Brutta aria in politica.

 In primo piano, la tomba di Gianni Spinolo, grande avversario e vittima di Solvay.
Un gran daffare a nascondere la polvere (cancerogena) sotto i tappeti. Mentre Solvay si fa propaganda invitando frotte di studenti della provincia per ammirare le meraviglie dello stabilimento di Spinetta Marengo, a coprire le larghe spalle della multinazionale belga provvedono come sempre  le istituzioni locali: in questo frangente è presentata al ristretto  pubblico la “task force” del neo assessore alla sanità regionale Federico Riboldi. Tale denominazione bellica che in italiano è mitigabile  come “unità di pronto intervento”, fa abbastanza ridere perché, mentre Riboldi scopre l’acqua calda, il disastro ecosanitario di Alessandria è vecchio come il cucco, e nei recenti cinquant’anni i politici hanno fatto finta di affrontarlo sotto altri nomi: commissione consiliare, osservatorio ambientale, gruppo di studio, ecc. Tutte inconcludenti distrazioni ad uso dell’opinione pubblica. Con questa cosiddetta task force innanzitutto si punta a sviare l’attenzione sulla ventina di cancerogeni che Solvay spara in aria-acqua-suolo, limitandosi  solo alla punta dell’iceberg dei Pfas.
 
All’assessore Riboldi con l’elmetto di cartone in testa, Solvay Syensqo ha affidato il compito di prendere tempo-perdere tempo: diluire il più a lungo possibile i tempi degli esami del sangue di una ristretta popolazione, piuttosto che il monitoraggio di massa provinciale rivendicato e negato da decenni (i cittadini gli esami se li sono fatti a proprie spese). E, con ciò, rinviare l’unica discussione, ovvero decisione, da fare oggi: su come chiudere, ORA le produzioni della Solvay di Spinetta Marengo e, POI, chiedere i risarcimenti per le Vittime in base ai monitoraggi ematici nel frattempo eseguiti: i cui risultati  inevitabilmente saranno oggetto di lunghissime valutazioni e discussioni in sede giudiziaria (senza riconoscimenti per i tanti Gianni Spinolo sulle lapidi del cimitero di Spinetta).  
 
Il trucco di Solvay-Riboldi è infatti  rovesciare le priorità dei tempi: DOPO che i cittadini faranno da cavie di laboratorio, e ponderati i pro e i contro delle morti e delle malattie, e soppesati i rapporti causa-effetto, e i valori di soglia dei veleni compatibili nel sangue (perdio! ma solo zero è compatibile!), insomma dopo un milione di se e di ma, POI eventualmente, non necessariamente, iniziare la discussione sulla chiusura… secondo i tempi nazionali e internazionali prefissati da Solvay Syensqo. “Altrimenti ha detto senza pudore Riboldi “si prendono decisioni di pancia”. Purtroppo alcuni attivisti ambientalisti si fanno pigliare nell’ingranaggio del trucco. Spontaneamente approva l’irresponsabile sindaco di Alessandria (vedi Adriano Di Saverio).
 
Affinchè tutto resti saldamente nelle mani di Solvay-Riboldi-Regione, la cosiddetta  task force è stata articolata in “commissione tecnica” e “commissione scientifica”, cioè polverizzata  in una pletora ininfluente di fedeli  funzionari provinciali e regionali, nonché di eterogenei dirigenti sanitari per successive diagnosi e terapie a lungo termine. Il fine evidente è annegare ancora una volta in un mare di informazioni tecniche, come non bastassero tutti i dati ambientali e sanitari pur usciti dai mafiosi Arpa e Asl, e nove indagini epidemiologiche nella Fraschetta, a tacere i referti delle Università di Liegi e Aquisgrana.  
 
In concreto, l’impegno “finanziario” consisterebbe  al momento in un annunciato camioncino attrezzato  che girerebbe a fare prelievi in un limitato  raggio di 3 chilometri attorno al polo chimico. “Sui tempi di chiusura” precisa la Regione, “non si possono al momento indicare delle date, perché dipendono dai risultati dei primi campioni”. Lo sappiamo, campa cavallo per il resto della Provincia, del Comune di Alessandria, degli altri Comuni , come Montecastello dove è stato addirittura chiuso l’acquedotto.
 
E’ stato commentato: “Quello della cosiddetta ‘task force’ è solo l’ultimo di una lunga serie di capitoli che da anni si susseguono e che continuano a raccontare la presenza di un inquinamento, di responsabilità relative e di risposte il più delle volte flebile e lascive”. Ecco, “lascive” è il termine appropriato, con i suoi sinonimi: scandalose, indecenti, immorali, vergognose, disoneste, criminali… Syensqo.

Cancerogeni nel pescato di Calabria e Toscana. E in Liguria?

Una contaminazione di Pfas fuori controllo che espone a rischio migliaia di consumatori. Greenpeace  ha consultato i dati delle Agenzie regionali per la protezione ambientale ARPAT e ARPACAL, e ha ribadito: “Questi risultati confermano l’urgenza di vietare l’uso e la produzione dei Pfas, cioè di chiudere le produzioni di Solvay a Spinetta Marengo”.
 
Dalle analisi effettuate in Toscana tra il 2018 e il 2023, circa il 60% di pesci (principalmente cefali) e crostacei delle acque marino costiere del Santuario dei Cetacei è contaminato da Pfas (Pfos), sono emersi valori molto elevati: in un cefalo alla foce del fiume Bruna a Castiglione della Pescaia (Grosseto) è stata trovata la concentrazione record di 14,7 microgrammi per chilo; 5,99 e 5,65 microgrammi per chilogrammo lungo la costa pisana, alle foci dell’Arno e del Fiume Morto.  
 
In Calabria, le indagini dell’Arpacal tra 2021 e 2023 evidenziano notevoli livelli di inquinamento da Pfas (oltre  3 microgrammi per chilogrammo)  in triglie, naselli e cicale di mare prelevati lungo la costa ionica e tirrenica.
 
Se analoghe indagini fossero eseguite in Liguria: ci sarebbe una rivolta di pescatori e ristoratori. Marco Bucci da candidato non le aveva promesse (al pari di tutte le forze politiche) e come neo presidente non le promuoverà (senza proteste delle altre forze politiche e sociali). In Liguria, d’altronde, per i Pfas neanche si effettuano analisi del sangue alla popolazione, anzi il reparto di Endocrinologia dell’Ospedale San Martino di Genova omette di accogliere le richieste di malati di tumore… perché Toti non le finanziava. Chissà ora Bucci, la cui moglie però afferma:  “Con Toti erano pappa e ciccia”.   

Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro.

FATTI FUORI DAL PROCESSO AD ALESSANDRIA
Talvolta  si usano titoli ad effetto. Il nostro non è  titolo civetta: è l’esempio che la realtà può superare la fantasia. Se pronunci  Lino Balza -ad Alessandria e non solo- tutti  pensano subito al polo chimico di Spinetta Marengo. E viceversa. E’ una associazione di termini automatica, da oltre mezzo secolo. Nomina omina. Se nel 2024 inizia un nuovo processo contro Solvay, dunque, si può immaginare che non sia ammesso Lino Balza? No, non si può immaginare. Sarebbe una situazione tipica della narrativa kafkiana ispirata all’incomprensibilità e all’assurdità, talvolta comica,  dell’esistenza umana,  sconfinando nella farsa
 
Eppure, in questo surreale episodio, chi ha escluso Lino Balza dal processo non è boemo o ucraino, non si chiama Franz Kafka Nikolaj Vasil’evič Gogol’-Janovskij bensì il genovese Andrea Perelli, giudice del Tribunale di Alessandria con incarico di Giudice Sezione G.I.P. – G.U.P.  Detto per inciso, Perelli, 39 anni, è il più giovane della Sezione per anzianità di servizio, ma non è un pivello: laurea all’Università di Genova, dottorando nel 2016 (anche rappresentante dei dottorandi), magistrato ordinario a trentadue anni, tirocinio a Genova, docente di commissione, autore di articoli, relatore a convegno eccetera. E non è un ingenuo, come vedremo.
 
La sua ordinanza, dalla prosa non pari all’acchittata compostezza con papillon, al processo ha ammesso oves et boves tutte le  300 parti civili persone fisiche: indistintamente CHIUNQUE ad eccezione di Lino Balza: “Non vanta diritto” (sic) perché, udite udite, “non presenta un collegamento qualificato con l’area che si assume inquinata”.
 
Ebbene, in quella “assunta area” Lino Balza 76 anni fa è nato e vi abita tuttora, ha lavorato per 35 anni nel polo chimico, sindacalista e ambientalista con il fardello per rappresaglia di 7 cause in pretura, 4 in appello, 2 in cassazione (tutte vinte), compreso il tentato licenziamento, aggiungendo il corollario di mobbing, cassa integrazione, tre trasferimenti, uffici confino, dequalificazione professionale e provvedimenti disciplinari minori [*]. Da quella fabbrica si è portato dietro il tumore maligno con i suoi supplementi,  nonché  i veleni che ancora oggi persistono nelle certificate analisi del suo sangue, insieme a quelli aggiunti dagli imputati. In più, da sopravvissuto pensionato, scrittore e giornalista, abita in quell’area dove resta pur sempre l’animatore (e in Italia) della lotta per la salute collettiva (anche del Perelli), contro l’ecocidio Solvay e a favore delle Vittime di Solvay, insieme alle mamme che si  disperano per i Pfas nel sangue dei figli. Scomodo ad azienda e magistratura.  
 
Solvay in sede dibattimentale si opporrà alla pletora di persone fisiche ammesse (“con la sola eccezione di Balza Lino”: ha tenuto a sottolineare Perelli Andrea) quali parti offese… semplicemente “per essere o essere stati residenti, o figli di residenti,  entro un’area di otto chilometri  individuata dagli studi di Arpa di Alessandria a rischio di neoplasie o quantomeno per metus (paura, n.d.r.) di vivere o aver vissuto in tale zona”. Peraltro, la presunta “zona rossa” degli otto chilometri (“con la sola eccezione di Balza Lino”)  è assai inventata perché non esiste alcuna “certificazione” dell’Arpa che delimiti un’area a rischio. Tant’è che Arpa non ha centraline dovunque ma dove ha cercato ha sempre trovato Pfas:  non solo nei sobborghi e nel capoluogo ma anche in Comuni della Provincia, per esempio a Montecastello che dista ben  oltre i fantomatici  otto chilometri, a tacere il fiume Bormida. In base al criterio territoriale e psichico, la popolazione potenzialmente parte offesa -oggi e domani- ammonterebbe a decine di migliaia di persone. Comprendendo la presunta incompatibilità ambientale di giudici e giurati, col rischio di trasferimento del processo.    
 
SOLVAY GONGOLA.
Dalla clamorosa udienza del GUP, Solvay porta a casa che  sono stati fatti fuori dal processo i due più temibili avversari di Solvay: Greenpeace e Lino Balza, che chiedono subito la chiusura delle produzioni  inquinanti  dello stabilimento di Spinetta Marengo. Infatti, attualmente Greenpeace è l’associazione più impegnata ai massimi livelli a denunciare le fonti di inquinamento da Pfas su tutto il territorio nazionale, a cominciare da Alessandria, e a chiedere la loro messa al bando in Italia. Ebbene, non si sa se ridere o piangere, Greenpeace è stata esclusa… “per non aver svolto attività strettamente legata al territorio di interesse”.  
 
E Lino Balza, che paradossalmente abita a molto meno dei fatidici otto chilometri?  Per l’azienda belga, “Linò Balzà, ça va sans dire, est l’ennemi numéro 1”  dalla notte dei tempi, ancor prima del primo processo e ancor più dopo [**]. In più, è oltremodo scomodo alla vigente Procura. Proprio la Procura l’aveva escluso fra le parti offese. Presto spiegato: con ripetuti (11 su un totale di 20) esposti, depositati e anche pubblici [***], aveva per anni pressato il procuratore capo Enrico Cieri a intervenire d’autorità per le tutele della salute pubblica (si pensi, fra tutte, alle donazioni e trasfusioni di sangue infetto), a  contrastare gli illeciti ecosanitari, a procedere contro il management della multinazionale  (e non solo contro i due direttori), e soprattutto per il reato di dolo. E, di conseguenza, aveva criticato la Procura per il blando capo di imputazione, disastro ambientale colposo e illecito amministrativo, che esclude alle Vittime il risarcimento per le morti e le malattie (a parte l’eventuale elemosina del “metus”). [SI LEGGA IN DETTAGLIO L’ARTICOLO CHE SEGUE IL PRESENTE].
 
IL PATTEGGIAMENTO?
In aula, alla lettura della “strana” ordinanza del GUP,  tra gli avvocati si è cercato una connessione con le insistenti voci di un patteggiamento (rectius nel linguaggio forense) premiale per l’imputato e le parti civili. E hanno presunto la disponibilità della Procura come preannunciata nella di lei imbarazzata e sconcertante audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta: praticamente l’assoluzione a priori ad “un imprenditore che crediamo abbia ottemperato agli adempimenti di legge, salvo inadeguatezze  che valgono il rimprovero di una colpa”. Una tiratina di orecchi. Clicca qui.
 
Altro segnale avvertito è il cambio degli avvocati della difesa con Riccardo Lucev  e Guido Carlo Alleva. Lucev è esperto in diritto penale della responsabilità medica e addirittura Officer del Criminal Law Committee della International Bar Association. Guido Carlo, soprannominato con Giulia Alleva  “avvocati del vino” (la rinomata “Tenuta Santa Caterina” per miliardari) è DOC in quanto storico difensore dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny nei processi Eternit.  A confronto, i risarcimenti  nel caso Solvay, stringi stringi, sarebbero irrisori in un patteggiamento?  “Ça va sans dire,   avevano ragionato a Bruxelles,  ci verrà a fagiolo “tomber à pic” l’esclusione dalle parti civili di Lino Balza, così attivo ad opporsi al patteggiamento di un’elemosina ma a favore di una class action. Infine, l’azione della Procura nel patteggiamento, per quanto scalpore possa fare, pour nous  sarebbe un ombrello, anzi un paracadute: “Il suffit de mettre un parachute, ça va sans dire”. “Notre avantage”, e per Regione e Sindaco, sarebbe palese: si allenterebbe il fiato sul collo da parte dell’opinione pubblica che li addita come complici di Solvay e chiede monitoraggi di massa per la popolazione e addirittura ordinanze di chiusura degli impianti. Non li si può tenere a bada all’infinito. Ça va sans dire.
 
In conclusione. A Solvay, ça va sans dire, il patteggiamento servirebbe a derubricare ulteriormente i reati ma soprattutto a prendere in tranquillità il tempo necessario per la sua strategia post 2026. Un modesto patteggiamento potrebbe essere un’alternativa all’incertezza della richiesta di trasferimento (“rimessione alla sede”) del processo (trasmissione degli Atti a Milano) “per incompatibilità ambientale”: eventualità che in aula a loro volta gli avvocati della difesa discutevano con preoccupazione.
 
La richiesta di patteggiamento, spiegavano gli avvocati, può essere formulata fino alla presentazione delle conclusioni in udienza preliminare, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Andrea Perelli sarebbe assai favorevole, poco o tanto che sia stato intimidito dal trascorso tentativo di ricusazione di Solvay.   Dunque già nella prossima udienza del 20 dicembre potrebbe esserci una delle due sorprese [****].
 
[*] “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza” in 4 volumi.
[**] “Ambiente Delitto Perfetto”, volume primo. “Pfas. Basta!”, in tre volumi.
[***] “Ambiente Delitto Perfetto”, volume secondo.
[****] “Ambiente Delitto Perfetto”, volume terzo.
Tutti i libri sono disponibili a chi ne fa richiesta.
 
 

Dal cielo sui pesci piovono PFAS. Solvay boicotta i controlli del CNR.

Solvay boicotta i controlli che il “Consiglio nazionale delle ricerche -istituto di ricerca sulle acque CNR cerca di realizzare  con l’ASL di Alessandria, per un progetto operativo  “Biomonitoraggio integrato area Spinetta marengo-Alessandria”. Infatti -è la denuncia-  “non fornisce gli standard analitici o le miscele tecniche (nel caso gli standard non siano disponibili) per svolgere analisi aggiuntive. E non rende pubblici i dossier tossicologici, di nuove sostanze e dei composti utilizzati in passato ed in uso, in suo possesso”.
 
Il sabotaggio è finalizzato ad occultare la presenza di ADV, C6O4 e Aquivion®PFSA negli scarichi, ad evitare l’ampliamento  delle analisi di vegetali e uova e del biomonitoraggio umano del sangue ma anche delle urine.  

Italia Nostra denuncia i Pfas nelle acque umbre.

La denuncia di Italia Nostra è stata presentata con una interrogazione in consiglio regionale, malgrado le rassicurazioni dell’Usl Umbria2, che ha avviato quest’anno con Istituto Superiore di Sanità e ISPRA uno screening per la valutazione dei rischi di esposizione agli Pfas della popolazione del sito di interesse nazionale Terni- Papigno – Conca Ternana. Le analisi Arpa restituiscono un quadro preoccupante dei Pfas con ben 5 classi di composti.

La faccia di Riboldi è di tolla, non d’acciaio inossidabile come quella di Draghi.

Cum  maior minor cessat. Quando c’è un difensore europeo così rilevante come Mario Draghi, un oscuro assessore alla sanità piemontese decade. Ma può sempre essere utile come imbonitore a livello locale. Così la pensava Solvay quando ha mandato Federico Riboldi in assemblea ad Alessandria. E invece, pur spalleggiato da sodali di Provincia, Asl, Arpa e Università, è stato un flop. Piangere miseria quando si tratta di investimenti sulla salute non commuove una popolazione falcidiata da morti e malati. Della quale ci si ricorda, tirati per il collo, appena  nel 2022 con 340.000 euro assegnati all’Asl per un micro biomonitoraggio (120 persone) dell’area di Spinetta Marengo. Puoi essere credibile ad annunciare un obolo di “719.000 euro che permetteranno all’Asl AL di realizzare tra il 2024 e il 2026 un progetto strategico che prevede l’aumento delle attività di salute, ambiente, biodiversità e clima, il rilancio della rete di medicina del lavoro e la ricerca attiva delle malattie professionali”? E meno male che Riboldi aveva annunciato “sono qui a metterci la faccia”. In effetti se l’ha rimessa (risate nell’auditorium quando ha definito il progetto “strategico”, anglicizzato perfino come “task force”).
 
Con quella futuribile elemosina, “cominceremo il nuovo biomonitoraggio non appena avverranno i primi prelievi per concluderlo entro 36 mesi, se possibile anche prima”, Riboldi cercava di soddisfare il mandato che Solvay gli aveva affidato: imbonire gli animi esacerbati della popolazione, prendere tempo, per favorire la dilazione dei i tempi strategici di Solvay, quegli anni che a Solvay servono per continuare a produrre Pfas senza pagare lo scotto di chiusure premature  e processi. E invece i Comitati gli hanno sbattuto in faccia: “Sai benissimo, come lo sanno bene tutte le istituzioni: da quello stabilimento, con impianti datati e ridotti a un colabrodo, non potrà mai davvero essere garantita la totale assenza di sversamenti, che siano in aria, in falda o nella Bormida.” A maggior ragione dopo aver ascoltato Riboldi,  “Continuiamo a sostenere con convinzione che l’unica strada sia quello dello stop alla produzione e la chiusura dello stabilimento di Spinetta Marengo, per poter finalmente bonificare un sito martoriato da 100 anni di inquinanti multipli e poter così dare tregua a una di quelle che vengono definite ‘zone di sacrificio’, la cui popolazione ha dovuto subire fin troppe perdite in termini di salute e vite umane”. 
 
Insomma, non è concepibile  un assessore che, ancora nel 2024, non ritenga inconcepibile che persista in pieno centro abitato questa fabbrica ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale. Che lo stesso assessore senza pudore paragona  -per dolo- alla Eternit di Casale Monferrato. Ma che aspetta Godot (il governo) come ogni buon Ponzio Pilato che si rispetti.

Nel 2024 è concepibile, in pieno centro abitato, questa fabbrica ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale?

Sì, secondo Federico Riboldi assessore regionale alla Sanità, che in soccorso è stato chiamato da Solvay il 12 settembre a convincere in un incontro pubblico gli alessandrini,  spalleggiato dai vertici di Asl, dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Alessandria, dell’Università Piemonte Orientale Arpa Piemonte. Ci riuscirà senz’altro con i politici di Comune e Provincia, da sempre complici. Certamente non con la popolazione, che per bocca dei comitati ha già anticipato la risposta: “Noi lo sappiamo, come in realtà lo sanno bene anche le istituzioni: da quello stabilimento, con un impianto datato e ridotto a un colabrodo, non potrà mai davvero essere garantita la totale assenza di sversamenti, che siano in aria, in falda o nella Bormida. Continuiamo a sostenere con convinzione che l’unica strada sia quello dello stop alla produzione e la chiusura dello stabilimento di Spinetta Marengo, per poter finalmente bonificare un sito martoriato da 100 anni di inquinanti multipli e poter così dare tregua a una di quelle che vengono definite ‘zone di sacrificio’, la cui popolazione ha dovuto subire fin troppe perdite in termini di salute e vite umane”. 
 
Quale credibilità può attribuirsi a Riboldi? Il merito di essere tra i primissimi ad aderire a  Fratelli d’Italia, ma assolutamente ignorante in scienza e competenza sanitaria (come il suo predecessore, peraltro) e coinvolto ex vicepresidente della Provincia di Alessandria che ha abbondato in autorizzazioni ad inquinare. L’uomo giusto per Solvay.

Solo dal basso si possono fermare Pfas e Solvay. Davide contro Golia.

Non si allenta sulla politica la morsa della lobby industriale chimica. Dei colossi produttori di Pfas, in capo a Solvay Syensqo. E degli illimitati utilizzatori: dalle pentole antiaderenti agli indumenti impermeabili, dalle giacche goretex alle scarpe, dagli imballaggi alimentari ai dispositivi medici, dai pesticidi alla tappezzeria, dalla carta da forno alle cromature, dalla pelletteria alle schiume antincendio, dal filo interdentale alla carta igienica, dalle scioline ai gas refrigeranti, dall’industria elettronica ai semiconduttori, dall’attività estrattiva dei combustibili fossili alle applicazioni dell’industria della gomma e della plastica, nelle cartiere, nei lubrificanti, nei trattamenti anticorrosione, nelle vernici eccetera. A tacere tutti gli utilizzi, strategici, nel settore militare. Per avere una dimensione del business, si consideri che la lobby FluoroProducts &PFAS for Europe  può contare su 72 singoli lobbisti attivi a Bruxelles, con una spesa annuale compresa tra 18,6 e 21,1 milioni di euro e 59 pass al Parlamento Europeo.
 
La lobbying degli enormi interessi finanziari e mercantili, che è sempre intervenuta coi propri mezzi “persuasivi” sull’OMS Organizzazione Mondiale Sanità (in contrasto con l’americana EPA Ente Protezione Ambientale) e in particolare sull’Unione Europea  per imporre legislazioni e regolazioni particolarmente neo-corporative, esempio nel bando al Bisfenolo, ora è riuscita ancora una volta a impedire la messa al bando totale delle migliaia di sostanze “per- e polifluoro alchiliche”: PFAS.
 
Le possiamo immaginare come  catene di ferro avvolte  in una protezione di gomma: gli anelli di ferro sono atomi di carbonio saldamente uniti fra loro, che rendono la catena forte, mentre la copertura rappresenta atomi di fluoro, che proteggono la catena dagli agenti esterni facendoli scivolare via. Questa accoppiata conferisce ai Pfas portentose proprietà di resistenza alle alte temperature e agli agenti esterni, idrorepellenti, oleorepellenti, ignifughe, però conferisce  altrettanto pericolose proprietà di pericolo per la salute di milioni di persone. Infatti sono  bollate da  una sterminata letteratura scientifica internazionale come sostanze inodori insapori incolori indegradabili, “forever chemicals” inquinanti eterni, ubiquitari, trasportati dai venti e dalle acque in ogni parte del globo, estremamente persistenti e accumulabili  nell’ambiente vegetale e animale.
 
Dunque nell’organismo umano: non decomponibili biologicamente, le indistruttibili tossiche e cancerogene sono state trovate nel sangue, nelle urine, nella placenta, nel cordone ombelicale e persino nel latte materno. Inalate e ingerite con cibo e acqua, si introducono infatti  nel sistema circolatorio e si diffondono nel nostro corpo, nel sistema endocrino ovvero nella produzione e regolazione degli ormoni, con malattie della tiroide,  danni al fegato, obesità, diabete, colesterolo,  problemi cardiocircolatori,  cancro ai reni, alla prostata e ai testicoli, ridotta fertilità maschile e femminile, diabete gestazionale, patologie neonatali,  riduzione del peso alla nascita dei neonati, riduzione del quoziente di intelligenza nei bambini, riduzione della risposta immunitaria ai vaccini eccetera.
 
Malgrado tutte queste certezze scientifiche, ma nascondendosi dietro ostruzionistiche confutazioni,  per cui non esisterebbero metodi d’analisi in grado di scoprire o quantificare tutte le migliaia di Pfas con svariato peso molecolare e differenti proprietà chimiche e strutturali, la lunga mano di Solvay & C. ha determinato una lassista normativa europea: estraniata dai controlli delle emissioni atmosferiche (micidiali per il circondario delle fabbriche utilizzatrici, come il “colabrodo di veleni” della Solvay di Spinetta Marengo unico  produttore in Italia), nonché  permissiva, a non dire condiscendente, per quanto riguarda la parametrazione della qualità delle acque per consumo umano: si tratta ora di limiti-soglia massimi ai quali gli Stati dell’Unione europea sarebbero tenuti a conformarsi entro il 12 gennaio 2026.
 
Resta, come sempre, la facoltà di includere e anticipare disposizioni nazionali, come hanno fatto alcuni Stati, tramite valori più rigorosi o parametri aggiuntivi, fino al “limite zero”, ovvero con  palliativi come in Francia (1). Facoltà che comunque l’Italia si è ben guardata da usufruire, per veto di Solvay che ad Alessandria sfora tutti i limiti inimmaginabili di inquinamento. Così il Parlamento ha affossato il Disegno di Legge Crucioli per la messa la bandoAnzi, l’Italia ha perfino evitato di aderire all’iniziativa – presa da Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia, nel febbraio del 2023 – per introdurre una restrizione universale sui PFAS a livello dell’Unione Europea, per vietarne la produzione, la vendita e l’utilizzo. Dal canto suo, si è mostrata ininfluente l’esortazione  di quasi 150 0rganizzazioni  della società civile europea agli Stati membri dell’UE e alla Commissione a vietare tutti i PFAS in tutti i prodotti di consumo entro il 2025 e a vietarli completamente entro il 2030.
 
Nel frattempo, stante appunto questa complice paralisi della politica italiana ed europea, la presidente di Solvay Syensqo, Ilham Kadri, ora ritiene procrastinabile il processo avviato di trasferimento delle produzioni in Cina (dove, per i disastri già compiuti non è più accolta a braccia aperte) e valuta le condizioni di resistere a Spinetta il più a lungo possibile. 
(2) Però, c’è un altro però. Per Kadri si affacciano ulteriori problemi entro il 2026 per lo stabilimento di Spinetta Marengo: esce dall’invisibilità mediatica il TFA, acido trifluoroacetico, che si forma dai PFAS per degradazione. Come i Pfas, si trova ovunque (ubiquitario), come i Pfas è perenne (forever chemical), come i Pfas tossici e cancerogeni è micidiale per la salute, ma, ancora peggio dei Pfas, a differenza dei Pfas non è ancora normato per legge e “Pesticide Action Network” (PAN Europe) chiede ai governi di agire con misure urgenti:  il divieto immediato dei pesticidi con PFAS, il divieto immediato dei gas fluorurati. Ma Kadry opporrà il consueto ostruzionismo. (3)
 
Invece, nel mentre, il fattore tempo sta scadendo a Spinetta Marengo per quanto riguarda le emissioni atmosferiche. La lunga mano di Solvay ha estraniato la lassista normativa europea da controlli che non siano delle acque, e dunque non esisterebbero  limiti di legge per i PFAS in aria ambiente e nelle deposizioni al suolo. Esistono, in realtà, per il cocktail micidiale di 20 veleni tossici e cancerogeni, di cui fanno parte  PFOA, ADV, C6O4, che è scaricato sulla popolazione da 72 ciminiere  e dai 15.000 punti di perdite incontrollate: così come abbiamo denunciato alla Procura. Un cocktail confermato dall’ultimo monitoraggio dell’Arpa. (4)  E… dal continuo andirivieni dei Vigili del fuoco in emergenza (5). Il tutto, per un Sito classificato alto rischio chimico e di catastrofe industriale, per il quale -denunciamo da 40 anni come delittuosa vergogna dei politici locali-  non esiste un Piano di emergenza in grado di affrontare a) l’allarme, b) l’evacuazione, c) il soccorso, d) le cure della popolazione(6)  
 
Veniamo ai dunque. Dunque, da un lato, neppure a pensarci che sia la politica a fermare i Pfas in Italia (a tacere i fallimenti delle Procure). Dall’altro, l’urgenza della condizione eco sanitaria della popolazione di Alessandria rende indifferibile la chiusura immediata delle produzioni Solvay a Spinetta Marengo. Dunque, a tal fine, resta la via, dell’azione giudiziaria inibitoria risarcitoria, avviata dal bassoovvero intraprendere  l’impresa titanica di affrontare Solvay Syensqo: che non rappresenta solo se stessa ma anche la “European chemical industry council (cefic)” la lobby delle industrie chimiche europee che ha riunito i  maggiori produttori e consumatori di Pfas, tra cui figurano  Agc, Arkema, Basf, Bayer, Chemours, Daikin, Du Pont, Exxonmobil, Gfl, Merck, Gore.
 
Alle azioni inibitorie risarcitorie contro Solvay di Spinetta  incitava il Procuratore Generale di Cassazione: “Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”. E fuori dall’Italia,  è proprio  Solvay, e proprio per i Pfas, a doversi mettere le mani al portafoglio pagando una class action in USA  da 1,3 milioni di dollari. (7)  Ad Alessandria è inimmaginabile che il sindaco faccia causa a Solvay per inquinamento del Bormida,  come il suo omologo americano contro Monsanto: 160 milioni di dollari! (8) Viceversa, l’azione inibitoria risarcitoria, oltre che contro l’azienda, può essere rivolta anche contro le Istituzioni, cioè contro Comune e Provincia di Alessandria e  Regione Piemonte.  Come in Olanda. (9)
La storia di questi decenni ha dimostrato che codeste istituzioni piemontesi sono complici di Solvay (Syensqo, già Montedison): speculari al colosso chimico, subordinati non solo culturalmente e politicamente. I sindacati, a loro volta, si nascondono sempre dietro il ricatto occupazionale (neppure a stento si salva la CGIL), al punto che quando sono stati chiamati al  Tavolo tecnico permanente del Comune addirittura… hanno chiesto di farsi rappresentare direttamente da Solvay.  
 
L’ultimo scandaloso anzi grottesco episodio, sulla spinta delle ripetute immagini sui media delle incontrollate invasioni di schiume di Pfas dall’obsoleto stabilimento ridotto a colabrodo per sfacelo tecnologico e di manutenzioni, è stato lo spettacolo del bluff della Provincia di Alessandria: che obtorto collo sospendeva le produzioni e nel giro di poche settimane ne autorizzava la sciagurata ripresa sulla base di una perizia addomesticata (classico caso di “controllato controllore”) e malgrado la totale disapprovazione dei tecnici dell’Arpa (Ente normalmente non tanto severo). Addirittura le impronte dello  zampino di Solvay si intravvedono nella firma apposta alla lettera di autorizzazione.  (10)
 
Su questa vicenda  la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali ha convocato il direttore generale di Arpa Piemonte Secondo Barbero e il procuratore capo di Alessandria Enrico Cieri. Queste stupefacenti audizioni hanno scandalizzato Alessandria. In particolare il sottoscritto. Il quale, per evitare termini pesanti, ritiene sufficiente  questo  “commento terzo”  di una preparata giornalista. (11)
 
Come effetto di questa nuova licenza di inquinare falde acquifere – suoli – fiume Bormida – atmosfera del Comune di Alessandria e degli altri Comuni della provincia,  discende la reiterazione del reato: la cosiddetta  “barriera idraulica” attualmente si conferma impianto non idoneo a contenere le fuoriuscite degli inquinanti dello stabilimento, dunque violando la sentenza della Corte di Cassazione dal 2019. 
 
Sentenza che, vogliamo ribadirlo ancora una volta, riguardava ben oltre i Pfas: cioè la bonifica di una massa di veleni, una ventina insieme al cromo esavalente, bonifica che è stata, su ordine di Bruxelles, consapevolmente disattesa sull’altare dei profitti da Solvay, la quale, anzi, ha peggiorato la situazione ecosanitaria. Su questo punto, il capo di accusa nell’imminente processo penale bis andrebbe riformulato sul versante dolo. E portato al massimo livello apicale di Syensqo.  E anche in sede civile con azioni inibitorie che risarciscono le Vittime, come stimolava a fare il Procurate generale in Cassazione: “Quella gente dovete toccarla nel portafoglio”.  Con la Procura di Alessandria è difficile nascondere il dissenso(12) Sorprende infine che sia nel processo di Alessandria che in quello di Vicenza non ci siano medici tra gli imputati(13)
 
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

1) Ecologisti francesi sconfitti da sindacato operaio e multinazionale a braccetto.

2) La Cina per Solvay non è più la terra promessa.

3) L’ “invisibile” TFA nell’esistenza nebulosa della Solvay di Spinetta Marengo, tra processi e class action.

4) Procuratore, fermi il cocktail tossico cancerogeno da 72 ciminiere e 15mila punti di perdite incontrollate.

4) Nuovo esposto sui PFAS alla Procura della Repubblica di Alessandria

5) Nubi di fluoridrico spediteci dalla Francia.

6) Il Piano di emergenza di Solvay…scritto da Solvay: grazie alla complicità del sindaco.

7) Migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio. E Solvay in USA paga con dollari sonanti.

8) Viene da ridere pensare che il sindaco di Alessandria fermi Solvay.

9) Anche l’Olanda invasa dai Pfas. Scattano le azioni inibitorie risarcitorie.

10) Puzzano gli amministratori di Provincia Regione Comune di Alessandria. E i sindacati…

11) Imbarazzante esibizione di Procura e Regione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali.

12) Rimettere in funzione gli impianti Pfas inquinanti: è una condotta sempre più dolosa della Provincia.

13) Saranno o non saranno risarcite le Vittime di Miteni e Solvay ad Alessandria e Vicenza?

Il dossier in quasi mille pagine disponibile a chi fa richiesta. 

4) Procuratore, fermi il cocktail tossico cancerogeno da 72 ciminiere e 15mila punti di perdite incontrollate.

Un cocktail micidiale di veleni tossici e cancerogeni, di cui fanno parte  PFOA, ADV, C6O4, è scaricato sulla popolazione alessandrina  da 72 ciminiere e dai 15.000 punti di perdite incontrollate: così come abbiamo denunciato alla Procura (clicca qui Nuovo esposto sui PFAS alla Procura della Repubblica di Alessandria)PFOA, ADV, C6O4, Acido Fluoridrico, Acido CloridricoNH3, Alcoli, Anidride fosforica (P2O5), Composti Iodurati (C4F8I2), Zn, Idrossido di Potassio (KOH) NOx, CO2, SOx, Polveri. Composti fluorurati (c2f4, c3f6, c4f8): 107 kg/giorno; 40 t/anno.
 
In questo micidiale cocktail, per il PFOA, l’ADV e il cC6O4 di produzione Solvay di Spinetta Marengo, dal cielo ricadono sulla popolazione ogni giorno 5 microgrammi per ogni metro quadrato. L’ultimo  monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche in aria ambiente condotto da Arpa nel 2023 e 2024 (che l’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi ha finto di non vedere) conferma che il sobborgo di Spinetta (centro di via Genova) è il sito più esposto alle ricadute del polo chimico, con concentrazioni di cC6O4 tra 0.821 e 1.534 ng/m³. Mentre ad Alessandria Centro (scuola Volta) le concentrazioni di cC6O4 variavano tra 0.009 e 0.031 ng/m³. Nel Comune di Montecastello (dove l’acquedotto è stato chiuso)  nel maggio 2024, è stata rilevata la presenza di cC6O4 nel PM10 a 0.036 ng/m³ dal campionatore PM10 installato nella piazza del paese, ma anche nelle uova e negli ortaggi. Uova e ortaggi, anche nel Comune di Sezzadio. Nel Comune di Alzano Scrivia sono stati rilevati fino a 120 nanogrammi per litro di  Pfoa (il cancerogeno che non sarebbe ufficialmente in uso nello stabilimento). 
 
Tra le perdite incontrollate, le più subdole sono le fughe di gas:  quando improvvise non vengono rilevate dagli strumenti di controllo (assenti) ai camini, bensì da postazioni fisse (se funzionanti) non sempre coinvolte nell’area dell’incidente, ovvero dalle apparecchiature Arpa (se avvertita)  dopo ore dall’evento mentre i venti nel frattempo hanno trasferito i veleni altrove. Se non rimarcate da  intossicazioni acute, le fughe passano addirittura  inosservate, ma non per questo non nocive. Ad esempio (7 agosto, replicata il 28) l’emergenza dovuta a una fuoriuscita di acido fluoridrico  dai reattori degli Algofreni è scattata quando avvertita dai sensori interni dell’impianto, mentre  l’Arpa è intervenuta ore dopo principalmente per effettuare rilevazioni presso la centralina fissa” (di via Genova) e, ipotizzando “venti provenienti dai settori nord ovest e nordest”, monitoraggi nelle aree esterne attraverso  strumentazione portatile”, “per la ricerca  di composti organoclorurati e fluorurati tramite canister per le analisi di laboratorio”. Insomma, “senza evidenziare concentrazioni significative di HF”, “sotto i limiti di quantificazione”. Con la precisazione che “comunque è  importante precisare che la pioggia ne ha favorito l’abbattimento, in quanto l’acido fluoridrico è molto solubile in acqua”. Quanto letale sui polmoni.  
L’azienda ha buon gioco a definire l’emergenza “di breve durata”, “da codice giallo”,  “il più basso” secondo la scala dell’azienda. Insomma innocua. Non con buona pace della popolazione che protesta su La Stampa:  “Sale il livello di preoccupazione.  Continuano le fuoruscite”

10) Puzzano gli amministratori di Provincia Regione Comune di Alessandria. E i sindacati…

C’è chi si ostina a dialogare con loro, impantanandosi nel circolo vizioso del loro reciproco scaricabarile. La storia di questi decenni ha invece dimostrato che sono complici di Solvay (Syensqo, già Montedison): speculari al colosso chimico, subordinati culturalmente e politicamente (quando non anche economicamente). Vanno dunque trattati come avversari. Immeritevoli di un briciolo di fiducia.
 
Infatti c’è chi, come noi, non espresse il benché minimo credito alla bolla di sapone della diffida con la quale la Provincia di Alessandria intimava (tardivamente) a Solvay di “sospendere la produzione di cC6O4 in tutto lo Stabilimento” e imponeva che “l’impianto Tecnoflon  potesse essere riavviato solo dopo interventi tecnologici risolutori e approvazione certificata di ARPA”. Pensar male della Provincia non era peccato: tant’è che nel giro di poche settimane il bluff è scoppiato e la Provincia  ha autorizzato la ripresa tossica e cancerogena di “PRODUZIONE ed USO di cC6O4” fregandosene della disapprovazione dell’ARPA.
 
Fregandosene dell’Arpa che non aveva certificato fossero state superate le cause dell’ incontrollata dispersione del Pfas C6O4  nelle falde acquifere per le  perdite dal pozzo G adiacente all’impianto, perdite enormi: misurate da ARPA (l’11 aprile scorso)  con una concentrazione di cC6O4 di 191.262μg/l contro i 0,5 μg/l (generosamente) ammessi.
 
Fregandosene, anzi, che negli incontri tecnici Arpa-Asl avessero denunciato  un forte aumento delle quantità di cC6O4 in falda acquifera esterna, e che le perizie condotte da ARPA e riportate nella relazione di servizio avessero allarmato un pessimo stato di manutenzione dell’impianto colpevole dello sversamento: valvole rotte, tubazioni di scarico danneggiate, pareti di contenimento con buchi, ecc. nonché il colabrodo delle cosiddette barriere idrauliche.  
 
Fregandosene, così , anche di ammettere che,  stante lo sfacelo storico delle manutenzioni, tutti gli altri reparti che utilizzano i PFAS sono nelle stesse condizioni.  
 
Fregandosene, insomma, che la sua nuova licenza di inquinare avrebbe coinvolto non solo falda acquifera-suolo-fiume Bormida -atmosfera del Comune di Alessandria, ma anche di una vasta area provinciale, dove ormai abitualmente si riversano i PFAS nell’aria: i Pfas in alcuni periodi dell’anno raggiungono contenuti a Spinetta Marengo di quasi 1.000 volte superiori a valori ritenuti (permissivamente) normali, e a Piovera e Montecastello di 100 volte superiori, e ad Alessandria (istituto Volta) di 20 volte superiori.
Dall’ennesima esemplare,  e perciò  opacizzata dai media locali, relazione dell’ingegner Claudio Lombardi, già assessore all’ambiente, apprendiamo inoltre che la sciagurata servile autorizzazione della Provincia è appunto avvenuta dopo acceso dibattito con ARPA, sulla base di presunte “relazioni comprovanti interventi risolutivi delle perdite”. Relazioni talmente “comprovanti” da essere la “perizia giurata” firmata… da chi? da un perito incaricato da Solvay!! Perizia “giurata” (sic) e talmente qualificata da risultare esercizio neppure di un ingegnere (che so, idraulico, progettista)  ma da… un architetto paesaggista. Insomma, il più  classico caso di “controllato controllore”!
 
Puzza, puzza il voltagabbana della Provincia. Le impronte dello zampino di Solvay si intravvedono nella firma apposta alla lettera di autorizzazione di ripresa della produzione: stranamente  non già del direttore responsabile ingegner Paolo  Platania (che arditamente aveva emesso la diffida) ma da un suo sostituto, tale Maurizia Fariseo, segretaria di Direzione. Dubbio legittimo: i responsabili politici degli enti pubblici hanno atteso che Platania andasse in ferie? Platania si è rifiutato di firmare? Platania sarà accompagnato alla pensione?
 
Sberleffo successivo alla “voltagabbanata”, a fine agosto la Provincia fa una terza diffida per via del superamento della capienza del percolato di  rifiuti liquidi oltre i limiti nelle vasche destinate allo stoccaggio dei gessi fluoridrici.
 
E i sindacati? Vi chiederete. I sindacati, sempre a rappresentare l’eterno dilemma della sicurezza della popolazione, dei lavoratori e dell’occupazione, sempre a nascondersi dietro il ricatto occupazionale, in questa crisi,  quando sono stati chiamati al  Tavolo tecnico permanente del Comune addirittura… hanno chiesto di farsi rappresentare direttamente da Solvay.  

12) Rimettere in funzione gli impianti Pfas inquinanti: è una condotta sempre più dolosa della Provincia.

Due ecocidi mondiali e locali. Con i Pfas si ripete la tragedia dell’amianto e dell’Eternit di Casale Monferrato. La belga Solvay Syensqo  è l’unico produttore in Italia dei diffusissimi Pfas tossici cancerogeni e, con la complicità di Sindaco e Regione, compromette direttamente  la salute della popolazione alessandrina, a cominciare dai lavoratori.
 
C6O4, ADV e PFOA sono impiegati nei cicli aziendali da decenni, e alcuni  attualmente prodotti: l’ARPA di Alessandria da qualche anno, finalmente, ne denuncia e documenta che i reflui dallo stabilimento  di Spinetta Marengo fuoriescono ed inquinano sempre più pesantemente le falde acquifere, il fiume Bormida e l’atmosfera dei Comuni della provincia, provocando morti e malattie.  
 
Nei primi mesi del 2024, l’azienda non è più riuscita a nascondere che l’impianto di produzione del cC6O4, il più moderno inaugurato in pompa magna da pochi anni, stava accusando gravi problemi di funzionamento. Al punto  da costringere la Solvay stessa ad autodenunciarsi alla Provincia ed a fermare l’impianto. I problemi funzionali causano enormi perdite in falda acquifera: l’ARPA addirittura ha misurato (11 aprile ) nel pozzo G adiacente all’impianto di produzione una concentrazione di cC6O4 di 191.262μg/l contro gli 0,5 μg/l ammessi!
 
La Provincia di Alessandria è stata, obtorto collo, costretta  a ingiungere a Solvay, tramite diffida, che l’impianto doveva fermarsi e poteva essere riavviato solo dopo interventi tecnologici risolutori e approvazione certificata di ARPA, tramite incontri tecnici fra Provincia, Comune, Arpa, Asl.
 
Scandalosamente poi la Provincia si è rimangiata l’ingiunzione. voltagabbana
Ancor prima del voltafaccia, Claudio Lombardi, ex assessore comunale Ambiente, già denunciava che Solvay pretendeva  di aver risolto il problema stabilimento  grazie anche ad una ‘super efficiente barriera idraulica’. Niente di più falso. L’ARPA ha contestato nell’ultimo incontro tecnico un forte aumento delle quantità di C6O4 nella falda acquifera esterna allo stabilimento. La barriera idraulica, dunque, non funziona minimamente e, oltre a non trattenere C6O4, lascia fuoriuscire all’esterno le altre sostanze tossiche e cancerogene interne alla fabbrica. Questo gravissimo fatto,  conclude Lombardi, mette in risalto  due nodi relativi all’esistenza stessa del sito produttivo Solvay di Spinetta Marengo. Innanzitutto, “la produzione del cC6O4 non poteva  essere ripresa se non solo dopo interventi tecnologici risolutivi comprovati e certificati per adeguato lasso temporale (non certo di giorni ma di mesi)”.
 
Soprattutto, “la barriera idraulica si dimostra impianto non idoneo a contenere le fuoriuscite degli inquinanti interni allo stabilimento, come d’altra parte recitò la sentenza della Corte di Cassazione nella sentenza di condanna dei dirigenti Solvay nel dicembre 2019”. Sentenza che, viene ribadito, riguardava  ben oltre i Pfas: cioè la bonifica di una massa di veleni, una ventina insieme al cromo esavalente, bonifica che è stata, su ordine di Bruxelles, consapevolmente disattesa sull’altare dei profitti da Solvay, la quale, anzi ha peggiorato la situazione ecosanitaria.
 
Su questo punto, il capo di accusa nell’imminente processo penale bis  andrebbe riformulato sul versante dolo. E portato al massimo livello apicale di Syensqo. Dove: anche in sede civile  con azioni inibitorie che risarciscono  le Vittime, come stimolava a fare il Procurate generale in Cassazione: “Quella gente dovete toccarla nel portafoglio”.  
 
Non si può nascondere il dissenso con la Procura di Alessandria.

Quanti ritardi e limiti al bando del Bisfenolo, dopo il Pfoa!

Ci ricordiamo gli esposti alla Procura di Alessandria, dal 2009, del “Movimento di lotta per la salute Maccaro”? Oltre ai Pfas in acque e aria, e nel sangue dei lavoratori! denunciavamo -sulla base degli allarmi internazionali- l’utilizzo nella Solvay di Spinetta Marengo anche del Bisfenolo, tossico e cancerogeno. Di cui le autorità sanitarie, Arpa, Asl, e politiche, Comune, Provincia, nulla sapevano o fingevano di non sapere. Sta di fatto che nessuno è intervenuto ad Alessandria.
 
Bene. 15 anni dopo, la messa al bando del Bisfenolo A nei contenitori alimentari è arrivata il 12 giugno 2024, da parte degli Stati membri che hanno ratificato la proposta della Commissione europea di febbraio.
La decisione si basa sul parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che nell’aprile 2023 aveva concluso che gli attuali livelli di esposizione al Bisfenolo A  avevano “potenziali effetti dannosi sul sistema immunitario”. Al pari dei Pfas. Secondo L’Efsa, il BpA utilizzato nei contenitori alimentari può  migrare  verso gli alimenti e le bevande contenute e rappresentare un problema per la salute dei consumatori.
 
Meglio tardi che mai questo bando della UE al Bisfenolo, che dal 2011 ne aveva vietato l’uso nei biberon in policarbonato, nel 2016  nella carta termica per ricevute e nel 2018 aveva introdotto ulteriori restrizioni al suo utilizzo in biberon e contenitori per neonati e bambini, vernici e rivestimenti. Un bando, però, che comunque risulta pesantemente condizionato dalla potente lobby della chimica: il divieto di utilizzare il BpA nei rivestimenti di lattine, borracce, tazze e vaschette,utensili da cucina, stoviglie, bottiglie di plastica per bevande e refrigeratori per la distribuzione dell’acqua, infatti, scatterà a fine 2024 ma le aziende avranno un periodo di transizione – da 18 a 36 mesi a seconda del tipo di packaging – per mettersi in regola.
 
E’ meglio per i consumatori verificare l’etichetta “Bisfenolo free” sui prodotti già in regola. 

No al “termovalorizzatore “ di Biella che incenerirebbe anche PFAS.

Sulla spinta delle lotte del Movimento Valledora – formato dai comitati ambientalisti di comuni delle province di Biella e Vercelli, la Provincia di Biella nega l’autorizzazione al progetto presentato dalla società “A2A Ambiente” S.p.A. Brescia per la realizzazione di un “Impianto per la produzione di energia elettrica e termica mediante combustione di rifiuti speciali non pericolosi nel Comune di Cavaglià (BI)”.

Determinanti per la bocciatura del progetto sono state  le motivazioni specificamente legate al tema dei “PFAS”: probabilmente presenti nei rifiuti da trattare, a loro volta destinati ad essere emessi tali quali o in composti intermedi nelle emissioni dell’inceneritore, ovvero intrattabili in stadi di depurazione e abbattimenti

Resta invece accesa la polemica degli ambientalisti contro l’ASL che non fornisce i dati dell’inquinamento Pfas in provincia.

Puzzano gli amministratori di Provincia Regione Comune di Alessandria. L’ultimo tanfo.

C’è chi si ostina a dialogare con loro, impantanandosi nel circolo vizioso del loro reciproco scaricabarile. La storia di questi decenni ha invece dimostrato che sono complici di Solvay (Syensqo, già Montedison): speculari al colosso chimico, subordinati culturalmente e politicamente (quando non anche economicamente). Vanno dunque trattati come avversari. Immeritevoli di un briciolo di fiducia.

Infatti c’è chi, come noi, non espresse il benché minimo credito alla bolla di sapone della diffida con la quale la Provincia di Alessandria intimava (tardivamente) a Solvay di “sospendere la produzione di cC6O4 in tutto lo Stabilimento” e imponeva che “l’impianto Tecnoflon  potesse essere riavviato solo dopo interventi tecnologici risolutori e approvazione certificata di ARPA”. Pensar male della Provincia non era peccato: tant’è che nel giro di poche settimane il bluff è scoppiato e la Provincia  ha autorizzato la ripresa tossica e cancerogena di “PRODUZIONE ed USO di cC6O4” fregandosene della disapprovazione dell’ARPA.

Fregandosene  dell’Arpa che non aveva certificato fossero state superate le cause dell’ incontrollata dispersione del Pfas C6O4  nelle falde acquifere per le  perdite dal pozzo G adiacente all’impianto, perdite enormi: misurate da ARPA (l’11 aprile scorso)  con una concentrazione di cC6O4 di 191.262μg/l contro i 0,5 μg/l (generosamente) ammessi.

Fregandosene, anzi, che negli incontri tecnici Arpa-Asl avessero denunciato  un forte aumento delle quantità di cC6O4 in falda acquifera esterna, e che le perizie condotte da ARPA e riportate nella relazione di servizio avessero allarmato un pessimo stato di manutenzione dell’impianto colpevole dello sversamento: valvole rotte, tubazioni di scarico danneggiate, pareti di contenimento con buchi, ecc. nonché il colabrodo delle cosiddette barriere idrauliche.  

Fregandosene, così , anche di ammettere che,  stante lo sfacelo storico delle manutenzioni, tutti gli altri reparti che utilizzano i PFAS sono nelle stesse condizioni.  

Fregandosene, insomma, che la sua nuova licenza di inquinare avrebbe coinvolto non solo falda acquifera-suolo-fiume Bormida -atmosfera del Comune di Alessandria, ma anche di una vasta area provinciale, dove ormai abitualmente si riversano i PFAS nell’aria: i Pfas in alcuni periodi dell’anno raggiungono contenuti a Spinetta Marengo di quasi 1.000 volte superiori a valori ritenuti (permissivamente) normali, e a Piovera e Montecastello di 100 volte superiori, e ad Alessandria (istituto Volta) di 20 volte superiori.

Dall’ennesima esemplare,  e perciò  opacizzata dai media locali, relazione (clicca qui) dell’ingegner  Claudio Lombardi, già assessore all’ambiente, apprendiamo inoltre che la sciagurata servile autorizzazione della Provincia è appunto avvenuta dopo acceso dibattito con ARPA, sulla base di presunte “relazioni comprovanti interventi risolutivi delle perdite”. Relazioni talmente “comprovanti” da essere la “perizia giurata” firmata… da chi? da un perito incaricato da Solvay!! Perizia “giurata” (sic) e talmente qualificata da risultare esercizio neppure di un ingegnere (che so, idraulico, progettista)  ma da… un architetto paesaggista. Insomma, il più  classico caso di “controllato controllore”!

Puzza, puzza il voltagabbana della Provincia. Le impronte dello  zampino di Solvay si intravvedono nella firma apposta alla lettera di autorizzazione di ripresa della produzione: stranamente  non già del direttore responsabile ingegner Paolo  Platania (che arditamente aveva emesso la diffida) ma da un suo sostituto, tale Maurizia Fariseo, segretaria di Direzione.  Dubbio legittimo: i responsabili politici degli enti pubblici hanno atteso che Platania andasse in ferie? Platania si è rifiutato di firmare? Platania sarà accompagnato alla pensione?

Solvay sta brigando per rimettere in funzione l’impianto Pfas inquinante. Condotta sempre più dolosa.

Due ecocidi mondiali e locali. Con i Pfas si ripete la tragedia dell’amianto e dell’Eternit di Casale Monferrato. La belga Solvay Syensqo è l’unico produttore in Italia dei diffusissimi Pfas tossici cancerogeni e, con la complicità di Sindaco e Regione, compromette direttamente  la salute della popolazione alessandrina, a cominciare dai lavoratori.  
 
C6O4, ADV e PFOA sono impiegati nei cicli aziendali da decenni, e alcuni  attualmente prodotti: l’ARPA di Alessandria da qualche anno, finalmente, ne denuncia e documenta che i reflui dallo stabilimento di Spinetta Marengo fuoriescono ed inquinano sempre più pesantemente le falde acquifere, il fiume Bormida  e l’atmosfera dei Comuni della provincia, provocando morti e malattie.  
 
Nei primi mesi del 2024, l’azienda non è più riuscita a nascondere che l’impianto di produzione del cC6O4, il più moderno inaugurato in pompa magna da pochi anni, stava accusando gravi problemi di funzionamento. Al punto  da costringere la Solvay stessa ad autodenunciarsi alla Provincia ed a fermare l’impianto. I problemi funzionali causano enormi perdite in falda acquifera: l’ARPA addirittura ha misurato (11 aprile ) nel pozzo G adiacente all’impianto di produzione una concentrazione di cC6O4 di 191.262μg/l contro gli 0,5 μg/l ammessi!
 
La Provincia di Alessandria è stata, obtorto collo, costretta a ingiungere a Solvay, tramite diffida, che l’impianto debba fermarsi e possa essere riavviato solo dopo interventi tecnologici risolutori e approvazione certificata di ARPA. La vicenda è seguita con incontri tecnici fra Provincia, Comune, Arpa, Asl. Ebbene, a luglio 2024, Claudio Lombardi, già assessore comunale Ambiente, denuncia che “Solvay pretende di aver risolto il problema ma la Provincia non ritiene di avere ottenuto da ARPA riscontri validi e correttamente, (aggiungerei coraggiosamente rispetto ai comportamenti del passato) insiste per ottenerli. Non solo, sono  venuto a conoscenza anche di un altro grave fatto. Solvay ha dichiarato con documenti inviati agli enti pubblici e con comunicato stampa che gli sversamenti in falda sarebbero contenuti all’interno dell’area dello stabilimento da una ‘super efficiente barriera idraulica’.”
 
Niente di più falso. L’ARPA ha contestato nell’ultimo incontro tecnico un forte aumento delle quantità di C6O4 nella falda acquifera esterna allo stabilimento. La barriera idraulica, dunque, non funziona minimamente e, oltre a non trattenere C6O4, lascia fuoriuscire all’esterno le altre sostanze tossiche e cancerogene interne alla fabbrica. Questo gravissimo fatto, conclude Lombardi, mette in risalto due nodi relativi all’esistenza stessa del sito produttivo Solvay di Spinetta Marengo. Innanzitutto, “la produzione del cC6O4 non può essere ripresa se non solo dopo interventi tecnologici risolutivi comprovati e certificati per adeguato lasso temporale (non certo di giorni ma di mesi)”.
 
Soprattutto, “la barriera idraulica si dimostra impianto non idoneo a contenere le fuoriuscite degli inquinanti interni allo stabilimento, come d’altra parte recitò la sentenza della Corte di Cassazione nella sentenza di condanna dei dirigenti Solvay nel dicembre 2019”. Sentenza che, viene ribadito, riguardava  ben oltre i Pfas: cioè la bonifica di una massa di veleni, una ventina insieme al cromo esavalente, bonifica che è stata, su ordine di Bruxelles, consapevolmente disattesa sull’altare dei profitti da Solvay, la quale, anzi ha peggiorato la situazione ecosanitaria. Su questo punto, il capo di accusa nell’imminente processo penale  bis  andrebbe riformulato sul versante dolo. E portato al massimo livello apicale di Syensqo. Dove: anche in sede civile  con azioni inibitorie che risarciscono  le Vittime, come stimolava a fare il Procurate generale in Cassazione: “Quella gente dovete toccarla nel portafoglio”.

Il governo fa orecchie da mercante all’allarme  Pfas dell’Istituto Superiore di Sanità.

Il ministero della Salute ha fissato limiti per la presenza nelle acqua potabili di Pfoa e Pfos senza seguire le raccomandazioni dell’Istituto superiore di sanità ISS.
 
Già nel 2019, infatti, anni prima che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro IARC dichiarasse nel 2023 cancerogeno il Pfoa e possibile cancerogeno il Pfos, ISS raccomandava l’adozione di parametri più stringenti rispetto a quelli che entreranno in vigore in Italia, solo a partire dal 2026.
 
Raccomandava  di adottare per queste due molecole “valori specifici più cautelativi” rispetto alla somma degli altri Pfas. Sottolineandone la pericolosità, l’Iss indicava parametri di 0,030 microgrammi (30 nanogrammi) per litro nel caso del Pfoa, l’acido perfluoroottanoico e di 0,065 microgrammi (65 nanogrammi) per litro per il Pfos, l’acido perfluoroottanosolfonico.
 
La direttiva europea 2184, invece, fissa il limite a 100 nanogrammi per litro per la somma di venti Pfas (24 in Italia) e cinquecento nanogrammi per tutti i Pfas (gli oltre 10mila). E mentre molti Paesi sono corsi ai ripari, fissando limiti a livello nazionalel’Italia  ha fatto “orecchie da mercante”, non ha seguito le raccomandazioni dell’Iss, preferendo seguire le direttive europee più permissive con il Decreto 18 del 23 febbraio 2023.
 
A prescindere dalla direttiva, l’Italia avrebbe potuto correre ai ripari in autonomia, così come hanno fatto altri Paesi, anche fuori dall’Europa. Ma non l’ha fatto. Il ministero della Salute ha fissato come valore massimo nelle acque destinate al consumo umano cinquecento nanogrammi per litro per i Pfoa e trecento per i Pfos.
 
Insomma, in questi anni in molti comuni italiani è stata erogata acqua potabile che le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità consideravano non sicura già dal 2019. Esempio di valori riscontrati: quelli di alcuni comuni piemontesi dell’Alessandrino (Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Piovera).
 
Tanto per avere dei termini di paragone, l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (Epa) ha   fissato limiti per la presenza nelle acque potabili di sei molecole del gruppo dei Pfas, in particolare, per Pfoa e Pfos, il limite fissato dall’Epa è pari allo zero tecnico.
 
A sua volta, l’Agenzia europea sulla sicurezza alimentare (Efsa) ha fissato nel 2020 una soglia massima settimanale di ingestione di Pfas (4,4 nanogrammi alla settimana per chilo di peso corporeo), per la somma di quattro sostanze (Pfoa, Pfos, Pfna e Pfhxs).
 
E così, in Europa, alcuni Paesi hanno già imposto limiti anche cinquanta volte inferiori rispetto a quelli della direttiva, oltre al fatto che, a febbraio, 2023, DanimarcaGermaniaSveziaPaesi Bassi e Norvegia hanno presentato all’Echa, l’Agenzia europea che si occupa della regolamentazione delle sostanze chimiche prodotte e immesse in commercio, una proposta di revisione del Regolamento Reach del 2006 per la messa al bando.
 
La Danimarca ha comunque posto un limite per la somma delle quattro molecole indicate dall’Efsa (Pfoa, Pfos, Pfna e Pfhxs) pari a due nanogrammi per litro e ne ha vietato l’utilizzo nei contenitori alimentari. Si muovono nella stessa direzione, per quanto riguarda la presenza di Pfas nelle acque, oltre all’Olanda, anche Svezia e la regione belga delle Fiandre, entrambe con un limite fissato a 4 nanogrammi al litro, in Germania questo valore sarà di 20 nanogrammi per litro dal 2028 e in Spagna, fino al 2026, sarà di 70 nanogrammi per litro per ognuno dei quattro composti. Lo scorso 4 aprile, la Francia ha deciso di vietare la produzione e la vendita di prodotti non essenziali contenenti Pfas.
 
PER QUANTO RIGUARDA LA SITUAZIONE ACQUE  DI ALESSANDRIA, DOVE INSISTE A SPINETTA MARENGO LO STABILIMENTO SOLVAY (SYENSQO), UNICO PRODUTTORE IN ITALIA, in particolare facciamo riferimento allo studio (clicca qui) di Claudio Lombardi, ex assessore comunale alla sanità. In estrema sintesi. Tra i 24 tipi di PFAS identificati dalla direttiva  figura il cC6O4 attualmente prodotto con brevetto  a Spinetta, ma inspiegabilmente non l’ADV, ex Pfoa, utilizzato da un trentennio. Nella Direttiva UE, la “Somma di PFAS” non deve superare i 100 ng/l entro il 2026, dunque entro tale data la direttiva poteva essere anticipata e resa più restrittiva dalla Regione, come si verifica negli altri Stati, ma ciò non è avvenuto in Piemonte. Anzi, è rilevante la critica all’Asl di Alessandria per come ha condotto le analisi nei Comuni.
 
Va sottolineato che AD ALESSANDRIA IL PRIMATO DI INQUINAMENTO (E MALATTIE) DA PFAS È CONSEGUITO DALLE EMISSIONI IN ATMOSFERA.
 
Dalle decine di ciminiere e punti di fuga, esse ricadono sui polmoni, sulle acque potabili,  sugli alimenti animali e vegetali. Il paradosso è che esse non hanno al momento limite alcuno, grazie al freno politico di Solvay. Perciò la valutazione dell’entità della loro presenza in atmosfera avviene per confronto con le quantità presenti nell’atmosfera delle “aree bianche”, delle zone cioè a distanza rilevante dalle sorgenti di produzione, utilizzo e smaltimento di PFAS. Clicca qui lo studio di Claudio Lombardi. In estrema sintesi. Nel sobborgo di  Spinetta Marengo si registrano concentrazioni di PFAS nell’aria di 1.000 volte superiori come ordine di grandezza ai valori assunti come riferimento, mentre i valori medi sono di 150 volte superiori. Nel Comune di  Piovera, che dista dal Polo Chimico più di 10 Km, valori massimi superiori di circa 100 volte, di 20 volte come valore medio. Nella centralina del Capoluogo: valori massimi di cC6O4 di circa 40 volte superiori  e medi di C6O4+ADV N2 superiori di circa 20 volte.

Gli alessandrini si pagano di tasca propria le analisi del sangue: risultati drammatici.

Striscione davanti alla Prefettura  durante la conferenza stampa.
La complice Regione Piemonte si è sempre rifiutata di sottoporre la popolazione di Alessandria al monitoraggio di sangue perché i risultati dell’avvelenamento di massa non lascerebbero scampo alle istituzioni -regione e/o sindaco e/o magistratura- di chiudere le produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo: provvedimento per il quale sarebbero già stati più che sufficienti gli storici dati ambientali dell’Arpa e studi epidemiologici dell’Asl.  
 
Ancora una volta, come già nel 2022, i cittadini, a proprie spese, si sono rivolti alle strutture universitarie tedesche, per conoscere, tra i 21 veleni tossici e cancerogeni della Solvay, almeno  quanto PFAS scorre nelle loro vene. E anche questa volta i risultati sono inequivocabili: 36 persone su 36 hanno concentrazioni del cancerogeno Pfoa: il quale dovrebbe essere a zero mentre risulta addirittura a livelli estremi di allarme per la loro salute.
 
Il Pfoa ufficialmente è stato dismesso da dieci anni, dunque -come tutti i Pfas- si è accumulato nei decenni precedenti nei loro organismi e lì continuerà a colpire: come da diagnosi presenti e future dei medici. Non solo, nelle loro  vene sicuramente si addensano anche i Pfas C6O4 e ADV che hanno sostituito il vietato Pfoa.
 
Senza le complicità istituzionali, la chiusura delle produzioni sarebbe forse già un fatto compiuto se il biomonitoraggio fosse esteso a tutta la provincia, dato che i Pfas sono stati accertati in numerosi Comuni, anche con chiusura di acquedotto. Ciò è ulteriormente dimostrato dalle analisi del sangue dei 36 cittadini del Comune di Alessandria e sobborghi: Cascinagrossa, Castelceriolo, Litta Parodi, Lobbi, Mandrogne, San Giuliano Vecchio e Spinetta Marengo, che si sono sottoposti al biomonitoraggio indipendente coordinato da Ánemos, Greenpeace Italia e Comitato Stop Solvay.
 
Leggi il comunicato stampa, comprensivo delle emblematiche tabelle. L’esplicazione delle quali potrete apprendere dal  video, clicca qui, approntatoci dal sempre presente Buzzz Blog.

Assieme al micro monitoraggio: la mini diffida preelettorale.

Per raggranellare qualche preferenza alle Regionali, Enrico Bussalino, alla vigilia del voto, ha fatto finta di inviare alla Solvay una diffida quale presidente uscente della Provincia di Alessandria, storica complice. Una “diffidina”a cavallo del voto: per 30 giorni sospendere la produzione e l’utilizzo del Pfas cC6O4 in tutto lo stabilimento e rispettare le prescrizioni previste dall’autorizzazione AIA (con generoso valore limite dello scarico).
 
D’altronde Solvay, che ha protestato senza vivacità, aveva, per evitare il fermo della magistratura, già preceduto il provvedimento spegnendo “precauzionalmente” il  “reattore E” dopo l’allarme delle reti idriche e il clamoroso riscontro del colabrodo aziendale con ripetute quantità anomale, dalle vasche d’emergenza e dalle cosiddette barriere di contenimento,  in falda e in Bormida  di cC6O4, e non solo: anche degli altri Pfas, Pfoa e ADV.
 
Ebbene, Solvay non avrà difficoltà a trasmettere un cronoprogramma di sondaggi finalizzati a rilevare la ripristinata ridotta presenza del cC6O4 prodotto e utilizzato, e a trasmettere un piano di interventi e verifiche esteso a tutte le aree dello stabilimento. Ovviamente, come sempre, il programma sarà approvato dall’Ente provinciale, dopo aver acquisito i pareri e i contributi tecnici dell’Arpa, del Comune e dell’Asl, usufruendo presumibilmente anche dell’uscita di scena del dirigente provinciale firmatario delle diffide.
 
Così penserà di salvare la faccia, ma non la coscienza, il sindaco di Alessandria che non firma l’ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti, appena disturbato nei mesi scorsi dai giornali che fotografano le ennesime schiume di Pfas scaricate in Bormida, i cittadini che fiutano Pfas nell’aria e dai pozzi dell’acquedotto.
 
Chi e come, dunque, può fermare Solvay? Se ne occuperà l’autorità giudiziaria? Forse, ma quando sarà a regime il nuovo processo penale, forse entro un anno.  Oppure bloccherà il colosso chimico  una azione civile inibitoria e risarcitoria.

Non solo Pfas, anche Bisfenolo.

L’Autorità Ue per la sicurezza alimentare (Efsa),vieta l’utilizzo di Bisfenolo A negli imballaggi. Quale interferente endocrino, come i Pfas, è capace di alterare l’equilibrio ormonale e innescare “effetti nocivi sul sistema immunitario“. Largamente impiegato nella produzione di plastiche e resine, è la sua capacità di trasferirsi nel cibo e nelle bevande, dagli  articoli di consumo come bottiglie di plastica riutilizzabili, refrigeratori per la distribuzione dell’acqua o altri utensili da cucina e, appunto, gli imballaggi.
 
 
Il Movimento di lotta per la salute Maccacaro ha denunciato da anni, anche con esposti alla magistratura https://www.edocr.com/v/rkl0edx8/bajamatase/esposto-4-bisfenolo, l’utilizzo del Bisfenolo nello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo: “…questa sostanza senza autorizzazione AIA è da parte della  multinazionale belga -tra i principali produttori nel mondo di Bisfenolo-  ben conosciuta da decenni e volutamente non evidenziata per la sua pericolosità all’ARPA, la quale infatti non l’ha mai cercata nelle analisi a tutela (ASL) della salute delle popolazioni”.  Nessuna Autorità è intervenuta.

Altri pozzi di acquedotto chiusi ad Alessandria per i Pfas. Ma l’Asl fa il gioco di Solvay.

Continuano ad essere campionati i Pfas tossici a cancerogeni nei territori della  provincia di Alessandria raggiunti dagli inquinamenti terra-aria-acqua della Solvay di Spinetta Marengo. Per quanto riguarda le acque potabili, in premessa occorre ricordare che l’ASL protegge Solvay  adottando  “limiti di quantificazione” (LQ) estremamente elevati (LQ = 40 ng/l) piuttosto che i  4 ng/l degli Stati Uniti, a tacere LQ = 0,5 ng/l tecnicamente adottabile.

Dopo i pozzi  privati chiusi nel Comune di Alessandria dentro e fuori lo stabilimento, dopo la chiusura dell’acquedotto del Comune di Montecastello, mentre allarmano  le analisi  su dieci pozzi dell’acquedotto di Alessandria, mentre il Bormida è inondato da masse di schiume, mentre traboccano  di schiuma le vasche di raccolta dentro lo stabilimento, mentre l’azienda addirittura è costretta a fermare un reattore dell’impianto più importante, mentre perfino la complice Provincia è costretta a fingersi minacciosa con una ordinanza di bonifica,

ebbene, arriva la chiusura di altri due pozzi che riforniscono l’acqua potabile. Questa volta tocca al Comune di   Alluvioni – Piovera.

Questo Comune era già nell’occhio del ciclone essendo fra quelli (Montecastello, Cassine, Castellazzo Bormida, Frascaro, Sezzadio, Basaluzzo, Bosco Marengo, Capriata d’Orba, Frugarolo, Castelspina, Casal Cermelli) i cui abitanti sono risultati nel sangue avvelenati dai Pfas C6O4 e ADV a seguito del “mini monitoraggio sperimentale” della Regione Piemonte.

Ebbene, il sindaco di Piovera, Gian Piero Borsi, già dipendente del polo chimico con particolari funzioni di interfaccia con le istituzioni locali, pur essendo da settimane a conoscenza del provvedimento sull’acquedotto adottato di soppiatto da Amag,

ebbene, non ha presentato il Comune quale parte offesa nel procedimento penale appena avviato qualche giorno fa contro Solvay. Lo si accosta  così al sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, accusato di omettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti nella sua veste di massima autorità sanitaria locale.

DENUNCIAMO INOLTRE, a fronte dello stupore -anche finto- alla notizia, che la chiusura dei pozzi dell’acquedotto di Piovera Alluvioni Cambiò avrebbe dovuto adottarsi   assai prima:  essendo causata dai risultati delle misure dei Pfas nelle acque potabili condotte da Amag nel 2023;  ed è basandosi su tali dati, resi pubblici sul sito del comune di Alessandria nel febbraio 2014, che si può affermare che non si tratta di “tracce” di pfas , come riportato nel  comunicato amag  ma di quantità consistenti.

DENUNCIAMO che i dati mostrano il superamento dei limiti vigenti per il Pfoa e dei limiti che entreranno in vigore nel 2026 per la sommatoria di Pfas nei Comuni di Piovera, Guazzora ed Alzano Scrivia (da 140 a 190 ng/l). Denunciamo la mancata chiusura dei pozzi dell’acquedotto di Alzano Scrivia, Guazzora e Alzano Scrivia.

DENUNCIAMO  che nella relazione ASL che riporta i dati del monitoraggio eseguito nelle reti idriche dei comuni alessandrini non figurano “inspiegabilmente” i dati relativi all’ acqua potabile distribuita nel capoluogo, quella cioè che utilizzano l’80% degli abitanti del Comune di Alessandria.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Tutto il mondo ambientalista si accomuna –per il polo chimico di Spinetta Marengo-  alle richieste di riduzione immediata dei limiti di accettabilità e alla fermata degli impianti inquinanti, nonché di messa al bando in Italia della produzione e dell’uso dei Pfas.  

Per queste denunce ci riferiamo anche allo studio di Claudio Lombardi, all’epoca assessore all’ambiente del Comune di Alessandria. Clicca qui la sua intervista al TG3.

Altri pozzi di acquedotto chiusi ad Alessandria per i Pfas. Ma l’Asl fa il gioco di Solvay.

Continuano ad essere campionati i Pfas tossici a cancerogeni nei territori della  provincia di Alessandria raggiunti dagli inquinamenti terra-aria-acqua della Solvay di Spinetta Marengo. Per quanto riguarda le acque potabili, in premessa occorre ricordare che l’ASL protegge Solvay  adottando “limiti di quantificazione” (LQ) estremamente elevati (LQ = 40 ng/l)  piuttosto che i  4 ng/l degli Stati Uniti, a tacere LQ = 0,5 ng/l tecnicamente adottabile.

Dopo i pozzi  privati chiusi nel Comune di Alessandria dentro e fuori lo stabilimento, dopo la chiusura dell’acquedotto del Comune di Montecastello, mentre allarmano  le analisi  su dieci pozzi dell’acquedotto di Alessandria,  mentre il Bormida è inondato da masse di schiume, mentre traboccano  di schiuma le vasche di raccolta dentro lo stabilimento, mentre l’azienda addirittura è costretta a fermare un reattore dell’impianto più importante, mentre perfino la complice Provincia è costretta a fingersi minacciosa con una ordinanza di bonifica,

ebbene, arriva la chiusura di altri due pozzi che riforniscono l’acqua potabile. Questa volta tocca al Comune di Alluvioni – Piovera.

Questo Comune era già nell’occhio del ciclone essendo fra quelli (Montecastello, Cassine, Castellazzo Bormida, Frascaro, Sezzadio, Basaluzzo, Bosco Marengo, Capriata d’Orba, Frugarolo, Castelspina, Casal Cermelli) i cui abitanti sono risultati nel sangue avvelenati dai Pfas C6O4 e ADV a seguito del “mini monitoraggio sperimentale” della Regione Piemonte.

Ebbene, il sindaco di Piovera, Gian Piero Borsi, già dipendente del polo chimico con particolari funzioni di interfaccia con le istituzioni locali, pur essendo da settimane a conoscenza del provvedimento sull’acquedotto adottato di soppiatto da Amag, ebbene, non ha presentato il Comune quale parte offesa nel procedimento penale appena avviato qualche giorno fa contro Solvay. Lo si accosta  così al sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, accusato di omettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti nella sua veste di massima autorità sanitaria locale.

DENUNCIAMO INOLTRE, a fronte dello stupore -anche finto- alla notizia, che la chiusura dei pozzi dell’acquedotto di Piovera Alluvioni Cambiò avrebbe dovuto adottarsi   assai prima: essendo causata dai risultati delle misure dei Pfas nelle acque potabili condotte da Amag nel 2023; ed è basandosi su tali dati, resi pubblici sul sito del comune di Alessandria nel febbraio 2014, che si può affermare che non si tratta di “tracce” di pfas , come riportato nel comunicato amag ma di quantità consistenti.

DENUNCIAMO che i dati mostrano il superamento dei limiti vigenti per il Pfoa e dei limiti che entreranno in vigore nel 2026 per la sommatoria di Pfas nei Comuni di Piovera, Guazzora ed Alzano Scrivia (da 140 a 190 ng/l). Denunciamo la mancata chiusura dei pozzi dell’acquedotto di Alzano Scrivia, Guazzora e Alzano Scrivia.

DENUNCIAMO  che nella relazione ASL che riporta i dati del monitoraggio eseguito nelle reti idriche dei comuni alessandrini non figurano “inspiegabilmente” i dati relativi all’ acqua potabile distribuita nel capoluogo, quella cioè che utilizzano l’80% degli abitanti del Comune di Alessandria.

Per queste denunce ci riferiamo anche allo studio di Claudio Lombardi, all’epoca assessore all’ambiente del Comune di Alessandria. (Clicca qui). Tutto il mondo ambientalista si accomuna –per il polo chimico di Spinetta Marengo-  alle richieste di riduzione immediata dei limiti di accettabilità e alla fermata degli impianti inquinanti, nonché di messa al bando in Italia della produzione e dell’uso dei Pfas.  

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Pfas anche nell’acquedotto di Alessandria.

Continuano ad essere campionati i Pfas nei territori della provincia di Alessandria raggiunti dagli inquinamenti terra-aria-acqua della Solvay di Spinetta Marengo.

Nel capoluogo, insieme ai Pfas della centralina Arpa dell’Istituto Volta, le analisi di Asl su dieci pozzi dell’acquedotto di Alessandria hanno riscontrato valori sensibili di Pfas. L’Asl è abbastanza reticente a informare su queste novità: si trincera dietro i regolamenti per non riferire l’ubicazione precisa dei pozzi, nè precisare se trattasi di Pfoa o C6O4 e/o altri Pfas, e per rassicurare genericamente sulla potabilità dell’acqua. Potrebbe trattarsi di pozzi che pescano dalla falda superficiale. Se non è già avvenuto, però dalla falda superiore i Pfas sono inevitabilmente destinati, nel prosieguo dell’inquinamento, a scendere nella falda profonda avvelenando gli altri pozzi.

Nel contempo, abbondano spettacolari  masse di schiume Pfas sulla Bormida in corrispondenza dello scarico Solvay, mentre all’interno dello stabilimento l’Asl accorre riscontrando campionamenti di schiuma nelle vasche che raccolgono le acque tecnologiche e le acque provenienti dal trattamento chimico-fisico-biologico; e addirittura ferma  il reattore e la linea E dell’impianto Tecnoflon, il più importante dello stabilimento.

Nel contempo, sono emblematici i risultati di C6O4 e ADV nel sangue scaturiti dal “mini monitoraggio sperimentale” della Regione Piemonte, molto mini e molto sperimentale -oltre che con decenni di ritardo- in quanto limitato a 127 persone -volutamente- pescate lontano dal polo chimico Solvay del sobborgo Spinetta Marengo di Alessandria, ovvero nei Comuni di  Montecastello, Cassine, Castellazzo Bormida, Frascaro, Sezzadio, Basaluzzo, Bosco Marengo, Capriata d’Orba, Frugarolo, Castelspina, Casal Cermelli.

Nel contempo,  il sindaco di Alessandria, anche questa volta, di fronte a tante drammatiche risultanze,  e malgrado tutte le  nostre contestazioni, 

non ha alcuna intenzione di emanare, come gli competerebbe quale massima autorità sanitaria locale, ordinanza di fermata delle produzioni: decisione che vorrebbe rifilare alla complicità di Regione e Provincia.

Il sindaco allo scontro con Solvay di Spinetta Marengo?

Il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, improvvisamente “lancia in resta” contro Solvay e Regione Piemonte? Intende bloccare le produzioni inquinanti? Mettere i soldi per il monitoraggio del sangue della popolazione?

Leggiamo le dichiarazioni ai giornali, dopo l’ennesimo “tavolo tecnico”. Ho chiesto ad Asl e Regione se ci fossero i presupposti per emettere un’ordinanza a tutela della salute pubblica, ma gli enti preposti non hanno ravvisato che, al momento, vi siano le condizioni perché ciò accada”. Non specifica da chi, nome e cognome, per iscritto? avrebbe realmente? ricevuto questo parere: perché, comunque, trattasi di parere in quanto a lui, al sindaco, non ad altri, è demandato per legge il potere-dovere di emettere ordinanza di fermata degli impianti. Dunque, dire di aspettare che questa responsabilità gli arrivi da Enti ai quali non compete: è come affermare che lui non se la prenderà mai.  Come quando per il cloroformio che veniva su dalle cantine… consigliò di non scendere in cantina.

Leggiamo. “Sulla presenza dei Pfas nei dati nella centralina vicino all’Istituto Volta” davanti all’ospedale civile di Alessandria “Sono stati rilevati valori bassi” bassi? mai trovati prima!  “ che, però, occorre tenere sotto controllo. Abbiamo anche analizzato il problema delle matrici animali e vegetali commestibili. Ho chiesto agli enti se devo redigere una ordinanza precisa: al momento mi è stato risposto di no”. Quali Enti? per iscritto? nome e cognome? Ma anche in questi casi se ne è lavate le mani.

Leggiamo. “Per quanto riguarda il problema dell’acqua potabile, l’ASL ci ha rassicurato”. E così si accontenta di delegare “Ad Amag reti idriche di valutare l’opportunità di un campionamento straordinario nei pozzi della rete dell’acquedotto a Spinetta Marengo”? E degli altri pozzi.

Infine leggiamo. “Rispetto al biomonotoraggio,  il Comune è pronto a versare una cifra consistente per poter procedere alla terza fase dell’indagine epidemiologica. Aspettiamo di sapere come Asl vorrà proseguire e utilizzare queste risorse”. La “cifra consistente” è di 20-25mila euro: assolutamente inconsistente per fare le analisi del sangue a tutta la popolazione del Comune di Alessandria, a prescindere dagli altri Comuni del territorio. Però non la pretende dalla Regione, si affida al buon cuore della Regione che a sua volta  “ha fatto sapere di aver sollecitato il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità”. Siamo cucinati a dovere: nell’Istituto Superiore di Sanità c’è… l’assessore piemontese alla Sanità!

Mi sa che il nostro cavaliere con la “lancia  in resta”, altro non sia che una statuina di gesso.  

Solvay costretta a fermare un reattore dell’impianto PFAS, ma non molla.

…Incidenti dell’ultima ora. Schiume in Bormida. Un film già visto. Anche le immagini sono quelle che ho girato in una intervista venti anni fa dello scarico della Solvay nel fiume. Anche questa volta i titoli giornalistici si rincorrono dopo lo scarno comunicato dell’Arpa: “Attivati dal numero unico per le emergenze a causa della presenza di schiume sulla Bormida in corrispondenza dello scarico del Polo chimico di Spinetta Marengo (AL),  tecnici Arpa si sono recati nel pomeriggio di oggi, 13 aprile 2024, al punto indicato per le verifiche del caso riscontrando in due campionamenti la presenza delle schiume segnalate in uscita dallo stabilimento. Contemporaneamente altri tecnici dell’Agenzia si sono recati all’interno dello stabilimento riscontrando in cinque campionamenti schiuma nella Vasca 101b che raccoglie le acque tecnologiche e le acque provenienti dal trattamento chimico-fisico-biologico e sono stati prelevati altri campioni”.

Il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, il 13 aprile finge allarmata sorpresa. Invece, era già stato messo a conoscenza  da parte di Solvay  di “concentrazioni estremamente elevate del parametro cC6O4 in area interna allo stabilimento, rilevate nel corso della sessione di monitoraggio delle acque sotterranee di marzo”. Non solo, il 10 aprile aveva conosciuto dalla Provincia un documento con oggetto “anomalie concentrazioni cC6O4”, ovvero le criticità riscontrate in merito alle concentrazioni di cC6O4 negli scarichi P1 e P4 e nei pozzi PzIN96 e PzIN 115”, anomalie che dovrebbero ri-mettere in discussione la contestata (da noi) valutazione di impatto ambientale VIA. Tant’è che  la Solvay è stata costretta a fermare il reattore e la linea E dell’impianto Tecnoflon, il più importante dello stabilimento, limitrofa ai due pozzi implicati.

Abonante, anche questa volta, e malgrado tutte le contestazioni, non ha alcuna intenzione di emanare, come gli competerebbe quale massima autorità sanitaria locale, ordinanza di fermata delle produzioni: decisione che vorrebbe rifilare alla complicità di altri. Infatti, con comodo ha convocato un “Tavolo Tecnico Permanente sulle Sostanze Pfas” con Regione e Provincia, mollando appunto a quest’ultima “ente competente in materia di AIA (Autorizzazione integrata ambientale), di valutare l’attuale rispetto delle prescrizioni autorizzative per un eventuale necessario intervento sospensivo”.

Il finto biomonitoraggio della Regione Piemonte.

La Regione Piemonte, piuttosto che sottoporre la popolazione a rischio agli esami del sangue, e delle orine, fa un  finto mini biomonitoraggio riservato ad un centinaio di persone selezionate partendo dagli esami fatti su uova, latte e verdure prelevate in aziende agricole vicine e anche a 20 chilometri dall’area della Solvay di Spinetta Marengo. Chi abita anche a poche decine di metri dalla fabbrica, non partecipa allo screening.

La Regione finora si è limitata a far esaminare verdura, uova e latte prodotti nelle vicinanze della Solvay: sono stati rilevati Pfas in varie concentrazioni, in aumento a mano a mano che ci si avvicinava al Polo Chimico. Inoltre sono stati rilevati anche in aziende agricole di paesi più lontani come Basaluzzo, Piovera o Capriata. Tra i Pfas rilevati negli alimenti, inoltre, sono emerse quantità molto pesanti di Pfoa e Pfos, la cui produzione è teoricamente cessata da più di 10 anni.

A contestare la Regione che li esclude dal monitoraggio, molti abitanti di Spinetta Marengo si sono trovati nelle cassette delle lettere i risultati dell’indagine epidemiologica eseguita negli anni 2017-2019 da Asl e Arpa che evidenziava “incrementi di rischio” per alcune patologie nella zona del sobborgo alessandrino. A promuovere l’iniziativa sono state le Mamme NoPfas, arrivate appositamente dal Veneto, e il gruppo locale di cittadini Ànemos.

A Capannori per la messa al bando dei Pfas.

Sulla richiesta di messa al bando a livello mondiale delle sostanze chimiche Pfas, nella sala del consiglio comunale di Capannori, iniziativa pubblica organizzata dall’associazione Senza Confini con Tommaso Pianigada e  di  Greenpeace con  il responsabile nazionale Giuseppe Ungherese, e la partecipazione del sindaco e presidente della provincia di Lucca Luca Menesini .

In Italia non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo. Il Disegno di Legge dell’ex senatore Mattia Crucioli giace in Parlamento. E fermamente osteggiato dalla Confindustria perchè  detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili  e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

I primi beneficiari di questa legge sarebbero le popolazioni toscane e venete (concerie ed ex Miteni di Trissino), lombarde (Solvay di Bollate) e piemontesi (Solvay di Spinetta Marengo). D’altronde gli scarichi della Solvay in Bormida raggiungono la foce del Po. Ma ormai, come abbiamo ripetutamente documentato, in tutte le Regioni italiane, dove si sono mosse le Arpa, è dimostrato che la calamità  mondiale dei Pfas è una questione nazionale.

Con la nuova legge Crucioli sarebbe ancor più palese l’inammissibile alibi degli omissivi e complici  Comune, Provincia e Regione, che si nascondono dietro il dito dell’assenza di limiti nazionali: sono fuorilegge al pari dell’azienda!

La strage silenziosa dell’amianto e dei Pfas.

Se giova, ripetiamolo ancora una volta: per i Pfas si ripete la strage silenziosa che conosciamo per l’amianto (a tacere il DDT): millesimi dell’onnipresente  fibra per decenni hanno subdolamente avvelenato centinaia di  migliaia di bambini e adulti nel mondo e decine di migliaia in Italia  senza allarmare episodi acuti eclatanti, finchè la lenta somma dei decessi per mesotelioma (tumore incurabile ancora oggi) ha fatto scoppiare la bolla epidemiologica. Troppo tardi: messo al bando 30 anni fa in Italia (anticipando di 13 anni l’Europa), il picco di decessi per amianto, or ora appena raggiunto, decrescerà nei prossimi 20 anni in quanto prima che si manifesti passano anche 40-50 anni. Questo periodo di latenza, per i Pfas non è ancora ben calcolato, considerando che essi sono in auge sempre più da oltre 50 anni e che il Pfoa è stato messo al bando solo di recente,  mentre i suoi fratelli e figli resistono ancora.

Si consideri che gli effetti legati all’azione cancerogena dell’amianto sono rappresentati dal mesotelioma delle sierose, soprattutto pleurico, ma anche peritoneale, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo e dal tumore polmonare, tumore della laringe e dell’ovaio. E che la gamma delle patologie per i Pfas è il più vario: interferenti/perturbatori endocrini che gli studi hanno associato a problemi dello sviluppo, ipertensione gestazionale, nascita di bimbi sottopeso, diabete, colesterolo alto, riduzione della risposta immunitaria, tumori eccetera. L’analisi complessiva di tutti gli studi condotti sul tema è stata realizzata dai ricercatori dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova che hanno comparato i diversi lavori, pubblicando i risultati in un’analisi comparativa trascrizionale sulla rivista Toxics, con il titolo “Cross-Species Transcriptomics Analysis Highlights Conserved Molecular Responses to Per- and Polyfluoroalkyl Substances”. Questo studio del Dipartimento di farmacia e biotecnologie dell’Università di Bologna e del Dipartimento di scienze cardiache, toraciche, vascolari e sanità pubblica dell’Università di Padova, è la più ampia analisi della risposta trascrizionale ai PFAS mai realizzata.

Ebbene, negli anni ’80, sull’altare della difesa dell’occupazione, ci criminalizzarono perché chiedevamo di chiudere l’Eternit di Casale Monferrato per la messa al bando dell’amianto. Oggi tentano di ripetere  la storia  per le produzioni della Solvay di Spinetta Marengo e per il sostegno di una legge di bando dei Pfas in Italia (ex DDL Crucioli). Prima che sia troppo tardi, come per l’amianto, oggi come ieri non tutti per i Pfas ci ascoltano nell’opinione pubblica, oggi come ieri  le istituzioni sono complici degli interessi degli industriali che occultano rischi e danni. Esempio eclatante il Piemonte.

Il biomonitoraggio di massa, la pistola fumante che Solvay & soci devono disarmare.

Se giova, ripetiamolo ancora una volta. Non lo fanno il monitoraggio del sangue di TUTTA la popolazione alessandrina assediata dal polo chimico di Spinetta Marengo, perché sarebbe la “pistola fumante” che inchioderebbe Solvay: costringendola a fermare all’istante le produzioni inquinanti. Diventerebbe prova regina, prova certa e conclusiva del crimine sanitario. Lo diventerebbe addirittura per i più testardi negazionisti che hanno respinto l’evidenza di ben otto indagini epidemiologiche precedenti (in particolare 2017 e 2019), a tacere di tutte le indagini ambientali dell’Arpa.

Perciò, evitare questa smoking gun il più a lungo possibile è il compito, di occultamento sistematico dei dati ecosanitari in Piemonte, che la multinazionale belga ha affidato a Comune di Alessandria e Regione, e da essi svolto per lustri in una infinita taranta, con il sindaco a rimbalzare la palla delle responsabilità al governatore, e questi buttandola perfino in tribuna, ad un Comitato Etico… fantomatico organismo che autorizza sperimentazioni farmacologiche e cliniche, come il suicidio assistito.

All’osceno girotondo ancora si presta il sindaco che avrebbe il dovere civico e giuridico, in quanto  massima autorità sanitaria locale, di applicare il principio di precauzione e fermare le produzioni. Ma l’opinione pubblica incalza, noi li sputtaniamo urbi et orbi, i versi de Le Iene echeggiano. Chiediamo le analisi del sangue ai lavoratori e ai cittadini, a tutti, a tutti quanti sottoposti ai veleni suolo-acqua-aria di Solvay. La quale non le vuole, perché sa già che  i referti ematologici dei lavoratori custoditi nei suoi cassetti superano ogni limite tollerabile. Perché sa già che le relazioni cliniche dei cittadini, secondo il  nostro screening tramite Università di Liegi, superano ogni soglia di allarme: presenza in percentuale 5 volte superiore al circondario. Perché avverte i suoi complici dell’effetto psicologico di un biomonitoraggio di massa: “Ils sont a la recherche d’un pistolet fumant” afferma  Ilham Kadri dal quartier generale di  Bruxelles.   

Che fare per sopire l’opinione pubblica e prendere quel tempo ulteriore che serve alla strategia aziendale? Se giova, ripetiamolo ancora una volta. Meglio di una ridicola Consulta comunale ambientalista, la soluzione tattica sarà usare la modesta somma stanziata, in stagione elettorale, dalla Regione alla Asl per diluire nel tempo e circoscrivere le analisi del sangue ai soli Pfas e ad una ristretta minoranza di persone selezionata il più lontano possibile da quel centro urbano inglobato nel criminale rischio chimico dello stabilimento.

Il biomonitoraggio di massa ridotto a 100 persone. Garantito da Pira

Così, che fa la Regione Piemonte? Sarà effettuato un prelievo di sangue (si spera anche delle urine) a circa un centinaio le persone:  scelte con limitato criterio scientifico, e necessariamente escludendo gli altri Comuni della provincia, seguìto dalla somministrazione di uno specifico questionario, “per acquisire maggiori conoscenze sugli effettivi livelli di esposizione della popolazione ai Pfas così da migliorare le procedure di prevenzione”. Le quali, in questi decenni, erano consistite in uno studio, peraltro allarmante, per la valutazione del rischio sugli alimenti di origine animale e vegetale. Sì, perché la Regione… ha ancora qualche sospetto: non sono bastati, nei decenni trascorsi, otto studi epidemiologici che hanno messo in evidenza che nella Fraschetta ci si ammala e si muore di più: un crescendo di patologie agli organi epato-biliari, insufficienze renali, tumore al rene ecc. in alcuni casi superiori fino al 50% alla popolazione non esposta. Patologie particolarmente crudeli quando colpiscono la fascia di età 0-16 anni: malattie neurologiche con eccedenze del 86% rispetto ai coetanei alessandrini. Non sospetta la Regione che è forse perché lì c’è un polo chimico classificato ad alto rischio che immette in aria-acqua-suolo sostanze classificate tossiche e cancerogene proprio per quel tipo di patologie?

Non lo sospetta: ne ha la certezza, perciò il biomonitoraggio è micro e da coprire con massima riservatezza: “Gli esiti dei 100 prelievi  saranno disponibili tra fine febbraio e inizio marzo e l’ASL provvederà a comunicarli ai partecipanti che potranno condividerli con il proprio Medico di medicina generale, per valutare sulla base dei valori riscontrati, e secondo quanto previsto dal protocollo di studio, l’eventuale necessità di approfondimenti diagnostici e presa in carico sanitaria”. E le altre decine di migliaia di lavoratori e cittadini? Si vedrà e si farà. Più tardi si vedrà più tardi si farà. Meglio dopo le elezioni regionali di giugno. Ci sarà una seconda, terza fase e quante altre sarà necessario. Cominciamo a valutare questi 100, che già ci vuole tempo, perché bisogna essere molto scientifici. Eh già, bisogna essere molto scientifici, molto scrupolosi, ad evitare conclusioni affrettate a scapito dell’azienda … pardon… che mettano in allarme la tranquilla popolazione. Dunque, “le analisi dei campioni di sangue saranno effettuate dal Laboratorio di Tossicologia e Epidemiologia Industriale, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, della Città della Salute di Torino, al CTO”

E a chi affideremmo, fase dopo fase s’intende, tempo al tempo, la valutazione dei dati? Al professor Enrico Pira, Responsabile Medicina del Lavoro del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatrica dell’Università di Torino? Una garanzia, quale affermatissimo consulente in difesa dei maggiori gruppi industriali inquinanti: clicca qui. Ebbene, Pira ha già anticipato nel 2021 le sue valutazioni sulle indagini epidemiologiche, e ovviamente sull’attendibilità dell’odierno micro biomonitoraggio  ancor che diventi, in un futuro lontano, un biomonitoraggio di massa. Pira è infatti la firma punta di diamante dell’opuscolo patinato distribuito a tappeto a dipendenti e residenti, e che rappresenta la futura linea difensiva di Solvay al processo.

La linea difensiva di Solvay al processo.

Per Solvay il minibiomonitoraggio è prendere tempo utile in funzione di un iter processuale che si trascinerà per un decennio fino alla Cassazione, iniziando dallo scoglio in Corte di assise di Alessandria. Anche se esso, nel blando (colposo e non doloso) capo di imputazione della procura, non comprenderebbe il risarcimento dei danni sanitari alle Vittime: evidentemente hanno fatto breccia le argomentazioni contenute nell’opuscolo patinato da Solvay distribuito  a tappeto  a dipendenti e residenti, in cui  afferma: “Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo” (clicca qui).

Questo opuscolo disegna la linea difensiva di Solvay in tribunale. Da un lato smentisce che acido cloridrico, acido fluoridrico, tetrafuoroetilene, perfluoroisobutene, pfas, ecc. che fuoriescono dalle ciminiere, ovvero tramite fughe di gas dagli impianti stessi, ammalino sangue e polmoni di bambini e adulti in quanto tali concentrazioni tossico oncogene sarebbero sotto i livelli di tolleranza: “sotto le soglie di non effetto”, praticamente innocueDall’altro, concentra l’attenzione sulla punta dell’iceberg dell’avvelenamento, i PFAS, di cui  garantisce l’innocuità in acqua e atmosfera: come ha sempre sostenuto per il Pfoa (alla facciaccia della inappellabile sentenza dello IARC) e come ribadisce per il suo sostituto cC6O4.   

Ma, pur sbandierando, come fa nell’opuscolo patinato di verde, che “Non è vero che a Spinetta si muore di più” e che Non è dimostrato il rapporto causa-effetto”, e pur esibendo che metterà in campo fior fiore di consulenti imbonitori del calibro del solito professor Enrico Pira, Solvay sarebbe assai disturbata dal dover disarmare la “pistola fumante”. A maggior ragione quando noi avviamo la class action: le cause civili  di massa per risarcire le Vittime per malattie e morti. Dunque  il minibiomonitoraggio le è il male minore.

Il procuratore generale di cassazione: toccate questa gente nel portafoglio!

Alla  class action indirizza il procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione. Davanti alla IV sezione penale, il 12 dicembre 2019 Ferdinando Lignola nei quaranta minuti della sua requisitoria ha parole durissime per i dirigenti Ausimont e Solvay avvicendatisi nella gestione del polo chimico di Spinetta Marengo: Chiedo il rigetto di tutti i ricorsi degli imputati. Chiedo ai giudici di pronunciare una decisione con la D maiuscola nei confronti di chi ha tenuto condotte sicuramente offensive dell’incolumità pubblica. Stigmatizzo il loro atteggiamento dello scaricabarile. Infatti, la linea difensiva che viene qui proposta è sostanzialmente questa: ‘Dato che qualcuno ha inquinato prima di noi, continuiamo a inquinare anche noi’. Ma è una follia!  «Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”.

Per le Vittime: meglio le cause civili piuttosto che quelle penali.  Infatti i processi di merito (Alessandria e Torino), avviati dall’emergenza falde cancerogene del 2008, avevano già sgonfiato questo mini ricorso in Cassazione. Infatti,  erano già stati assolti gli amministratori delegati (Carlo Cogliati, Bernard Delaguiche, Pierre Jacques Joris) e condannati a un anno e otto mesi (con la sospensione condizionale e la non menzione della pena ottenute quali attenuanti generiche in Appello, ma impugnate dalla procuratrice) due dirigenti del settore Ambiente e Sicurezza delle due società (Giorgio Carimati e Giorgio Canti) e un direttore (Luigi Guarracino); prescrizione per un  manager (Francesco Boncoraglio) e assoluzione per difetto di dolo per un altro dirigente (Giulio Tommasi).

“Pene peraltro lievi e risibili” le definisce disgustato il procuratore generale Il disastro ambientale avvenuto nel polo chimico di Spinetta è un fatto grave che fa venire i brividi. E’ gravissimo il ruolo attivo degli imputati: erano le persone che, con provata esperienza e competenza scientifica, erano deputate alla gestione del rischio, perfettamente in grado di capire il grado di pericolo. Hanno procurato un disastro, un evento distruttivo di proporzioni straordinarie atto a produrre effetti gravi: un reato a consumazione prolungata, caratterizzato dalla ripetizione di singole condotte lesive”. Era, cioè, dolo, come ho sostenuto fino allo spasimo.

Duro l’affondo del pg Lignola: “Inaccettabile la tesi secondo cui ‘dato che qualcuno ha già inquinato prima, continuiamo a inquinare anche noi’: questa è pura follia! Questa gente rivendica il diritto a inquinare perché qualcuno l’ha già fatto prima”. Sarà la tesi che ascolteremo da Solvay al 2° processo.

N.B. Nella prossima puntata entreremo nel merito del capo di accusa formulato dalla Procura di Alessandria, e dell’opposizione degli avvocati di Solvay.

Il biomonitoraggio di massa, la pistola fumante che Solvay & soci devono disarmare.

Non lo fanno il monitoraggio del sangue di tutta la popolazione alessandrina assediata dal polo chimico di Spinetta Marengo, perché sarebbe la “pistola fumante” che inchioderebbe Solvay: costringendola a fermare all’istante le produzioni inquinanti. Diventerebbe prova regina, prova certa e conclusiva del crimine sanitario. Lo diventerebbe addirittura per i più testardi negazionisti che hanno respinto l’evidenza di ben otto indagini epidemiologiche precedenti, a tacere di tutte le indagini ambientali dell’Arpa.

Perciò, evitare questa smoking gun il più a lungo possibile è il compito, di occultamento sistematico dei dati ecosanitari in Piemonte, che la multinazionale belga ha affidato a Comune di Alessandria e Regione, e da essi svolto per lustri in una infinita taranta, con il sindaco a rimbalzare  la palla delle responsabilità al governatore, e questi buttandola perfino in tribuna, ad un Comitato Etico… fantomatico organismo che autorizza sperimentazioni farmacologiche e cliniche, come il suicidio assistito.

All’osceno  girotondo ancora si presta il sindaco che avrebbe il dovere civico e giuridico, in quanto  massima autorità sanitaria locale, di applicare il principio di precauzione e fermare le produzioni. Ma l’opinione pubblica incalza, noi li sputtaniamo urbi et orbi, i versi de Le Iene echeggiano. Chiediamo le analisi del sangue ai lavoratori e ai cittadini, a tutti, a tutti quanti sottoposti ai veleni suolo-acqua-aria di Solvay. La quale non le vuole, perché sa già che  i referti ematologici dei lavoratori custoditi nei suoi cassetti superano ogni limite tollerabile. Perché sa già che le relazioni cliniche dei cittadini, secondo il  nostro screening tramite Università di Liegi, superano ogni soglia di allarme. Perché avverte i complici dell’effetto psicologico di un biomonitoraggio di massa: “Ils sont a la recherche d’un pistolet fumant” afferma  Ilham Kadri dal quartier generale di  Bruxelles.   

Che fare per sopire l’opinione pubblica e prendere quel tempo ulteriore che serve alla strategia aziendale? La soluzione sarà usare la modesta somma stanziata, in stagione elettorale, dalla Regione alla Asl per diluire nel tempo e circoscrivere le analisi del sangue ai soli Pfas e ad una ristretta minoranza di persone selezionata il più lontano possibile da quel centro urbano inglobato nel criminale rischio chimico dello stabilimento. La soluzione sarà ignorare e imbonire la sconcertata opinione pubblica (clicca qui) e il ruttino dell’evanescente opposizione che propone di usare (in parte) i compensi dei consiglieri comunali per impolpare una più seria indagine sanitaria.

La linea difensiva di Solvay al processo.

Per Solvay prendere tempo è utile in funzione di un iter processuale che si trascinerà per un decennio fino alla Cassazione, iniziando dallo scoglio in corte di assise di Alessandria. Anche se esso, nel blando (colposo e non doloso) capo di imputazione della procura, non comprenderebbe il risarcimento dei danni sanitari alle Vittime: evidentemente hanno fatto breccia le argomentazioni contenute nell’opuscolo patinato da Solvay distribuito  a tappeto  a dipendenti e residenti, in cui  afferma: “Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo” (clicca qui).

Questo opuscolo disegna la linea difensiva di Solvay in tribunale. Da un lato smentisce che acido cloridrico, acido fluoridrico, tetrafuoroetilene, perfluoroisobutene, pfas, ecc. che fuoriescono dalle ciminiere, ovvero tramite fughe di gas dagli impianti stessi, ammalino sangue e polmoni di bambini e adulti in quanto tali concentrazioni tossico oncogene sarebbero sotto i livelli di tolleranza: “sotto le soglie di non effetto”, praticamente innocueDall’altro, concentra l’attenzione sulla punta dell’iceberg dell’avvelenamento, i PFAS, di cui  garantisce l’innocuità in acqua e atmosfera: come ha sempre sostenuto per il Pfoa (alla facciaccia della inappellabile sentenza dello IARC) e come ribadisce per il suo sostituto cC6O4.   

Ma, pur sbandierando, come fa nell’opuscolo patinato di verde, che “Non è vero che a Spinetta si muore di più” e che Non è dimostrato il rapporto causa-effetto”, e pur esibendo che metterà in campo fior fiore di consulenti imbonitori del calibro del solito professor Enrico Pira, Solvay sarebbe assai disturbata dal dover disarmare la “pistola fumante”.

A maggior ragione se avviamo la class action. Il biomonitoraggio di massa avrebbe il duplice effetto di aumentare la platea delle Vittime per malattie e morti, e di selezionare medici legali e avvocati più qualificati. Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, infatti, gli avvocati in Italia (a tacere i docili e opportunisti enti, associazioni e sindacati) optano più facile accodarsi alle iniziative dei Pubblici Ministeri, piuttosto che impegnare risorse e rischi per cause collettive in sede civile, le uniche però che risarciscono le Vittime.

Sperimentazione di massa in Piemonte …di suicidi assistiti?

Abbiamo definito  “Affaire Sanitario  Pfas Piemonte” in termini eufemistici: “presa in giro” (clicca qui). Perche?

Perchè il girotondo del monitoraggio del sangue della popolazione alessandrina era passato dal sindaco di Alessandria al presidente della Regione e questi, al culmine dello sberleffo (anche televisivo: alle Iene), l’aveva “affidato” ad un fantomatico  Comitato Etico. Cioè, come si dice in gergo calcistico e ormai politico, ha buttato la palla in tribuna. Cosa ha a che fare, infatti, una indagine sierologica da affidare all’ASL di Alessandria  con un Comitato Etico? Nulla.

Esso è un organismo, peraltro nominato sei mesi fa, che ha come compito di “realizzare sperimentazioni farmacologiche, sperimentazioni cliniche non farmacologiche su protocolli e procedure mediche, chirurgiche, psicologiche, diagnostiche e terapeutiche, sperimentazioni cliniche su dispositivi medici” ovvero “studi su ogni procedura che implichi l’uso di organi, tessuti e cellule umane a scopi scientifici” ovvero “richieste di autorizzazione all’uso terapeutico di medicinali per uso compassionevole” ovvero “suicidio medicalmente assistito”. E’ un organismo pletorico di 18 membri, tra cui avvocati, farmacologici, assicuratori, farmacisti, rappresentanti farmaceutici, ingegneri, nutrizionisti, nessun epidemiologo, presidente una farmacista e vice un rappresentante sanitario. 

Che cazzo c’entra? A meno che, continuare a  NON sottoporre lavoratori e cittadini alle analisi del sangue per NON confermare l’enormità epidemiologica  di malattie e morti, altro non voglia essere che… una sperimentazione di massa di suicidi assistiti! Suicidi?

Si presta a questa oscenità il sindaco di Alessandria che avrebbe il dovere civile e giuridico, in quanto  massima autorità sanitaria locale,  di applicare il principio di precauzione alla salute pubblica e fermare le produzioni di Solvay.

La colossale “presa in giro” sanitaria piemontese.

Perfino i giornali, che non sono mai stati lì ad azzannare Solvay, stanno evidenziando la farsa che si sta consumando sulla pelle della popolazione di Alessandria. In presenza di indagini epidemiologiche (otto) che evidenziano mortalità e morbilità fuori limiti, in presenza di indagini ambientali (ripetute) che evidenziano il superamento dei dati oltre ogni limite, ebbene, al sindaco –massima autorità sanitaria locale- viene chiesto di sottoporre lavoratori e cittadini alle analisi del sangue tramite Asl.

Il sindaco dice che non tocca a lui, bensì alla Regione, anzi glie l’ha chiesto… da anni. La Regione risponde (alle Iene) che tocca all’ assessore alla sanità. L’assessore alla sanità passa la palla al dirigente responsabile del settore sanità pubblica veterinaria. Il veterinario la passa infine al Comitato Etico. Organismo che nessuno ha mai sentito nominare, peraltro nominato dalla Regione (che a sua volta è.. dominata da Solvay… pensiamo che autonomia!). Il fantomatico Comitato indipendente (da chi?), composto da una decina di enti territoriali ed extra regionali (ma a prescindere dal Veneto, dove sanno già tutto da anni), valuterà il da farsi nel futuro.

In questo osceno balletto di responsabilità, viene da concludere che chi decide in realtà è Solvay. Allora ritorniamo dal sindaco Giorgio AbonanteLei, che è la massima autorità sanitaria locale, perché, nel frattempo  della “taranta” (il ballo che non finisce mai), lei, per il vincolato principio di precauzione, perché nel frattempo  non ha  fermato le produzioni inquinanti, a salvaguardia della salute pubblica?

Sicuri cancerogeni ma il sindaco non li ferma

Pfas dichiarati “Certamente Cancerogeni” da IARC: cosa vuol dire e implicazioni

Piattaforma sanità pubblica Fronte comune ligure.

Conferenza stampa di presentazione della PIATTAFORMA PER LA DIFESA DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE PUBBLICO a cura delle Associazioni, Movimenti, Reti, Organizzazioni promotrici del “Fronte comune ligure. Insieme per la sanità pubblica”. Clicca qui Principi di fondo, i Presupposti indispensabili, le Proposte e le Rivendicazioni.

PFAS emergenza sanitaria mondiale: perché non ligure?

La Regione Liguria sottovaluta colpevolmente i costi umani (morti e malattie) e i conseguenti costi economici (cure mediche) derivanti dall’emergenza ambientale e sanitaria provocata dai tossici e cancerogeni PFAS.

Perciò al Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti chiediamo

Che, nell’immediato, disponga che l’Asl si attrezzi per effettuare a ciascun cittadino le analisi del sangue atte ad accertare e determinare la presenza di composti perfluorurati PFAS.

Che, in tempi brevi, programmi le indagini sanitarie collettive per dette analisi tramite campionamenti di sangue a beneficio della popolazione tutta, individuando progressivamente le fasce più a rischio (esempio lavoratori e gestanti) e i sottogruppi statistici dell’indagine epidemiologica (esempio età).

Che, contemporaneamente, predisponga affinchè Arpal esegua indagini ambientali con monitoraggi periodici tramite campionamenti delle acque di superficie e di falda, compreso acquedotti e impianti di depurazione, atte a determinare la presenza di dette sostanze perfluorurate.

Che, contemporaneamente, individui con le organizzazioni sindacali i settori produttivi per l’estensione delle indagini ambientali anche alle emissioni atmosferiche.

Le motivazioni di queste allarmate e urgenti rivendicazioni ambientali e sanitarie in merito ai PFAS sono state compiutamente esposte ai giornalisti nella Conferenza stampa. Clicca qui

PFAS emergenza sanitaria mondiale: perché non ligure?

La Regione Liguria sottovaluta colpevolmente i costi umani (morti e malattie) e i conseguenti costi economici (cure mediche) derivanti dall’emergenza ambientale e sanitaria provocata dai tossici e cancerogeni PFAS.

Perciò al Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti chiediamo

Che, nell’immediato, disponga che l’Asl si attrezzi per effettuare a ciascun cittadino le analisi del sangue atte ad accertare e determinare la presenza di composti perfluorurati PFAS.

Che, in tempi brevi, programmi le indagini sanitarie collettive per dette analisi tramite campionamenti di sangue a beneficio della popolazione tutta, individuando progressivamente le fasce più a rischio (esempio lavoratori e gestanti) e i sottogruppi statistici dell’indagine epidemiologica (esempio età).

Che, contemporaneamente, predisponga affinchè Arpal esegua indagini ambientali con monitoraggi periodici tramite campionamenti delle acque di superficie e di falda, compreso acquedotti e impianti di depurazione, atte a determinare la presenza di dette sostanze perfluorurate.

Che, contemporaneamente, individui con le organizzazioni sindacali i settori produttivi per l’estensione delle indagini ambientali anche alle emissioni atmosferiche.

Le motivazioni di queste allarmate e urgenti rivendicazioni ambientali e sanitarie in merito ai PFAS sono compiutamente esposte ai giornalisti nella Conferenza stampa. Clicca qui

J’accuse. Morti e ammalati sulla coscienza dei sindaci di Alessandria.

Nello J’accuse del Movimento di lotta per la salute Maccacaro a magistratura e politica (clicca quiemergono le enormi responsabilità delle Istituzioni piemontesi. Infine, del sindaco Giorgio Abonante.

“La chiusura dello stabilimento, seguita da un’immediata bonifica dell’area è l’unica via efficace per evitare di assistere a decenni di morti”: è l’ennesimo commento del Comitato Stop Solvay a seguito dell’incontro che un gruppo di cittadini dell’associazione “Ànemos” ha avuto con il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, e dirigenti e tecnici del Comune. Anche Ànemos, come riferisce il settimanale Il Piccolo, ha chiesto al sindaco una “ordinanza che imponga alla Solvay di cessare immediatamente la produzione delle sostanze inquinanti”. “Immediatamente: senza aspettare l’ipotetico 2026 della Solvay di auto cessazione di ‘quasi tutti i Pfas’ (dopo averne sostenuto per anni l’innocuità)”. Ciò alla luce -sottolinea l’ex assessore Claudio Lombardi delle indagini epidemiologiche e delle indagini ambientali aria-acqua-suolo non solo riferite ai vecchi e nuovi PFAS che a iosa svolazzano con cloroformio e fluoroclorocarburi, senza scuotere le coscienze. Infatti, Giorgio Abonante ha eluso completamente questo impegno, sgusciando ancora una volta come una anguilla.

Il sindaco prende in giro la popolazione. Di fatto, ha preso in giro i presenti “Condivido le vostre preoccupazioni” lavandosene le mani come Ponzio Pilato “Solleciterò Regione e Asl a intervenire”, proprio perché sa che non tocca a loro emanare l’ordinanza. Anzi, è in palese malafede quando si inventa su facebook che “Regione, Asl e Arpa hanno sancito in modo netto” per iscritto? “come in questo momento non ci siano gli elementi sufficienti per imporre divieti, chiusure”. Anzi, si nasconde dietro la scusa che manca una legge nazionale sui Pfas. Insomma non fa altro che prendere tempo a prescindere dagli allarmi scientifici nazionali e internazionali. Altro che “vaso di coccio ma in buona fede”.

Come ad Alessandria non bastassero esaustivi già lustri e lustri di sentenze, e la bonifica omessa, e la mole di indagini accumulatesi. Non sarebbero esaurienti per questo sindaco  neppure conferme recenti, come  il monitoraggio ambientale condotto da Arpa nel periodo marzo 2022 – marzo 2023 con tanto di presenza di cC6O4  nel Comune di Alessandria e addirittura nel Comune di Montecastello, né esaurienti i monitoraggi effettuati su uova e vegetali nel periodo 2021 – 2022 a cura della Regione Piemonte in collaborazione con ASL AL, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta nell’ambito del tavolo regionale Ambiente, Clima e Salute e su specie ittiche a valle del polo industriale di Spinetta Marengo a cura dell’IRSA-CN, e neppure la scoperta di nuove discariche.

Nello J’accuse, la colpevolezza del sindaco è senza attenuanti:

Ad oggi, il polo chimico Solvay di Spinetta Marengo, malgrado la sentenza di Cassazione, non è ancora stato bonificato né in terra né in cielo né in acqua per la “maledetta ventina” di inquinanti (cromo esavalente, cloroformio, cromo totale, tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene, tricloroetilene, triclorofluorometano, diclorodifluorometano, diclorofluorometano, nichel, antimonio, arsenico, bromoformio, dibromoclorometano, bromodiclorometanofluoruri in concentrazione addirittura da 2.946 a 57.404 μg/l ecc. eccetera) anzi ha aggravato il delitto e lo ha esteso in provincia. Né per queste violazioni -dolose- è stato aperto un nuovo processo. Neppure dopo il disastro ecosanitario dei Pfas acclarato dalle indagini ambientali ed epidemiologiche.

Ad oggi, la strategia industriale di Solvay si regge su una penetrate attività lobbistica in politica, sorretta quanto basta da una poderosa propaganda mediatica (addirittura della presidente Ilham Kadri in persona), da noi regolarmente e ripetutamente demolita. Per ciò: scoperte fantascientifiche col biossido di titanio.  Per ciò: la fantasiosa truffa mediatica dei ciclopici filtri che sarebbero in grado a Spinetta di rilevare e trattare, gestire e monitorare i contaminanti Pfas nelle falde e nelle reti idriche. Ovviamente non nell’atmosfera. Anzi i filtri dovrebbero poi essere inceneriti. La multinazionale prometterebbe “zero tecnico” delle emissioni di Pfas (C6O4, ADV) negli scarichi di acqua con tecnologie al carbone attivo granulare (GAC), allo scambio ionico (IO) e alle tecnologie di osmosi inversa RO (metodo di filtrazione meccanica in uso dagli anni ’50 del secolo scorso): diventerebbe “acqua distillata” e addirittura riutilizzata e non scaricata in Bormida, insomma “ciclo chiuso”. Per ciò, altra luna nel pozzo: VolontariamenteSolvay entro il 2026 realizzerà quasi il 100% dei suoi fluoropolimeri senza l’uso di fluorotensioattivi, per eliminare pressoché totalmente le emissioni di fluorotensioattivi”.  Per ciò: i misteriosi “sostituti dei Pfas a impatto zero”. Il corollario di questa inconsistente propaganda sono La bonifica è a buon punto”, “Il sistema di tutela ambientale dentro e fuori lo stabilimento è ok”Insomma, la strategia Solvay è profitti immediati, prendere tempo e fare proselitismo istituzionale e mediatico. Quindi è chiarissima è la volontà di non chiudere gli impianti.

Ad oggi, il sindaco di Alessandria non ha emesso ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti dentro e fuori il Comune, come imporrebbe il principio di precauzione alla massima autorità sanitaria locale: infatti gli studi già compiuti dimostrano che nella popolazione c’è una grave sofferenza sanitaria rispetto al resto della provincia e della regione: si muore di più per le molte e note patologie associate a Pfas e altre molecole prodotte dalla Solvay e da questa immesse nell’ambiente da decenni, come provato da ripetute indagini ambientali.

A maggior ragione dopo l’indagine dell’Università di Liegi. Dunque il sindaco, in qualità di massima autorità sanitaria locale, non imponendo -come invece avvenuto nel mondo in analoghe condizioni- l’urgenza che sia fermata la fonte d’esposizione alla popolazione, si consegna all’accusa di omissione di atti di ufficio. Infatti Abonante sa, dalle campagne di analisi dell’Arpa, che su Spinetta Marengo dal cielo piovono 5 microgrammi ogni giorno di Pfas per ogni metro quadrato, e nell’acqua 52 microgrammi per litro di C6O4. Dunque fa solo il gioco della Solvay -che persegue di procrastinare le produzioni secondo i propri profitti- il pretestuoso rinvio dell’ordinanza a dopo ulteriori studi epidemiologici per determinare un presunto nesso causa-effetto (Pfas causa di patologie), quando invece il nesso causale è acquisito scientificamente e internazionalmente. Va da sé che sempre maggiori studi saranno utili per individuare cure e per determinare l’entità dei risarcimenti.

Infatti l’associazione PFAS/patologie è dimostrata da una mole spaventosa di ricerche esistenti in letteratura scientifica; l’epidemiologia dimostra le associazioni, sui rapporti di causa indaga la tossicologia; i riferimenti di letteratura costituiscono la legge generale, i casi locali la confermano con significatività statistica: lavoratori e cittadini alessandrini esposti hanno una frequenza di patologie maggiore di coloro che non sono esposti a PFAS. Nella scienza una certezza assoluta non esiste ma è altrettanto vero che esiste una altissima probabilità del rapporto di causa fra l’esposizione e PFAS tale da escludere il falso positivo.

Ad oggi, la Regione Piemonte, in complicità con sindaco e azienda, rinvia anzi evita il monitoraggio del sangue a tutta la popolazione, il cui esito sarebbe sentenza capitale per Solvay. Queste storiche omissioni di atti di ufficio appaiono tanto più gravi alla luce del drammatico campionamento Pfas del sangue di lavoratori e cittadini che abbiamo nel 2022 commissionato all’Università di Liegi. L’estensione dello screening ematico fornirebbe dati utili ad individuare strategie efficaci di prevenzione e cura ma anche, in sede processuale, fornirebbe ulteriori dati per valutare in solido le responsabilità e i danni di Solvay nei confronti dei lavoratori e dei cittadini.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

La storia delle lotte dal 1990 in Italia contro i Pfas è compresa nelle circa 500 pagine del Dossier “Pfas. Basta!” a cura di Lino Balza del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”. E’ disponibile a chi ne fa richiesta.

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Gemellaggio Pfas tra Arkema e Solvay, tra Lione e Alessandria.

Il ruggito del coniglio del sindaco pro pfas di Alessandria.

Alessandria – Il sindaco distratto non considera Solvay – Il Corriere Nazionale

Le responsabilità della magistratura di Alessandria (a tacere degli amministratori locali).

Tony Fletcher è il supertestimone della Procura al processo di Vicenza contro Miteni. Per noi è una conoscenza vecchia di quindici anni. Lo segnalammo infatti -inutilmente- negli esposti alla Procura di Alessandria, nonché ai giornali. Come segue.  

“”Abbiamo segnalato per primi la questione eco sanitaria con alcuni ricorsi (Alessandrini, Berto, Ferrarazzo, lavoratori poi licenziati) alla Procura relativi alla presenza di PFOA tanto nel sangue dei lavoratori quanto nelle acque dei fiumi Bormida, Tanaro e Po, nonché delle falde superficiali e forse non solo. Nella copiosa documentazione del ricorso, si fa proprio riferimento agli studi americani citati da Tony Fletcher, professore alla London School of Hygiene end Tropical Medicine. Lo scienziato, definito uno dei tre maggiori epidemiologi mondiali, pur nella sua veste di consulente di parte (della Dupont, azienda produttrice di PFOA che ha già indennizzato per 101,5 milioni di dollari) ci conferma il drammatico allarme su un prodotto accertato da anni negli animali come cancerogeno, mutageno e teratogeno, ma si dichiara attendista per quanto riguarda analoghi effetti sugli esseri umani: ‘Fra circa 18 mesi concluderemo gli studi’. La nostra Associazione ritiene invece, in base agli studi internazionali, che se il prodotto perfluorurato è cancerogeno per gli animali non può non esserlo per gli umani, come dimostrano le metodologie comunemente utilizzate nella ricerca medica e farmaceutica. Tanto più che il ‘principio di precauzione’ impone di sospendere un prodotto quando sospetto, senza attendere di conteggiare a posteriori i morti e gli ammalati. Perciò abbiamo chiesto che la Solvay di Spinetta Marengo interrompa immediatamente l’utilizzo del PFOA e il suo rilascio in aria e acqua. Siamo invece completamente d’accordo con il professor Fletcher, avendola invano già richiesta a Procura e Asl, sulla necessità di analisi del sangue di massa per il PFOA: come hanno fatto in USA per 70.000 persone.””

Gli altri pozzi della provincia alessandrina inquinati dai Pfas.

Oltre al Bormida, a valle dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo i risultati dei campionamenti 2020-2022 ordinati da Asl ed eseguiti da Arpa evidenziano un inquinamento costante dei Pfas lungo l’asse del torrente Scrivia e anche e in prossimità del Tanaro. Bandito dal 2013 e confermandosi indistruttibile, ancora nel 2020-2022 la fa da padrone (0,67 µg/l) il PFOA ad Alzano, Castelnuovo Scrivia, Isola Sant’Antonio, Guazzora, Molino dei Torti, Piovera, Tortona, Villarvernia. Mentre a Pietra Marazzi e a Montecastello sono spuntati anche C6O4 e ADV.

Rischio oncologico superiore a Brindisi.

La pubblicazione del Rapporto sui tumori 2022 della ASL Brindisi rappresenta un contributo importante per valutare lo stato di salute della popolazione e soprattutto per mettere in campo misure di prevenzione per quelle neoplasie che si mostrano in eccesso, come a Taranto,  rispetto al resto della regione. Nel contempo il Rapporto dovrebbe guidare le scelte di organizzazione sanitaria. Diversamente sarebbe un esercizio fine a se stesso. Clicca qui.  

I maestri del gioco dello scaricabarile.

Esiste una persona, minimamente informata e in buona fede, che non ritenga dimostrato che attorno al polo chimico di Spinetta Marengo ci si ammala e si muore di più, molto di più, rispetto a tutto il resto del territorio? Non lo dimostrano, in coscienza, le date sulle lapidi dei cimiteri?’ Non lo dimostrano, in scienza, le indagini epidemiologiche del disastro sanitario che, sotto la nostra spinta, si sono in questi decenni susseguite e accentuate di gravità? Non lo dimostrano, in scienza, le indagini ambientali del disastro acqua-aria-suolo che, sotto la nostra spinta, si sono susseguite in questi decenni in costante anzi progressiva gravità?   Non sono la dimostrazione del “rapporto causa/effetto”?  L’ “effetto” della enorme morbilità cioè non coincide con la “causa” della presenza dello stabilimento, da venti anni gestito dalla Solvay?

Esistono, invece, persone disinformate e in mala fede. Pullulano soprattutto fra i politici e la cerchia scientifica anzi burocratica da loro nominata. Stiamo parlando di Alessandria e dell’esemplare connubio tra consiglio comunale e Asl. Leggiamo, clicca qui, la cronaca dell’interlocuzione fra Commissione Sicurezza e Ambiente e Asl. E’ la fotografia in rilievo dell’ipocrisia di personaggi che non vogliono prendere alcuna decisione e per perdere tempo fanno il gioco dello scarica barile, palleggio di responsabilità scaricate di volta in volta su altre schiene, salvi i rimpalli.

Usano la tattica usuale in tribunale degli avvocati degli inquinatori: dimostrate che quel preciso tumore è stato provocato proprio da quella precisa sostanza e non da altre, addirittura in quel preciso momento. Paradossale è l’esempio amianto e mesotelioma: ormai è inoppugnabile (come per i PFAS) la relazione scientifica eppure è da dimostrare penalmente che la fibra killer si sia introdotta nell’organismo della Vittima proprio durante la permanenza   di quel direttore e non dei precedenti o dei seguenti. 

Dunque, il sindaco di centrosinistra Giorgio Abonante scarica sul presidente commissione da lui nominato, Adriano Di Saverio, medico estetista. Amletico, Di Saverio scarica sull’Asl. Il direttore generale Asl, Luigi Vercellino, un amministrativo senza competenze mediche, nominato dal centrodestra regionale, scarica sull’Arpa e la Regione Piemonte: “Per assicurarci che l’attività del sito non pregiudichi la situazione in termini di inquinamento ambientale, lo facciamo attraverso il monitoraggio Arpa. Devono essere messi sul campo progetti speciali. Il campo di analisi è complesso. Non è un lavoro così semplice e scontato, occorre incrociare dati e sostanze. Serve la forte regia centralizzata di Regione Piemonte. Tocca alla Regione assegnare compiti e risorse. Al momento non ci sono altre risorse attribuite.” A sua volta, il direttore sanitario Asl nominata da Vercellino, Sara Marchisio, rimarca: “L’argomento è complesso, gli studi epidemiologici non sono brevi”. Lo sappiamo da decine di anni.  Dovremmo aspettarne altrettanti?

Sì, però senza allarmarsi troppo, tranquillizza l’inossidabile responsabile servizio prevenzione e sicurezza Asl Giuseppe Fracchia: Abbiamo effettuato sopralluoghi dentro lo stabilimento insieme ad Arpa, per valutare l’esposizione dei lavoratori agli agenti chimici. Dai dati in nostro possesso non emergono situazioni di particolare attenzione”. Ben diversa e drammatica è stata la valutazione dell’indagine dell’Università di Liegi. La differenza consiste nel fatto che l’Asl prende per buone le analisi consegnatele da Solvay controllato-controllore.

D’altronde monitoraggi ematici di massa, lavoratori e popolazione, deve finanziarli la Regione, il cui presidente leghista, Alberto Cirio, imprenditore agricolo specializzato nella produzione di nocciole nelle Langhe, però non vuole andare oltre ai “340mila euro stanziati per valutare nell’area a sud-ovest dello stabilimento la presenza di pfas negli alimenti animali e vegetali e definire le soglie. Il complesso progetto durerà due anni”. E il monitoraggio della popolazione? Luigi Icardi, laurea in economia, perciò nominato da Cirio assessore alla sanità, si fida di Fracchia e si lamenta di essere a corto di fondi statali, per cui passa la patata bollente a Giorgia Meloni, che avrà ben altro da pensare che al Disegno di Legge Crucioli di messa al bando dei Pfas.

THE END. E tutti -i politici- vissero felici e contenti.

Eppure, basterebbero le ormai conosciutissime decennali indagini ambientali e sanitarie per emettere un’ordinanza di chiusura delle produzioni da parte del sindaco Abonante, massima autorità sanitaria locale, sembra dire il veterano consigliere comunale Vincenzo Demarte, adesso che è passato all’opposizione come Forza Italia. Per valutare il grado di consapevolezza del disastro ecosanitario e di buona fede dei politici, si legga, tratto dalla suddetta cronaca giornalistica, il Nota bene in calce.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Nota bene. Per valutare il grado di consapevolezza del disastro ecosanitario e la buona fede dei politici, si legga dalla cronaca giornalistica quanto segue: <<La Commissione Consiliare era stata aperta dallo stesso presidente Di Saverio che, nella sua introduzione, aveva accennato ai “cinque tipi di inquinamento ambientale” che insistono sulla zona del Polo Chimico: “Un inquinamento antico da cromo esavalente, nichel, antimonio, arsenico nelle falde e terreni, l’inquinamento da cloroformio nelle acque superficiali, con conseguenti ricadute sulle cantine e sui seminterrati, l’inquinamento da vari tipi di pfas nelle falde acquifere del Bormida e del pozzo di Montecastello, l’inquinamento aereo con acido cloridrico, fluoridrico e pfas, e l’inquinamento delle falde acquifere con composti chimici di vario tipo. Vogliamo fare luce su questo problema complesso, vogliamo tutelare i cittadini, ragionarci su senza preconcetti e pregiudizi, senza partito preso, chiedendo aiuto alla scienza. Il sindaco Giorgio Abonante ha già detto che bisogna rompere questo impasse, servono certezze e occorre procedere con nuove fasi dell’indagine epidemiologica. Il problema dell’inquinamento del polo chimico risale addirittura a un secolo fa, col coinvolgimento di aria, acqua e terra, oggi ci sono più problemi stratificati. Nell’ultimo decennio si sono susseguiti studi di Asl e Arpa, oltre a quello più recente dell’Università di Liegi che ancora deve però essere validato”.

“A marzo 2017” ha proseguito Di Saverio “fu presentato uno studio sul rischio ambientale e sanitario della popolazione di Spinetta, realizzato da Arpa, Asl Alessandria e Azienda Sanitaria Locale Torino3. Riguardava gli anni dal 1996 al 2014, rispetto alla morbosità, ai ricoveri e alla mortalità nella zona della Fraschetta. Emersero delle criticità rispetto a patologie oncologiche e non. A dicembre 2019 venne presentato un altro studio di Arpa e Asl, una analisi di un gruppo di persone residenti vicino al polo chimico, fino a 3 mila metri. In questo caso si registrò un incremento del rischio ricoveri, nel periodo 2001-2017. Negli stessi giorni ci fu un altro studio dell’Asl sulla mortalità dei residenti entro un raggio di 3 mila metri dal polo, dal 1996 al 2016. Emersero delle criticità significative rispetto alla morbosità e alla mortalità. Dopo il covid, nel 2022 è stato pubblicato uno studio di Arpa sul monitoraggio di pfas nell’aria e nell’acqua della Fraschetta. Ad agosto 2022 c’è stato quello sul monitoraggio delle acque di falda, con la scoperta di pfas presenti oltre la barriera idraulica. Ad aprile di quest’anno, da uno studio della regione Piemonte, è emersa la presenza di c6o4 nelle uova e nel latte delle aziende agricole vicine al polo chimico. Poi c’è lo studio dell’Università di Liegi, con criticità e valori anomali tutti da confermare. Inoltre, è in corso lo studio “Scenarios”, promosso dall’Università del Piemonte Orientale, che coinvolte 24 strutture europee, compreso l’Ospedale di Alessandria, che vuole far luce sugli pfas”.>>

L’ASL di Alessandria fa acqua da tutte le parti.

PFAS nei pozzi d’acqua potabile? Ma Asl non ci fornisce i dati

Controlli puntuali, e i tecnici scrivono: “Sforamenti puntuali nel tempo dei valori soglia”

23 Settembre 2022  IL PICCOLO DI ALESSANDRIA MONICA GASPARINI

ALESSADRIA – Qual è la salute dei pozzi dell’alessandrino? Che tipo di controlli vengono effettuati? L’azienda sanitaria locale dispone analisi per la ricerca di PFAS sulle acque dei pozzi che riforniscono la rete idrica di Alessandria?

Ci sono pozzi che si trovano poco distante dall’area interessata dalla contaminazione, e alcuni lungo la traiettoria della falda e del fiume Bormida, per questo motivo abbiamo chiesto all’Asl quali sono i punti esaminati, quali sono le sostanze che vengono cercate (oltre ovviamente a quelle previste per legge la potabilità dell’acqua) e, soprattutto, quali sono i risultati di questi due anni di controlli.

Non siamo ancora riusciti a farci consegnare il dato numerico dei risultati di quei campioni, sembra che in questi due anni i report non siano ancora stati compilati in modo comprensibile. Abbiamo avuto rassicurazioni, però, che nell’arco di due settimane potremo averli e quindi pubblicarli.

La risposta di Asl. Intanto, di seguito, pubblichiamo la risposta che Asl ci ha inviato. Affermazioni che lasciano intendere come alcune sostanze siano state trovate nei pozzi controllati (non sappiamo quali, dove e in che misura) e che si siano verificati “sforamenti puntuali”.

“Il Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN) di ASL AL effettua il monitoraggio dei punti di prelievo della rete idrica della zona di Alessandria anche per PFAS e altri composti nocivi – scrivono – Le analisi vengono eseguite da ARPA e, ad oggi, evidenziano valori riferibili ad una contaminazione di fondo dell’ecosistema che viene considerata diffusa nei territori antropizzati.

Le attività di monitoraggio gestite dal SIAN consistono in un piano di campionamento ad hoc riferite ai PFAS, eseguito su base mensile che riguardano una serie di pozzi da cui vengono prelevate acque destinate ad essere immesse nelle reti idriche del territorio. I campionamenti prevedono sia l’acqua del pozzo prima di essere trattata dal gestore per la potabilizzazione, sia direttamente dalla rete idrica di distribuzione prima di essere consegnata all’utenza finale.

Tale piano di campionamento, condiviso con ARPA Piemonte, comprende anche pozzi che vengono campionati al fine di costituire un elemento di confronto per quei pozzi e quelle reti idriche in cui i contaminanti sono riscontrabili, seppur in minime tracce. Grazie a questa attività è anche possibile aumentare la precisione circa i confini delle aree in cui eventuali contaminanti possono essere presenti.

I parametri di valutazione dei dati che emergono dall’attività di monitoraggio sono costituiti sulla base delle indicazioni contenute nei pareri dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), emessi negli ultimi anni (2015 e seguenti), e delle agenzie ambientali e sanitarie di riferimento a livello globale.

​​Sulla base di tali indicazioni, sforamenti “puntuali” nel tempo dei valori soglia di specifici PFAS, vengono considerati nel contesto dell’andamento registrato nell’anno solare considerato“.

Vergognosa ordinanza del sindaco di Alessandria.

Sostanze ad alto rischio tossico e cancerogeno, composti organo clorurati, in particolare Cloroformio, Tetracloruro di Carbonio, Tetracloroetilene e Tricloroetilene  da tempo provengono dalla falda e migrano dal suolo sotto le abitazioni attorno alla Solvay? L’Arpa li campiona e l’Asl ne allarma la dannosità per i soggetti esposti?

Studi epidemiologici (Università di Liegi) misurano l’avvelenamento dei tossici e cancerogeni Pfas nel sangue della popolazione?

Ebbene, Giorgio Abonante emette una ordinanza, come gli compete quale massima autorità sanitaria locale.

Ordina alla Solvay di sospendere da subito le produzioni che originano i suddetti inquinamenti, chiuderle in attesa di eventuali  ulteriori e specifiche indagini? Ordina analisi del sangue di massa?

Invece no, l’ordinanza dirama alle famiglie già di mezza Spinetta  delle  misure di precauzione  da adottarsi nei locali interrati di pertinenza delle loro abitazioni, una più grottesca dell’altra: non andare in cantina, tantomeno a fumare o a consumare cibi, procurarsi dei ventilatori, non custodirvi altre sostanze chimiche, non riscaldarle, non fare buchi sul pavimento, non tinteggiare le pareti… Pazzesco.

Vergognoso. Stiamo parlando di un Comune che per anni niente affatto sta obbligando Solvay alle efficaci definitive bonifiche, né a tal fine indirizza all’Arpa adeguate  campagne di monitoraggio sulle matrici ambientali acqua-aria-suolo dei composti clorurati e fluorurati, e neppure all’Asl di epidemiologia, men che meno ordina analisi del sangue di massa ai cittadini e ai lavoratori.

Allegata (clicca qui) l’ordinanza pilatesca: chi non la ritiene vergognosa alzi la mano.

Solvay: tutte le istituzioni sapevano del sangue contaminato dei lavoratori.

L’indagine epidemiologica dell’Università di Liegi (clicca qui) è contestata da Solvay. Questi i punti salienti della sua replica del 18 agosto 2022, che commentiamo punto per punto.

“Dal 2004 Solvay effettua il biomonitoraggio di tutti i lavoratori potenzialmente esposti ai PFAS …”.

E’ la prima volta che Solvay fa pubblicamene questa ammissione. Le analisi del sangue privatamente eseguite dall’azienda erano state rivelate dal nostro esposto in magistratura nel 2009, documentate con alcuni referti dei valori inusitati di PFOA rilevati, chiedendo perciò analisi pubbliche sia per i lavoratori che per i residenti.

“I risultati delle analisi vengono comunicati annualmente in modo dettagliato e trasparente a tutti i dipendenti e alle rappresentanze sindacali, oltre che agli Enti pubblici di controllo competenti.”

La rivelazione è clamorosa. Comune, Asl, Arpa, Provincia, Regione, sarebbero stati in possesso dei dati da otto anni. Non ne avrebbero mai fatto cenno alla popolazione  per rassicurarla o, viceversa, per avviare indagini sierologiche pubbliche per lavoratori e dipendenti. L’affermazione è sconcertante rivolta all’ex assessore all’ambiente Claudio Lombardi.

“I risultati di più di 5.000 analisi non destano alcuna preoccupazione dal punto di vista clinico-tossicologico. La sorveglianza medica pluriennale, continua e costante dei dipendenti non indica correlazioni con effetti patologici associati all’esposizione professionale ai PFAS.”.

Questa indagine epidemiologica -tale è definibile perché mette in relazione i valori ematochimici con le eventuali malattie (insomma il rapporto causa/effetto)- andrebbe portata a conoscenza del mondo scientifico internazionale, perché contesta l’infinità di studi che hanno dimostrato la correlazione dei Pfas con le più gravi patologie: al sistema immunitario, infertilità, gravidanza, interferenti endocrini, cancri  ai tesaticoli  eccetera. A maggior ragione perché le analisi Solvay si riferiscono al PFOA, messo al baldo dalla Convenzione di Stoccolma per la sua indiscussa morbilità. Solvay non solo avrebbe controllato i valori Pfas nel sangue  ma anche provveduto alle visite mediche di ogni specialità clinica. E tutti i lavoratori sarebbero risultati in piena salute. 

“Ricordiamo inoltre che Solvay ha recentemente annunciato l’impegno per eliminare volontariamente l’uso dei fluorotensioattivi (un tipo di PFAS utilizzato come additivo) globalmente: entro il 2026 realizzerà quasi il 100% dei suoi fluoropolimeri senza l’uso di fluorotensioattivi presso il suo stabilimento di Spinetta Marengo (AL)“.

Uno scrupolo che sarebbe… eccessivo alla luce della situazione idilliaca descritta. In realtà si tratta dell’ennesima menzogna.  Rivelatrice del dolo di questa azienda. Infatti ho depositato un esposto alla procura di Alessandria (clicca qui).  Il quattordicesimo.

Lino Balza Movimento di lotta perla salute Maccacaro.

L’effetto soporifero della Solvay sulle amministrazioni di Alessandria.

Cambierà qualcosa dopo il cambio di colore della Giunta di Alessandria? Quella di centrodestra per sette mesi era riuscita ad evitare interventi pur dopo essere stata allertata dall’Arpa che i campionamenti avevano evidenziato che il Cloroformio della Solvay non solo era (tra gli altri gas) nell’aria all’interno e all’esterno dello stabilimento  ma saliva perfino dalle cantine delle case di Spinetta Marengo. A sua volta l’Asl aveva rilanciato l’allarme sulle gravi conseguenze per la popolazione, ma il Comune aveva impedito ogni tavolo tecnico per affrontare l’emergenza e monitorarla ulteriormente. Clicca qui.

Il nuovo sindaco Giorgio Abonante non era  preparato a vincere le elezioni (con la fiducia di 1 alessandrino su 5) e neppure si era mostrato preparato ad affrontare la questione Solvay, ed ora è impegnato a inventare una squadra e a contrattare gli assessorati. Perciò il tempo continua a trascorrere, sulla pelle dei cittadini. Diciamo che lo storico effetto soporifero della Solvay sui politici è indotto dal… Cloroformio.

Pfas allarme mondiale. In Usa nuovi limiti di mille volte più bassi.

Sempre maggiore l’allarme. Precedendo la pubblicazione del regolamento nazionale sulla potabilità delle acque, prevista per l’autunno di quest’anno, l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (Epa) ha annunciato quali saranno i nuovi limiti per le sostanze perfluoro alchiliche, cioè gli ormai tristemente noti (e ubiquitari) Pfas. L’avviso sanitario, di valenza transitoria, riduce drasticamente le concentrazioni accettabili degli acidi Pfoa e Pfos che passeranno dalle attuali 70 parti per trilione per entrambi a 0,004 e 0,02 parti per trilione, rispettivamente. Prime misure anche contro i derivati più moderni che stanno sostituendo i Pfas.

Insomma, stabilire 0.004ppt ossia 0.004ng/L. per il PFOA: praticamente è come dire che non deve esserci! Che senso ha che in Veneto lo “zero tecnico”, che è definito come un limite strumentale, si ferma a 5ng/l. Zero limiti inoltre deve valere per l’intera classe dei PFAS, non per singola molecola.

Limiti zero è quanto si propone il disegno di legge presentato dal senatore Mattia Crucioli, fortemente osteggiato dalla Confindustria perchè  detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia, superando l’insufficiente regolamentazione europea. Vieta la produzione (dunque li chiude a Spinetta Marengo ), vieta la commercializzazione (della monopolista Solvay dunque),  vieta l’uso (alle concerie dunque)  di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili  e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti,  insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

La questione Pfas è all’ordine del giorno. “L’ExtraTerrestre”, il settimanale ecologista del Manifesto, le ha appena dedicato una ampia inchiesta di Maria Cristina Fraddosio (clicca qui un articolo che cita le nostre posizioni). Per un approfondimento è disponibile per chi ne fa richiesta il Dossier “Pfas. Basta!”:  una piccola enciclopedia che in oltre 430 pagine racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2021-2022 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comuni, Provincie, Regioni, Governi, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali.

Pfas non solo nelle falde ma anche in atmosfera nel cocktail dei veleni tossico cancerogeni.

Un cocktail strettamene correlabile alle rilevanti eccedenze di patologie anche tumorali emerse dalle indagini epidemiologiche condotte sulla popolazione della Fraschetta. Si tratta di centinaia di chili emessi ogni giorno visto che i soli composti fluorurati  possono raggiungere i 110 kg. A loro volta, i Pfas superstiti oggi sono ADV7800 e cC6O4: solo di quest’ultimo l’Arpa ha svolto campionamenti  su acque di condensa con risultati estremamente allarmanti: 5060 nanogr/litro da confrontarsi con il limite proposto nel collegato ambientale di 500 nanogr/litro.

Il cloroformio è solo uno dei cancerogeni clorurati e fluorurati scaricati in atmosfera dalla Solvay: tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene,  acido fluoridrico, acido cloridrico, ammoniaca, alcoli, anidride fosforica , composti Iodurati, Zn, Idrossido di potassio, NOx, SOx, polveri, composti fluorurati. Ad esempio, nell’ultima campagna di monitoraggio novembre-dicembre dell’Arpa, si conferma che il cloroformio è stabilmente presente e in aumento:  all’interno della Solvay e attorno allo stesso polo chimico. 

Il Bisfenolo della Solvay senza autorizzazione e monitoraggi.

Dannoso  anche a bassissime dosi.

Il Movimento di lotta per la salute Maccacaro ha denunciato, anche con esposti alla magistratura https://www.edocr.com/v/rkl0edx8/bajamatase/esposto-4-bisfenolo  , l’utilizzo nello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo del Bisfenolo: “…questa sostanza senza autorizzazione AIA è da parte della  multinazionale belga -tra i principali produttori nel mondo di Bisfenolo-  ben conosciuta da decenni e volutamente non evidenziata per la sua pericolosità all’ARPA, la quale infatti non l’ha mai cercata nelle analisi a tutela (ASL) della salute delle popolazioni”.

 Orbene, la recente  Direttiva UE 2020/2184, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, cambia la normativa per l’analisi delle acque potabili al fine di monitorare sostanze e composti classificati come contaminanti emergenti che rappresentano  rischio per la salute umana.

In particolare, stabilisce: “Il Bisfenolo (A) è una sostanza chimica usata per produrre plastiche e resine. E’ da anni classificato come interferente endocrino in grado di alterare l’equilibrio ormonale e il metabolismo dell’organismo. L’esposizione a questa sostanza chimica di sintesi è stata correlata in alcuni studi con la comparsa di malattie o disturbi quali infertilità, obesità diabete e cancro. Il limite è stato fissato a 2.5 ug/l” (2,5 milionesimi di grammo per litro d’acqua).

Per Solvay l’Arpa conferma l’allarme cloroformio dell’Igiene Pubblica Asl.

Confermate  due verità.  La prima è che il cloroformio è stabilmente presente e in aumento a fine anno 2021:  all’interno della Solvay  (nell’area di stoccaggio si è passati da 63.1 microgrammi al metro cubo di maggio-giugno ai 277 di settembre) e attorno allo stesso polo chimico.  La seconda è che questo cancerogeno si sposta  in base alla direzione del vento e dunque le concentrazioni cambiano da via a via dell’abitato di Spinetta Marengo,  nonché di volta in volta a sud ovest (frazione Molinetto), e/o a  nord-est (verso di sobborghi alessandrini di  Lobbi, Filippona e San Giuliano Nuovo) e/o a nord-ovest  (Comuni di Castellazzo Bormida e Casal Cermelli), infine da verificarsi verso il centro urbano di Alessandria.

Il cloroformio è solo uno dei cancerogeni clorurati e fluorurati scaricati in atmosfera dalla Solvay: tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene,  acido fluoridrico, acido cloridrico, ammoniaca, alcoli, anidride fosforica (P2O5), composti Iodurati (C4F8I2), Zn, Idrossido di potassio, NOx, SOx, polveri, composti fluorurati. Questo elenco è tratto dall’autorizzazione AIA 2010 concessa a Solvay dalla Provincia di Alessandria: ogni giorno dalle 72 ciminiere e camini  vengono immessi nell’aria più di 100 Kg di composti fluorurati (40 tonnellate all’anno); a questi si aggiungono le altre sostanze elencate e le cosiddette “emissioni fuggitive” cioè le 15.000 piccole e grandi perdite che accusano gli impianti. Per la maggior parte di queste sostanze non è definito un valore limite in quanto non è previsto che le persone debbano vivere respirando tali composti di sintesi che non esistono in natura. E infatti correttamente ASL non menziona limiti di sorta ma enfatizza la pericolosità dell’esposizione, esempio il cloroformio.

Se tra le matrici ambientali consideriamo in termini esponenziali oltre all’aria anche acqua e suolo, a buon conto si consolidano le richieste di chiusura degli impianti Solvay: clicca qui  Anche Legambiente chiede la chiusura della Solvay di Alessandria | Notizie in Controluce. Diranno la loro le popolazioni con il Referendum popolare.

L’Asl allarma per il cloroformio, il sindaco è tranquillo.

Per il sindaco, contro il cloroformio basta la mascherina.

L’Asl allarma per il cloroformio, il sindaco è tranquillo. Tanto Cuttica vive a Cassine nel palazzo nobiliare di famiglia: “Sì, anche se in certi saloni non entro mai: troppo grandi, troppo costosi da scaldare in inverno”. Dal cucinino della servitù in cui raccoglie la famigliola, ad Alessandria ci viene il meno possibile a fare il sindaco nel modesto Palazzo Rosso del municipio, e lo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo lo vede da lontano passando per la tangenziale. Gli giungono gli echi degli abitanti che l’acqua devono acquistarla al supermercato ma dell’aria inquinata non possono farne a meno. Il codino, che indossa da genuino aristocratico, non si scompone quando gli riferiscono che i medici del Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’Asl (quoque tu ASL già con Arpa fedele cortigiana del Comune!) allarmano di intervenire con urgenza per i rilasci del cancerogeno cloroformio della Solvay.

Ebbene, Gianfranco Cuttica di Revigliasco (ramo di Cassine però) insegnava e studia tuttora storia medievale, e di medicina e di chimica conosce abbastanza le numerose  tracce che gli alchimisti hanno lasciato nella storia dell’arte, mentre di cloroformio o pfas o perfluoroisobutilene preferirebbe non ingombrarsi l’intelletto. Lo sbalordiscono quando gli rammentano che lui pur rappresenta la massima autorità sanitaria comunale, e così è costretto a rilasciare una promulgazione pluralis maiestatis agli “annalisti”, cioè una dichiarazione ai giornalisti: “I dati emersi dalla lettera Asl sono estremamente da studiare e approfondire. Continuiamo a seguire attentamente la situazione insieme agli altri enti preposti alla tutela per indicare i correttivi necessari”.

Vale a dire: chiedere a lui la chiusura degli impianti Solvay (come stanno insistendo Greenpeace, Legambiente, Comitato Stop Solvay, FridaysForFuture eccetera, e pure l’ONU gli hanno detto, medici e scienziati nazionali e internazionali, perfino la CGIL, qualche politico) è come chiedergli di  dichiarare guerra ai marchesi di Revigliasco (ramo Romagnano).  Infatti, a Cassine nella grande quadreria degli antenati, ha aggiunto agli stemmi araldici il blasone di Alberto da Giussano: lo stesso che come spilla in argento 925  esibisce orgoglioso sul bavero della giacca. “Leghista eclettico” ama definirsi, ma  pur sempre leghista della prima ora, dunque sodale con i leghisti di  Provincia e Regione  conniventi con Solvay, rispettivamente nel rilasciare l’AIA autorizzazione integrata ambientale ai cancerogeni Pfas e nell’omettere controlli ambientali, monitoraggi sanitari e studi epidemiologici. Nascosto sotto il loro Carroccio, a vicenda novelli alleati della “Compagnia della Morte”, perciò Egli esprime l’aristocratica tranquillità di Alberto che nella leggenda avrebbe sconfitto Federico Barbarossa.

Gli odierni barbarossa non pretendono di assediare e incendiare la “Città della paglia”, si accontentano… di asportare un polo ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale collocato nel bel mezzo delle case del maggiore sobborgo di Alessandria. Tu pensa, lettore, un corpo dilaniato la cui unica possibilità di sopravvivenza è amputare l’arto in cancrena che lo infetta irrimediabilmente. Tu pensa un territorio cancerogenizzato  per terra acqua  aria che non può nemmeno più sperare in una bonifica ma, amputando il primario maligno, che almeno si riesca a  bloccargli la metastasi: restituire la salute e  resuscitare i morti non è possibile, ma impedire migliaia di future vittime lo è. “La integrale bonifica” fu, durante il processo concluso con condanna in Cassazione, addirittura dichiarata “praticamente irrealizzabile” dallo stesso ISPRA Istituto superiore protezione e ricerca ambientale, accontentandosi di quantificare per lo Stato un anticipo di 100milioni di euro di risarcimento danni (mai pagati). D’altronde una  autentica bonifica del disastroso regresso di milioni di metri cubi di veleni sversanti sulle falde, nonchè una “emissione zero inquinanti” dagli attuali impianti colabrodo dei fluoropolimeri, insomma il passato e il presente non saranno mai nel budget degli azionisti della multinazionale belga. Domandargliele è tempo perso, pretenderle equivale a chiedere a magistrati e amministratori la chiusura. In proposito, ci penserà il Referendum a sancire la volontà popolare e a sanzionare i partiti.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Clicca qui la Scheda delle emissioni inquinanti e il commento.

Il cancerogeno Cloroformio è in aumento nell’atmosfera di Alessandria. Chiudere impianti Solvay.

Già famoso per il “picco” del 2009, spesso balza agli onori delle cronache per le sue “fughe” sul territorio del martoriato alessandrino. Per l’incremento dell’ultimo biennio, il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’Asl Al, a firma dei due medici dirigenti, con un documento ora lancia un nuovo allarme agli Enti locali, notoriamente “cloroformizzati”, affinchè invece intervengano con urgenza ad individuare le sorgenti primarie e secondarie di rilascio di cloroformio della Solvay di Spinetta Marengo, eliminare le perdite alla fonte  e le contaminazioni nelle matrici acqua e terreni. I campioni sono stati prelevati in 15 punti dell’abitato di Spinetta, 4 all’interno del perimetro dello stabilimento, rilevando l’esposizione della cittadinanza, soprattutto bambini e gravide, e di tutti i lavoratori, non solo gli addetti agli impianti. I medici sollecitano anche la pubblicazione dei risultati relativi alla campagna di      monitoraggio effettuata dall’ARPA. Nel cocktail di sostanze tossiche e cancerogene, sottolineano, fa la sua parte il cloroformio – inalato e ingerito e anche assorbito per via cutanea – per gli effetti tumorali, sul sistema neurologico e disfunzioni epato-renale, infertilità, aborti e malformazioni.

Alla luce dell’ondata di cloroformio, l’ex assessore comunale Claudio Lombardi, che al convegno di Legambiente “Ultimatum a Solvay” nella sua relazione-requisitoria aveva dichiarato le condizioni ambientali e sanitarie di Alessandria insostenibili con la presenza dello stabilimento di Spinetta Marengo, ora chiede chiaramente di chiusura degli impianti.

Limiti zero Pfas nel sangue: non si discute!

Tira e molla e lascia andare. Si discutono i limiti di contaminazione dei PFAS nelle acque. Chi tira come noi: devono essere zero. Chi molla come i governi e le amministrazioni giocando sulle percentuali: 0,1 % si e no 0,5% sì e no. Chi come Solvay se ne frega dei limiti. Meno attenzione c’è sui limiti Pfas in atmosfera dimenticando che, in numerosa compagnia, dall’acqua i pfas vanno in aria e ritornano in acqua, passando nello stomaco e nei polmoni di uomini e animali, nelle foglie e nelle radici.

Non sarebbe  perciò ammissibile  non parlare  dei Pfas nel sangue. I Pfas sono veleni tossico cancerogeni che non esistono in natura, li ha inventati l’uomo. Dunque  gli zero virgola nel sangue sono avvelenamenti. Punto e basta.  Dove le analisi li rintracciano: dunque bisogna eliminare consumi e produzioni. Ma Solvay non vuole rinunciare ai profitti e continua in Spinetta Marengo a produrre C6O4 e ADV  con la complicità della provincia di Alessandria. Ciò è criminale quando il contesto sanitario è quello delle indagini epidemiologiche:  tumori a Spinetta sono  fino al 50% superiori rispetto al resto della città. Clicca qui La Stampa.

Da lustri, e da almeno 14 anni con formali esposti, sto chiedendo alla Magistratura di intervenire. Mi ripeterò venerdì 8 ottobre  al Convegno organizzato da Greenpeace, Legambiente e Movimento di lotta per la salute Maccacaro: una Conferenza di approfondimento scientifico sui PFAS (Pfoa, C6O4 Adv) con interventi anche di esperti nazionali, medici, scienziati, avvocati e attivisti di  Greenpeace Italia, ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente,  IRSA-CNR Istituto di ricerca sulle acque, Pfas Land, WWF, Mamme No Pfas.  Alla conferenza sarà propedeutica venerdì 1° ottobre alle ore 20,45 la proiezione del film “The Devil We Know”(2018), documentario investigativo della regista Stephanie Soechtig sui rischi per la salute derivanti dall’acido perfluoroottanoico: il famigerato PFAS PFOA ben noto nelle drammatiche vicende di Miteni di Trissino e Solvay di Spinetta Marengo.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Manifestazioni No Pfas davanti ai Tribunali di Alessandria e Vicenza.

Greenpeace, Legambiente, Movimento di Lotta per la Salute Maccacaro in azione.

INVITO CONFERENZA STAMPA

Giovedì 16 settembre 2021, h.10.30, davanti  al Tribunale di Alessandria, Corso Crimea,

Greenpeace Gruppo Locale di Alessandria, Legambiente Ovadese-Valle Stura e Movimento di Lotta per la Salute Maccacaro invitano i/le giornalisti/e alla conferenza stampa per illustrare le serate culturali “Pensando un Futuro Alessandrino + Sostenibile” del  1 e 8 ottobre, Casa di Quartiere, via Verona, Alessandria.

E’ previsto il collegamento con la manifestazione che si tiene a Vicenza davanti al Tribunale dove sarà in corso l’udienza del processo PFAS-Miteni (processo gemello di Alessandria in fase di avviamento).

Le serate culturali si svolgeranno in due giorni.

Venerdì 1° ottobre ore 20,45 con la proiezione del film “The Devil We Know”(2018), documentario investigativo della regista Stephanie Soechtig sui rischi per la salute derivanti dall’acido perfluoroottanoico: il famigerato PFAS PFOA ben noto nelle drammatiche vicende di Miteni di Trissino e Solvay di Spinetta Marengo.

Venerdì 8 ottobre ore 20:45 con Conferenza di approfondimento scientifico sui PFAS (Pfoa, C6O4 Adv). Interverranno esperti nazionali, medici, scienziati, avvocati e attivisti di  Greenpeace Italia, ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente,  IRSA-CNR Istituto di ricerca sulle acque, Pfas Land, WWF, Mamme No Pfas,  Movimento di Lotta per la Salute Maccacaro.

Dal Dossier “PFAS. Basta!” pag. 266

Solvay: né processi né monitoraggi fermeranno i Pfas a Spinetta Marengo.

Solvay si fa beffe della Magistratura

La multinazionale belga mostra nessunissima intenzione di eliminare i famigerati Pfas: si nasconde dietro la Lega,  si fa beffe della condanna della Corte di  Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica, prende in giro  l’Arpa e sfida la Procura di Alessandria ad aprire finalmente il nuovo processo. 

L’Arpa, nel monitoraggio giugno-luglio 2021, ha di nuovo evidenziato per i Pfas valori ben superiori ai limiti previsti dalla legge: i dati allarmano che all’esterno del sito – nel livello più superficiale della falda – il Pfoa supera il valore di 0,5 μg/L in molti punti (il limite è di 0,1 µg/L per le acque superficiali e le sotterranee che interagiscono con quelle superficiali); il cC6O4 a sua volta ha fatto registrare, tra i piezometri controllati, la concentrazione massima di 2,55 μg/L; e sempre in area esterna è presente anche il composto ADV-N2, con una concentrazione massima di 6,35 g/L. Questi dati evidenziano come il cC6O4 (quello appena ri-autorizzato dalla Provincia) si allarga nell’area della Fraschetta al punto di spingersi addirittura già fino al Comune di  Montecastello dove ha contaminato e determinato la chiusura del pozzo dell’acquedotto.

Anche il livello intermedio dell’acquifero è stato raggiunto da Pfas, continua Arpa: i dati evidenziano in un piezometro esterno al sito la presenza di PFOA (1,08 μg/L) e ADV-N2 (0,22 μg/L), dunque il fatto che i Pfas abbiano raggiunto profondità tra i 30 e i 60 metri è ancora più preoccupante, perché, a quel livello, gli interventi di bonifica sono estremamente difficili e dispendiosi.

Per la multinazionale invece,  questi allarmanti dati  segnalerebbero comunque “il continuo miglioramento generale della situazione e  i superamenti dei limiti del C6O4 sono  un residuo causato dell’evento di precipitazione imprevedibile e di carattere eccezionale del 2019” (eventi che invece i metereologi prevedono ormai come norma). L’ottimismo ostentato da Solvay è completamente contraddetto da  Marta Scrivanti direttore Arpa Alessandria: i valori di cC6O4 e Pfoa del 2021 si mantengono, in generale, dello stesso ordine di grandezza di quelli del 2020, con fluttuazioni puntuali in aumento.

Il C6O4 è presente in concentrazioni di 25 volte superiori ai limiti suggeriti da Arpa. L’Adv, pfas “a catena lunga”, addirittura di 63 volte. Il Pfoa dismesso da Solvay nel 2013 è ancora presente con quantità elevate a dimostrazione della persistenza nell’ambiente di questa sostanza. Arpa non ne fornisce il valore limitandosi a scrivere che è superiore a 0,5 microgr/litro quasi ad adombrare che 0,5 sia il limite. Il limite per le acque di “prima falda” è 0,1 ed inoltre cosa significa “superiore a…”: può essere 0,51 ma anche 10 ma anche 100. Da Arpa noi pretendiamo relazioni tecniche che specifichino i punti del prelievo per poter capire quanto esteso è l’inquinamento, che fornisca dati in base ai quali Solvay è stata autorizzata dalla complice Provincia a riprendere la produzione del cC6O4. Né si dimentichi che  all’appello mancano ancora i dati, quelli dell’area interna allo stabilimento.

Il Dossier “Pfas. Basta!” del Movimento di lotta per la salute Maccacaro  è disponibile on line a chi ne fa richiesta. In 267 pagine racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2021 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, governo, Asl, Arpa, sindacati, magistratura e giornali. Tutti i nostri libri sono stampati a spese degli autoriIl ricavato è interamente devoluto alla Ricerca per la cura del mesotelioma di Casale Monferrato. Il Dossier è esaurito in stampaPer la versione digitale, occorre comunicare a movimentolotta.maccacaro@gmail.com l’indirizzo mail e l’avvenuto versamento (minimo euro 20) sul conto IBAN IT68 T030 6910 4001 0000 0076 215 (specificando causale) oppure tramite PayPal lubaja2003@yahoo.it.

Solvay: né processi né monitoraggi fermeranno i Pfas a Spinetta Marengo.

Solvay si fa beffe della Magistratura

La multinazionale belga mostra nessunissima intenzione di eliminare i famigerati Pfas: si nasconde dietro la Lega, si fa beffe della condanna della Corte di  Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica, prende in giro  l’Arpa e sfida la Procura di Alessandria ad aprire finalmente il nuovo processo.

L’Arpa, nel monitoraggio giugno-luglio 2021, ha di nuovo evidenziato per i Pfas valori ben superiori ai limiti previsti dalla legge: i dati allarmano che all’esterno del sito – nel livello più superficiale della falda – il Pfoa supera il valore di 0,5 μg/L in molti punti (il limite è di 0,1 µg/L per le acque superficiali e le sotterranee che interagiscono con quelle superficiali); il cC6O4 a sua volta ha fatto registrare, tra i piezometri controllati, la concentrazione massima di 2,55 μg/L; e sempre in area esterna è presente anche il composto ADV-N2, con una concentrazione massima di 6,35 g/L. Questi dati evidenziano come il cC6O4 (quello appena ri-autorizzato dalla Provincia) si allarga nell’area della Fraschetta al punto di spingersi addirittura già fino al Comune di  Montecastello dove ha contaminato e determinato la chiusura del pozzo dell’acquedotto.

Anche il livello intermedio dell’acquifero è stato raggiunto da Pfas, continua Arpa: i dati evidenziano in un piezometro esterno al sito la presenza di PFOA (1,08 μg/L) e ADV-N2 (0,22 μg/L), dunque il fatto che i Pfas abbiano raggiunto profondità tra i 30 e i 60 metri è ancora più preoccupante, perché, a quel livello, gli interventi di bonifica sono estremamente difficili e dispendiosi.

Per la multinazionale invece,  questi allarmanti dati  segnalerebbero comunque “il continuo miglioramento generale della situazione e  i superamenti dei limiti del C6O4 sono  un residuo causato dell’evento di precipitazione imprevedibile e di carattere eccezionale del 2019” (eventi che invece i metereologi prevedono ormai come norma). L’ottimismo ostentato da Solvay è completamente contraddetto da  Marta Scrivanti direttore Arpa Alessandria: i valori di cC6O4 e Pfoa del 2021 si mantengono, in generale, dello stesso ordine di grandezza di quelli del 2020, con fluttuazioni puntuali in aumento.

Il C6O4 è presente in concentrazioni di 25 volte superiori ai limiti suggeriti da Arpa. L’Adv, pfas “a catena lunga”, addirittura di 63 volte. Il Pfoa dismesso da Solvay nel 2013 è ancora presente con quantità elevate a dimostrazione della persistenza nell’ambiente di questa sostanza. Arpa non ne fornisce il valore limitandosi a scrivere che è superiore a 0,5 microgr/litro quasi ad adombrare che 0,5 sia il limite. Il limite per le acque di “prima falda” è 0,1 ed inoltre cosa significa “superiore a…”: può essere 0,51 ma anche 10 ma anche 100. Da Arpa noi pretendiamo relazioni tecniche che specifichino i punti del prelievo per poter capire quanto esteso è l’inquinamento, che fornisca dati in base ai quali Solvay è stata autorizzata dalla complice Provincia a riprendere la produzione del cC6O4.