell’eurocomunismo (o terza via)” e il Vaffà del calzino rivoltato, anche in queste elezioni europee non pare che all’elettorato italiano (o europeo) i partiti abbiano dimostrato la consapevolezza che  la questione morale è il centro del problema italiano. 

Pensiamo sia utile alla riflessione riproporre la lettura della famosa intervista di Eugenio Scalfari a Enrico Berlinguer del 28 luglio 1981. Clicca qui.

Lettere nella storia: il carteggio tra Bettazzi e Berlinguer.

Per amore del dialogo. In tempi di guerra fredda e di duro confronto ideologico, non capitava mai che un vescovo e un segretario del più grande partito comunista d’Occidente si scrivessero dialogando pubblicamente anziché scomunicarsi a vicenda. Accadde con l’iniziativa di Luigi Bettazzi vescovo di Ivrea e presidente di Pax Christi, movimento cattolico per la pace. Il 6 luglio 1976 – mosso dall’esperienza conciliare – scrisse una lettera aperta ad Enrico Berlinguer, di cui si celebra quest’anno il centenario della nascita. Il segretario del Partico Comunista Italiano attese un anno, ma poi rispose rivelando con la sua lettera quanto fosse cambiata la militanza comunista. Clicca qui.

La “questione morale” trentacinque anni dopo la morte di Berlinguer.

Sono trentacinque anni che è morto Enrico Berlinguer, dopo che aveva realizzato alle europee 1984 lo storico sorpasso del PCI sulla DC. E proprio nella coincidenza di questo anniversario con le elezioni europee 2004, scrivevo su Il Manifesto  “La questione morale dopo Berlinguer”:

“ Nel mondo c’è grande sporcizia. Materiale e morale.  Pensiamo all’ambiente e alla guerra.  Temi su cui pur si dividono i giudizi. Che diventano unanimi solo per la politica: sporca per definizione.  Probabilmente lo è né più né meno delle altre attività umane.  Dove si mente, si imbroglia, ci si arricchisce, si ruba, si uccide.  Ma si sta nascosti mentre in politica si diventa pubblici.  In più, non si è perdonati a razzolare male proprio per aver predicato il disinteressato bene pubblico.  Questa denigrazione della politica, in determinati momenti, si eleva a “questione morale”. Vi è chi propone di reagire, di estirpare il marcio.  In altri momenti no,  nessuno raccoglie il persistente malcontento popolare, il distacco, l’astensionismo. Attualmente siamo in questa seconda fase. La “questione” non compare nella campagna elettorale. Neppure in quei piccoli partiti che fanno ancora raro riferimento a Enrico Berlinguer, che della questione morale fece il terreno etico-politico sul quale combattere la sua ultima e più popolare battaglia, preparando la stagione di Mani pulite.  Con essa, c’è stato l’affondamento della prima repubblica e dei partiti che l’avevano governata. Ma nessuno può dire, oggi, che la questione è risolta, anzi che non si sta aggravando. E in entrambi gli aspetti posti da Berlinguer. Quello della corruzione dei politici, imprenditori, amministratori,  burocrati. E quello dell’occupazione del potere da parte della partitocrazia, dell’ uso privato delle istituzioni, dell’abbandono del concetto di gratuità nella politica,  della divaricazione cioè tra Costituzione scritta e costituzione materiale. Chiedersi come avrebbe reagito Berlinguer, è forse esercizio improponibile. E’ doveroso però chiederci perché, oggi, mancano figure del suo carisma. Perché questa epoca produce, a tutti i livelli, classi dirigenti  dell’attuale statura? Perché, insomma, le società contemporanee raggiungono il degrado che tutti abbiamo sotto gli occhi?”

Quella denuncia potrei scriverla anche oggi, parola per parola se, (continua)