
L’origine del genocidio.

Movimenti di Lotta per la Salute, l"Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Perché Trump, una volta eletto, ha mostrato fin da subito palese ostilità sia nei confronti di Gaza che dei suoi abitanti, ulteriore sostegno al controverso leader israeliano e ormai palese vicinanza strategica con gli interessi di Putin? Perché vuole evitare la terza guerra mondiale come ha detto pubblicamente a Zelensky? Perché l’Unione Europea sta sostenendo un piano di riarmo del vecchio continente di circa 800 miliardi di Euro? Per proteggere i suoi cittadini? E perché il presidente francese Macron offre a questi ultimi di estendere il proprio cosiddetto ombrello nucleare? Per tenerli al sicuro e scongiurare la guerra? In altre parole, è la pace che hanno a cuore costoro e più che mai coloro che sono alle loro spalle? Clicca qui.
È scritta in arabo, ebraico, italiano, la Dichiarazione congiunta dei tre movimenti (CPT – Palestine, Mesarvot – Israel e Movimento Nonviolento – Italia) che lavorano insieme come gruppo misto per l’obiezione alla guerra.
Da oggi il documento (che non è il solito appello, ma un’assunzione di responsabilità e impegno) viene diffuso a livello internazionale anche in inglese. Clicca qui.
L’ultimo Rapporto delle Nazioni Unite clicca qui racconta i progressi di Israele nella sua Campagna Genocida a Gaza. Israele è intenzionato, si legge, a espellere i palestinesi, ricolonizzare Gaza e sferrare un attacco decisivo contro la Cisgiordania.
Carlo De Benedetti, Corriere della sera : “Israele ha commesso un fallo di reazione. Gaza è stata una reazione eccessiva”. Prima del 7 ottobre, la situazione era così tranquilla.
A differenza delle organizzazioni ebraiche che sostengono acriticamente lo Stato di Israele, al Parlamento di Bruxelles è stata presentata sulle orme della statunitense Jewish For Peace, la Rete ebraica europea per la Palestina, che ha visto l’adesione di vari gruppi rappresentanti organizzazioni antirazziste della società civile europea e palestinese, per esprimere “Not in my nime” l’opposizione al genocidio e alla pulizia etnica, all’occupazione coloniale e all’apartheid di Israele in Palestina.
Sarah Friedland, regista americana, ha detto che stava ricevendo il premio Luigi De Laurentiis per il miglior primo film, nel ‘336esimo giorno del genocidio di Israele a Gaza e nel 76esimo anno di occupazione’. Clicca qui.
Clicca qui Abdaljawad Omar pubblicato su Mondoweiss (con il titolo completo Perché l’assassinio dei leader di Hamas e Hezbollah da parte di Israele non fermerà la resistenza).
Anche i giornalisti italiani hanno ricevuto l’ordine di non parlare più di Gaza, proprio nel momento in cui la rivista medica britannica “The Lancet” ha fatto una “stima conservativa” di 186.000 morti a Gaza, l’8 per cento della sua popolazione prebellica, e mentre Israele continua a bombardare le scuole dell’ONU che accolgono i rifugiati, 70 per cento delle quali sono state distrutte, sei solo negli ultimi dieci giorni, uccidendo centinaia di bambini. L’ordine proviene dalla democrazia americana che ha provveduto a silenziare tutte le voci dissenzienti. Già diversi mesi fa la CNN aveva provveduto a licenziare tutti i suoi conduttori arabi. Il New York Times, come tutte le grandi testate, ha ridotto il massacro in corso a una nota a piè di pagina. Lo scorso mese il Congresso americano ha persino approvato una norma che vieta al Dipartimento di stato di citare le statistiche sui decessi fornite dal Ministero della Salute di Gaza. Rashida Tlaib, unica rappresentante palestinese al Congresso, ha così commentato: “Stiamo osservando il governo di apartheid israeliano compiere un genocidio a Gaza in tempo reale e questa norma è un tentativo di nasconderlo”.
3 luglio 2024. Nel suo rapporto statistico quotidiano, il Ministero della Salute Palestinese aggiorna lo sterminio di Gaza: nelle ultime 24 ore Israele ha commesso 3 massacri contro famiglie nella Striscia di Gaza, provocando 28 morti e 125 feriti arrivatinegli ospedali nelle ultime 24 ore. Il bilancio del genocidio è salito a 37.953 morti e 87.266 feriti dallo scorso 7 ottobre.
Varchi del porto bloccati e traffico in tilt a Genova per la manifestazione pro Palestina indetta da varie sigle tra cui i portuali del Calp, l’assemblea contro la guerra, i sindacati Si.Cobas e Usb e varie altre associazioni. Per i manifestanti il porto di Genova è il transito “da dove passano massicciamente le armi che contribuiscono al massacro del popolo palestinese” per cui “bloccando il porto di Genova, simbolicamente blocchiamo la guerra nella sua configurazione logistica”.
Continua a Torino la protesta di studentesse e studenti pro Palestina che hanno bloccato gli ingressi del rettorato del Politecnico, dove si sarebbe dovuto tenere il Consiglio di amministrazione dell’ateneo dopo le elezioni della scorsa settimana.
Dagli studenti e studentesse: “Stamattina alle 8:30 abbiamo bloccato gli ingressi alle sedi amministrative del Politecnico, in occasione della riunione del CDA dell’Ateneo prevista per la tarda mattinata di oggi.
Questa azione avviene in risposta all’incrinarsi delle trattative che da un paio di settimane erano state intavolate tra una delegazione di senatori e un gruppo di student3 occupanti. Ieri durante il quarto incontro del tavolo di trattativa abbiamo assistito ad una drastica operazione ricattatoria nei nostri confronti. I senatori ci hanno minacciat3, dicendoci di dover per forza sottostare a tutte le loro condizioni per avere in cambio la convocazione di un Senato Accademico straordinario; senza nemmeno darci la certezza che in tale sede sarebbe passata la mozione riscritta da loro, contenente dei punti già molto al ribasso rispetto alle nostre richieste. Di fatto non è stata una trattativa, ma una richiesta impositiva di liberazione degli spazi, senza nessuna concessione concreta dalla loro parte.
Durante il blocco di oggi, in cui chiediamo ancora una volta in modo pacifico una presa di posizione chiara da parte del Politecnico riguardo al genocidio e un chiaro segnale verso demilitarizzazione dei proprio accordi di ricerca, è avvenuta ancora una volta una smisurata risposta repressiva, in cui uno studente isolato è stato aggredito da quattro guardie private, strattonato e schiacciato contro la porta mentre cercava di allontanarsi.
Nonostante il persistente silenzio istituzionale, le intimidazioni e i ricatti, la nostra richiesta rimane chiara, vogliamo un senato accademico straordinario il prima possibile, in cui venga discussa la mozione con le nostre richieste”.
“Sono senza parole di fronte a gioventù ignorante della storia che va in università a gridare l’accusa di genocidio nei confronti di Israele, è una bestemmia” : sostiene la senatrice a vita Liliana Segre.
Invece per gli studenti, e non solo, con genocidio, secondo la definizione adottata dall’ONU, si intendono «gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». A parte 75 anni di atti di sterminio in Palestina, replicano gli studenti, non bastano gli attuali numeri di morti (in maggioranza bambini) e di distruzioni nella strisciolina di Gaza? Quale è il numero minimo per Segre?
Ho letto con interesse quanto scritto, ma non mi è chiaro quale posto
hanno le bandiere palestinesi nel celebrare il 25 aprile dato che non
hanno nulla a che vedere con la liberazione dal nazifascismo e che,
strano non venga mai ricordato, gli arabi della Palestina mandataria
erano alleati di Hitler.
Mi chiedo se la strumentalizzazione politica annotata nell’ultima parte
dell’articolo debba essere vista proprio nella presenza palestinese che
con questa storia non ha niente a che fare. Certo sarebbe interessante
coinvolgere popoli che stanno cercando l’indipendenza come i curdi, gli
armeni i saharawi, per farne solo alcuni esempi.
Disponibile al dialogo e al confronto, ringrazio per avermi permesso
questa riflessione.
Cordiali saluti.
Silvia Guetta PhD
Associate Professor in General and Social Pedagogy
– _Member of Italian Delegation IHRA_ (International Holocaust
Remembrance Alliance)
– _Director of Post-__Academic Course of Holocaust Education_ UNIFI
_- Associate Member of _ _UNESCO Transdisciplinary Chair in Human
Development and Culture of Peace- UNIFI_
– _Member of Kindness Network – Municipality of Florence_
Department of Education, Languages, Intercultures, Literatures and
Psychology
University of Florence
via Laura, 48 – 50121 Florence (Italy)
Vengono definiti atti di genocidio quelli commessi con “l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo protetto”, come ad esempio un gruppo nazionale, etnico, religioso o razziale. Partendo da questa definizione, lo scorso 29 dicembre, il governo sudafricano ha presentato alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia un’istanza contro Israele, riguardante la presunta violazione da parte di Israele degli obblighi derivanti dalla Convenzione sulla prevenzione e repressione del delitto di genocidio, in reazione al violento attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.
Tra le prove utilizzate dal Sudafrica per sostenere la denuncia presso la Corte ci sono anche i dati raccolti da Amnesty International, che ha documentato in modo schiacciante crimini di guerra e altri crimini di diritto internazionale commessi da Israele nei suoi intensi bombardamenti contro la Striscia di Gaza: attacchi diretti contro civili e obiettivi civili, attacchi indiscriminati e altri attacchi illegali, trasferimenti forzati di civili e punizioni collettive contro la popolazione civile. Nella denuncia del Sudafrica, vengono citate le ricerche di Amnesty International secondo le quali il sistema israeliano di dominazione e oppressione ai danni dei palestinesi costituisce apartheid. Il 26 gennaio, la Corte ha emesso delle misure cautelari, mentre ci vorrà molto più tempo per analizzare l’accusa di presunto genocidio commesso ai danni del popolo palestinese.
Con 15 voti a favore e due contrari, la Corte internazionale di giustizia ha stabilito sei misure cautelari, tra cui l’obbligo per Israele di astenersi da atti contemplati dalla Convenzione sul genocidio, di prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico al genocidio, nonchè di adottare misure immediate ed efficaci per garantire l’assistenza umanitaria ai civili nella Striscia di Gaza. In modo cruciale, la Corte ha anche ordinato a Israele di conservare le prove del genocidio e di presentare entro un mese una relazione dettagliata alla Corte su tutte le misure adottate in conformità con la sua disposizione. La decisione della Corte internazionale di giustizia di emanare misure cautelari in risposta alla denuncia di genocidio presentata dal Sudafrica contro Israele rappresenta un passo significativo che potrebbe contribuire a salvaguardare la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata, evitandole ulteriori sofferenze e danni irreparabili. Ma soprattutto dimostra che c’è ancora speranza per la giustizia internazionale.
Il Procuratore presso la Corte penale internazionale (CPI) chiede mandati di arresto per esponenti di spicco di Hamas e israeliani con l’accusa di crimini di guerra e crimini contro l’umanità per gli attacchi del 7 ottobre contro Israele e la successiva invasione a Gaza. Rispettivamente: per il leader Yahya Sinwar, il capo politico Ismail Haniyeh e il leader del braccio armato Mohammed Diab Ibrahim al-Masri, meglio conosciuto come Mohammed Deif e per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant.
Clicca qui un giudizio di Alessandro Orsini su Netanyahu, (accusato di “avere causato lo sterminio, di avere causato la fame come metodo di guerra, compresa la negazione di forniture di aiuti umanitari, di avere deliberatamente preso di mira i civili durante il conflitto”), nel quale sostiene che “scaricare tutte le colpe su di lui è la strategia cognitiva autoassolutoria tipica dell’uomo eurocentrico. Le democrazie occidentali sono corresponsabili della tragedia dei palestinesi. Dire che Netanyahu ne è il solo responsabile è un’affermazione anti-scientifica”.
Se non impossibile, o poco probabile, comunque è realizzabile in tempi assai lontani, se riflettiamo (clicca qui) su questa ricostruzione storica del colonialismo anglo ebraico in Palestina, sulla ultra-decennale storia di oppressione economico-politica, che gli economisti critici chiamano “teoria della dipendenza” (lo “sviluppo” delle nazioni ricche deriva dall’attiva creazione di “sottosviluppo” in quelle povere), ovvero su come la struttura economica della periferia (Palestina) è stata trasformata per soddisfare le esigenze del centro (Israele). Prova ne sia il Pil di Israele: già il doppio di quello palestinese nel 1967, oltre 14 volte tanto nel 2022, in valori assoluti oggi è quasi 20 volte quello palestinese.
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Alessandro Orsini, docente universitario, scrittore e opinionista per varie trasmissioni tv e giornali, già collaboratore dell’ambasciata di Israele, è stato denunciato dal presidente della Comunità Ebraica di Roma, Victor Fadlun, per istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, con riferimento a una presunta “propaganda antisemita”. Essa consisterebbe in questi post sui social apertamente anti israeliani: “Lo sterminio di un popolo sarà sempre possibile fino a quando ci saranno persone come Netanyahu”; “Il governo Netanyahu è una delle dittature più brutali e razziste del mondo” (8 ottobre 2023); “Tra Netanyahu e Isis non esiste nessuna differenza. Entrambi massacrano i bambini di religione diversa (…)” (14 ottobre 2023); “Netanyahu è diventato ufficialmente il più grande massacratore di bambini innocenti dopo Hitler” (15 ottobre 2023); “Israele non è una democrazia. Nessuna democrazia include l’apartheid nel proprio sistema politico e il terrorismo di Stato” (19 ottobre 2023). Prima domanda: chi è contro Israele perché sarebbe antisemita (razzista anti ebraico)? Seconda domanda: perché i cittadini italiani di religione ebraica debbono sempre e comunque essere dalla parte di Israele?
I movimenti studenteschi che protestano contro la guerra in Israele hanno legami con gli ex brigatisti rossi. E per di più si rischia di tornare alla violenza del terrorismo rosso (non quello nero, di matrice fascista) degli anni ‘70 e ‘80. Sono queste le tesi allarmanti sostenute in un documento riservato che l’Ufficio Studi di Fratelli d’Italia ha inviato martedì sera ai vertici e dirigenti del partito per dare la linea sulle proteste nel mondo studentesco contro la guerra nella Striscia di Gaza. Si parte dagli esempi delle ultime manifestazioni che hanno impedito al giornalista David Parenzo e al direttore di Repubblica Maurizio Molinari di partecipare a incontri nelle università. E adesso ci si mettono anche i Senati accademici.
Condizioni igienico-sanitarie disastrose, blocco e inefficienza degli aiuti: a Gaza l’emergenza epidemica si somma ai bombardamenti: 342 i medici feriti o addirittura uccisi, 100 quelli arrestati o fermati, 106 le ambulanze distrutte o danneggiate, il 16% per cento dei bambini soffre di grave malnutrizione (ne sarebbero morti già dieci secondo UNICEF perché non mangiano e non bevono), 265.000 affetti da infezioni all’apparato respiratorio, 70.000 da malattie della pelle, 210.000 casi di diarrea, 80.000 i casi di epatite A. Gaza da campo di concentramento a celo aperto è diventato un campo di sterminio con i mezzi più atroci. Clicca qui.
Gli artisti e le artiste, gli/le intellettuali, le associazioni culturali che firmano questa Lettera aperta (clicca qui), avvertono l’ineludibile bisogno di prendere posizione di fronte a quanto sta accadendo a Gaza e in tutta la Palestina, e di invitare alla mobilitazione, nelle forme e nei modi che decideremo insieme.
Riceviamo dalla Palestina e pubblichiamo.
L’aiuto umanitario è uno strumento genocida nelle mani di Israele e degli USA
Save the Children: ‘Devastata la loro salute mentale’. Clicca qui.
L’appello, firmato anche da Edith Bruck, non solo l’aperta condanna dei crimini di guerra compiuti da Israele in reazione al criminale pogrom di Hamas del 7 ottobre – di fatto un’atroce vendetta contro l’intera popolazione palestinese – ma ribadisce che essere contro questa guerra non può essere considerato una forma di antisemitismo pur in un contesto, compreso il nostro paese, dove l’antisemitismo cresce e trova nuova forza. Clicca qui.
Alle voci che si alzano a livello internazionale per chiedere il cessate il fuoco e la fine dell’offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza si unisce un nutrito team di medici e scienziati che hanno redatto un paper intitolato “Sul dovere internazionale di proteggere la popolazione di Gaza, come il collasso del sistema sanitario indica l’intenzione di genocidio”.
Il dettagliato documento è stato redatto a fine gennaio da una ventina di medici e ricercatori di calibro internazionale ed è attualmente in revisione al Journal of Public Health and Emergency, autorevole rivista scientifica specializzata in analisi su sanità pubblica ed emergenze sanitarie.
Nel testo gli autori affrontano la questione da un punto di vista strettamente sanitario, utilizzando il termine “genocidio” perché ritengono il deterioramento del sistema sanitario a Gaza non sia un “effetto collaterale”, ma un atto deliberato per infliggere danni massicci alla popolazione. Un attacco sistematico e intenzionale contro un gruppo di persone, e nel contesto specifico, attraverso la negazione dei diritti alla salute e alla sopravvivenza. “Attacchi militari e bombardamenti degli ospedali, assedio e occupazione delle strutture sanitarie, privazione di carburante e forniture mediche, cibo e acqua, uccisione del personale e detenzioni indiscriminate”. Nell’articolo scientifico la conta delle vittime degli attacchi al sistema sanitario al 22 gennaio: 374 tra medici e infermieri uccisi e 99 sanitari arrestati per non aver obbedito agli ordini di evacuazione. (continua)