Non si allenta sulla politica la morsa della lobby industriale chimica. Dei colossi produttori di Pfas, in capo a Solvay Syensqo. E degli illimitati utilizzatori: dalle pentole antiaderenti agli indumenti impermeabili, dalle giacche goretex alle scarpe, dagli imballaggi alimentari ai dispositivi medici, dai pesticidi alla tappezzeria, dalla carta da forno alle cromature, dalla pelletteria alle schiume antincendio, dal filo interdentale alla carta igienica, dalle scioline ai gas refrigeranti, dall’industria elettronica ai semiconduttori, dall’attività estrattiva dei combustibili fossili alle applicazioni dell’industria della gomma e della plastica, nelle cartiere, nei lubrificanti, nei trattamenti anticorrosione, nelle vernici eccetera. A tacere tutti gli utilizzi, strategici, nel settore militare. Per avere una dimensione del business, si consideri che la lobby “FluoroProducts &PFAS for Europe ”può contare su 72 singoli lobbisti attivi a Bruxelles, con una spesa annuale compresa tra 18,6 e 21,1 milioni di euro e 59 pass al Parlamento Europeo.
La lobbying degli enormi interessi finanziari e mercantili, che è sempre intervenuta coi propri mezzi “persuasivi” sull’OMS Organizzazione Mondiale Sanità (in contrasto con l’americana EPA Ente Protezione Ambientale) e in particolare sull’Unione Europea per imporre legislazioni e regolazioni particolarmente neo-corporative, esempio nel bando al Bisfenolo, ora è riuscita ancora una volta a impedire la messa al bando totale delle migliaia di sostanze “per- e polifluoro alchiliche”: PFAS.
Le possiamo immaginare come catene di ferro avvolte in una protezione di gomma: gli anelli di ferro sono atomi di carbonio saldamente uniti fra loro, che rendono la catena forte, mentre la copertura rappresenta atomi di fluoro, che proteggono la catena dagli agenti esterni facendoli scivolare via. Questa accoppiata conferisce ai Pfas portentose proprietàdi resistenza alle alte temperature e agli agenti esterni, idrorepellenti, oleorepellenti, ignifughe, però conferisce altrettanto pericolose proprietà di pericolo per la salute di milioni di persone. Infatti sono bollate da una sterminata letteratura scientifica internazionale come sostanze inodori insapori incolori indegradabili, “forever chemicals” inquinanti eterni, ubiquitari, trasportati dai venti e dalle acque in ogni parte del globo, estremamente persistenti e accumulabili nell’ambiente vegetale e animale.
Dunque nell’organismo umano: non decomponibili biologicamente, le indistruttibili tossiche e cancerogene sono state trovate nel sangue, nelle urine, nella placenta, nel cordone ombelicale e persino nel latte materno. Inalate e ingerite con cibo e acqua, si introducono infatti nel sistema circolatorio e si diffondono nel nostro corpo, nel sistema endocrino ovvero nella produzione e regolazione degli ormoni, con malattie della tiroide, danni al fegato, obesità, diabete, colesterolo, problemi cardiocircolatori, cancro ai reni, alla prostata e ai testicoli, ridotta fertilità maschile e femminile, diabete gestazionale, patologie neonatali, riduzione del peso alla nascita dei neonati, riduzione del quoziente di intelligenza nei bambini, riduzione della risposta immunitaria ai vaccini eccetera.
Malgrado tutte queste certezze scientifiche, ma nascondendosi dietro ostruzionistiche confutazioni, per cui non esisterebbero metodi d’analisi in grado di scoprire o quantificare tutte le migliaia di Pfas con svariato peso molecolare e differenti proprietà chimiche e strutturali, la lunga mano di Solvay & C. ha determinato una lassista normativa europea: estraniata dai controlli delle emissioni atmosferiche (micidiali per il circondario delle fabbriche utilizzatrici, come il “colabrodo di veleni” della Solvay di Spinetta Marengo unico produttore in Italia), nonché permissiva, a non dire condiscendente, per quanto riguarda la parametrazione della qualità delle acque per consumo umano: si tratta ora di limiti-soglia massimi ai quali gli Stati dell’Unione europea sarebbero tenuti a conformarsi entro il 12 gennaio 2026.
Resta, come sempre, la facoltà di includere e anticipare disposizioni nazionali, come hanno fatto alcuni Stati, tramite valori più rigorosi o parametri aggiuntivi, fino al “limite zero”, ovvero con palliativi come in Francia (1).Facoltà che comunque l’Italia si è ben guardata da usufruire, per veto di Solvay che ad Alessandria sfora tutti i limiti inimmaginabili di inquinamento.Così il Parlamento ha affossato ilDisegno di Legge Crucioliper la messa la bando. Anzi, l’Italia ha perfino evitato di aderire all’iniziativa – presa da Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia, nel febbraio del 2023 – per introdurre una restrizione universale sui PFAS a livello dell’Unione Europea, per vietarne la produzione, la vendita e l’utilizzo. Dal canto suo, si è mostrata ininfluente l’esortazione di quasi 150 0rganizzazioni della società civile europea agli Stati membri dell’UE e alla Commissione a vietare tutti i PFAS in tutti i prodotti di consumo entro il 2025 e a vietarli completamente entro il 2030.
Nel frattempo, stante appunto questa complice paralisi della politica italiana ed europea,la presidente di Solvay Syensqo, Ilham Kadri, ora ritiene procrastinabile il processo avviato di trasferimento delle produzioni in Cina (dove, per i disastri già compiuti non è più accolta a braccia aperte)e valuta le condizioni di resistere a Spinetta il più a lungo possibile.
(2) Però, c’è un altro però. Per Kadri si affacciano ulteriori problemi entro il 2026 per lo stabilimento di Spinetta Marengo: esce dall’invisibilità mediatica il TFA, acido trifluoroacetico, che si forma dai PFAS per degradazione. Come i Pfas, si trova ovunque (ubiquitario), come i Pfas è perenne (forever chemical), come i Pfas tossici e cancerogeni è micidiale per la salute, ma, ancora peggio dei Pfas, a differenza dei Pfas non è ancora normato per legge e “Pesticide Action Network” (PAN Europe)chiede ai governi di agire con misure urgenti: il divieto immediato dei pesticidi con PFAS, il divieto immediato dei gas fluorurati. Ma Kadry opporrà il consueto ostruzionismo. (3)
Invece, nel mentre, il fattore tempo sta scadendo a Spinetta Marengo per quanto riguarda le emissioni atmosferiche. La lunga mano di Solvay ha estraniato la lassista normativa europea da controlli che non siano delle acque, e dunque non esisterebbero limiti di legge per i PFAS in aria ambiente e nelle deposizioni al suolo. Esistono, in realtà, per il cocktail micidiale di 20 veleni tossici e cancerogeni, di cui fanno parte PFOA, ADV, C6O4, che è scaricato sulla popolazione da 72 ciminiere e dai 15.000 punti di perdite incontrollate: così comeabbiamo denunciato alla Procura. Un cocktail confermato dall’ultimo monitoraggio dell’Arpa. (4) E… dal continuo andirivieni dei Vigili del fuoco in emergenza (5). Il tutto, per un Sito classificato alto rischio chimico e di catastrofe industriale, per il quale -denunciamo da 40 anni come delittuosa vergogna dei politici locali- non esiste un Piano di emergenzain grado di affrontare a) l’allarme, b) l’evacuazione, c) il soccorso, d) le cure della popolazione. (6)
Veniamo ai dunque. Dunque, da un lato, neppure a pensarci che sia la politica a fermare i Pfas in Italia (a tacere i fallimenti delle Procure). Dall’altro, l’urgenza della condizione eco sanitaria della popolazione di Alessandria rende indifferibile la chiusura immediata delle produzioni Solvay a Spinetta Marengo. Dunque, a tal fine, resta la via, dell’azione giudiziaria inibitoria risarcitoria, avviata dal basso, ovvero intraprendere l’impresa titanica di affrontare Solvay Syensqo: che non rappresenta solo se stessa ma anche la “European chemical industry council (cefic)” la lobby delle industrie chimiche europee che ha riunito i maggiori produttori e consumatori di Pfas, tra cui figurano Agc, Arkema, Basf, Bayer, Chemours, Daikin, Du Pont, Exxonmobil, Gfl, Merck, Gore.
Alle azioni inibitorie risarcitorie contro Solvay di Spinetta incitava il Procuratore Generale di Cassazione: “Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”. E fuori dall’Italia, è proprio Solvay, e proprio per i Pfas, a doversi mettere le mani al portafogliopagando una class action in USA da 1,3 milioni di dollari. (7) Ad Alessandria è inimmaginabile che il sindaco faccia causa a Solvay per inquinamento del Bormida, come il suo omologo americano contro Monsanto: 160 milioni di dollari! (8) Viceversa, l’azione inibitoria risarcitoria, oltre che contro l’azienda, può essere rivolta anche contro le Istituzioni, cioè contro Comune e Provincia di Alessandria e Regione Piemonte. Come in Olanda. (9)
La storia di questi decenni ha dimostrato che codeste istituzioni piemontesi sono complici di Solvay (Syensqo, già Montedison): speculari al colosso chimico, subordinati non solo culturalmente e politicamente. I sindacati, a loro volta, si nascondono sempre dietro il ricatto occupazionale (neppure a stento si salva la CGIL), al punto che quando sono stati chiamati al Tavolo tecnico permanente del Comune addirittura… hanno chiesto di farsi rappresentare direttamente da Solvay.
L’ultimo scandaloso anzi grottesco episodio, sulla spinta delle ripetute immagini sui media delle incontrollate invasioni di schiume di Pfas dall’obsoleto stabilimento ridotto a colabrodo per sfacelo tecnologico e di manutenzioni, è stato lo spettacolo del bluff della Provincia di Alessandria: che obtorto collo sospendeva le produzioni e nel giro di poche settimane ne autorizzava la sciagurata ripresa sulla base di una perizia addomesticata (classico caso di “controllato controllore”) e malgrado la totale disapprovazione dei tecnici dell’Arpa (Ente normalmente non tanto severo). Addirittura le impronte dello zampino di Solvay si intravvedono nella firma apposta alla lettera di autorizzazione. (10)
Su questa vicenda la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali ha convocatoil direttore generale di Arpa Piemonte Secondo Barbero e il procuratore capo di Alessandria Enrico Cieri. Queste stupefacenti audizioni hanno scandalizzato Alessandria. In particolare il sottoscritto. Il quale, per evitare termini pesanti, ritiene sufficiente questo “commento terzo” di una preparata giornalista. (11)
Come effetto di questa nuova licenza di inquinare falde acquifere – suoli – fiume Bormida – atmosfera del Comune di Alessandria e degli altri Comuni della provincia, discende la reiterazione del reato: la cosiddetta “barriera idraulica” attualmente si conferma impianto non idoneo a contenere le fuoriuscite degli inquinanti dello stabilimento, dunque violando la sentenza della Corte di Cassazione dal 2019.
Sentenza che, vogliamo ribadirlo ancora una volta, riguardava ben oltre i Pfas: cioè la bonificadi una massa di veleni, una ventina insieme al cromo esavalente, bonifica che è stata, su ordine di Bruxelles, consapevolmente disattesa sull’altare dei profitti da Solvay, la quale, anzi, ha peggiorato la situazione ecosanitaria. Su questo punto, il capo di accusa nell’imminente processo penale bis andrebbe riformulato sul versante dolo. E portato al massimo livello apicale di Syensqo. E anche in sede civile con azioni inibitorie che risarciscono le Vittime, come stimolava a fare il Procurate generale in Cassazione: “Quella gente dovete toccarla nel portafoglio”. Con la Procura di Alessandria è difficile nascondere il dissenso. (12) Sorprende infine che sia nel processo di Alessandria che in quello di Vicenza non ci siano medici tra gli imputati. (13)
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro
Ricordiamo le pagine su “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza” riguardanti la nostra battaglia contro le “bombe viaggianti” degli anni ‘80 , che portò alla eliminazione dei convogli terrestri da Porto Marghera che circolavano liberamente fra le strade cittadine. Le ricordiamo quando apprendiamo che adesso stanno arrivando cisterne da Oltralpe.
Infatti, non bastassero le continue perdite da quel colabrodo di stabilimento (la precedente del 7 agosto), si aggiungono anche le aggressioni all’ambiente che provengono dall’esterno, anzi dall’estero. Nella notte del 29 agosto, da un container arrivato via treno dallo stabilimento Solvay di Tauvax (Francia) è fuoriuscito diclorofluorometano, con tracce di acido fluoridrico, un gas incolore dalla tossicità paragonabile al cloroformio. Di nuovo sirene d’emergenza, sospeso il cambio turno e l’ingresso dei giornalieri, vigili del fuoco, Arpa e la solita pantomima con l’azienda che dichiara: tutto sotto controllo.
Ma ci rendiamo conto che si tratta di un Sito classificato ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale, senza neppure un valido piano di sicurezza ed emergenza per la popolazione a rischio?
Ilham Kadri, la presidentessa di Solvay (SyensQo), minaccia di chiudere lo stabilimento di Spinetta Marengo se la si disturba troppo per il disastro ecosanitario (che lei stessa definisce “insoutenable”, insostenibile) di cui i Pfas sono la punta dell’iceberg https://www.rete-ambientalista.it/2024/04/04/2024-solvay-o-vi-tenete-i-pfas-oppure-licenzio/. In realtà, ha già programmato da tempo il trasferimento delle produzioni Solexis fin dal suo insediamento nel 2019.
Un punto di attrazione è Tavaux in Francia, scelto nel 2022, scartando appunto Spinetta, ad essere il principale polo a livello europeo per la produzione di fluoruro di polivinilidene (PVDF), a marchio Solef, destinatoad alte prestazioni nella mobilità sostenibile, cioè nella fabbricazione delle batterie agli ioni di litio per veicoli elettrici e ibridi. Ma soprattutto, nello stesso anno, Kadri completa il progetto annunciato tre anni prima per raddoppiarele capacità produttive di fluoropolimeri PVDF a marchio Solefpresso il complesso cinese di Changshu, dove sono già in espansione i fluoroelastomeri FKM Tecnoflon – e relativi monomeri (VF2), i tecnopolimeri Amodel, Ixef e Kalix.
E non è stato un caso, perché nel delta del fiume Yangtze il parco industriale dei materiali avanzati di Changshu era nato nel 2001, proprio mentre veniva intentata la prima causa sulla contaminazione da PFOA nel West Virginia e anche i PFC di Solvay venivano sottoposti al controllo dell’EPA. Infatti, mentre la maggior parte del mondo stava eliminando gradualmente i Pfas (PFOA e PFOS) e iniziando ad affrontare i problemi che avevano causato, nonché i cosiddetti sostituti (tipo ADV, C6O4, GenX), è in Cina che l’attività ha registrato un vero e proprio boom, mantenendo stabile la produzione globale di PFOA e PFOS anche se il settore si è praticamente fermato ovunque nel resto del mondo.
La Cina, per il basso costo del lavoro e la mancanza di regolamentazione ambientale, è ora la principale fonte internazionale sia di PFOA che di PFOS, che vengono rilasciati direttamente nell’acqua e nell’aria. La Cina ora produce la massima parte della fornitura mondiale di Teflon, che ben conosciamo… nel filo interdentale, nelle fibre tessili, nell’isolamento di fili e cavi e in centinaia di altri prodotti, comprese le pentole antiaderenti. Questo è quel che conta per Kadri, non che nel fiume Yangtze del parco industriale, dove gli scienziati hanno misurato alcune delle più alte percentuali di Pfas mai segnalate in Cina, i pesci maschi sviluppano cellule riproduttive femminili e le ovaie delle femmine si degradano, e le persone coltivano e pescano, non che i livelli di PFOA nel sangue dei lavoratori hanno raggiunto una media di 2.250 ppb nel primo periodo di attività dello stabilimento di Changshu.
Inesorabilmente, dunque, i Pfas sono destinati in Cina: altrettanto cinicamente Kadri a Spinetta Marengo punta solo che restino il più a lungo possibile grazie alle complicità istituzionali, 2026 e anche oltre.
Il core business di Solvay in Cina si sviluppa in diversi rami: Solvay Changshu; Solvay Pechino; Solvay Shanghai; Solvay Chengdu; Solvay Dong Ying; Solvay Guangzhou; Solvay Liyang; Solvay Qingdao; Solvay Quzhou; Solvay Zhenjiang. L’impronunciabile SyensQo si scrive in Cina più facilmente di Solvay. D’altronde in Cina la presidentessa sui social si fa ritrarre con l’aureola.