La prima class action contro Solvay in Italia.

Quella che stiamo aprendo è la prima class action contro Solvay in Italia: vuole, in sede civile, risarcire le Vittime, malati e defunti, non tutelati in termini di risarcimenti nei processi penali: come quello concluso in Cassazione appunto contro Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria), peraltro con pene irrisorie e senza risultati di bonifica del territorio. Diversa è la situazione internazionale. Ad esempio, è attuale l’accordo, da 10,3 miliardi di dollari per risolvere le denunce di inquinamento idrico legate alle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), che è stato costretto a stipulare il colosso chimico statunitense, 3M. Implicitamente è il riconoscimento di responsabilità. Come sarebbe una sentenza italiana in sede civile. Si annunciano gli altri accordi delle multinazionali Chemours, DuPont e Corteva: più di 1 miliardo di dollari per risolvere le cause legali sui PFAS. Sono circa 4.000 le azioni legali intentate da Stati ed enti locali. In Belgio la 3M ha patteggiato con la regione fiamminga per 571 milioni di euro.

E’ una calamità mondiale che in Europa colpisce in primis tutta l’Italia (punte di iceberg Veneto-Miteni e Piemonte-Solvay) l’inquinamento da PFAS, accumulabili e indistruttibili “forever chemicals” in suolo-acqua-aria, assorbiti dal sangue provocano tumori, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità, di gravidanza, malformazioni fetali eccetera. Una calamità risolvibile con la totale messa al bando (tipo DDT, CFC, Amianto) contro la quale fa muro di gomma l’astronomico business delle imprese produttrici (tutte sapevano da decenni che stavano uccidendo) e utilizzatrici: tessuti, carta, contenitori di alimenti, pellicole fotografiche, schiume antincendio, pentole antiaderenti, detergenti per la casa, biberon moquette, indumenti impermeabili, eccetera. Un futuro dunque di chiusure aziendali da provocare, però, ora, già bisogna fargli pagare i danni del passato: la distruzione ecologica e i risarcimenti alle Vittime.

Nuovi rischi per lo scudo della Terra.

Pochi mesi fa avevamo esultato, anche appuntandoci una medaglietta, per la chiusura del “buco dell’ozono”, cioè per il recupero di questo   gas che in atmosfera costituisce uno strato protettivo (l’ozonosfera) che blocca il passaggio dei raggi UV provenienti dal sole e le conseguenti radiazioni ultraviolette che mettono in pericolo la vita sul nostro Pianeta, ovvero cancro per l’uomo. I killer dell’ozono, gli autori del buco, erano soprattutto i clorofluorocarburi CFC, i gas contenuti nei frigoriferi e nelle bombolette spray. Nel 1992, nella fabbrica che li produceva (Montefluos-Ausimont di Spinetta Marengo oggi Solvay), organizzammo con gli attivisti di Greenpeace un clamoroso blitz che avviò la storica campagna per la messa al bando dei CFC: clicca qui La battaglia per chiudere il buco dell’ozono.

 Purtroppo, nonostante le buone notizie sullo strato dell’ozono e il suo buco, un nuovo studio allarma che le emissioni globali di alcuni tipi di clorofluorocarburi utilizzati come alternativi ai killer (idrofluorocarburi o HFC) sono in aumento e rappresentano in prospettiva un pericolo essendo potenti gas serra che influenzano in ogni caso il clima.

La battaglia per chiudere il buco dell’ozono.

Le Nazioni Unite (ONU) hanno rilasciato un comunicato storico: per il 2045 il buco nello strato di ozono sopra l’Artico si sarà completamente riformato, tornando ai livelli del 1980. Nell’Antartico invece questo recupero è previsto entro il 2066 circa. L’ozono è un gas che in atmosfera costituisce uno strato protettivo (l’ozonosfera) che blocca il passaggio dei raggi UV provenienti dal sole e le conseguenti radiazioni ultraviolette che mettono in pericolo la vita sul nostro Pianeta. Clicca qui il blog di Prontobolletta.

La chiusura del buco dell’ozono è un’ottima notizia per il Pianeta, ed è un avvenimento che è potuto accadere grazie anche alle lotte condotte in Italia. Il “buco dell’ozono” nella stratosfera, causa dei tumori maligni melanoma, era soprattutto originato dai clorofluorocarburi CFC, i gas contenuti nei frigoriferi e nelle bombolette spray. Nel 1992, nella fabbrica che li produceva (Montefluos-Ausimont di Spinetta Marengo oggi Solvay), gli attivisti diGreenpeace scalarono le ciminiere con striscioni che chiedevano l’eliminazione dei CFC. In quella vittoriosa campagna con Greenpeace: in prima linea un lavoratore che dal colosso chimico subì rappresaglie (fino al licenziamento) sanzionate dalla Magistratura. Con quella battaglia noi segnammo una crescita della coscienza ecologica su scala mondiale. Per saperne di più: clicca qui stralci da “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza prefazione di Giorgio Nebbia, e da “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”. 

Al bando! Al bando i PFAS come fu per Amianto, CFC, DDT.

La messa al bando dei Pfas, nel  Disegno di Legge del senatore Mattia Crucioli, riecheggia dopo anni la messa al bando di Amianto, CFC clorofluorocarburi, DDT, Arsenico, Solfato di rameCanfora,  Cromati e Bicromati, Pigmenti: sostanze cancerogene tutte prodotte -tragica fatalità-  nell’alessandrino, in particolare nel polo chimico di Spinetta Marengo.

Andando indietro nel tempo, in questo maledetto territorio detto Fraschetta, a Spinetta si produceva DDT, il cui utilizzo fu vietato nel 1969 (ma già dal 1962 negli USA era il bersaglio dei movimenti ambientalisti): oggi dilaga ancora nelle falde di Alessandria! Insieme all’Arsenico! Nella foto del 1944: l’impianto di macinazione e miscelazione del reparto arseniati. Per inciso, era una fabbrica da sempre utilizzata per scopi

bellici: già nella prima guerra mondiale produceva gas di acido cloridrico, chiamato “mostarda”  che dava il tempo di assaporare il profumo prima di restare stecchiti. Nella seconda, con le ossa degli ebrei fabbricava fosfati e azotati.  Ancora nel 1993, dai giornali era stato attribuito l’attentato nello stabilimento come monito dei servizi segreti israeliani su impianti produttori di armi chimiche usate  da Saddam Hussein nella guerra in Irak. D’altronde avevo più volte allarmato l’opinione pubblica sul rischio di catastrofe industriale: “i gas di algoflon inodore incolore insapore sono  in grado di annullare la vita di Alessandria senza scalfire un muro”; basta la caduta di un aereo civile o di un missile incivile.  La contaminazione di composti organici clorurati, ancora prima delle battaglie del ’68, era già famosa per il  sistema di allarme adottato: quando i canarini in gabbia al suolo cominciavano a reclinare il capo era il momento per gli operai di darsela a gambe. 

Il cromo esavalente ancora oggi sguazza non bonificato con altri venti tossico cancerogeni nella falde pur dopo la messa al bando da più di 50 anni degli impianti Montecatini Edison di solfato di ramecanfora,  cromati e bicromati. Per questi ultimi era famosa la “tribù dei nasi forati”: i lavoratori colpiti dalla perforazione del setto nasale destinati tutti ad una precoce ecatombe di tumori. Piombo e cromo erano prerogative dei reparti del ciclo  pigmenti inorganici (biossido di titanio, solferro, acido solforico, latte di calce, acido fluoridrico, solfonazione-rol, agoflon 27, biossido di cromo, pigmenti colorati), la cui chiusura negli anni ‘80 era stata dal sindacato addirittura ritardata malgrado la furiosa polemica della nostra  Cellula del PCI. D’altronde ci fu l’episodio dell’operaio buonanima che per contestare i comunisti addentò  il panino dopo averlo imbottito di pigmento, ed erano i tempi in cui Montedison risarciva le grondaie e le auto bucate da solforico e fluoridrico, anticipando Solvay che risarcirà regalando l’acqua… al cromo esavalente, mentre le  spighe sono vuote di grano e nevica a cielo sereno.

La messa al bando dei CFC Clorofluorocarburi della Montefluosche stavano procurando il buco dell’ozono nella stratosfera e i conseguenti tumori della pelle, fu merito delle clamorose manifestazioni di Greenpeace con cui organizzai la scalata delle ciminiere del 1992. Questo salvataggio del pianeta Terra neppure limitò il mercato degli spray e dei frigoriferi, per i quali l’industria fu costretta a sostituire i CFC con altri gas propellenti e refrigeranti.

Analogamente, la messa al bando (1992) dell’Amianto non fece crollare l’edilizia  bensì l’Eternit e la strage per mesotelioma a Casale Monferrato. Piuttosto, senza un piano nazionale di bonifica, a decenni di distanza in tutta  Italia  le morti (impunite) viaggiano ancora alla velocità di duemila l’anno.

In conclusione, anche per i PFAS, già come la Storia ha dimostrato per AMIANTO, DDT, CFC eccetera, le alternative produttive ci sono ma sono rifiutate dall’avidità criminale delle multinazionali. Dunque vanno imposte con la loro messa al bando  tramite il  Disegno di Legge del senatore Mattia Crucioli, che implica la chiusura delle produzioni a Spinetta Marengo, il divieto dell’utilizzo su tutto il territorio nazionale in particolare nelle concerie e la bonifica dei territori in particolare piemontesi e  veneti.

Solvay in pieno centro abitato.

Accordo mondiale di eliminazione dei gas HFC. Una battaglia iniziata a Spinetta Marengo.

il “buco dell’ozono” nella stratosfera, causa dei tumori maligni melanoma, era originato dai clorofluorocarburi CFC, i gas contenuti nei frigoriferi e nelle bombolette spray. Lino Balza fu in prima linea nella vittoriosa campagna per eliminare i CFC, malgrado lavorasse nella fabbrica che li produceva: Montefluos-Ausimont di Spinetta Marengo (oggi Solvay) e subisse rappresaglie (fino al licenziamento) sanzionate dalla Magistratura. Nelle foto: alcune immagini dell’ “assalto” alla Montefluos, con spettacolare scalata alle ciminiere, che organizzammo nel 1992 con Greenpeace. Con quella battaglia segnammo una crescita della coscienza ecologica su scala mondiale. Grazie a quella battaglia, i CFC furono sostituiti con gli HFC, anche essi però non perfettamente eco-compatibili, in quanto la loro liberazione in atmosfera contribuisce ad aumentare l’effetto di surriscaldamento della Terra. In questi giorni è stato concluso a Kigali un accordo definito storico: quasi 200 Stati si sono impegnati alla riduzione graduale degli HFC.