La vera storia di come i Pfas hanno -dolosamente- contaminato l’Italia. J’accuse: enormi responsabilità di Magistratura e Istituzioni. Oggi siamo ad un punto di svolta.
La storia delle lotte dal 1990 in Italia contro i Pfas è compresa nelle circa 500 pagine del Dossier “Pfas. Basta!”: a cura di Lino Balza del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”. E’ disponibile a chi ne fa richiesta. Clicca qui la sintesi cronologica, in particolare comparata tra Solvay/Piemonte e Miteni/Veneto, che così conclude:
“L’assenza di una legge nazionale non giustifica né assolve le gravi responsabilità delle Autorità locali: non è un alibi. Una legge come l’ex DDL Crucioli non pare praticabile a breve nell’attuale quadro politico. Denunciamo il vuoto: la calamità mondiale dei Pfas (Forever Pollution Project denuncia oltre 17mila siti contaminati da Pfas in Europa) ha in Italia le sue punte di iceberg nei disastri ambientali e sanitari (stigmatizzati anche dall’ONU) del Veneto (made in Miteni di Trissino) e del Piemonte (Solvay di Spinetta Marengo), ma ormai non lascia indenne nessuna regione della penisola: Lombardia, Toscana, Lazio, Trentino eccetera, come abbiamo più volte documentato sul nostro Sito www.rete-ambientalista.it”.
Quella che stiamo aprendo è la prima class action contro Solvay in Italia: vuole, in sede civile, risarcire le Vittime, malati e defunti, non tutelati in termini di risarcimenti nei processi penali: come quello concluso in Cassazione appunto contro Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria), peraltro con pene irrisorie e senza risultati di bonifica del territorio. Diversa è la situazione internazionale. Ad esempio, è attuale l’accordo, da 10,3 miliardi di dollari per risolvere le denunce diinquinamento idrico legate alle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), che è stato costretto a stipulare il colosso chimico statunitense, 3M. Implicitamente è il riconoscimento di responsabilità. Come sarebbe una sentenza italiana in sede civile. Si annunciano gli altri accordi delle multinazionali Chemours, DuPont e Corteva: più di 1 miliardo di dollari per risolvere le cause legali sui PFAS. Sono circa 4.000 le azioni legali intentate da Stati ed enti locali. In Belgio la 3M ha patteggiato con la regione fiamminga per 571 milioni di euro.
E’ una calamità mondiale che in Europa colpisce in primis tutta l’Italia (punte di iceberg Veneto-Miteni e Piemonte-Solvay) l’inquinamento da PFAS, accumulabili e indistruttibili “forever chemicals” in suolo-acqua-aria, assorbiti dal sangue provocano tumori, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità, di gravidanza, malformazioni fetali eccetera. Una calamità risolvibile con la totale messa al bando (tipo DDT, CFC, Amianto) contro la quale fa muro di gomma l’astronomico business delle imprese produttrici (tutte sapevano da decenni che stavano uccidendo) e utilizzatrici: tessuti, carta, contenitori di alimenti, pellicole fotografiche, schiume antincendio, pentole antiaderenti, detergenti per la casa, biberon moquette, indumenti impermeabili, eccetera. Un futuro dunque di chiusure aziendali da provocare, però, ora, già bisogna fargli pagare i danni del passato: la distruzione ecologica e i risarcimenti alle Vittime.
Il Centro di Iniziative per la Verità e la Giustizia (clicca qui il Sito) è un soggetto indipendente da forze politiche che si propone di denunciare e smascherare l’opera di “disinformazione strategica” pianificata e attuata da media asserviti agli interessi geopolitici, economici e strategici dominanti, mirati all’aggressione di paesi e popoli che difendono il principio di autodeterminazione e contrastano la demolizione di ogni indipendenza e sovranità nazionali. Il Centro intende palesare e documentare le manipolazioni che alimentano aggressioni belliche e accrescono le ingiustizie politiche, economiche e sociali.
Il Tribunale d’appello di Genova ha appena assolto gli imputati per il crollo della Torre Piloti avvenuto a Genova il 7 maggio 2013, quando il portacontainer Jolly Nero di proprietà della compagnia Messina abbattè durante una manovra la torre. Morirono 9 persone, tra cui Giuseppe Tusa – 30 anni – grazie alla cui madre si era aperto il processo per omicidio colposo plurimo. Adele Chiello Tusa da allora ha lottato per avere verità e giustizia per suo figlio e per tutte le altre vittime, prima contro la Procura che aveva richiesto l’archiviazione, poi presentando un corposo dossier dove si metteva in discussione non solo la leggerezza nell’aver costruito la torre in un punto assolutamente non idoneo e poi la leggerezza e le omissioni in materia di prevenzione, le false certificazioni del Rina e tutte le menzogne che siamo purtroppo abituati ad ascoltare. Clicca qui.
“Siamo familiari, ferrovieri, cittadini di Viareggio, dove il 29 giugno 2009 un disastro ferroviario causò una strage con 32 Vittime e feriti gravissimi, e vi invitiamo a diffondere questo documento di solidarietà (clicca qui) ai familiari delle vittime della strage del Moby Prince”.
Era il 10 aprile 1991 quando il traghetto “Moby Prince” entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, ancorata nella rada di Livorno, causando la morte di 140 persone (1 superstite) e provocando la più grave strage italiana dal dopoguerra. Dopo 32 anni nessun colpevole.
Leonard Peltier, l’attivista nativo-americano in carcere da oltre 46 anni, diversi dei quali trascorsi in isolamento, si è sempre proclamato innocente, ma sta scontando due ergastoli per l’omicidio di due agenti dell’Fbi, nonostante siano emersi forti dubbi sulla correttezza del processo. Ha 78 anni, ne ha trascorsi oltre 46 in carcere e si è visto ripetutamente negare la libertà condizionata. Amnesty International chiede da tempo la grazia per Peltier, in ragione delle preoccupazioni sul corretto svolgimento del processo, del trattamento subito in carcere e delle condizioni di salute. La difesa di Peltier ha presentato una nuova richiesta di clemenza nel luglio 2021. In occasione della Giornata di solidarietà con Peltier, Amnesty International ha sollecitato il presidente Biden ad accoglierla, per motivi umanitari e di giustizia. Per la sua liberazione si sono espresse nel corso di quasi mezzo secolo molte delle più illustri personalità mondiali, da Nelson Mandela a madre Teresa di Calcutta, da Desmond Tutu a Rigoberta Menchu’, dal Dalai Lama a papa Francesco.
Francesca, attivista notav, insieme ad altre donne nel luglio 2013 decise di portare uno striscione di denuncia delle violenze della polizia “Se toccano una toccano tutte”, cioè un gesto di solidarietà femminista, “contro la violenza maschile in divisa nei confronti di una compagna”. Francesca fu denunciata, processata e condannata a 8 mesi di reclusione. Per aver appeso uno striscione secondo alcuni Siti. Per altri reati secondo il tribunale. Che prendiamo per buoni, ma quello che più sconcerta è che, ben dieci anni dopo quell’estate, il Tribunale di Sorveglianza di Torino decide di fare scontare a Francesca la pena in carcere, nonostante i pareri favorevoli della Procura generale a pene alternative. Non può non venire in mente Matteo Messina Denaro.
Non è giustificabile né accettabile, che, a parità di condizioni, i processi in materia di amianto davanti alla IV sezione della Cassazione si concludano sistematicamente con l’assoluzione dei responsabili, mentre i pochi, che giungono davanti alla III Sezione si concludano con sentenze di condanna, come nel caso dell’ILVA di Taranto.
Andranno letti, sospendendo la severità del giudizio, gli atti appena depositati dalla Procura della Repubblica di Alessandria con l’ipotesi di disastro ambientale colposo a carico della Solvay di Spinetta Marengo. Questo processo si avvierà in primavera e avrà prevedibilmente durata decennale. Non sia un alibi per il Sindaco di Alessandria e per il Parlamento per attendere di provvedere d’urgenza rispettivamente: a emettere ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti, ad approvare una Legge che metta al bando in Italia produzione, utilizzo, consumo dei famigerati Pfas.
Clicca qui la notizia di cronaca, con relativo apprezzamento del docufilm: pur rilevando il particolare curioso se non clamoroso che in tutta la sua durata non viene mai citato Lino Balza (e il suo cinquantenario operato), verso il quale l’autrice, Monica Gasparini, nutre una antipatia viscerale per essere stata a suo tempo criticata come cronista (ma poi rivalutata). Il suo inscalfibile ostracismo nuoce alla deontologia giornalistica del bisettimanale locale, e soprattutto alla completezza dell’informazione sulla questione Solvay: come si evince nello stesso docufilm (al quale una consulenza non sarebbe stata superflua). Comunque, alla completezza stanno provvedendo esaurientemente i nostri Sito e Lista (38mila lettori! tra cui i locali).
Il comitato per la decolonizzazione delle Nazioni Unite ha adottato una bozza palestinese di risoluzione che richiede il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) sull’occupazione israeliana delle terre palestinesi dal 1967. 98 paesi hanno sostenuto la risoluzione, 52 si sono astenuti e 17 hanno votato contro. La misura è stata respinta da Israele. Clicca qui.
Mentre il procedimento contro i manifestanti (reati di resistenza ed oltraggio a pubblico ufficiale, danneggiamento e violenza privata), va avanti spedito, quello (reati di carattere urbanistico e ambientale) viene continuamente rinviato (perché cambiano in continuazione i giudici) a beneficio di 19 imputati, tra cui la società Trans Adriatic Pipeline (Tap), i vertici del consorzio internazionale, Saipem e altre aziende che hanno partecipato ai lavori di costruzione fino a Melendugno (Lecce) del mega-gasdotto proveniente dall’Azerbaigian.
Nella vignetta del 2010 il mega dott. prof. gran matricolat.
Vincente la strategia Solvay (senza il DDL Crucioli) almeno la Giustizia assicurerà nei Tribunali i risarcimenti alle Vittime? Ma i processi di Vicenza e Alessandria lo affronteranno questo nodo dei risarcimenti alle Vittime dei Pfas?
Se sì, il dottor Giovanni Costa, secondo chi scrive, dovrebbe sedere sul banco degli imputati ai processi di Alessandria (Solvay) e Vicenza (Miteni), invece probabilmente sarà chiamato dalle difese a testimoniare spacciato come consulente, a coprire come foglia di fico la condotta dolosa dei dirigenti.
A testimoniare cioè, come anticipato di recente dagli avvocati di Solvay /Santamaria e Bolognesi), che le due aziende da 20 anni avevano effettuato “il biomonitoraggio di tutti i lavoratori potenzialmente esposti ai PFAS nell’ambito del programma di sorveglianza sanitaria, utilizzando sempre le migliori tecniche di laboratorio e metodologie di analisi in collaborazione con i più accreditati Istituti sanitari autorizzati. I risultati delle analisi non destano alcuna preoccupazione dal punto di vista clinico-tossicologico. La sorveglianza medica pluriennale, continua e costante dei dipendenti, non indica correlazioni con effetti patologici associati all’esposizione professionale ai PFAS”. Il medico “accreditato” (addirittura professore) preposto alla sorveglianza era infatti Giovanni Costa, che regolarmente incontrava i lavoratori per rassicurarli sulle loro condizioni di salute presenti e future. Tutti da sempre sani, e ora non risarcibili.
Mi piacerebbe nelle aule dei tribunali di Vicenza e Alessandria sottoporre, in contradditorio, le 24 domande sulle quali nel 2010 (l’anno dopo il mio esposto alla Procura) Costa era sfuggito ad un incontro pubblico, benché sfidato sui giornali.Così concludeva la ventiquattresima domanda: “24) In conclusione, dott. Costa, Lei è d’accordo con Solvay che rassicurante sostiene essere questa sostanza – che provoca tumori/ malformazioni/alterazioni sessuali – pressoché innocua o benefica all’uomo italiano, anzi associata a cromo esavalente e a una montagna di altri 20 veleni che colano nelle falde acquifere? Oppure ammette che, dopo gli studi internazionali, dopo i miliardi di risarcimenti, dopo che è messo al bando in tutto il mondo perché tossico/teratogeno/mutageno/cancerogeno, il PFOA deve essere finalmente, oggi, senza rinvii, eliminato dalle lavorazioni dello stabilimento di Spinetta Marengo che contaminano il sangue di lavoratori e cittadini, e avvelenano le falde e i fiumi Bormida, Tanaro e Po fino alla foce, e che debbono essere indennizzati i danni alle persone e all’ambiente? I lavoratori e i cittadini si costituiranno parti civili al processo”. Analogamente le domande potevano essere rivolte a Vicenza per la Miteni di Trissino.
Solo nel 2016 Costa sarà costretto a rispondere alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli ecoreati , per quanto riguarda la Miteni. La Commissione (presidente Stefano Vignaroli ) commenta le relazioni del “professore”. Innanzitutto contesta le sue affermazioni che, nel corso degli anni, vi sarebbe stata una costante diminuzione delle quantità di PFAS presenti nel siero dei dipendenti, e che le elevatissime concentrazioni ematiche sarebbero da considerate come “limite accettabile” nei lavoratori esposti. La Commissione contesta le sue conclusioni “cliniche” che affermano “…il controllo periodico dei lavoratori non ha rilevato significative alterazioni del loro stato di salute, sia dal punto di vista clinico generale che a livello degli indicatori biologici di effetto a carico di organi/sistemi bersaglio (in particolare quelli emopoietico, epatico, renale e metabolico). Le loro condizioni di salute sono soddisfacenti e non emergono elementi che indichino un significativo rischio di patologie correlate al lavoro, che risulta attualmente ben controllato e da considerarsi ragionevolmente entro i limiti di ampia accettabilità. Per quanto riguarda in particolare l’esposizione a PFOA, i risultati del monitoraggio biologico confermano il trend alla progressiva riduzione dell’esposizione, e conseguente concentrazione nel sangue, pur se il processo è lento e vi sono ancora sporadici casi di modesto assorbimento.”.
La Commissione contesta ogni attendibilità: “Accade che si è in presenza di conclusioni che poggiano su esami emato-chimici e delle urine, i cui dati tuttavia non vengono esposti, in quanto coperti da omissis, sicché è esclusa ogni possibilità di una loro verifica. Nulla viene detto in ordine all’esecuzione di accertamenti specifici sulla funzionalità nel tempo degli organi ritenuti maggiormente esposti ai composti perfluoroalchilici, quali la tiroide, i reni o il fegato, né sull’eventuale accertamento di malattie correlate a esposizioni prolungate nel tempo. In particolare non vi ècenno alcuno sulle eventuali patologie sub-letali”.
Conclude la Commissione d’Inchiesta: “In realtà, l’unico obiettivo delle varie relazioni del professor Costa sembra essere, per un verso, quello di dimostrare il rispetto dei valori di riferimento indicati, come invece si è visto molto elevati e, per altro verso, l’assenza di ‘significativo rischio di patologie correlate al lavoro’, ‘pur nella lenta eliminazione della sostanza (PFOA) dovuta alla sua lunga emivita biologica’. Si tratta – ad avviso della Commissione di inchiesta – di una grave carenza metodologica, posto che il monitoraggio dei lavoratori ha un senso non in relazione al rispetto di parametri astratti – peraltro, come si è visto – molto elevati, bensì in relazione alla verifica del loro effettivo stato di salute, dopo anni di assorbimento di sostanze perfluoroalchiliche, che come si è visto sono potenzialmente pericolose.
Di queste pericolosità Costa si è disinteressato per coprire gli interessi aziendali. La Commissione infatti riporta gli studi internazionali: “Le correlazioni tra l’esposizione alle sostanze perfluoroalchiliche e l’insorgenza di numerose patologie in seguito ad esposizioni prolungate. Tra queste si possono qui brevemente ricordare: ipercolesterolemia, colite ulcerosa, malattie tiroidee, tumori del testicolo e del rene, ipertensione indotta dalla gravidanza e preeclampsia, nonché associazioni con varie patologie cardiovascolari quali arteriosclerosi, ischemie cerebrali e cardiache, infarto miocardico acuto e diabete.Queste considerazioni diventano tanto più gravi se si guarda ad alcuni studi che indicano anche dati quantitativi nella associazione tra l’insorgenza delle patologie e le concentrazioni di esposizione.”
Come si legge, la censura a Giovanni Costa della Commissione parlamentare di inchiesta sugli ecoreati è inesorabile, eppure sarà quella la linea di difesa aziendale ai processi di Vicenza e Alessandria, ammesso e non concesso che in sede penale verranno affrontati i risarcimenti per le Vittime Parti Civili. Ad Alessandria, Solvay contesterà innanzitutto l’Indagine epidemiologica dell’Università di Liegi, ma non solo.
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro
I Pfas si trovano in tantissimi prodotti che vanno dalle pentole antiaderenti ai cosmetici alle schiume antincendio.
“Vogliamo che ripristinino le nostre preziose risorse naturali e garantiscano che l’acqua che beviamo e utilizziamo nella nostra vita quotidiana non sia a rischio a causa dei prodotti PFAS qui in Massachusetts”. Il procuratore generale del Massachusetts Maura Healey ha intentato una causa contro i produttori di schiume antincendio che contengono sostanze chimiche PFAS che sono state collegate a una serie di gravi problemi di salute, tumori, danni al fegato e alla tiroide, problemi di sviluppo e del sistema immunitario ecc.
“La nostra causa” ha affermato il procuratore “ va contro i produttori che hanno guardato oltre tutti questi danni per decenni – per decenni – e hanno continuato a vendere e mettere in vendita questo prodotto in schiuma, incluso venderlo e spingerlo a enti governativi, comuni, vigili del fuoco locali e aziende”. Le società hanno nascosto informazioni sulla tossicità dei PFAS, presentato false informazioni all’EPA e cercato di impedire ai lavoratori di discutere del rischio rappresentato dalle sostanze chimiche.
Analogamente a quanto avvenuto in Italia per Solvay e Miteni.
Nel processo in corso a Vicenza, l’interrogativo è stato posto a Francesca Russo, direttore del dipartimento prevenzione della Regione Veneto. La risposta della teste è stata sostanzialmente affermativa: già a partire dal 2000 la Miteni (al pari della Solvay di Spinetta Marengo n.d.r) eseguiva le analisi del sangue dei lavoratori appoggiandosi a laboratori americani e tedeschi. (Clicca qui il TG.) Nei risultati, la pericolosità dei Pfas era talmente evidente che l’azienda provvide alla rotazione del personale per limitarne l’accumulo. Non è stato ancora ascoltato il professor Giovanni Costa che per trenta anni ha rabbonito le maestranze di entrambi gli stabilimenti: “A parte un po’ di colesterolo, grossi problemi non ce ne sono». Costa meriterebbe di comparire come imputato anche al processo di Alessandria.
Invece ha testimoniato il dottor Manuel Tagliaferri, ovvero il maresciallo dei Carabinieri del Noe di Treviso sulle cui spalle è gravato gran parte del peso operativo delle indagini preliminari. Tagliaferri ha confermato che dalla notevolissima mole di carte sequestrate è emerso come la società oggi imputata fosse a conoscenza del proprio stato di decozione ambientale già a partire dai primi anni ’90, incurante degli scarichi e perfino dell’impianto colabrodo, in entrambi i casi nulla facendo per le bonifiche.
Compromettente la testimonianza di Domenico Mantoan, già direttore generale della sanità della Regione Veneto, su cui grava il sospetto di aver favorito l’azienda per non aver dato seguito allo studio epidemiologico in accordo con l’Iss, sollevandola così dal reato di disastro sanitario (oltre che di disastro ambientale).
Un laboratorio di analisi sui Pfas. Ma non è in Piemonte dove -noi continuiamo a denunciare- i monitoraggi sanitari neppure vengono fatti.
Si sta per aprire ad Alessandria un processo penale (il secondo) contro Solvay di Spinetta Marengo. Dovrà vagliare le responsabilità del management aziendale per il disastro ecosanitario ma, ci auguriamo, anche di Regione, Provincia e Comune per le complicità e le connivenze con la multinazionale belga. Emblematici sono nel corso degli anni gli omessi (quanto meno colposi) monitoraggi dell’ambiente e della salute della popolazione. Basti un minimo confronto con le omologhe amministrazioni venete per gli interventi (per quanto ripresi dai comitati ambientalisti) che invece esse hanno intrapreso. A fronte del vuoto piemontese, la situazione veneta attualmente registra quanto segue.
Praticamente tutti gli esaminati risultano avere Pfas nel sangue. Inoltre, almeno 7 veronesi su 10, fra quelli esposti alla contaminazione, hanno bisogno di ulteriori controlli sanitari specifici. (continua)
Chissà se la Procura di Alessandria si sta ispirando al processo di Vicenza, perché anche nel capoluogo piemontese negli anni passati opacità sono state adombrate al cadere nel vuoto dei nostri esposti in magistratura ed enti di controllo.
Tremano i corridoi: una annotazione bollente redatta dai carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico potrebbe inguaiare l’agenzia ambientale e alcune toghe mentre si vocifera di pressioni «indicibili» e di un fascicolo inaccessibile che toglie il sonno a pezzi da novanta dell’economia, della politica e delle istituzioni, che temono che quel faldone d’inchiesta «stranamente» archiviato possa a trasformarsi «in un vaso di Pandora». All’origine c’è l’indagine Noe sui controlli che Arpa Veneto preannunciava tempestivamente alla Miteni di Trissino affinchè risultasse “pulita”, e il relativo carteggio che potrebbe mettere in guai seri i funzionari di Arpav ma anche i magistrati che l’hanno archiviato.
Quel carteggio si lega indissolubilmente alle conclusioni cui, sull’affaire Pfas, è giunta in sede parlamentare la Commissione bicamerale Ecomafie: le ipotesi di reato erano da brivido perché più soggetti a vario titolo erano finiti sotto indagine per “rivelazione di segreto d’ufficio, abuso in atti d’ufficio, rifiuto in atti d’ufficio, falso ideologico in atti pubblici commesso dal pubblico ufficiale, favoreggiamento personale”. Dunque l’archiviazione appare strana. Tanto che sia la condotta dei funzionari pubblici quanto quella dei magistrati potrebbero essere bersaglio di un esposto in sede penale da parte degli ambientalisti e oggetto di confronto in sede di Commissione giustizia. Su questa vicenda, infatti, gravano ombre dal passato: gli esposti nel 2017 e 2018 di “La terra dei Pfas” e “Greenpeace” caduti nel vuoto.
Tragica per Nicoletta Dosio che dovrebbe andare in galera. Farsesca per la giustizia italiana che condanna per “evasione” Nicoletta che non è mai scappata e non si è mai sottratta alla giustizia, quando ha avvertito che sarebbe uscita da casa sua, dove ingiustamente detenuta, per partecipare liberamente e pacificamente a manifestazioni No Tav. Clicca qui.
La carriera di Andrea Padalino si conclude con la richiesta della Procura di Milano a 3 anni di carcere con l’accusa per corruzione in atti giudiziari e per altri reati che vanno da rivelazione di segreto a abuso d’ufficio. Il più “scivoloso” dei casi di corruzione è costituito da diversi soggiorni di Padalino, gratis, all’Hotel San Rocco di Orta San Giulio «talvolta anche con la sua scorta e in un’occasione accompagnato dai suoi familiari» si legge agli atti. Clicca qui il commento di Info No Tav, che ricostruisce la storia di questo nemico giurato del Movimento definita “una lunga e infame crociata, condotta insieme al pm Rinaudo, contro chiunque fosse No Tav, senza guardare in faccia nessuno, incarcerando manifestanti dai 18 ai 72 anni”.
Il 27 e 28 ottobre si decide l’estradizione di Julian Assange chiesta dagli Stati Uniti. Il giornalista australiano rischia 175 anni di carcere per aver rivelato crimini di guerra. E’ una operazione intimidatoria nei confronti di tutti i giornalisti investigativi. Clicca qui.
Da “Presa Diretta”, per la liberazione di Assange appello dell’ONU e di numerose organizzazioni per la difesa dei Diritti umani e del diritto d’informazione. Clicca qui.
Su Byoblu24, approfondimento con Berenice Galli (Pangea) e Germana Leoni che spiega l’operazione rivoluzionaria fatta da Assange con WikiLeaks nel mondo dell’informazione. Le reazioni più brutali cominciarono ad arrivare dopo la pubblicazione dei “War diaries” (diari di guerra) Iracheni e Afgani. Clicca qui.
Presidio sotto la sua casa per attendere insieme a lui e alla sua famiglia la risposta del Tribunale della Cassazione che deciderà sul ricorso per la sentenza della Corte d’Appello di Torino che ha decretato la concessione dell’estradizione per Emilio allo Stato francese. Clicca qui con gli altri appuntamenti di lotta la newslettera di Doriella&Renato.
“Fra pochi giorni, il 19 ottobre, entrerà in vigore la riforma Cartabia che modifica i termini per la prescrizione, stabilendo la morte per “improcedibilità” dei processi penali che durano più di due anni in appello e più di un anno in cassazione. Con gravissimi riflessi per la punibilità dei delitti contro l’ambiente. Altro che disastro ambientale, questo è anche un vero disastro della giustizia, per il quale qualcuno si dovrebbe vergognare. E dovrebbe spiegare perché gli stessi partiti che nel 2015 hanno preteso giustamente il raddoppio della prescrizione per i delitti ambientali, sei anni dopo (con la eccezione di pochi parlamentari cui va la mia stima), con il governo Draghi hanno ritenuto di rimangiarsi tutto mettendo questi delitti nel calderone della improcedibilità Cartabia. Certo i delitti di mafia, di terrorismo e di associazione per traffico di droga sono gravissimi e giustamente sono stati sottratti alla ghigliottina Cartabia. Ma non è altrettanto grave un disastro ambientale che distrugge l’ambiente e uccide uomini e specie animali?” (GianfrancoAmendola)
Il governo non è riuscito a far diventare legge la riforma Cartabia. La maggioranza alla Camera dei Deputati si è spaccata sugli ecoreati. Il testo è stato approvato alla Camera ma non al Senato. E i tempi si sono allungati: la riforma slitta a settembre. A settembre ritorniamo alla carica con i senatori che si vorranno battere sugli ecoreati. Nel frattempo continuiamo la raccolta di firme, dobbiamo coinvolgere anche le associazioni e i sindaci. Clicca qui per firmare.
“Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia, in 518 pagine contiene una antologia dei maggiori disastri ecosanitari italiani rimasti impuniti nelle aule giudiziarie soprattutto per effetto del colpo di spugna della prescrizione. Il libro è stato stampato in un migliaio di copie totalmente a spese degli autori e il ricavato interamente devoluto alla Ricerca per la cura del mesotelioma. Purtroppo è esaurito e non abbiamo le risorse personali per ristamparlo. Se vi è chi, soprattutto editore, vuole impegnarsi nell’impresa: contatti movimentolotta.maccacaro@gmail.com.
Sul testo di riforma della giustizia della ministra Cartabia il Procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri a La7 dice: “Una tagliola devastante. La peggiore riforma della giustizia da quando io sono in magistratura. Serve solo a buttare al macero i processi in appello, per cui la faranno franca migliaia di imputati già condannati in primo grado”. Clicca qui.
Il governo ha posto in parlamento un testo inaccettabile sotto il profilo ambientale. Il disastro ambientale non è incluso nelle eccezioni all’improcedibilità. La riforma della giustizia rischia così di fermare tanti processi ambientali. Clicca qui Si sono mobilitate le associazioni. Firma anche tu.
Miliardi di euro in sanzioni e provvisionali. Una montagna di denaro che si rischia a Tarantodi vedere mai. Nonostante le condanne inflitte dal Tribunale di Taranto, il rischio della beffa è concreto per le quasi mille parti civili costituite nel processo “Ambiente svenduto” come vittime dell’ ex Ilva. La sentenza della Corte d’assise, infatti, oltre ai 280 anni di carcere inflitti agli imputati, tra i quali Fabio e Nicola Riva e l’ex presidente della Puglia, Nichi Vendola, ha stabilito anche le somme che gli imputati dovranno versare immediatamente alle parti civili, in attesa che la sentenza diventi definitiva e su quella venga avviato un processo civile che possa quantificare l’ammontare del risarcimento. Una sorta di anticipo che si aggira complessivamente intorno agli 8 milioni di euro, tra 5 e 100mila euro a testa, ma per capire come potrà andare a finire, basta studiare la storia recente di un vecchio processo che vide condannato definitivamenteEmilio Riva, l’ex patron dell’acciaio scomparso nel 2014. La sentenza “Ambiente svenduto” copre il periodo 1995-2013, dopo il quale non possono che essere sempre definite “criminali” le condizioni dell’area a caldo dell’ex Ilva, a tutto il 2021. Clicca qui.
Tutto parte dalle analisi sul pecorino contaminato da diossina, consegnate da PeaceLink in Procura a Taranto nel 2008; nei tre anni precedenti erano stati acquisiti i dati delle emissioni di diossina dell’ILVA. Nel 2012 vengono consegnate alla magistratura le perizie. Si attende adesso la sentenza.
2021 – il TAR, con una sentenza storica, dispone che gli impianti dell’area a caldo vanno fermati perché malfunzionanti e pericolosi; la questione passa al Consiglio di Stato; i cittadini si trasferiscono a Roma con le croci bianche delle vittime dell’inquinamento in attesa della sentenza, il Consiglio di Stato temporeggia in attesa della sentenza del processo ILVA, che sta per arrivare a conclusione; i pubblici ministeri chiedono condanne con pene fino a 28 anni di reclusione. Clicca qui la storia.
Nei sei esposti che abbiamo depositato presso questa Procura abbiamo sostenuto senza reticenze la condotta dolosa della Solvay, sia per la sua lunga conoscenza internazionale dei rischi derivanti dai PFAS, sia localmente per la consapevolezza altrettanto prolungata dei danni provocati all’ambiente addirittura verificati nel sangue dei propri dipendenti, reati a nostro giudizio senza soluzione di continuità, quanto meno dalla data di acquisizione della proprietà.
Queste tre accuse di dolosa coscienza erano già comprese negli esposti del 2009. Coeve sono le due testimonianze allegate che chiediamo vengano messe agli atti del procedimento giudiziario in apertura.
La prima è l’audio (2010) al Convegno internazionale 20-21-22-23-24 aprile 2010, promoter Mountain Wilderness Italia – Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua – Cipra Italia – Gruppo Abele – Ingegneria senza frontiere, presso l’Auditorium del Liceo Scientifico G.W. Leibniz di Bormio, con una relazione di Lino Balza dal titolo“Dal Bormida al Delta del Po: Pfoa nell’acqua e nel sangue. Attacco micidiale alla biodiversità e alla salute tra allarmi e silenzi”. L’audio è ascoltabile sul Sito del Movimento di lotta per la salute Maccacaro cliccando sotto.
La seconda è l’intervista in video (2010) di Lino Balza davanti allo scarico in Bormida delle acque inquinate dello stabilimento di Spinetta Marengo (la piattaforma di scarico attualmente è assai occultata). L’intervista si compone di tre step: cliccali
Egr. Procuratori,
infine non può essere trascurato quale pubblicità mendace il recente opuscolo (clicca qui), distribuito a tappeto a dipendenti e residenti alessandrini, con cui Solvay afferma: “Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo”. (continua)
Dopo l’audizione del presidente Gianfranco Baldi e del responsabile ambiente Claudio Coffano, la “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati” ha rivolto alla Provincia 3 accuse. Di aver concesso alla Solvayl’autorizzazione (AIA) per l’ampliamento della produzione del Pfas cC6O4. Di aver disposto limiti di emissione per nulla rigorosi invece quanto meno quelli più restrittivi indicati dall’Istituto Superiore di Sanità e di Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Di aver concesso nuova AIA benché Solvay producesse C6O4 senza vecchia AIA.
Insomma, la Provincia prima concede a Solvay l’autorizzazione ad aumentare la produzione di cC6O4 (pur con dei paletti) poi si accorge che l’azienda lo aveva prodotto senza averne l’autorizzazione e la denuncia all’autorità giudiziaria tramite Carabinieri del Noe, e la diffida dal produrlo.
Se si considera che dal 2009, data del nostro primo esposto alla Procura, la Provincia fingeva di non conoscere che lo stabilimento di Spinetta Marengo usava (inquinando) i Pfas C6O4 e ADV, va da sé che l’attuale condotta incongruente della Provincia è sospettata di favorire nuovamente la Solvay. Infatti i contraddittori provvedimenti adottati si prestano a strumentali ricorsi al Tribunale Amministrativo Regionale, tant’è che Solvay ne ha già prodotti due sostenendo la pregressa legittimità dell’autorizzazione in maniera che una “temporanea”sospensiva del TAR le consenta -senza limiti di emissioni- una produzione di C6O4 “immediata”, ovvero a tempo indeterminato considerati i tempi della Giustizia amministrativa fino al Consiglio di Stato.
Con i ricorsi, Solvay dunque si sta facendo beffe di Alberto Zolezzi, che all’audizione della Commissione ha ribadito lo stop al C6O4, stop ritardato e ambiguo della Provincia, contro la quale l’onorevole ha polemizzato: “Ma per quale motivo finora siete stati sicuri che la salute dei lavoratori e dei cittadini di Alessandria, Spinetta e dell’intero Bacino Padano siano stati sicuri?”.Qui potete visionare tutto il video.
Con i ricorsi dunque, soprattutto Solvay cerca di imbrigliare il procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Alessandria, che dunque sollecitiamo con urgenza.
Sei lavoratori, rappresentanti per la Sicurezza sul Lavoro delle ferrovie e parti civili nel processo, sono stati “puniti” con l’ingiunzione a pagare la somma di circa 80.000 euro. E’ una conseguenza del verdetto con cui la Cassazione ribaltando i giudizi di primo e secondo grado sulla strage di Viareggio, non riconoscendo l’incidente sul lavoro, ha fatto cadere la condanna per omicidio colposo dei vertici di Ferrovie, tra cui l’ad Moretti. Un esito vergognoso che lascia impunita una strage in cui persero la vita 32 Vittime e vanifica 11 anni di sofferenze dei parenti. Clicca qui.
CPI si occupa di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Gli USA si riservano di impiegare qualsiasi mezzo, anche militare, per liberare i soldati statunitensi che venissero tratti in arresto dalla CPI, che ha aperto un’inchiesta sui possibili crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi dagli Stati Uniti nella guerra in Afghanistan. Clicca qui.
Solvay all’indulto (estinzione della pena) preferirebbe per il futuro l’amnistia (estinzione del reato): un compiacente Governo dovrebbe rinunciare -come fatto dalla provincia di Alessandria) a perseguire il reato, dunque, non fissando Limiti Zero PFAS, dovrebbe consentire la produzione del Pfas C6O4 a Spinetta Marengo. Però pende la spada di damocle del Processo per reati continuati di disastro ambientale e omessa bonifica, e incalzano le proteste dei Movimenti sull’onda degli ulteriori allarmi che provengono dal mondo scientifico.
Gli studi dell’Università di Padova, sulle relazioni tra inquinamento da PFAS e anomalie congenitedel sistema nervoso o disturbi comportamentali e neurologici come l’Alzheimer, processo degenerativo del Parkinson, l’autismo e i disturbi dell’attenzione e iperattività, hanno infatti registrato importanti segni di accumulo di Pfas in diverse aree del tessuto cerebrale (Clicca qui)
Inoltre, sulla base degli studi epidemiologici, il team del professor Carlo Foresta, professore ordinario di endocrinologia dell’Università degli studi di Padova, in collaborazione con il dottor Luca De Toni , il dottor Andrea Di Nisio, e il professor Paolo Simioni, hanno pubblicato gli esiti sull’importante rivista scientifica internazionale “International Journal of Molecular Sciences”: Lo PFOA nel sangue è in grado di attivare le piastrine, rendendole più suscettibili alla coagulazione, predisponendo così ad un aumento del rischio cardiovascolare: infarto cardiaco e ictus cerebrale. (clicca qui).
Anche per quanto concerne l’aspetto della catena alimentare, sia in ambito animale che umano, suona sempre più l’allarme dopo lo studio delle mutazioni genetiche negli organismi acquatici effettuato dal Dipartimento di biomedicina comparata e alimentazione e dal Dipartimento di biologia dell’Università di Padova, in collaborazione con l’istituto di ricerca sulle acque del Cnr, appena pubblicato sulla rivista scientifica Environmental International. Tale studio illustra gli effetti della molecola Pfas C6O4, che avevamo denunciato già nell’esposto del 2009 al Tribunale di Alessandria come tossico cancerogeno teratogeno. Clicca qui.
Sarebbe grave sottovalutare che alla Solvay di Spinetta Marengo, nel cocktail con i Pfas (PFOA, C6O4, ADV), tra gli interferenti endocrini c’è anche il Bisfenolo nelle sostanze in uso. E precisamente il Bisfenolo AF della “sporca dozzina” dei teratogeni-tossici-cancerogeni “composti fluorurati organici” ormai segnalati come una calamità mondiale. Il Bisfenolo è stato oggetto del nostro esposto all’Arpa (clicca qui) e soprattutto del nostro 4° esposto alla Procura della Repubblica di Alessandria, e per conoscenza al Prefetto di Alessandria e alla Commissione parlamentare ecomafie Clicca qui. Ebbene, l’Arpa ha dovuto confermare la presenza del Bisfenolo ma, poverina, prima della nostra denuncia non lo aveva mai cercato nelle analisi a tutela della salute delle popolazioni. Con l’apertura del procedimento giudiziario la Procura di Alessandria non ha certo mancato di approfondirne tutti gli elementi omissivi e probanti.
La partita ora si svolge in Tribunale. Anche se non c’è più stato il tempo, soprattutto in epoca covid, di spostare il 13 marzo davanti al palazzo di giustizia di Alessandria la manifestazione organizzata di fronte alle sedi di Provincia e Comune. Pochi giorni avanti infatti la connivente Provincia ha annunciato la definitiva autorizzazione AIA alla Solvay di Spinetta Marengo per il tossico e cancerogeno Pfas C6O4. Questa ha rappresentato la prima mossa della lunga partita a scacchi che la casa madre belga intende concludere con lo scacco matto ai Movimenti risoluti per la fermata dei famigerati Pfas (C6O4 e ADV) che stanno – secondo le tragiche indagini epidemiologiche e idrogeologiche – proseguendo la devastazione sanitaria e ambientale avviata dal famigerato fratello Pfoa, a tacere degli altri 21 veleni mai bonificati in falda, acquedotti e atmosfera.
Dunque, invece di fermare C6O4 e ADV, prima mossa: la Provincia, che (con Comune e Regione) bada ai voti leghisti e alle relazioni industriali, rilascia l’AIA e scarica la patata bollente ai tribunali affermando: “Visto che la Procura ci ha avviato contro, sulla scia della sentenza di Cassazione e sulla spinta dei Movimenti, procedimento penale per disastro ambientale e omessa bonifica, si assuma perciò la Procura la responsabilità di fermare gli impianti”. Altrimenti – ha studiato Bruxelles – andiamo avanti con le mosse successive, cioè il processo di primo grado, poi quello di appello e poi di cassazione; passano cioè almeno altri dieci anni e noi con l’AIA provinciale, il minimo di manutenzione e l’occhio opaco di Arpa e Asl e sindacati, nel frattempo consolidiamo i profitti sfruttando gli impianti fino all’osso, tanto la gente è assuefatta agli inquinamenti che peraltro noi spergiuriamo inesistenti. Infine, ultima mossa, saremo capaci noi di chiudere gli impianti.
Per il dopo scacco matto, cioè per non pagare la bonifica, è già pronta la mossa del cavallo, collaudata a Livorno per lo stabilimento di Rosignano analogamente sottoposto a procedimenti giudiziari per catastrofi ambientali. Consiste nello scorporo in una nuova società, una legal entity scollegata dalla casa madre, un nuovo soggetto industriale su cui scaricare le responsabilità processuali.
Nello schema scacchistico di Solvay sono da valutare due variabili. Una è che il ministero della transizione ecologica fissi limiti zero alle emissioni dei Pfas: equivalente all’automatica fermata degli impianti. Eventualità assai improbabile perché già disimpegnata dal precedente ministero per l’ambiente (addirittura grillino). L’altra preoccupa la multinazionale belga sulla base dell’eclatante emergenza sanitaria ed ecologica: la fermata degli impianti inquinanti da parte della Procura: già oggi, prima di aprire il processo, senza attendere altre “pistole fumanti”. C’è il precedente dell’Ilva di Taranto.
Perciò da oggi l’interlocutore principale per noi, con ComitatoStopSolvay e Legambiente, diventa il Tribunale di Alessandria, davanti al quale è facile prevedere le prossime manifestazioni popolari che magari ripetano quella del 23 marzo a Vicenza. A maggior ragione se è vero quanto afferma la Provincia (clicca qui) di essere d’accordo con i PM Eleonora Guerra e Fabrizio Alessandria.
Il bisettimanale di bisdisinformazione di Alessandria se ne guarda bene dal ricordare che nel 2009 aveva omesso di comunicare ai lettori che nel nostro esposto alla Procura avevamo denunciato la presenza di valori enormi di Pfoa nel sangue dei lavoratori dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo: valori tossici e cancerogeni secondo le documentate rilevanze scientifiche internazionali allegate. Secondo noi le cartelle cliniche rappresentano la “pistola fumante” del reato di dolo. Nel suddetto articolo, Il Piccolo si premura a nascondere che, dal 2009 fino a pochi mesi fa, non ha menzionato mai i nostri ripetuti esposti che sollecitavano la Procura a sequestrare le cartelle cliniche nascoste da Solvay. Anzi, avrebbe potuto pubblicare i certificati di analisi, e non lo ha fatto. Come vogliamo chiamare l’assistere passivamente a un atto colpevole che si dovrebbe impedire, tacito consenso o tolleranza? Scontato che non si è gravati da obbligo giuridico, non c’è invece nessun dubbio sul reato deontologico che commette chi avrebbe l’obbligo di fare informazione. A tacere del codice etico di un giornale che non nomina mai e poi mai il nome di chi da cinquanta anni rappresenta, a proprie spese, l’antagonista per antonomasia dei fatti e dei misfatti del polo chimico spinettese. Va dato invece atto che questa Procura sta facendo quello che gli inquirenti passati non hanno mai fatto.
Continua la battaglia contro l’inquinamento della costa tirrenica di Rosignano portata avanti dal fondo ambientalista Bluebell Capital Partners insieme al parlamentare Francesco Berti, deputato del Movimento 5 Stelle. Bluebell, che ha acquistato alcune azioni di Solvay, accusa anche il colosso belga di “greenwashing”, ossia di una svolta ecologista solo di facciata, raccontata nella comunicazione esterna ma non reale. A Livorno l’altro esposto incentrato sul reato di inquinamento ambientale porta la firma della consigliera regionale Silvia Noferi (M5S) e dell’avvocato Vittorio Spallasso che segue anche il processo di Alessandria.
Così i giornali –oggi- titolano (chi in buona fede) quello che noi abbiamo denunciato alla magistratura nel 2008, e che per anni abbiamo ripetuto negli esposti, fino al precedente del 31 gennaio 2021 al procuratore capo Enrico Cieri presso il tribunale di Alessandria. Nel presente esposto (il quinto in questo periodo) chiediamo di intervenire dopo la conferma che viene dalle autorità USA: “Solvay ha deliberatamente mantenuto segreti i dannosi studi sulla tossicità e quindi ha attentato alla salute pubblica. Nascondere questi dati ha consentito e prolungato l’uso di PFAS, mettendo in pericolo in modo significativo la salute umana e l’ambiente”. Ieri oggi domani. A fronte del palese dolo, dunque chiediamo di nuovo alla Procuradi intervenire innanzitutto sequestrando le carte cliniche dei lavoratori secretate presso la Solvay di Spinetta Marengo (AL): clicca qui.
I padroni ormai hanno realizzato nei processi ambientali un efficace “scudo penale”, fatto di leggi opportunamente interpretabili da sentenze di classe, fatto di prescrizioni e ostruzionismi, utile per le parcelle di avvocati e consulenti degli imputati più che per le vittime della mancata prevenzione; certo poi ci sono gli stipendi per magistrati, inquirenti e impiegati ma senza i “risultati” per le vittime. Per la sentenza di Viareggio, clicca qui un commento della Rete nazionale per l’ecologia sociale.
In sede penale i crimini ambientali sono cause perse per le Vittime. Viareggio è l’ennesimo degli esempi (vedi “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza prefazione di Giorgio Nebbia). Nel lontano 29 giugno 2009 persero la vita 32 persone, oltre a 17 feriti orribilmente ustionati, investite dalle fiamme mentre stavano dormendo nelle loro case: il deragliamento di un treno merci con 14 carri pieni di gas gpl aveva provocato l’esplosione. Anche a Viareggio i treni con carichi pericolosi viaggiavano ad alta velocità anche in prossimità di centri densamente popolati, in violazione di norme sulla sicurezza pur risalenti agli anni ’30, senza vero piano di rischio, i macchinisti sprovvisti di allerta antincendi, le carrozze senza carri scudo. Soprattutto questi immani rischi ruotavano intorno alla carenza di manutenzione (infatti fu un perno arrugginito dell’assile, più volte riverniciato invece che sostituito ad avviare la tragedia): figlia delle politiche di risparmio di Ferrovie dello Stato, cioè di un sistema di compressione dei costi e parcellizzazione della manutenzione comune a tutte le società italiane ed estere (vedi sempre il citato libro). Ebbene, la Corte di Cassazione ha fatto cadere, per Ferrovie e società collegate, l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro per far sì che le accuse per omicidio colposo siano tutte prescritte, come restano comunque prescritte le pur miti condanne per disastro ferroviario. Le accuse di incendio doloso e lesioni gravissime erano già state prescritte in appello. Ripetiamo di nuovo: in sede penale i crimini ambientali sono cause perse per le Vittime: questi processi infatti si rivelano utili solo per le parcelle di avvocati e consulenti. Della difesa, ma anche dell’accusa: su ogni processo sistematicamente si gonfia un mucchio di associazioni ed enti lucrando come parti civili per danni inesistenti (ha fatto eccezione questa sentenza di Cassazione che ha annullato le statuizioni civili per le 22 organizzazioni condannandole a pagare le spese processuali). Così tacitamente è accettata la macchina della giustizia di classe con tutti i suoi costi di strutture e stipendi, e di ingiustizie.
Dopo i nostri esposti a Procura-Prefetto-Arpa, l’Arpa conferma quanto avevamo denunciato: alla Solvay di Spinetta Marengo nel cocktail con i PFAS (PFOA, C6O4, ADV) tra gli interferenti endocrini c’è anche il Bisfenolo nelle sostanze in uso. E precisamente il Bisfenolo AF della “sporca dozzina” dei teratogeni-tossici-cancerogeni “composti fluorurati organici” ormai segnalati come una calamità mondiale. Purtroppo, prima della nostra denuncia, l’Arpa non aveva mai cercato il Bisfenolo nelle analisi a tutela della salute delle popolazioni. Clicca qui il 4° esposto alla Procura della Repubblica di Alessandria, e per conoscenza a Prefetto di Alessandria e Commissione parlamentare ecomafie.
La Cassazione riapre il processo in appello ai manifestanti condannati dopo gli scontri per lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena 27 giugno 2011 e la giornata di resistenza del 3 luglio 2011. Prossima l’udienza. Clicca qui la Newslettera di Doriella&Renato con le altre iniziative in Valsusa.
Nel motto Usa “Lady Justice” (latino: Iustitia) è una personificazione allegorica.
Nove documenti nel terzo esposto del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” alla Procura di Alessandria.Tutti i documenti convergono nella richiesta di mettere una pietra tombale sui Pfas.
Nel primo esposto alla Procura (clicca qui) avevamo fatto specifico riferimento alle secretate cartelle cliniche dei lavoratori spinettesi contaminati da PFAS, che riteniamo vadano requisite quali prove processuali. Nel secondo(clicca qui)abbiamo ritenuto che, nei confronti della situazione generata da Solvay di Spinetta Marengo a danno degli abitanti e del territorio di Alessandria e non solo, si debba procedere penalmente come avvenuto nei confronti di Solvay a causa del suo impianto Pfas di West Deptford in New Jersey.
Nel terzo esposto (clicca qui), in esclusiva produciamo il documento originale della incriminazione USA della Solvay, avvenuta anche grazie ad uno scienziato italiano che lavora sulla contaminazione dello stabilimento Solvay a Spinetta MarengoDai documenti riveliamo che Solvay, nel corso di due decenni, per mezzo dalle segrete analisi del sangue dei lavoratori, conosceva i gravi danni alla loro salute (e delle popolazioni). E che i cosiddetti “sostituti” (C6O4) sono più tossici e cancerogeni del PFOA. Sono prove, nascoste per decenni, che saranno prodotte al processo Miteni in corso a Vicenza e nel prossimo processo Solvay che sarà riaperto ad Alessandria.
Si muove perfino il prefettoIginio Olita in soccorso delle popolazioni alessandrine e degli ambientalisti. Solvay dice (lo dice anche per le acque contaminate di Pfoa, C6O4, Adv) che anche le recenti fughe di gas (a base di composti di cloro e fluoro ecc.) sono “accidentali”. Accidentali?! E ci mancherebbe altro che fossero cagionate ad arte. Consapevolmente rilasciate: questo sì. E sono a decine gli avvelenamenti “accidentali” nei cocktail tossici e cancerogeni propinati a feriti e ammalati tra lavoratori e cittadini. Ebbene, nella corresponsabile inerzia di sindacati amministrazioni governo magistratura, si è mosso il Prefetto agendo sul Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica (revisione del piano di emergenza) e intimando direttamente a Solvay la procedura delle comunicazioni sugli incidenti di questa industria di Spinetta Marengo ad alto rischio ambientale. Il Prefetto non si fida ed è perentorio rispetto agli abituali ritardi e omissioni di Solvay, e non le lascia alibi: “Anche in caso di interventi non aventi (secondo Solvay, ndr) rilevanza esterna devono essere informati, immediatamente per vie brevi, questa Prefettura e gli Enti che leggono per conoscenza (Vigili del Fuoco, Questura, Carabinieri, Comuni di Alessandria – Frugarolo e Castellazzo – 118, Arpa e Provincia, ndr) facendo seguire nella stessa giornata il rapporto completo dell’incidente”.
Durante la II guerra mondiale la Thyssen e la Krupp, non ancora fuse, fecero enormi profitti grazie alle commesse bellica, ad esempio producevano i migliori Panzer tedeschi. Clicca qui.
Lettera aperta al procuratore capo Enrico Cieri presso il tribunale di Alessandria. (via Pec)
Campane stonate. Inquina sì. Inquina no. Danni alla salute sì. Danni alla salute no. Ma insomma, ci sono le prove? Ci sono, c’è anche la “pistola fumante”. E’ a portata di mano della Magistratura. Ad Alessandria dormiente. La Magistratura cosa aspetta a sequestrare le secretate cartelle cliniche dei lavoratori di Spinetta con tutte le (noi ne abbiamo alcune) analisi del sangue che Solvay conosce sconvolgenti e volutamente “ignora” da sempre? E, riteniamo noi, ad accertare i reati colposi o dolosi eventuali ed avviare i relativi procedimenti penali? Tenga conto che con quegli accertamenti l’INAIL individua a centinaia di lavoratori la malattia professionale derivante dai danni provocati dai PFAS: le stesse patologie che colpiscono migliaia di cittadini esposti. Già allo stato di spermatozoi. (continua).
Rimangiato l’impegno “limiti zero” del ministro all’ambiente Costa. Rinvio di un anno (poi due ecc.) tramite un intorbidito disegno di legge. Intanto avviata una pastoia di gratifichevoli “tavoli tecnici” in cui MammeNoPfas e ComitatoStopSolvay saranno facilmente fagocitati dalla cricca ministeriale e confindustriale che opera per conto di Solvay e Miteni. Quanto prima verificheranno la presa in giro. Tra i Movimenti ambientalisti l’interpretazione più probabile è di un ennesimo tradimento dei Cinquestelle. (Clicca qui).
Il governo mena il can per l’aia, prende tempo, quello che serve a Solvay per continuare -se indisturbata dalla Magistratura– ad inquinare e ammalare, e a Miteni per sgusciare dal processo.
Dopo il convegno dello scorso febbraio sulle politiche repressive in Valsusa ecco un nuovo appuntamento per dare continuità e concretezza ai contenuti: un confronto a più voci a cui partecipano giuristi, accademici, avvocati e associazioni. Clicca qui il programma.
Già dal 1986 la Asl aveva segnalato la necessità di dismettere tutto ciò che conteneva la fibra killer, contenuta persino nelle lampadine dei lampadari e nella scuola di ballo per ragazzi. Dopo lunghe battaglie giudiziarie si approda in aula. Clicca quiMaria Cristina Fraddosio “Morti d’amianto alla Scala di Milano, dopo anni si apre il sipario sul processo”.
Per lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena 27 giugno 2011 e la giornata di resistenza del 3 luglio 2011. Le arringhe degli avvocati difensori. Clicca qui anche le iniziative di lotta nella newslettera di Doriella&Renato.