L’unica soluzione è la decrescita.

Sebbene il Pil italiano sia cresciuto di circa il 25% dal 1988 ad oggi, il 70% degli italiani non ha goduto di alcun incremento nel proprio reddito in termini reali. Questo perché i più ricchi si sono accaparrati la stragrande maggioranza di tale crescita. Siamo stati disposti a sacrificare la nostra salute, i nostri diritti come lavoratori, il tempo libero, siamo stati disposti ad accettare lo smantellamento dello stato sociale in nome del rilancio della crescita economica. Una crescita considerata misura del benessere collettivo mentre in verità sacrifica le vite di molti per il profitto di pochi.

Focalizzandoci sul cambiamento climatico, scopriamo che in Italia il 10% più ricco è responsabile per una quota di emissioni pari a quella del 50% più povero. E ancora più sconcertante è che l’1% più ricco, un gruppo composto da soli 600mila individui, genera una quota di emissioni pari ai 12 milioni di italiani più poveri.

Occorre una decrescita: clicca qui Riccardo Mastini. Sarebbero necessari tre interventi essenziali: Il primo è assicurare a tutti un reddito di base così da poter condurre un’esistenza dignitosa, finanziandolo ad esempio con una una tassa patrimoniale progressiva. Inoltre, serve assicurare a tutti l’inclusione lavorativa, redistribuendo il quantitativo totale di ore di lavoro in maniera equa. Infine, occorre investire in servizi pubblici universali di alta qualità che sono più efficienti da gestire in termini di costi economici ed impatti ambientali rispetto ai loro omologhi privati.

Il comunismo della decrescita.

Riallacciandosi al servizio sul nostro Sito, Pfas, Pallante, decrescita felice e socialismo., potrebbe inserirsi nel dibattito il saggio di Fabio Ciabatti (clicca qui) sulla scia delle teorie di Kohei Saito, marxista giapponese che, nel suo  Marx in the Anthropocene: Towards the Idea of Degrowth Communism, argomenta il “comunismo della decrescita” presente nello sviluppo teorico di Karl Marx.

E’ questa una tesi senz’altro originale e radicale che si contrappone ai movimenti “verdi” che spesso si sono cullati nell’illusione di uno sviluppo sostenibile compatibile con il capitalismo, oppure, come sembrerebbe nella versione della “Decrescita felice” di Maurizio Pallante, hanno pensato l’ambientalismo come una sorta di terza via tra capitalismo e comunismo.

Secondo Saito, il superamento delle precedenti concezioni produttivistiche fu indotto in Marx dai vasti studi di geologia, chimica, mineralogia, botanica, e occupandosi di problemi come l’eccessiva deforestazione, il trattamento crudele del bestiame, lo sperpero delle fonti di energia fossili e l’estinzione delle specie, con un occhio attento all’agricoltura non capitalistica e ai sistemi di proprietà fondiaria. La natura presenta a qualunque società umana dei limiti che non possono mai essere oltrepassati, pena la catastrofe ecologica. Marx dunque pone la possibilità di un ricambio organico tra umani e natura che sia al contempo egualitario e ecologicamente sostenibile, che non richieda uno sviluppo indefinito delle forze produttive. Un’economia circolare. Un comunismo connotato dalla decrescita?

La domanda resta aperta. Fabio Ciabatti, come marxista, conclude: “Queste discussioni possono apparire il frutto di una oziosa acribia filologica, ma occorre notare come la posta in gioco sia politicamente significativa. Finché l’ambientalismo sarà sinonimo di una limitazione generalizzata dei consumi in nome della sostenibilità ecologica difficilmente potrà diventare una prassi generalizzata delle classi subalterne in un mondo caratterizzato da una enorme sperequazione nella distribuzione della ricchezza. Per vincere la battaglia nel territorio conteso dell’immaginario collettivo occorre mettere in campo una concezione completamente diversa di benessere sociale che, basandosi sull’idea di ricchezza comune, sappia coniugare equità sociale e rispetto dei limiti naturali”.

Pfas, Pallante, decrescita felice e socialismo.

Nel corso della recente conferenza (clicca qui il video)  organizzata a Torino da CIVG Centro Iniziative Verità Giustizia e Movimento di lotta per la salute Maccacaro, l’intervento del professor Maurizio Pallante  è stato il clou della presentazione della Class action contro Solvay: produttrice unica in Italia dei PFAS, le sostanze perfluoroalchiliche tossiche e cancerogene, emblematiche e cardine (si trovano ovunque, in padelle, contenitori alimentari, acqua di rubinetto,  tessuti impermeabili eccetera) di questo modello di sviluppo pur determinando a livello planetario  un disastro ecologico e sanitario epocale.

Maurizio Pallante, fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, nel suo intervento aveva rimarcato la necessità di un nuovo modello di economia -“la conversione economica dell’ecologia”- che abolisca il concetto di sviluppo, che è incompatibile con la vita del pianeta, in quanto sia il capitalismo che il socialismo si sono posti la crescita della produzione delle merci come obiettivo dei loro modelli di economia, con vittoria dell’economia di mercato sull’economia pianificata, del capitalismo sul socialismo.

L’equiparazione dei due modelli aveva suscitato nella conferenza un avvio di dibattito, che idealmente viene qui riproposto (clicca qui) da Peter Boyle, il quale, riprendendo il marxista giapponese Kohei Saito, se da un lato sprona la sinistra a  prendere sul serio l’idea della decrescita, dall’altro afferma che  l’ecologia non era una considerazione secondaria per Karl  Marx, ma al centro della sua analisi del capitalismo, della sua critica alla ricerca cronica della illimitata  crescita economica da parte del capitalismo. Insomma, Marx avrebbe capito che il comunismo avrebbe portato sia abbondanza che decrescita: ristrutturando radicalmente l’economia per dare priorità ai bisogni sociali e alla sostenibilità ecologica, sarebbe possibile migliorare la vita della maggioranza anche riducendo la produzione. Questa visione di una società post-capitalista è comune a Maurizio Pallante?

Lo “sviluppo sostenibile” è un imbroglio.

Nei Movimenti è ancora forte  la spinta a costruire un nuovo soggetto politico alternativo all’attuale pletora dei partiti e all’astensionismo. Però, sul piano dei contenuti, c’è chi auspica per “un nuovo modello di sviluppo”, cioè ribadisce l’idea che il fine dell’economia  è lo sviluppo. Invece, la causa dei problemi ambientali e sociali -dunque politici- è proprio la finalizzazione dell’economia allo sviluppo. Dunque ciò di cui c’è bisogno è un “nuovo modello di economia”, cioè economia non finalizzata allo sviluppo ma alla compatibilità con i limiti della sostenibilità ambientale. Detto in altre parole: non c’è futuro per l’umanità se si punta ad uno sviluppo economico, perché  lo sviluppo consuma più risorse riproducibili di quelle rigenerate annualmente dalla fotosintesi clorofilliana (l’overshoot day l’anno scorso è stato il 29 luglio) ed emette più anidride carbonica di quella che la fotosintesi clorofilliana sintetizza. Insomma, è necessario abbandonare la finalizzazione dell’economia allo sviluppo. Su questa base si può veramente costruire “un nuovo soggetto politico alternativo, per un modello alternativo di economia e di politica”.

Altrimenti, avverte Maurizio Pallante, lo “sviluppo sostenibile” è un imbroglio.  Chi usa questo termine: imbroglia o è imbrogliato. Pallante,  fondatore del Movimento per la Decrescita Felice,  lo dimostra con un libro che presenterà prossimamente: clicca qui.

Venerdi’ 31 Marzo ore 21.00, via Chiesa 73 (villa comunale), Cantalupa

Presentazione del libro:

L’ IMBROGLIO DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

di MAURIZIO PALLANTE (Lindau)

” Una società che ormai basa la propria economia sulla continua produzione di beni in gran parte superflui e sul loro consumo sfrenato, come può pensare di conciliare la crescita economica, seppur calmierata, con una diminuzione di inquinamento e sovrautilizzo di risorse naturali?”

L’Autore sarà intervistato da SOFIA D’AGOSTINO, Vice Direttore del settimanale L’Eco del Chisone

Quale relazione tra “decrescita felice” e “transizione ecologica”.

La società dello spreco è funzionale alla crescita del Pil, ma rema contro la conversione ecologica. Se non vogliamo un ritorno allo scontro tra classe operaia e movimenti ecologisti, dobbiamo immaginare un intervento pubblico che promuova una domanda alternativa. Questo significa che il governo dovrebbe avere una strategia di medio-lungo periodo, con un quadro complessivo dei settori che devono essere ristrutturati per ridurre il nostro impatto ambientale, i nuovi settori che devono essere promossi e hanno bisogno di una domanda pubblica iniziale, ed infine un cronoprogramma che dichiari tempi e modalità di realizzazione. Ovviamente oggi di tutto questo non c’è niente. (continua)

Decrescita felice non è recessione.

Maurizio Pallante risponde a Matteo Renzi: “Chi deve abbassare gli occhi davanti a un cassintegrato e a un imprenditore cui è stata respinta in banca una richiesta di fido è Lei, sono i Suoi illustri collaboratori e i Suoi illustri predecessori, perché sulla crescita avete fatto solo delle grandi chiacchiere, a Lei sulle chiacchiere non La batte nessuno. Clicca qui.