Altri pozzi di acquedotto chiusi ad Alessandria per i Pfas. Ma l’Asl fa il gioco di Solvay.

Continuano ad essere campionati i Pfas tossici a cancerogeni nei territori della  provincia di Alessandria raggiunti dagli inquinamenti terra-aria-acqua della Solvay di Spinetta Marengo. Per quanto riguarda le acque potabili, in premessa occorre ricordare che l’ASL protegge Solvay  adottando “limiti di quantificazione” (LQ) estremamente elevati (LQ = 40 ng/l)  piuttosto che i  4 ng/l degli Stati Uniti, a tacere LQ = 0,5 ng/l tecnicamente adottabile.

Dopo i pozzi  privati chiusi nel Comune di Alessandria dentro e fuori lo stabilimento, dopo la chiusura dell’acquedotto del Comune di Montecastello, mentre allarmano  le analisi  su dieci pozzi dell’acquedotto di Alessandria,  mentre il Bormida è inondato da masse di schiume, mentre traboccano  di schiuma le vasche di raccolta dentro lo stabilimento, mentre l’azienda addirittura è costretta a fermare un reattore dell’impianto più importante, mentre perfino la complice Provincia è costretta a fingersi minacciosa con una ordinanza di bonifica,

ebbene, arriva la chiusura di altri due pozzi che riforniscono l’acqua potabile. Questa volta tocca al Comune di Alluvioni – Piovera.

Questo Comune era già nell’occhio del ciclone essendo fra quelli (Montecastello, Cassine, Castellazzo Bormida, Frascaro, Sezzadio, Basaluzzo, Bosco Marengo, Capriata d’Orba, Frugarolo, Castelspina, Casal Cermelli) i cui abitanti sono risultati nel sangue avvelenati dai Pfas C6O4 e ADV a seguito del “mini monitoraggio sperimentale” della Regione Piemonte.

Ebbene, il sindaco di Piovera, Gian Piero Borsi, già dipendente del polo chimico con particolari funzioni di interfaccia con le istituzioni locali, pur essendo da settimane a conoscenza del provvedimento sull’acquedotto adottato di soppiatto da Amag, ebbene, non ha presentato il Comune quale parte offesa nel procedimento penale appena avviato qualche giorno fa contro Solvay. Lo si accosta  così al sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, accusato di omettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti nella sua veste di massima autorità sanitaria locale.

DENUNCIAMO INOLTRE, a fronte dello stupore -anche finto- alla notizia, che la chiusura dei pozzi dell’acquedotto di Piovera Alluvioni Cambiò avrebbe dovuto adottarsi   assai prima: essendo causata dai risultati delle misure dei Pfas nelle acque potabili condotte da Amag nel 2023; ed è basandosi su tali dati, resi pubblici sul sito del comune di Alessandria nel febbraio 2014, che si può affermare che non si tratta di “tracce” di pfas , come riportato nel comunicato amag ma di quantità consistenti.

DENUNCIAMO che i dati mostrano il superamento dei limiti vigenti per il Pfoa e dei limiti che entreranno in vigore nel 2026 per la sommatoria di Pfas nei Comuni di Piovera, Guazzora ed Alzano Scrivia (da 140 a 190 ng/l). Denunciamo la mancata chiusura dei pozzi dell’acquedotto di Alzano Scrivia, Guazzora e Alzano Scrivia.

DENUNCIAMO  che nella relazione ASL che riporta i dati del monitoraggio eseguito nelle reti idriche dei comuni alessandrini non figurano “inspiegabilmente” i dati relativi all’ acqua potabile distribuita nel capoluogo, quella cioè che utilizzano l’80% degli abitanti del Comune di Alessandria.

Per queste denunce ci riferiamo anche allo studio di Claudio Lombardi, all’epoca assessore all’ambiente del Comune di Alessandria. (Clicca qui). Tutto il mondo ambientalista si accomuna –per il polo chimico di Spinetta Marengo-  alle richieste di riduzione immediata dei limiti di accettabilità e alla fermata degli impianti inquinanti, nonché di messa al bando in Italia della produzione e dell’uso dei Pfas.  

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Pfas anche nell’acquedotto di Alessandria.

Continuano ad essere campionati i Pfas nei territori della provincia di Alessandria raggiunti dagli inquinamenti terra-aria-acqua della Solvay di Spinetta Marengo.

Nel capoluogo, insieme ai Pfas della centralina Arpa dell’Istituto Volta, le analisi di Asl su dieci pozzi dell’acquedotto di Alessandria hanno riscontrato valori sensibili di Pfas. L’Asl è abbastanza reticente a informare su queste novità: si trincera dietro i regolamenti per non riferire l’ubicazione precisa dei pozzi, nè precisare se trattasi di Pfoa o C6O4 e/o altri Pfas, e per rassicurare genericamente sulla potabilità dell’acqua. Potrebbe trattarsi di pozzi che pescano dalla falda superficiale. Se non è già avvenuto, però dalla falda superiore i Pfas sono inevitabilmente destinati, nel prosieguo dell’inquinamento, a scendere nella falda profonda avvelenando gli altri pozzi.

Nel contempo, abbondano spettacolari  masse di schiume Pfas sulla Bormida in corrispondenza dello scarico Solvay, mentre all’interno dello stabilimento l’Asl accorre riscontrando campionamenti di schiuma nelle vasche che raccolgono le acque tecnologiche e le acque provenienti dal trattamento chimico-fisico-biologico; e addirittura ferma  il reattore e la linea E dell’impianto Tecnoflon, il più importante dello stabilimento.

Nel contempo, sono emblematici i risultati di C6O4 e ADV nel sangue scaturiti dal “mini monitoraggio sperimentale” della Regione Piemonte, molto mini e molto sperimentale -oltre che con decenni di ritardo- in quanto limitato a 127 persone -volutamente- pescate lontano dal polo chimico Solvay del sobborgo Spinetta Marengo di Alessandria, ovvero nei Comuni di  Montecastello, Cassine, Castellazzo Bormida, Frascaro, Sezzadio, Basaluzzo, Bosco Marengo, Capriata d’Orba, Frugarolo, Castelspina, Casal Cermelli.

Nel contempo,  il sindaco di Alessandria, anche questa volta, di fronte a tante drammatiche risultanze,  e malgrado tutte le  nostre contestazioni, 

non ha alcuna intenzione di emanare, come gli competerebbe quale massima autorità sanitaria locale, ordinanza di fermata delle produzioni: decisione che vorrebbe rifilare alla complicità di Regione e Provincia.

Solvay nasconde il C6O4 dietro il dito della Regione.

Solvay  lo contrabbanda, il pfas C6O4, di cui ha la sciagurata autorizzazione a Spinetta Marengo, come “un fluorotensioattivo di nuova generazione che non è biopersistente e non è bioaccumulabile, meno tossico e cancerogeno del pfas Pfoa”. Il prof. Carlo Foresta, emerito dell’Università di Padova di Endocrinologia, ancora una volta interviene a contestare Solvay: “Il C6O4 per alcune condizioni crea più problemi dei Pfoa, è ancora più pericoloso”. Foresta ha studiato le conseguenze drammatiche dei Pfas nella popolazione giovanile dell’area rossa, tra le province di Vicenza e Padova, sottoposta a screening in seguito al più grave inquinamento da Pfas riconosciuto in Europa che coinvolge 350 mila veneti. Foresta sa di quello che parla.

Parla lo stesso linguaggio l’esito del mini  biomonitoraggio affidato  dalla Regione Piemonte all’Asl di Alessandria che ha messo in luce che una persona su due campionata ha tracce di Pfas nel sangue, nonché l’esito delle analisi Asl con la presenza di Pfas in 10 pozzi dell’acquedotto di Alessandria.

Eppure Solvay si difende. Come può, e soprattutto come sa fare. Con la mistificazione, tramite la compiacenza dei giornali. Addirittura cerca di nascondersi dietro il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Piemonte. Il quale  ha respinto il ricorso di Legambiente all’autorizzazione (AIA) del febbraio 2021, concessa dalla Provincia di Alessandria a Solvay (oggi Syensqo) per l’estensione della produzione e l’uso di C6O4. Il fatto in sé è la prevista quanta infausta legittimazione a Solvay di produrre C6O4 a Spinetta Marengo, ma niente affatto a diffonderlo nell’ambiente: ASSOLUTAMENTE SOLVAY NON E’ STATA AUTORIZZATA AD AVVELENARE (ANCHE) CON C6O4 IL TERRITORIO E IL SANGUE.

Tanto meno Solvay può far intendere che la Regione abbia rilasciato una sorta di patente eco sanitaria al C6O4, che è tossico e cancerogeno. Anzi, la Regione ha annotato: “Nella relazione del Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova, secondo cui il cC6O4 può entrare nella catena trofica di altri organismi fino all’uomo e attiva un meccanismo che potrebbe indurre un maggior rischio di eventi cardiovascolari, risulta sussistere la probabilità di un danno all’ambiente e alla salute scaturente dalle sostanze in questione, dove il concetto di probabilità (inteso come probabilità degli effetti nocivi), prescinde dalla necessità di ottenere prove scientifiche decisive e allude all’esistenza di documentazione del rischio sulla base di dati scientifici disponibili”.

Tranquilli, tra i Pfas il C6O4 è il meno cancerogeno.

Per decenni, fino a quando non è stato messo al bando internazionale, Solvay ha tenacemente mentito che il pfas PFOA  fosse né tossico né cancerogeno. Ora riafferma la menzogna anche per il pfas C6O4, suo brevetto esclusivo, che dallo stabilimento di Spinetta Marengo cosparge la provincia di Alessandria nell’atmosfera, nel suolo, nelle falde, in Bormida e Po. “Il C6O4” giura per placare gli animi “non è biopersistente, non è bioaccumulabile, possiede un profilo tossicologico e cancerogeno migliore”. Ovvero, come dice il suo direttore, “è poco cancerogeno”, come le sigarette: dipende dalla quantità. (Con la “piccola” differenza che il fumo è suicidio mentre i Pfas sono omicidio).

Gli indistruttibili Pfas sono massicciamente utilizzati in tantissimi i processi industriali, così i profitti stratosferici della multinazionale belga si scontrano di nuovo con le risultanze scientifiche internazionali: “Il  C6O4 altera in modo significativo, e per alcuni versi ancora maggiore del PFOA, i processi biologici”. L’ultima dimostrazione che si abbatte sulla menzogna, proviene  dalla  ricerca del  Dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione (BCA) e del  Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IRSA-CNR, Brugherio).

Lo studio pubblicato su Environmental International, una della più prestigiose riviste scientifiche di studi ambientali, si è concentrato  “sull’esposizione ai Pfas di una specie animale importante a livello ecologico: la vongola filippina (o vongola verace),  un organismo chiave per l’ecosistema lagunare anche in ragione del fatto che è un organismo filtratore e quindi accumula le sostanze presenti nell’acqua.  Può essere quindi considerato un organismo sentinella e le alterazioni, dopo l’esposizione al C6O4 osservate nell’espressione dei geni della vongola legati a processi biologici fondamentali come la risposta immunitaria, lo sviluppo del sistema nervoso o il metabolismo lipidico,  sono dati molto allarmanti, anche per la specie umana”.

 “Il fatto che questa sostanza venga usata senza nessun limite di legge assumendo che non abbia effetti sugli organismi esposti è chiaramente contraddetto dai dati sperimentali”: avvertono gli scienziati. Ma Solvay, unica produttrice di Pfas in Italia, nascondendosi dietro l’attuale assenza di regolamentazione sul suo utilizzo, resiste a fermare gli impianti C6O4 di Spinetta finchè obbligata -sulla spinta delle lotte dei Movimenti- dal governo, o dagli enti locali, o dalla magistratura.

Solvay inquina di Pfas i Comuni della provincia di Alessandria.

Sono emblematici i risultati del “mini monitoraggio sperimentale” della Regione Piemonte, molto mini e molto sperimentale -oltre che con decenni di ritardo- in quanto limitato a 127 persone -volutamente- pescate lontano dal polo chimico Solvay del sobborgo Spinetta Marengo di Alessandria, ovvero nei Comuni di  Montecastello, Cassine, Castellazzo Bormida, Frascaro, Sezzadio, Basaluzzo, Bosco Marengo, Capriata d’Orba, Frugarolo, Castelspina, Casal Cermelli.

La Regione, infatti, a complice copertura della multinazionale belga, evita le analisi del sangue di massa della popolazione alessandrina più vicina all’epicentro inquinante dello stabilimento, che pur il sindaco fa finta di reclamare. Perché sarebbero la “pistola fumante” dei danni provocati dall’azienda: già evidenziati dagli eccessi di patologie e morti  nelle indagini epidemiologiche, compresa la nostra con l’Università di Liegi precisamente mirata sui cancerogeni Pfas e allarmante.

Eppure i Pfas sono stati trovati nel sangue campionato dal minimonitoraggio, secondo la nota  della Regione pubblicata dal settimanale Il Piccolo: “Da una prima valutazione emerge un quadro relativamente tranquillizzante rispetto alla presenza dei Pfas storici la cui presenza risulta mediamente sotto la soglia dei 20 nanogrammi/millilitro, individuato dalle National Academies of Sciences (NAS) quale limite di attenzione. Tale limite viene invece superato in alcuni casi se alla sommatoria dei Pfas previsti dalla NAS si considera la presenza di ADV (miscela di congeneri con differenti caratteristiche per il quale non esistono limiti)”.

I micidiali ADV e C6O4 sono Pfas di brevetto esclusivo della Solvay: che li avrebbe dunque sparati in atmosfera a decine di chilometri di distanza da Spinetta Marengo, come già dimostrato avviene  nelle falde e in Bormida per queste sostanze, tossiche, cancerogene, indistruttibili.  

Vengono, infine, i brividi a leggere la “scrupolosità” espressa dalla Regione disponibile ulteriormente a monitorare  gli organi delle persone con il Pfas nel sangue: chi ha già  sviluppato o svilupperà un tumore a tiroide rene testicolo eccetera.  

Il TAR non dà ragione a Solvay di avvelenare.

Solvay si difende come può, e soprattutto come sa fare. Con la mistificazione, tramite la compiacenza dei giornali.   

Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Piemonte ha respinto il ricorso di Legambiente  all’autorizzazione (AIA) del febbraio 2021, concessa dalla Provincia di Alessandria a Solvay (oggi Syensqo) per l’estensione della produzione e l’uso di C6O4. Il fatto in sé è la prevista quanta infausta legittimazione a Solvay di  produrre C6O4 a Spinetta Marengo, ma niente affatto a diffonderlo nell’ambiente: ASSOLUTAMENTE SOLVAY NON E’ STATA  AUTORIZZATA  AD AVVELENARE (ANCHE)  CON  C6O4 IL TERRITORIO E IL SANGUE.

Tanto meno può far intendere che la Regione abbia rilasciato una sorta di patente eco sanitaria al C6O4, che è tossico e cancerogeno: tutto il contrario di come Solvay lo contrabbanda, come “un fluorotensioattivo di nuova generazione che non è biopersistente e non è bioaccumulabile, l’unico prodotto e utilizzato dal sito in una fase di transizione verso una tecnologia priva di fluorotensioattivi”.

Le menzogne del direttore Solvay.

E le sue fantozziane cagate pazzesche. Proprio nel momento in cui lo stabilimento Solvay (Syensqo) di Spinetta Marengo è fotografato sui giornali come un colabrodo di Pfas (C6O4), con le schiume che traboccano nelle vasche interne e dagli scarichi in Bormida, proprio mentre il “Comitato Stop Solvay” avvalora   il  “blocco totale della produzione nello stabilimento” (clicca qui), al neo direttore, Stefano Colosio (che sia lui a portare sfiga?), è toccato il taglio del nastro di un nuovo impianto  propagandato, appunto: oh ironia del destino, “in grado di eliminare i Pfas dalle acque”. Colosio le può sparare grosse in quanto passeranno i dieci anni programmati prima di essere condannato in tribunale come i precedenti direttori (e intraprendere, come loro, salti di carriera).

Anche Calosio è in mala fede: sa che non esistono, non esisteranno mai  Pfas non tossici e non cancerogeni, tutt’al più, come dice lui per il C6O4, “poco cancerogeni, ben tollerati dall’organismo” (cagata pazzesca). Sa che i portentosi Pfas non possono, non potranno mai essere eliminati una volta entrati nel corpo umano, perché i Pfas sono indistruttibili, inquinanti eterni grazie al legame carbonio-fluoro, il più forte nella chimica. Sa che non esistono Pfas senza fluoro. Sa, e prima che noi lo scrivessimo, che il “nuovo impianto” che sta propagandando da piazzista è come una aspirina per combattere il cancro.

Infatti, il cosiddetto “nuovo impianto” non inventa proprio nulla. I trattamenti convenzionali per rimuovere i PFAS dall’acqua e dai terreni contaminati comprendono la filtrazione a carbone attivo, la resina a scambio anionico, la nanofiltrazione, l’osmosi inversa e il frazionamento della schiuma. Tutti metodi di trattamento che possono contribuire a ridurre i PFAS dall’acqua e dal suolo, ma lasciano comunque concentrati pericolosi. A tacere dei Pfas sparati in atmosfera, che Calosio finge di dimenticare! I concentrati Pfas non eliminati, impossibili da eliminare con quei metodi peraltro costosissimi, possono essere ulteriormente trattati e smaltiti, ma i metodi utilizzati differiscono per costi, efficacia e scalabilità. Un approccio comune è quello di incenerire o stoccare i rifiuti carichi di PFAS per evitare ulteriori perdite sul terreno e nell’acqua. A Tortona, ad esempio.  Tuttavia, oltre a lasciare sottoprodotti inquinanti, l’incenerimento è costoso e richiede molta energia. E tanto inquinamento nell’aria!

Questi fatti il piazzista  Calosio li sa (prima di noi) ma è privo di onestà intellettuale per  ammettere che non è ammissibile un pressapochistico “zero tecnico”, bensì deve realizzarsi lo “zero assoluto”,  il “limite zero pfas”, la loro messa al bando. Anche perché  i grandi produttori, come Solvay, possono opacizzare i danni ambientali, dunque sanitari, tramite i metodi sopra descritti (e prezzolati avvocati e consulenti), mentre le aziende utilizzatrici dei Pfas, nei processi di produzione lungo le catene di approvvigionamento dei prodotti, esposte a danni di immagine e reputazione, non hanno mezzi finanziari per investire in simili tecnologie e sopportare costi di bonifica e di  cause legali.

A Calosio la presidentessa Solvay, Ilham Kadri, ha fatto sapere che per lui è assicurato un sostanzioso ruolo in Cina,  dove i Pfas non trovano ostacoli. Qui, invece, per le aziende che producono PFAS e per le industrie che utilizzano prodotti contenenti PFAS, sono drasticamente previsti l’inasprimento degli standard normativi e  onerose cause civili e class action, una nuova ondata di regolamentazioni su input degli Usa (sistemi idrici pubblici),  in particolare in Europa: a partire dal 2026, nuovi limiti negli Stati membri e  vietata una lunga lista di PFAS (oltre 10mila) per i quali saranno  sempre più possibili test di analisi mirata e non mirata.

Insomma,  l’elenco delle categorie, delle miscele chimiche e delle concentrazioni di PFAS vietate è destinata ad ampliarsi in futuro. Qui, dunque, in Italia, ordina Kadri, bisogna che Calosio contribuisca a “menare il can per l’aia” con le Istituzioni pubbliche (il sindaco di Alessandria, in primis)  che potrebbero, come dovrebbero, bloccare da subito le produzioni inquinanti invece di aspettare Godot (il governo). Bisogna prendere tempo verso la chiusura, imbonendo le frottole che tanto piacciono ai politici su “equilibrio tra benessere economico e benessere ambientale”, raccontando menzogne sullo “zero tecnico” e minacciando la serrata dello stabilimento: “se ci chiedete lo zero assoluto noi chiudiamo tutto”.

Il Calosio, futuro direttore di Chendu, può esercitarsi a pronunciare in italiano il cinese Syensqo, però qui non siamo in Cina e da noi suona come un’altra fantozziana cagata pazzesca il suo geniale “metodo diluizione”: non misurare più i Pfas a monte, dove si producono, bensì a valle, nell’Adriatico, dopo che si sono diluiti in Bormida, Tanaro e Po.

Ecco perché il testicolo diventa “deposito” di PFAS.

Secondo il direttore Solvay di Spinetta Marengo, sedicente “esperto di economia circolare”, un po’ di C6O4 è ben tollerato dai testicoli. Più modestamente, si permette, al  XVII Convegno di Medicina svoltosi nei giorni scorsi a Lecce, di esprimere parere contrario il professor Carlo Foresta, già ordinario di Endocrinologia all’Università di Padova: “Molte forme di inquinamento, soprattutto i PFAS, sono responsabili dell’aumento dei casi di tumori ai testicoli, e i dati scientifici ce lo dimostrano. Il tumore al testicolo è tra i primi 5 tumori in termini di frequenza, sul totale delle neoplasie incidenti per fascia di età. Nella fascia 0-49 anni, l’incidenza in Italia della neoplasia testicolare ha subito nell’ultimo anno un aumento del +2,6%, secondo i recenti dati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica Aiom. Nel contesto regionale del Veneto l’incidenza del tumore testicolare è passata dal 3,8% del 1987 all’8% del 2017”. In Veneto è considerata responsabile Miteni, invece nessun sospetto su Solvay in Piemonte tant’è che l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi, laurea di economia e commercio, evita di effettuare screening per queste patologie, e può ben vantarsi  di essere stato riconfermato per altri quattro anni nel Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Superiore di Sanità, con decreto del ministro della Salute, Orazio Schillaci. Inspiegabilmente la Sanità è al centro delle manifestazioni di protesta in Italia.

Solvay costretta a fermare un reattore dell’impianto PFAS, ma non molla.

…Incidenti dell’ultima ora. Schiume in Bormida. Un film già visto. Anche le immagini sono quelle che ho girato in una intervista venti anni fa dello scarico della Solvay nel fiume. Anche questa volta i titoli giornalistici si rincorrono dopo lo scarno comunicato dell’Arpa: “Attivati dal numero unico per le emergenze a causa della presenza di schiume sulla Bormida in corrispondenza dello scarico del Polo chimico di Spinetta Marengo (AL),  tecnici Arpa si sono recati nel pomeriggio di oggi, 13 aprile 2024, al punto indicato per le verifiche del caso riscontrando in due campionamenti la presenza delle schiume segnalate in uscita dallo stabilimento. Contemporaneamente altri tecnici dell’Agenzia si sono recati all’interno dello stabilimento riscontrando in cinque campionamenti schiuma nella Vasca 101b che raccoglie le acque tecnologiche e le acque provenienti dal trattamento chimico-fisico-biologico e sono stati prelevati altri campioni”.

Il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, il 13 aprile finge allarmata sorpresa. Invece, era già stato messo a conoscenza  da parte di Solvay  di “concentrazioni estremamente elevate del parametro cC6O4 in area interna allo stabilimento, rilevate nel corso della sessione di monitoraggio delle acque sotterranee di marzo”. Non solo, il 10 aprile aveva conosciuto dalla Provincia un documento con oggetto “anomalie concentrazioni cC6O4”, ovvero le criticità riscontrate in merito alle concentrazioni di cC6O4 negli scarichi P1 e P4 e nei pozzi PzIN96 e PzIN 115”, anomalie che dovrebbero ri-mettere in discussione la contestata (da noi) valutazione di impatto ambientale VIA. Tant’è che  la Solvay è stata costretta a fermare il reattore e la linea E dell’impianto Tecnoflon, il più importante dello stabilimento, limitrofa ai due pozzi implicati.

Abonante, anche questa volta, e malgrado tutte le contestazioni, non ha alcuna intenzione di emanare, come gli competerebbe quale massima autorità sanitaria locale, ordinanza di fermata delle produzioni: decisione che vorrebbe rifilare alla complicità di altri. Infatti, con comodo ha convocato un “Tavolo Tecnico Permanente sulle Sostanze Pfas” con Regione e Provincia, mollando appunto a quest’ultima “ente competente in materia di AIA (Autorizzazione integrata ambientale), di valutare l’attuale rispetto delle prescrizioni autorizzative per un eventuale necessario intervento sospensivo”.

Solvay di Spinetta Marengo trasferita in Cina.

Ilham Kadri, la presidentessa di Solvay (SyensQo), minaccia  di chiudere lo stabilimento di Spinetta Marengo se la si disturba troppo per il disastro ecosanitario (che lei stessa definisce “insoutenable”, insostenibile) di cui i Pfas sono la punta dell’iceberg https://www.rete-ambientalista.it/2024/04/04/2024-solvay-o-vi-tenete-i-pfas-oppure-licenzio/. In realtà, ha già programmato da tempo il trasferimento delle produzioni Solexis  fin dal suo insediamento nel 2019.

Un punto di attrazione è Tavaux in Francia, scelto nel 2022, scartando appunto Spinetta, ad essere il principale polo a livello europeo per la produzione di  fluoruro di polivinilidene (PVDF), a marchio Solef, destinato ad alte prestazioni nella mobilità sostenibile, cioè  nella fabbricazione delle batterie agli ioni di litio per veicoli elettrici e ibridi. Ma soprattutto, nello stesso anno, Kadri completa il progetto annunciato tre anni prima per raddoppiare le capacità produttive di fluoropolimeri PVDF a marchio Solef presso il complesso cinese di Changshu, dove sono già in espansione i fluoroelastomeri FKM Tecnoflon – e relativi monomeri (VF2), i tecnopolimeri Amodel, Ixef e Kalix.

E non è stato un caso, perché nel delta del fiume Yangtze il parco industriale dei materiali avanzati di Changshu era  nato nel 2001, proprio mentre veniva intentata la prima causa sulla contaminazione da PFOA nel West Virginia e anche i PFC di Solvay venivano sottoposti al controllo dell’EPA. Infatti, mentre la maggior parte del mondo stava eliminando gradualmente i Pfas (PFOA e PFOS) e iniziando ad affrontare i problemi che avevano causato, nonché i cosiddetti sostituti (tipo ADV, C6O4, GenX), è in Cina che l’attività ha registrato un vero e proprio boom, mantenendo stabile la produzione globale di PFOA e PFOS anche se il settore si è praticamente fermato ovunque nel resto del mondo.

La Cina, per il basso costo del lavoro e la mancanza di regolamentazione ambientale, è ora la principale fonte internazionale sia di PFOA che di PFOS, che vengono rilasciati direttamente nell’acqua e nell’aria. La Cina ora produce la massima parte della fornitura mondiale di Teflon, che ben conosciamo… nel filo interdentale, nelle fibre tessili, nell’isolamento di fili e cavi e in centinaia di altri prodotti, comprese le pentole antiaderenti. Questo è quel che conta per Kadri, non che nel fiume Yangtze del parco industriale, dove gli scienziati hanno misurato alcune delle più alte percentuali di Pfas mai segnalate in Cina, i pesci maschi sviluppano cellule riproduttive femminili e le ovaie delle femmine si degradano, e le persone coltivano e pescano, non che i livelli di PFOA nel sangue dei lavoratori hanno raggiunto una media di 2.250 ppb nel primo periodo di attività dello stabilimento di Changshu.

Inesorabilmente, dunque, i Pfas sono destinati in Cina: altrettanto cinicamente Kadri a Spinetta Marengo punta solo  che restino il più a lungo possibile grazie alle complicità istituzionali, 2026 e anche oltre. 

Il core business di Solvay in Cina si sviluppa in diversi rami: Solvay Changshu; Solvay Pechino; Solvay Shanghai; Solvay Chengdu; Solvay Dong Ying; Solvay Guangzhou; Solvay Liyang; Solvay Qingdao; Solvay Quzhou; Solvay Zhenjiang. L’impronunciabile SyensQo si scrive in Cina più facilmente di Solvay. D’altronde in Cina la presidentessa sui social si fa ritrarre con l’aureola.

2020. Solvay manda all’attacco Cisl e Uil per l’autorizzazione del pfas C6O4.

Comitato Stop Solvay, Movimento Maccacaro, Legambiente, all’attacco contro il pfas C6O4? Massiccia la controffensiva della Solvay. Parte da Bruxelles, dalla amministratore delegato Ilham Kadri. Si dia da fare con quello che guadagna, è il primo che rischia di saltare, il direttore di Spinetta Marengo, Andrea Diotto, il quale infatti si sta sbracciando sui mass media. Presso i quali le compiacenze sono sempre enormi, ma ormai deboli di credibilità. Dunque butti nella mischia i sindacati. Agli ordini: Cisl e Uil chiedono un incontro urgente con Regione Piemonte e Comune di Alessandria affinchè “convincano” la Provincia a rilasciare nuova autorizzazione AIA di uso e vendita del tossico e cancerogeno C6O4, malgrado stia già dilagando nel sangue, nelle falde, negli acquedotti. Di norma, con i politici, sarebbe come sfondare una porta aperta, però nel frangente storico ci sono di traverso i Movimenti in piazza. La complicità di Cisl e Uil è assicurata: già nel 2002 stopparono la Cgil che denunciava, addirittura con un pubblico volantino, il tossico e cancerogeno Pfoa fratello gemello del C6O4. La Cgil, tirata per le orecchie dal direttore Stefano Bigini, annodò la coda in mezzo alle gambe e per altri anni il Pfoa avvelenò finchè bloccato dagli esposti di Lino Balza. Il messaggio ricattatorio che Cisl e Uil oggi trasmettono tramite i giornali compiacenti è un eufemismo sonoro: senza AIA, senza C6O4, la fabbrica di Spinetta Marengo chiude, anzi… la multinazionale belga se ne va dall’Italia, ovvero “ll No Aia rischia di modificare le scelte industriali che il gruppo Solvay può assumere nei confronti del sito e del gruppo stesso a livello nazionale”. Il messaggio  terroristico è ridicolo dal punto di vista imprenditoriale, infatti ad Solvay affida la barzelletta a Diotto e Diotto ai sindacati: senza C6O4 l’ azienda è costretta a cessare  le produzioni di  fluoro-polimeri. Il cC6O4, il “pfas buono” come lo definisce Diotto, in realtà rappresenta solo un business Solvay (e l’AIA una sorta di assicurazione penale contro i risarcimenti per danni alla salute) mentre a livello internazionale si praticano le alternative (più costose), come in Italia indicate dall’Istituto Negri. “Noi non barattiamo la salute con l’ambiente, non mettiamo il nostro profitto prima di tutto il resto”:Diotto, nella sua “lettera aperta” rassicura lavoratori e cittadini che vivono in un “mondo migliore” (sic)… intanto che tiene lontano da Spinetta la propria famiglia da quello che egli stesso definisce“un disastro”, il disastro Solvay del Pfoa tossico e cancerogeno e del C6O4, e ADV, fra gli altri. Invece i Movimenti gli hanno già risposto: EMISSIONI ZERO.  Dunque la Provincia respinga la nuova AIA e revochi la vecchia AIA, la Procura della Repubblica requisisca (corpo del reato) alla Solvay le occultate cartelle cliniche dei lavoratori contenenti le abnormi analisi del sangue dei lavoratori e blocchi l’utilizzo del C6O4, il Comune e la Regione eseguano il monitoraggio ematico a tutti i lavoratori e cittadini, insieme alle indagini epidemiologiche. Queste Istituzioni non rilascino a Solvay la “patente di avvelenamento” che noi definiamo “licenza di uccidere”. 

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro. 2020

Speciale Pfas 8. Bando ai Pfas: Solvay risponde picche.

Se disegni di legge, regioni, comitati, associazioni da tutta Italia chiedono la messa al bando dei tossici e cancerogeni PFAS (il C6O4, il “nuovo amianto”), la risposta di Solvay, unico produttore nazionale, è un NO secco e categorico, una sfida aperta. La posizione ufficiale del colosso belga è stata ribadita da Stefano Calosio nella sede istituzionale più significativa:  la “Commissione Sicurezza e Ambiente” del Comune di Alessandria, per il quale sobborgo -Spinetta Marengo- il sindaco, malgrado gli competa  il dovere di massima autorità sanitaria locale, si ostina a non emettere ordinanza di fermata delle produzioni dello stabilimento, spalleggiato  dalla complice Regione Piemonte, che a sua volta evita i monitoraggi del sangue  alla popolazione per oscurare le innumerevoli indagini epidemiologiche e le altrettanto inesorabili indagini ambientali dell’Arpa.

Ilham Kadri, presidente di  Solvay (Syensqo), per bocca del direttore del polo chimico, Stefano Colosio, non ha lasciato margini di dubbio: non sarà immediatamente  fermato il cC6O4 né nella unità di ricerca di Bollate né nella unità di produzione appunto di Spinetta Marengo. Il tono del rifiuto è stato addirittura  sprezzante: Abbandonare un coadiuvante di polimerizzazione sarebbe come chiedere a un cuoco di fare fritture senza olio, di usare friggitrici ad aria”, così come a  rimarcare la perentorietà delle proprie decisioni.

Decisioni che Solvay motiva con aria di sfida agli scienziati di fama internazionale. “Innanzitutto il C6O4 è ampiamente meno nocivo del suo predecessore: il Pfoa.” D’altronde questa sfida per il Pfoa era durata 50 anni: per mezzo secolo Solvay & C. immediatamente sospettarono e poi in corso d’opera accertarono che era cancerogeno, ma noncuranti uccisero ambiente, lavoratori e cittadini, e fino all’ultimo negarono,  finchè il Pfoa è stato messo al bando nel mondo. Nel frattempo,  Solvay non è stata in inerte attesa della inevitabile dipartita del miliardario Pfoa, ma ha sperimentato di nascosto e poi brevettato il suo sostituto, il C6O4, che come tutti i PFAS passati presenti e futuri  è tossico e cancerogeno.

Abbiate voi la pazienza, ha detto Kadri/Calosio, di aspettare che la tragica evidenza della catastrofica catena ecosanitaria  convinca di mettere al bando l’ancor più miliardario C6O4; intanto il nostro “cuoco” studia come sostituirlo con un Pfas ancora “meno nocivo”; eliminarli no: non fa business nelle nostre “fritture” sostituire il nostro “olio” con “friggitrici ad aria”. Anche per il C6O4, perciò, ancora qualche anno di pazienza, anzi, ad essere franchi “Abbiamo deciso di dismetterlo perché è avverso all’opinione pubblica, non perché rappresenti dal punto di vista ambientale una vera minaccia”.  Ho detto tutto: “meno nocivo”.  

Dunque, noi dovremmo aspettare che queste sostanze, tossiche e cancerogene, ribattezzate “forever chemicals”,  per sempre si accumulino indistruttibili nell’ambiente e nel sangue, come è avvenuto e sta avvenendo ad Alessandria per PFOA, ADV e C6O4? Anche su questo aspetto, Kadri/Calosio ha invitato a non esagerare. Dopo Montedison, è pur vero che il Pfoa per venti anni Solvay l’ha buttato  in aria-acqua-suolo e che ancora oggi l’Arpa (con ADV e C6O4) lo misura -dai camini della fabbrica alle falde- dappertutto in tutta la provincia, ma  Kadri/Calosio invita a pazientare: “La messa in sicurezza operativa, che riprende l’acqua della falda e la depura, è tuttora un mezzo per purificare il terreno, è chiaro che ci impiegherà un po’ di tempo ma per il momento è l’unica tecnologia che abbiamo a disposizione. Analogamente per i nuovi Pfas ADV  C6O4 che continuiamo a produrre.”

E Solvay imperterrita continua a produrre (anche) ADV e C6O4 da un quarto di secolo, e non accetta bandi   per il futuro.  Kadri/Calosio si è mostrato del tutto indifferente alle migliaia di Vittime di questo inquinamento, malati e morti, tra lavoratori e cittadini. Anzi, riferendosi proprio ai soggetti più a rischio, cioè ai lavoratori, Kadri/Calosio ha rassicurato la “Commissione Sicurezza e Ambiente”: “Nel biomonitoraggio (privato n.d.r.) dei nostri dipendenti che fino al 2013 hanno utilizzato il Pfoa, abbiamo osservato che la sua concentrazione nel sangue impiega 4 anni a dimezzarsi”. La Commissione, sbeffeggiata, non ha replicato.

Ci permettiamo di fare un nostro commento all’abnormità: di questi dipendenti, che  fino al 2013 avrebbero utilizzato (per 5-10-20 anni?) il killer  Pfoa senza subire gravissimi danni a tiroide, pancreas, diabete, colesterolo, leucemie, tumori eccetera, e avrebbero dal 2013 aggiunto nel sangue i “poco nocivi”  ADV e C6O4: tranquillizzati da direttori come Colosio proprio per quanto riguarda il vecchio  Pfoa: il loro fardello di veleno dopo 4 anni non sarebbe scomparso ma si sarebbe dimezzato, e dopo altri 4 anni la concentrazione  si sarebbe ridotta ad un quarto, e via via  finchè in 28 anni (nel 2041) il Pfoa si sarebbe ridotto nel sangue quasi a zero, mentre a sua volta il “poco nocivo” C6O4 si dimezzerebbe… ancora più in fretta.  Tutto questo “virtuoso” ciclo lavorativo: senza danni ai lavoratori (e ai cittadini) che pesino sulla coscienza di Kadri/Calosio.

Che si sente men che mai responsabile della omessa bonifica sanzionata dalla Cassazione: non si tratta di mancati investimenti per lucrare profitti, bensì di mere difficoltà tecniche: “Non per tutti gli inquinanti nel sottosuolo di Spinetta c’è una tecnologia evidente, chiara e pratica per arrivare a una bonifica completa del terreno: la barriera idraulica ha un effetto positivo ma non ancora risolutivo sull’inquinamento del sottosuolo”. Insomma, ci vogliono altre decine e decine di anni, portate pazienza: “La nostra ricerca è ancora al  lavoro per trovare delle soluzioni per limitare l’impatto ambientale”, sapendo che non potrà essere mai “impatto zero”: né per l’inquinamento  storico della  ventina di tossici e cancerogeni  né per l’attuale -ancora più preoccupante-  della  ventina di tossici e cancerogeni che “ci sfuggono” in suolo aria acqua,  dei quali i Pfas sono solo la punta dell’iceberg.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.   

Speciale Pfas 10. Pfas a Tortona, roba da Chiodi.

“Tonnellate di Pfas C6O4 nel deposito clandestino di Solvay a Tortona”: avevamo titolato in un nostro servizio del 2020. Ma la  denuncia, ripresa anche da altri giornali, era stata sommersa dall’omertà delle amministrazioni alessandrine e regionali. Ora, dall’indagine di Greenpeace riemerge Tortona quale località con la presenza di consistenti concentrazioni di PFAS. Però nessuno ha finora messo in relazione le due notizie. Riavvolgiamo il nastro.

Aumentando la produzione di C6O4, Solvay per lo stoccaggio dei serbatoi affitta un magazzino esterno allo stabilimento di Spinetta Marengo, precisamente a Torre Garofoli nei capannoni della ditta Arcese Trasporti.  Solvay non ha alcuna autorizzazione per trasferire fuori dai cancelli, avanti e indietro, un prodotto intermedio, non destinato alle vendite, pericoloso anche nella fase di trasporto per le variazioni di temperatura. Anzi, Solvay non aveva ancora neppure l’AIA autorizzazione all’ampliamento della produzione stessa. Così come non aveva neppure l’autorizzazione a sperimentare il C604: come denunciammo in Procura nel 2009. In altre parole, è da venti anni che  Solvay  non viene fermata dalla Provincia.

Orbene, Provincia, Arpa, Vigili del fuoco sapranno, ora, dirci quante tonnellate di C6O4 sono state stoccate nel deposito? per quanto tempo? custodito da chi? in quali condizioni di sicurezza? se il deposito è estraneo ovvero l’inquinamento proviene direttamente dal sito di Spinetta Marengo? Magari a queste domande risponderà Federico Chiodi che si ripresenta candidato sindaco  nella coalizione di Forza Italia, Lega Salvini, Nuova Tortona, Fratelli d’Italia.

Speciale Pfas 11. Provincia di Alessandria, vittima sacrificale di Solvay.

Spinetta Marengo, dove sorge lo stabilimento della Solvay, è appena un sobborgo di Alessandria, dunque il capoluogo è direttamente interessato dall’inquinamento terra-aria-acqua di 21 sostanze  tossiche e cancerogene: si pensi alle porte della città lo scarico in Bormida (e dal Tanaro al Po fino all’Adriatico), si pensino i pozzi nel territorio chiusi con ordinanza municipale, si pensi, nei campioni d’aria prelevati da Arpa, la presenza dei pfas sia C6O4 che ADV (inoltre il PFOA) sia verso nord che verso sud rispetto al polo chimico.

Con il Comune di Alessandria, anche la salute della popolazione della Provincia è a rischio: dell’inquinamento del brevettato pfas C6O4, ad esempio, non solo tramite le acque reflue e le falde ma anche in atmosfera con la conseguente deposizione al suolo in ricaduta rispetto alla direzione prevalente dei venti, fino a migliaia di nanogrammi per metro quadrato in pieno centro di Spinetta, fino ad avvelenare a chilometri di distanza l’acquedotto del Comune di Montecastello, irreversibilmente chiuso, fino ai campionamenti attivi  -monitorati sempre dall’ARPA Piemonte (e bissati da Greenpeace)-  nei limitrofi Comuni di Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora , Tortona, e  di  Alluvioni Piovera dove pure è presente il pfas ADV!  A tacere gli altri sobborghi e comuni della Fraschetta, dove Arpa è stata assente.

E’ criminale difendere le produzioni di Pfas.

Il polo chimico di Spinetta Marengo è come un enorme iceberg alla deriva. Che Solvay non ha affrontato neppure dopo la sentenza della Cassazione. Anzi l’ha acutizzato non riuscendo neppure a mettere sotto controllo i Pfas.  I Pfas rappresentano, da decenni, la “punta dell’iceberg” di tossici e cancerogeni emessi in suolo-acqua-aria: massa composta da cromo esavalente, arsenico, antimonio, nichel, selenio, DDT, fluorurati, solfati, idrocarburi, metalli pesanti, solventi organici clorurati, cloroformio, trielina acido fluoridrico, acido cloridrico, ammoniaca, alcoli, anidride fosforica, iodurati, Zn, idrossido di potassio, NOx, SOx, polveri eccetera. Sarebbe riduttivo concentrare sui Pfas il processo-bis di Alessandria, ignorerebbe la sentenza della Cassazione.

 La rivendicazione di mettere al bando i Pfas, tutto sommato si limiterebbe ad eliminare la punta dell’iceberg, ma  Solvay la percepisce come  “Cavallo di Troia” per espugnare l’intera roccaforte chimica spinettese. E proprio sui Pfas la Solvay oggi ha eretto la propria “Linea Maginot”: e dopo aver giurato per decenni che il  Pfas killer PFOA non era cancerogeno, ora spergiura per i Pfas ADV e C6O4 e per i futuri Pfas essi sì ancora più innocui, dunque indispensabili per altri 60 anni per rendere resistenti, ignifughi e idrorepellenti rivestimenti antiaderenti, schiumogeni antincendio, tessuti impermeabili, pesticidi, materiali per l’edilizia e prodotti per la pulizia e l’igiene personale ecc.

Solvay pretende di restare, almeno fino al 2026, l’unica produttrice di Pfas in Italia di queste sostanze devastanti per la salute umana, individuate nel sangue, nel latte materno, nella placenta, nel siero, nel liquido seminale e nei capelli eccetera, dopo che,  a causa della loro alta stabilità molecolare, si diffondono  ampiamente indistruttibili nell’ambiente, si riversano in grandi quantità nei bacini idrici, da dove possono percorrere grandi distanze, entrando nell’ecosistema acquatico e risalendo la catena alimentare fino agli esseri umani.

L’efferata pervicacia di Solvay resiste alla mole di evidenze scientifiche accumulatesi, compresa l’analisi comparativa trascrizionale pubblicata sulla rivista Toxics e con il titolo “Cross-Species Transcriptomics Analysis Highlights Conserved Molecular Responses to Per- and Polyfluoroalkyl Substances”,  realizzata dagli scienziati del  Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova, studio che non lascia alcun dubbio su quanto le diverse molecole di PFAS (4.730 molecole: la più estesa famiglia di inquinanti emergenti) influenzano vie ormonali e vie metaboliche.

I Pfas provocano una forte regressione del metabolismo e del trasporto dei lipidi e di altri processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all’ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile; tutti elementi che spiegano gli effetti dannosi dei PFAS sulla fertilità e sullo sviluppo fetale. Mostrano che l’esposizione ai PFAS produce una sovraregolazione del gene ID1, coinvolto nello sviluppo di vari tipi di cancrotra cui leucemia, cancro al seno e al pancreas. I dati epidemiologici suggeriscono  che un’elevata esposizione inoltre aumenta significativamente la mortalità di individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo. L’effetto tossico dei PFAS sul sistema immunitario spiega l’indebolimento delle reazioni immunitarie, della produzione di anticorpi e delle risposte alle vaccinazioni, osservato in particolare nei bambini esposti ai PFAS durante il periodo prenatale e postnatale. L’esposizione aumenta anche la concentrazione nel siero dei marcatori di stress infiammatorio e ossidativo e favorisce così lo sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l’aterosclerosi e gli eventi tromboembolici.

Solvay non c’entra niente con i Pfas.

Stefano Colosio se lo può permettere? Subentra come direttore a Andrea Diotto da poi che è imputato nel processo bis contro Solvay. Passeranno almeno cinque anni prima che sia imputato anche lui in un processo ter. Nel frattempo no, non può permettersi -neppure con quello stipendio-  battutacce tipo: “Fa strano venire ancora additati come coloro che hanno messo in giro il Pfoa”. “Noi lo abbiamo utilizzato come tante aziende in Italia e all’estero, non  è giusto che sia additata proprio Solvay”.

Colosio è grande e grosso: ha 53 anni e nel potente archivio aziendale si è letto quanto negli ultimi trenta anni si è scritto (ho scritto) sui Pfas e raccolto già nelle seicento pagine del Dossier “Pfas. Basta”. Ha letto che nel 1990 Balza denuncia gli scarichi in Bormida di Pfoa: sicché il direttore è rinviato a giudizio. Ha letto  che nel 2002 la Cgil denuncia l’uso del Pfoa a Spinetta  mentre già in Usa veniva  abbandonato. Ha letto che nel 2007 lo studio Perforce dell’Università Stoccolma dichiara Solvay responsabile dello sversamento dei Pfas nel bacino del Po. Ha letto che nel 2008 Balza ha depositato il primo dei 20 esposti in cui si denunciano  in uso non solo Pfoa ma anche  gli altri Pfas -non autorizzati- cC6O4 e ADV, e che è contaminato il sangue dei lavoratori e dei cittadini. Ha letto che, dopo la chiusura definitiva del 2017della Miteni di Trissino, Solvay resta l’unica produttrice di Pfas in Italia, addirittura con il brevetto esclusivo C6O4.

Ha letto tutte le indagini epidemiologiche fino al 2019. Ha letto, anzi sta leggendo, che in acqua-aria- suolo l’Arpa rileva i valori oltre ogni limite di Pfas in tutta la Provincia. Sta leggendo non solo di Pfas ma anche il superamento sensibile dei limiti di Tetracloruro di Carbonio, Tricloroetilene, Triclorofluorometano, Cromo VI, Selenio Arsenico, Antimonio, Cloroformio eccMa per qualche anno non se ne preoccupa, pensando allo stipendio e alla successiva carriera. Però, Colosio, non rischiare il ridicolo con certe battutacce da boomerang. 

Greenpeace ridicolizza il finto biomonitoraggio di Alessandria.

L’intensificazione della campagna nazionale di Greenpeace per la messa al bando dei Pfas, da noi iniziata vent’anni fa, inchioda inesorabile le responsabilità delle amministrazioni piemontesi a cominciare dalla Regione. Per decenni hanno chiuso occhi-bocca-orecchi sulla Solvay, sul polo chimico di Spinetta Marengo, su Pfas e altri 20 inquinanti tossici cancerogeni in suolo-aria-acqua, sulle indagini ambientali Arpa, sulle almeno nove indagini epidemiologiche (l’ultima, del 2019), sull’indagine Pfas dell’Università di Liegi, sulle ispezioni ONU e del Parlamento, sui miei 20 esposti, sul processo penale fino alla Cassazionesul processo Miteni in Veneto, sul disegno di legge parlamentare, sull’allarme Pfas in tanti Stati e altre Regioni italianesulla sterminata letteratura scientifica, sull’espandersi della divulgazione giornalistica alla quale abbiamo dato un incessante contributo. 

Da venti anni la Regione Piemonte, subalterna con i sindaci alla multinazionale belga, si oppone alla nostra richiesta di monitoraggio ematico di massa della popolazione alessandrina, onde evitare l’esibizione di un gigantesco delitto sanitario: la prova regina, “la pistola fumante” che costringerebbe Solvay a quella fermata delle produzioni incriminate che spettava al sindaco quale massima autorità sanitaria locale. Oggi, ha avviato, obtorto collo, un mini monitoraggio del sangue ridicolizzato dalla spettacolare iniziativa di Greenpeace: un campione di studio diluito in un anno o due, limitato ad un centinaio di persone le più lontane possibile dall’epicentro urbano inquinato, sparse nelle campagne a decine di chilometri di distanza.

Insomma, il cosiddetto biomonitoraggio regionale altro non è che un goffo  lento espediente teso a non dimostrare nulla: magari addirittura escludendo C6O4 e ADV tra i Pfas, cioè un “rallenty” utile alla giunta regionale per bypassare la scadenza elettorale ma soprattutto che serve strategicamente alla Solvay  per prendere tempo per tirare a campare … e far tirare le cuoia alla gente. Nella strategia a medio termine di Solvay, apprendiamo alla viva voce di Marco Apostolo, Country Manager di Solvay-Syensqo in Italia, infatti, ci stanno una simulata fuoriuscita dai Pfas e alcuni snodi di carattere giuridico. Uno è il nuovo processo penale in coda alla sentenza di Cassazione, che prende avvio dal GUP il 4 marzo prossimo. L’altro è la partenza di cause civili e azioni collettive, anche inibitorie, con l’assistenza di un pool di legali di Alessandria e Torino.

Nessuna regione italiana si salva dai Pfas. Il Piemonte.

Si allunga l’elenco: Veneto, Toscana, Trentino, Marche, Sicilia, Emilia Romagna. Dopo la Lombardia, un nuovo rapporto pubblicato da Greenpeace Italia, basato su dati ufficiali degli enti pubblici, dimostra come la contaminazione da Pfas nelle acque potabili del Piemonte  interessi  anche Torino e provincia: oltre 125 mila persone potrebbero aver bevuto acqua contaminata, e non solo l’alessandrino, dove si trova il polo chimico Solvay  di Alessandria sobborgo Spinetta Marengo, unico produttore in Italia, individuato fin dal 2007 (studio europeo Perforce) principale fonte di Pfoa nel bacino del Po e  del brevettato C6O4 (dati  recenti di ARPA Piemonte) non solo attraverso le acque reflue, ma anche in atmosfera  con  una deposizione al suolo fino a migliaia di nanogrammi per metro quadrato  in pieno centro di Spinetta.

Alla richiesta atti di Greenpeace, solo 10 enti, pari al 23% del totale, hanno inoltrato copia delle analisi effettuate, addirittura adducendo come ragione dei mancati controlli la specifica istanza di Arpa Piemonte di non ricercare i PFAS nell’acqua potabileDei 671 campioni analizzati tra il 2019 e il 2023, nel 51% è stata riscontrata la presenza di PFAS, con le maggiori positività nella provincia di Alessandria. In questa area cinque comuni, ubicati lungo il fiume Scrivia, hanno evidenziato la presenza degli inquinanti in tutti i prelievi effettuati in questi anni: Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora e Tortona in concentrazioni variabili e comprese tra 19 e 190 nanogrammi per litro, nonchéMontecastello con 470 nanogrammi, però  solo a Montecastello il sindaco ha chiuso l’acquedotto.

Dall’analisi dei dati condivisi dal gruppo Società Metropolitana Acque Torino (SMAT) che gestisce la rete idrica di 291 comuni, emerge la presenza di PFAS in 77 comuni, il 26,5% del totale. Nello specifico, per la città metropolitana di Torino il 45% dei campioni è risultato positivo alla presenza di PFASPer le altre province piemontesi, invece, la situazione non è ricostruibile poiché gli enti pubblici, inclusi i gestori, non hanno effettuato analisi. Colpisce la presenza rilevante di cC604 (brevetto esclusivo  Solvay) in quattordici comuni (Agliè, Avigliana, Baldissero Canavese, Bardonecchia, Bruino, Caprie, Cintano, Pavone Canavese, Pinerolo, San Maurizio Canavese, Susa, Torino, Venaus, Villar Focchiardo) con un picco di 66 nanogrammi per litro a Cintano, a pochi chilometri da Ivrea, a Bardonecchia situata a circa 1.300 metri d’altezza e 96 nanogrammi a Gravere, a oltre mille metri di altitudine.

Parallelamente alla richiesta dei dati agli enti pubblici, Greenpeace  ha raccolto e analizzato  15 campioni di acqua potabile nelle otto province piemontesi  per la maggior parte da fontane pubbliche di parchi giochi per bambini, evidenziando  la presenza di PFAS in 5 campioni: 120 nanogrammi per litro ad Alzano Scrivia (AL), 73 a Castelnuovo Scrivia (AL), 70 a Guazzora (AL),  19 a Tortona (AL), 12 a Galliate (NO).

Consulta la mappa con i dati relativi al Piemonte.

Arcinoti i reati di inquinamento della Solvay.

Per questo scarico di Pfas, in Usa gli inquinatori hanno dovuto pagare 1,18 miliardi di dollari. E’ identico a quello della Solvay in Bormida: da me denunciato nel 2009 e nel 2010 anche con videointervista: ripresa più volte in convegni, come questo del 2019: clicca qui. Sarà anche questa una testimonianza al prossimo processo. 

Nell’esposto alla Procura segnaliamo che “Solvay sostiene di aver cessato il pfas cancerogeno PFOA nel 2013, mentre ad oggi continua a scaricarlo in aria e acqua, tant’è che nel febbraio 2020, l’IRSA, l’istituto di ricerca sull’acqua, preleva campioni nel punto di scarico delle acque reflue industriali nel fiume Bormida, e misura le concentrazioni di PFOA, peraltro di 2938 µg/l, 29 volte al di sopra della soglia fissata dalla Regione Piemonte 0,10 µg /l (In USA il limite di legge delle acque potabili è 0,016 µg /l.)

Tant’è che nel marzo 2020, una campagna di monitoraggio dell’aria condotta dall’ARPA ha mostrato che il PFOA è stato trovato anche nella ricaduta atmosferica degli impianti. Tant’è che il 17 marzo 2022 una scienziata (che lavora per il Centro Nazionale e Ricerche CNR e per l’Istituto di Ricerca sull’Acqua IRSA) misura che il PFOA è ancora presente nel suo campione (0,1902 µg /l), mescolato con i nuovi (in realtà utilizzati da ameno 15 anni) cancerogeni pfas ADV e C6O4.

Infatti, ancor prima di aver smesso (o finto) di utilizzare il PFOA, Solvay aveva introdotto l’ADV nella sua produzione già alla fine degli anni ’90, vedi il nostro esposto del 2009, e già nel 2006 i sospetti di tossicità erano confermati nel fegato dei topi di laboratorio, ma la multinazionale attenderà fino al 2011 prima di comunicare questi studi secretati all’EPA americana , mentre sta usando ADV anche in Italia. Ma c’è di peggio in fatto di dolo. Nel 2019 Solvay fornirà all’EPA un documento che dimostra che l’ADV è entrato nel sangue dei suoi lavoratori in due diverse fabbriche per più di 10 anni. La multinazionale ha smesso di usarlo nel luglio 2021 nella sua struttura di West Deptford, mentre l’ADV è ancora utilizzato da Solvay in Italia a Spinetta Marengo! E viaggia in acqua e aria (ma Solvay promette zero dal 2026).

Oltre che per la Procura, i reati sono pubblicati anche su numerosi giornali, esempio clicca qui.

Il biomonitoraggio di massa, la pistola fumante che Solvay & soci devono disarmare.

Non lo fanno il monitoraggio del sangue di tutta la popolazione alessandrina assediata dal polo chimico di Spinetta Marengo, perché sarebbe la “pistola fumante” che inchioderebbe Solvay: costringendola a fermare all’istante le produzioni inquinanti. Diventerebbe prova regina, prova certa e conclusiva del crimine sanitario. Lo diventerebbe addirittura per i più testardi negazionisti che hanno respinto l’evidenza di ben otto indagini epidemiologiche precedenti, a tacere di tutte le indagini ambientali dell’Arpa.

Perciò, evitare questa smoking gun il più a lungo possibile è il compito, di occultamento sistematico dei dati ecosanitari in Piemonte, che la multinazionale belga ha affidato a Comune di Alessandria e Regione, e da essi svolto per lustri in una infinita taranta, con il sindaco a rimbalzare  la palla delle responsabilità al governatore, e questi buttandola perfino in tribuna, ad un Comitato Etico… fantomatico organismo che autorizza sperimentazioni farmacologiche e cliniche, come il suicidio assistito.

All’osceno  girotondo ancora si presta il sindaco che avrebbe il dovere civico e giuridico, in quanto  massima autorità sanitaria locale, di applicare il principio di precauzione e fermare le produzioni. Ma l’opinione pubblica incalza, noi li sputtaniamo urbi et orbi, i versi de Le Iene echeggiano. Chiediamo le analisi del sangue ai lavoratori e ai cittadini, a tutti, a tutti quanti sottoposti ai veleni suolo-acqua-aria di Solvay. La quale non le vuole, perché sa già che  i referti ematologici dei lavoratori custoditi nei suoi cassetti superano ogni limite tollerabile. Perché sa già che le relazioni cliniche dei cittadini, secondo il  nostro screening tramite Università di Liegi, superano ogni soglia di allarme. Perché avverte i complici dell’effetto psicologico di un biomonitoraggio di massa: “Ils sont a la recherche d’un pistolet fumant” afferma  Ilham Kadri dal quartier generale di  Bruxelles.   

Che fare per sopire l’opinione pubblica e prendere quel tempo ulteriore che serve alla strategia aziendale? La soluzione sarà usare la modesta somma stanziata, in stagione elettorale, dalla Regione alla Asl per diluire nel tempo e circoscrivere le analisi del sangue ai soli Pfas e ad una ristretta minoranza di persone selezionata il più lontano possibile da quel centro urbano inglobato nel criminale rischio chimico dello stabilimento. La soluzione sarà ignorare e imbonire la sconcertata opinione pubblica (clicca qui) e il ruttino dell’evanescente opposizione che propone di usare (in parte) i compensi dei consiglieri comunali per impolpare una più seria indagine sanitaria.

La linea difensiva di Solvay al processo.

Per Solvay prendere tempo è utile in funzione di un iter processuale che si trascinerà per un decennio fino alla Cassazione, iniziando dallo scoglio in corte di assise di Alessandria. Anche se esso, nel blando (colposo e non doloso) capo di imputazione della procura, non comprenderebbe il risarcimento dei danni sanitari alle Vittime: evidentemente hanno fatto breccia le argomentazioni contenute nell’opuscolo patinato da Solvay distribuito  a tappeto  a dipendenti e residenti, in cui  afferma: “Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo” (clicca qui).

Questo opuscolo disegna la linea difensiva di Solvay in tribunale. Da un lato smentisce che acido cloridrico, acido fluoridrico, tetrafuoroetilene, perfluoroisobutene, pfas, ecc. che fuoriescono dalle ciminiere, ovvero tramite fughe di gas dagli impianti stessi, ammalino sangue e polmoni di bambini e adulti in quanto tali concentrazioni tossico oncogene sarebbero sotto i livelli di tolleranza: “sotto le soglie di non effetto”, praticamente innocueDall’altro, concentra l’attenzione sulla punta dell’iceberg dell’avvelenamento, i PFAS, di cui  garantisce l’innocuità in acqua e atmosfera: come ha sempre sostenuto per il Pfoa (alla facciaccia della inappellabile sentenza dello IARC) e come ribadisce per il suo sostituto cC6O4.   

Ma, pur sbandierando, come fa nell’opuscolo patinato di verde, che “Non è vero che a Spinetta si muore di più” e che Non è dimostrato il rapporto causa-effetto”, e pur esibendo che metterà in campo fior fiore di consulenti imbonitori del calibro del solito professor Enrico Pira, Solvay sarebbe assai disturbata dal dover disarmare la “pistola fumante”.

A maggior ragione se avviamo la class action. Il biomonitoraggio di massa avrebbe il duplice effetto di aumentare la platea delle Vittime per malattie e morti, e di selezionare medici legali e avvocati più qualificati. Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, infatti, gli avvocati in Italia (a tacere i docili e opportunisti enti, associazioni e sindacati) optano più facile accodarsi alle iniziative dei Pubblici Ministeri, piuttosto che impegnare risorse e rischi per cause collettive in sede civile, le uniche però che risarciscono le Vittime.

L’Arpa trova Pfas da un Comune all’altro.

Non solo il Comune di Alessandria  è investito dai Pfas (tra gli altri 21 veleni tossici e cancerogeni) della Solvay di Spinetta Marengo, ma è dimostrato anche  già  per il Comune di Montecastello con la chiusura dell’acquedotto avvelenato da cC6o4, brevetto di Solvay: la Procura e/o il Sindaco, Giancarlo Penna,  potrebbero denunciare a norma dell’articolo 439 del codice penale, reato punibile anche con 17 anni di reclusione. Lascia perplessi che il sindaco occupi nell’Asl, e ancor prima nell’Arpa, posizioni di “tecnico della prevenzione nell’ambiente nei luoghi di lavoro addetto al servizio prevenzione e sicurezza”. Montecastello è a 17 chilometri in linea d’aria da Spinetta Marengo.

A 11 chilometri da Montecastello e Spinetta, ora, i Pfas sono ufficialmente accertati nel Comune di Alluvioni Piovera. L’Arpa di Alessandria ha pubblicato il report del mese di marzo 2023 relativo al monitoraggio dei Pfas in aria tramite campionamenti attivi presso Spinetta Marengo (via Genova e Strada Bolla) e Piovera, che seppur distante circa 11 km dal polo chimico, in area di ricaduta rispetto alla direzione prevalente dei venti in quella stagione, ha evidenziato la presenza dei Pfas in aria. Tutte le tecniche di campionamento applicate hanno consentito la rilevazione del parametro C6O4, sebbene in differenti concentrazioni (qui le massime concentrazioni sono circa 10 volte inferiori rispetto a quelle di Spinetta). Il campionamento ad alto volume, raccogliendo una maggior quantità d’aria, ha consentito l’abbassamento dei limiti di quantificazione e la misura anche in Piovera di tracce non solo di  C6O4 ma anche di ADV. Il sindaco è Enrico Boccaleri, non si sa se si è messo in contatto con i sindaci Penna a Montecastello e Abonante ad Alessandria per fermare le produzioni.

Nel Comune di Alessandria, a Spinetta, a conferma di ricaduta, invece, i campioni di aria prelevati hanno mostrato, sia verso nord che verso sud rispetto al polo chimico,  la presenza sia di C6O4 che di ADV con maggiori concentrazioni, valori massimi di circa 10 nanogrammi al metro cubo.

Lo zampino peloso dei servizi segreti militari sui Pfas.

Degli speciali delle Iene, gli ultimi  riferiti al Piemonte clicca qui e clicca qui , (quello di Piazza pulita-La7 sembra fermato ai blocchi di partenza), si stanno occupando le lobby industriali-militari, certamente non per le possibili limitazioni nei settori applicativi dei beni di consumo (rivestimenti delle padelle, impermeabilizzanti per i tessuti, giubbotti antipioggia e così via), bensì per le implicazioni della grandissima industria aeronautica, navale, spaziale, costruzioni, semiconduttori e soprattutto quella militare: strettamente interconnessa con i PFAS impiegati a profusione. Questo è il vero nocciolo della questione  e spiega anche la recente scissione della Solvay.

Il peso dei Pfas nel complesso militare industriale ha  rilevanza cruciale nell’industria nucleare e in quella nucleare bellica, nel processo di fabbricazione dei semiconduttori in ambito elettronico, cruciali in Occidente nella competizione tecnologica con la Cina, in ambito sia civile sia militare. Ci ricordiamo che la prima  applicazione dei Pfas avvenne nella costruzione della bomba di Hiroshima.

Le lobby industrialmilitari, esempio Solvay per intenderci,  sono entrate in fibrillazione quando  la pressione del fronte ecologista, superando gli Enti amministrativi intermedi (sindaci e governatori) facilmente sotto controllo, ha preteso di premere sui Parlamenti per leggi di messa la bando dei Pfas, ad esempio il disegno di legge ex Crucioli. Per contro, a livello governativo le lobby hanno intessuto una ferrea ragnatela di tavoli di approfondimento, rimandi a commissioni, rinvii dai  livelli decisionali a quelli europei (a loro volta zavorrati), cadute di esecutivi. Ed è qui che industria, ambienti governativi, ambienti militari, intelligence, si sono fatti sotto e hanno ottenuto la solita “provvisoria” dilazione all’italiana.

Un provvisorio che dura da decenni, quando la produzione dei Pfas in Italia, dopo il fallimento della Miteni,  è stata affidata alla Solvay di Spinetta Marengo in provincia di Alessandria. Qui la Solvay, nonostante sia investita da polemiche a più non posso, ottiene le autorizzazioni (filiando il C6O4 dal padre Pfoa ad es.) mentre mai da parte della magistratura è arrivato un arresto cautelare o un draconiano provvedimento di sequestro, malgrado i solleciti; mentre i reati patrimoniali e ambientali gravissimi sono imputati a livelli manageriali di basso livello e puniti con condanne irrisorie, senza risarcimenti alle Vittime.

Con riferimento proprio al Piemonte: «È come se una matrice occulta generasse la solita sceneggiatura. Il meccanismo è stato bene illustrato in un recente servizio delle Iene peraltro. A Roma girano voci che la magistratura, di Torino nello specifico, abbia aperto un fascicolo esplorativo che non riguarda notizie di reato o un fascicolo contro ignoti. Il focus riguarderebbe l’operato di alcuni assessorati. La produzione di Pfas da sempre gode di guarentigie speciali che direttamente o meno sono richiamate anche in alcuni documenti coperti dal segreto militare. Soggetti di alto livello in seno ai ministeri, al governo, alle gerarchie militari, all’Arma dei carabinieri, alla magistratura, per non parlare delle Camere fino a giungere al Copasir, sono a conoscenza di questa realtà. In qualche modo tutto ciò fa parte del gioco ». «La produzione dei Pfas è coperta dal segreto militare».

A parlare in questi termini, in esclusiva, ai taccuini di Marco Milioni di “Vicenzatoday.it”, è un funzionario del Ministero dell’Ambiente che considerando la delicatezza del tema chiede «il più totale anonimato». Omnia silendo ut audeam nosco: tacendo per ascoltare conosco ogni cosa. 

Sicuri cancerogeni ma il sindaco non li ferma.

E’ l’ennesima conferma scientifica, anche se la più autorevole. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha sentenziato la cancerogenicità di PFOA e PFOS.

Ma non basterà al sindaco di Alessandria per bloccare le lavorazioni PFAS della Solvay di Spinetta Marengo, con la scusa che i PFOA e PFOS non sono più prodotti in stabilimento: ufficialmente perché in realtà circolano copiosi in aria, acque, alimenti e soprattutto nel sangue umano. Essi circolano unitamente ai loro sostituti altrettanto cancerogeni, C6O4 ADV, che non sono ancora formalmente bollati da IARC, e tanto basta al sindaco per fare spallucce. E con lui a braccetto, la Regione Piemonte non sottopone tutta la popolazione a esami del sangue PFOA e PFOS e C6O4 e ADV.

A Sindaco e Regione non basta che il gruppo di lavoro di 30 esperti internazionali provenienti da 11 paesi, convocato dal programma Monografie IARC dal 7 al 14 novembre 2023 a Lione, abbia riclassificato il PFOA come cancerogeno per l’uomo (Gruppo 1) e il PFOS come possibilmente cancerogeno per l’uomo (Gruppo 2B). Non c’è principio di precauzione che tenga per Sindaco e Regione, a loro non basta il pesante sospetto della sterminata letteratura scientifica su C6O4 e ADV, ma aspettano l’ufficialità -morti ufficiali-  di IARC. E anche quando ci sarà magari fa dieci anni: mica è detto che disobbediscano a Solvay.

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Pfas in uova e pesci dell’alessandrino.

Sara Valsecchi, dell’Irsa -Cnr, l’Istituto di ricerca sulle acque, nell’intervista a Monica Gasparini (Il Piccolo), conferma i monitoraggi Arpa degli Pfas nell’atmosfera attorno al polo chimico Solvay di Spinetta Marengo: il brevettato C6O4 e l’ADV, entrambi a lungo usati senza autorizzazione, nonché il PFOA a dieci anni dalla sua presunta dismissione.

“La presenza di PFAS è evidente nei campioni di pesci raccolti appena a valle dello scarico, con concentrazioni elevate soprattutto nel fegato, ma anche nel filetto. Suolo, erba e pioggia raccolti nelle immediate vicinanze del polo chimico, così come le uova di uccelli selvatici che nidificano intorno al polo chimico, hanno valori di Fas misurati solo nei pressi di altri siti produttori molto contaminati da PFAS. Mentre i livelli di contaminazione diminuiscono in modo significativo nei primi tre 5 km a partire dal sito produttivo, è evidente che la diffusione di queste sostanze prosegue anche a qualche decina di chilometri. Infatti, è possibile rilevarle, seppur a livelli nettamente inferiori nelle uova degli uccelli che nidificano anche lontano dalla fonte originale di inquinamento.

L’analisi delle deposizioni atmosferiche sono consistenti con i dati divulgati da ARPA ed indicano una presenza in aria soprattutto dei FAS emergenti come C6O4 e ADV. Durante gli eventi di pioggia, ma anche a causa della deposizione atmosferica di particolato e/o di aerosol, questi composti ricadono al suolo e possono contaminare il terreno e le superfici. E quindi necessario valutare l’esposizione di lavoratori e abitanti attorno all’azienda a queste sostanze, anche attraverso studi di biomonitoraggio.”

Cioè le analisi del sangue che la Regione Piemonte, complice di Solvay, evita di fare.

Solvay: assolutamente non chiudo i Pfas a Spinetta Marengo.

Lo ha ribadito a Sindaco, Regione Piemonte e Procura: Solvay non ha alcuna intenzione di chiudere le produzioni di Pfas a Spinetta Marengo.  La multinazionale belga conferma il “Solvay One Planet sustainability roadmap”: ovvero quella che -candidamente- definisce “la strategia globale di sostenibilità”, cioè produrre il nuovo tipo di PFAS“NFS (Non-Fluoro-Surfactant), Fluoroelastomeri perossidici FKM Tecnoflon”, eliminando “quasi totalmente” l’uso dei fluorotensioattivi.

Più di così non posso fare, ammicca Ilham Kadri CEO and President, o mangiate la minestra o saltate dalla finestra. Non posso proprio, perché “dobbiamo consolidare la leadership internazionale nei fluoroelastomeri, espandendo la base produttiva in Europa, negli Stati Uniti e in Cina”. Tant’è che “per soddisfare la crescita della domanda*, da maggio 2021 abbiamo aumentato a Spinetta la capacita produttiva del 30% con un nuovo impianto per la produzione di fluoroelastomeri a reticolazione perossidica”.

Per ora tenetevi il Pfas cC6O4 e accontentatavi che noi “volontariamente, siamo impegnati all’eliminazione degli additivi tensioattivi fluorurati in due step: due produzioni (fluoropolimeri Hyflon e Algoflon PTFE) interrotte entro giugno 2023 e, a livello globale, il 99% dal 2026 (l’1% a ciclo chiuso, zero reflui)”. Insomma, il C6O4 (e l’ADV?) è garantito in acqua e aria almeno fino al 2026. Lo autorizza la Provincia di Alessandria, con il benestare del sindaco.

* L’ FKM Tecnoflon è particolarmente indicato per alcuni componenti dei motori a combustione interna a basse emissioni (ICE), dei veicoli ibridi ed elettrici (HEV, EV) per condotti, tenute meccaniche e guarnizioni, quando è necessaria resistenza ad alte temperature e a fluidi chimici aggressivi. Il fluoropolimero viene anche impiegato nel settore dei semiconduttori e nei dispositivi elettronici indossabili, dove aiuta a mantenere condizioni di elevata purezza.
Lo stabilimento di Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, è il principale impianto di Solvay in Italia: produce monomeri, plastomeri, fluoropolimeri, gomme e lubrificanti fluorurati.

Discariche Pfas in Piemonte. Solvay: non nostre, noi li inceneriamo. E il governo la finanzia.

Il Piemonte si conferma, con il Veneto e la Lombardia, la regione più inquinata di Pfas. Non che fosse insufficiente Alessandria del polo chimico Solvay, ma ora si aggiungono le rivelazioni del giornale “Domani”, che ha potuto scoprire, con un accesso agli atti, concentrazioni sull’ordine delle centinaia di C6O4 (282 microgrammi/litro) ritrovati da Arpa nel percolato di discarica del lotto 5 della maggiore discarica piemontese, quella di Barricalla in provincia di Torino.

Barricalla, comune di Collegno, non è autorizzata a smaltire i pfas, che finirebbero addirittura per fluire nei depuratori delle città. Solvay si dichiara innocente perché “Noi invece affrontiamo elevate spese di smaltimento tramite incenerimento, come da autorizzazioni”. Quali autorizzazioni? dove sono inceneriti i Pfas? Ufficialmente non si sa. Chi dovrebbe saperlo non apre bocca: curiosamente a presiedere la conferenza che si occupa delle autorizzazioni per la costruzione della nuova Barricalla2 è Claudio Coffano, in quanto neo promosso direttore del dipartimento Ambiente e vigilanza ambientale della Città metropolitana di Torino. E chi è Coffano?  E’ lo stesso che, in qualità di dirigente ambiente della Provincia di Alessandria, nel 2021 aveva concesso a Solvay l’ampliamento della produzione proprio del Pfas C6O4, dopo aver fatto finta per dieci anni di non vedere questo Pfas nè l’ADV.

E’ lo stesso che aveva garantito in audizione parlamentare i governi.  Tant’è che il ministero dello “Sviluppo economico e del Made in Italy”, non solo non mette al bando i tossici e cancerogeni Pfas in Italia, ma finanzia con le Regioni addirittura nuovi progetti alla Solvay di Spinetta Marengo: unica produttrice di Pfas in Italia. 

Solvay boicotta indisturbata i controlli Pfas.

Per impedire gli accertamenti delle Istituzioni, Solvay non fornisce gli standard analitici per misurare i livelli di C6O4 e ADV nel sangue della popolazione. La Regione Piemonte e il Sindaco potrebbero obbligarla, soprattutto il sindaco -massima autorità sanitaria locale- emettendo finalmente ordinanza di fermata degli impianti da cui derivano le emissioni tossiche e cancerogene incriminate. Il sindaco può, mentre la Procura non avrebbe la facoltà di un atto specifico che vada oltre le autonomie di un progetto di ricerca internazionale.

“A noi e a tutta la ricerca scientifica mondiale non vengono forniti da Solvay gli standard per questo tipo di investigazioni”: questa esplicita denuncia proviene dal professore dell’Università del Piemonte Orientale, Francesco Dondero, promotore e coordinatore del progetto “H2020–Scenarios” dedicato allo studio dei Pfas, le famigerate sostanze perfluoroalchiliche usate in ogni campo industriale e prodotte a Spinetta Marengo dalla multinazionale chimica nonchè scaricate in suolo – aria – acqua. Scenarios, finanziato dall’Europa con 12 milioni di euro, comprende 19 organizzazioni di 10 Paesi europei, oltre a Israele, Usa e Canada, e vede come partner strategico l’Azienda Ospedaliera di Alessandria con il Dipartimento delle Attività Integrate Ricerca e Innovazione e Azienda Sanitaria Locale.

Nell’onesta intervista pubblicata su Radio Gold News (clicca qui) Dondero illustra che per Alessandria il progetto promette un biomonitoraggio in due sottopopolazioni: la prima è quella residente nell’area di Spinetta (da 0 a oltre 6 km dal polo chimico, con appena 300 misure) e l’altra (160 campionamenti) è la popolazione inquinata del Comune di Montecastello a cui si è aggiunto Frugarolo come limitrofo Comune di controllo.

“Il progetto ha l’obiettivo di inquinamento zero per un ambiente libero dalle sostanze tossiche.  Puntiamo a fornire progressi tecnologici sviluppando metodi su misurazioni istantanee per il rilevamento e la valutazione del rischio ambientale e bonifica di contaminanti tossici persistenti”, però il boicottaggio di Solvay tende a “limitarci fortemente nel poter definire il potenziale di rischio di esposizione a queste sostanze” che non hanno una tossicità acuta ma di cui “è impossibile non trovare tracce nel sangue”: accusa lo studioso universitario. Il quale, infatti, ha ben presente che, a fronte della complice Regione Piemonte che nega l’indagine ematologica estesa a tutta la popolazione, noi, Comitati e Associazioni, abbiamo con il supporto del Policlinico di Liegi organizzato un’indagine su un campione di lavoratori e abitanti di Spinetta e Alessandria: risulta che il 55% degli analizzati ha concentrazioni di PFOA nel sangue che superano ogni soglia di pericolo. Con rischio devastante sulla salute: “E’ innegabile. Nel 2023 sono usciti almeno 10 studi di tipo epidemiologico che lo esplicitano”: rimarca Dondero.

Per sopperire al boicottaggio di Scenarios, il professor Dondero specifica che “abbiamo costruito un modello meccanicistico, un modello di predizione dei possibili effetti delle sostanze, basato su evidenze sperimentali”. Così, non teme di sbilanciarsi: “Pur privati degli standard analitici, il metodo alternativo che abbiamo studiato, comunque, darà una indicazione molto precisa dei livelli di C6O4 nel sangue”. Non così, al momento, per l’ADV. Ma aggiunge un’altra nota indigesta per Solvay: “Il cC6O4 è una molecola piccola che sfugge al controllo dei sistemi di ritenzione di Solvay visto che la stiamo trovando negli scarichi del Bormida”.

L’attuale sabotaggio -vincente- di Solvay ha già fatto sì che i dati del biomonitoraggio Scenarios, modesti (privi della parte sierologica ed epidemiologica di tutta la popolazione) ma comunque molesti, non possano essere disponibili prima della fine del 2024. Dunque l’azienda belga si dimostra decisa a sbarrare o quanto meno procrastinare alle calende greche il passaggio successivo del progetto. Infatti il professor Dondero, insieme all’Azienda Ospedaliera di Alessandria, avrebbe “redatto un secondo progetto europeo da 7/8 milioni di euro incentrato sul rapporto tra valori nel sangue di queste sostanze e stato di salute. Sarebbe, sottolinea il docente, un puro progetto epidemiologico che rappresenterebbe una marcia in più per rispondere all’annosa questione della salute in relazione a quanto Pfas è stato assunto dall’organismo umano: quanto l’esposizione ai Pfas ha avuto o avrà effetto sulla salute umana. Se questo progetto venisse approvato dall’Europa avremo uno sviluppo incredibile”. Solvay farà muro. Per anni e anni.  

Un muro robusto a quelle Nazioni che in Europa premono da tempo per la restrizione totale dei Pfas, e ai Comitati e alle Associazioni che hanno promosso il Disegno di Legge (Crucioli) che mette al bando produzione e utilizzo dei Pfas in Italia.

Il Piemonte finanzia i Pfas ma non tutela la salute dei suoi cittadini.

Comunicato stampa.

In Usa li hanno già messi al bando da un bel po’, in Europa molti Stati spingono per fare altrettanto incontrando le potenti resistenti della lobby capitanata da Solvay, e appunto Solvay non molla, soprattutto in Italia (clicca qui) dove conta sulla complicità dei governi, delle amministrazioni locali e perfino dei sindacati. Anche dei sindacati: è ancora senza risposta la lettera raccomandata PEC al segretario generale della CGIL di Alessandria (clicca qui) né hanno avuto miglior riscontro i nostri allarmi in vista del “nuovo” impianto “Aquivion” a Spinetta Marengo: 9,5 milioni di euro investiti con fondi di Governo e Regione.

Solvay non molla sui PFAS: finchè gliel’hanno concesso ha avvelenato -ambiente e sangue dei lavoratori e della popolazione- con il pfas PFOA, benchè lo stessero vietando in tutto il mondo e avessi denunciato (2009) tale situazione con il primo di otto esposti alla Procura di Alessandria. Poi ha sostituito il PFOA con pfas cosiddetti “a catena corta”, ADV e C6O4, tossici e cancerogeni altrettanto se non di più, sversandoli naturalmente in aria e acque con l’autorizzazione della Provincia (o senza: per il Bisfenolo).

Solvay non molla ed ecco che oggi arriva il sostituto dei sostituti pfas: “a catena cortissima” il polimero fluorurato “Aquivion”, annunciato come innocuo, “emissione in atmosfera di semplice vapore acqueo”, come i predecessori d’altronde. “Al più tossiche se maneggiate inopportunamente”, le “Membrane Aquivion Pfsa” sono garantite come DOCG, anche se il brevetto è segreto, gelosamente custodito nella banca brevetti europea. Smaltimento tramite incenerimento? Come tutte le resine fluoropolimeriche. Ma il segreto non ha preoccupato enti locali e sindacati che sono corsi a tagliare il nastro al “nuovo” impianto. Il tutto nell’ambito della strategia di Bruxelles, di cui rivelammo la bozza due anni fa (clicca qui), non senza evidenziare che “la strategia è da Solvay volutamente confusa. L’unica cosa palpabile sono i finanziamenti pubblici”.

Raccogliendo le tesi e gli studi internazionali, il nuovo, ovvero vecchio Aquivion è descritto come “fondamentale per la trasmissione di energia a scambi ionici, con innovativa tecnologia di produzione di materiali per membrane polimeriche, che si integra in una filiera dell’idrogeno verde sostenibile, rinnovabile e carbon free, che punta anche allo sviluppo per l’automotive”. Una delle prime pubblicazioni risale al 2013 e porta la firma, tra gli altri, di Luca Merlo di Solvay, con sede a Bollate. A riguardo scrivemmo: “A Bollate il nuovo laboratorio ‘Dry Room’ per batterie al litio, nell’ambito di ricerca, sviluppo e commercializzazione di polimeri speciali utilizzati nella fabbricazione di batterie al litio, è in stretta sinergia operativa con lo stabilimento produttivo Solvay di Spinetta Marengo”. (Per inciso: i Pfas di Bollate (città metropolitana di Milano) Arpa li ritrova sparsi in Lombardia).

Il governo italiano, anziché tradurre in legge il DDL Crucioli per la messa al bando degli Pfas (clicca qui), anziché pretendere da Solvay -condannata in Cassazione per disastro ambientale!- i 100milioni di euro chiesti al processo dal ministero dell’Ambiente per la bonifica del territorio, anziché ripresentarsi come parte civile nel nuovo processo per omessa bonifica, invece, lo Stato, compiacenti Regioni Piemonte e Lombardia, tramite il fondo “Fabbriche intelligenti” creato apposta dal ministero dello Sviluppo economico, ha destinato milioni di euro alla multinazionale belga, per produrre Aquivion, poi che nel 2019, Solvay speciality polymers ha depositato al ministero la richiesta di finanziamenti  (inizialmente 22 milioni di euro) per il suo nuovo piano industriale, (denominato “Progetto per sviluppo di materiale per celle a combustibile e batterie a flusso con realizzazione di impianto pilota”) sfruttando abilmente l’enorme contenitore finanziario “Green Deal” della Comunità Europea  a incentivare l’energia pulita, prodotta cioè da fonti rinnovabili, dunque dall’idrogeno verde.

E così la Regione Piemonte ha prelevato i soldi dal “Bilancio di previsione finanziario 2023-2025” destinandoli a Solvay invece che al piano di monitoraggio che dovrebbe -lo chiediamo da anni- cercare i Pfas nel sangue della popolazione alessandrina. E il sindaco taglia nastri, applaude entusiasta e inaugura sculture luminose (clicca qui).

La Regione nega la connivenza e finge di volare alto ma impatta sul territorio: “L’impianto Aquivion si inserisce in una ampia sinergia: dalla creazione entro giugno 2026 di tre stazioni di rifornimento a base di idrogeno rinnovabile previste a Tortona, Arquata e Belforte, alla ricerca nella nostra provincia di un’area dismessa destinata a produrre idrogeno verde, fino agli investimenti per il retroporto di Genova”.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Nota bene. Uno studio dell’American Chemical Society dimostra che i PFAA a catena corta e ultracorta non possono sostituire i PFAS.

Secondo uno studio pubblicato su Environmental Science & Technology da scienziati dell’American Chemical Society, i livelli di queste sostanze sostitutive (PFAA “a catena corta”, cioè con meno di otto atomi di carbonio, e quelli “a catena ultracorta” con solo due o tre atomi di carbonio) negli organismi umani sono simili o superiori a quelli dei PFAS “di prima generazione”. Anzi, le piccole dimensioni delle molecole facilitano il loro spostamento attraverso le riserve idriche nei test in vitro e in vivo hanno indicato che potrebbero essere ancora più tossici dei composti più lunghi. Se il principio di precauzione ha un valore, questo sarebbe un buon momento per usarlo.

Danza macabra.

L’idea, luminosa, è stata di Ilham Kadri, “ceo” della multinazionale belga, quella dell’installazione a Spinetta Marengo davanti allo stabilimento Solvay, sulla rotonda ad alta intensità di traffico, di una scultura luminosa “Cake Topper” dell’artista Marco Lodola, composta da due figure di 4 metri su un piedistallo circolare. Cosa raffigura la coppia danzante? La figura di destra rappresenta l’ADV e quella di sinistra il C6O4: le due sostanze PFAS venute a sostituire il famigerato PFOA? I colori scelti sono quelli dell’acqua che si mischiano e si trasformano, bianco, verde e blu: simbolicamente l’avvelenamento tossico cancerogeno dell’acqua, del suolo e dell’atmosfera. La danza macabra sarà inaugurata domenica 10 settembre 2023, ma sarà in forse la presenza dell’artista preoccupato per la preannunciata contestazione. A Lodola era stato detto che doveva raffigurare “una coppia danzante che rappresenta l’incontro tra la comunità alessandrina e l’azienda”. Però, per “comunità” si può intendere il sindaco, che infatti omette l’ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti, non certamente la popolazione vecchia e giovane nel cui sangue scorrono Pfas tossici e cancerogeni. “Cake Topper” sono le tradizionali statuine raffiguranti i due novelli sposi posti al centro torta nunziale: nella nostra simbologia a sinistra Ilham Kadri  a destra Giorgio Abonante.

J’accuse. Morti e ammalati sulla coscienza dei sindaci di Alessandria.

Nello J’accuse del Movimento di lotta per la salute Maccacaro a magistratura e politica (clicca quiemergono le enormi responsabilità delle Istituzioni piemontesi. Infine, del sindaco Giorgio Abonante.

“La chiusura dello stabilimento, seguita da un’immediata bonifica dell’area è l’unica via efficace per evitare di assistere a decenni di morti”: è l’ennesimo commento del Comitato Stop Solvay a seguito dell’incontro che un gruppo di cittadini dell’associazione “Ànemos” ha avuto con il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, e dirigenti e tecnici del Comune. Anche Ànemos, come riferisce il settimanale Il Piccolo, ha chiesto al sindaco una “ordinanza che imponga alla Solvay di cessare immediatamente la produzione delle sostanze inquinanti”. “Immediatamente: senza aspettare l’ipotetico 2026 della Solvay di auto cessazione di ‘quasi tutti i Pfas’ (dopo averne sostenuto per anni l’innocuità)”. Ciò alla luce -sottolinea l’ex assessore Claudio Lombardi delle indagini epidemiologiche e delle indagini ambientali aria-acqua-suolo non solo riferite ai vecchi e nuovi PFAS che a iosa svolazzano con cloroformio e fluoroclorocarburi, senza scuotere le coscienze. Infatti, Giorgio Abonante ha eluso completamente questo impegno, sgusciando ancora una volta come una anguilla.

Il sindaco prende in giro la popolazione. Di fatto, ha preso in giro i presenti “Condivido le vostre preoccupazioni” lavandosene le mani come Ponzio Pilato “Solleciterò Regione e Asl a intervenire”, proprio perché sa che non tocca a loro emanare l’ordinanza. Anzi, è in palese malafede quando si inventa su facebook che “Regione, Asl e Arpa hanno sancito in modo netto” per iscritto? “come in questo momento non ci siano gli elementi sufficienti per imporre divieti, chiusure”. Anzi, si nasconde dietro la scusa che manca una legge nazionale sui Pfas. Insomma non fa altro che prendere tempo a prescindere dagli allarmi scientifici nazionali e internazionali. Altro che “vaso di coccio ma in buona fede”.

Come ad Alessandria non bastassero esaustivi già lustri e lustri di sentenze, e la bonifica omessa, e la mole di indagini accumulatesi. Non sarebbero esaurienti per questo sindaco  neppure conferme recenti, come  il monitoraggio ambientale condotto da Arpa nel periodo marzo 2022 – marzo 2023 con tanto di presenza di cC6O4  nel Comune di Alessandria e addirittura nel Comune di Montecastello, né esaurienti i monitoraggi effettuati su uova e vegetali nel periodo 2021 – 2022 a cura della Regione Piemonte in collaborazione con ASL AL, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta nell’ambito del tavolo regionale Ambiente, Clima e Salute e su specie ittiche a valle del polo industriale di Spinetta Marengo a cura dell’IRSA-CN, e neppure la scoperta di nuove discariche.

Nello J’accuse, la colpevolezza del sindaco è senza attenuanti:

Ad oggi, il polo chimico Solvay di Spinetta Marengo, malgrado la sentenza di Cassazione, non è ancora stato bonificato né in terra né in cielo né in acqua per la “maledetta ventina” di inquinanti (cromo esavalente, cloroformio, cromo totale, tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene, tricloroetilene, triclorofluorometano, diclorodifluorometano, diclorofluorometano, nichel, antimonio, arsenico, bromoformio, dibromoclorometano, bromodiclorometanofluoruri in concentrazione addirittura da 2.946 a 57.404 μg/l ecc. eccetera) anzi ha aggravato il delitto e lo ha esteso in provincia. Né per queste violazioni -dolose- è stato aperto un nuovo processo. Neppure dopo il disastro ecosanitario dei Pfas acclarato dalle indagini ambientali ed epidemiologiche.

Ad oggi, la strategia industriale di Solvay si regge su una penetrate attività lobbistica in politica, sorretta quanto basta da una poderosa propaganda mediatica (addirittura della presidente Ilham Kadri in persona), da noi regolarmente e ripetutamente demolita. Per ciò: scoperte fantascientifiche col biossido di titanio.  Per ciò: la fantasiosa truffa mediatica dei ciclopici filtri che sarebbero in grado a Spinetta di rilevare e trattare, gestire e monitorare i contaminanti Pfas nelle falde e nelle reti idriche. Ovviamente non nell’atmosfera. Anzi i filtri dovrebbero poi essere inceneriti. La multinazionale prometterebbe “zero tecnico” delle emissioni di Pfas (C6O4, ADV) negli scarichi di acqua con tecnologie al carbone attivo granulare (GAC), allo scambio ionico (IO) e alle tecnologie di osmosi inversa RO (metodo di filtrazione meccanica in uso dagli anni ’50 del secolo scorso): diventerebbe “acqua distillata” e addirittura riutilizzata e non scaricata in Bormida, insomma “ciclo chiuso”. Per ciò, altra luna nel pozzo: VolontariamenteSolvay entro il 2026 realizzerà quasi il 100% dei suoi fluoropolimeri senza l’uso di fluorotensioattivi, per eliminare pressoché totalmente le emissioni di fluorotensioattivi”.  Per ciò: i misteriosi “sostituti dei Pfas a impatto zero”. Il corollario di questa inconsistente propaganda sono La bonifica è a buon punto”, “Il sistema di tutela ambientale dentro e fuori lo stabilimento è ok”Insomma, la strategia Solvay è profitti immediati, prendere tempo e fare proselitismo istituzionale e mediatico. Quindi è chiarissima è la volontà di non chiudere gli impianti.

Ad oggi, il sindaco di Alessandria non ha emesso ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti dentro e fuori il Comune, come imporrebbe il principio di precauzione alla massima autorità sanitaria locale: infatti gli studi già compiuti dimostrano che nella popolazione c’è una grave sofferenza sanitaria rispetto al resto della provincia e della regione: si muore di più per le molte e note patologie associate a Pfas e altre molecole prodotte dalla Solvay e da questa immesse nell’ambiente da decenni, come provato da ripetute indagini ambientali.

A maggior ragione dopo l’indagine dell’Università di Liegi. Dunque il sindaco, in qualità di massima autorità sanitaria locale, non imponendo -come invece avvenuto nel mondo in analoghe condizioni- l’urgenza che sia fermata la fonte d’esposizione alla popolazione, si consegna all’accusa di omissione di atti di ufficio. Infatti Abonante sa, dalle campagne di analisi dell’Arpa, che su Spinetta Marengo dal cielo piovono 5 microgrammi ogni giorno di Pfas per ogni metro quadrato, e nell’acqua 52 microgrammi per litro di C6O4. Dunque fa solo il gioco della Solvay -che persegue di procrastinare le produzioni secondo i propri profitti- il pretestuoso rinvio dell’ordinanza a dopo ulteriori studi epidemiologici per determinare un presunto nesso causa-effetto (Pfas causa di patologie), quando invece il nesso causale è acquisito scientificamente e internazionalmente. Va da sé che sempre maggiori studi saranno utili per individuare cure e per determinare l’entità dei risarcimenti.

Infatti l’associazione PFAS/patologie è dimostrata da una mole spaventosa di ricerche esistenti in letteratura scientifica; l’epidemiologia dimostra le associazioni, sui rapporti di causa indaga la tossicologia; i riferimenti di letteratura costituiscono la legge generale, i casi locali la confermano con significatività statistica: lavoratori e cittadini alessandrini esposti hanno una frequenza di patologie maggiore di coloro che non sono esposti a PFAS. Nella scienza una certezza assoluta non esiste ma è altrettanto vero che esiste una altissima probabilità del rapporto di causa fra l’esposizione e PFAS tale da escludere il falso positivo.

Ad oggi, la Regione Piemonte, in complicità con sindaco e azienda, rinvia anzi evita il monitoraggio del sangue a tutta la popolazione, il cui esito sarebbe sentenza capitale per Solvay. Queste storiche omissioni di atti di ufficio appaiono tanto più gravi alla luce del drammatico campionamento Pfas del sangue di lavoratori e cittadini che abbiamo nel 2022 commissionato all’Università di Liegi. L’estensione dello screening ematico fornirebbe dati utili ad individuare strategie efficaci di prevenzione e cura ma anche, in sede processuale, fornirebbe ulteriori dati per valutare in solido le responsabilità e i danni di Solvay nei confronti dei lavoratori e dei cittadini.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

La storia delle lotte dal 1990 in Italia contro i Pfas è compresa nelle circa 500 pagine del Dossier “Pfas. Basta!” a cura di Lino Balza del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”. E’ disponibile a chi ne fa richiesta.

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Il ruggito del coniglio del sindaco pro pfas di Alessandria.

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Il ruggito del coniglio del sindaco pro pfas di Alessandria.

“Non perdo tempo. Adotterò una specifica ordinanza”: l’annuncio di Giorgio Abonante fa sobbalzare. Non può che essere l’ordinanza di fermata delle produzioni Pfas (cC6O4 e ADV) della Solvay di Spinetta Marengo. E’ suo dovere: lui per legge è la massima autorità sanitaria locale: conosce dalle indagini epidemiologiche dove e come si muore. Ma finora aveva messo la testa sotto la sabbia. Ora è in possesso del drammatico monitoraggio aria dell’Arpa: non è una novità bensì l’ennesima conferma del grave inquinamento atmosferico e idrico che scorre dal sobborgo alessandrino fino al lontano Comune di Montecastello. Però questa volta, evidentemente, per il sindaco la misura è colma: “Non perdo tempo” esclama in una intervista ad una emittente locale. Una ordinanza di chiusura della Solvay: clamoroso. Si richiamano alla memoria i precedenti del sindaco Mirabelli per impianti in marcia senza autorizzazione e del pretore Di Serafino per sversamenti incontrollati in Bormida.

“Adotterò una specifica ordinanza”. Però, se procediamo nella lettura dell’intervista, apprendiamo la vera natura del provvedimento: “L’ordinanza potrebbe prevedere alcune limitazioni o obblighi a carico della popolazione, come era capitato quando venne trovato Cloroformio in alcune cantine di Spinetta”. Abonante impose agli abitanti di non accedere alle proprie cantine senza mezzi di protezione per il cloroformio che risaliva dalle falde, ma non prescrisse alla Solvay di eliminare lo scarico della sostanza tossica e cancerogena -secondo l’Arpa- dal cielo e nell’acqua. Cosa ordinerà ora agli abitanti per limitare i Pfas tossici e cancerogeni che piovono dal cielo: di respirare meno? Oppure ordinerà a Eolo di modificare direzione ed intensità dei venti (Sud Ovest-Nord Ovest per Spinetta e Nord-Nord Est per Montecastello) di modo che le postazioni di monitoraggio Arpa non siano più sottovento rispetto alle ciminiere di scarico?  

E’ grottesco questo ruggito del coniglio, è scandaloso questo sindaco, al quale balena appena “l’ipotesi più estrema, imporre eventuali limitazioni alla produzione di queste sostanze”Tappare le ciminiere, no? Non si sente né Mirabelli né Di Serafino, e scarica le proprie peculiari responsabilità su Arpa, Asl, Provincia, Regione, con le quali in realtà si narcotizza annusando il programma “Solvay One Planet” della multinazionale: “Emissioni in atmosfera verso impatto zero nel 2030”. Si avvale, per la prossima conferma elettorale, della compiacenza dei giornali locali che, nelle loro censure, non riescono certo a oscurare la nostra martellante denuncia. 

Chiude in America e Solvay i PFAS li fa in Alessandria.

Falli tu gli Pfas

Come avevamo già annunciato e commentato mesi fa, Solvay, costretta dal governo dello Stato del New Jersey, cessa nello stabilimento di West Deptford (Filadelfia) l’utilizzo dei Pfas negli Stati Uniti sostituendoli con nuove tecnologie. Il New Jersey, avendo rilevato l’inquinamento da Pfas in una vasta area adiacente allo stabilimento, ha portato in giudizio l’azienda, chiedendo bonifiche e danni. Nell’accordo Solvay sborserà 493milionidi dollari. La CEO di Solvay Ilham Kadri ha dichiarato che “l’indennizzo non va considerato come una ammissione di colpa”ma come disinteressato atto di filantropia. L’impegno di rinunciare all’impiego dei Pfas in tutti i siti di produzione degli Stati Uniti d’altronde era stato preso per il 2021.

Invece, a Spinetta Marengo, con la complicità di Comune, Provincia e Regione, Solvay ribadisce la sua decisione di non fermare le produzioni di C6O4 e ADV. A spese delle pompe funebri e servizio sanitario nazionale.

Nota Bene. Dopo 9 anni a West Deptford, Andrea Diotto, grande esperto di inquinamento, è venuto a guadagnarsi la pagnottella a Spinetta Marengo, e il Rotary l’ha subito coronato presidente.

Non solo i Pfas anche i Bisfenoli e uccidono.

Ancora una volta rilanciamo l’allarme. Avevamo cominciato ad Alessandria  anni fa con esposti a Procura-Prefetto-Arpa. L’Arpa aveva confermato quanto avevamo denunciato: alla Solvay di Spinetta Marengo nel cocktail con i PFAS (PFOA, C6O4, ADV) tra gli interferenti endocrini c’è anche il Bisfenolo nelle sostanze in uso. Sul nostro Sito c’è ampia documentazione.

Questa volta riprendiamo un articolo dalla Toscana (clicca qui) dal titolo: “Allarme contenitori cibi: c’è il bisfenolo A

Come i Pfas hanno contaminato l’Italia.

Partendo da Spinetta Marengo, come il Po è diventato il fiume più contaminato d’Europa.

  • Sono le ore 7 di un mattino estivo e nel parcheggio dell’Istituto sulle Acque del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Brugherio i ricercatori Sara Valsecchi e Stefano Polesello caricano due auto per una nuova missione. Destinazione: Piemonte. Una Panda bianca parte alla volta del fiume Po per raccogliere le acque che arrivano nel mar Adriatico, mentre in una Renault Kangoo verde, Valsecchi e Polesello si dirigono verso Alessandria dove i fiumi Bormida e Tanaro confluiscono nel Po. “Il cC6O4 ormai qui è ovunque, lo troviamo nelle uova degli uccelli selvatici che abitano sul Bormida, ma anche nei terreni agricoli vicino allo stabilimento di Solvay”, spiega Valsecchi mentre etichetta le provette di acqua raccolta dallo scarico. Clicca qui il video e leggi:
  • Cosa sono i Pfas
  • La contaminazione Pfas in Italia
  • I Pfas e la salute
  • I processi per inquinamento ambientale
  • I Pfas nel cibo
  • Le possibili soluzioni 

La lettura dura 29 minuti ed è importante e abbastanza completa. Ci permettiamo di integrare l’informazione, sottolineando che, nel 2009, è il primo di una serie di esposti a firma di Lino Balza alla Procura della Repubblica di Alessandria che ha denunciato la presenza nel sangue dei lavoratori Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria) di PFOA, ADV e cC6O4. E abbiamo individuato con un video lo scarico Solvay in Bormida. In pari data, abbiamo condotto una campagna nazionale per la messa al bando dei PFAS, denunciando anche ai massimi livelli sanitari la presenza del veleno nel sangue dei lavoratori, a loro volta addirittura donatori di sangue. Il libro “Ambiente Delitto Perfetto” e il Sito del Movimento di lotta per la salute Maccacaro ne parlano diffusamente.

Dunque, come dimostrato dalla nostra denuncia del 2009, malgrado la denuncia il cC6O4, brevettato nel 2011, è stato prodotto senza autorizzazione fino al 2020: un decennio in cui Solvay arriva a produrne 40 tonnellate l’anno. Alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie, dunque, hanno mentito il direttore dello stabilimento Andrea Diotto e Claudio Coffano responsabile delle autorizzazioni ambientali della Provincia di Alessandria.

Infine, in Italia nella scorsa legislatura è già stato presentato in Senato da Mattia Crucioli un Disegno di Legge che vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

Il dossier “Pfas. Basta!”, di oltre 400 pagine, è disponibile per chi ne fa richiesta.

Anche i Bisfenoli e non solo i Pfas uccidono.

Il Bisfenolo è ingrediente chiave per plastiche e resine.  Come è noto, dopo i nostri esposti a Procura-Prefetto-Arpa, l’Arpa aveva confermato quanto avevamo denunciato: alla Solvay di Spinetta Marengo nel cocktail con i PFAS (PFOA, C6O4, ADV) tra gli interferenti endocrini c’è anche il Bisfenolo nelle sostanze in uso. In un quarto esposto, clicca qui, avevamo segnalato la risposta della sorpresa Arpa: la Solvay ammetteva l’uso del Bisfenolo AF (non si sa se autorizzato e tanto meno monitorato n.d.r) ma non del Bisfenolo A. A nostra volta, ribadivamo che “Dal punto di vista di danni alla salute, non vi è alcuna differenza tra Bisfenolo A e Bisfenolo AF [tra 2,2-Bis(4-idrossifenil) propano e 2,2-Bis(4-idrossifenil) esafluoropropano, secondo la Nomeclatura IUPAC International Union for Pure and Applied Chemistry]”.

Ebbene, dopo un accurato esame delle evidenze scientifiche e alla luce dei contributi ricevuti da una  pubblica consultazione,  le conclusioni della nuova valutazione dell’ Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) hanno confermato l’allarme tossico e cancerogeno del Bisfenolo A e hanno abbassato la Dose giornaliera di tollerabilità (Dgt ovvero la quantità che può essere ingerita quotidianamente per tutta la vita senza rischi sensibili per la salute) di circa 20mila volte. Dai 4 microgrammi (4 milionesimi di grammo) per chilogrammo di peso corporeo al giorno stabiliti nel 2015 a 0,2 nanogrammi (2 miliardesimi di grammo).

La UE aveva già vietato la produzione di  biberon in policarbonato. Alcuni stati europei avevano già introdotto ulteriori restrizioni nazionali: la Francia ha bandito il Bisfenolo in tutti gli imballaggi e i materiali a contatto con gli alimenti, Danimarca e Belgio hanno bandito il bisfenolo A in materiali a contatto con alimenti per lattanti e bambini piccoli, la Svezia lo ha vietato in rivestimenti e vernici di articoli e imballaggi per alimenti destinati a lattanti e bambini piccoli.  

In Italia il bisfenolo è utilizzabile nella fabbricazione industriale di prodotti in policarbonato per beni di consumo comuni, quali stoviglie di plastica riutilizzabili, bottiglie per bevande, attrezzature sportive, CD e DVD, ovvero in resine epossidiche per il rivestimento interno dei tubi dell’acqua e dei contenitori in latta di alimenti e bevande, e anche nel rivestimento degli scontrini di vendita.

Buttate via le padelle antiaderenti.

Pericolosissime per i PFAS quando surriscaldate o rigate a causa del Teflon (politetrafluoroetilene PTFE) secondo gli studi scientifici e le linee guida delle agenzie di protezione ambientale, come l’americana EPA (Environmental Protection Agency) o l’EEA (Agenzia Europea per l’ambiente). Per le loro caratteristiche di inalterabilità nel tempo, i Pfas vengono definiti “forever chemicals”, indistruttibili. 

Il Teflon è il composto più diffuso: non solo per padelle antiaderenti ma anche nei tessuti impermeabili e traspiranti per abbigliamento o vernici antimacchia, nonché come materiale da laboratorio per la sua capacità di resistere ad acidi, basi e sostanze organiche. Il Teflon è “inventato” dalla Dupont nel 1938 e in Italia diventa l’impianto più rappresentativo del polo chimico di Spinetta Marengo (AL).  

Gli effetti dannosi dei PFAS (diversi tipi di cancro, infertilità e malformazioni fetali ecc.) erano già stati scoperti fin dagli anni ’70 e ’80 da studi su animali e evidenze cliniche raccolte da aziende come 3M, DuPont e Solvay, che però omisero di avvisare le autorità statali o di diffondere i dati alla comunità scientifica. Finchè a fine anni ’90, con una prima causa intentata contro DuPont, l’avvocato Robert Billot ha avviato una delle più grandi class action della storia USA, che ha portato alla luce l’avvelenamento delle falde acquifere e degli ambienti di lavoro causato dall’acido perfluoroottanico (PFOA), una sostanza utilizzata nella produzione del Teflon. Con la class action in Italia si aggiungerà un altro capitolo alla storia raccontata nel libro di Billot e nella trasposizione cinematografica di Cattive acque (2019).

Nuovo esposto sui PFAS alla Procura della Repubblica di Alessandria.

Presentato al Procuratore capo Enrico Cieri dal “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” (16° esposto, 7 aprile 2023, via PEC): clicca qui. Oggetto: emissioni inquinanti in atmosfera. Infatti, come conosciuto nei monitoraggi, dalle 72 ciminiere dello stabilimento e dai 15.000 punti di perdite incontrollate fuoriescono sostanze inquinanti tossiche e cancerogene PFAS: PFOA, ADV, C6O4, Acido Fluoridrico, Acido CloridricoNH3, Alcoli, Anidride fosforica (P2O5), Composti Iodurati (C4F8I2), Zn, Idrossido di Potassio (KOH) NOx, CO2, SOx, Polveri. Composti fluorurati (c2f4, c3f6, c4f8): 107 kg/giorno; 40 t/anno.

In questo micidiale cocktail, per il PFOA, l’ADV e il cC6O4 di produzione Solvay di Spinetta Marengo, che dal cielo ricadono sulla popolazione ogni giorno per 5 microgrammi per ogni metro quadrato, richiamiamo l’attenzione della Procura su

  1. Pubblicazione scientifica di ARPA e UNIVERSITA’ di Torino “Prevenzione in Corso”, fascicolo 9, gennaio 2022. (clicca qui).
  2. Studio ARPA Deposimetri a Spinetta Marengo: i risultati delle prime attività sperimentali gennaio 2023 (clicca qui).

Rimarcate le responsabilità nel disastro ecosanitario delle amministrazioni locali: Comune, Provincia, Regione. In particolare del sindaco che non emette ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti. 

Così i Pfas viaggiano e contaminano Milano.

Gli inquinanti presenti nelle acque scorrono travalicando i confini, ma anche le attività di smaltimento dei rifiuti sono tra le cause dell’espansione delle contaminazioni

Irene Fassini 16 marzo https://www.milanotoday.it/dossier/ambiente/contaminazione-pfas-milano.html

La presenza di PFAS nelle acque lombarde è nota all’Arpa regionale, che li monitora insieme ai recenti composti: il C6O4 (e ADV) è una nuova molecola brevettata dalla Solvay presso il Centro di Ricerca di Bollate e prodotta a Spinetta Marengo, in sostituzione dei più noti e altrettanto tossici e cancerogeni Pfas (FOA).

Solvay affila le armi in attesa del processo.

Dopo la prima condanna in Cassazione, nel secondo processo a carico della Solvay di Spinetta Marengo, il polo chimico è al centro di un’inchiesta chiusa tre mesi fa dalla Procura della Repubblica di Alessandria: viene contestata l’ipotesi di disastro ambientale colposo. In particolare è sotto accusa la tenuta della cosiddetta “barriera idraulica“ avviata nel 2007 e implementata successivamente: a più riprese si è dimostrata del tutto inefficace in quanto sono avvenute continue  fuoriuscite all’esterno dello stabilimento  di contaminanti storici come il cromo esavalente nonché di Pfas C6O4, ADV e PFOA.

Le difese hanno depositato una lunga memoria ai magistrati e l’hanno propagandata in conferenza, gli esperti (tra cui Patrizia Trefiletti, già sfortunata protagonista nel primo processo) hanno rassicurato sulla bontà delle recenti innovazioni tecnologiche applicate al sito di Spinetta e il monitoraggio in tempo reale per la gestione ottimizzata della barriera, che va a integrarsi gli attuali sistemi di gestione della barriera per la quale, sostengono, vengono già applicate le migliori tecnologie disponibili. Insomma, andava già bene prima, checchè ne dicano i magistrati, in futuro andrà anche meglio, anzi, “anche in risposta all’estremizzazione del clima”, a eventuali piogge intense, sosterranno in tribunale.  

Pfas in discariche: unico sospettato Solvay. E i complici?

Chi smaltisce nelle discariche i Pfas C6O4 e ADV che solo Solvay di Spinetta Marengo produce? Non può che essere la Solvay. La domanda se l’è posta per prima ARPA Piemonte quando l’indagine regionale 2022 dei percolati di discarica ha analizzato la presenza di “classe 4”, cioè superiore ai 50 microgrammi per litro di “altri Pfas” in tre discariche in provincia di Torino. “In questi tre impianti e nelle altre discariche in provincia di Torino e in provincia di Asti si riscontra, inoltre, la presenza della molecola cC6O4“, brevettata da Solvay.

Le altre discariche del Piemonte si attestano sulla classe di concentrazione 3 (>5 e <50 microgrammi/litro ndr) per la sommatoria dei PFAS, ad esclusione di PFOA+PFOS“. “In una discarica in provincia di Torino si rileva inoltre la presenza della molecola ADV“, anch’essa di esclusiva  produzione Solvay.

Il sospettato numero uno è avvertito: l’Arpa estenderà l’indagine anche nel 2023. Nel frattempo dovrebbero essere all’opera i carabinieri.

Infatti, sono state pubblicamente poste domande alle quali non è stato rispostoA SolvayCome ci sono arrivati i Pfas nelle discariche, visto che l’unico punto di produzione è a Spinetta Marengo? E ancora: come vengono trattati questi percolati? Dove vengono smaltiti? All’ArpaPerchè Arpa nasconde l’ubicazione delle discariche alessandrine? A Comune, Provincia e RegionePerché è stato dato il permesso di spostare il cC6O4 se c’è la certezza che è pericoloso? Siccome i metodi di smaltimento non sono stati inseriti nell’Aia (Autorizzazione Ambientale Integrata che viene concessa dalla Provincia), allora  lo si sta portando in giro per la Regione in questo modo? Ancora una domanda: chi lo deve smaltire, sa come farlo? Lo fa correttamente?

Al processo confermati i danni dei Pfas a tiroide e fegato.

Uno studio di esperti nella zona rossa ha confermato la relazione tra i PFAS (i “vecchi” perfluoroalchilici a catena lunga, come Pfoa e Pfos e i “nuovi” a catena corta, vale a dire C6O4 e GenX)  e i livelli nel sangue  di colesterolo, funzione tiroidea, funzionalità epatica. In Corte di Assise di Vicenza, al processo Miteni di Trissino per avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari, è stata sentita Cristina Canova, a capo di un gruppo di ricerca internazionale che nel 2018 si è aggiudicata un bando, emesso dal “Consorzio per la ricerca sanitaria” per conto dall’Area sanità e sociale della Regione per progetti innovativi sui Pfas. Il progetto ha riguardato gli effetti per esposizione a Pfas nell’area rossa collegato al piano di sorveglianza regionale. Il progetto ha confermato l’associazione tra concentrazioni sieriche di Pfas e biomarcatori come colesterolo totale, Hdl, Ldl, funzione tiroidea Ttsa, funzionalità epatica e pressione.

“Vogliamo d’urgenza le analisi Pfas del sangue”. Ma il sindaco fa lo gnorri.

“I pomodori di Spinetta li ho mangiati, vorrei sapere come i Pfoa sono entrati nel mio corpo”

Detto volgarmente: prende per il culo i cittadini. Questi, con una petizione, chiedono che tutta la popolazione alessandrina sia sottoposta a monitoraggio con urgenza: a maggior ragione perché l’indagine dell’università di Liegi, da noi commissionata, ha accertato, con analisi a campione di lavoratori e abitanti, che i Pfas scorrono nelle loro vene. Da che parte stai, sindaco? dalla parte di Solvay? Ebbene come risponde Giorgio Abonante?: clicca qui il video. Eppure ha di fronte persone che piangono parenti di vittime decedute e ammalate del polo chimico di Spinetta Marengo, e che loro stesse -con il sangue avvelenato- sono in predicato di fare la stessa fine. “Vivo a Spinetta da quando ho 5 anni,” è stato contestato da uno dei firmatari della petizione: clicca qui, “ho partecipato all’indagine e ho scoperto di avere nel sangue livelli di Pfoa preoccupanti. Non devo più entrare in contatto con questa sostanza perché potrei essere soggetto ad alcune malattie come il cancro alla tiroide, ai reni, colesterolo eccetera, e vorrei sapere come curare me e i bambini della mia città”. Nella stessa condizione infatti si trovano i bambini e gli adulti di Alessandria. Cosa avrebbe dovuto fare, da tempo, un sindaco onesto e responsabile da anni in possesso di inequivocabili indagini epidemiologiche e ambientali? Avrebbe dovuto emettere una ordinanza urgente di chiusura degli impianti inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo. E, subito dopo, far sottoporre la cittadinanza a monitoraggio, per il quale ci vogliono, ammette anche lui, tempo e soldi. Il tempo è scaduto. Ma l’intero consiglio comunale se ne lava le mani: la vecchia e la nuova maggioranza complici della Solvay.        

L’ARPA: ad Alessandria Pfas in acqua, in aria, in suolo (e dunque nel sangue).

Dall’anno scorso Arpa Piemonte, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, ha avviato un’attività sperimentale di monitoraggio delle deposizioni di PFAS nella zona di Spinetta Marengo, in prossimità del polo chimico Solvay di Spinetta Marengo. Cioè il trasferimento di queste sostanze tossiche e cancerogene dai camini all’atmosfera e dall’atmosfera con ricaduta al suolo, alla vegetazione, all’acqua. Attraverso la loro presenza in aria, i pfas si accumulano nella catena alimentare: un dato che va collegato quindi a un altro studio della regione Piemonte in base al quale nell’aprile 2022 era emersa la presenza di c6o4 nelle uova e nel latte delle aziende agricole vicine al polo chimico.

Il monitoraggio è stato avviato attraverso il posizionamento di due punti -insufficienti- di controllo in via Genova e in strada Bolla.  I risultati hanno evidenziato cC6O4 e ADV N2, con valori mediamente sempre maggiori presso la postazione di via Genova, e in alcuni campioni anche la presenza di PFOA, PFBA e PFNA con valori prossimi al limite di quantificazione (LOQ).

Inoltre l’Arpa ha completato per il 2022 i campionamenti delle acque sotterranee a Spinetta Marengo ed aggiornati gli esiti con i dati di giugno: INQUINAMENTO DA PFAS “ADV N2” A GIUGNO 2022 oltre 55.000 nanogrammi/litro all’interno del sito, e oltre 5.000 all’esterno. Clicca qui.

Neppure questi dati convincono il sindaco a emettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti. 

Tragica pantomima del sindaco di Alessandria.

Continua la “pantomima pfas” al Comune di Alessandria. Il sindaco dovrebbe, in forza delle indagini epidemiologiche e ambientali già sul suo tavolo (clicca qui Disastroso l’attuale inquinamento della Solvay di Spinetta Marengo.), emettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo. Invece continua a parlare senza mai arrivare al dunque, ovvero cerca di cambiare discorso per evitare l’argomento sgradito (mena il can per l’aia, insomma). In questo senso fa convocare dalla Commissione Ambiente il Comitato che ha presentato una raccolta firme per affrontare l’inquinamento della Fraschetta. La Commissione trasmetterà al Sindaco, che ne prenderà atto per trasmetterla alla Regione a corto di soldi, la raccomandazione di effettuare un biomonitoraggio dei pfas nel sangue della popolazione, una ulteriore indagine epidemiologica/ambientale e quant’altro eccetera chiesto dall’ingenuo Comitato. Cioè dati già acquisiti e sufficienti per emettere l’ordinanza, semmai ulteriormente utili per rivendicare risarcimenti.

In Veneto, a differenza del pilatesco Piemonte, intanto continua il piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione dell’area rossa (circa 300 mila persone di Vicentino, Veronese e Padovano), esposta direttamente a Pfas. L’ultimo rapporto, risalente al 21 novembre, mette in evidenza come per il primo round di screening, su più di 100 mila persone invitate a sottoporsi all’esame, hanno già aderito poco meno di 61 mila.

Pfas sulla pelle e sulle spalle della collettività.

La bonifica della ex Miteni di Trissino, sanzionata dal tribunale e pagata dall’inquinatore, sembra sulla falsariga di quella mai realizzata dalla Solvay di Spinetta Marengo malgrado sentenza di Cassazione. Innanzitutto, in entrambi i casi i reati sono stati dalla magistratura sminuiti a colpa (negligenza e imprudenza) invece che aggravati in dolo (precisa e cosciente volontà di compiere un’azione criminosa). Poi aggiungi che la (blanda) condanna si fermerebbe ai pesci piccoli (direttori lautamente pagati allo scopo) e lascia liberi proprio gli squali amministratori che pur avrebbero in saccoccia la rimpinguata borsa per risarcire i danni e i costi di bonifica. Ciò si ripeterà ad Alessandria nel processo-bis che sta per avviarsi. Però, mentre ad Alessandria sarebbe chiaro chi dovrebbe pagare (Solvay), nel processo di Vicenza la situazione è complicata dal fatto che lo stabilimento, che sta ancora con Pfas contaminando -senza bonifica- tre intere province del Veneto, è stato semi smantellato e rivenduto a indiani (irreperibili in Italia) a seguito del pilotato fallimento della Miteni (tanto milionaria quanto nullatenente). Difficile immaginare nel processo in corso un adeguato risarcimento da parte dei marginali imputati in caso di condanna. Il disastro ecosanitario resterà sulla pelle e sulle spalle della collettività. Clicca qui.

Un ennesimo delitto perfetto da aggiungere alle 508 pagine del libro “Ambiente Delitto Perfetto.  

I Pfas sono una calamità ambientale e sanitaria: intervenga il Parlamento.

Egr. Onorevoli e Senatori,

già nella trascorsa legislatura è stato presentato dall’ex senatore Mattia Crucioli un DISEGNO DI LEGGE CHE METTE AL BANDO I PFAS IN ITALIA. (clicca qui).  Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione dei perfluoroalchilici (PFAS) nonché degli innumerevoli prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Accoglie in ciò le censure di Commissione interparlamentare ecomafie e Commissariato Onu, insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, dunque dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi (emblematico l’ecocidio veneto perpetrato dalla Miteni di Trissino).

Al bando, ovviamente, la produzione. In Italia l’unico stabilimento che produce i Pfas è la Solvay di Spinetta Marengo in Alessandria, da dove proprio fin dagli anni ’80 è partita la nostra denuncia contro gli inquinamenti. Ad Alessandria il sindaco potrebbe, dovrebbe, fermare con ordinanza gli impianti che producono e utilizzano i Pfas (PFOA, C6O4, ADV) e li scaricano in aria/acqua/suolo: nell’immediato, perché intercorreranno i tempi processuali prima che tribunali di Vicenza e Alessandria provvedano alle sanzioni e ai risarcimenti.

Però, nel richiamare il precedente dell’amianto, È L’INTERVENTO LEGISLATIVO A LIVELLO NAZIONALE INNANZI TUTTO NECESSARIO E URGENTE, perché l’emergenza Pfas è oramai conclamata dalle Arpa in Veneto, Piemonte, Lazio, Trentino, Lombardia ecc.

Onorevoli e Senatori,

per valutare l’urgenza sanitaria di intervenire, vi invitiamo di ascoltare, dalla viva voce del dottor Vincenzo Cordiano, la relazione di ISDE Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (clicca qui). La relazione, corredata  di esemplari tabelle esplicative, mostra quanto queste sostanze, i Pfas vecchi e nuovi, siano bioaccumulabili e indistruttibili, tossiche e cancerogene, come si accumulino nei tessuti umani, in particolare polmoni, reni, tiroide ecc., quanto siano individuate da tutti gli studi epidemiologici nazionali e internazionali, per inequivocabile nesso causale, come agenti di malattie e morti per cancri a rene, testicoli, tiroide, ecc. nonché come interferenti endocrini già a livello embrionale e puberale, eccetera.  La drammaticità è sottolineata dalla relazione nel fornire una guida clinica per la prevenzione sanitaria. Ma, ATTENZIONE, ONOREVOLI E SENATORI, LA PREVENZIONE PRIMARIA TOCCA AL PARLAMENTO. 

Per ulteriori approfondimenti, è a vostra disposizione (come di tutti coloro che ci faranno richiesta) il Dossier “Pfas. Basta!”: in oltre 350 pagine è una piccola enciclopedia che racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2022 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, Governo, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali.  La lunga storia dei PFAS (PFOA e C6O4 e ADV) è tratta in breve da stralci dei libri “Ambiente Delitto Perfetto” (Barbara Tartaglione – Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia) e “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”, nonché del Sito “Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la pace e la nonviolenza” www.rete-ambientalista.it gestito dal “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro”.

Il filo rosso, doloso, che lega i processi Pfas di Alessandria e Vicenza.

La testimonianza resa al processo di Vicenza dal maresciallo Manuel Tagliaferri, del Nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri, ha fornito elementi di innegabile interesse anche per gli investigatori che indagano sull’inquinamento Solvay a Spinetta Marengo. C’è infatti un filo rosso che lega i due principali casi italiani di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (pfas): Miteni a Trissino (Vicenza) e Solvay a Spinetta Marengo (Alessandria). In particolare, le due società chimiche hanno collaborato per anni nella produzione del Pfas, il cC6O4, che ha contaminato il sangue e le falde acquifere veneti e piemontesi, rendendosi complici dei reati commessi. 

Secondo i verbali Arpa, nel 2013 Miteni produceva senza autorizzazione il C6O4 (sperimentato nel centro di ricerca Solvay di Bollate) che sarà poi ritrovato sia nel sangue dei cittadini sia nelle acque potabili di tre province venete. E già nel 2009 era stato trasferito da Spinetta a Trissino il direttore Luigi Guarracino (ancora non condannato nei processi di Bussi e Spinetta), e così Miteni agirà come ditta in conto terzi per SolvayInfatti già dal 2010 Miteni deteneva la scheda di produzione fornitale da Solvay e nel 2011 il consiglio di amministrazione di Miteni approvava il contratto con Solvay Solexis. Dopo di che, i dirigenti Solvay visitano l’impianto Miteni per discutere su come ampliare la produzione del loro nuovo prodotto, che doveva essere ancora registrato come imporrebbero le norme europee, e che avrebbe dovuto avere l’autorizzazione e sottostare al monitoraggio ambientale delle istituzioni. Nel 2011 vengono spedite da Spinetta Marengo a Trissino quasi cinque tonnellate di resina di cC6O4, lavorata e riconsegnata al mittente.

Con il fallimento Miteni del 2018 l’intera produzione di cC6O4 è allocata ufficialmente a Spinetta nel 2020. E i dieci anni di rifiuti C6O4 di Trissino? Miteni nel 2018 spedisce in provincia di Alessandria camion cisterna della ditta Getras alla società Nuova Solmine che non ha l’autorizzazione ambientale per la lavorazione di rifiuti Pfas. L’Arpa Piemonte ha rilevato nelle acque dello Scrivia decine di nanogrammi di Pfas per ogni litro di acqua. Oltre ad aver ricevuto i carichi della Miteni, la Nuova Solmine collabora anche con Solvay. La tracciabilità dei rifiuti deve essere presentata nella richiesta di autorizzazione integrata ambientale da ottenere per intraprendere alcune attività pericolose. Attualmente Solvay Solexis non ha ancora ottenuto questa autorizzazione, che non è stata più discussa dal 27 gennaio 2022 nella Conferenza dei servizi dove istituzioni e ditte si confrontano e redigono l’autorizzazione.

Già nell’anno 2011 il C6O4 è rintracciato nel sangue degli operai esposti e nel 2013, l’anno del verbale di Arpa, la media nel sangue degli operai è 16 nanogrammi per milligrammo. Purtroppo il filone sanitario non rientra nel processo di Vicenza (come successe nel processo di Alessandria conclusosi in Cassazione) ma fa parte di un’inchiesta aperta nel 2020 e chiusa di recente, sempre condotta dal Nucleo ecologico dei carabinieri di Treviso, sulla sorveglianza interna allo stabilimento, gestita per oltre trent’anni dal medico Giovanni Costa.

Costa è un elemento centrale del filo rosso che lega Solvay con Miteni. Perfettamente al corrente dei rischi per la salute, al punto che nel 2000 partecipava al gruppo internazionale di monitoraggio composto dalle otto maggiori produttrici di Pfas, e sovvenzionato da Solvay con oltre 100mila dollari. Mentre rassicurava i lavoratori e sfuggiva ad un nostro confronto pubblico, dai suoi computer i carabinieri hanno sequestrato i dati 2005 sui rischi sanitari degli operai della multinazionale Dupont negli Usa più volte costretta a risarcire per centinaia di milioni i cittadini ammalati per la contaminazione da Pfas nelle falde acquifere, nonché relazioni del 2006 e 2007 del tenore: “Per il Pfos gli studi dimostrano tossicità per lo sviluppo prenatale nel ratto e nel coniglio. Sono state inoltre osservate diminuzioni significative del peso corporeo fetale e aumenti significativi di anomalie esterne e viscerali, ossificazione ritardata e variazioni scheletriche”. “Emerge la correlazione significativa tra i bambini nati con livelli più elevati di Pfos e Pfoa e la diminuzione del peso alla nascita e della circonferenza cranica”.

Nuovi allarmi Pfas in Lombardia.

In Lombardia, nel monitorare i conseguenti impatti sui corpi idrici fluviali, l’Arpa ha rilevato i Pfas in 6 su 25 depuratori delle acque reflue Si aggiungono ai rilevamenti nelle acque superficiali e sotterrane, con approfondimenti anche su percolati e piezometri più significativi della rete delle discariche.

Si tratta dei depuratori di Lurano (Bergamo, scarico nel fiume Serio-canale Gronda Sud), Mortara (Pavia, scarico nel torrente Erbognone), Casalmaggiore (Cremona, scarico nel canale Dugale Casumenta), Belgioioso (Pavia, scarico nella roggia Molina- Cavo Sesso), Manerbio (Brescia, scarico nel Mella), Olgiate Olona (Varese, scarico nel fiume Olona).

“Non hanno colore, non hanno sapore e neppure odore. Non segnano l’acqua di scie schiumose o nereSi chiamano Pfas” scrivono allarmati i giornali lombardi “e sono trovati dall’Arpa nelle acque di fiumi, laghi e bacini irrigui, Po, Olona, Lambro, Serio e Adda”. Non è una sorpresa, in una regione che alla Solvay di Bollate ospita il Centro ricerche per la produzione dei PFAS tossici e cancerogeni. Tant’è che da sotto Milano scorrono i pfas C6O4

Al bando produzione e utilizzo dei Pfas.

In assemblea il prossimo 7 dicembre.

Siamo ancora qui nel 2022 a chiedere “Vogliamo sapere cosa c’è nel nostro sangue!” Domanda  retorica  perchè lo sappiamo benissimo cosa c’è. Lo sappiamo da decine di anni dopo ben otto indagini epidemiologiche, di cui l’ultima dell’Università di Liegi, e dopo gli inequivocabili referti del sangue depositati anche in magistratura. Lo sappiamo benissimo che in Fraschetta i livelli record di malattie e di morti sono legati allo stabilimento chimico di Spinetta Marengo, e lo sappiamo benissimo quali e quante sono le sostanze che fuoriescono in acque a atmosfera, e su cui gli studi internazionali chimici e sanitari non lasciano margini di dubbio. 

Lo sa benissimo chi non si fa abbindolare dalle istituzioni dichiarandosi “moderatamente soddisfatto”. Lo sa dunque  benissimo il Comitato StopSolvay che come “ragione sociale” e  nel logo evidenzia “STOP”, STOP SOLVAY, fermare la Solvay, chiudere. Appunto, il Comitato-che-chiede-la-fermata-della-Solvay fa l’assemblea il 7 dicembre 2022 per informare la cittadinanza PERCHE’ chiede un provvedimento così drastico. Informa cioè i cittadini e i lavoratori, quelli che sono ancora ignari o increduli, che cosa c’è nel loro sangue. Affinchè partecipino alla lotta per lo STOP. Affinchè partecipano a chiedere

AL SINDACO DI ALESSANDRIA DI EMETTERE UNA ORDINANZA DI CHIUSURA DELLE PRODUZIONI INQUINANTI DELLA SOLVAY DI SPINETTA MARENGO.

Questa è l’utilità etica e politica delle assemblee, alla stregua di quelle che il Movimento di Lotta per la salute Maccacaro sta facendo quasi settimanalmente con il suo sistema di informazione (oltre 37mila partecipanti). Come ha fatto  Legambiente co-promotrice del DDL Crucioli per la messa al bando in Italia  dei PFAS in produzione e utilizzo.     

Gli altri pozzi della provincia alessandrina inquinati dai Pfas.

Oltre al Bormida, a valle dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo i risultati dei campionamenti 2020-2022 ordinati da Asl ed eseguiti da Arpa evidenziano un inquinamento costante dei Pfas lungo l’asse del torrente Scrivia e anche e in prossimità del Tanaro. Bandito dal 2013 e confermandosi indistruttibile, ancora nel 2020-2022 la fa da padrone (0,67 µg/l) il PFOA ad Alzano, Castelnuovo Scrivia, Isola Sant’Antonio, Guazzora, Molino dei Torti, Piovera, Tortona, Villarvernia. Mentre a Pietra Marazzi e a Montecastello sono spuntati anche C6O4 e ADV.