Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro.

FATTI FUORI DAL PROCESSO AD ALESSANDRIA
Talvolta  si usano titoli ad effetto. Il nostro non è  titolo civetta: è l’esempio che la realtà può superare la fantasia. Se pronunci  Lino Balza -ad Alessandria e non solo- tutti  pensano subito al polo chimico di Spinetta Marengo. E viceversa. E’ una associazione di termini automatica, da oltre mezzo secolo. Nomina omina. Se nel 2024 inizia un nuovo processo contro Solvay, dunque, si può immaginare che non sia ammesso Lino Balza? No, non si può immaginare. Sarebbe una situazione tipica della narrativa kafkiana ispirata all’incomprensibilità e all’assurdità, talvolta comica,  dell’esistenza umana,  sconfinando nella farsa
 
Eppure, in questo surreale episodio, chi ha escluso Lino Balza dal processo non è boemo o ucraino, non si chiama Franz Kafka Nikolaj Vasil’evič Gogol’-Janovskij bensì il genovese Andrea Perelli, giudice del Tribunale di Alessandria con incarico di Giudice Sezione G.I.P. – G.U.P.  Detto per inciso, Perelli, 39 anni, è il più giovane della Sezione per anzianità di servizio, ma non è un pivello: laurea all’Università di Genova, dottorando nel 2016 (anche rappresentante dei dottorandi), magistrato ordinario a trentadue anni, tirocinio a Genova, docente di commissione, autore di articoli, relatore a convegno eccetera. E non è un ingenuo, come vedremo.
 
La sua ordinanza, dalla prosa non pari all’acchittata compostezza con papillon, al processo ha ammesso oves et boves tutte le  300 parti civili persone fisiche: indistintamente CHIUNQUE ad eccezione di Lino Balza: “Non vanta diritto” (sic) perché, udite udite, “non presenta un collegamento qualificato con l’area che si assume inquinata”.
 
Ebbene, in quella “assunta area” Lino Balza 76 anni fa è nato e vi abita tuttora, ha lavorato per 35 anni nel polo chimico, sindacalista e ambientalista con il fardello per rappresaglia di 7 cause in pretura, 4 in appello, 2 in cassazione (tutte vinte), compreso il tentato licenziamento, aggiungendo il corollario di mobbing, cassa integrazione, tre trasferimenti, uffici confino, dequalificazione professionale e provvedimenti disciplinari minori [*]. Da quella fabbrica si è portato dietro il tumore maligno con i suoi supplementi,  nonché  i veleni che ancora oggi persistono nelle certificate analisi del suo sangue, insieme a quelli aggiunti dagli imputati. In più, da sopravvissuto pensionato, scrittore e giornalista, abita in quell’area dove resta pur sempre l’animatore (e in Italia) della lotta per la salute collettiva (anche del Perelli), contro l’ecocidio Solvay e a favore delle Vittime di Solvay, insieme alle mamme che si  disperano per i Pfas nel sangue dei figli. Scomodo ad azienda e magistratura.  
 
Solvay in sede dibattimentale si opporrà alla pletora di persone fisiche ammesse (“con la sola eccezione di Balza Lino”: ha tenuto a sottolineare Perelli Andrea) quali parti offese… semplicemente “per essere o essere stati residenti, o figli di residenti,  entro un’area di otto chilometri  individuata dagli studi di Arpa di Alessandria a rischio di neoplasie o quantomeno per metus (paura, n.d.r.) di vivere o aver vissuto in tale zona”. Peraltro, la presunta “zona rossa” degli otto chilometri (“con la sola eccezione di Balza Lino”)  è assai inventata perché non esiste alcuna “certificazione” dell’Arpa che delimiti un’area a rischio. Tant’è che Arpa non ha centraline dovunque ma dove ha cercato ha sempre trovato Pfas:  non solo nei sobborghi e nel capoluogo ma anche in Comuni della Provincia, per esempio a Montecastello che dista ben  oltre i fantomatici  otto chilometri, a tacere il fiume Bormida. In base al criterio territoriale e psichico, la popolazione potenzialmente parte offesa -oggi e domani- ammonterebbe a decine di migliaia di persone. Comprendendo la presunta incompatibilità ambientale di giudici e giurati, col rischio di trasferimento del processo.    
 
SOLVAY GONGOLA.
Dalla clamorosa udienza del GUP, Solvay porta a casa che  sono stati fatti fuori dal processo i due più temibili avversari di Solvay: Greenpeace e Lino Balza, che chiedono subito la chiusura delle produzioni  inquinanti  dello stabilimento di Spinetta Marengo. Infatti, attualmente Greenpeace è l’associazione più impegnata ai massimi livelli a denunciare le fonti di inquinamento da Pfas su tutto il territorio nazionale, a cominciare da Alessandria, e a chiedere la loro messa al bando in Italia. Ebbene, non si sa se ridere o piangere, Greenpeace è stata esclusa… “per non aver svolto attività strettamente legata al territorio di interesse”.  
 
E Lino Balza, che paradossalmente abita a molto meno dei fatidici otto chilometri?  Per l’azienda belga, “Linò Balzà, ça va sans dire, est l’ennemi numéro 1”  dalla notte dei tempi, ancor prima del primo processo e ancor più dopo [**]. In più, è oltremodo scomodo alla vigente Procura. Proprio la Procura l’aveva escluso fra le parti offese. Presto spiegato: con ripetuti (11 su un totale di 20) esposti, depositati e anche pubblici [***], aveva per anni pressato il procuratore capo Enrico Cieri a intervenire d’autorità per le tutele della salute pubblica (si pensi, fra tutte, alle donazioni e trasfusioni di sangue infetto), a  contrastare gli illeciti ecosanitari, a procedere contro il management della multinazionale  (e non solo contro i due direttori), e soprattutto per il reato di dolo. E, di conseguenza, aveva criticato la Procura per il blando capo di imputazione, disastro ambientale colposo e illecito amministrativo, che esclude alle Vittime il risarcimento per le morti e le malattie (a parte l’eventuale elemosina del “metus”). [SI LEGGA IN DETTAGLIO L’ARTICOLO CHE SEGUE IL PRESENTE].
 
IL PATTEGGIAMENTO?
In aula, alla lettura della “strana” ordinanza del GUP,  tra gli avvocati si è cercato una connessione con le insistenti voci di un patteggiamento (rectius nel linguaggio forense) premiale per l’imputato e le parti civili. E hanno presunto la disponibilità della Procura come preannunciata nella di lei imbarazzata e sconcertante audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta: praticamente l’assoluzione a priori ad “un imprenditore che crediamo abbia ottemperato agli adempimenti di legge, salvo inadeguatezze  che valgono il rimprovero di una colpa”. Una tiratina di orecchi. Clicca qui.
 
Altro segnale avvertito è il cambio degli avvocati della difesa con Riccardo Lucev  e Guido Carlo Alleva. Lucev è esperto in diritto penale della responsabilità medica e addirittura Officer del Criminal Law Committee della International Bar Association. Guido Carlo, soprannominato con Giulia Alleva  “avvocati del vino” (la rinomata “Tenuta Santa Caterina” per miliardari) è DOC in quanto storico difensore dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny nei processi Eternit.  A confronto, i risarcimenti  nel caso Solvay, stringi stringi, sarebbero irrisori in un patteggiamento?  “Ça va sans dire,   avevano ragionato a Bruxelles,  ci verrà a fagiolo “tomber à pic” l’esclusione dalle parti civili di Lino Balza, così attivo ad opporsi al patteggiamento di un’elemosina ma a favore di una class action. Infine, l’azione della Procura nel patteggiamento, per quanto scalpore possa fare, pour nous  sarebbe un ombrello, anzi un paracadute: “Il suffit de mettre un parachute, ça va sans dire”. “Notre avantage”, e per Regione e Sindaco, sarebbe palese: si allenterebbe il fiato sul collo da parte dell’opinione pubblica che li addita come complici di Solvay e chiede monitoraggi di massa per la popolazione e addirittura ordinanze di chiusura degli impianti. Non li si può tenere a bada all’infinito. Ça va sans dire.
 
In conclusione. A Solvay, ça va sans dire, il patteggiamento servirebbe a derubricare ulteriormente i reati ma soprattutto a prendere in tranquillità il tempo necessario per la sua strategia post 2026. Un modesto patteggiamento potrebbe essere un’alternativa all’incertezza della richiesta di trasferimento (“rimessione alla sede”) del processo (trasmissione degli Atti a Milano) “per incompatibilità ambientale”: eventualità che in aula a loro volta gli avvocati della difesa discutevano con preoccupazione.
 
La richiesta di patteggiamento, spiegavano gli avvocati, può essere formulata fino alla presentazione delle conclusioni in udienza preliminare, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Andrea Perelli sarebbe assai favorevole, poco o tanto che sia stato intimidito dal trascorso tentativo di ricusazione di Solvay.   Dunque già nella prossima udienza del 20 dicembre potrebbe esserci una delle due sorprese [****].
 
[*] “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza” in 4 volumi.
[**] “Ambiente Delitto Perfetto”, volume primo. “Pfas. Basta!”, in tre volumi.
[***] “Ambiente Delitto Perfetto”, volume secondo.
[****] “Ambiente Delitto Perfetto”, volume terzo.
Tutti i libri sono disponibili a chi ne fa richiesta.
 
 

6 (+ 1) ragioni affinchè Lino Balza debba partecipare al processo per rinchiodare 39 prove che condannano Solvay e imputati.

La gravissima ordinanza del GUP, che ha escluso Lino Balza dal processo, ha colto di sorpresa tutti gli avvocati, compresi quelli della difesa. Però, a prescindere  dal merito  di essere la controparte storica da oltre mezzo secolo, nella fattispecie  Lino Balza riproporrà in sede dibattimentale -a pieno titolo, di diritto e di fatto- di costituirsi parte civile quale persona offesa e danneggiata nel procedimento penale [*] contro gli imputati Bigini Stefano e Diotto Andrea: per le seguenti ragioni soggettive. Nonchè  per le seguenti ragioni oggettive che la ordinanza di Andrea Perella, nascondendosi dietro le omissioni della procura,  impedirebbe  siano portate nel processo quali prove -di dolo a parere di Lino Balza- a carico di Solvay e dei suddetti imputati.
I requisiti di costituzione che contengono “l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda agli effetti civili” sono contenuti in estrema sintesi in sei capitoli: dalla lettera A) alla G). In particolare, inoltre, sono richiamate le responsabilità attive o omissive, comunque consapevoli, dell’imputato Stefano Bigini, nei paragrafi da 1) a 15).  E degli imputati Stefano Bigini Andrea Diotto nei paragrafi 16) 17)E dell’imputato Andrea Diotto nei paragrafi da 18) a 39)Tutti i paragrafi erano compresi nei 20 (venti) esposti depositati (con ricevuta) alle Procure di Alessandria: di cui 11 (undici), che riprendono i precedenti, all’attuale procuratore capo; sollecitando interventi della Procura per le situazioni ambientali e sanitarie denunciate  e con esplicita richiesta di partecipare in giudizio, riferentisi  al periodo di attività dei due direttori ora imputati Stefano Bigini e Andrea Diotto.
A)     Al centro dell’inquinamento provinciale  di Solvay, a meno di sei chilometri dal polo chimico spinettese, lo storico e attuale domicilio di Lino Balza, con relative utenze telefoniche acqua luce gas ecc.,  è sito in Alessandria via Dante 86 a poche centinaia di metri dalla centralina Arpa (c/o Istituto Volta) che rileva l’inquinamento Solvay (Pfas). Allo stesso indirizzo recapita l’associazione “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”, di cui è il responsabile nazionale.
B)      Nella provincia e nel comune di Alessandria, e in particolare presso il sobborgo di Spinetta Marengo, epicentro provinciale dell’inquinamento terra-acque-atmofera di Solvay, già dall’epoca in cui era dipendente del locale stabilimento chimico (Solvay ex Edison-Montedison) e fino all’epoca attuale, Lino Balza ha sempre esercitato –senza soluzione di continuità- le proprie attività di noto militante sindacale e ecologista, in particolare riferite al polo chimico di Spinetta Marengo, tramite presenza pressoché quotidiana  per organizzazione di dibattiti, assemblee, servizi con giornali e Tv locali e nazionali, per confezionare video su scarichi e discariche, per consulenze e promozione fra i cittadini delle costituzioni a parti offese, per organizzare le indagini epidemiologiche (es. con l’assessorato e con l’Università di Liegi) eccetera. Impossibile  essere esaustivi per questa mole di lavoro, memoria storica,  che riempie  i suoi libri e alimenta il suo Sito frequentatissimo a livello nazionale www.rete-ambientalista.it. Per limitarci al periodo che riguarda l’imputazione di Stefano Bigini e Andrea Diotto, si evidenziano alcune date.
 Nel 2008, direttore Stefano Bigini, Lino Balza, ha subìto tireodectomia totale per tumore maligno della tiroide contratto in sede lavorativa e abitativa, danno reiterato e aggravato nell’attuale contaminazione degli indistruttibili Pfas. Infatti,  il livello pericolosissimo  per le esistenti condizioni di salute, calvario sotto costanti cure e controlli, emerge dai  risultati de “L’indagine
 

Aquivion Solvay sottrae i soldi ai monitoraggi del sangue della popolazione.

L’imputato Andrea Diotto e il futuro imputato Stefano Colosio, rispettivamente ex e attuale direttore, con assidue iniziative sponsorizzano l’assoluzione penale della Solvay tramite il finanziamento di progetti e premi a università e scuole di Alessandria, coinvolgendo docenti e studenti (schiumando naturalmente i giornali di veline) nell’esibizione di una Solvay, ribattezzata Syensqo: “azienda leader a livello sia nazionale che internazionale nello sviluppo della mobilità sostenibile”. 

Come tale, i due direttori hanno invitato docenti e studenti nella fabbrica unica produttrice di Pfas in Italia, dalla quale i Pfas escono anche in aria, acque sotterranee e di acquedotto e in Bormida. A proposito dei quali, ma senza mai nominarli, hanno esibito “l’impianto e i laboratori Aquivion®, innovativa tecnologia di produzione di materiali polimerici per membrane in grado di integrarsi in una catena di produzione di idrogeno verde sostenibile, rinnovabile e senza emissioni di carbonio”.

Professori in prima fila.

Alla promotion gli studenti sono rimasti passivi, magari pensando alla chimera di future  assunzioni da un impianto senza prospettive occupazionali. Ma passivi sono rimasti anche i loro insegnanti: “prof. G. Laganà (ITIS ‘Volta’), prof.ssa M. C. Pasini (IIS ‘Sobrero’), prof.ssa B. T. Ferro (Liceo scientifico ‘Galilei’) , prof.ssa V. Fracasso (IIS ‘Balbo – Palli’)” indicati nella velina.  Eppure questi docenti dovrebbero possedere competenza sufficiente per esercitare il ruolo critico dovuto al rispetto della  scienza. Oppure basterebbe che compitassero il nostro comunicato stampa dell’anno scorso (clicca qui) con oggetto: I nostri allarmi in vista del ‘nuovo’ impianto ‘Aquivion’ a Spinetta Marengo: 9,5 milioni di euro investiti con fondi di Governo e Regione, sottratti ai monitoraggi del sangue della popolazione”.  

In estrema sintesi. Solvay ha sostituito il PFOA (che avvelenerà per altrettanti decenni) con Pfas cosiddetti “a catena corta”, ADV e C6O4, tossici e cancerogeni altrettanto se non di più, sversandoli naturalmente in aria e acque con l’autorizzazione AIA della Provincia (o senza: per il Bisfenolo): con questi Pfas tirerà avanti il più possibile.  Intanto, Solvay non molla ed ecco che oggi arriva il sostituto dei sostituti pfas: “a catena cortissima” il polimero fluorurato “Aquivion”, annunciato come innocuo, “emissione in atmosfera di semplice vapore acqueo”, come i predecessori d’altronde. “Al più tossiche se maneggiate inopportunamente”, le “Membrane Aquivion Pfsa” sono garantite come DOCG, anche se il brevetto è segreto, gelosamente custodito nella banca brevetti europea. Smaltimento tramite incenerimento? Come tutte le resine fluoropolimeriche. 

Ma il segreto di Pulcinella (membrane prodotte con uso di Tetrafluoruro di etilene, gas tossico e cancerogeno, e dei Pfas con la funzione di surfattante), foriero di ulteriore a aumento  della nocività nel territorio,  non ha preoccupato enti locali e sindacati che sono corsi a tagliare il nastro al “nuovo” impianto e a inaugurare monumenti.

Il tutto nell’ambito della strategia di Bruxelles, col nome di Syensqo, di cui rivelammo la bozza quattro anni fa (clicca qui), non senza evidenziare che “la strategia è da Solvay volutamente confusa. L’unica cosa palpabile sono i finanziamenti pubblici”. Il governo italiano, anziché tradurre in legge il DDL Crucioli per la messa al bando degli Pfas (clicca qui), anziché pretendere da Solvay -condannata in Cassazione per disastro ambientale!- i 100milioni di euro chiesti al processo dal ministero dell’Ambiente per la bonifica del territorio, anziché ripresentarsi come parte civile nel nuovo processo per omessa bonifica,  invece, lo Stato, compiacenti Regioni Piemonte e Lombardia, tramite il fondo “Fabbriche intelligenti” creato apposta dal ministero dello Sviluppo economico,  ha destinato milioni di euro alla multinazionale belga, per produrre Aquivion, poi che nel 2019, Solvay speciality polymers ha depositato al ministero la richiesta di finanziamenti  (inizialmente 22millioni di euro) per il suo nuovo piano industriale, (denominato “Progetto per sviluppo di materiale per celle a combustibile e batterie a flusso con realizzazione di impianto pilota”) sfruttando abilmente  l’enorme contenitore finanziario  “Green Deal” della Comunità Europea  a incentivare l’energia pulita, prodotta cioè da fonti rinnovabili, dunque dall’idrogeno verde.

E così la Regione Piemonte ha prelevato i soldi dal “Bilancio di previsione finanziario 2023-2025” destinandoli a Solvay invece che al piano di monitoraggio che dovrebbe -lo chiediamo da anni- cercare i Pfas nel sangue della popolazione alessandrina. E il sindaco taglia nastri, applaude entusiasta e inaugura sculture luminose (clicca qui).

Anche i docenti sono rimasti a bocca aperta. Eppure una delle prime pubblicazioni sul nuovo ovvero vecchio Aquivion risale addirittura al 2013 e porta la firma, tra gli altri, di Luca Merlo di Solvay, con sede a Bollate. A riguardo scrivemmo: “A Bollate il nuovo laboratorio ‘Dry Room’ per batterie al litio, nell’ambito di ricerca, sviluppo e commercializzazione di polimeri speciali utilizzati nella fabbricazione di batterie al litio, è in stretta sinergia operativa con lo stabilimento produttivo Solvay di Spinetta Marengo”. (Per inciso: i Pfas di Bollate (città metropolitana di Milano) l’Arpa e Greenpeace li ritrova sparsi in Lombardia).

Considerazione finale. Avevamo scritto: “Solvay strumentalizza gli studenti” ma, assai più grave, “Solvay strumentalizza i docenti”, partendo dal finanziamento e dall’asservimento dell’Università di Alessandria. 

Venghino signori venghino.

Venghino signori venghino ad ammirare un’oasi di belvedere e  benestare.

E se davanti ai cancelli si presenterà un picchetto di contestatori come si faceva ai tempi del sindacato? Con uno stuolo di poliziotti come si usa adesso?

L’appuntamento a Spinetta Marengo è per sabato 15 giugno alle ore 10, quando Solvay (per gli amici giornalisiti: Syensqo) intende “aprire i cancelli ad un tour by bus per compiere un viaggio lungo tutto il perimetro dello stabilimento con l’alternanza di semplici fermate e vere e proprie visite in campo durante le quali saranno raccontate le produzioni e la vita in stabilimento da parte del team Syensqo”.  “L’iniziativa ‘Fabbriche aperte’ si inserisce nel nostro percorso di ascolto e dialogo con la comunità locale”: premi  cotillon e finanziamenti a scuole e università ecc. (A far da sponda sia a Spinetta che a Bollate è il Rotary Club, società di mutuo soccorso per ricchi ignoranti).  

Da indiscrezioni, non è previsto che le sirene di allarme siano sostituite dalle note del dottor Dulcamara in  “Elisir d’amore” di Gaetano Donizetti, né che  il tour sconfini fino agli scarichi di schiume Pfas in Bormida, né che il bus sia guidato dal sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, qualora impegnato a redigere l’ordinanza di chiusura delle produzioni, a prescindere dal ripetersi delle ganasce alle ruote da parte di Greenpeace come nel 1992 (11 novembre 1992, mentre l’azienda sta provando a licenziare Gianni Spinolo e Lino Balza).

Chi e come può fermare Solvay.

Solvay ricorda quel serial killer o stupratore che neppure cerca più di nascondersi, come a invocare fermatemi voi chè io non sono più capace. Oppure abilmente ripete tante volte il misfatto finchè non fa più notizia, i giornali ne parlino sempre meno e non più, continuando così indisturbata.  Sta di fatto che per ora  i giornali fotografano le schiume di Pfas scaricate in Bormida, i cittadini fiutano Pfas nell’aria e dai pozzi dell’acquedotto, ma il sindaco di Alessandria non ferma le produzioni di Spinetta Marengo.

L’ennesima cronaca informa che ad aprile e maggio l’Arpa ha analizzato i  pfas ADV e C6O4 (brevetto Solvay) neppure rispettosi della generosa autorizzazione AIA della complice Provincia, che per l’ennesima volta non interverrà al pari del sindaco. Se ne occuperà l’autorità giudiziaria? Forse, ma quando sarà a regime il nuovo processo penale, forse entro un anno. Oppure bloccherà il colosso chimico una azione civile inibitoria e risarcitoria.

 Quest’ultima opzione non la si legge ancora definitivamente valutata dal ComitatoStopSolvay: “Non ci stupisce sapere che Solvay-Siensqo continua a sversare i suoi veleni ovunque, ma ci  preoccupa il silenzio dei  tanti, troppi, che  continuano a girarsi dall’altra parte. Ci preoccupa pensare che il nostro sangue, la nostra terra, il nostro futuro convive con i veleni di una multinazionale che usa un territorio e chi lo vive come una discarica. Finché avremo voce ribadiremo che un secolo di morti e veleni possono bastare, e che l’unica soluzione a questo disastro sono la chiusura e la bonifica.

Il TAR non dà ragione a Solvay di avvelenare.

Solvay si difende come può, e soprattutto come sa fare. Con la mistificazione, tramite la compiacenza dei giornali.   

Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Piemonte ha respinto il ricorso di Legambiente  all’autorizzazione (AIA) del febbraio 2021, concessa dalla Provincia di Alessandria a Solvay (oggi Syensqo) per l’estensione della produzione e l’uso di C6O4. Il fatto in sé è la prevista quanta infausta legittimazione a Solvay di  produrre C6O4 a Spinetta Marengo, ma niente affatto a diffonderlo nell’ambiente: ASSOLUTAMENTE SOLVAY NON E’ STATA  AUTORIZZATA  AD AVVELENARE (ANCHE)  CON  C6O4 IL TERRITORIO E IL SANGUE.

Tanto meno può far intendere che la Regione abbia rilasciato una sorta di patente eco sanitaria al C6O4, che è tossico e cancerogeno: tutto il contrario di come Solvay lo contrabbanda, come “un fluorotensioattivo di nuova generazione che non è biopersistente e non è bioaccumulabile, l’unico prodotto e utilizzato dal sito in una fase di transizione verso una tecnologia priva di fluorotensioattivi”.

2020. Solvay manda all’attacco Cisl e Uil per l’autorizzazione del pfas C6O4.

Comitato Stop Solvay, Movimento Maccacaro, Legambiente, all’attacco contro il pfas C6O4? Massiccia la controffensiva della Solvay. Parte da Bruxelles, dalla amministratore delegato Ilham Kadri. Si dia da fare con quello che guadagna, è il primo che rischia di saltare, il direttore di Spinetta Marengo, Andrea Diotto, il quale infatti si sta sbracciando sui mass media. Presso i quali le compiacenze sono sempre enormi, ma ormai deboli di credibilità. Dunque butti nella mischia i sindacati. Agli ordini: Cisl e Uil chiedono un incontro urgente con Regione Piemonte e Comune di Alessandria affinchè “convincano” la Provincia a rilasciare nuova autorizzazione AIA di uso e vendita del tossico e cancerogeno C6O4, malgrado stia già dilagando nel sangue, nelle falde, negli acquedotti. Di norma, con i politici, sarebbe come sfondare una porta aperta, però nel frangente storico ci sono di traverso i Movimenti in piazza. La complicità di Cisl e Uil è assicurata: già nel 2002 stopparono la Cgil che denunciava, addirittura con un pubblico volantino, il tossico e cancerogeno Pfoa fratello gemello del C6O4. La Cgil, tirata per le orecchie dal direttore Stefano Bigini, annodò la coda in mezzo alle gambe e per altri anni il Pfoa avvelenò finchè bloccato dagli esposti di Lino Balza. Il messaggio ricattatorio che Cisl e Uil oggi trasmettono tramite i giornali compiacenti è un eufemismo sonoro: senza AIA, senza C6O4, la fabbrica di Spinetta Marengo chiude, anzi… la multinazionale belga se ne va dall’Italia, ovvero “ll No Aia rischia di modificare le scelte industriali che il gruppo Solvay può assumere nei confronti del sito e del gruppo stesso a livello nazionale”. Il messaggio  terroristico è ridicolo dal punto di vista imprenditoriale, infatti ad Solvay affida la barzelletta a Diotto e Diotto ai sindacati: senza C6O4 l’ azienda è costretta a cessare  le produzioni di  fluoro-polimeri. Il cC6O4, il “pfas buono” come lo definisce Diotto, in realtà rappresenta solo un business Solvay (e l’AIA una sorta di assicurazione penale contro i risarcimenti per danni alla salute) mentre a livello internazionale si praticano le alternative (più costose), come in Italia indicate dall’Istituto Negri. “Noi non barattiamo la salute con l’ambiente, non mettiamo il nostro profitto prima di tutto il resto”:Diotto, nella sua “lettera aperta” rassicura lavoratori e cittadini che vivono in un “mondo migliore” (sic)… intanto che tiene lontano da Spinetta la propria famiglia da quello che egli stesso definisce“un disastro”, il disastro Solvay del Pfoa tossico e cancerogeno e del C6O4, e ADV, fra gli altri. Invece i Movimenti gli hanno già risposto: EMISSIONI ZERO.  Dunque la Provincia respinga la nuova AIA e revochi la vecchia AIA, la Procura della Repubblica requisisca (corpo del reato) alla Solvay le occultate cartelle cliniche dei lavoratori contenenti le abnormi analisi del sangue dei lavoratori e blocchi l’utilizzo del C6O4, il Comune e la Regione eseguano il monitoraggio ematico a tutti i lavoratori e cittadini, insieme alle indagini epidemiologiche. Queste Istituzioni non rilascino a Solvay la “patente di avvelenamento” che noi definiamo “licenza di uccidere”. 

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro. 2020

Speciale Pfas 8. Bando ai Pfas: Solvay risponde picche.

Se disegni di legge, regioni, comitati, associazioni da tutta Italia chiedono la messa al bando dei tossici e cancerogeni PFAS (il C6O4, il “nuovo amianto”), la risposta di Solvay, unico produttore nazionale, è un NO secco e categorico, una sfida aperta. La posizione ufficiale del colosso belga è stata ribadita da Stefano Calosio nella sede istituzionale più significativa:  la “Commissione Sicurezza e Ambiente” del Comune di Alessandria, per il quale sobborgo -Spinetta Marengo- il sindaco, malgrado gli competa  il dovere di massima autorità sanitaria locale, si ostina a non emettere ordinanza di fermata delle produzioni dello stabilimento, spalleggiato  dalla complice Regione Piemonte, che a sua volta evita i monitoraggi del sangue  alla popolazione per oscurare le innumerevoli indagini epidemiologiche e le altrettanto inesorabili indagini ambientali dell’Arpa.

Ilham Kadri, presidente di  Solvay (Syensqo), per bocca del direttore del polo chimico, Stefano Colosio, non ha lasciato margini di dubbio: non sarà immediatamente  fermato il cC6O4 né nella unità di ricerca di Bollate né nella unità di produzione appunto di Spinetta Marengo. Il tono del rifiuto è stato addirittura  sprezzante: Abbandonare un coadiuvante di polimerizzazione sarebbe come chiedere a un cuoco di fare fritture senza olio, di usare friggitrici ad aria”, così come a  rimarcare la perentorietà delle proprie decisioni.

Decisioni che Solvay motiva con aria di sfida agli scienziati di fama internazionale. “Innanzitutto il C6O4 è ampiamente meno nocivo del suo predecessore: il Pfoa.” D’altronde questa sfida per il Pfoa era durata 50 anni: per mezzo secolo Solvay & C. immediatamente sospettarono e poi in corso d’opera accertarono che era cancerogeno, ma noncuranti uccisero ambiente, lavoratori e cittadini, e fino all’ultimo negarono,  finchè il Pfoa è stato messo al bando nel mondo. Nel frattempo,  Solvay non è stata in inerte attesa della inevitabile dipartita del miliardario Pfoa, ma ha sperimentato di nascosto e poi brevettato il suo sostituto, il C6O4, che come tutti i PFAS passati presenti e futuri  è tossico e cancerogeno.

Abbiate voi la pazienza, ha detto Kadri/Calosio, di aspettare che la tragica evidenza della catastrofica catena ecosanitaria  convinca di mettere al bando l’ancor più miliardario C6O4; intanto il nostro “cuoco” studia come sostituirlo con un Pfas ancora “meno nocivo”; eliminarli no: non fa business nelle nostre “fritture” sostituire il nostro “olio” con “friggitrici ad aria”. Anche per il C6O4, perciò, ancora qualche anno di pazienza, anzi, ad essere franchi “Abbiamo deciso di dismetterlo perché è avverso all’opinione pubblica, non perché rappresenti dal punto di vista ambientale una vera minaccia”.  Ho detto tutto: “meno nocivo”.  

Dunque, noi dovremmo aspettare che queste sostanze, tossiche e cancerogene, ribattezzate “forever chemicals”,  per sempre si accumulino indistruttibili nell’ambiente e nel sangue, come è avvenuto e sta avvenendo ad Alessandria per PFOA, ADV e C6O4? Anche su questo aspetto, Kadri/Calosio ha invitato a non esagerare. Dopo Montedison, è pur vero che il Pfoa per venti anni Solvay l’ha buttato  in aria-acqua-suolo e che ancora oggi l’Arpa (con ADV e C6O4) lo misura -dai camini della fabbrica alle falde- dappertutto in tutta la provincia, ma  Kadri/Calosio invita a pazientare: “La messa in sicurezza operativa, che riprende l’acqua della falda e la depura, è tuttora un mezzo per purificare il terreno, è chiaro che ci impiegherà un po’ di tempo ma per il momento è l’unica tecnologia che abbiamo a disposizione. Analogamente per i nuovi Pfas ADV  C6O4 che continuiamo a produrre.”

E Solvay imperterrita continua a produrre (anche) ADV e C6O4 da un quarto di secolo, e non accetta bandi   per il futuro.  Kadri/Calosio si è mostrato del tutto indifferente alle migliaia di Vittime di questo inquinamento, malati e morti, tra lavoratori e cittadini. Anzi, riferendosi proprio ai soggetti più a rischio, cioè ai lavoratori, Kadri/Calosio ha rassicurato la “Commissione Sicurezza e Ambiente”: “Nel biomonitoraggio (privato n.d.r.) dei nostri dipendenti che fino al 2013 hanno utilizzato il Pfoa, abbiamo osservato che la sua concentrazione nel sangue impiega 4 anni a dimezzarsi”. La Commissione, sbeffeggiata, non ha replicato.

Ci permettiamo di fare un nostro commento all’abnormità: di questi dipendenti, che  fino al 2013 avrebbero utilizzato (per 5-10-20 anni?) il killer  Pfoa senza subire gravissimi danni a tiroide, pancreas, diabete, colesterolo, leucemie, tumori eccetera, e avrebbero dal 2013 aggiunto nel sangue i “poco nocivi”  ADV e C6O4: tranquillizzati da direttori come Colosio proprio per quanto riguarda il vecchio  Pfoa: il loro fardello di veleno dopo 4 anni non sarebbe scomparso ma si sarebbe dimezzato, e dopo altri 4 anni la concentrazione  si sarebbe ridotta ad un quarto, e via via  finchè in 28 anni (nel 2041) il Pfoa si sarebbe ridotto nel sangue quasi a zero, mentre a sua volta il “poco nocivo” C6O4 si dimezzerebbe… ancora più in fretta.  Tutto questo “virtuoso” ciclo lavorativo: senza danni ai lavoratori (e ai cittadini) che pesino sulla coscienza di Kadri/Calosio.

Che si sente men che mai responsabile della omessa bonifica sanzionata dalla Cassazione: non si tratta di mancati investimenti per lucrare profitti, bensì di mere difficoltà tecniche: “Non per tutti gli inquinanti nel sottosuolo di Spinetta c’è una tecnologia evidente, chiara e pratica per arrivare a una bonifica completa del terreno: la barriera idraulica ha un effetto positivo ma non ancora risolutivo sull’inquinamento del sottosuolo”. Insomma, ci vogliono altre decine e decine di anni, portate pazienza: “La nostra ricerca è ancora al  lavoro per trovare delle soluzioni per limitare l’impatto ambientale”, sapendo che non potrà essere mai “impatto zero”: né per l’inquinamento  storico della  ventina di tossici e cancerogeni  né per l’attuale -ancora più preoccupante-  della  ventina di tossici e cancerogeni che “ci sfuggono” in suolo aria acqua,  dei quali i Pfas sono solo la punta dell’iceberg.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.   

Speciale Pfas 9. Il nuovo processo è stato inventato dai PM: senza alcun fondamento di reati.

Gli storici  avvocati di Solvay, Luca Santa Maria e Dario Bolognesi, sono intervenuti di peso nel dibattito pubblico e anche con una  nota depositata alla Procura di Alessandria, titolare del (secondo) processo che la multinazionale belga sta tentando di rinviare con espedienti e cavilli processuali, e prima di ripetere la criminalizzazione del PM (come nel primo processo).    

Se il contenuto vuole essere intimidatorio, il tono è apodittico: affermazioni dogmatiche, che vorrebbero essere verità assolute, inconfutabili, mentre appaiono senza sostegno di prove. Affermazioni palesemente infondate, ovvero bugiarde:

La Cassazione ha assolto Solvay per il disastro ambientale: causato invece da  Ausimont-Edison, peraltro venditrice truffaldina a celarlo.

L’incolpevole Solvay si è generosamente fatta carico di Messa in Sicurezza Operativa e Interventi di Bonifica, ovvero la barriera idraulica.

Così, grazie a Solvay, è indubbio un significativo miglioramento dello stato qualitativo dei suoli e delle acque sotterranee, sia all’interno che all’esterno del sito.

Per prima, la Cassazione aveva già confermato che l’acqua di Alessandria è sempre stata potabile.

Anche per quanto riguarda l’aria, le analisi confermano che i PFAS nell’aria sono inferiori ai limiti di rilevabilità.

Insomma, non sono quindi assolutamente ipotizzabili rischi per la salute pubblica.

Pfas e Solvay: un buco nell’acqua senza un salto di qualità delle Associazioni. 

Su Pfas e Solvay le Associazioni ambientaliste, con gli studi legali appropriati, dovranno fare un salto in avanti. Lo dico per Movimento di lotta per la salute Maccacaro, e a Legambiente, WWF, Greenpeace, Medicina democratica, che negli anni ho direttamente o indirettamente rappresentato. Aggiungo soprattutto ISDE Medici per l’Ambiente, e quanti altri ci stanno ascoltando.

Le Associazioni non possono accontentarsi di esposti in Procura e di  costituirsi parti civili nel processo-bis di Alessandria contro Solvay. Troppo comodo e ininfluente  accodarsi ai PM (e affiancarsi  a chi, come il sindaco, semmai dovrebbe sedersi sul banco degli imputati). Troppo comodo e ininfluente  accontentarsi di una futuribile sentenza che non bloccherà le produzioni di Pfas a Spinetta Marengo, e neppure le altre ancor più  tossiche e cancerogene, di una minimale  sentenza  che comunque sarà ingiusta nei confronti delle Vittime: senza risarcimenti a  morti e ammalati. Più in là di tanto non va la giustizia penale. Mentre, senza campanilismi, invece le Associazioni possonoe devono, assolvere un ruolo più importante, su un piano fattuale ed etico. Dunque fare un salto di qualità, anzi un triplo salto in lungo.

Innanzitutto, usando le proprie innegabili risorse, nei confronti di Solvay devono con avvocati e medici legali  avviare azioni inibitorie e risarcitorie in sede civile: queste potrebbero determinare la fermata degli impianti inquinanti e l’avvio di monitoraggi di massa, ma senz’altro sono in grado di assicurare  i risarcimenti alle Vittime, morti e ammalati, con un minimo di equità.  Fare finalmente un po’ di Giustizia!  L’azione di “class action” è conosciuta e proficuamente praticata nel mondo: è tempo che in Italia sia Solvay la prima multinazionale chimica a pagare lo scotto (come incitava il Procuratore generale di Cassazione). Non dimentichiamo che Solvay, con le sue due unità di Spinetta e Bollate, è il principale imputato degli avvelenamenti di Pfas documentati da Greenpeace rispettivamente in Piemonte e in Lombardia.

A fronte del disastro ambientale e sanitario, Comitati e Associazioni hanno chiesto, con esaustivi manifesti, ma separatamente, la messa al bando dei Pfas. Ma né Comune e Regione, a livello locale, né Governo, a livello nazionale, hanno provveduto, nascondendosi dietro il dito di una “imminente” restrizione a livello europeo. Dunque, prima che i Pfas determino ulteriori decenni di Vittime, come per l’amianto, è fondamentale che le Associazioni riprendano con urgenza il disegno di legge (Crucioli) che giace in Parlamento e si unifichino in una unica campagna nazionale di messa la bando della produzione e dell’utilizzo dei Pfas, alla quale far aderire centinaia di migliaia di italiani: i nostri 40mila  della Rete Ambientalista sarebbero i primi ad associarsi, perfino con una sottoscrizione per la “class action”. 

Insomma, onestamente va detto: senza questo salto di qualità delle Associazioni sulla questione eco sanitaria “Pfas e Solvay”, si farebbe il solletico ad un colosso come Solvay e un danno irreversibile al Paese.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

E’ criminale difendere le produzioni di Pfas.

Il polo chimico di Spinetta Marengo è come un enorme iceberg alla deriva. Che Solvay non ha affrontato neppure dopo la sentenza della Cassazione. Anzi l’ha acutizzato non riuscendo neppure a mettere sotto controllo i Pfas.  I Pfas rappresentano, da decenni, la “punta dell’iceberg” di tossici e cancerogeni emessi in suolo-acqua-aria: massa composta da cromo esavalente, arsenico, antimonio, nichel, selenio, DDT, fluorurati, solfati, idrocarburi, metalli pesanti, solventi organici clorurati, cloroformio, trielina acido fluoridrico, acido cloridrico, ammoniaca, alcoli, anidride fosforica, iodurati, Zn, idrossido di potassio, NOx, SOx, polveri eccetera. Sarebbe riduttivo concentrare sui Pfas il processo-bis di Alessandria, ignorerebbe la sentenza della Cassazione.

 La rivendicazione di mettere al bando i Pfas, tutto sommato si limiterebbe ad eliminare la punta dell’iceberg, ma  Solvay la percepisce come  “Cavallo di Troia” per espugnare l’intera roccaforte chimica spinettese. E proprio sui Pfas la Solvay oggi ha eretto la propria “Linea Maginot”: e dopo aver giurato per decenni che il  Pfas killer PFOA non era cancerogeno, ora spergiura per i Pfas ADV e C6O4 e per i futuri Pfas essi sì ancora più innocui, dunque indispensabili per altri 60 anni per rendere resistenti, ignifughi e idrorepellenti rivestimenti antiaderenti, schiumogeni antincendio, tessuti impermeabili, pesticidi, materiali per l’edilizia e prodotti per la pulizia e l’igiene personale ecc.

Solvay pretende di restare, almeno fino al 2026, l’unica produttrice di Pfas in Italia di queste sostanze devastanti per la salute umana, individuate nel sangue, nel latte materno, nella placenta, nel siero, nel liquido seminale e nei capelli eccetera, dopo che,  a causa della loro alta stabilità molecolare, si diffondono  ampiamente indistruttibili nell’ambiente, si riversano in grandi quantità nei bacini idrici, da dove possono percorrere grandi distanze, entrando nell’ecosistema acquatico e risalendo la catena alimentare fino agli esseri umani.

L’efferata pervicacia di Solvay resiste alla mole di evidenze scientifiche accumulatesi, compresa l’analisi comparativa trascrizionale pubblicata sulla rivista Toxics e con il titolo “Cross-Species Transcriptomics Analysis Highlights Conserved Molecular Responses to Per- and Polyfluoroalkyl Substances”,  realizzata dagli scienziati del  Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova, studio che non lascia alcun dubbio su quanto le diverse molecole di PFAS (4.730 molecole: la più estesa famiglia di inquinanti emergenti) influenzano vie ormonali e vie metaboliche.

I Pfas provocano una forte regressione del metabolismo e del trasporto dei lipidi e di altri processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all’ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile; tutti elementi che spiegano gli effetti dannosi dei PFAS sulla fertilità e sullo sviluppo fetale. Mostrano che l’esposizione ai PFAS produce una sovraregolazione del gene ID1, coinvolto nello sviluppo di vari tipi di cancrotra cui leucemia, cancro al seno e al pancreas. I dati epidemiologici suggeriscono  che un’elevata esposizione inoltre aumenta significativamente la mortalità di individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo. L’effetto tossico dei PFAS sul sistema immunitario spiega l’indebolimento delle reazioni immunitarie, della produzione di anticorpi e delle risposte alle vaccinazioni, osservato in particolare nei bambini esposti ai PFAS durante il periodo prenatale e postnatale. L’esposizione aumenta anche la concentrazione nel siero dei marcatori di stress infiammatorio e ossidativo e favorisce così lo sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l’aterosclerosi e gli eventi tromboembolici.

Chi ha inquinato deve pagare.

Questo processo-bis ad Alessandria terrà conto della nuova Direttiva approvata dal Parlamento Europeo? Riprenderà, nell’accusa, il reato di “dolo” formulato dalla Procura nel 2010 ma nella sentenza riformato (con fortissimi sconti di pena) in reato di “colpa”? 

La nuova direttiva sulla protezione dell’ambiente include i cosiddetti “reati qualificati“, che portano alla distruzione o al danneggiamento significativo di un ecosistema e sono quindi paragonabili all’ecocidio: ad esempio l’inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo.

Per gli imputati, le conseguenze per aver commesso un reato ambientale possono essere pene detentive fino a dieci anni se la loro azione causa la morte di una persona. Nella maggior parte dei casi, comunque, la pena prevista per reati commessi con negligenza è di cinque anniotto per quanto riguarda i “reati qualificati“.

“La nuova direttiva apre una nuova pagina nella storia dell’Europa, definendo una tutela nei confronti di coloro che danneggiano gli ecosistemi e, attraverso di essi, la salute umana. Significa porre fine all’impunità ambientale in Europa, cosa cruciale e urgente” afferma Antonius Manders  relatore della direttiva. Di questa impunità in Italia abbiamo ampiamente documentato nei due libri “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia.

A seguito di questa Direttiva, Solvay non si preoccuperebbe come sempre dei direttori, adeguatamente retribuiti per il rischio “professionale”, al presente: Andrea Diotto e Stefano Bigini, ma  al più per le pene pecuniarie: le sanzioni arrivano fino al 5% del fatturato annuo globale di un’azienda responsabile di reati ambientali o alla cifra fissa di 40 milioni di euro, a discrezione degli Stati membri.  I trasgressori dovranno inoltre risarcire il danno causato e ripristinare l’ambiente danneggiato.

Solvay si nasconde dietro le autorizzazioni (AIA) della Provincia di Alessandria. Secondo la precedente direttiva Ue sui reati ambientali, finché un’impresa   rispettava le condizioni di un’autorizzazione, essa pretendeva che le sue azioni non fossero considerate illegali. Un esempio, raccontato da Antonius Manders riguarda il caso giudiziario dell’industria chimica olandese Chemours che nel lontano 1982 ottenne l’autorizzazione a sversare nelle acque i Pfas prima che queste sostanze fossero identificate come dannose per la salute umana. Questa foglia di fico, oggi, non copre i dirigenti Solvay che, dolosamente, hanno sempre saputo che i Pfas sono tossici e cancerogeni. 

Pfas. Guardate assolutamente questo video.

Se non avete avuto la pazienza almeno in questi oltre 20 anni di leggere  gli  oltre 800 articoli sul Sito www.rete-ambientalista.it , o le oltre 600 pagine del Dossier “Pfas. Basta!”, ovvero libri come “Ambiente Delitto Perfetto”, oppure se vi siete risparmiati le mie  presenze in assemblee e interviste e in ogni dove, (ad esempio Il J’Accuse di Lino Balza sul caso Solvay di Spinetta Marengo ),   insomma, se solo vi ha sfiorato questa pionieristica e ora finalmente nazionale campagna per la messa al bando dei Pfas, e ora volete un approccio veloce ma  esauriente  a questa tematica che tocca la salute di tutti -fin dalla placenta della mamma-  guardatevi assolutamente il video dal titolo

Cosa sono i PFAS? Abbiamo il corpo pieno di inquinanti eterni? Come evitarli?

Arcinoti i reati di inquinamento della Solvay.

Per questo scarico di Pfas, in Usa gli inquinatori hanno dovuto pagare 1,18 miliardi di dollari. E’ identico a quello della Solvay in Bormida: da me denunciato nel 2009 e nel 2010 anche con videointervista: ripresa più volte in convegni, come questo del 2019: clicca qui. Sarà anche questa una testimonianza al prossimo processo. 

Nell’esposto alla Procura segnaliamo che “Solvay sostiene di aver cessato il pfas cancerogeno PFOA nel 2013, mentre ad oggi continua a scaricarlo in aria e acqua, tant’è che nel febbraio 2020, l’IRSA, l’istituto di ricerca sull’acqua, preleva campioni nel punto di scarico delle acque reflue industriali nel fiume Bormida, e misura le concentrazioni di PFOA, peraltro di 2938 µg/l, 29 volte al di sopra della soglia fissata dalla Regione Piemonte 0,10 µg /l (In USA il limite di legge delle acque potabili è 0,016 µg /l.)

Tant’è che nel marzo 2020, una campagna di monitoraggio dell’aria condotta dall’ARPA ha mostrato che il PFOA è stato trovato anche nella ricaduta atmosferica degli impianti. Tant’è che il 17 marzo 2022 una scienziata (che lavora per il Centro Nazionale e Ricerche CNR e per l’Istituto di Ricerca sull’Acqua IRSA) misura che il PFOA è ancora presente nel suo campione (0,1902 µg /l), mescolato con i nuovi (in realtà utilizzati da ameno 15 anni) cancerogeni pfas ADV e C6O4.

Infatti, ancor prima di aver smesso (o finto) di utilizzare il PFOA, Solvay aveva introdotto l’ADV nella sua produzione già alla fine degli anni ’90, vedi il nostro esposto del 2009, e già nel 2006 i sospetti di tossicità erano confermati nel fegato dei topi di laboratorio, ma la multinazionale attenderà fino al 2011 prima di comunicare questi studi secretati all’EPA americana , mentre sta usando ADV anche in Italia. Ma c’è di peggio in fatto di dolo. Nel 2019 Solvay fornirà all’EPA un documento che dimostra che l’ADV è entrato nel sangue dei suoi lavoratori in due diverse fabbriche per più di 10 anni. La multinazionale ha smesso di usarlo nel luglio 2021 nella sua struttura di West Deptford, mentre l’ADV è ancora utilizzato da Solvay in Italia a Spinetta Marengo! E viaggia in acqua e aria (ma Solvay promette zero dal 2026).

Oltre che per la Procura, i reati sono pubblicati anche su numerosi giornali, esempio clicca qui.

Non si tutela l’Ambiente se non si tutelano le Vittime.

Ferdinando Lignola, procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione, nella sua requisitoria del 2019 ha parole durissime contro  i dirigenti Solvay e invita i nostri avvocati dell’accusa a muoversi: «Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”.

Sì, perché l’irrisolto drammatico problema è che in sede penale le Vittime, le persone fisiche, decedute e ammalate, non sono risarcite per danni subiti. Ecco perché si parla di cause civili, class action, azioni inibitorie.

Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, gli avvocati in Italia non vanno  oltre le cause in sede penale (peraltro con deboli benefici per l’ambiente). Non così è in altri Paesi, soprattutto negli Stati Uniti dove il fenomeno delle “class actions” costituisce uno dei punti fondamentali del sistema processuale perché fornisce efficaci forme di tutela alle varie situazioni a rilevanza sovra individuale. Negli Usa, nel corso di circa due secoli di vita le class actions hanno avuto un successo straordinario. Lo conferma, ad esempio, la recente (seconda) condanna al Gruppo Monsanto, filiale del colosso tedesco Bayer, a risarcire 857 milioni di dollari di danni a studenti e genitori volontari di una scuola esposta ai policlorobifenili (pcb), i cosiddetti inquinanti ‘eterni’ tipo PFAS.

Lo conferma ancora pochi mesi fa l’accordo che in Michigan le società DuPont, Chemours e Corteva hanno raggiunto di pagare 1,18 miliardi di dollari attraverso un fondo che istituiranno, in modo da risolvere le denunce di inquinamento da Pfas in molti sistemi di acqua potabile degli Stati Uniti. Analogamente avverrà per la  città di Stuart, in Florida. La città è una delle circa 300 comunità negli Stati Uniti che dal 2018 hanno intentato cause equivalenti contro le aziende che producevano schiuma antincendio o il PFAS contenuto nella schiuma. I casi sono pendenti presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti a Charleston, nella Carolina del Sud. In una dichiarazione, gli studi legali che rappresentano i querelanti hanno affermato: “Questo accordo rappresenta il primo di molti passi per iniziare a riparare i danni della contaminazione da PFAS nelle forniture di acqua potabile in America”.

A sua volta 3M recentemente  ha raggiunto un accordo da 10,3 miliardi di dollari (9,4 miliardi di euro) per pagare i test e la bonifica delle sostanze chimiche dalle forniture di acqua negli Stati Uniti, senza ammettere la responsabilità. Ora è alle prese un’azione legale collettiva risarcitoria a causa dei Pfas  nell’isola britannica  di Jersey sul Canale della Manica. Non solo, in Belgio la 3M ha concordato con il governo fiammingo un programma da 571 milioni di euro di risarcimenti  a favore dei residenti di Zwijndrecht, alle porte di Anversa.

Sul suolo americano, la stessa Solvay doveva affrontare 25 cause legali. Si riferiscono tutte all’uso di PFAS. Il tribunale ha emesso una ordinanza che permette di intentare un’azione collettiva per milioni di persone il cui sangue contiene PFAS. Al punto che il 20 giugno 2022, Solvay ha annunciato con grande clamore la sua intenzione di eliminare gradualmente l’uso di PFAS a livello globale entro il 2026. Decisione fasulla per Spinetta, abbiamo già drasticamente commentato: senza il Disegno di legge Crucioli che mette al bando i Pfas in Italia, la strategia della Solvay è per la resistenza ad oltranza.

Dunque, fatta salva la strada delle cause risarcitorie individuali, nei confronti di Solvay altre vie sono la class action e l’azione inibitoria.

L’azione di classe (class action)  è esperibile collettivamente da tutti coloro, persone e organizzazioni/associazioni, che avanzino pretese risarcitorie  in relazione alla lesione di diritti individuali omogenei.

È inoltre prevista la possibilità, per chiunque vi abbia interesse, di esperire, accanto alla class action, un’azione inibitoria  collettiva  nei confronti di chi pone in essere condotte pregiudizievoli per una pluralità di individui o enti, ovvero al fine di ottenere una pronuncia del giudice che ordini alla Solvay la cessazione o il divieto di reiterare una condotta commissiva od omissiva realizzata nello svolgimento delle attività.

I sindacati a tutela dei dipendenti e dei pensionati della Solvay.

Amarcord il sindacato

Non pare certo che ad Alessandria i sindacati in rappresentanza dei lavoratori si costituiranno parte offesa nell’imminente procedimento penale contro Solvay di Spinetta Marengo. Neppure è probabile che avviino in sede civile cause per il risarcimento dei danni ai dipendenti e ai pensionati, come invece ha fatto la CGIL  a Vicenza nei confronti della Miteni di Trissino. Anzi, non risulta che, quanto meno, abbiano aperto un contenzioso nei confronti dell’Inail.

Eppure, per la prima volta in Italia, l’Inail ha accolto la richiesta di riconoscimento di malattia professionale per 19 lavoratori della Miteni, che lavorarono a stretto contatto con i Pfas. Il bio-accumulo di Pfas nel sangue dei lavoratori ha determinato un danno riconosciuto del 2%, che non dà diritto a risarcimenti, ma che stabilisce un precedente importante riconoscendo il rischio e la nocività della presenza delle sostanze derivate dal fluoro nell’organismo, potenziali causa di patologie correlate.

Eppure non abbiamo registrato una presa di posizione dei sindacati all’invito di partecipare con Associazioni e Comitati alle azioni verso Solvay a tutela della salute e dei diritti dei lavoratori e dei cittadini. Attendiamo  replica fattuale (Cisl e Uil non avevano mai risposto in precedenza) alla lettera (PEC 20/4/23) al segretario della Camera del lavoro di Alessandria, che qui riproduciamo.

Lo scontro tra professori al processo Solvay.

Appena espletata l’udienza del Gup, in Corte di Assise di Alessandria, di fronte abbiamo il professor Philippe Grandjean,  considerato uno dei massimi esperti di Pfas a livello mondiale di sostanze perfluoroalchiliche e consulente delle parti civili al processo di Vicenza contro Miteni, e il professor Enrico Pira, arruolato consulente permanente a difesa dei maggiori gruppi industriali italiani imputati di inquinamento.

La conclusione della corposa relazione di Grandjean per Alessandria non può che ricalcare quella depositata a Vicenza: “Esiste una documentazione sostanziale che dimostra una chiara associazione tra esposizione a Pfas ed effetti avversi sulla salute umana nella popolazione generale, soprattutto a livelli elevati come quelli osservati nella zona”.

Pira“Tra le diverse agenzie internazionali che si occupano di salute umana ci sono discrasie nelle conclusioni”. Grandjean: “Ribadisco: il Pfoa è tossico quanto la diossina che è il composto più tossico realizzato dall’uomo”.  Danni al sistema immunitario, tossicità epatica,  anomalie riproduttive, disturbi endocrini e anomalie metaboliche, malattie cardiovascolari e aumento del rischio di alcuni tumori e aumento della mortalità: sono le patologie indicate nella relazione di Grandjéan e associate alle  esposizioni di Pfas. Pira: “Documenti di Efsa e agenzie Usa in merito al rapporto esposizione Pfas e conseguenze sulla salute e su vari temi sono arrivate a conclusioni interlocutorie, scarse certezze,  prove insufficienti o bisogno di ulteriori approfondimenti”. Grandjean: “Che vi siano  ulteriori approfondimenti non vi è dubbio. Ad alcuni lavori ho partecipato anch’io,  come ne sono attesi  ulteriori per il passare del tempo,  ma confermo nella sua interezza la mia relazione”.

La perentorietà di Grandjean deriva dal fatto che per oltre trent’anni è stato  consulente in tossicologia per il Ministero della Salute danese, ha fatto parte anche del Comitato scientifico dell’Agenzia Europea per l’ambiente e del gruppo di esperti sui contaminanti dell’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare. A tagliare la testa al toro, Grandjean mostra a Pira le conclusioni definitive dell’ Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) altrettanto perentorie e definitive: “Il Pfoa è sicuramente cancerogeno per l’uomo e tossico per l’ambiente”. Ora a Pira resta da dimostrare che i fratelli del Pfoa, ADV e C6O4 brevetto esclusivo della  Solvay di Spinetta Marengo, sparsi col Pfoa nei Comuni di Alessandria e limitrofi, non sono tossici e cancerogeni (come sostenuto per decenni a favore dello stesso Pfoa).

Solvay gongola: usciremo indenni dal processo di Alessandria.

Stanno per iniziare il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e la prima Class action in Italia. A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse seguire il prossimo procedimento in Corte di Assise di Alessandria sarebbe estremamente utile la conoscenza della genesi storica, che è contenuta nel secondo volume di “Ambiente Delitto Perfetto” (pagine 444, clicca qui) in particolare la documentazione riferita al processo in Corte di Assise di Alessandria del 2012, in Corte di Assise d’Appello di Torino del 2018 e in  Corte di Cassazione del 2019. Nonché i 20 Esposti alla Procura della Repubblica dal 2008 al 2023 mai respinti con archiviazione: 9 depositati e presso il procuratore capo Michele Di Lecce, e culminati con l’azione penale del 2012 condividendo il reato di dolo per tutta la catena di comando, 11 presso il P.R.  Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a quello del WWF) nel prossimo processo ma purtroppo ristretti al reato di colpa  e per due imputati minori.

Nella prima parte di questa trattazione, dal titolo La strage silenziosa dell’amianto e dei Pfas (clicca), abbiamo esaminato la catastrofe ecosanitaria dal punto di  vista sanitario, la linea difensiva della Solvay sullo sfondo della complicità con le istituzioni comunale e regionale che non fermano le produzioni né sottopongono a biomonitoraggio le popolazioni con i più alti tassi di morbilità e mortalità, mentre riecheggia l’eco del monito del Procuratore generale della Cassazione: «Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”. Ovvero anche con la class action.

Nella  seconda parte,  dal titolo  Il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e la prima class action in Italia. (clicca), abbiamo affrontato gli aspetti ambientali che stanno a monte di quelli sanitari e di cui i Pfas sono solo la punta dell’iceberg: contestandoli in un virtuale controinterrogatorio con la presidente Ilham Kadri in vetta alla catena di comando (che avrebbe dovuto essere l’imputato principale), e alla memoria difensiva presentata dagli avvocati doc Santamaria e Bolognesi con una linea del Piave eretta su una presunta bonifica eseguita e sull’orizzonte di un fantomatico “zero tecnico” delle emissioni nocive.

Terza parte Solvay gongola: usciremo indenni dal processo di Alessandria.

Incurante della condanna in Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica, impassibile alle censure di Onu e Commissione Ecomafie, convinta di aver imbrigliato la politica italiana a tutti i livelli, congelato il disegno di legge sostenuto dagli ambientalisti, imbalsamato il biomonitoraggio sanitario  di massa della popolazione, Solvay si esibisce nient’affatto preoccupata del nuovo processo, davanti al GUP Andrea Perelli il 4 marzo.

Solvay gongola, non trattiene la propria soddisfazione nel comunicato stampa che commenta la conclusione delle indagini della Procura della Repubblica di Alessandria, Enrico Cieri e Eleonora Guerra, in merito al disastro ecosanitario del polo chimico di Spinetta Marengo: ridimensionato da doloso a disastro ambientale colposoLa Procura ha partorito un topolino, esulta Solvay

(continua)

Il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e la prima class action in Italia.

Stanno per iniziare  il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e la prima Class action in Italia. A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse seguire il prossimo procedimento in  Corte di Assise di Alessandria sarebbe estremamente utile la conoscenza della genesi storica, che  è contenuta nel secondo volume di “Ambiente Delitto Perfetto” (pagine 444, clicca qui): in particolare la documentazione riferita al processo in Corte di Assise di Alessandria del 2012, in Corte di Assise d’Appello di Torino del  2018 e in  Corte di Cassazione del  2019. Nonché i 20 Esposti alla Procura della Repubblica dal 2008 al 2023 mai respinti con archiviazione: 9 depositati e presso il procuratore capo Michele Di Lecce, e culminati con l’azione penale del 2012 condividendo il reato di dolo per tutta la catena di comando, 11 presso il P.R. Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a quello del WWF) nel prossimo processo ma purtroppo ristretti al reato di colpa e per due imputati minori.

Per completare l’informazione, nella prima parte di questa trattazione, dal titolo La strage silenziosa dell’amianto e dei Pfas (clicca), abbiamo esaminato la catastrofe ecosanitaria dal punto di  vista sanitario, la linea difensiva della Solvay sullo sfondo della complicità con le istituzioni comunale e regionale che non fermano le produzioni né sottopongono a biomonitoraggio le popolazioni con i più alti tassi di morbilità e mortalità, mentre riecheggia l’eco del monito del Procuratore generale della Cassazione: «Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”.

In questa seconda parte, affronteremo gli aspetti ambientali che stanno a monte di quelli sanitari.

La difesa della presidente Solvay in tribunale. (clicca qui)

Ristampa straordinaria del secondo volume.

Premesso che i nostri libri sono stampati a spese degli autori e il ricavato interamente devoluto alla ricerca per la cura del mesotelioma, e che il volume secondo di ”Ambiente Delitto Perfetto” è esaurito in stampa, abbiamo proposto di stamparlo in numero limitato (e dunque costoso) di copie. Informiamo quanti ci hanno chiesto il prezzo , che la miglior tipografia chiede 20 euro per stampa in nero e 50 a colori. Chi intende usufruirne è invitato a segnalare la propria disponibilità a lino.balza.2019@gmail.com.

Stanno per iniziare  il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e la prima Class action in Italia. A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse seguire il prossimo procedimento in Corte di Assise di Alessandria sarebbe estremamente utile la conoscenza della genesi storica, che  è contenuta in questo secondo volume di “Ambiente Delitto Perfetto” (pagine 444), in particolare la documentazione riferita al processo in Corte di Assise di Alessandria del 2012, in Corte di Assise d’Appello di Torino del 2018 e in Corte di Cassazione del 2019. Nonché i 20 Esposti alla Procura della Repubblica dal 2008 al 2023 mai respinti con archiviazione: 9 depositati e presso il procuratore capo Michele Di Lecce, e culminati con l’azione penale del 2012 condividendo il reato di dolo per tutta la catena di comando, 11 presso il P.R. Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a quello del WWF) nel prossimo processo ma purtroppo ristretti al reato di colpa e per due imputati minori.

Il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo.

E’ in procinto di aprirsi in Corte di Assise di Alessandria il nuovo processo contro Solvay di Spinetta Marengo, per seguire il quale è estremamente utile la conoscenza della genesi storica, in particolare degli esposti al Tribunale. Essa è contenuta nel secondo volume di Ambiente Delitto Perfetto (pagine 444).  Vedi l’Indice. Come tutti i nostri libri, è stato stampato  a spese degli autori e il ricavato interamente devoluto alla Ricerca per la cura del mesotelioma. Attualmente è esaurito. Non siamo nelle condizioni economiche di ripetere la ristampa alle condizioni precedenti. Proponiamo di stamparlo in limitato numero di copie, ad un costo oneroso non inferiore a 50 euro. Chi intende usufruirne, a strettissimo giro di posta è invitato segnalare la propria disponibilità a lino.balza.2019@gmail.com.

INDICE

Pagina

3          Prefazione

6          Corte di Assise di Alessandria. 17 ottobre 2012.

10       J’accuse

47       La sentenza. 14 dicembre 2015

67       Il terremoto in Medicina democratica

74       Corte di Assise d’Appello di Torino. 7 febbraio 2018.

93       Il deposito della  Memoria di Lino Balza

105     Il contenzioso di Balza agli avvocati della difesa

192     La Memoria di replica di Balza

264     La sentenza. 20 giugno 2018       

283     Corte di Cassazione. 12 dicembre 2019.

294     Gli esposti alla Procura di Alessandria dal 2008 al 2023

405     L’indagine epidemiologica dell’ Università di Liegi 2022

417     Le segnalazioni alle Procure ante 2008.

Il biomonitoraggio di massa, la pistola fumante che Solvay & soci devono disarmare.

Non lo fanno il monitoraggio del sangue di tutta la popolazione alessandrina assediata dal polo chimico di Spinetta Marengo, perché sarebbe la “pistola fumante” che inchioderebbe Solvay: costringendola a fermare all’istante le produzioni inquinanti. Diventerebbe prova regina, prova certa e conclusiva del crimine sanitario. Lo diventerebbe addirittura per i più testardi negazionisti che hanno respinto l’evidenza di ben otto indagini epidemiologiche precedenti, a tacere di tutte le indagini ambientali dell’Arpa.

Perciò, evitare questa smoking gun il più a lungo possibile è il compito, di occultamento sistematico dei dati ecosanitari in Piemonte, che la multinazionale belga ha affidato a Comune di Alessandria e Regione, e da essi svolto per lustri in una infinita taranta, con il sindaco a rimbalzare  la palla delle responsabilità al governatore, e questi buttandola perfino in tribuna, ad un Comitato Etico… fantomatico organismo che autorizza sperimentazioni farmacologiche e cliniche, come il suicidio assistito.

All’osceno  girotondo ancora si presta il sindaco che avrebbe il dovere civico e giuridico, in quanto  massima autorità sanitaria locale, di applicare il principio di precauzione e fermare le produzioni. Ma l’opinione pubblica incalza, noi li sputtaniamo urbi et orbi, i versi de Le Iene echeggiano. Chiediamo le analisi del sangue ai lavoratori e ai cittadini, a tutti, a tutti quanti sottoposti ai veleni suolo-acqua-aria di Solvay. La quale non le vuole, perché sa già che  i referti ematologici dei lavoratori custoditi nei suoi cassetti superano ogni limite tollerabile. Perché sa già che le relazioni cliniche dei cittadini, secondo il  nostro screening tramite Università di Liegi, superano ogni soglia di allarme. Perché avverte i complici dell’effetto psicologico di un biomonitoraggio di massa: “Ils sont a la recherche d’un pistolet fumant” afferma  Ilham Kadri dal quartier generale di  Bruxelles.   

Che fare per sopire l’opinione pubblica e prendere quel tempo ulteriore che serve alla strategia aziendale? La soluzione sarà usare la modesta somma stanziata, in stagione elettorale, dalla Regione alla Asl per diluire nel tempo e circoscrivere le analisi del sangue ai soli Pfas e ad una ristretta minoranza di persone selezionata il più lontano possibile da quel centro urbano inglobato nel criminale rischio chimico dello stabilimento. La soluzione sarà ignorare e imbonire la sconcertata opinione pubblica (clicca qui) e il ruttino dell’evanescente opposizione che propone di usare (in parte) i compensi dei consiglieri comunali per impolpare una più seria indagine sanitaria.

La linea difensiva di Solvay al processo.

Per Solvay prendere tempo è utile in funzione di un iter processuale che si trascinerà per un decennio fino alla Cassazione, iniziando dallo scoglio in corte di assise di Alessandria. Anche se esso, nel blando (colposo e non doloso) capo di imputazione della procura, non comprenderebbe il risarcimento dei danni sanitari alle Vittime: evidentemente hanno fatto breccia le argomentazioni contenute nell’opuscolo patinato da Solvay distribuito  a tappeto  a dipendenti e residenti, in cui  afferma: “Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo” (clicca qui).

Questo opuscolo disegna la linea difensiva di Solvay in tribunale. Da un lato smentisce che acido cloridrico, acido fluoridrico, tetrafuoroetilene, perfluoroisobutene, pfas, ecc. che fuoriescono dalle ciminiere, ovvero tramite fughe di gas dagli impianti stessi, ammalino sangue e polmoni di bambini e adulti in quanto tali concentrazioni tossico oncogene sarebbero sotto i livelli di tolleranza: “sotto le soglie di non effetto”, praticamente innocueDall’altro, concentra l’attenzione sulla punta dell’iceberg dell’avvelenamento, i PFAS, di cui  garantisce l’innocuità in acqua e atmosfera: come ha sempre sostenuto per il Pfoa (alla facciaccia della inappellabile sentenza dello IARC) e come ribadisce per il suo sostituto cC6O4.   

Ma, pur sbandierando, come fa nell’opuscolo patinato di verde, che “Non è vero che a Spinetta si muore di più” e che Non è dimostrato il rapporto causa-effetto”, e pur esibendo che metterà in campo fior fiore di consulenti imbonitori del calibro del solito professor Enrico Pira, Solvay sarebbe assai disturbata dal dover disarmare la “pistola fumante”.

A maggior ragione se avviamo la class action. Il biomonitoraggio di massa avrebbe il duplice effetto di aumentare la platea delle Vittime per malattie e morti, e di selezionare medici legali e avvocati più qualificati. Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, infatti, gli avvocati in Italia (a tacere i docili e opportunisti enti, associazioni e sindacati) optano più facile accodarsi alle iniziative dei Pubblici Ministeri, piuttosto che impegnare risorse e rischi per cause collettive in sede civile, le uniche però che risarciscono le Vittime.

Lo zampino peloso dei servizi segreti militari sui Pfas.

Degli speciali delle Iene, gli ultimi  riferiti al Piemonte clicca qui e clicca qui , (quello di Piazza pulita-La7 sembra fermato ai blocchi di partenza), si stanno occupando le lobby industriali-militari, certamente non per le possibili limitazioni nei settori applicativi dei beni di consumo (rivestimenti delle padelle, impermeabilizzanti per i tessuti, giubbotti antipioggia e così via), bensì per le implicazioni della grandissima industria aeronautica, navale, spaziale, costruzioni, semiconduttori e soprattutto quella militare: strettamente interconnessa con i PFAS impiegati a profusione. Questo è il vero nocciolo della questione  e spiega anche la recente scissione della Solvay.

Il peso dei Pfas nel complesso militare industriale ha  rilevanza cruciale nell’industria nucleare e in quella nucleare bellica, nel processo di fabbricazione dei semiconduttori in ambito elettronico, cruciali in Occidente nella competizione tecnologica con la Cina, in ambito sia civile sia militare. Ci ricordiamo che la prima  applicazione dei Pfas avvenne nella costruzione della bomba di Hiroshima.

Le lobby industrialmilitari, esempio Solvay per intenderci,  sono entrate in fibrillazione quando  la pressione del fronte ecologista, superando gli Enti amministrativi intermedi (sindaci e governatori) facilmente sotto controllo, ha preteso di premere sui Parlamenti per leggi di messa la bando dei Pfas, ad esempio il disegno di legge ex Crucioli. Per contro, a livello governativo le lobby hanno intessuto una ferrea ragnatela di tavoli di approfondimento, rimandi a commissioni, rinvii dai  livelli decisionali a quelli europei (a loro volta zavorrati), cadute di esecutivi. Ed è qui che industria, ambienti governativi, ambienti militari, intelligence, si sono fatti sotto e hanno ottenuto la solita “provvisoria” dilazione all’italiana.

Un provvisorio che dura da decenni, quando la produzione dei Pfas in Italia, dopo il fallimento della Miteni,  è stata affidata alla Solvay di Spinetta Marengo in provincia di Alessandria. Qui la Solvay, nonostante sia investita da polemiche a più non posso, ottiene le autorizzazioni (filiando il C6O4 dal padre Pfoa ad es.) mentre mai da parte della magistratura è arrivato un arresto cautelare o un draconiano provvedimento di sequestro, malgrado i solleciti; mentre i reati patrimoniali e ambientali gravissimi sono imputati a livelli manageriali di basso livello e puniti con condanne irrisorie, senza risarcimenti alle Vittime.

Con riferimento proprio al Piemonte: «È come se una matrice occulta generasse la solita sceneggiatura. Il meccanismo è stato bene illustrato in un recente servizio delle Iene peraltro. A Roma girano voci che la magistratura, di Torino nello specifico, abbia aperto un fascicolo esplorativo che non riguarda notizie di reato o un fascicolo contro ignoti. Il focus riguarderebbe l’operato di alcuni assessorati. La produzione di Pfas da sempre gode di guarentigie speciali che direttamente o meno sono richiamate anche in alcuni documenti coperti dal segreto militare. Soggetti di alto livello in seno ai ministeri, al governo, alle gerarchie militari, all’Arma dei carabinieri, alla magistratura, per non parlare delle Camere fino a giungere al Copasir, sono a conoscenza di questa realtà. In qualche modo tutto ciò fa parte del gioco ». «La produzione dei Pfas è coperta dal segreto militare».

A parlare in questi termini, in esclusiva, ai taccuini di Marco Milioni di “Vicenzatoday.it”, è un funzionario del Ministero dell’Ambiente che considerando la delicatezza del tema chiede «il più totale anonimato». Omnia silendo ut audeam nosco: tacendo per ascoltare conosco ogni cosa. 

Solvay anticipa la sua linea di difesa all’imminente processo di Alessandria.

Con una puntigliosa nota, Solvay ha replicato al servizio della trasmissione di Italia1 “Le Iene“, andato in onda martedì sera e intitolato “Il Paese dei veleni”. Ne è scaturito un anticipo della sua linea di difesa per l’imminente processo. Che merita un contradditorio. Clicca qui un “botta e risposta” di sei minuti, che potete ascoltare cliccando sopra la registrazione vocale.

Oppure leggere:

Solvay:  Dissentiamo dal capo di accusa formulato dalla Procura di Alessandria, cioè di disastro innominato colposo, cioè non intenzionale, in quanto tutti i nostri manager hanno sempre operato con correttezza e nell’osservanza delle normative ambientali.

Balza: Anche noi dissentiamo dalla Procura, nel senso che riteniamo non solo incontestabile il reato ma che esso sia doloso. E non colposo, cioè’ non intenzionale, tipo: scusate ma non l’abbiamo fatto apposta. Non ve n’eravate accorti? malgrado le nostre accuse per decenni sulle basi di Arpa e Asl? Ora siete ulteriormente accusati di omessa bonifica. E non stiamo parlando solo di Pfas ma anche  dell’altra “maledetta ventina” di veleni.

Delusione per il rinvio a giudizio della Solvay di Spinetta Marengo.

Ad Alessandria, il procuratore capo Enrico Cieri (sostituto Eleonora Guerra) ha chiesto il rinvio a giudizio per due direttori dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo: Stefano Bigini dal 2008 fino al settembre 2018, e Andrea Diotto fino a ottobre 2023.

I direttori precedenti, tranne Luigi Guarracino, erano stati tutti assolti in un processo conclusosi dopo dieci anni in Cassazione con pene irrisorie in quanto il reato era stato derubricato da doloso (avvelenamento delle acque e omessa bonifica) a colposo (disastro ambientale). Quest’ultimo lieve reato è lo stesso che ora viene contestato, parrebbe per l’accusa di non aver bonificato il pregresso inquinamento, anzi di averlo lasciato estendere nelle acque sotterranee e a valle dello stabilimento, in particolare con alte concentrazioni di Pfas, a tacere le discariche di gessi sequestrate perché abusive.

 Ma se siamo in presenza di una palese reiterazione di reato, perché esso non è rientrato nella fattispecie di dolo? Eppoi parrebbe di nuovo assente il reato per gravissimo inquinamento atmosferico. E innanzitutto anche questo processo in tono dimesso non porterebbe risarcimenti alle Vittime, malati e morti.

L’unica novità, non so quanto di sostanza, è che si imputerebbe all’azienda l’ipotesi di responsabilità amministrativa (ex articolo 25 del 18 giugno 2001 con riferimento al reato di disastro ambientale colposo), commessa a vantaggio e nell’interesse dell’ente per il risparmio dei costi di bonifica e la maggiore efficacia della produzione industriale.

Fatta salva la riserva della lettura degli atti, in conclusione è definibile  eufemisticamente “in tono dimesso il rinvio a giudizio” perché non tiene conto  dei diciotto esposti che ho consegnato alla Procura di Alessandria, in particolare riferiti ai rischi e ai danni sanitari inferti alla popolazione e ai risarcimenti alle Vittime: malati e deceduti.

Se la legge è uguale in tutti i processi…

Sfilano (clicca qui) le testimonianze delle Vittime Pfas al processo di Vicenza contro Miteni di Trissino. Sono analoghe alle testimonianze che ascoltammo più di due lustri fa al processo di Alessandria contro Solvay di Spinetta Marengo, che si risolse dieci anni dopo in Cassazione senza nessun risarcimento delle morti e dei tumori delle Vittime. Nonché senza condanne ai vertici dell’azienda, né alle istituzioni. Nonchè senza bonifica, anzi, il reato è stato fino ad oggi reiterato. 

Solvay paghi i danni del disastro ecosanitario di Spinetta Marengo.

Iniziativa del CIVG e del Movimento di Lotta per la salute “G. Maccacaro” sui PFAS

Presso il circolo Valpiana di Torino ha avuto luogo una riuscita iniziativa di informazione sui PFAS, organizzata in maniera congiunta dal “ CIVG Centro di Iniziative per la Verità e la Giustizia” e dal “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”.

Clicca qui programma e video.

La prima class action contro Solvay in Italia.

Quella che stiamo aprendo è la prima class action contro Solvay in Italia: vuole, in sede civile, risarcire le Vittime, malati e defunti, non tutelati in termini di risarcimenti nei processi penali: come quello concluso in Cassazione appunto contro Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria), peraltro con pene irrisorie e senza risultati di bonifica del territorio. Diversa è la situazione internazionale. Ad esempio, è attuale l’accordo, da 10,3 miliardi di dollari per risolvere le denunce di inquinamento idrico legate alle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), che è stato costretto a stipulare il colosso chimico statunitense, 3M. Implicitamente è il riconoscimento di responsabilità. Come sarebbe una sentenza italiana in sede civile. Si annunciano gli altri accordi delle multinazionali Chemours, DuPont e Corteva: più di 1 miliardo di dollari per risolvere le cause legali sui PFAS. Sono circa 4.000 le azioni legali intentate da Stati ed enti locali. In Belgio la 3M ha patteggiato con la regione fiamminga per 571 milioni di euro.

E’ una calamità mondiale che in Europa colpisce in primis tutta l’Italia (punte di iceberg Veneto-Miteni e Piemonte-Solvay) l’inquinamento da PFAS, accumulabili e indistruttibili “forever chemicals” in suolo-acqua-aria, assorbiti dal sangue provocano tumori, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità, di gravidanza, malformazioni fetali eccetera. Una calamità risolvibile con la totale messa al bando (tipo DDT, CFC, Amianto) contro la quale fa muro di gomma l’astronomico business delle imprese produttrici (tutte sapevano da decenni che stavano uccidendo) e utilizzatrici: tessuti, carta, contenitori di alimenti, pellicole fotografiche, schiume antincendio, pentole antiaderenti, detergenti per la casa, biberon moquette, indumenti impermeabili, eccetera. Un futuro dunque di chiusure aziendali da provocare, però, ora, già bisogna fargli pagare i danni del passato: la distruzione ecologica e i risarcimenti alle Vittime.

Solvay cerca in parlamento di bloccare il bando dei PFAS.

Il Disegno di Legge dell’ex senatore Mattia Crucioli presentato nella precedente legislatura detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

Il DDL Crucioli giace sepolto in parlamento.  A loro volta, in queste ore, alcuni senatori del PD, tra cui Andrea Crisanti, hanno annunciato la presentazione di un Disegno di legge “edulcorato” che non imporrebbe la fermata immediata delle produzioni PFAS di Solvay ma “un graduale percorso di uscita per le aziende che utilizzano i Pfas fino ad uno stop definitivo per quelle non essenziali, comunque in linea con le direttive europee di prossima pubblicazione”.

Queste direttive sono quanto mai aleatorie, sapendo che questo piano europeo, pur proiettato nei tempi lunghi, sta fallendo: è quanto sostengono l’associazione ClientEarth e l’Ufficio Europeo per l’Ambiente (EEB) – una rete composta da 180 organizzazioni ambientaliste – sulla base di un rapporto che ha analizzato i progressi fatti ad un anno dalla messa a punto del progetto della Commissione europea.  Insomma, di fatto, il “DDL Crisanti” sarebbe un altro rinvio della soluzione: in linea con i governi precedenti.

Ovvero è la riprova del peso della Solvay sulla politica visto anche nella recente conferenza alla Camera dei deputati delle Associazioni e dei Comitati che hanno presentato il Manifesto europeo per l’urgente messa al bando dei Pfas e chiesto al Parlamento una ancor più urgente legge per la messa al bando dei Pfas in Italia.  Infatti alla conferenza era completamente assente la maggioranza del Parlamento, cioè il governo. Mentre la minoranza presenta il “DDL Crisanti”.

Solvay affila le armi in attesa del processo.

Dopo la prima condanna in Cassazione, nel secondo processo a carico della Solvay di Spinetta Marengo, il polo chimico è al centro di un’inchiesta chiusa tre mesi fa dalla Procura della Repubblica di Alessandria: viene contestata l’ipotesi di disastro ambientale colposo. In particolare è sotto accusa la tenuta della cosiddetta “barriera idraulica“ avviata nel 2007 e implementata successivamente: a più riprese si è dimostrata del tutto inefficace in quanto sono avvenute continue  fuoriuscite all’esterno dello stabilimento  di contaminanti storici come il cromo esavalente nonché di Pfas C6O4, ADV e PFOA.

Le difese hanno depositato una lunga memoria ai magistrati e l’hanno propagandata in conferenza, gli esperti (tra cui Patrizia Trefiletti, già sfortunata protagonista nel primo processo) hanno rassicurato sulla bontà delle recenti innovazioni tecnologiche applicate al sito di Spinetta e il monitoraggio in tempo reale per la gestione ottimizzata della barriera, che va a integrarsi gli attuali sistemi di gestione della barriera per la quale, sostengono, vengono già applicate le migliori tecnologie disponibili. Insomma, andava già bene prima, checchè ne dicano i magistrati, in futuro andrà anche meglio, anzi, “anche in risposta all’estremizzazione del clima”, a eventuali piogge intense, sosterranno in tribunale.  

Processi Pfas. Vicenza si avvia. Alessandria tergiversa.

La copertina del Dossier del Movimento di lotta Maccacaro, disponibile a chi ne fa richiesta.

Mentre il tribunale di Alessandria, procuratore capo Enrico Cieri sostituti Fabrizio Alessandria e Eleonora Guerra, rimanda proprio dove sarebbe più urgente un intervento essendo lo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo in piena attività inquinante, ha invece avuto inizio il 1 luglio 2021 con una lunga udienza il processo a carico di 15 ex manager accusati dell’inquinamento da Pfas della Miteni di Trissino non più in attività. Duecentoventinove sono le parti civili accolte finora e una novantina sono le nuove posizioni da vagliare. La Corte d’Assise del Tribunale di Vicenza, presidente Antonella  Crea, giudice a latere Chiara Cuzzi e sei giudici popolari,  dopo la costituzione delle parti civili, ha chiesto di trattare oggi le questioni preliminari, ma le difese hanno obiettato che le parti civili non sono ancora tutte costituite e quindi sarebbe proceduralmente scorretto farlo. L’avvocato Ambrosetti, difensore di fallimento Miteni di Trsissino, ne ha chiesto l’estromissione come responsabile civile, questione trattenuta in riserva. Altrettanto hanno fatto anche gli avvocati di Mitsubishi e Icig. Dal canto loro le parti civili hanno invece chiesto di estendere il risarcimento danni all’inquinamento da C604 e GenX. La prossima udienza sarà il 16 settembre per discutere le questioni preliminari sulle parti civili.

I 15 imputati a vario titolo dovranno rispondere dei reati di avvelenamento doloso delle acque destinate al consumo umano nonché di disastro ambientale e inquinamento colposo ai sensi della normativa degli Ecoreati: Luigi Guarracino di Alessandria (già imputato in precedenti procedimenti per fatti analoghi, condannato in via definitiva nel processo per i fatti relativi all’inquinamento delle acque sotterranee dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo); Mario Fabris di Padova, Davide Drusian di Treviso, Mauro Cognolato di Dolo e Mario Mistrorigo a cui poi si sono aggiunti i consiglieri d’Amministrazione delle proprietà straniere della società di Trissino, ovvero i giapponesi della Mitsubishi Corporation, e i tedeschi della lussemburghese International Chemical Investors (controllante di Miteni dal 2009). Kenji Ito, Naoyuki Kimura, Yuji Suetsune e Maki Hosoda sono manager di Mitsubishi; Patrick Schnitzer e Akim Riemann fanno parte di Icig; Alexander Smit, Brian Mc Glynn, Leitgeb Martin e Nardone Antonio Alfiero manager e amministratori di Miteni ai tempi della proprietà Icig, che si sono succeduti nel tempo. Imputata anche la società Miteni Spa, con l’addebito di bancarotta per il mancato accantonamento delle somme necessarie per la bonifica dei terreni e delle acque contaminate. Mitsubishi Corporation e International Chemical Investors sono stati citati come responsabili civili, per rispondere in solido del danno.

Lettera aperta alla “Commissione Ecomafie” (se veramente vuole approfondire la verità).

La “Commissione parlamentare Ecomafie” ha convocato il direttore generale di Arpa Piemonte Angelo Robotto e i rappresentanti dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo (il plenipotenziario Marco Colatarci, accompagnato da Stefano Bigini e Andrea Diotto). Tra omissioni e falsi storici, essi hanno raccontato la loro versione del disastro ecosanitario di Spinetta Marengo (Alessandria), ovvero delle loro  responsabilità storiche dolose o colpose, in particolare in merito all’inquinamento da PFOA. Il Sito del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”, con i suoi 215 specifici “post” è una specie di antologia di fatti, denunce e commenti sul PFOA. E’ augurabile che la Commissione ad esso faccia riferimento se intende veramente approfondire la verità dei fatti. Mi limiterò a segnalare gli ultimissimi “post”: (continua)

Quando le mamme s’incazzano.

Miteni di Trissino: processo da record per la contaminazione da PFAS. Clicca qui la video inchiesta di Andrea Tomasi.

Clicca qui un video di Nadia Toffa del 2016. Si tenga presente che le stesse Iene avevano sei anni prima trasmesso i servizi di Luigi Pelazza sulla Solvay di Spinetta Marengo. E che la campagna anti-PFOA era addirittura partita da Alessandria nel 2008.  

Pfoa Solvay. Continuano le rappresaglie contro chi la denuncia.

La sentenza d’Appello, immediatamente esecutiva, riconosce anche a me, fra le Vittime (tumori, leucemie ecc.) di Spinetta Marengo, 10mila euro di  risarcimento (che peraltro devolvo  per Casale Monferrato alla Ricerca per la cura del mesotelioma).  Però solo a me Solvay – illegalmente- non paga. Perché?  Per vendetta di un passato o anche di un presente? Dopo  40 anni di denunce e proposte, reduce da 7 cause in pretura, 4 in appello, 2 in cassazione; infatti poi in pensione Lino Balza resta il principale accusatore di Solvay, in particolare per la incessante denuncia dell’avvelenamento PFOA delle acque e del sangue (continua).

Clicca qui La Stampa e Il Secolo xix “Processo Solvay, tutti risarciti tranne il dipendente attivista.  

Ministro Costa: “Trovare sostanze alternative ai PFAS.

Il ministro all’Ambiente Sergio Costa  ha  conferito l’incarico all’Istituto di ricerca farmacologica Mario Negri di Milano di trovare  sostanze alternative ai micidiali Pfas per l’industria.

Ma alla Solvay di Spinetta Marengo esse sono già in lavorazione dopo che l’azienda belga è stata obbligata a cessare l’utilizzo del PFOA a seguito della denuncia e della campagna nazionale nel 2008  della Sezione di Alessandria per il bando del PFOA (padelle antiaderenti, goretex, eccetera). Questi sostituti (ADV e C604) sono a vario titolo tossici/cancerogeni/mutageni/teratogeni e, abbiamo denunciato, sono addirittura già presenti insieme al PFOA nel sangue dei lavoratori. Ma senza controllo e intervento delle autorità sanitarie pubbliche. Clicca qui, nel documento del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”, tutte le gravissime responsabilità della Regione Piemonte.

Clicca qui la testimonianza del lavoratore al quale Solvay rifiuta il risarcimento danni alla salute addirittura dopo  la sentenza del Tribunale: ennesima rappresaglia dopo 7 cause in pretura, 4 in appello, 2 in cassazione, tutte concluse con vittoria ma piene di sofferenze: dequalificazione professionale, cassa integrazione, mobbing, trasferimenti, licenziamento…

Pietra tombale su Ambiente e Vittime di Montedison/Solvay.

 

Sommandosi a quelle delle amministrazioni (di ogni colore), comunali, regionali, asl, arpa, anche le responsabilità della Magistratura sono storicamente enormi. Finalmente, come effetto di una lotta condotta per quasi mezzo secolo, anche pagando salati prezzi personali, finalmente nel 2008 fu avviato un procedimento penale contro Montedison/Solvay di Spinetta Marengo. Il quale si è concluso, anche in Appello, con una sentenza scandalosa. Le motivazioni, nella sentenza, si gonfiano con esclamazioni catastrofiche, corrispondenti alla realtà: “un evento distruttivo di proporzioni straordinarie”, “ un avvelenamento delle falde difficilmente reversibile”, “sprezzo assoluto degli imputati all’incolumità pubblica”. Poi, nella condanna, la sentenza si sgonfia come un palloncino: assolve praticamente tutti gli imputati, a cominciare dagli amministratori; non riconosce risarcimenti alle centinaia di Vittime morte e ammalate, se non indecenti elemosine ad alcune; e la bonifica –checchè ne scrive la propaganda Solvay sui giornali- è una balla: quella vera non è mai stata avviata e dunque non sarà mai conclusa, altro che “entro il 2029”. Lo affermo ora per allora, visto che mi sto trasferendo da Alessandria, lontano da questa classe dirigente di fatto e di diritto storica connivente con il suo maggiore inquinatore. Dopo il mezzo secolo delle mie battaglie, con la coscienza a posto, credo di avere il diritto di ribadire (canto del cigno però Cygnus cygnus): una sentenza scandalosa, anch’essa a profitto degli avvocati (clicca qui), che ben merita il posto d’onore nel nostro libro “Ambiente delitto perfetto”, una sentenza che ha anche prodotto il mio abbandono a Medicina democratica dopo 40 anni dalla fondazione, a causa del rifiuto della presidenza a tutelare le Vittime (morti e ammalati) in un processo in sede civile. Resterà il “Movimento di lotta per la salute Giulio Alfredo Maccacaro”.

Impunità e lobby nelle aule penali.

 

Di norma i “grandi processi” in sede penale corrispondono a delitti perfetti contro l’ambiente e la salute, garantiti da una impunità sicura nelle aule dei tribunali. Si pensi a quelli sull’amianto. Tralascio tutta la rovente tematica giuridica ed etica già trattata in alcuni libri (“Ambiente Delitto Perfetto”, “Luigi Mara & Medicina democratica”) per estrapolare un aspetto aberrante: questi procedimenti penali servono né a condannare gli assassinii né a risarcire le Vittime e l’Ambiente, bensì unicamente ad ingrassare la lobby degli avvocati d’accusa&difesa e ad impinguare le casse delle parti civili non fisiche (associazioni e amministrazioni) che accorrono ogni volta come avvoltoi sulle carcasse ambientali. Ne è il paradigma Medicina democratica nel processo Solvay: di cui le sentenze assolutorie del disastro ecosanitario della Fraschetta, uno dei maggiori in Italia. Ebbene (continua)

Tutti assolti in Cassazione. Bussi si è inquinata da sola. Come Spinetta Marengo.

Ribaltato il verdetto di Appello: le dieci condanne per disastro ambientale delle falde acquifere – il più grave in Italia – si trasformano in altrettante assoluzioni per non aver commesso il fatto. Il “fatto” esiste ma non i colpevoli, né dolosi né colposi dei danni alla salute pubblica. La bonifica della discarica più grande d’Europa, 3.7 milioni di euro di danni: se li paghi la collettività. In Cassazione il processo gemello Solvay per Spinetta Marengo (AL) subirà la stessa sorte. Altri due capitoli degni del libro “Ambiente Delitto Perfetto”.

Clicca qui  “Antonio Massari
Clicca qui Il Fatto “Edison si tira fuori dalla bonifica dei veleni in Abruzzo”.

Ne uccidono di più i giornalisti o gli industriali?

A proposito delle presunte bonifiche che la sentenza Solvay avrebbe promosso per il disastro ecosanitario di Spinetta Marengo. Lettera aperta ai giornalisti: clicca qui.
Clicca qui Pennatagliente
Clicca qui The Medi Telegraph
Clicca qui Alessandria Today
Clicca qui Corriereal
Clicca qui Il Piccolo
Clicca qui l’intervista sulle scottanti denunce alla “giustizia di classe” e alla “mutazione genetica di Medicina democratica”.
Clicca qui Il Piccolo

I peggiori delitti contro l’ambiente si consumano dentro le aule giudiziarie.

Lino Balza, perché?

Perché nelle fabbriche avvengono in nome del profitto, mentre in tribunale in nome del popolo italiano.

La pesantezza del giudizio è sull’onda emotiva alla sentenza assolutoria, della Prima corte di assise di appello di Torino, nel processo Montedison-Solvay.

No, sono scandalizzato ma tutt’altro che sorpreso. Come potrei sorprendermi dopo aver scritto un libro di 500 pagine dal titolo inequivocabile, “Ambiente delitto perfetto”, nel quale con Barbara Tartaglione (prefazione di Giorgio Nebbia) analizzo i processi Eternit Montedison Tyssenkrupp Tav Stoppani FFSS Enel Tirreno Power Ilva Michelin Ansaldo Pirelli Olivetti eccetera. Il verdetto sul polo chimico di Spinetta Marengo è l’ennesimo capitolo che si aggiunge nel libro. Piuttosto colpisce lo stomaco assistere allo spettacolo di un mucchio di persone addobbate di nero che replicano la messa in scena di un dramma ma con tratti di farsa. Chi teatralmente chi in sordina, tutti esercitano il proprio mestiere, comprese le comparse, neppure tutti i giornalisti fanno la figura dell’utile idiota.

Continua qui l’intervista sulle scottanti denunce alla “giustizia di classe” e alla “mutazione genetica di Medicina democratica”.

In Appello colpo di spugna definitivo al processo Montedison-Solvay per il disastro ecosanitario di Spinetta Marengo.

 

Neanche un giorno dei 17 anni di reclusione chiesti per gli amministratori : per la Corte d’Assise l’avvelenamento doloso delle falde non sussiste. Nessuna consapevolezza dell’inquinamento storico neppure per i tre imputati minori: ridotte le pene a 1 anno e 8 mesi con doppi benefici di condizionale e non menzione, in pratica totale assoluzione per tutti. Non esistono malattie e morti per tumore. Si tratta, ha accusato la Sezione provinciale di Alessandria di Medicina democratica Movimento di lotta per la salute, dell’ennesima scandalosa sentenza che esclude il dolo, dell’ennesimo capitolo da aggiungere al nostro voluminoso libro “Ambiente Delitto Perfetto”, sottotitolo “Non esiste Giustizia in campo ambientale”. I processi in sede penale non portano nulla alle Vittime e all’ambiente… (continua)

Clicca qui La Stampa
Clicca qui La Stampa
Clicca qui Alessandria Today
Clicca qui Agoramagazine
Clicca qui CorriereAl
Clicca qui Pennatagliente
Clicca qui Daniele Barbieri

La sentenza Montedison-Solvay della Corte di Assise d’Appello di Torino: “Delitto perfetto” oppure “Giustizia”?

Per il disastro ecosanitario del polo chimico di Spinetta Marengo (Alessandria) si è svolto il più importante processo italiano imperniato sul disatteso art. 439 del codice penale: “avvelenamento doloso delle falde acquifere”. In 36 pagine di memoria (clicca qui) Lino Balza, l’unico titolato da mezzo secolo di storia e lotte a rappresentare nel processo Medicina democratica Movimento di lotta per la salute, ha replicato a ciascuno dei 13 avvocati difensori fornendo alla Corte (presidente Fabrizio Pasi, giudice a latere Paola Dezani) le prove del “dolo” di ciascuno degli 8 amministratori e dirigenti imputati per pene che vanno dagli 11 ai 17 anni di reclusione. La sentenza il 20 giugno.

Solvay Montedison, il più importante processo italiano per avvelenamento doloso delle falde acquifere, in sentenza alla Corte di Assise d’Appello di Torino.

Presidente Fabrizio Pasi, giudice a latere Paola Dezani, procuratore generale Marina Nuccio. In sentenza al 20 giugno. Per il disastro ecosanitario del polo chimico di Spinetta Marengo – Alessandria chiesti 110 anni di reclusione per gli amministratori delegati italiani e belgi e dirigenti difesi dai più famosi penalisti. Nell’udienza del 6 giugno, Lino Balza, nelle 36 pagine (clicca qui) della memoria depositata,
Prima pagina della memoria di replica

ha replicato a ciascuno dei 13 avvocati difensori chiedendo le condanne per ciascuno degli 8 imputati: da 11 a 17 anni di reclusione. Una replica è stata consegnata nelle mani di ciascun giurato e giudice. La stessa memoria è stata inviata via mail a quasi 20mila destinatari in Italia e all’estero, oltre a Facebook e Twitter.




Ultima pagina della memoria di replica

Si conclude il più importante processo italiano per avvelenamento doloso delle falde acquifere.

Il 6 giugno in Corte di Assise di Appello di Torino, presidente Fabrizio Pasi, giudice a latere Paola Dezani, procuratrice generale Marina Nuccio. Per il disastro ecosanitario del polo chimico Solvay-Montedison di Spinetta Marengo – Alessandria (clicca qui la memoria di Lino Balza), chiesti 110 anni di reclusione per gli amministratori delegati italiani e belgi e dirigenti difesi dai più famosi penalisti: clicca qui le cronache delle udienze precedenti.

I processi gemelli per i disastri ecosanitari di Pescara e Alessandria.

A Torino, presidente Fabrizio Pasi, riprenderà il 6 giugno l’Appello contro le assoluzioni Solvay di Spinetta Marengo per avvelenamento doloso delle falde (clicca qui la memoria di Lino Balza), mentre le accuse di Tangenti sono pervenute al Consiglio superiore della Magistratura. Per Bussi si pronuncerà a settembre la Cassazione: nel 2015 la Corte di Assise di Chieti, presidente Camillo Romandini, assolse in larga parte per prescrizione i dirigenti Montedison, accusati di avvelenamento doloso delle falde, ma alcuni giudici popolari riferirono al giornale Il Fatto Quotidiano di pressioni di Romandini per escludere il dolo. La sentenza abruzzese fu ribaltata in Appello: 10 condanne. Per Romandini è in corso procedimento disciplinare al Consiglio superiore della Magistratura.
Clicca qui Antonio Massari “Soldi per il processo sulla discarica”

Solvay è innocente: vittima di un intrigo internazionale ordito dai poteri forti.

 

Dai poteri forti della chimica, dei supermercati e della politica, per impedirle di denunciare i veri colpevoli della catastrofe ecosanitaria di Spinetta Marengo, e per impedirle di bonificare l’altrui avvelenamento doloso delle falde acquifere. Regista finale del complotto: il Pubblico ministero, deferito al Consiglio superiore della magistratura. Tutti i nomi dei congiurati nell’arringa, in Corte di assise d’appello di Torino, di Luca Santa Maria in difesa dell’onnipotente Giorgio Carimati: clicca qui.  

“Io non vado ai processi per incassare soldi, voi sì.” Polemica dentro Medicina democratica.


Non sappia la tua destra ciò che fa la tua sinistra: è un sacrosanto principio evangelico in materia di beneficenza che sono costretto a violare a causa delle ignobili insinuazioni polemiche pubbliche di Marco Caldiroli e Fulvio Aurora, rispettivamente vicepresidente e responsabile vertenze di Medicina democratica. (continua)

Maratona difensiva in Corte di Assise d’Appello a Torino.

Balza ai Caraibi per incontrare l’AD monsieur De Laguiche. Prossimamente il video dell’avvenimento.

Continua tra Montedison e Solvay lo scaricabarile dell’avvelenamento doloso della falda di Alessandria. Nel più importante processo italiano per questo reato, chiesti 110 anni di reclusione per 7 amministratori e dirigenti difesi dai più famosi e costosi avvocati. E’ il turno di Dario Bolognesi: anticipiamo l’arringa che pronuncerà l’11 aprile: clicca qui.

Per il disastro ecosanitario del polo chimico di Spinetta Marengo clicca qui la memoria di Lino Balza.

Per altri dettagli: “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia , terza edizione pagg. 518

In Appello “strategia dello scaricabarile” tra Montedison e Solvay.

Montedison scarica il reato di avvelenamento doloso su Solvay, e Solvay fa altrettanto. Gli imputati si scaricano gli uni sugli altri: gli amministratori delegati sui responsabili ambiente e sui direttori, i responsabili ambiente sugli amministratori e sui direttori, i direttori sugli amministratori e sui responsabili ambiente, ma anche ciascuno chiama in correo il proprio omologo. Una confessione collettiva? No, una strategia studiata. Prossima udienza: l’amministratore delegato Bernard de Laguiche contro il responsabile ambiente Giorgio Canti. Fingeranno di sbranarsi gli avvocati Domenico Pulitanò e Roberto Fanari. (clicca qui). Mentre per la Procura Generale le condanne vanno equamente distribuite da un minimo di 11 ad un massimo di 17 anni di reclusione.

Il più importante processo italiano per avvelenamento doloso delle acque. 110 anni di reclusione per 7 imputati Solvay.

In Corte di Assise di Appello di Torino, presidente Fabrizio Pasi, giudice a latere Paola Dezani, procuratore generale Marina Nuccio. Per il disastro ecosanitario del polo chimico di Spinetta Marengo – Alessandria (clicca qui la memoria di Lino Balza), gli amministratori delegati italiani e belgi sono difesi dai più famosi penalisti: clicca qui le prossime arringhe di Carlo Baccaredda Boi per Carlo Cogliati, Massimo Dinoia per Pierre Jaques Joris, e Leonardo Cammarata per Luigi Guarracino.

Sul Blog già pubblicate le arringhe di Giovanni Paolo Accinni, Tullio Padovani e Carlo Sassi (per Cogliati); Giulio Ponzanelli (per Bernard de Laguiche); Nadia Alecci e Francesco Certonze (per Francesco Boncoraglio). Seguiranno: Domenico Pulitanò per De Laguiche; Roberto Fanari per Giorgio Canti; Luca Santa Maria e Dario Bolognesi per Giorgio Carimati.
Per altri dettagli: “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia , terza edizione pagg. 518.