Chiediamo di chiudere l’impianto.

Egr. Gilberto Pichetto Fratin ministro dell’Ambiente, 

Le scrivo per segnalare un preoccupante picco di benzene rilevato alle 2 di mattina di oggi 17 marzo nel quartiere Tamburi di Taranto: un valore di 61 microgrammi per metro cubo come media oraria, ben al di sopra del valore di soglia di 27 microgrammi a metro cubo adottato come riferimento dalla comunità scientifica e dallo stato della California. Nella nostra normativa purtroppo non vi sono valori di soglia per i picchi di benzene. Il benzene è una sostanza cancerogena certa, che può provocare leucemie e altri gravi problemi di salute. Non è la prima volta che si verifica un picco di benzene.. (continua cliccando qui)

Benzene salito all’Ilva.

Inquinamento ambientale e rimozione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro: sono i due reati per le quali risulta indagata dalla Procura di Taranto Lucia Morselli, ex amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, società in amministrazione straordinaria. L’inchiesta ruota intorno alle emissioni di benzene del polo siderurgico tarantino: nel quartiere Tamburi la centralina più vicina allo stabilimento dell’ex-Ilva in via Orsini rileva che nel 2023 è salito del 15% rispetto al 2022

I problemi di inquinamento legati all’ex-Ilva emersero già ai tempi dell’amministrazione della famiglia Riva e portarono a una serie di condanne nel 2021 nel processo «Ambiente svenduto» sull’inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento. Dal canto suo Acciaierie d’Italia negli anni ha messo a terra piani per ridurre le emissioni e l’impatto sul territorio, ma ha ottenuto risultati nulli.

L’illusione della ricapitalizzazione dell’Ilva.

In questi giorni si parla molto di ricapitalizzazione di Acciaierie d’Italia da parte dello Stato per riattivare la produzione dello stabilimento siderurgico Ilva.  Vi è l’illusione che la ricapitalizzazione possa essere un esborso continuo di aiuti da parte dello Stato per evitare che lo stabilimento si fermi sotto il peso dei suoi debiti e dell’insolvenza accertata. Una ricapitalizzazione in perdita non è possibile ed è vietata dalle norme vigenti.

Il Dipartimento per gli Affari Europei (aiuto alla ricapitalizzazione delle imprese) pone delle condizioni per la ricapitalizzazione operata nell’Ilva da parte dello Stato. Condizioni per l’ingresso dello Stato nel capitale delle società è infatti la remunerazione del capitale investito. Pertanto lo Stato deve essere sufficientemente remunerato per i rischi che assume attraverso l’aiuto alla ricapitalizzazione. Senza remunerazione, la ricapitalizzazione diventa una forma di aiuto di Stato, vietata da una precisa norma del TFUE (Trattato di Funzionamento dell’Unione europea), ossia l’articolo 107: “Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”. Pertanto la ricapitalizzazione della società che gestisce l’Ilva in situazione di accumulo costante di debiti commerciali è vietata dalle norme vigenti.

Alessandro Marescotti  Presidente PeaceLink.

Chiudere l’Ilva per dare futuro a Taranto.

Nessuna ragione storica, industriale ed etica giustifica la decisione del Governo di tenere in funzionamento lo stabilimento siderurgico di Taranto. E’ necessario invece un piano B per salvare i lavoratori e i cittadini dal triplice disastro: sanitario, ambientale e occupazionale. Dunque chiediamo al governo di avviare la riconversione economica ed ecologica del territorio, ridare speranza e vita alla comunità e opportunità di lavoro più in linea con la storia e le grandi risorse di questo territorio e di questa popolazione. Clicca qui

Benzene “ordinario” dell’Ilva in gestione “straordinaria”.

Alle ore 10 di mercoledì 21 febbraio, si è registrato un picco di benzene nel quartiere Tamburi di Taranto, zona prossima allo stabilimento siderurgico ILVA. Questo evento è avvenuto per la prima volta sotto la gestione dello stabilimento da parte dello Stato, in amministrazione straordinaria. Questo episodio solleva gravi preoccupazioni per la salute pubblica e sottolinea l’urgente necessità di misure preventive e correttive per proteggere la popolazione locale dagli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico. Clicca qui.

Dirottare i soldi delle armi alla bonifica e alla riconversione dell’Ilva.

Continuano le audizioni in Senato, per la conversione del decreto legge 4/2024, l’ennesimo «salva Ilva». Per Lunetta Franco di Legambiente è gravissimo che nel decreto non compaia mai la parola salute in un territorio, come quello di Taranto, definito dai relatori Onu «zona di sacrificio» ossia tra le aree più degradate e inquinate del mondo. Anche Arpa Puglia evidenzia che le emissioni di benzene, noto cancerogeno, sono in costante crescita nonostante la produzione in calo. Secondo Arpa la valutazione del danno sanitario deve essere integrata al rilascio dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) ricordando che lo Stato italiano è già stato condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo Cedu (nel 2019) per non avere difeso la salute dei Tarantini. «Un impianto che inquina e non fa nemmeno profitto» stigmatizza Alessandro Marescotti, portavoce di Peacelink, facendo riferimento all’impressionante cifra di 3,1 miliardi di euro di debiti di AdI.

«Di fronte a questa abnorme situazione di indebitamento – prosegue Marescotti – il prestito di 320 milioni deciso dal governo appare come un disperato tentativo di rimandare un incombente fallimento. La concessione del prestito rischia però di far proseguire il preoccupante trend crescente del benzene cancerogeno: lo Stato può consentire con un prestito la prosecuzione di un’attività che mette in pericolo la salute, in particolare quella dei bambini? – chiede Marescotti in Senato -.La nostra posizione è nessun prestito per proseguire questa attività pericolosa per la salute». In subordine, Peacelink propone due emendamenti al ddl: il primo per vincolare i prestiti statali al «non superamento della soglia di 27 microgrammi a metro cubo di benzene quale media oraria. In caso di 3 sforamenti (nel 2023 sono stati 32) i prestiti dovranno essere sospesi. I superamenti negli anni successivi non potranno essere più di uno all’anno». Il secondo chiede «un piano di riconversione e di reimpiego delle maestranze, utilizzando in particolare fondi per i nuovi armamenti, a partire dal programma Gcap-Tempest inserito nel Documento programmatico pluriennale i cui fondi sono 5 miliardi». Ossia dirottare fondi dedicati al comparto militare verso la bonifica e la riconversione di una delle aree più contaminate d’Italia.

Ad aprile sarà la corte di Giustizia Europea ad esprimersi sul ricorso intentato da centinaia di cittadini di Taranto danneggiati dall’inquinamento: un parere favorevole (come già lo è stato il parere dell’avvocatura della Corte Europea a dicembre), potrebbe fermare gli impianti e aprire le porte alle richieste di risarcimento dei cittadini.

Ilva, più benzene nel 2023 che nei 10 anni precedenti.

Per l’audizione al Senato del 6 febbraio, PeaceLink ha commissionato una ricerca su tutte le misurazioni con le medie orarie del benzene nella centralina di via Machiavelli del quartiere Tamburi di Taranto. La ricerca ha riguardato gli ultimi undici anni, dal 2013 al 2023. La ricerca ha evidenziato come nel 2023 vi siano stati più picchi di benzene che nei dieci anni precedenti. I picchi del 2023 sono stati 32 contro i 31 dei dieci anni precedenti. Il benzene è un leucemogeno certo e l’esposizione al benzene determina, come ha ricordato anche la ASL di Taranto, un aumentato rischio di leucemie infantili. Clicca qui.

In piazza oggi a Taranto per la crisi dell’ILVA.

Oggi la prospettiva non è difendere un’industria inquinante e in perdita, ma chiedere che i fondi pubblici siano utilizzati per il bene comune. Dobbiamo puntare a una riconversione dei lavoratori verso attività pulite, bonifiche ambientali e un’economia ispirata ai principi dell’Agenda Onu 2030 per la sostenibilità ambientale.

Anticipiamo il testo del discorso a nome di PeaceLink. Cliccare qui per il link sul testo

Ilva, fandonie sui conti e l’ambiente. E sulla nuova privatizzazione.

<<“Nessuno degli impegni presi è stato mantenuto”, in merito all’occupazione e al rilancio industriale. “In questi anni la produzione si è progressivamente ridotta in spregio agli accordi sottoscritti”. Peggio, “è stata mantenuta bassa lasciando campo libero ad altri attori stranieri”. Chissà se la manager Lucia Morselli, posta a capo di Acciaierie d’Italia dalla multinazionale ArcelorMittal, querelerà pure lui, il ministro Adolfo Urso, dopo l’informativa al Senato con cui ha dato il benservito al gestore straniero degli stabilimenti di Taranto, Genova e Novi Ligure. Parole sferzanti, inequivocabili, tali da confutare il mucchio di fandonie sui conti riportati in pareggio, sugli impianti rinnovati, sui dipendenti in sicurezza e la scomparsa delle emissioni nocive che negli anni scorsi venivano raccontate da questo giornale e pochi altri. Ora che il governo fa sue queste verità, compresa l’accusa a Mittal di aver mantenuto il controllo sulla più grande fabbrica italiana solo per sbarrare la strada ai concorrenti, resta da chiedersi: perché ci avete messo tanto? Non sono troppi 15 mesi per denunciare la disastrosa situazione ereditata – è vero – dai governi precedenti?>>. Continua a leggere il commento di Gad Lerner. Ora si passa ad una specie di ri-nazionalizzazione, ovvero ri-privatizzazione coi soldi dello Stato.

Colpa delle leggi oppure degli avvocati e dei medici legali?

Studi legali e associazioni ambientaliste non tutelano i risarcimenti alle Vittime. Titolava il nostro servizio, affermando “Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, gli avvocati in Italia non vanno  oltre le cause in sede penale, trovando più facile accodarsi alle iniziative dei Pubblici Ministeri, piuttosto che impegnare risorse e rischi per cause in sede civile, stante il disimpegno dei medici legali. Tali processi però propiziano insignificanti benefici per l’ambiente (vedi il libro Ambiente Delitto Perfetto), e ancor meno risarcimenti alle persone fisiche Vittime degli inquinamenti. Non così è in altri Paesi…”

Mentre tacciono i medici, abbiamo già pubblicato sul controverso argomento l’avvocato Roberto Barocci del Forum Ambientalista Grosseto (clicca qui) che così concludeva: “Quanti nel corso di decenni si sono spesi a difesa dei propri territori e dell’ambiente raccogliendo le sottoscrizioni su segnalazioni ed esposti inoltrati alle autorità e, successivamente, hanno dovuto constatare tra gli stessi cittadini la diffusa delusione e la rassegnazione profonda, debbono denunciare costantemente che tale legislazione tutela più gli interessi degli inquinatori che del “popolo inquinato”, come ebbe a scrivere il magistrato Gianfranco Amendola”.

Interviene anche l’avvocato  Stefano Deliperi per il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG). “Buongiorno Lino, leggo volentieri la newsletter, spesso concordo, talvolta proprio no. E’ il caso di https://www.rete-ambientalista.it/2023/12/20/studi-legali-e-associazioni-ambientaliste-non-tutelano-i-risarcimenti-alle-vittime/. Il motivo è molto semplice: la normativa negli Stati Uniti è molto diversa da quella vigente in Italia. La c.d. azione di classe è stata introdotta nel nostro ordinamento con la legge 12 aprile 2019, n. 31 [32], che ha delineato l’azione di classe di cui all’art. 840 bis c.p.c. [33] e l’azione inibitoria collettiva ai sensi dell’articolo 840 sexiesdecies c.p.c. [34] Ambedue hanno caratteristiche piuttosto stringenti (es. riguardano solo parzialmente ambiente e territorio) e ancor più stringenti sono i criteri per il riconoscimento delle associazioni che possono proporle (D.M. Giustizia 17 febbraio 2022, n. 27 [35]). Il GrIG, per esempio, è l’unica associazione ambientalista intervenuta ad adiuvandum davanti al Tribunale di Milano e alla Corte di Giustizia europea nell’ambito della causa promossa da numerosi cittadini di Taranto avverso l’inquinamento industriale dell’ex ILVA, di cui avete scritto recentemente (https://www.rete-ambientalista.it/2023/12/20/fermare-gli-impianti-ilva-si-deve-secondo-la-cittadinanza-si-puo-secondo-la-corte-europea/), ma non avrebbe potuto promuoverla direttamente. Le norme statunitensi e italiane sono ben diverse, è bene saperlo prima di fare qualsiasi considerazione. Buona giornata e i migliori auguri per un sereno Natale.

  1. Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) Stefano Deliperi

Interviene anche Livio Giuliani.

“Caro Lino, non per contraddirti (non sono un avvocato) ma non è che in Italia gli avvocati ambientalisti non siano abbastanza preparati per lanciare le class action. È che la procedura civile, per le class action, è assolutamente incivile e non permette ad un legale di investire anni di lavoro in una sola causa, perché mai rientrerà delle spese. Infatti l’istituto italiano della class action non assicura  realmente che chi ha interesse all’affare trattato debba rivolgersi all’avvocato che ha intrapreso la class action. Purtroppo, se esiste l’istituto della class action è perché Bordon si impegnò, come sua abitudine, con spirito eroico. Ma poi morì prima di vedere che la procedura non funzionava edi poterla emendare. Noi abbiamo la Civil Law e la class section è un innesto ulceroso di Common Law, soggetto a rigetto. D’altra parte non è che in USA funzioni così bene la difesa legale delle vittime di disastro ambientale, altrimenti non ci sarebbe la devastazione del suolo per il fracking petrolifero, che è una pratica ormai incontrastata (e che il nostro diritto amministrativo verosimilmente impedirebbe meglio della class action): pratica che è tra le concause dell’aggressione alla Russia fino all’ultimo ucraino. Infine c’è da osservare che la nostra procedura penale non è così irrilevante, se si pensa alla condanna del signore dell’amianto tedesco Non è colpa dei nostri istituti giuridici se il nostro Paese ha una classe politica così pavida da non pretenderne la pena fino a espiazione e da accettare che colui la faccia franca protetto dall’ignobile stato tedesco.

Con i miei migliori auguri di stagione. Livio”

Aumenta l’inquinamento nel quartiere Tamburi di Taranto.

I dati Arpa Puglia elaborati con Omniscope si riferiscono all’intero 2023,  che risulta peggiore del 2022,  a sua volta peggiore addirittura del 2021. Pur essendo diminuite le produzioni.

Si può notare nel quartiere Tamburi nella centralina più vicina all’ILVA (via Orsini):

– il benzene nel 2023 aumenta del 14,93% rispetto al 2022; e nel 2022 risulta esserci un aumento del 15,35% rispetto al 2021;

– il PM10 (polveri sottili) aumenta nel 2023 del 22,09% rispetto al 2022; nel 2022 era già aumentato del 16,69% rispetto al 2021;

-il PM10 supera i limiti di legge (40 mcg/m3) e  arriva a 40,93 mcg/m3.

Ultimora. Nube rossa dall’ex llva, i sindacati: «Fumo nocivo sia per i lavoratori presenti sull’impianto e sia per l’ambiente». Clicca qui.

Fermare gli impianti ILVA: si deve secondo la cittadinanza, si può secondo la Corte europea.

«Qualora i fenomeni di inquinamento ambientale derivanti dall’impianto o prevedibili, nonostante l’uso delle migliori tecniche disponibili, causino danni eccessivi alla salute umana devono essere adottate misure protettive ulteriori. Se misure in tal senso non risultino attuabili, l’impianto non può essere autorizzato. La tutela della salute umana può in tal caso giustificare anche rilevanti pregiudizi economici».

È uno dei passaggi del parere proposto il 14 dicembre 2023 alla Corte di Giustizia Europea del Lussemburgo da parte dell’avvocato generale Juliane Kokott in merito al caso ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia. Adesso, nei primi quattro-cinque mesi del prossimo anno si attende la sentenza del collegio.

Alla Corte UE il caso è giunto dal Tribunale di Milano (Milano è la sede legale della società) a cui si sono rivolti associazioni e cittadini di Taranto chiedendo per i danni ambientali e sanitari la chiusura o il fermo degli impianti siderurgici.

La Corte Europea dei diritti dell’uomo si era  già espressa  evidenziando mancate tutele della salute dei cittadini di Taranto e dei lavoratori. E ora l’avvocato generale sottolinea che «i fenomeni di inquinamento che, compromettendo la salute umana, violano i diritti fondamentali delle persone interessate sono sempre significativi».

La peggiore gestione dell’Ilva.

I manifesti sono stati affissi a Taranto su iniziativa dei sindacati Fim, Fiom e Uilm contro Lucia Morselli, amministratore delegato di Acciaierie d’Italia. Campeggia una grande foto della manager con accanto una medaglia con la scritta “peggiore gestione di sempre”. Al centro del manifesto invece la dedica delle sigle metalmeccaniche “A Lucia Morselli per lo straordinario risultato raggiunto: minimo storico di produzione e nessuna prospettiva ambientale”. Il manifesto è un’ulteriore contestazione al management in vista dello sciopero di 24 ore indetto per il 28 settembre, con presidi davanti alle portinerie di ingresso, nel giorno dell’evento ‘Steel Commitment 2023’ evento commerciale organizzato per i clienti dell’acciaieria.  

20.000 omicidi.

Smettiamola di usare, parlando della strage del lavoro, l’espressione “morti bianche”. Perché l’espressione morte bianca evoca l’immagine di un esodo incruento, di una morte senza spargimento di sangue, in qualche misura una morte “senza autore”. E invece queste sono morti spaventosamente sanguinose, con corpi dilaniati, bruciati, schiacciati. E con responsabilità spesso taciute, inconfessate e inconfessabili, quasi mai seguite da sanzioni adeguate (nessuna tragedia, né quella della Thyssen, né quella dell’Eternit, né quelle, seriali, dell’Ilva di Taranto hanno visto i rispettivi processi concludersi con condanne men che simboliche). Dovremmo definirle “crimini di pace”.  Morti che, per il loro numero, e per alcuni aspetti della catena di cause che le hanno provocate, sono simili a quelle dei conflitti bellici. Per i numeri: Carlo Soricelli, che dopo la pensione da metalmeccanico si è dedicato alla cura di un sito web – l’ “Osservatorio nazionale di Bologna” il quale, unico in Italia, monitora tutti i morti sul lavoro dal 1° gennaio 2008  registrando i morti per giorno, mese e anno della tragedia, per identità, età, professione, nazionalità – calcola che da allora le vittime sfiorino le 20.000.

AIA ILVA: non facciamoci fregare.

Il 23 agosto 2023, per lo stabilimento siderurgico ILVA arriva a scadenza l’AIA, ossia l’Autorizzazione Integrata Ambientale. Concessa nel 2011 e riesaminata nel 2012 dopo l’intervento della magistratura, è stata poi prorogata più volte perché non riuscivano ad attuarla. E i sostenitori della “decarbonizzazione” adesso accetteranno altri 12 anni di carbone autorizzato dal ministro nella cokeria che lancia benzene sul quartiere Tamburi? Cosa vogliono fare Comune, Provincia e Regione. Clicca qui Peacelink.

Nuovi picchi record di benzene a Taranto.

Il benzene è altamente cancerogeno. Il picco odierno elevatissimo è stato preceduto nei giorni scorsi da un intervento dell’Arpa Puglia all’interno dello stabilimento siderurgico ILVA. I controlli hanno potuto riscontrare criticità poi segnalate agli enti competenti. La notte del 31 luglio si è registrato un record assoluto per Taranto: 85 microgrammi a metro cubo come picco (media oraria). Clicca qui.

“Non arrendetevi mai, lottate sempre”.

Si sono tenuti i funerali di Celeste Fortunato, attivista ambientale e mamma. Si è battuta per proteggere i bambini da gravi malattie nel quartiere Tamburi di Taranto. E’ morta ieri stroncata dalla leucemia. Queste le sue ultime parole scritte per noi e lette al termine della messa.

Non arrendetevi mai, lottate sempre. Battetevi per ciò che è giusto, anche quando tutto sembra perduto. Amatevi. L’amore è la cosa più importante, irrinunciabile, fondamentale, alla base della mia vita. Se avrete amato, avrete vissuto, vissuto davvero. E nulla vi farà paura. Vi voglio bene. Proteggete mio figlio, la cosa più bella che ho fatto nella mia vita. State accanto al mio amore Enzo. Alla mia mamma, al mio caro papà, alla mia straordinaria sorella, il mio mondo. Grazie per tutto ciò che di bello mi avete donato, facendomi felice.

Celeste

Per approfondimenti clicca qui e qui.

Meloni garantisce l’immunità penale all’Ilva.

Creando leggi ad hoc a tutela dei gestori dell’industria inquinante benchè siano noti i gravi danni alla salute ed all’ambiente causati dalle emissioni del siderurgico, la conversione del decreto legge  rappresenta l’aggressione del governo allo stato di diritto ed alla giustizia italiana: priva i cittadini di Taranto  del principio di uguaglianza garantito dalla Costituzione, solleva lo Stato dall’obbligo di tutelare la salute dei propri cittadini, è l’ennesimo insulto alla memoria delle innumerevoli vittime dell’inquinamento e delle loro famiglie . Ma i cittadini non si arrendono a questa barbarie: clicca qui il Coordinamento Ambientale Taranto.

“Taranto città martire” conversazione con Erri De Luca.

L’ex-Ilva, un sito industriale in perdita e nonostante tutto continua a produrre e a inquinare, mentre il potere politico non tutela la salute.
Tanti i soldi versati all’Ilva negli anni; in questi giorni si parla dell’ennesimo finanziamento pubblico per 680 milioni di euro.
Abbiamo parlato anche di scudo penale: nessuna responsabilità per chi continua a produrre compromettendo il futuro del territorio.
E’ necessario restare al fianco di una popolazione che continua in questa difficile e solitaria resistenza per la sopravvivenza.

Clicca qui il video con lo  scrittore Erri De Luca e Alessandro Marescotti, fondatore di  PeaceLink

Il governo decreta la pena di morte per Taranto.

24/1/2023, questo https://webtv.senato.it/4621?video_evento=241695 è il link ai vari interventi alle audizioni al Senato sullo scudo penale Ilva. L’intervento di PeaceLink comincia al minuto 60.

Il decreto non è emendabile e se viene convertito in legge equivale a riportare in Italia la pena di morte, per di più verso persone innocenti di cui non conosciamo nome, sesso, età e volto.

Clicca qui il video con l’intervento di Alessandro Marescotti.

Si pone il legittimo quesito: Chi è punibile? Di chi è la eventuale responsabilità penale? Oppure il governo afferma che ci sono “fatti” per i quali è esclusa ogni responsabilità penale?  Che possano contemplarsi per forza di legge reati per i quali l’artefice non sia punibile e persone impunibili alle quali è concesso commettere reati?

Contro il decreto del governo, per il documento ACP (Associazione Culturale Pediatri)  redatto dalla dottoressa Annamaria Moschetti: cliccare qui. La video intervista di Moschetti è cliccabile qui.

In particolare, esiste un grave e concreto rischio rappresentato dalla esposizione alle sostanze neurotossiche immesse in ambiente dall’impianto siderurgico e che in presenza di una continuità produttiva, sono fortemente da temersi ritardi cognitivi e riduzioni del Quoziente Intellettivo (QI) nei bambini così come documentato dalla letteratura scientifica.

Sullo stesso decreto, per il documento di Gianfranco Amendola: cliccare qui: ll nuovo governo ci ha dimostrato che al peggio non c’è mai fine.

Non siamo nelle condizioni fisiche di poter scendere in piazza.

Siamo coloro che si sono ammalati a causa dell’inquinamento, i primi a subire sulla nostra pelle le sue conseguenze. Abbiamo tutti subìto il trapianto di midollo osseo in seguito alla diagnosi di Leucemia e, chi più chi meno, sono anni che lottiamo per sopravvivere. Ovviamente di Leucemia ci si ammala ovunque ma qui a Taranto i numeri sono da strage. Per non parlare dei bambini.

Abbiamo deciso di aderire al Coordinamento Tarantocontrastare la recente decisione del Governo di dare nuovamente l’immunità penale a chi gestisce l’ex Ilva. Non siamo nelle condizioni fisiche di poter scendere in piazza a protestare e l’unico modo che abbiamo è unirci simbolicamente alla mobilitazione, firmando i comunicati come è già stato fatto o inviando dei messaggi sui nostri profili social che sono ormai la nostra finestra sul mondo, esprimendo quella che è la nostra posizione Per questo invitiamo la cittadinanza a partecipare con noi.

Non avrei messo al mondo mio figlio.

Una delegazione del Coordinamento Taranto che si batte contro il nuovo scudo penale concesso all’ILVA ha incontrato il Prefetto di Taranto. Nell’incontro ha parlato una mamma affetta da una grave leucemia: Se io potessi tornare indietro non avrei messo al mondo mio figlio in queste condizioni per la paura che si ammali. Continua qui la sua testimonianza. Il Prefetto si è avvicinato e le ha dato la mano. E’ stata accompagnata anche dalla Digos giù fino all’auto. Aveva le gambe deboli e malferme. I giornalisti hanno chiesto una dichiarazione, lei ha abbassato il finestrino e ha parlato, rilasciando la sua testimonianza di portavoce dei pazienti del suo reparto. Poi l’auto si è allontanata fra due ali di manifestanti che la applaudivano.

Vogliono destinarci a morire.

Ma i tarantini non si arrendono: clicca qui il video https://youtu.be/dW_D0h7_6_0

Il mondo ambientalista si ricompatta per dire «No» all’immunità penale in favore dell’ex Ilva reintrodotta dal Governo. Le associazioni  si sono riunite per informare e mobilitare i cittadini e scongiurare la conversione in legge del decreto che costituisce un colpo mortale per la città ed una grave lesione dell’autonomia della Magistratura. La prima iniziativa si terrà martedì 17 gennaio alle ore 10 dinanzi alla Prefettura di Taranto, clicca qui.

I processi amianto siano assegnati alle Sezioni Unite della Cassazione.

La giustizia volta le spalle.

Non è giustificabile né accettabile, che, a parità di condizioni, i processi in materia di amianto davanti alla IV sezione della Cassazione si concludano sistematicamente con l’assoluzione dei responsabili, mentre i pochi, che giungono davanti alla III Sezione si concludano con sentenze di condanna, come nel caso dell’ILVA di Taranto.  

II governo ripristina l’immunità penale con un nuovo decreto salva-ILVA.

Ripristinando con decreto legge lo scudo penale per l’ILVA di Taranto, questo governo tocca il fondo del cinismo. Un cinismo che non è mai mancato ai governi precedenti ma che oggi, dopo la sentenza di Ambiente Svenduto, suona come una dichiarazione di guerra alla magistratura. Questo governo dimostra indifferenza alla vita e ostilità alle leggi che tutelano l’ambiente e la salute. Invece di portare speranza e conforto nelle case degli ottomila malati di cancro a Taranto, porta l’annuncio di un terribile nuovo decreto che molti interpreteranno come una nuova infausta condanna. Continua su https://www.peacelink.it/ecologia/a/49323.html

Benzene Ilva a go-go.

Il 18 dicembre 2022 c’è stato un picco elevatissimo di benzene cancerogeno nel quartiere Tamburi di Taranto, in via Machiavelli. Alle ore 4 la concentrazione è arrivata a 42 microgrammi a metro cubo. Per vedere il grafico del picco registrato dalla centralina dell’ARPA Puglia cliccare qui. L’OEHHA della California fissa il valore di soglia acuto (calcolato su base oraria) a 27 microgrammi a metro cubo. Si veda Reference Exposure Levels (RELs) https://oehha.ca.gov/air/crnr/notice-adoption-revised-reference-exposure-levels-benzene. Il valore della centralina in via Orsini è probabilmente ancora più elevato di quello di via Machiavelli, ma non abbiamo accesso ai dati orari di quella centralina. 

Alessandro Marescotti – Presidente di PeaceLink

Intervista ad Annamaria Moschetti, ambientalista dell’anno.

Annamaria Moschetti, presidente della Commissione per l’ambiente dell’Ordine dei medici di Taranto, è  una pediatra che si occupa delle malattie d’inquinamento che colpiscono i più piccoli. E’ l’Ambientalista dell’anno 2022: ha ricevuto a Casale Monferrato (Alessandria) il Premio Luisa Minazzi, promosso – all’interno del Festival della virtù civica – da Legambiente e dalla rivista La Nuova Ecologia insieme al Comitato organizzatore composto da esponenti di diverse associazioni della cittadina piemontese. Casale Monferrato è città martire dell’Eternit come Taranto è città martire dell’Ilva. Clicca qui.

La sentenza ILVA condanna l’inquinamento politico.

In 3.800 pagine, le motivazioni della sentenza raccolgono un’imponente documentazione che testimonia la gravità dell’inquinamento e del pericolo per la salute, nonché la gravità della sua radice: radice squisitamente politica: il disastro ecologico è stato frutto di un disastro politico, non poteva avvenire senza il compiacente consenso di chi era incline al compromesso a danno dei cittadini e del bene comune. Clicca qui Peacelink.

Sottoscrivi per sostenere Peacelink, clicca qui.  

Solidali con i lavoratori ma l’Ilva è un cavallo morente.

Siamo solidali con le preoccupazioni dei lavoratori dello stabilimento ILVA di Taranto che rischiano di perdere l’occupazione. Ma riteniamo che continuare a cavalcare un cavallo morente non è una scelta saggia: è una scelta disperata. La siderurgia a Taranto è un cavallo morente a cui si sta chiedendo l’impossibile. Quella che un tempo era una grande azienda siderurgica si sta spegnendo sotto i colpi di una crisi locale e globale. La nazionalizzazione non risolverà le cause di questa crisi globale. La nazionalizzazione cambierebbe solo gestore a problemi irrisolti e irrisolvibili nell’attuale contesto. L’intervento dello Stato deve servire a sostenere i lavoratori e le loro famiglie, non l’azienda. Le due prospettive non sono tra loro compatibili perché con un sostegno all’azienda si rischia di bruciare miliardi di euro per colmare i buchi di bilancio invece di aiutare i lavoratori a costruire un nuovo futuro occupazionale. Occorre un piano B per le aree di crisi, fra cui Taranto, basato sulle bonifiche e su una riconversione economica finalizzata alla transizione ecologica. (continua)

Fermare l’ILVA di Taranto.

Due studi scientifici internazionali, tre interventi a congressi nazionali ed internazionali, diverse sollecitazioni alle istituzioni, vari interventi mediatici, finalmente agosto 2022 dopo oltre 2 anni sono oggetto di revisione le misure di salute pubblica raccomandate alla popolazione dei Tamburi durante i giorni cosiddetti wind days (vento da nord-ovest, ossia dall’ILVA), quando il quartiere Tamburi di Taranto è invaso dalle  polveri. Ovviamente la nostra richiesta finale è quella di eliminare la causa di tutto ciò: occorre fermare l’inquinamento dell’ILVA e avviare una bonifica e riconversione con fondi europei. Clicca qui  WIND DAYS A TARANTO

Contro Draghi a Taranto insorge il Comitato per la salute e l’ambiente.

Draghi rivuole la grande Ilva: “Il governo intende riportare l’Ilva a quello che era quando era competitiva, era la più grande acciaieria d’Europa, non possiamo permetterci che non produca ai livelli a cui è capace di fare, a cui produce anche oggi”. Evidentemente Draghi non ha neppure sfogliato il Rapporto di valutazione di impatto sanitario dell’acciaieria di Taranto, condotto dall’Organizzazione mondiale della sanità su richiesta della Regione Puglia. L’Oms ha calcolato, infatti, che la grande Ilva che Mario Draghi ancora sogna e auspica ha avuto un impatto devastante: fra le 27 e le 43 morti premature ogni anno a causa delle sue emissioni. Il premier ignora che sono nati 600 bambini con malformazioni congenite, tra il 2002 e il 2015. Inoltre la Valutazione danno sanitario fornisce una previsione di rischio sanitario inaccettabile non solo a 8 milioni di tonnellate/anno di acciaio, ma anche a 6 milioni di tonnellate/anno allo stato delle attuali tecnologie. E persino scendendo a 4,7 milioni di tonnellate/anno di acciaio il rischio sanitario viene valutato come inaccettabile nell’ambito dello studio Valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario. Clicca qui il comunicato stampa del Comitato.

Stop al sacrificio di Taranto.

Domenica 22 maggio 2022 ore 17:00 (Durata: 4 ore) piazza Garibaldi.  Manifestazione apartitica  a sostegno della salute, dell’ambiente, delle secolari attività ecocompatibili e del terziario del nostro territorio. Per riconquistare la dignità che i Governi di questi ultimi anni, in collusione con l’acciaieria, hanno calpestato, come ricordato anche dall’ONU che ha definito Taranto “zona di sacrificio” i cui cittadini vengono trattati come “usa e getta”. Per tornare a parlare di bellezza e di lavoro che non avvelena. Per un futuro da consegnare alle prossime generazioni in una confezione regalo di sublime bellezza: Taranto.

Per maggiori informazioni clicca qui.

Ilva una vergogna nazionale.

Guarda il video Sopravvivere sotto l’ex Ilva, Tamburi di morte a Taranto

Lo Stato Italiano continua a non tutelare la salute e i diritti dei tarantini. La nuova condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è una sorta di conferma a quanto già contenuto nella prima sentenza che sulla gestione della vicenda dell’ex Ilva, inchiodò il governo di Roma. A quasi quattro dalla condanna della Cedu e a quasi dieci dal sequestro degli impianti, insomma, la salute dei tarantini è ancora a rischio. Siamo di fronte a una vergogna nazionale. Clicca qui Peacelink. Domenica 22 maggio a Taranto saremo di nuovo in piazza Garibaldi alle ore 17 per riaffermare il diritto alla vita e alla dignità dei cittadini esposti a rischi sanitari inaccettabili.

ILVA “Una macchia sulla coscienza collettiva dell’umanità”.

Nella Giornata mondiale contro il cancro infantile, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, la più alta istituzione a livello mondiale, rende pubblico un documento che colpisce per l’inaccettabile comportamento posto in essere dai Governi di alcuni Stati. Non usa mezzi termini, l’ONU, per spiegare quanto in là si siano spinti questi Governi, quanto abbiano anteposto gli interessi economici a scapito della salute e della dignità umana, come si siano prodigati per favorire produzioni inquinanti portatrici di malattie, morte e danni spesso irreversibili all’ambiente. L’ONU chiama questi territori “zone di sacrificio”, definendone la perdurante esistenza “una macchia sulla coscienza collettiva dell’umanità”.
Anche sull’Italia viene puntato il dito dell’ONU, indicando, a mo’ d’esempio, quale “zona di sacrificio” proprio Taranto, tenuta sotto scacco dalla grande acciaieria che da decenni ne ferma il progresso ecocompatibile, sparge i propri veleni sul territorio e gli abitanti, collezionando un incredibile ed insopportabile numero di morti e malati, in particolare tra neonati, bambini e adolescenti. L’ONU scrive testualmente (continua)

ILVA e morti premature a Taranto.

Il rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) presentato dalla Regione Puglia smentisce tutti coloro che ritenevano accettabile l’inquinamento dell’ILVA a Taranto dopo il 2012. I decreti salva-ILVA non hanno fermato l’inquinamento, non hanno evitato nuove morti ma hanno tentato di stoppare la magistratura e di difendere una fabbrica indifendibile. Questo rapporto dell’OMS costituisce notizia di reato: pertanto trasmesso alla Procura. Clicca qui

Studio OMS contro studio Ilva.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha realizzato uno studio sull’impatto sanitario dell’Ilva di Taranto che conferma la validità delle Valutazioni di Danno Sanitario e dunque  smentisce “Acciaierie di Italia” che ha invece inviato al MITE una relazione volta a contestare, dal punto di vista della metodologia scientifica, la validità delle valutazioni danno sanitario fin qui effettuate, le quali acclarano per le emissioni dello stabilimento ILVA un rischio cancerogeno inaccettabile anche con autorizzazione AIA a 6 milioni di tonnellate/anno di acciaio. Clicca qui.

Ilva: gli operai prendano nelle proprie mani la loro vita!

La posizione dello SLAI Cobas di Taranto: clicca qui. Non solo le bonifiche interne alla fabbrica se li carica lo Stato, nella classica legge del sistema capitalista: socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti, ma ora anche i soldi per la decarbonizzazione vengono presi da quelli per le bonifiche della città.

Cancro accettabile a Taranto.

l’ILVA  avrebbe a Taranto un impatto cancerogeno accettabile. Acciaierie d’Italia contesta dubbi sia di carattere giuridico che di natura tecnica rispetto alla Valutazione Danno Sanitario (VDS) 2021 che prevedeva un rischio cancerogeno inaccettabile nella popolazione del quartiere Tamburi con una produzione a 6 milioni di tonnellate/anno di acciaio. In buona sostanza la VDS – condotta per mesi tramite un confronto fra i tecnici dell’azienda e quelli della Regione Puglia e dei ministeri competenti – non sarebbe scientificamente corretta perché sovrastimerebbe l’impatto cancerogeno dell’inquinamento dell’ILVA. Clicca qui.

L’Ambiente Italia nel mirino dell’Onu.

L’ispezione internazionale appena conclusa si concretizzerà in un rapporto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

Clicca qui  la Dichiarazione di fine visita del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle implicazioni per i diritti umani della gestione e dello smaltimento ecocompatibile di sostanze e rifiuti pericolosi, Marcos A. Orellana, a conclusione della visita condotta in Italia dal 30 novembre al 13 dicembre 2021.

L’ispezione di Orellana  si è concentrata su tre questioni chiave: siti contaminati, gestione dei rifiuti e pesticidi. In particolare sotto accusa: Porto Marghera, Pfas Veneto, Solvay di Spinetta Marengo, Terra dei Fuochi, Ilva di Taranto, Solvay di Rosignano. Un rapporto completo sulle questioni affrontate durante la visita sarà presentato al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite nella sua cinquantunesima sessione. Orellana si è espresso anche sulla riforma della Giustizia (Cartabia) in Italia “Mi preoccupano i tempi di prescrizione più brevi per i crimini ambientali, poiché la loro complessità richiede spesso un tempo considerevole per completare le indagini”.

Ilva, dov’è il piano industriale?

Acciaierie d’Italia vuole accelerare la produzione, ma il Comitato Salute e Ambiente di Taranto non ci sta e chiede l’intervento del Prefetto. “Che ci ha incontrati,  e abbiamo capito che non esiste un nuovo Piano Industriale per lo stabilimento ILVA di Taranto gestita da Acciaierie d’Italia”.  Che sia un piano metafisico? Clicca qui.

In realtà non ci più soldi, l’Ilva del dopo Mittal è in ginocchio: Mittal non investe ma controlla la società operativa, lo Stato mette il denaro ma è fuori dalla gestione esecutiva.

“Aria invidiabile a Taranto”.

Oggi il Sole 24 Ore parla di “aria invidiabile” a Taranto commentando la graduatoria delle concentrazioni di polveri sottili in Italia. Chi ha scritto queste cose sul Sole 24 Ore dovrebbe spiegarci come mai dal 2011 al 2019 siano morte a Taranto 1020 persone in più nei tre quartieri vicini all’area industriale rispetto all’atteso calcolato su base regionale. Chi scrive sul Sole 24 Ore ignora, evidentemente, che la composizione chimica delle polveri sottili (pm10, pm2.5) ne determina l’impatto sanitario. Per cui non basta calcolarne la concentrazione in microgrammi a metro cubo se a parità di microgrammi gli impatti sanitari sono differenti, a seconda che siano polveri da traffico o polveri di origine industriale.

E se fosse vero che al quartiere Tamburi di Taranto c’è aria invidiabile, l’articolista potrebbe fare affari acquistando le case che si svendono a prezzi irrisori. 

Alessandro Marescotti Presidente Peacelink 

Lo Stato vìola il diritto alla vita dei tarantini.

La  recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Environmental Research clicca qui con significatività statistica conferma un eccesso di mortalità sulla regione (1020 decessi in eccesso dal 2011 al 2019) nei tre quartieri più vicini all’area industriale di Taranto. E ci spinge a chiedere azioni risolutive perché è evidente, dai dati pubblicati, che ogni anno che passa muoiono troppe persone che hanno la sola colpa di vivere troppo vicine alla ciminiere dell’Ilva.  Una palese violazione del diritto alla vita che lo Stato avrebbe il dovere di proteggere.

Nubi grigie in un cielo rossastro è lo scenario tarantino consegnato ai Ministri.

Oltre 60 foto che ritraggono Taranto in ogni angolazione. In ogni scatto ci sono i fumi dell’ex Ilva. Ora quelle fotografie dell’inquinamento sono sul tavolo dei Ministri. Sono state inviate dall’Associazione dei genitori tarantini che da sempre chiedono la chiusura dello stabilimento. Si tratta di immagini raccolte da semplici cittadini negli ultimi 3 mesi che evidenziano la colorazione rossastra del cielo o nubi grigie che sovrastano l’area degli impianti siderurgici. Con riferimento alla chiusura delle aree di produzione a caldo di Genova e Trieste, si legge nella lettera, si chiede come il Governo intenda giustificare la continuazione della produzione di acciaio, per mezzo del carbone, a Taranto. Quando si potrà tornare a credere nelle istituzioni che dovrebbero prendere seriamente in considerazione come tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un bambino? E chi pagherà i danni? – Scrivono i genitori tarantini. Clicca qui.

Ilva, prima fonte di CO2 in Italia.

Il nuovo rapporto ONU sul clima è il più dettagliato  allarme mai presentato fino ad ora. Afferma che i cambiamenti climatici sono “inequivocabilmente” causati dalle attività umane e stanno provocando disastrosi effetti “senza precedenti”.

In Italia il simbolo dell’emergenza climatica sono gli altoforni a carbone e le cokerie dell’ILVA di Taranto, gli unici impianti di questo genere ancora rimasti nella nostra nazione. Siamo di fronte, oltre al disastro ecosanitario, anche al disastro climatico. Siamo di fronte a due disastri ecologici, uno locale e uno globale. Quello di Taranto è un ciclo siderurgico insostenibile per gli uomini e per il clima. Va fermato. Clicca qui il cronoprogramma chiesto da Peacelink al Governo.

Va fermata l’area a caldo dell’Ilva.

Clicca qui il video davanti alla Prefettura.

Nell’esposto, presentato alla  Prefettura nonché alla Procura della Repubblica di Taranto, da Peacelink e Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente a Taranto (clicca qui), è stato denunciato il pericolo permanente e immanente riconducibile all’attuale attività inquinante dell’ex Ilva che è continuativa e, per di più, autorizzata senza alcuna considerazione dell’impatto sanitario che tale inquinamento comporta. Infatti, come dimostra  la ricca serie di documenti scientifici e tecnici acclusia è del tutto evidente che a Taranto esista una massiccia emissione di sostanze inquinanti da parte dello stabilimento a cui corrisponde un rischio sanitario inaccettabile. Siamo quindi in presenza di un rischio sanitario-ambientale che ci porta a richiedere il fermo della produzione dell’area a caldo dello stabilimento in quanto al danno ambientale è associato un danno sanitario scientificamente acclarato e certificato.