Storia di una fabbrica, di una città e delle sue ferite ambientali.

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“Dopo oltre un secolo di attività, il polo chimico di Spinetta Marengo, ad Alessandria, simbolo dell’industria italiana e oggi della crisi ambientale legata alla Solvay, torna al centro del dibattito pubblico.
 
A raccontarne l’evoluzione è uno storico e testimone diretto, Lino Balza, che ha trascorso 35 anni all’interno dello stabilimento, firmando articoli e libri su una vicenda che intreccia pane, lacrime e sangue di un intero territorio.
Ripercorrere questa storia significa comprendere le radici dell’attuale emergenza ambientale e sanitaria, ma anche le lotte della popolazione alessandrina, decisa a non pagare più il prezzo dell’inquinamento.
 
Attraverso una serie di video l’autore offre un viaggio tra memoria industriale e denuncia civile, tra le contraddizioni di un Paese che ha sacrificato salute e ambiente al progresso economico: un racconto fatto di mobilitazioni, connivenze, corruzioni e silenzi, ma anche di impegno e speranza per un futuro diverso”.

Soprattutto al medico: seconda lettera aperta. Sollecito.

Adriano Di Saverio ha partecipato alla riunione con i Comitati e le Associazioni promossa dalla europarlamentare verde Cristina Guarda.
Nell’occasione, ci chiediamo: si sarà reso conto che la sua replica https://www.rete-ambientalista.it/2025/06/21/rispondo-come-medico-e-politico/, non aveva convinto nessuno  come medico e come Presidente della Commissione Sicurezza e Ambiente del Comune di Alessandria, quando non aveva risposto puntualmente alle questioni poste nella lettera aperta (https://www.rete-ambientalista.it/2025/05/30/fermare-subito-le-produzioni-inquinanti-di-solvay/)?
 
Eppure, nell’occasione, Di Saverio ha letto i 12 punti del Piano di azioni che si sono proposti Comitati e Associazioni per scongiurare con urgenza la tragedia dei Pfas in Alessandria (clicca qui). E che riassumiamo.
 
1) Addivenire in sede civile ad azione risarcitoria collettiva, patrimoniale e non, per le Vittime fisiche di Solvay: cittadini e lavoratori. 2) Intraprendere in sede civile azione inibitoria collettiva in materia ambientale per bloccare il disastro ecosanitario del sito industriale Solvay (su questa azione è programmato un esame congiunto il 5 novembre con lo Studio legale internazionale). 3) Verificare il riesame della formulazione, come dolo, dei processi penali di Alessandria e Vicenza alla luce delle notizie di reato sopraggiunte. 4) Verificare la richiesta alla Procura di Alessandria di riformulazione dei capi di accusa da colposi a dolosi. 5) Ribadire la mancanza da parte del Comune di Alessandria di ordinanza di fermata delle produzioni della Solvay inquinanti dentro e fuori il comune, come imporrebbe il principio di precauzione, esercitando le prerogative di legge che derivano al sindaco nella sua veste di massima Autorità Sanitaria Locale. 6) In forza anche delle Mozioni Popolari presentate, basate sui principi della prevenzione e della precauzione / “limiti zero”, ribadire al Parlamento la richiesta della messa al bando dei Pfas in Italia, della loro produzione e utilizzo, ovvero della fermata delle produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo quale pregiudiziale “conditio sine qua non” del fattuale divieto di Legge. 7) Respingere alla Solvay ogni proposta alle parti civili fisiche di Patteggiamento, che strozzerebbe il processo locale, nonché la stessa Legge nazionale basata sui principi della prevenzione e della precauzione / limiti zero. 8) Diffidare le Istituzioni locali e nazionali a intraprendere contrattazioni di patteggiamento con Solvay, che strozzerebbero il processo di Alessandria e la legge nazionale. 9) Invitare in particolare il sindaco di Alessandria a recedere dal patteggiamento intrapreso. 10) Ingiungere al Governo di destinare immediatamente risorse tecniche, economiche ed umane adeguate al monitoraggio ambientale e sanitario dei Pfas in Italia, a maggior ragione in Veneto e Piemonte dove già urge provvedere a idonee misure cautelari e interventi di bonifica. 11) Incalzare la Regione Piemonte, nel cui territorio i ritardi dei monitoraggi ambientali e sanitari sono ancora più evidenti, di non rallentare ulteriormente l’opaco monitoraggio del sangue della popolazione alessandrina. Va da sé, escludendo ogni patteggiamento con Solvay. 12) Costruire un tavolo di lavoro quale strumento a livello europeo di elaborazione di pratiche, di studio di mezzi legali per chiedere la messa al bando UE dei PFAS.
 
Quando li ha letti questi 12 punti (27 settembre scorso) si è espresso meno che genericamente. Poi che li ha riletti, ora, egregio Di Saverio, medico e Presidente della Commissione Sicurezza e Ambiente del Comune di Alessandria, non le corre l’obbligo di essere più esplicito nei confronti della popolazione? In particolare, sulla “spada di Damocle” dei Patteggiamenti? In particolare, come Presidente, non ritiene che il Comune di Alessandria debba recedere dal patteggiamento intrapreso? A maggior ragione come medico, avendo in mano, tra i tanti, questi terribili dati epidemiologici (clicca qui), che da soli, per il sacrosanto principio di precauzione, indurrebbero un sindaco ad esercitare le prerogative di legge in veste di massima Autorità Sanitaria Locale, ad emettere ordinanza di fermata delle produzioni della Solvay inquinanti? Nota bene: quegli studi sono stati richiesti dalla Procura della Repubblica di Alessandria nell’ambito dell’inchiesta per inquinamento ambientale.

PFAS in Valle di Susa: a che punto siamo.

I PFAS cancerogeni nella Valle di Susa presentano preoccupanti   livelli di contaminazione. Le indagini hanno riscontrato la presenza di PFOA nell’acqua potabile, coinvolgendo circa 70 comuni della Città metropolitana, inclusi centri nella valle. La contaminazione è legata anche ad altri contaminanti specifici come il cC6O4 (unico produttore Solvay a Spinetta Marengo).
Clicca qui “La bottega del Barbieri”.

Tutta la storia di Spinetta Marengo raccontata da Lino Balza nei video realizzati da Mattia Servettini.

Mi è stato chiesto: tu che ad Alessandria sei considerato lo storico per eccellenza, raccontaci come, ripercorrendo gli oltre cento anni di presenza del sito produttivo del sobborgo di Spinetta Marengo, come siamo arrivati all’attuale drammatica situazione ambientale e sanitaria della Solvay.
 
In effetti qualche titolo lo posseggo, avendo vissuto 35 anni lì dentro, avendo scritto un’infinità di articoli giornalistici e un bel po’ di libri (e continuando a scrivere), cioè avendo partecipato anche da protagonista per oltre mezzo secolo a quegli e questi avvenimenti. In effetti, raccontare è utile: far conoscere la storia di una fabbrica che ha dato pane, lacrime e sangue alla popolazione della città; è utile se si vogliono raccontare e affrontare nei giorni nostri le lotte della popolazione alessandrina che non è più disposta a pagare lacrime e sangue.
 
La storia locale di uno dei più importanti stabilimenti chimici italiani e del suo martoriato territorio, vedrete, se seguirete le periodiche puntate sul Sito, vedrete  che è interessante: perchè è anche la storia dell’Italia, dell’economia prima e dopo la guerra, del capitalismo imperante, dei movimenti operai prima del loro apice e dopo, dei movimenti ecopacifisti tra vittorie e sconfitte; delle responsabilità -nome per nome- dei politici, sindacalisti, giornalisti, magistrati; tra mobilitazioni, connivenze, complicità, corruzioni, ignavie.  Insomma, risulterà una miscela storica molto polemica.
 
Al termine delle n PUNTATE avremo il docufilm dell’ultracentenaria storia. Finora, 21 puntate:
 
 
https://youtu.be/qCkJLop36JI?si=tN2LYQnSPaYj_ujA e i sindacati cosa facevano?
15 https://youtu.be/KBmaylOzm7c?si=uX8oBTLWgDE8D56r la grande piattaforma rivendicativa
16 https://youtu.be/FFmCFI2-w-A?si=8OmH_9Ce9mjgNCDQ  il progetto dei cinque consigli di fabbrica
17 https://youtu.be/7wbE8ZvKfLg  ricerca chimica
19 https://youtu.be/EAokMoM9hQo “Unità operaia” vs consiglio di fabbrica
20 https://youtu.be/RxrkVdoh3tg  partito comunista vs sindacati
21 https://youtu.be/vqvtuTQZ9_U?si=2g9qqB89WsvQJYnZ  fine della democrazia diretta
 
Un omaggio ai nostri 42mila lettori. Chi desidera ricevere le trascrizioni dei video, le chieda a lino.balza.2019@gmail.com

Quello che la Regione Piemonte e la CGIL Piemonte non hanno fatto. Quello che potrà fare il sindacato.

La Giunta Regionale del Veneto ha approvato l’avvio dello “Studio di coorte residenziale sulla contaminazione ambientale da PFAS nel territorio dell’ULSS 8 Berica”, realizzato dall’Azienda ULSS 8 in collaborazione con il Servizio Epidemiologico Regionale (SER) di Azienda Zero e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che fornirà supporto metodologico e nella valutazione dei risultati.
Si tratta di un’indagine epidemiologica retrospettiva che ricostruirà la storia di esposizione delle comunità interessate e ne valuterà gli effetti sulla salute, con un approccio integrato ambiente-salute. Lo studio sarà focalizzato sulle aree maggiormente colpite dalla contaminazione idropotabile e permetterà di stimare i rischi legati a diverse patologie, consolidando le evidenze scientifiche a supporto delle politiche di prevenzione. Questo studio si aggiunge agli approfondimenti epidemiologici condotti finora, integrando i dati della sorveglianza sanitaria avviata nel 2017 e gli studi sulla mortalità.
Cgil Veneto: “Finalmente, ma non basta”.
 
“Abbiamo avanzato continue richieste al presidente e agli assessori competenti. Finalmente, quindi, ma non basta: riteniamo necessario che la nuova indagine epidemiologica debba coinvolgere anche tutti i lavoratori ex Miteni, che, come è noto, hanno i valori di Pfas nel sangue più alti in assoluto”.
Non solo. Su patrocinio della CGIL, nel maggio 2025 una sentenza storica: il Tribunale di Vicenza ha stabilito un nesso tra l’esposizione ai PFAS e la morte di un ex operaio, riconoscendo il diritto alla pensione di reversibilità ai suoi eredi. Anche l’INAIL ha riconosciuto 19 lavoratori come affetti da malattia professionale a causa dell’accumulo di PFAS nel sangue, stabilendo un precedente importante, sebbene questo non implichi un risarcimento diretto.  A sua volta, invece, la sentenza penale di Vicenza non soddisfa assolutamente i danni e i risarcimenti degli ex lavoratori Miteni.
 
Perciò, ora resta al sindacato veneto di avviare azione risarcitoria, class action, per tutti i lavoratori ex Miteni. Magari implicando le responsabilità di Solvay (che, a differenza di Miteni, è solvibile).
Per tutti i lavoratori Solvay,  dovrebbe farlo anche il sindacato piemontese, liberandosi finalmente dalle palle al piede.
 
Soprattutto perché gli enormi valori PFOA nel sangue dei lavoratori Solvay di Spinetta Marengo sono stati denunciati e documentati nell’esposto (il primo dei 20) di Lino Balza alla Procura della Repubblica di Alessandria. Ma dal lontano 2009 il sindacato non si è mosso.
Attualmente, la CGIL di Alessandria è costituita parte civile nel processo (il 2°) contro Solvay e, ufficialmente per bocca del segretario della Camera del Lavoro, dichiara di rifiutare il Patteggiamento avviato dalla multinazionale per strozzare il processo. Tale patteggiamento è stato accettato, suscitando scandalo fra i Comitati e le Associazioni, dal Comune di Alessandria; mentre la Regione Piemonte -anche se ben lontana dalle indagini epidemiologiche della Regione Veneto- dichiara, per bocca dell’assessore alla sanità, che non accetta il Patteggiamento. Il Ministero dell’Ambiente non ha preso posizione ufficiale.
Dunque, sarebbe una aspettativa delusa se la CGIL non partecipasse alla class action risarcitoria che Comitati e Associazioni stanno preparando a favore della popolazione alessandrina. 

L’avvocato della difesa che fa tremare Solvay.

Con uno scoop, abbiamo pubblicato il documento “La verità’ sul caso Miteni/Solvay che nessuno ha raccontato” (clicca qui) che l’avvocato Luca Santa Maria, punta di diamante del collegio di difesa della Solvay nei precedenti processi penali, ha trasmesso alle Procure della Repubblica di Alessandria e Vicenza. Ad esso fa seguito il deposito di questo esposto (clicca qui) che approfondisce l’accusa di come Miteni di Trissino non sia stato che “l’esecutore di un disegno pianificato da Solvay e Dupont” nel provocare i disastri ambientali e sanitari dei Pfas. Dei quali il filo conduttore è il pfas cC6O4 della Solvay  Syensqo.
Si tratta di documenti esplosivi (per inciso: l’avv. Santa Maria è stato da Syensqo denunciato alla Procura della Repubblica di Milano per rivelazione di segreto), in sé sono notizie di reato, in condizione di rimettere in discussione lo svolgimento del processo Miteni in primo grado di Vicenza (sentenza di dolo, ma senza Solvay) e del processo Solvay-Syensqo (il 2°) avviato ad Alessandria (imputazione di colpa piuttosto che di dolo). Non si può escludere, dopo indagini collegate tra le due Procure, la riunificazione dei due processi con l’accusa di dolo: dolo intenzionale o diretto o almeno eventuale. Né clamorosi riflessi internazionali. A tacere le responsabilità pubbliche di Comuni, Regioni, Province, Ministero dell’Ambiente: ex art. 40 del Codice penale.
 
I suddetti documenti dell’avvocato Santa Maria sono al vaglio, oltre che delle Procure, anche dei collegi legali delle Parti civili, dei Comitati e delle Associazioni che stanno mettendo a punto il piano di azioni  per scongiurare la tragedia dei Pfas, clicca qui.

Piano di azioni per scongiurare la tragedia dei Pfas.

Foto ricordo.
Il 2026 può essere l’anno che sancisce la immane tragedia sanitaria dei PFAS, paragonabile a quella dell’amianto. In altre parole, fisserebbe la vittoria in Italia della lobby chimica diretta dalla multinazionale Solvay (Syensqo): costruita su quattro assai controversi terreni: sul versante della debole magistratura di Alessandria, sul versante delle compromesse istituzioni politiche locali, e sui versanti delle asservite forze parlamentari italiane ed europee.
 
La tragica vittoria, invece, può essere ancora scongiurata tramite 12 concrete azioni dei Comitati e delle Associazioni che stanno discutendo di mettere in campo.
 
1) Coordinare Alessandria con Vicenza, affinchè, per conto dei Comitati e delle Associazioni, gli studi legali intraprendano urgenti procedimenti giudiziari in sede civile di azione risarcitoria collettiva, patrimoniale e non, per le Vittime fisiche (cittadini e lavoratori) dei disastri ecosanitari dei siti industriali Solvay di Spinetta Marengo ed ex Miteni di Trissino.
 
2) In Alessandria, i Comitati e le Associazioni per impegnare i propri studi legali a verificare di intraprendere urgenti procedimenti giudiziari in sede civile di azione inibitoria collettiva in materia ambientale per bloccare il disastro ecosanitario del sito industriale Solvay di Spinetta Marengo.
 
Continua cliccando qui.

Smettere di mangiare e bere oppure mettere al bando i Pfas? Fermare la Solvay.

Non so se c’è una fabbrica di birra nella Fraschetta alessandrina e immaginarmi le preoccupazioni dei proprietari e i risarcimenti da chiedere a Solvay. Viene in mente, ai tempi delle falde inquinate da cromo esavalente, che né Paglieri profumi né l’allevamento di mucche della Perderbona entrarono come parti civili nel primo processo.
 
I Pfas, tossici e cancerogeni, famigerati come sostanze chimiche eterne, non risparmiano neanche la birra. A lanciare l’allarme è stata un’analisi coordinata dai ricercatori dell’American Chemical Society che ha mostrato come il 95% delle birre prese in esame e prodotte in diverse aree degli Stati Uniti contengano questi inquinanti, con le concentrazioni più elevate riscontrate nelle aree in cui è noto ci sia una contaminazione delle acque. I risultati, apparsi sulla rivista Environmental Science & Technology dell’Acs, evidenziano quindi come l’inquinamento delle risorse idriche possa infiltrarsi in prodotti, anche quelli più comuni, sollevando preoccupazioni sia per i consumatori che per i produttori di birra.
 
Sebbene i birrifici generalmente dispongano di sistemi di filtraggio e trattamento dell’acqua, questi non sono progettati per rimuovere i Pfas. Circa il 18% dei birrifici statunitensi si trova in aree in cui è rilevabile la presenza di Pfas nell’acqua potabile comunale.  I ricercatori hanno modificato il metodo usato dall’Agenzia per la Protezione Ambientale (Epa) degli Stati Uniti, e testato un totale di 23 birre nazionali e internazionali: il 95% delle birre testate (sebbene gli autori non abbiano fatto nomi) conteneva Pfas, tra cui il perfluorottano solfonato (Pfos) e l’acido perfluoroottanoico (Pfoa), famigerati per le patologie al sistema immunitario ed endocrino, la fertilità e l’incidenza di neoplasie.
 
 

Chi dalla birra vorrebbe rifugiarsi nel vino, conosce già possibili i Pfas nel vino 100 volte superiori rispetto all’acqua potabile, in particolare grazie al TFA. Peccato perchè il nostro Paese è il primo produttore di vino a livello globale, e il Monferrato è un’eccellenza.

Vabbè, torniamo all’acqua. Non ci fidiamo dell’acquedotto, come ha già dimostrato Greenpeace. Ricorriamo all’acqua imbottigliata? Dalla padella alla brace. Greenpeace aggiorna: la nostra nuova indagine ha rivelato la presenza di PFAS nell’acqua in bottiglia di 6 marche su 8, tra le più diffuse nel nostro Paese: Ferrarelle, Levissima, Panna, Rocchetta, San Benedetto, San Pellegrino, Sant’Anna, Uliveto. Luce verde solo per Ferrarelle e San Benedetto Naturale, rossissima per acqua Panna.
La sostanza rilevata nelle bottiglie analizzate è il TFA, l’acido trifluoroacetico, ovvero il PFAS più diffuso sul pianeta. Clicca qui
C’è una sola soluzione. Fermare subito le produzioni Pfas (monopolio della Solvay a Spinetta Marengo) e far seguire una “legge zero-PFAS” che ne vieti del tutto l’utilizzo in tutti i settori. Solo così possiamo sperare di tutelare la nostra salute: non c’è altro tempo da perdere.

Attorno alla Solvay nascosto il TFA.

Arpa Piemonte, che monitora l’unica produttrice di pfas in Italia, Syensqo Solvay, tuttora NON cerca il pfas TFA in atmosfera, nelle acque e nel suolo.  Eppure, nello scarico di Solvay s Spinetta Marengo ci sono fino a 198 microgrammi per litro di Tfa già nel 2021, secondo le analisi condotte dal Consiglio nazionale delle ricerche nel 2024. In Veneto, invece, il Tfa è stato cercato nelle acque già nel 2021 (fino a 110 microgrammi per litro) e viene monitorato periodicamente. Ad Alessandria è tutto nascosto.
 
Tfa è uno dei pfas meno conosciuti, ma tra i più pericolosi e presenti nell’ambiente, perchè contenuto in molti pesticidi, e quindi nei terreni e negli alimenti, come ad esempio il vino (pensiamo ai Doc del Monferrato). Sebbene i rischi legati a questa sostanza siano emersi a fine anni Novanta, ad oggi manca ancora una normativa che ne regoli la presenza e l’utilizzo. E l’assenza di norme e limiti specifici è il frutto di una negligenza delle autorità, indotte quanto mento dalla scarsa trasparenza delle lobby chimiche negli ultimi 25 anni.
 
Già nel 1998 il Comitato scientifico per le piante dell’Unione Europea aveva denunciato i rischi ambientali e sanitari del Tfa. Silenzio. Nel 2007 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha indicato il Tfa come un metabolita delle colture che entra direttamente nella catena alimentare.
 
Silenzio. Nel 2014 l’Efsa ha rilanciato l’allarme legato ai pesticidi. Silenzio. Nel 2017 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) ha chiesto ai produttori i dati tossicologici completi. Nel 2021 si è aperto il vaso di Pandora. Malgrado il fuoco di sbarramento di Solvay, Echa ha proposto a tutti gli Stati membri di indicare il Tfa come tossico per la riproduzione, primo step per la sua classificazione come sostanza pericolosa e tossica. Da allora, negli anni successivi diversi Stati hanno imposto limiti e divieti, sia per la presenza del composto nei cibi, sia nelle emissioni industriali.
 
La direttiva è stata ratificata dall’Italia ed è prossima all’entrata in vigore, impone un limite di 10 microgrammi di Tfa per litro. Tuttavia, manca una messa a bando mondiale per tutti quei 39 pesticidi che lo contengono, non ci sono limiti agli scarichi e di emissioni in atmosfera.
 
L’acido trifluoroacetico (TFA) è fra i Pfas il contaminante ambientale emergente che desta crescente preoccupazione a causa della sua ubiquità nelle matrici ambientali e delle sue proprietà chimico-fisiche, tra cui elevata solubilità in acqua, stabilità chimica e persistenza. Ma Solvay fa muro.

La tragica lezione dell’amianto non ha insegnato nulla.

Quando si parla di Spinetta Marengo, il pensiero corre per pochi chilometri nell’alessandrino fino a Casale Monferrato. Quando si parla, per gli indistruttibili Pfas della Solvay, del rischio per le generazioni future, figli nipoti e pronipoti, si porta sempre l’esempio dell’indistruttibile amianto dell’Eternit. Dopo aver mietuto per decenni migliaia di vittime per l’incurabile mesotelioma polmonare, la fabbrica Eternit è stata chiusa e sono stati messi al bando nel 1992 l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, il commercio, la produzione, l’uso dei prodotti con amianto. (Per i Pfas, ad oggi, neppure c’è chiusura di Solvay e bando).
 
Eppure, le morti per amianto hanno continuato: perché solo dal 1° luglio 2025 l’Unione Europea ha messo l’amianto definitivamente al bando, obbligando tutti gli Stati membri a provvedere alla sua rimozione nei tetti e nei rivestimenti. Ma in Italia non c’è ancora una legge che imponga la rimozione. Neppure per le scuole e gli ospedali.
 
Ebbene, fino a quando tutto l’amianto sarà rimosso, smaltito e sigillato, continueranno le morti. Anzi, ancora 20-30 anni dopo la rimozione, perché la malattia può restare in incubazione per tutti quegli anni. Poi la morte è sicura e velocissima.
 
Una strage continua che fa registrare più di 200mila decessi per malattie amianto correlate nel mondo, di cui 7mila riguardano l’Italia nell’ultimo anno. L’Onu, nelle sue stime, tiene conto soltanto dell’asbestosi, del mesotelioma e del cancro del polmone, mentre invece ci sono tutte le altre patologie già contemplate nelle Monografia della IARC (International Agency for Research on Cancer), tra le quali il cancro della laringe, della faringe, dello stomaco, del colon e delle ovaie, nonché le altre patologie asbesto correlate, comprese placche pleuriche, ispessimenti pleurici, stato fibrotico/infiammatorio polmonare e/o pleurico.
 
Clamorosa è stata la recente scoperta a Torino di 3000 metri cubi di amianto sepolto sotto Italia 61, era nascosto nel sottosuolo da 70 anni.

Porte chiuse della Solvay al Movimento Maccacaro.

Avevamo, come “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”, ufficialmente chiesto a Solvay di “disturbare” la terza edizione propagandistica di “Fabbriche aperte” con un nostro intervento nel salone della cerimonia a Spinetta Marengo.
 
Ci hanno cortesemente risposto che non era possibile perché “la struttura dell’iniziativa è finalizzata a creare un momento di incontro e condivisione tra l’Azienda e la collettività mediante l’organizzazione sia di visite guidate sia di tavoli dove i partecipanti si confrontano tra loro secondo regole condivise,  nell’ottica di agevolare l’interlocuzione diretta tra chiunque abbia interesse a prendere parte all’iniziativa e l’Azienda stessa, all’interno degli spazi previsti nel format dell’iniziativa in questione”. Insomma, siccome noi non condividiamo l’Azienda, anzi la contestiamo, zitti e mosca, fly-tipping.
 
Causa questo “per viltade il gran rifiuto”, non possiamo riferirvi la portata del ricco rinfresco offerto dalla multinazionale, magari dell’eventuale degustazione dei vini, senz’altro doc pfas free, di Guido Carlo Alleva, prestigioso avvocato della difesa nel processo in corso e ancor più prestigioso produttore enologico nella sontuosa “Tenuta Santa Caterina” di Grazzano Badoglio (Asti). Clicca qui.

Scandalo Pfas: l’inchiesta che svela i legami nascosti fra la lobby degli inquinanti eterni e la società di consulenza dell’Ue.

Basandosi su documenti e registri ufficiali dell’UE, il Financial Times ha reso noto che società di consulenza Ramboll, dal 2020 incaricata dall’ECHA di fornire consulenze strategiche sui PFASavrebbe fornito consulenze sia all’ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche) sia ai produttori stessi di queste sostanze. Apparirebbe dunque sempre più concreta la conseguenza che le decisioni europee sono in qualche modo “pilotate” dalle lobby. Infatti, ciò avviene proprio mentre l’Unione Europea sta lavorando a una proposta di divieto di migliaia di sostanze sintetiche note come PFAS. Per ciò, la decisione di mantenere in uso certi PFAS invece di proporne un divieto immediato, tipo le deroghe decennali per le schiume antincendio.
 
È chiaro che le forti pressioni esercitate dalla lobby chimica sarebbero un evidente conflitto di interesse in un dossier di grande rilevanza per la salute pubblica e l’ambiente. Si tratta ovviamente di una situazione preoccupante, che rischierebbe di minare la credibilità dell’intero processo regolatorio.
Chissà se L’Unione Europea riesce a svincolarsi dalla morsa della Lobby chimica di Solvay & C. almeno dopo che i risultati dei test condotti su 24 alti funzionari della UE hanno rivelato la presenza anche ogni limite di PFAS in tutti leader provenienti da 19 paesi.  L’iniziativa è stata promossa dal Ministero danese dell’ambiente, in collaborazione con l’Ufficio europeo per l’ambiente (EEB) e l’organizzazione ChemSec.
 
D’altronde oltre 100 organizzazioni europee hanno lanciato il manifesto “Stop PFAS”, chiedendo ai leader europei di sostenere la proposta di restrizione universale. L’appello evidenzia che un divieto parziale non basta: serve una strategia decisa per fermare l’inquinamento e tutelare la salute pubblica, oggi e per le generazioni future. Clicca qui.

Stati Generali dei Movimenti Limiti Zero Pfas.

Su iniziativa di lotta dell’europarlamentare Cristina Guarda si terrà un importante avvenimento di raccordo fra le forze sociali e politiche piemontesi e venete impegnate nella battaglia contro i Pfas in Italia, di cui gli epicentri regionali sono Alessandria (Solvay di Spinetta Marengo) e Vicenza (Miteni di Trissino). 
Nell’ambito dell’incontro, il “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” presenterà, in 11 punti, un Piano di azioni concrete con le quali -su input dei Comitati e delle Associazioni in una sorta di Stati Generali- scongiurare l’altrimenti imminente vittoria in Italia della lobby chimica diretta dalla multinazionale Solvay (Syensqo).
 
L’appuntamento è per sabato 27 settembre 2025 in Alessandria, alle ore 10.30, presso Hotel al Mulino, via Casale 44, località San Michele (immediatamente all’uscita del casello di Alessandria Ovest   dell’autostrada).  

Piano di azione per scongiurare la tragedia dei Pfas.

Il 2026 può essere l’anno che sancisce la immane tragedia sanitaria dei PFAS, paragonabile a quella dell’amianto. In altre parole, fisserebbe la vittoria in Italia della lobby chimica diretta dalla multinazionale Solvay (Syensqo). La tragica vittoria, invece, può essere ancora scongiurata tramite concrete azioni dei Comitati e delle Associazioni.
Infatti, allo stato attuale (si veda l’analisi https://www.rete-ambientalista.it/2025/09/04/il-2026-e-alle-porte-snodo-cruciale-per-i-pfas-della-solvay/  sul Sito www.rete-ambientalista.it  del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”) il possibile trionfo di Solvay è stato costruito su quattro assai controversi terreni: sul versante della debole magistratura di Alessandria, sul versante delle compromesse istituzioni politiche locali, e sui versanti delle asservite forze parlamentari italiane ed europee.
Invece, questo trionfo sulla pelle della gente può essere sbarrato con un “Piano di salvataggio dalla tragedia dei Pfas” che i Comitati e le Associazioni possono mettere in campo tramite undici incisive azioni:
1) Coordinare Alessandria con Vicenza, affinchè, per conto dei Comitati e delle Associazioni, gli studi legali intraprendano urgenti procedimenti giudiziari in sede civile di azione risarcitoria collettiva, patrimoniale e non, per le Vittime fisiche (cittadini e lavoratori) dei disastri ecosanitari dei siti industriali Solvay di Spinetta Marengo ed ex Miteni di Trissino.
2) In Alessandria, i Comitati e le Associazioni impegnano i propri studi legali a verificare di intraprendere urgenti procedimenti giudiziari in sede civile di azione inibitoria collettiva in materia ambientale per il disastro ecosanitario del sito industriale Solvay di Spinetta Marengo.
N.B. L‘azione inibitoria collettiva in materia ambientale è uno strumento processuale che permette a un’associazione o un comitato, o anche a chiunque abbia interesse, di richiedere al giudice la cessazione di un comportamento che lede l’ambiente e la salute pubblica. Questa azione introdotta nell’ordinamento italiano mira a prevenire o interrompere danni ambientali, sia attuali che potenziali, causati da attività illecite. A differenza dell’azione risarcitoria collettiva, class action, l’azione inibitoria non mira al risarcimento del danno, ma alla prevenzione o all’interruzione del comportamento lesivo. 
3) Coordinare Alessandria con Vicenza, affinchè, per conto dei Comitati e delle Associazioni, gli studi legali riesaminino la formulazione dei processi penali di Alessandria e Vicenza alla luce (vedi sul Sito) del documento (in sé: notizia di reato) trasmesso alle Procure della Repubblica di Alessandria e Vicenza dall’avvocato Luca Santa Maria (ex Solvay) che individua una regia dolosa unica delle responsabilità penali, e apicali, per gli attuali processi di Alessandria (colposo) e di Vicenza (doloso): ipotizzabili per i PM istanze di nuove indagini, unificazione dei fascicoli, perfino rogatorie. 
4) In Alessandria, i Comitati e le Associazioni impegnano i propri studi legali a coordinarsi per chiedere alla locale Procura la riformulazione dei capi di accusa da colposi a dolosi. A maggior ragione perché una sequela di rinvii delle udienze ha fermato il processo per due anni, anche con una negoziazione opaca tra le parti (GUP).
5) I Comitati e le Associazioni reputano rilevante che il Comune di Alessandria emetta ordinanza di fermata delle produzioni della Solvay inquinanti dentro e fuori il comune, come imporrebbe il principio di precauzione, esercitando le prerogative di legge che derivano al sindaco nella sua veste di massima Autorità Sanitaria Locale.
6) I Comitati e le Associazioni, in forza anche delle Mozioni Popolari presentate, basate sui principi della prevenzione e della precauzione / “limiti zero”, ribadiscono al Parlamento la richiesta della messa al bando dei Pfas in Italia, della loro produzione e utilizzo, ovvero della fermata delle produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo quale pregiudiziale “conditio sine qua non” del fattuale divieto di Legge. 
7) In Alessandria, i Comitati e le Associazioni impegnano i propri studi legali a respingere ogni proposta di Patteggiamento con Solvay, che strozzerebbe il processo locale, nonché la stessa Legge nazionale basata sui principi della prevenzione e della precauzione / limiti zero.
8) I Comitati e le Associazioni diffidano le Istituzioni locali e nazionali a intraprendere contrattazioni di patteggiamento con Solvay, che strozzerebbero il processo di Alessandria, nonchè la stessa Legge nazionale basata sui principi della prevenzione e della precauzione / limiti zero.
9) I Comitati e le Associazioni invitano in particolare il sindaco di Alessandria a recedere dal patteggiamento intrapreso (azione possibile in quanto non vi è accordo di patteggiamento con il Pubblico Ministero e prima che il giudice si pronunci).
10) I Comitati e le Associazioni chiedono al Governo di destinare immediatamente risorse tecniche, economiche ed umane adeguate al monitoraggio ambientale e sanitario dei Pfas in Italia, a maggior ragione in Veneto e Piemonte dove già urge provvedere a idonee misure cautelari e interventi di bonifica.
11) I Comitati e le Associazioni, in particolare chiedono alla Regione Piemonte, nel cui territorio i ritardi dei monitoraggi ambientali e sanitari sono ancora più evidenti, di non rallentare ulteriormente l’opaco monitoraggio del sangue della popolazione alessandrina. Va da sé, escludendo ogni patteggiamento con Solvay. 
LA DETERMINAZIONE DEI COMITATI E DELLE ASSOCIAZIONI, DI CONSEGUIRE LE AZIONI COMPRESE NEL “PIANO DI SALVAGUARDIA”, POTRA’ ‘CONVINCERE’ SOLVAY AD ESTENDERE ALL’ITALIA LA SUA STRATEGIA DI DISIMPEGNO DAI PFAS. PIUTTOSTO CHE CONCENTRARE LE PRODUZIONI IN ITALIA, A SPINETTA. (clicca qui)

Le strategie pfas di Solvay.

PER SCONGIURARE LA TRAGEDIA DEI PFAS, LA DETERMINAZIONE DEI COMITATI E DELLE ASSOCIAZIONI, DI CONSEGUIRE LE AZIONI COMPRESE NEL “PIANO DI SALVAGUARDIA” (clicca qui ) POTRA’ “CONVINCERE” SOLVAY A ESTENDERE ALL’ITALIA LA SUA STRATEGIA DI DISIMPEGNO DAI PFAS. PIUTTOSTO CHE CONCENTRARE LE PRODUZIONI IN ITALIA (Spinetta Marengo).
 
In USA, la multinazionale ha cessato l’uso di PFAS (come l’ADV a West Deptford) già dal 2021, in quanto le cause legali riferite ai Pfas stanno sommergendo Solvay in un contenzioso continuo. Solvay, attraverso la sua sussidiaria Solvay Specialty Polymers USA, ha raggiunto (2023) un accordo transattivo con il Dipartimento per la Protezione Ambientale del New Jersey (NJDEP) per 392,7 milioni di dollari a seguito di cause legali relative alla contaminazione da sostanze chimiche per- e polifluoroalchiliche (PFAS) nel sud del New Jersey; l’accordo storico, comprende la bonifica di un sito contaminato e il risarcimento per i danni alle risorse naturali e ai sistemi idrici della zona. Sempre Solvay   ha appena accettato di pagare 1,3 milioni di dollari per chiudere una “class action” sulla contaminazione da Pfas delle riserve idriche del Parco nazionale di West Deptford ad opera del suo impianto di produzione di Leonard Lane. (E restano ancora aperti i risarcimenti per le patologie sofferte). D’altronde Solvay deve affrontare numerose cause legali per l’inquinamento da PFAS nel South Jersey, per il suo stabilimento della contea di Gloucester.
“Per garantire la propria competitività a lungo termine”, Solvay avverte che “terminerà la produzione di prodotti a base di acido trifluoroacetico (TFA) e di tutti i suoi derivati fluorurati ​​in tutto il gruppo entro l’inizio del 2026”. ***
 
In GERMANIA Solvay annuncia il taglio di 140 posti di lavoro: 100 a Bad Wimpfen e 40 a Garbsen (che chiude entro 2028) in quanto, appunto, cesserà la produzione di prodotti a base del Pfas TFA.
 
In FRANCIA lo scorso anno Solvay ha annunciato la chiusura del suo stabilimento di Salindres (taglio 68 posti), dove venivano prodotti anche il TFA e i suoi derivati.
Attenzione.  Le suddette decisioni sono legate alla scadenza 2026: quando dovrebbe scattare un quadro legislativo di riferimento con vigore dei limiti tollerati anche per il TFA, dunque con misure urgenti: il divieto immediato dei pesticidi con PFAS, il divieto immediato dei gas fluorurati.
 
In ITALIA Solvay Syensqo mesi fa aveva annunciato che stava “accelerando le misure di ristrutturazione”, che includono il taglio di circa 200-300 posti di lavoro in Europa, cioè in Italia (Centro di Ricerca a Bollate, siti produttivi a Ospiate di Bollate  e Spinetta Marengo, “a causa dell’incertezza della domanda causata dalle turbolenze economiche globali (risparmio di più di 200 milioni di euro (224 milioni di dollari) entro la fine del 2026)”: le azioni di Syensqo sono scese del 3,3%, gli utili core sottostanti sono diminuiti organicamente del 15,1%.
 
In BELGIO Solvay Syensqo è direttamente contestata per la sua attività nella filiera dell’industria della difesa. Ancora nel giugno 2025, gli attivisti hanno bloccato la sede centrale di Syensqo a Bruxelles per chiedere il rispetto dell’embargo militare nei confronti di Israele (in vigore dal 2009 in Belgio). Syensqo produce un pezzo del drone “Hermes 450” nel suo stabilimento nel Regno Unito, per UAV Tactical Systems (una società di proprietà congiunta dell’israeliana Elbits Systems Ltd e della francese Thales). Il drone è stato utilizzato da Israele perfino per bombardare gli operatori umanitari della ONG World Central Kitchen a Gaza.
 
*** I TFA sono composti organici classificati come PFAS secondo l’ OCSE. Avevamo, sul Sito del Movimento di lotta per la salute Maccacaro, più volte lanciato l’allarme negli anni scorsi. Esempio: L’“invisibile” TFA nell’esistenza nebulosa della Solvay di Spinetta Marengo, tra processi e class action. https://www.rete-ambientalista.it/2024/09/01/3-l-invisibile-tfa-nellesistenza-nebulosa-della-solvay-di-spinetta-marengo-tra-processi-e-class-action/ .

Scoop. La verità sul caso Miteni/Solvay che nessuno ha raccontato. Seconda parte.

Concludiamo la pubblicazione del documento “La verità’ sul caso Miteni/Solvay che nessuno ha raccontato” (clicca qui) che l’avvocato Luca Santa Maria, punta di diamante del collegio di difesa della Solvay nei precedenti processi penali, ha dichiarato di aver trasmesso alle Procure della Repubblica di Alessandria e Vicenza.
Dal documento esplosivo apprendiamo quando segue. Restano a piede libero i registi che dagli anni 2000 hanno pianificato la catastrofe ambientale e sanitaria tra Veneto e Piemonte.  E’ della Solvay la regia occulta che fa della Miteni una fabbrica ancora più criminale (nell’indifferenza dei veneti): Trissino quale “hub clandestino” di Spinetta Marengo estraendo il micidiale Pfas cC6O4 e smaltendo in fiumi e falde i fanghi avvelenati. Complice del “lavoro sporco” della Solvay è Dupont, che alla Miteni scarica dall’Olanda i reflui di Pfas Genx “ripulito”.  A sua volta, la Regione Veneto permette di aggiungere il nuovo illecito che altrove non era tollerato.
L’Italia del Nord si trova inquinata da Cc6O4, il nuovo Pfoa. La contaminazione e l’esposizione umana si è propagata da Spinetta. L’enorme disastro ha due epicentri imputabili alla regia Solvay, l’uno indirettamente a Trissino, e l’altro direttamente a Spinetta, falciando indifese vite, per aria e acque, fra i lavoratori e i cittadini.
Ora, Solvay (Syensqo) promette la dismissione del C6O4 nel 2026: la più eloquente confessione stragiudiziale.  Ma, per le identiche condotte criminose che -per la medesima Solvay- negli Usa e Cee hanno per i colpevoli un prezzo stimato in miliardi, invece in Italia i top manager -mandanti e beneficiari degli enormi profitti- restano impuniti penalmente, civilisticamente e amministrativamente. Un caso da manuale di “justice arbitrage”.
Dunque, il disastro dei nuovi PFAS come quello dei vecchi è il prodotto di un sistema perfezionato con regia industriale unica (Solvay), a mezzo di incompetenza dei controllori, chiusura di entrambi gli occhi con benevola indulgenza, insomma per intenzionale scelta politica. Specifiche le gravissime responsabilità di Regioni e Sindaco di Alessandria.  
Solo la mobilitazione dal basso ha squarciato parzialmente il velo di omertà che tutela i potenti vertici delle potenti multinazionali.
Il vecchio diritto penale, con la Procura di Vicenza e l’azione dei NOE, ha fatto molto ma non tutto. Il procedimento penale di Alessandria contro Solvay, ora Syensqo, avviato nel 2020 dalla Procura locale è stato invece paralizzato.
Dunque, il documento infine si conclude con richieste precise, di triplice urgenza, che rimettono in gioco gli scenari futuri. Scenari presi in esame nella meticolosa analisi di Lino Balza, clicca qui, che a sua volta, prospetta anche più efficaci strumenti oltre le sedi penali. 

Scoop. La verità’ sul caso Miteni/Solvay che nessuno ha raccontato.

Considerata la lunghezza del testo e la complessità giuridica, pubblichiamo (clicca qui) la prima parte del documento esplosivo “La verità’ sul caso Miteni/Solvay che nessuno ha raccontato” che l’avvocato Luca Santa Maria, punta di diamante del collegio di difesa della Solvay nei precedenti processi penali, ha trasmesso in queste ore alle Procure della Repubblica di Alessandria e Vicenza.
 
La tragedia dei PFAS: il nuovo amianto e la silenziosa strage degli innocenti. Al centro delle inedite rivelazioni: la regia occulta di Solvay che ha pianificato la catastrofe ambientale e sanitaria tra Veneto Piemonte e non solo; i registi che restano a piede libero dopo i processi di Alessandria e Vicenza; come scoperchiare i processi penali e le responsabilità delle Istituzioni, fare giustizia, salvare migliaia di vite umane.
 
Il documento dell’avvocato Luca Santa Maria “scopre gli altarini” e apre nuovi scenari, non solo penali. Il 2026, infatti, è alle porte e rappresenta uno snodo cruciale per i Pfas in Italia e per la Solvay, come evidenziato nella meticolosa analisi di Lino Balza, clicca qui, che a sua volta prospetta anche più efficaci strumenti oltre le sedi penali. 

Neppure il tribunale di Vicenza ha fatto giustizia sui Pfas.

La sentenza del tribunale di Vicenza può essere definita “storica” perché per la prima volta, a differenza dei tribunali di Alessandria, ha condannato gli inquinatori di Pfas per “dolo”: avvelenamento dell’acqua e disastro ambientale (141 anni di carcere). Ma non ha fatto giustizia fino in fondo. Non ha condannato Solvay (si legga il documento dell’avvocato Santa Maria). Si è limitata a risarcire 300 parti civili: 15mila euro sarebbero un risarcimento per le mamme che hanno trovato livelli enormi di PFOA nel sangue dei loro figli, sapendo che non esiste un limite minimo innocuo?
 
E gli altri bambini avvelenati? E gli altri 300.000 abitanti tra Padova, Verona e Vicenza? contaminati da Pfas “sostanze chimiche eterne” che evidenzieranno i loro effetti tossici e cancerogeni (al sistema immunitario e riproduttivo, disfunzioni tiroidee ecc.) nel corso degli anni, anche fra dieci, venti anni, come per l’amianto? A tacere le bonifiche che non verranno.

I bambini a rischio dei Pfas.

I PFAS si accumulano nel corpo umano già dalla nascita, entrando in circolo già durante la gravidanza e continuando poi attraverso l’allattamento, l’alimentazione, l’acqua potabile o l’aria inquinata. Un nuovo studio dell’Università dei Paesi Baschi rivela ancora una volta la loro diffusione nei bambini. La ricerca, pubblicata su Enviromental Research e condotta nell’ambito del progetto INMA (Infancia y Medio Ambiente), ha analizzato i campioni di plasma di 315 bambini tra i 4 e i 14 anni, raccolti tra il 2011 e il 2022 nelle aree di Goierri e Urola, territori baschi caratterizzati da una forte presenza industriale.
 
Nei bambini più piccoli prevalgono i cosiddetti PFAS “classici” come PFOA e PFOS, sottoposti a restrizioni a partire dal 2006. Negli adolescenti, invece, si riscontrano con maggiore frequenza i nuovi PFAS emergenti, introdotti sul mercato come sostituti dei composti più vecchi: il cC6O4 di cui ha il brevetto Solvay.
 
Il team dei ricercatori avverte: “Per i Pfas non esistono limiti di sicurezza definiti per l’uomo, anche quando oggi non riscontriamo concentrazioni preoccupanti o danni in atto, non possiamo escludere che diventino un problema tra dieci anni, ciò che non sembra rischioso ora potrà esserlo in futuro”.
Va da sé che in Italia analoga ricerca NON è stata fatta per l’area di Spinetta Marengo per la Solvay, unica produttrice italiana dei Pfas.

Rischiamo grosso. Allarme Pfas per tutti i pesci selvatici avvelenati.

Il nuovo rapporto pubblicato dall’European Environmental Bureau EEB denuncia la diffusione dei Pfas, nelle acque e nei pesci d’Europa. In Italia, ben il 9,3% dei prelievi sono risultati superiori ai limiti di sicurezza attuali e tutti i campioni analizzati superano il nuovo limite di sicurezza (77 ng/kg) in via di approvazione in Ue, dove i governi stanno spingendo per ritardare la conformità di un altro decennio o più.
 
I campioni di pesce superano anche di centinaia o migliaia di volte i nuovi standard proposti.  In alcune zone, già oggi, una sola porzione di pesce può bastare a superare la dose settimanale massima tollerabile fissata dall’Efsa. Nel cuore del Veneto, a pochi chilometri da Padova, scorre un canale noto come Fossa Monselesana, circondato da campi coltivati e piccoli centri abitati. Ma proprio qui, secondo EEB, è stato rilevato uno dei livelli più alti di contaminazione da PFOS in pesci selvatici in Italia: 69,1 microgrammi per chilo, quasi 900 volte oltre il nuovo limite di sicurezza proposto dall’UE. Un valore simile è stato registrato anche in un corso d’acqua locale a Campagna Lupia, nella laguna sud di Venezia: qui il campione di pesce ha mostrato 68,5 microgrammi per chilo. L’indagine estende il perimetro anche al Delta del Po, al mantovano e al fiume Secchia. Qui, acque in apparenza limpide nascondono un inquinamento che non si vede ma che si trasmette lungo la catena alimentare, arrivando fino ai consumatori.
 
I Pfas, attualmente scaricati in acqua suolo aria a Spinetta Marengo, oltre aver devastato il Veneto tramite Miteni, sono utilizzati per decenni in industrie tessili, conciarie, chimiche e alimentari, sono ormai ovunque: nei fiumi, nei laghi, nel corpo dei pesci (carpe, trote, persici, anguille ecc.)  e, di riflesso, nei nostri piatti. In particolare, secondo l’EFSA, il consumo di pesce può rappresentare fino al 90% dell’esposizione alimentare al PFOS. E non si parla solo di rischio cancerogeno: i PFAS sono associati a danni al fegato, alterazioni ormonali, infertilità, effetti sul sistema immunitario.
 
Ma l’impatto non è solo sulla salute umana. I PFAS compromettono anche la biodiversità acquatica, alterando metabolismo, riproduzione e sviluppo di molte specie. Alcuni pesci migratori contaminati, come le anguille o i salmoni, possono diffondere gli effetti anche ad altri ecosistemi, trasportando queste molecole lungo fiumi, mari e catene alimentari.
Centinaia di associazioni europee sono firmatarie del “Ban Pfas Manifesto” per l’urgente messa al bando dei Pfas con deroghe minime e affrontando la contaminazione già esistente, avviando bonifiche, applicando il principio “chi inquina paga”.

Saranno mai fatte le bonifiche dei disastri Pfas?

La risposta è stata negativa anche dopo la sentenza di Cassazione che ha condannato Solvay di Spinetta Marengo: società inadempiente. Il punto interrogativo si scrive in grassetto dopo la recente sentenza del tribunale di Vicenza di condanna alla Miteni: società fallita.
 
Sarà per gli esempi italiani che perfino gli svizzeri si allarmano. Lo fa un team di ricercatori dell’ Accademia svizzera delle scienze naturali (SCNAT): “Nessuna regione della Svizzera è risparmiata da questi agenti inquinanti eterni. Essi si depositano anche nei luoghi più remoti, trasportati dall’aria o dall’acqua. Sono inoltre molto diffusi nelle acque sotterranee. Si trovano nella fauna, nella flora e inevitabilmente nel corpo umano. Negli ultimi anni, le loro concentrazioni nell’ambiente sono aumentate”.
 
“Ridurre l’inquinamento causato dai PFAS richiederà anni o addirittura decenni: ci vorrà un grande impegno e una stretta collaborazione tra politica, economia, scienza”: i ricercatori hanno fiducia nelle Istituzioni. Svizzere, si intende.

Le alternative ai Pfas già esistono. Bloccate dalla lobby chimica e politica.

Il polo chimico di Spinetta Marengo ha sempre dichiarato insostituibili linee produttive tossiche e cancerogene, anzi minacciando che la loro chiusura avrebbe provocato la chiusura dell’intero stabilimento, chiusura poi rivelatasi -tramite impianti sostitutivi- un bluff intimidatorio.  La storia si ripete con i PFAS.
 
Fra i vari esempi che abbiamo già trattato di alternative, aggiungiamo quella del gruppo di ricercatori e ricercatrici della North Carolina State University (Stati Uniti), che sta testando l’olio di semi di cotone modificato chimicamente come possibile alternativa green. E i risultati dei primi esperimenti, presentati al convegno dell’American Chemical Society (Acs) attualmente in corso a Washington, sembrano promettenti. Una molecola di origine naturale, utilizzando un processo a base acquosa, rende i tessuti di cotone lisci e idrorepellenti, idrofobici, resistenti alla formazione di pieghe, protetti dalle macchie; insomma è proprio studiata per rimpiazzare i famigerati Pfas forever chemicals.
 
A sua volta, il laboratorio di chimica e tossicologia dell’ambiente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano ha già individuato, nell’ambito di uno studio condotto con il ministero dell’Ambiente, una ventina di composti che possono essere utilizzati in sostituzione dei famigerati Pfas.
 
A trovare un’alternativa ci sta provando da anni un team di ricerca del Fraunhofer Institute for Manufacturing Technology and Advanced Materials IFAM che è riuscito a sviluppare soluzioni in grado di sostituire l’applicazione dei PFAS in alcuni settori, tra cui l’ingegneria medica. Le soluzioni sviluppate dagli scienziati tedeschi sono già state introdotte in alcuni settori come l’industria alimentare, dove hanno soddisfatto gli standard richiesti, ed ora potrebbero essere usati anche per la tecnologia medica. Dall’istituto tedesco assicurano che molte proprietà possono essere ottenute anche senza fluoro mediante rivestimento in fase gassosa o chimico umido, per cui tra le diverse tecnologie per la sostituzione dei PFAS, rientra la tecnologia al plasma, in cui i rivestimenti idrorepellenti, ad esempio su articoli monouso, sono realizzati con gas privi di fluoro, innocui per l’uomo e l’ambiente.
 
IN CONCLUSIONE, AL DI LÀ DEL DETTAGLIO TECNICO, QUESTI E ALTRI LAVORI HANNO IL PREGIO DI DIMOSTRARE CHE, QUANDO CI SONO LA VOLONTÀ POLITICHE E IL SOSTEGNO ECONOMICO NECESSARIO, È POSSIBILE SVILUPPARE COMPOSTI CHIMICI CON CARATTERISTICHE ANALOGHE A QUELLE DI TOSSICHE E CANCEROGENE COME I PFAS. COSA SI FRAPPONE? L’ENORME BUSINESS DEI PROFITTI DELLA LOBBY CHIMICA DEI PFAS, IN ITALIA DIRETTA DA SOLVAY.

Pfas vietati in Usa, ma non in tutti gli States.

Mentre il Decreto Legge italiano ha messo la testa sotto la sabbia per non scontrarsi con Solvay, la legislatura della California vota per eliminare le “sostanze chimiche eterne” PFAS in pentole antiaderenti, prodotti per la pulizia, filo interdentale, sciolina da sci, imballaggi alimentari e alcuni prodotti per bambini, dopo aver limitato, con più di una dozzina di altri Stati, tessuti, schiume antincendio e cosmetici. Tutti gli States sono concordi che l’esposizione ai PFAS è collegata a numerosi effetti negativi sulla salute, tra cui, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, il cancro ai reni e ai testicoli, danni al fegato e ai reni e danni al sistema nervoso e riproduttivo.
 
Evidentemente non tutti, se si parla di “scandalo New Mexico” (come si parla di “scandalo Italia “). In quello stato, da anni tra i più contaminati degli USA, la situazione è  grave, come è emerso anche da un rapporto pubblicato nel mese di agosto, esito del New Mexico PFAS Blood Testing Project. Lo studio è finalizzato alla presenza dei Pfas nel sangue delle persone che lavorano o risiedono vicino alla base aeronautica militare di Cannon; la quale ha infatti rilasciato, per anni, tonnellate di schiume antincendio, che hanno contaminato le falde acquifere, compresi cento pozzi privati e almeno uno pubblico, quello di Clovis, che serve una cittadina da 40mila abitanti. Anche con concentrazione di PFAS pari a 27mila volte quella considerata massima dalla Environmental Protection Agency (EPA).
 
Il risultato dell’analisi del sangue di 628 persone ha così confermato che nel 99% dei casi erano presenti PFAS (PFOS, PFOA, PFHxS e PFNA) con concentrazioni anche tre volte la media nazionale. Secondo l’Environmental Working Group una situazione simile si ritrova in molte zone contaminate dalle schiume antincendio, e cioè, oltre alle basi militari, in quelle vicine alle caserme dei pompieri e a industrie che, per vari motivi, le usano. E’ quello che per i vigili del fuoco è successo in Italia, dove per anni si è fatto finta di nulla.

Rischi o pericoli del biossido di titanio.

Da dove proviene il Biossido di titanio TiO2, ubiquitario che contamina le acque e i terreni, da lì arriva agli esseri viventi? I derivati di vario tipo (rutilo, anatasio, ilmenite, titanite, pseudobrookite) sono stati rilevati in quasi tutti i campioni di latte materno, animale o industriale analizzati: in forma liquida, anche in polvere, biologico o meno, pastorizzato o no. Il colorante classificato come E171 in Europa è stato vietato per gli impieghi alimentari dal 2022 perché considerato cancerogeno in cibi e caramelle.
 
Secondo gli autori delle ricerche, la contaminazione proveniente dagli alimenti non può spiegare una presenza così massiccia del minerale nell’ambiente: il TiO2 deve arrivare da fonti finora non individuate con certezza, presumibilmente industriale, visto che è tuttora molto utilizzato in rivestimenti, vernici, plastiche, cemento, materiali di vario tipo, come filtro UV nei prodotti solari, cosmetici, fondotinta, ciprie, farmaci (il pigmento  bianco era praticamente componente di tutte le pastiglie).
 
L’indagine potrebbe partire dal complesso chimico di Spinetta Marengo (AL) dove fu chiuso il più grosso impianto italiano di Biossido di Titanio.
 

Prossimamente il nostro scoop giornalistico. LA VERITÀ’ SUL CASO MITENI/SOLVAY CHE NESSUNO HA RACCONTATO.

L’autore del documento, che in esclusiva ospitiamo sul nostro Sito www.rete-ambientalista.it, è l’avvocato Luca Santa Maria, punta di diamante del collegio di difesa della Solvay nei precedenti processi penali.  Si tratta di un documento esplosivo su: “Un esperimento sulla pelle delle popolazioni, pianificato a tavolino”, Due epicentri, un solo disastro, una sola regia criminale”: “Riaprire un solo nuovo processo nel merito, a carico del vertice della multinazionale Solvay”.  Il documento sarà trasmesso in queste ore alle Procure della Repubblica di Alessandria e Vicenza.
Considerata la lunghezza del testo e la complessità giuridica, lo pubblicheremo a puntate.
Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Il 2026 è alle porte. Snodo cruciale per i Pfas della Solvay.

IL GRANDE FRATELLO SOLVAY

Proprio temendo il contagio di una sentenza al processo Miteni, che -“storica”-  a Vicenza c’è davvero stata pur con luci e ombre  *1 (clicca qui), da Bruxelles, casa madre Solvay, l’amministratrice delegata di Syensqo, Ilham Kadri, aveva fissato con tutto il management l’imperativo de “il grande fratello”:  fermare il mondo,

“arrêter le monde”, attorno allo stabilimento di Spinetta Marengo, fino alla fatidica data del 2026.
Sul versante della magistratura,

ad Alessandria la Procura, malgrado le urgenze dei nostri esposti-denuncia, ha avviato il processo-bis SOLO nel 2024 e con un rinvio a giudizio che NON contempla il reato di dolo. A sua volta, Solvay ha ritardato le udienze con espedienti: ricusazione del “Giudice dell’udienza preliminare”, cambio dello staff legale. Poi, la mossa determinante è stata la proposta strategica di Patteggiamento *2 (clicca qui), incentivata dal Sindaco e incentivata dal Sindaco e  agevolata dal GUP con lo slittamento di un altro anno. E Solvay ha così traguardato il 2026 senza che in concreto sia iniziato il processo (dal quale peraltro avrebbe poco da temere considerati i blandi capi di imputazione): procedimento penale che -ammesso e non concesso che non sia strozzato da rito alternativo- durerebbe comunque tutto un decennio, fino alla Cassazione. Insomma, il classico  Delitto Perfetto *3 (clicca qui e qui) del rito penale, celebrato nell’ambito della “giustizia di classe” che premia l’inquinatore.

Sul versante della politica locale,

dove, con i lavoratori usati come scudi e la subalternità dei Sindacati, vanno in onda l’ennesima parodia dell’Osservatorio ambientale comunale, la “melina” ostruzionistica in Conferenza dei Servizi per il rinnovo dell’AIA Autorizzazione Integrata Ambientale, e soprattutto lo scandalo del Patteggiamento. Insomma, a livello locale il traguardo del 2026 è ormai superato.  D’altronde, era del tutto ipotetico il pericolo che il Sindaco, quale massima autorità sanitaria locale, agisse con una ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti. E, difatti, pretestuosamente il “primo cittadino” ha preferito eclissarsi dietro il Parlamento e dietro la Regione Piemonte; anzi, ha fatto di peggio: da apripista ai Patteggiamenti con Governo e Regione. *2 (clicca qui).

D’altronde, la Regione Piemonte continua a temporeggiare *4 (clicca qui), in particolare a oscurare i monitoraggi sanitari, ad eclissare l’emblematica “pistola fumante” del crimine, a rallentare -al limite del “surplace- il biomonitoraggio ematico di massa della popolazione provinciale.  Anche se proprio il micro biomonitoraggio in atto nel Comune di Alessandria, per quanto truccato nei tempi e nella dimensione, già dimostra che 9 residenti su 10 hanno i Pfas nel sangue (e non solo). Completamente trascurati restano  gli altri Comuni (Piovera, Cassine, Castellazzo Bormida, Frascaro, Sezzadio, Basaluzzo, Bosco Marengo, Capriata d’Orba, Frugarolo, Castelspina, Casal Cermelli) i cui abitanti erano pur risultati avvelenati nel sangue dai Pfas C6O4 e ADV a seguito del “mini monitoraggio sperimentale” della Regione 5 *(clicca qui

D’altronde, nel favorire lo stallo produttivo e politico della Solvay, la Regione Piemonte fa inevitabilmente mancare i soldi anche per i monitoraggi dell’ambiente in atmosfera e al suolo. 6* (clicca qui).  Al punto che l’Arpa pubblicamente ne paventa addirittura lo stop, malgrado che i picchi dei prelievi stanno confermando il costante aumento di cC6O4, ADV, PFOA e GEN-X, tanto nei Sobborghi che nel Capoluogo e nei Comuni alessandrini.

Tale e quale è questo scandalo piemontese 5* (clicca qui)  che  avviene dopo i pozzi privati chiusi nel Comune di Alessandria dentro e fuori lo stabilimento, dopo la chiusura dell’acquedotto del Comune di Montecastello, dopo la tardiva chiusura di altri due pozzi  del Comune di Alluvioni – Piovera,  dopo che abbiamo denunciato la mancata chiusura dei pozzi dell’acquedotto di Alzano Scrivia, Guazzora e Alzano Scrivia, dopo che  allarmano  le analisi  su dieci pozzi dell’acquedotto di Alessandria,  dopo che  il Bormida è di nuovo inondato da masse di schiume, dopo che traboccano  di schiuma le vasche di raccolta dentro lo stabilimento, dopo che l’azienda addirittura è costretta a fermare un reattore dell’impianto più importante, dopo che perfino la complice Provincia è costretta a fingersi minacciosa con una ordinanza di bonifica eccetera.

Sul versante del Parlamento,

il 2026 è stato praticamente traguardato. I Parlamentari emanano leggi manovrate dalla potente lobby multinazionale Solvay. Infatti, in Senato il pericoloso Disegno di Legge (Crucioli) di messa al bando della produzione e dell’uso dei Pfas è stato definitivamente collocato in soffitta; mentre invece, come previsto  7* (clicca qui) nella complice bonaccia della politica italiana,

il recente decreto legislativo ispirato da Solvay ha ignorato Spinetta Marengo:

è stato cucinato sulla pelle della popolazione di Alessandria.

In quanto, 1°) lo stabilimento di Spinetta Marengo è l’unico in produzione in Italia dei perluoropolimeri, fluoroelastomeri e fluidi fluorurati; 2°) l’inquinamento di Spinetta Marengo non riguarda solo i Pfas, che ne rappresentano appena la punta dell’iceberg; e 3°) la contaminazione da Pfas in atmosfera è ancora più grave di quella sulle acque di superfice e di falda: in atmosfera dalle 72 ciminiere dolosamente continuano sulla provincia a ricadere -in aria terra acqua- 21 veleni tossici e cancerogeni (tra cui  i vecchi e i nuovi Pfas), respirati, disciolti nella nebbia, nella pioggia, nel pulviscolo atmosferico, nelle polveri sottili.

Che l’atmosfera di Alessandria è avvelenata dalla Solvay non  solo politicamente ma anche chimicamente 8* (clicca qui) l’abbiamo dimostrato più volte e, con l’esposto del 7 aprile 2023 via PEC avevamo proprio chiesto alla Procura di intervenire. A sua volta, il DDL Crucioli avrebbe fermato le produzioni Solvay in Italia e nell’immediato il progredire di malattie e morti fra le popolazioni del territorio, sacrificate invece dal recente Decreto legislativo ispirato da Solvay  9* (clicca qui) e 10* (clicca qui).

Per il resto, il decreto riguarda la qualità delle acque destinate al consumo umano: (a prescindere dai tempi e dai costi dei servizi pubblici) il limite introdotto resta ben lontano dai valori più cautelativi per la salute inseriti da altri Paesi europei; si affianca, dal 2026, a quello previsto dalla Direttiva Europea, il quale però a sua volta non è ritenuto da Efsa sufficiente a tutelare la salute dei cittadini. Insomma, a livello europeo, si discute ma non si conclude, per veto della lobby chimica, una efficace restrizione universale dei PFAS proposta da diversi stati membri. Insomma, non ci sarà la dichiarata stretta sui Pfas prima del 2026, gli appelli sono caduti nel vuoto, vincono le lobby industriali e vieppiù militari (i “forever chemicals” sono  indispensabili nel mercato della guerra in auge *11 (clicca qui).

Insomma, il decreto -modello Meloni-  è la longa manus della lobby chimica trasversale nel Parlamento italiano dove sono state presentate perfino dalle minoranze compromettenti Mozioni *12 (clicca qui).

Addirittura, il decreto è funzionale anche ad accontentare quanti, nei pressi dell’ambientalismo, lo considereranno “un piccolo passo in avanti, un segnale positivo”, dimenticando che, come pur sottolinea Greenpeace, “quando si parla di sostanze cancerogene non esiste alcuna soglia di sicurezza diversa dallo zero tecnico». 

Ma “Arrêter le monde “c’est impossible

In conclusione. Solvay ha vinto? Nel 2026 è concepibile, in pieno centro abitato, questa fabbrica ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale, di cui i Pfas sono la punta dell’iceberg tossico e cancerogeno? Niente affatto. Ormai è impossibile per Solvay oscurare l’entità della letteratura scientifica biomedica internazionale sui Pfas: essa è proporzionale alla crescita di attenzione e di preoccupazione dovuta al combinato-disposto della loro pericolosità ambientale e sanitaria, la loro diffusione globale, nonché la persistenza che caratterizza l’esposizione umana. 

Si tratta di un numero enorme di composti resistenti alla degradazione chimica, biologica e ambientale dovuta alla forza del legame carbonio-fluoro: rimangono nelle matrici ambientali per tempi lunghissimi (da decenni a secoli), si bioaccumulano nel sangue e nei tessuti di esseri umani e animali, l’esposizione umana riguarda praticamente tutta la popolazione mondiale, inclusi feti e neonati, con micidiali effetti sulla salute, anche a basse dosi: il loro quadro complesso e preoccupante cresce col progredire degli studi. Per essi, ci avvaliamo di questa esaustiva Relazione del dottor Fabrizio Bianchi, componente del Comitato scientifico di ISDE Italia.   *13 clicca qui.

Resto convinto che, di fronte a questa immane tragedia sanitaria ed etica, “arrêter le monde” fermare il mondo sarà impossibile anche per “il grande fratello” Solvay. Però gli è possibile -come abbiamo finora esaminato- ritardare, sull’altare dei profitti, la fermata delle produzioni inquinanti dello stabilimento di Spinetta Marengo. Gli è possibile sfruttando le leggi, chi le fa, chi le applica e chi neppure le applica.

In radicale alternativa alla strategia Solvay, resto convinto, e impegnato, che noi possiamo accelerare l’urgenza del salvifico processo di chiusura.

Tramite azioni collettive di lavoratori e cittadini. Possiamo superare l’inidoneità delle sedi penali a fare Giustizia, ricorrendo alle sedi civili: con la class action risarcitoria alle Vittime (come stimolò il Procuratore Generale della Cassazione: “toccate Solvay nel portafoglio”), e con la determinante l’efficacia dell’azione inibitoria collettiva ambientale: quanto mai in linea di principio allineabile alla recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di danni climatici e protezione dei diritti umani *14 (clicca qui).  In USA, per i Pfas gli inquinatori sono toccati nel portafoglio per milioni di dollari *15 (clicca qui).

In Italia, made in Alessandria, avvocati di parte civile (ahimè, anche quelli che patrocinano associazioni ambientaliste e persone fisiche) spingono al patteggiamento piuttosto che alla sentenza di condanna: massimo guadagno di parcella col minimo sforzo, una manna per se stessi, ma a danno etico e morale della Giustizia e delle Vittime, a notevole danno, perché no? anche patrimoniale delle Vittime. 

Lino Balza –  Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

1* https://www.rete-ambientalista.it/2025/07/09/luci-e-ombre-nel-processo-pfas-di-vicenza/

2* https://www.rete-ambientalista.it/2025/04/09/il-comune-ha-fatto-da-bulldozer-colpo-di-spugna-della-solvay-sul-processo-e-sulla-messa-al-bando-dei-pfas-premio-miliardario-alla-presidentessa-syensqo/

3* http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3077:le-vittime-non-ottengono-giustizia-nei-tribunali-penali&catid=2:non-categorizzato

3* https://www.rete-ambientalista.it/2025/06/27/scandalizza-i-comitati-e-le-vittime-il-processo-solvay-di-alessandria/ 

4* https://www.rete-ambientalista.it/2025/07/09/un-altro-dei-tanti-rinvii-pfas-della-regione-piemonte/

5* https://www.rete-ambientalista.it/2024/05/09/altri-pozzi-di-acquedotto-chiusi-ad-alessandria-per-i-pfas-ma-lasl-fa-il-gioco-di-solvay/

6* https://www.rete-ambientalista.it/2025/09/03/fanno-mancare-i-soldi-per-monitorare-aria-suolo-falde-e-fiumi/

7* https://www.rete-ambientalista.it/2025/06/21/solvay-manovra-da-sempre-il-parlamento-italiano/

8* https://www.rete-ambientalista.it/2025/07/17/latmosfera-di-alessandria-avvelenata-dalla-solvay/

9* https://www.rete-ambientalista.it/2025/09/03/il-decreto-legislativo-ispirato-da-solvaysulla-pelle-dellapopolazione-di-alessandria/

10* https://www.rete-ambientalista.it/2025/09/03/limiti-zero-pfasin-italia-perfinogli-ambientalisti-balbettano-2/

11* https://www.rete-ambientalista.it/2025/07/09/in-piu-la-partita-dei-pfas-va-ben-oltre-la-sentenza-di-vicenza/

12* https://www.rete-ambientalista.it/2025/06/21/longa-manus-di-solvay-sulla-politica-dalla-destra-alla-sedicente-sinistra-2/

13* https://www.rete-ambientalista.it/2025/08/28/impossibile-oscurarela-letteratura-scientifica-biomedica-internazionale/

14* https://www.rete-ambientalista.it/2025/09/03/la-cassazione-sulla-tutela-dei-diritti-umani-fondamentali-dei-cittadini-minacciati-dallemergenza/

15* https://www.rete-ambientalista.it/2025/09/03/per-i-pfas-pagheranno-875-milioni-di-dollari/

La truffa del “biomonitoraggio di massa” a colpi di “task force”… al rallentatore.

alla Regione Piemonte.
Non ci siamo mai stancati di denunciare la storica complicità della Regione Piemonte con Solvay per rinviare all’infinito, ben oltre il fatidico 2026, il monitoraggio di massa delle popolazioni a rischio: “pistola fumante” del crimine in corso. Al punto che fummo costretti a provvedere ad analisi private tramite l’Università di Liegi (con risultati angoscianti! e ora in aumento!).
 
La provincia di Alessandria conta 405.288 abitanti. Fra i quali, la Regione Piemonte, tramite Asl, finalmente nel 2024 ha sottoposto a biomonitoraggio PFAS il sangue di… 29 cittadini. Pari allo 0,0071% della popolazione a rischioSi “ascende” allo 0,31% se si considera solo il comune di Alessandria (90.952 abitanti), ma sarebbe fuorviante perché i Pfas del sobborgo Spinetta Marengo sono stati rilevati anche negli altri comuni della provincia: in atmosfera, acque sotterranee, acquedotto, fino al fiume Bormida e dunque al Po.
 
Ebbene, nel sangue di tutte le 29 persone sono stati accertati i Pfas, per 22 addirittura con valori fino a 20 microgrammi/litro e per 6 nientemeno superiori a questo limite di estremo pericolo per la salute: Da anni gli studi scientifici hanno dimostrato che l’esposizione a questi livelli di PFAS può portare a: – Effetti riproduttivi come diminuzione della fertilità o aumento della pressione sanguigna nelle donne in gravidanza. – Effetti o ritardi sullo sviluppo nei bambini, tra cui basso peso alla nascita, pubertà accelerata, variazioni ossee o cambiamenti comportamentali. – Aumento del rischio di alcuni tumori, inclusi quelli della prostata, dei reni e dei testicoli. – Ridotta capacità del sistema immunitario del corpo di combattere le infezioni, inclusa una ridotta risposta ai vaccini. – Interferenza con gli ormoni naturali del corpo, tiroide. – Aumento dei livelli di colesterolo e/o rischio di obesità. [fonte: Environmental Protection Agency USA].
 
Si consideri, poi, che tali patologie tossiche e cancerogene dei Pfas non esplodono in fase acuta bensì erodono il corpo umano in tempi medi e anche lunghi, perchè si immagazzinano nel sangue e negli organi e di lì non si degradano e non si eliminano: sono stati ribattezzati “forever chemicals” “sostanze chimiche eterne”. Appunto, la Regione è stata giuridicamente costretta ad annunciare, per le 29 Vittime accertate, l’attivazione di “un sistema di sorveglianza sanitaria con la possibilità da parte di pediatri e medici di famiglia di sottoporre -tutti gli anni, per anni e anni, vita natural durante- la popolazione esposta alle analisi del sangue periodiche e gratuite, per individuare precocemente gli effetti sulla salute generale dell’organismo”.
 
Per le 29 Vittime accertate!! E per le altre 405.259 potenziali Vittime?? Quanto meno per le altre 90.923?? 
Potenziali? più che potenziali: se si esaminano le storiche analisi epidemiologiche che riproducono le patologie scientificamente attribuibili ai Pfas, a tacere le altre 21 sostanze tossiche cancerogene dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo.
 
“Task force” alla piemontese
 
Allora, la Regione Piemonte, a smentire la reiterata accusa di complicità con Solvay per aver rinviato all’infinito il monitoraggio di massa delle popolazioni a rischio, ha avviato nel 2024 nientemeno che una “task force regionale”. E dopo “appena” un anno, l’assessore regionale Federico Riboldi può sciorinare in pompa magna i dati: “Mercoledì 16 luglio 2025 la task force regionale valuterà i risultati in forma aggregata delle analisi sui primi 300 [sic] maggiorenni residenti entro i tre chilometri dal polo chimico di Spinetta Marengo. Lunedì 21 luglio alle 21 all’Auditorium del Marengo Museum di Spinetta Marengo, ci sarà un incontro pubblico per approfondire il tema e illustrare le modalità di ritiro dei referti e di adesione al biomonitoraggio. A oggi, hanno già effettuato il prelievo oltre 450 [sic] cittadini, e oltre 700 [sic] hanno completato la preadesione online”.
I risultati sono presentati col sorriso sulle labbra. Il 9% (tra cui bambini ma in prevalenza maschi, ultrasessantenni e in pensione, cioè ex dipendenti) ha nel sangue oltre 20 ng/ml di Pfas, dieci volte più della “prima soglia” di 2 ng/ml. Qualcuno si avvicina a 40; solo il 4% è “sottosoglia”. Insomma, il 96% dei residenti li ha nel sangue. Per Pfas si intendono il vecchio Pfoa e i nuovi (a suo tempo né dichiarati e autorizzati) ADV, C6O4, GenX. L’assessore Riboldi ha nominato a capo della cosiddetta task force tal professor Luigi Castello     che parla di “soglie”, come se ci fossero limiti più o meno tollerabili di cancerogeni nell’organismo umano, mentre l’unico parametro è LIMITE ZERO. Per lui, sulle televisioni, invece i dati “non sono allarmanti”: tesi antiscientifica assai cara a Solvay sui media e nei tribunali. Cosa volete che sia se oltre 9 persone su 10 registrano nel sangue la presenza degli “inquinanti eterni”? E per il candido Castello basta… non consumare prodotti a chilometro zero. Mica chiudere i Pfas (a tacere gli altri 20 cancerogeni).
 
Con la faccia di tolla che lo contraddistingue (imitando la Meloni che sciorina un “modello italiano” al giorno), l’assessore Riboldi ha suscitato l’ilarità dei presenti: “L’importante azione messa in campo a Spinetta Marengo è ormai diventata un esempio non solo regionale, ma nazionale (sic). Con determinazione e trasparenza la Regione Piemonte sta portando avanti una serie di iniziative che, proprio partendo dalla frazione alessandrina, puntano alla tutela della salute della popolazione piemontese: da un lato con un biomonitoraggio capillare (sic) della popolazione residente nei pressi di un polo chimico e dall’altro con l’istituzione di un Osservatorio per la riduzione dei Pfas per garantire la protezione ambientale”.
Va da sé che il monitoraggio di massa avrà bisogno di tempi lunghi e dunque l’imbonitore ha promesso “un ulteriore livello di monitoraggio pluriennale non solo per i Pfas ma anche per gli altri 20 contaminanti ambientali tossici e cancerogeni”. “L’obiettivo della Regione è arrivare a monitorare 2.400 persone entro tre anni, il 30% della popolazione”. La quale, se la matematica non è una opinione, ammonta in provincia di Alessandria conta 405.288 abitanti, non a 8.000. Comunque: 8.000 in 9 anni. Tutto al rallentatore.
 
Ovviamente, “campa cavallo” anche per la loro eliminazione dal territorio e la successiva bonifica, non si parli di chiusure di produzioni: “Ci affidiamo al dialogo, al   cronoprogramma di interventi da parte dell’azienda”. Bontà loro.
E con noi Riboldi osa affermare “La vostra battaglia è anche la mia”. Vade retro ribaldi. Riboldi, tramite il rallentatore di far mancare soldi per monitoraggi sanitari e ambientali, altro non fa che attuare la strategia atta a favorire Solvay (detta “ralenti” a Bruxelles).

Il decreto legislativo ispirato da Solvay. Sulla pelle della popolazione di Alessandria.

Come per l’amianto, le leggi protettive contro i Pfas (di prevenzione e per il principio di precauzione) sono mancate, e nel frattempo a pagare sono già state le comunità più esposte (Veneto e Piemonte).
 
Il Disegno di Legge (Crucioli) di messa al bando della produzione e dell’uso dei Pfas è stato definitivamente riposto in soffitta. Invece, nella bonaccia della politica italiana, è varato il recente decreto legislativo ispirato da Solvay. Il quale è fatto sulla pelle della popolazione di Alessandria! Infatti, 1°) lo stabilimento di Spinetta Marengo è l’unico in produzione in Italia; 2°) l’inquinamento di Spinetta Marengo non riguarda solo i Pfas, che ne rappresentano appena la punta dell’iceberg; e 3°) la contaminazione da Pfas in atmosfera è ancora più grave di quella sulle acque di superfice e di falda: in atmosfera dalle 72 ciminiere dolosamente continuano sulla provincia a ricadere -in aria terra acqua- 21 veleni tossici e cancerogeni (tra cui  i vecchi e i nuovi Pfas), respirati, disciolti nella nebbia, nella pioggia, nel pulviscolo atmosferico, nelle polveri sottili.
 
Che “L’atmosfera di Alessandria è avvelenata dalla Solvay” (clicca qui) l’abbiamo dimostrato più volte e, con l’esposto del 7 aprile 2023 via PEC avevamo chiesto alla Procura di intervenire. A sua volta, il DDL Crucioli avrebbe fermato le produzioni Solvay in Italia e nell’immediato il progredire di malattie e morti fra le popolazioni del territorio, sacrificate invece dal recente Decreto legislativo.
 
Il Decreto legislativo 19 giugno 2025, n. 102 non va oltre all’attuazione della direttiva europea 2020/2184 del 16 dicembre 2020, riguardante la qualità delle acque destinate al consumo umano, al tempo cioè dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) che stabiliva l’assurdo della soglia di sicurezza per i PFAS (DST – Dose Settimanale Tollerabile di gruppo) pari a 4,4 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo alla settimana che, tradotto per un adulto di 70 kg, significava poter assumere non oltre 308 ng di PFAS alla settimana. Né va oltre al Regolamento UE 2023/915 che stabilirà, da agosto 2026, per alcuni Pfas limiti massimi di contaminazione ammessi in alcune categorie di alimenti (uova, prodotti ittici, carni di diversa origine).
 
Il decreto, ispirato da Solvay, è funzionale ad accontentare quanti, anche nei pressi dell’ambientalismo, lo considereranno “un piccolo passo in avanti, un segnale positivo”, dimenticando che, come pur sottolinea Greenpeace, “quando si parla di sostanze cancerogene non esiste alcuna soglia di sicurezza diversa dallo zero tecnico».
 
Il limite introdotto è pari a venti nanogrammi per litro e riguarda la somma di quattro molecole – Pfoa, Pfos, Pfna e PfhxS – di cui sono già noti i pericolosi effetti per la salute umana e ambientale.  L’Italia si mette al passo con alcuni paesi europei come la Germania, che ha introdotto lo stesso limite, ma resta ben lontana dai valori più cautelativi per la salute umana inseriti da altri Paesi come la Danimarca (due nanogrammi per litro) o la Svezia (quattro nanogrammi per litro).
 
 Inoltre, il decreto inserisce un limite pari a dieci microgrammi per litro (diecimila nanogrammi per litro) per il Tfa oggi considerato il Pfas più abbondante e diffuso sul pianeta.
 
Quanto previsto dal nuovo decreto, affiancherà il limite di venti nanogrammi per litro previsto dalla Direttiva europea (pari a cento ng/L per la somma non più di ventiquattro, come prevederebbe la direttiva europea, bensì trenta molecole, includendo le sei sostanze prodotte dalla ex Solvay di Alessandria), che entrerà in vigore in Italia dal prossimo 12 gennaio. Tuttavia, per l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e l’Agenzia europea per l’ambiente il limite proposto da Bruxelles non basta per tutelare la salute dei cittadini.
 
A livello europeo, è in discussione una possibile restrizione universale dei PFAS ai sensi del regolamento REACH, proposta da diversi stati membri. Alcuni paesi dell’UE hanno adottato limiti nazionali più severi per determinati PFAS o gruppi di PFAS rispetto a quelli previsti dalla direttiva europea. Sebbene l’Italia si stia allineando ai requisiti minimi delle direttive UE, in Europa si osserva una tendenza verso regolamentazioni nazionali più stringenti e un potenziale futuro divieto a livello comunitario dei PFAS.
 
Da tenere d’occhio, ma non certamente definibile una “spada di Damocle”, anche perché non c’è fretta nel suo iter, è la proposta dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) di restrizione generalizzata di circa 10.000 PFAS in tutti gli usi non essenziali, con fasi temporali di divieto o limitazioni da 18 mesi a 12 anni in base alla criticità e disponibilità di sostanze alternative. Finora, il Pfoa è soggetto a restrizioni dal 2020 e più recente il regolamento UE del 2019 prevede il divieto o la restrizione dell’uso e della produzione di PFOS, PFOA e altri PFAS e lo smaltimento sicuro delle sostanze già presenti nei prodotti, con tempi di efficacia che si annunciano lunghi ai fini della riduzione del rischio per la salute.

Limiti zero Pfas in Italia: perfino gli ambientalisti balbettano.

L’unico provvedimento legislativo atto a risolvere il disastro ecosanitario dei Pfas in Italia è stato il Disegno di Legge ex Cinquestelle: l’unico che prevedeva limiti zero, cioè la messa al bando dei cancerogeni. Dunque, l’unico che presumeva la fermata della Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria): produttrice monopolista nazionale. E proprio per questo motivo, il DDL Crucioli è stato sepolto in Senato. E proprio dalla lobby chimica capitanata da Solvay Syensqo, che controlla il Parlamento italiano ed europeo.
 
La longa manus di Solvay sul governo, infatti, ha prodotto il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri al Senato, per poi passare al vaglio delle Commissioni parlamentari. Confezionato apposta per garantire alla multinazionale la prosecuzione delle attività che stanno sfasciando il territorio alessandrino, il decreto per la presenza di Pfas nelle acque potabili stabilisce limiti superiori di ben 10 volte a quelli introdotti cautelativamente in Danimarca: 2 nanogrammi per litro. Limiti che, ripetiamo, per queste molecole cancerogene note come “inquinanti eterni” dovrebbero essere Zero, piuttosto che l’applauso al governo dei Verdi, e i balbettii della stessa Greenpeace, che genericamente chiede “limiti più bassi”.
 
La longa manus della lobby chimica è trasversale nel Parlamento italiano dove sono state presentate dalle minoranze compromettenti Mozioni (clicca qui). E’ un controllo che si allunga dal Parlamento europeo, dove la lobby deve bloccare l’Echa (l’Agenzia europea delle sostanze chimiche) che stava a esaminando la proposta di Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia di vietare uso e produzione di Pfas (come voleva il DDL Crucioli). Tant’è che proprio in questi giorni la commissaria Ue per l’Ambiente, Jessika Roswall, ha confermato che per la stretta annunciata da Bruxelles sui Pfas bisognerà attendere almeno il 2026. Era questa la linea indicata dal più autorevole lobbista, Mario Draghi, nel documento sulla competitività europea. Smentendo l’Echa: “Esistono già le alternative ai Pfas”, Draghi ha invece sponsorizzato: “I Pfas non sono sostituibili in diversi settori industriali”, riferendosi particolarmente ai settori militari, quanto mai attuali nella corsa al riarmo europea. Prontissimo, proprio nella casa madre Solvay di Bollate (Milano), il ministro Adolfo Urso ha commentato: “C’è un’aria nuova in Europa. Sul ‘modello Meloni’. Una visione pragmatica che affronta la realtà coniugando la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale”. Tradotto: profitti in cambio di salute.
 
A questo punto, sul piede del freno, aggiungiamo i limiti “tecnici” anteposti da Utilitalia, la federazione che rappresenta oltre 400 gestori pubblici dei servizi idrici e ambientali, che segnala difficoltà tecniche e tempi troppo stretti per adeguare gli impianti entro il termine europeo del 2026. Per questo Utilitalia ha chiesto una proroga fino al 2027, a tacere gli elevati costi per rimuovere i Pfas (carboni attivi, osmosi inversa) a spese dei consumatori attraverso le bollette piuttosto che degli inquinatori.

La Cassazione sulla tutela dei diritti umani fondamentali dei cittadini minacciati dall’emergenza.

Contro chi inquina, l’importanza dell’azione legale in sede civile, piuttosto che in sede penale, è stata evidenziata dalla recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nel merito della causa avviata, contro ENI davanti al Tribunale di Roma, da Greenpeace Italia, ReCommon e 12 cittadini.
 
Nel merito lo storico verdetto stabilisce la giurisprudenza del giudice ordinario civile per definire i danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici provocati consapevolmente dalle aziende, in questo caso dal colosso italiano del gas e del petrolio.
 
La fondamentale sentenza della Suprema Corte rafforza il diritto -“La Giusta Causa”- dei cittadini ad agire di fronte a un giudice civile per la tutela dei loro diritti ambientali e sanitari, indica la strada per le azioni giudiziarie e avrà sicuro impatto di principio su tutte le cause legali in corso o future in Italia in materia di danni climatici e protezione dei diritti umani. Si pensi all’emergenza dell’azione inibitoria nei confronti di Solvay per il disastro ecosanitario di Alessandria. 

Per i Pfas pagheranno 875 milioni di dollari.

In quello che qualcuno definisce il più grande accordo ambientale mai ottenuto da uno Stato, i giganti chimici Chemours, DuPont e Corteva pagheranno al New Jersey 875 milioni di dollari nei prossimi 25 anni per l’inquinamento da PFAS, le “sostanze chimiche eterne”.
 
In base all’accordo, le aziende inquinatrici, che per decenni hanno consapevolmente contaminato terra e acque, sono tenute a finanziare la bonifica di quattro ex siti industriali, creare un fondo di bonifica fino a 1,2 miliardi di dollari e accantonare una riserva di 475 milioni di dollari per garantire il completamento della bonifica in caso di fallimento o insolvenza di una delle aziende.
 
In Italia, Solvay non paga.

Le concerie inquinano Pfas peggio della Miteni.

Dal 2016 ci si interroga se l’inquinamento delle acque del fiume Fratta sia o meno causato dall’attività industriale della Sirp spa, l’azienda conciaria che ha lo stabilimento a Cologna Veneta. Ora arriva finalmente la risposta dell’Università di Padova tramite la sentenza del Consiglio di Stato: «Seppure la Sirp utilizzi nel proprio ciclo produttivo acque già contaminate (a monte) dalla falda inquinata dalla Miteni, lo scarico (a valle) delle acque emunte dal pozzo contiene Pfas che contribuiscono all’inquinamento della falda acquifera». Cioè Sirp durante il trattamento biologico aumenta addirittura l’accumulo di Pfas.
 
Le concerie fanno un uso considerevole di Pfas nelle loro lavorazioni. Miteni nel 2018 si difendeva accusando: “I conciatori di pelle inquinano le acque centinaia di volte più di noi”. Sono oltre 500 le industrie dell’Alto vicentino, secondo il censimento fatto dalle stesse organizzazioni di categoria, che nel ciclo lavorativo utilizzano Pfas come leganti o additivi per la concia di scarpe, vestiti, guanti e altri accessori. Forti concentrazioni di concerie sono anche in Toscana.
La soluzione è la messa al bando dei Pfas, chiudendone a monte l’unico sito produttivo in Italia: Solvay di Spinetta Marengo. 

L’atmosfera di Alessandria avvelenata dalla Solvay.

Non solo acqua ma anche atmosfera. Infatti, con l’esposto in Procura del 7 aprile 2023 via PEC, ribadiamo l’esigenza di intervenire per le emissioni inquinanti in atmosfera: “Come conosciuto nei monitoraggi, dalle 72 ciminiere dello stabilimento e dai 15.000 punti di perdite incontrollate fuoriescono sostanze inquinanti tossiche e cancerogene (PFAS: PFOA, ADV, C6O4, Acido Fluoridrico, Acido Cloridrico,NH3, Alcoli, Anidride fosforica (P2O5), Composti Iodurati (C4F8I2), Zn, Idrossido di Potassio(KOH), NOx, CO2, SOx, Polveri, composti fluorurati (C2F4, C3F6,C4F8): 107 Kg/giorno; 40 t/anno, ecc. In questo cocktail, appunto, il PFOA, l’ADV e il brevettato cc6o4. Per i quali richiamiamo l’attenzione su…” Su importanti documenti: Pubblicazione scientifica 2022 di Arpa e Università di Torino, Studio 2023 ARPA Deposimetri a Spinetta Marengo, nonché l’autorevole commento di Claudio Lombardi, già assessore Ambiente del Comune di Alessandria.

Clicca qui.

La lotta dei cittadini contro Solvay e il silenzio delle istituzioni.

Giornalista, scrittore, attivista, presidente del Movimento di Lotta per la Salute G. Maccacaro e direttore di Rete Ambientalista, Lino Balza è un volto storico della lotta contro la devastazione ambientale e sanitaria causata dalle attività della Solvay di Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria. Le sue denunce contro l’azienda, iniziate dopo trent’anni di lavoro dipendente nell’azienda , gli sono costate ritorsioni quali cassa integrazione, trasferimenti, mobbing, demansionamento e licenziamento, oltre che una decina di causa, tutte vinte.
 
Al momento, Balza si sta battendo strenuamente contro la richiesta di patteggiamento di Solvay per la causa relativa al disastro eco-sanitario dello stabilimento Spinetta Marengo, che permetterebbe all’azienda di chiudere il procedimento in anticipo senza dibattimento in cambio del pagamento di una somma in denaro… continua cliccando qui

L’atmosfera di Alessandria avvelenata dalla Solvay.

Non solo acqua ma anche atmosfera. Infatti,  con l’esposto in Procura del 7 aprile 2023 via PEC,  ribadiamo l’esigenza di intervenire per le emissioni inquinanti in atmosfera: “Come conosciuto nei monitoraggi, dalle 72 ciminiere dello stabilimento e dai 15.000 punti di perdite incontrollate fuoriescono sostanze inquinanti tossiche e cancerogene (PFAS: PFOA, ADV, C6O4, Acido Fluoridrico, Acido Cloridrico,NH3, Alcoli, Anidride fosforica (P2O5), Composti Iodurati (C4F8I2), Zn, Idrossido di Potassio(KOH), NOx, CO2, SOx, Polveri, composti fluorurati (C2F4, C3F6,C4F8): 107 Kg/giorno; 40 t/anno, ecc. In questo cocktail, appunto, il PFOA, l’ADV e il brevettato cc6o4. Per i quali richiamiamo l’attenzione su…” Su importanti documenti: Pubblicazione scientifica 2022 di Arpa e Università di Torino, Studio 2023 ARPA Deposimetri a Spinetta Marengo, nonché l’autorevole commento di Claudio Lombardi, già assessore Ambiente del Comune di Alessandria.
“Le misurazioni della ricaduta dei PFAS sul terreno di Spinetta Marengo sono state effettuate in via Genova nei pressi dello stabilimento Solvay ma i risultati ottenuti potrebbero essere qualitativamente validi per una ben più ampia area a causa del trasporto aereo. Come media delle due campagne di analisi del 2019 e 2020 per ogni metro quadro ricadono ogni giorno a terra 3840 (nanogr/m2gg) della somma di PFAS prodotti in Solvay (cC6O4 + ADV). Nelle aree non interessate da insediamenti produttivi di tali sostanze (aree bianche) la somma di PFAS è inferiore a 91(nanogr/m2gg). I risultati delle analisi sono estremamente allarmanti: i PFAS nell’aria di Spinetta sono di ben 42 volte superiori a valori ammissibili!
“Da tempo il Comitato Stop Solvay e Il Movimento di lotta per la salute Maccacaro formulano la tesi che le patologie, le morti certificate dalle indagini sulla salute degli abitanti della Fraschetta in quantità assai superiore ad Alessandria ed al resto del Piemonte siano causate dall’inquinamento dell’aria, oltre che dell’acqua”.
 
Insomma, su Spinetta, dal cielo 5 microgrammi ogni giorno di Pfas per ogni metro quadrato, nell’acqua 52 microgrammi per litro di C6O4.  
La Regione Piemonte non si è mai sprecata in monitoraggi sanitari e ambientali. Tant’è che la Regione aveva ignorato già nel 2009 la nostra allarmata richiesta di controlli ematici di massa. Neppure si è mossa nel 2022 dopo l’indagine dell’Università di Liegi.
Neppure di fronte ai rari ma preoccupanti monitoraggi di Pfas nelle matrici aria e acqua: ad esempio quello compiuto da Arpa e Università di Torino (Ilaria Marchisio, Tiziana Schilirò, Simona Possamai, Nicola Santamaria) che denuncia: “nelle matrici ambientali è stata riscontrata la presenza di molecole non ancora normate”, ovvero coperte da segreto industriale Solvay. Nelle Tabelle, i dati dell’inquinamento da PFAS del corpo idrico nel 2019 e 2020 evidenziano che nell’acqua del Bormida il PFOA (ufficialmente dismesso nel 2013) supera gli standard di legge, fino a 0.21 µg/l microgrammi litro. Il dato più eclatante è che tra i Pfas le concentrazioni maggiori, addirittura 52.5 µg/l, sono del cC6O4: un Pfas   prodotto ed utilizzato in Italia esclusivamente nel polo chimico di Spinetta Marengo, e perfino riscontrato a monte del fiumeAl punto che i ricercatori sono costretti ad esclamare: Alla luce di questi dati, è quanto mai opportuno che vengano studiati gli effetti cancerogeni del cC6O4 sull’ecosistema e sulla salute umana soprattutto”. In primo luogo sarebbe necessario intensificare la frequenza dei monitoraggi per misurare durante i diversi episodi di sversamento una sostanza così solubile in acqua e facilmente trasportabile.
Per quanto riguarda la matrice aria, ad oggi il metodo di campionamento di aria che risulta più facilmente attuabile è quello relativo alle deposizioni ambientali. Le analisi dei campioni prelevati evidenziano la presenza sia di PFOA che di cC6O4 e ADV. In particolare le ultime due sono sostanze caratterizzanti del polo chimico di Spinetta Marengo in quanto prodotte e utilizzate esclusivamente in locoIl dato più preoccupante risulta quello relativo al cC6O4, riscontrato con valori di circa 5 µg/m2 gg (5 microgrammi ogni giorno per ogni metro quadrato), se ci confrontiamo con uno studio realizzato nel nord della Germania: ad Alessandria per il cC6O4 si hanno valori con ordine di grandezza di mille volte superiori a quelli tedeschi. Al punto che i ricercatori tornano ad ammonire: “Considerando le nozioni in nostro possesso circa la sua tossicità da inalazione, sarebbe assai opportuno un approfondimento su tale tematica”. Di grande rilievo è l’annotazione che “la maggior parte dei PFAS si distribuisce principalmente nella fase gassosa e non nel particolato, quindi avendo avuto la possibilità di campionare solamente il particolato con i filtri in fibra di quarzo, sono andate perse gran parte delle concentrazioni realmente presenti nell’aria, concentrazioni assai importanti”.
L’ARPA: “I Pfas C6O4 e ADV in atmosfera ricadono sul Spinetta Marengo”. Arrivano dai camini, dal risollevamento della terra vicino allo stabilimento, dalle discariche. Va da sé che C6O4 e ADV sono respirati dagli abitanti: disciolti nella nebbia, nella pioggia, nel pulviscolo atmosferico, nelle famigerate polveri sottili. D’altronde, il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) aveva evidenziato la presenza di Pfas nelle uova degli uccelli.  Il sindaco Giorgio Abonante lo sa ma fa finta di niente. E la Procura? chiediamo nell’esposto.

Luci e ombre nel processo Pfas di Vicenza.

Sta facendo il giro del mondo. Certo (vista a colori) la sentenza Pfas di Vicenza per l’avvelenamento delle acque è storica perchè è la prima che condanna per dolo, cioè con pene pesanti, ma occorre guardarla anche un po’ in bianco e nero. Innanzitutto, sul versante delle azioni risarcitorie a favore delle Vittime. 
Potenzialmente, potevano essere 350mila nel Veneto le persone fisiche presenti come parti civili nel processo, in quanto danneggiate in varia misura dai Pfas delle aziende ex Miteni. Invece, delle 338 “parti offese” indennizzate, sono ben 138 quelle istituzionali (enti, associazioni) ma appena 200 sono le persone fisiche: “Mamme no Pfas” e altri cittadini che a partire dal 2017 hanno scoperto che il loro sangue e quello dei loro figli erano avvelenati da concentrazioni preoccupanti di Pfas. Per ognuno dei 200, la Corte ha stabilito indiscriminatamente un risarcimento forfettario di 15mila euro.
Ebbene, premesso che la salute non è mai riparabile, però diciamolo apertamente, sono addirittura irrisorie 15mila euro per le Vittime, colpite dagli effetti cancerogeni e dalle conseguenze ormonali e metaboliche (processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all’ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile, cioè effetti sulla fertilità e sullo sviluppo fetale; aumento di vari tipi di cancro, tra cui leucemia, cancro al seno, tiroide e al pancreas; crescita significativa della mortalità di individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo; indebolimento del sistema immunitario e della risposta alle vaccinazioni soprattutto dei bambini; sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l’aterosclerosi e gli eventi tromboembolici; aumento della concentrazione di trigliceridi e colesterolo nel sangue, eccetera).
Stiamo parlando di queste patologie mortali. Non stiamo mica parlando di 15mila euro per danni per la perdita di valore degli immobili.  15mila euro per le Vittime: non è Giustizia! Ci si avvicinerà ad essa se le 200 persone, ma anche le migliaia non coinvolte nel processo penale concluso, chiederanno i danni per le patologie da ciascuna subìteMa questi danni devono chiederli per altra via che non sia quella penale, perché nel processo penale il reato contestato è di natura prettamente ambientale: l’avvelenamento delle acque e il disastro ambientale. Il penale è bengodi per gli avvocati, non per le Vittime.  Il penale non risarcisce i danni per la salute, nemmeno un briciolo di dignità.
Per risarcire i danni alla salute, la via obbligata è quella dei processi in sede civile: con azione legale individuale, oppure unendosi con azione legale collettiva (class action): tramite associazione di cittadini ovvero organizzazioni, riducendo così notevolmente i costi legali ai rari avvocati (e medici legali) disponibili a parcelle meno appetitose di quelle in sedi penali.
Dunque, chiunque ritenga di aver subito danni reali a causa dell’inquinamento da PFAS (cioè problemi di salute ma perfino perdita di valore degli immobili, ecc.) può intentare una causa civile contro i responsabili dell’inquinamento, a partire dalle aziende che hanno prodotto o utilizzato le sostanze PFAS. Il diritto vale innanzitutto per le popolazioni che hanno “ospitato” in passato l’industria produttiva, come la Miteni di Trissino, ovvero per quelle che tuttora la fabbrica ce l’hanno in casa, come la Solvay di Spinetta Marengo.
A maggior ragione, questo diritto ad un risarcimento non lesivo della dignità ce l’hanno i principali esposti ai veleni, le Vittime dirette: i lavoratori di queste fabbriche. Per paradosso, anzi assurdo, i lavoratori della Miteni non hanno ricevuto dalla sentenza di Vicenza nessun risarcimento. Neppure i 53 costituitisi parti civili l’hanno preso, nemmeno l’elemosina delle 15mila euro (per la motivazione, appunto, che la natura del reato contestato è… solo di natura ambientale, non professionale).
Dunque, l’unica sentenza -anch’essa storica- che risarcisce i lavoratori resta quella, di un altro tribunale di Vicenza, che in sede civile ha risarcito la morte per tumore di un operaio della Miteni: per la prima volta riconoscendo in Italia la malattia professionale da Pfas. Però, con questa sentenza non è stata condannata al risarcimento l’azienda ma un Ente terzo in causa: l’INAIL.
E’ clamoroso, anzi scandaloso, che in Alessandria i sindacati a loro volta non abbiano mai avviato causa di riconoscimento di malattie professionali contro il colosso chimico di Spinetta Marengo. In particolare, la polemica è stata anche trasmessa con lettera aperta al segretario generale della CGIL, Maurizio Landini.

La storica sentenza come punto di partenza.

Dopo le sentenze storiche di Vicenza, in penale e in civile, un sacco di persone e di enti si sono appiccicate medagliette di pionieri della lotta contro i Pfas. Perfino alcune istituzioni pubbliche, che semmai avrebbero meritato nei decenni anch’esse un banco degli imputati, si sono autoassolte addirittura in veste di primazia politica e sanitaria. I meriti della vittoria vanno, invece, esclusivamente attribuiti alle lotte popolari dopo il 2017, con le “Mamme No Pfas” in testa. In questo ambito merita il riconoscimento che viene assegnato al dottor Vincenzo Cordiano in questo servizio del Corriere della Sera, clicca qui.
 
Nell’intervista, Cordiano giustamente rivendica di essere stato il primo in Veneto a lanciare l’allarme Pfas per la Miteni di Trissino nel 2013. Possiamo confermarlo perché all’epoca chiese informazioni a Lino Balza, noto per essersi occupato già dagli anni ’80 con le denunce dell’inquinamento Pfas in Bormida e Po, tant’è che lo mise anche in contatto (segreto) con tecnici della Solvay di Spinetta Marengo.
 
Vincenzo Cordiano giustamente accusa come non fu ascoltato dai politici e nemmeno dai suoi colleghi medici veneti, anzi fu sottoposto dai superiori a provvedimento disciplinare “per avere danneggiato l’immagine dell’azienda sanitaria Usl5”. Ovviamente fu censurato sul lavoro e bloccato come carriera. Il fatto non stupì, essendo già balzato all’onore delle cronache Lino Balza per anni oggetto di massicce rappresaglie del colosso chimico di Spinetta, licenziamento compreso, tutte respinte con vittoria nei tribunali però mentre gli amministratori pubblici piemontesi trattenevano le code tra le gambe.
 
Nell’intervista, Cordiano principalmente mette in rilievo che la storica sentenza di dolo del Tribunale di Vicenza debba essere -in Veneto- considerata non un punto di arrivo bensì di partenza: perché dovranno essere assolutamente perseguite le indagini ambientali ed epidemiologiche mancanti, soprattutto per riconoscere i danni alle Vittime e dunque i legittimi risarcimenti. Analogamente, il monito dovrebbe valere per il Piemonte. 

Giova ripeterlo: le Vittime non ottengono Giustizia nei tribunali penali.

 
Alessandria non è la sede penale per ottenere Giustizia, possibile solo con azioni inibitorie e risarcitorie. Qui, più che altrove, le Vittime rischiano di diventare Vittime una seconda volta. Si consuma drammaticamente il “delitto perfetto”….

In più, la partita dei Pfas va ben oltre la sentenza di Vicenza.

Ok limite zero Pfas in Italia quando in Usa. .
L’intera partita (clicca) si giocherà in campo internazionale, all’ombra militare di Trump. Senza eccedere in trionfalismi, come si sta facendo, nondimeno la storica “sentenza Miteni” del tribunale di Vicenza, al di là dell’esito giudiziario ancora provvisorio, ha acceso ulteriormente i riflettori sui Pfas: in particolare sulla necessaria fermata nell’unico stabilimento che li produce in Italia, Solvay a Spinetta Marengo, e sul relativo assai controverso processo (bis) di Alessandria.
 
Nell’immediato, indubbiamente la sentenza sta plasmando in Veneto nuove decisioni e nuovi indirizzi in materia ambientale. In questo scenario, a Schio l’assemblea dei soci di “Alto vicentino ambiente (Ava)”, che si occupa del ciclo integrato dei rifiuti del comprensorio, ha approvato una delibera in cui si stabilisce che, qualora si dovesse potenziare ed ampliare l’inceneritore di Ca’ Capretta, non sarà consentito trattare fanghi di depurazione, che   tipicamente contengono Pfas.
 
La gravità della minaccia degli impatti sanitari dei Pfas si è riflessa, quasi in contemporanea, sulla vicenda dell’inceneritore che Eni Rewind aveva in animo di realizzare a Fusina, alla periferia di Venezia, bloccato finalmente dopo anni di lotte dal Comitato tecnico della Regione Veneto proprio per la possibilità che i fanghi da bruciare potessero contenere i Pfas.
 
Insomma, in un contesto così tratteggiato, i Pfas «finiscono per essere il filo conduttore» che lega i destini di Trissino, di Vicenza, di Venezia, di Schio, di Padova, di Verona, di Legnago e di Loreo. Si tratta di Comuni nei quali o c’è un impianto di trattamento o è prevista la realizzazione di un inceneritore o il potenziamento di una linea di incenerimento, oppure è in previsione la realizzazione di un impianto ad hoc: vuoi di trattamento, vuoi di essiccazione. Si è aperto un nuovo approccio nella gestione dei rifiuti e dei fanghi contaminati da PFAS, in particolare rispetto ai rischi per la salute derivanti dalla combustione incompleta dei PFAS.
 
A maggior ragione dopo la sentenza di Vicenza, i Comitati e le Associazioni chiedono la messa al bando in Italia dei Pfas per Legge. Il che però implica la sorte dello stabilimento di Spinetta Marengo, ovvero degli interessi economici, militari e geopolitici in gioco, che sono tanto radicati e ramificati da rendere l’intera partita (clicca) un vero e proprio rebus non solo nazionale.  Clicca anche https://economiacircolare.com/pfas-industria-bellica/ i “forever chemicals indispensabili nel mercato della guerra”.
 
Lo scenario internazionale, infatti, si fa più torbido, e dentro vi nuota Solvay in Italia (vedi foto). In Usa, l’Epa, l’agenzia governativa per la protezione dell’ambiente, sembra fare marcia indietro nella lotta agli “inquinanti eterni”. Le misure portate avanti da Joe Biden erano state pianificate durante il primo mandato di Donald Trump, che anche in questo caso rinnega sé stesso. L’Epa ha prorogato l’entrata in vigore dei limiti per la presenza di queste sostanze chimiche nell’acqua potabile e ha cancellato oltre 15 milioni di dollari destinati alla ricerca. La soglia di 4 nanogrammi per litro, tecnicamente zero, stabilita dalla legge Usa passata sotto Biden, dovrà essere rispetta solo dal 2031.

Un altro dei tanti rinvii Pfas della Regione Piemonte.

Onde favorire la Solvay di Spinetta Marengo, unico stabilimento che produce “inquinanti eterni” in Italia, la Regione Piemonte, nel porre dei massimi di concentrazioni di Pfas nelle acque, aveva stabilito che limiti aggiuntivi per le sostanze pericolose sarebbero dovuti entrare in vigore quest’anno. Invece, la Regione ha rimandato di tre anni «per permettere agli impianti di depurazione di adeguarsi».  In questo periodo, il provvedimento, tramite un ennesimo  “Osservatorio”, consentirebbe agli enti locali, ai gestori e ai consorzi di riavviare il percorso di studio e approfondimento, anche per avviare soluzioni concrete e affrontare in modo sistemico il tema del trattamento dei rifiuti, in primis del percolato”.
 
Questa proroga regionale dell’entrata in vigore dei limiti Pfas si scontra con il pieno disaccordo degli ecologisti: “Si è partiti col limitare i Pfas nello smaltimento, ma per risolvere il problema bisogna impedirne la produzione e l’utilizzo. Il problema in Piemonte è gigantesco. Non si può non guardare l’elefante nella stanza: lo stabilimento di Spinetta Marengo”.

Processi Pfas. Ad Alessandria è campo minato.

Molti lamentano di aver ricevuto la mailinglist “Storica sentenza PFAS a Vicenza. Scandalo ad Alessandria” con un articolo (https://www.rete-ambientalista.it/2025/06/27/scandalizza-i-comitati-e-le-vittime-il-processo-solvay-di-alessandria/ ) gravemente mutilato. Riproduciamo il paragrafo compromesso:
Scandalizza i Comitati e le Vittime il processo Solvay di Alessandria.
Pene fino a 17 anni -per dolo– nella storica sentenza “Miteni” di Vicenza. Sono le stesse condanne che nel 2010 la procura di Alessandria (procuratore capo Michele Di Lecce, sostituto Riccardo Ghio) aveva chiesto per il management per il reato di avvelenamento doloso delle acque. Solvay era stata graziata con una mite condanna per colpa.
Il nuovo capo della procura (Enrico Cieri), benchè Solvay a Spinetta Marengo avesse per un altro decennio reiterato il reato (anzi peggiorando il disastro ambientale e sanitario), e ignorando 11 miei esposti che chiedevano di intervenire per dolo, Cieri (con Eleonora Guerra sostituto procuratore) infine ha addirittura rinviato a giudizio Solvay solo nel 2024 e con un blando capo di imputazione per colpa: a carico di due direttori privi di potere decisionale, assolvendo cioè il management e privando degli equi risarcimenti miliardari le Vittime  e la Bonifica.
Dunque, il capo di imputazione del processo bis di Alessandria scandalizza, e ancora più il pasticciaccio del patteggiamento in corso con il Gup (Andrea Perella). Il tutto è raccontato, giorno per giorno, in “Ambiente Delitto Perfetto” (di Lino Balza e Barbara Tartaglione, prefazione di Giorgio Nebbia) disponibile a chi ne fa richiesta.
Ripetiamolo chiaro e tondo: Alessandria non è la sede penale per ottenere Giustizia, possibile solo con azioni inibitorie e risarcitorie in sede civile.

Le Vittime non ottengono Giustizia nei tribunali penali.

Ripetiamolo chiaro e tondo: Alessandria non è la sede penale per ottenere Giustizia, possibile solo con azioni inibitorie e risarcitorie. Qui, più che altrove, le Vittime rischiano di diventare Vittime una seconda volta. Si consuma drammaticamente il “delitto perfetto”.
 
DELITTO PERFETTO PER SOLVAY
L’idea del “delitto perfetto” ha ossessionato l’umanità fin dai tempi antichi. Il “delitto perfetto” è quel crimine efferato commesso consapevolmente sapendo che, anche quando portato allo scoperto, resterà impunito. Appartengono a questa categoria proprio i crimini contro l’ambiente: più sono potenti gli autori, più mietono Vittime, e più sono assolti nei tribunali penali. Così che le Vittime diventano Vittime una seconda volta (talvolta terza ecc.). Il libro “Ambiente Delitto Perfetto” (di Lino Balza e Barbara Tartaglione, prefazione di Giorgio Nebbia) raccoglie una vasta casistica di delitti italiani. Il terzo volume è interamente dedicato alle Vittime di Alessandria.
Qui, ogni famiglia del circondario del polo chimico di Spinetta Marengo, nei decenni, ha fatto per conto proprio il calcolo di quanti morti e ammalati in più rispetto alle famiglie di parenti e conoscenti più distanti nell’alessandrino. Queste indagini epidemiologiche erano “domestiche” confermate da quelle istituzionali che conteggiavano l’eccedenza enorme di morbilità e decessi. Tutte le volte i giornali fanno grossi titoli: “In Fraschetta si muore di più”. Bella scoperta, lì c’è la fabbrica. Sempre lì, cambiando nome: Montecatini, Montedison ecc. e da venti anni Solvay. Solvay è riuscita a consolidare il secolare disastro ambientale e sanitario, peggiorandolo anziché bonificarlo. Con la complicità di Comune, Provincia, Regione, governi, e malgrado Comitati e Associazioni.
La soluzione è una: è la chiusura delle produzioni inquinanti, per bloccare nel tempo ulteriori Vittime (come per l’amianto). Almeno il sindaco avrebbe avuto la potestà di interrompere la spirale (invece di querelare Lino Balza). Intanto le Vittime si sono moltiplicate: a nessuna di loro è possibile restituire vita e salute. La salute non ha prezzo. Però, accidenti, almeno vada risarcita (esclamò il PG di Cassazione). Non l’hanno fatto -nemmeno quello- i Sindacati a indennizzo dei Lavoratori. Né i Tribunali hanno provveduto per i Cittadini. Né intendono farlo con l’attuale Processo in sede penale.
 
VITTIME UNA SECONDA VOLTA
Facciamo un esempio concreto. Nel primo processo (2010) alla Solvay, la mia associazione aveva chiesto 400mila euro come risarcimento patrimoniale per il bambino (TLD) colpito da leucemia, attribuibile alle sostanze emesse dall’azienda. 978.450 euro per gli eredi del tumore dell’operaio AA E così via, documentando, per tutte le nove persone costituitesi Parti Civili. Per un totale di 2.848.450 euro. Ebbene, il Tribunale evitò di entrare nel merito delle patologie e del prevedibile contenzioso causa-effetto della Difesa, e (2015) sentenziò -per gentile “elargizione”- 10mila euro di risarcimento: indistintamente per tutte le Parti Civili. A quale titolo? A titolo di danno psicologico: da “metus” (timore, paura, preoccupazione, ansia, turbamento emotivo) derivante dal (presunto) comportamento penale di Solvay.
10mila euro per “l’ansia” della famiglia per la leucemia? Per il “turbamento emotivo” del tumore mortale? E così via per tutte le altre Vittime. Questa è la giustizia nei processi penali. Per altro, fu applaudita dagli avvocati -penalisti- dell’accusa, soddisfatti della propria parcella. Benchè inutilmente appellata dalla Procura. (Per inciso: la Bonifica è rimasta lettera morta anche dopo la sentenza del 2019 della Cassazione).
Insomma, il “metus”, paradossalmente, si aspetterebbe a tutti i 300mila abitanti della provincia di Alessandria! E così per i 350mila vicentini, piuttosto che l’irrisorio risarcimento di 15mila euro per quelle poche centinaia di Parti Civili fisiche della odierna sentenza, pur storica, di Vicenza.
 
IL METUS NON E’ GIUSTIZIA, E’ INGUISTIZIA. ABERRANTE PER LE VITTIME.
Ripetiamo chiaro e tondo la previsione: l’attuale Processo bis alla Solvay sarà “antistorico”, destinato com’è ad un risultato analogo al primo, anzi peggio. Anche perché, a strozzarlo, è stato inserito il cappio del “Patteggiamento” tra Solvay e Procura. Contro questo assolutorio patteggiamento, il fronte è rimasto compatto tra i Comitati e le Associazioni ambientaliste (ma con Medicina democratica e Pro Natura spaccate al proprio interno), mentre tra le Parti Civili istituzionali il Comune di Alessandria (per l’elemosina di 100mila euro) ha aperto la breccia a Regione Piemonte e Governo, ai quali il GUP ha concesso niente meno che quindici mesi per mercanteggiare.
E’ comunque pacifico che, con o senza patteggiamento “strozza dibattimento”, la futuribile sentenza non fermerà le produzioni inquinanti – non lo chiede il capo di imputazione- e la bonifica dunque resterà araba fenice. E’ altrettanto vero che la sentenza, con o senza rito abbreviato, ripeterà lo scandalo delle “vere Vittime”, tutte quali non saranno riconosciute i risarcimenti per le morti e le malattie: non lo chiede il capo di imputazione! Questa ingiustizia apparirà addirittura come una beffa perché gli avvocati sono costituiti quali Parti Civili persone fisiche (meno di 300) rinunciando a documentare patologie e cartelle cliniche: essendo queste “vittime fittizie” essi si limitano alle facili elemosine del “metus” (oltre alle parcelle). Diciamo: 10mila euro come nel primo processo. 300 alessandrini pescati tra 100mila, vieni in una lotteria! Totale: 300.000 mila euro di risarcimenti! Una inezia per chi, come Solvay, fa profitti miliardari. In questa aberrante logica del “metus”, semmai, 10mila euro a testa spetterebbero a tutta la popolazione alessandrina a rischio. Limitandoci ai 100mila cittadini del comune capoluogo, il totale dei risarcimenti per Solvay ammonterebbe a 1.000.000.000 di euro. 1 miliardo, rispetto a 300 mila euro, farebbe una bella differenza.
Ma perfino il fantastico miliardo sarebbe immane ingiustizia sul piano etico e morale. Perché le Vittime, morte e ammalate, sarebbero indistintamente “risarcite”: 10mila euro al bambino con la leucemia, nemmeno con un miserabile milione! Questo scempio dell’etica e della morale (sia tramite dibattimento ovvero patteggiamento) può lasciare indifferenti gli avvocati, che lavorano per la parcella, ei politici per le seggiole. Ma non la comunità alessandrina, i Comitati, le Associazioni, i Sindacati. Non la Giustizia con la maiuscola.
 
Si profila un altro delitto perfetto, insomma. Non si tratta di fare moralismo o vittimismo. Bisogna reagire. Bisogna agire. Venire? Ripetiamolo chiaro e tondo (giova): non è la sede penale per ottenere Giustizia, possibile solo con azioni inibitorie e risarcitorie. “Dura lex, sed lex” difficile da tradurre in italiano. 
 

Scandalizza i Comitati e le Vittime il processo Solvay di Alessandria.

Pene fino a 17 anni nella storica sentenza “Miteni” di Vicenza. Sono le stesse condanne che nel 2010 la procura di Alessandria (procuratore capo Michele Di Lecce, sostituto Riccardo Ghio) aveva chiesto per il management per il reato di avvelenamento doloso delle acque. Solvay era stata graziata con una mite condanna per colpa.
 
Il nuovo capo della procura (Enrico Cieri), benchè Solvay a Spinetta Marengo avesse per un altro decennio reiterato il reato (anzi peggiorando il disastro ambientale e sanitario), e ignorando 11 miei esposti che chiedevano di intervenire per dolo, Cieri (sostituto procuratore: Eleonora Guerra) infine ha addirittura rinviato a giudizio Solvay solo nel 2024 e con un blando capo di imputazione per colpa: a carico di due direttori privi di potere decisionale, assolvendo cioè il management e privando dei risarcimenti miliardari le Vittime  e la Bonifica.  
 
Dunque, il capo di imputazione del processo bis di Alessandria scandalizza, e ancora più il pasticciaccio del patteggiamento in corso con il Gup (Andrea Perella). Il tutto è raccontato, giorno per giorno, in “Ambiente Delitto Perfetto” (di Lino Balza e Barbara Tartaglione, prefazione di Giorgio Nebbia) disponibile a chi ne fa richiesta.
Per sapere di più sulla storica sentenza del processo di Vicenza:

Dalla “battaglia di Marengo” alla “battaglia di Spinetta Marengo”.

La battaglia napoleonica di Marengo del 14 giugno 1800 contro gli austriaci viene rievocata ad Alessandria ogni anno. La battaglia di Spinetta Marengo contro i belgi di Solvay viene commemorata ogni giorno negli ospedali e nei cimiteri, ma anche in piazza ad esempio il 14 giugno con il presidio organizzato dal gruppo “Vivere in Fraschetta”, il Comitato che anch’esso si oppone al tentativo di “strozzare” il processo bis per disastro ambientale (il primo sancito dalla Cassazione) tramite   un assolutorio patteggiamento con la Procura da consumarsi addirittura davanti al GUP Giudice Udienza Preliminare.
 
Tra le parti civili, rifiutano apertamente l’idea di patteggiamento Greenpeace, Legambiente, Movimento di lotta Maccacaro, CGIL, ISDE, Comitato Stop Solvay e gli altri Comitati, tra cui Vivere in Fraschetta. Stessa intenzione per il WWF. Ambigue Pro Natura e Medicina democratica. Mentre pesa come un macigno l’accordo (l’elemosina di 100mila euro di Solvay stigmatizzata da tutti) per l’uscita del Comune di Alessandria dal processo: infatti ha lo scopo di fare da apripista ai patteggiamenti con Regione Piemonte e Governo.
 
“Vivere in Fraschetta” raggruppa in particolare i pensionati iscritti alla CGIL nei sobborghi di Alessandria, tant’è che si è rivolta per un intervento al segretario Maurizio Landini, perorando che siano fermate le produzioni inquinanti della Solvay (Syensqo) di Spinetta Marengo. Il 14 giugno, con indosso la maglietta “No Pfas” ha appunto organizzato un presidio per denunciare ancora una volta che nel territorio si registrano i livelli più alti di contaminazione in Italia ad opera dell’unica fabbrica attiva nel Paese.  Non si può continuare a vivere in un territorio inquinato dove la popolazione neppure è sottoposta a monitoraggio di massa, pur in presenza di storiche indagini epidemiologiche che evidenziano  il costante superamento delle  soglie di malattie e mortalità.  

Allarme Pfas? Cambiamogli il nome.

L’ “Unione internazionale della chimica pura e applicata” (IUPAC, l’ente che raggruppa organizzazioni accademiche, singoli scienziati e 70 aziende del settore) vorrebbe cambiare la definizione dei Pfas per evitare blocchi alla produzione, ovvero crollo degli enormi profitti,  come POTREBBE avvenire per la Solvay (Syensqo) di Spinetta Marengo alla luce sinistra dei dati ambientali e sanitari, anzi, come DOVREBBE avvenire secondo le mobilitazioni delle organizzazioni, associazioni e comitati, ma anche di Stati europei, che chiedono di mettere al bando le cancerogene  sostanze perfluoroalchiliche che si accumulano indistruttibili nell’organismi, benchè nessuna sia indispensabile ma tutte sostituibili.
L’intento dello IUPAC, nel quale si intravede la “longa manus” della lobby chimica, è ridurre i parametri, relativi alle caratteristiche chimico-fisiche della famiglia dei Pfas, necessari per vietarli. Il trucco per mantenere il “far west normativo” consisterebbe nel cambiare un atomo per ottenere una molecola diversa, più “leggera”, ma che comunque manterrebbe le stesse devastanti peculiarità della precedente: bioaccumulo, persistenza, mobilità nell’ambiente. La mossa dello IUPAC rientra nella strategia di allungare i tempi di sopravvivenza delle produzioni incriminate, come sta facendo Solvay nel corso del processo penale di Alessandria strozzandolo tramite la manovra del patteggiamento assolutorio con Procura e Parti civili. Insomma, a mano a mano che un Pfas viene dichiarato ufficialmente cancerogeno (Pfoa) è pronto un sostituto (cC6O4, ADV): “a catena corta”, peggio del precedente.
Nello IUPAC è fortemente impegnato il coordinatore italiano, Pierangelo Metrangolo, professore ordinario di chimica al Politecnico di Milano, ma soprattutto, da ben 20 anni responsabile della partnership con Solvay Solexis sui nuovi materiali chimici, impegnandosi a brevettare diversi Pfas, cavillandoli in gruppi e sottogruppi, sofisticandoli  in base a proprietà fisico-chimiche e profili di tossicità, comunque tutti mai definiti “innocui” ma, al più, “meno pericolosi” “meno bioaccumulabili” “meno tossici” “meno cancerogeni”. “L’astuto” accorgimento sarebbe non vietarli ma ridurne le quantità ingerite e inalate. Sul concetto di Metrangolo la più entusiasta (che potremo ascoltare nel processo di Alessandria, se non passerà il rito alternativo) è Patrizia Maccone, lei quanto meno non sospettabile di conflitto di interessi essendo trasparente manager di Syensqo Solvay dopo essere stata responsabile del settore fluoropolimeri di Ausimont.
La manovra dello IUPAC si contrappone alle ricerche sviluppate negli ultimi trent’anni dalla letteratura scientifica internazionale, e infatti  contro di essa  si è schierato il gruppo di scienziati indipendenti pubblicando una lettera sulla rivista scientifica Environmental Science&Technology a difesa dell’attuale definizione di Pfas, adottata dalla Commissione europea: “Il tentativo dello IUPAC è dettato da ragioni politiche ed economiche, piuttosto che scientifiche”

Solvay manovra da sempre il parlamento italiano.

Sono consapevoli che l’unica soglia sicura per la salute è “lo zero tecnico”. Ovvero il divieto assoluto di uso e produzione dei Pfas. Eppure, la potente lobby chimica della Solvay manovra da sempre il parlamento italiano. Piuttosto che la messa al bando di produzione e uso, la Commissione affari sociali del Senato (con il visto della Commissione bilancio) ha, infatti, dato il suo via libera al decreto legislativo che fissa a 20 nanogrammi per litro i livelli consentiti dei Pfas ((PFOA, PFOS, PFNA e PFHXS): una soglia superiore anche dieci volte rispetto ai limiti restrittivi adottati in altri paesi europei, come la Danimarca (2 nanogrammi per litro) o la Svezia (4 nanogrammi per litro). Nonchè ha fissato 10 microgrammi per litro per il TFA (acido trifluoroacetico).
 
Questo benchè l’Italia annoveri gli epicentri più gravi del disastro ambientale europeo legato ai PFAS, in particolare in Veneto (350mila persone esposte) e in Piemonte (che ospita a Spinetta Marengo l’unico stabilimento produttivo). Con tassi di cancro e mortalità superiori alla media nelle aree contaminate. Ma campioni positivi si trovano in ogni regione italiana. E, nonostante l’emergenza i controlli sui PFAS nelle acque potabili sono per lo più assenti o limitati a poche aree geografiche.
 
In questo deficitario contesto, si calerà la direttiva europea 2020/2184 che impone dei limiti normativi a partire dall’inizio del 2026, limiti superati dalle più recenti evidenze scientifiche: quelle ad es. diffuse dall’EFSA, tant’è che l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) ha dichiarato che i limiti in via di adozione sono inadeguati a proteggere la salute umana. Infatti, hanno già adottato valori più bassi numerose nazioni europee (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e la regione belga delle Fiandre),  e gli Stati Uniti … a rischio Trump.

Forever Pollution Project contro la campagna della lobby Pfas.

La situazione europea è talmente intollerabile che 94 organizzazioni europee, che rappresentano milioni di persone, hanno inviato una lettera a Ursula von der Leyen esortandola ad “agire con audacia e chiarezza” contro quello che è diventato il “veleno del secolo” e probabilmente “la più grave crisi di inquinamento che l’umanità abbia mai affrontato”, dunque per vietare i PFAS.
Di fronte c’è la lobby di Solvay & Co. Infatti, Il gruppo europeo di giornalisti Forever Pollution Project ha indagato sulla campagna orchestrata di lobbying e di disinformazione da parte dell’industria PFAS e dei suoi alleati, con l’obiettivo di annacquare la proposta dell’UE di vietare “per sempre le sostanze chimiche” e spostare l’onere dell’inquinamento ambientale sulle società. L’indagine transfrontaliera e interdisciplinare ha calcolato per la prima volta il costo sbalorditivo della “bonifica” della contaminazione da PFAS in Europa se le emissioni rimangono senza restrizioni: 2 trilioni di euro in un periodo di 20 anni, una fattura annuale di 100 miliardi di euro. Questo però solo se smetteremo immediatamente di produrli e diffonderli. Costo a carico pubblico o dell’inquinatore?
Quando si parla di “bonifica” bisogna usare le virgolette, in quanto una bonifica definitiva è impossibile perché i Pfas (molecole a “catena lunga” o, peggio, “corta” o “ultrasonica”) sono praticamente indistruttibili in qualsiasi matrice ambientale (aria acqua suolo pioggia ciminiere rifiuti discariche fogne depuratori falde fiumi agricoltura cibi e bevande), ineliminabili con filtri o incenerimenti, e in definitiva ineliminabili nel sangue umano (già presenti nel feto). Da qui la definizione di forever chemicals, sostanze chimiche eterne. Quello che si può fare è bloccarne la diffusione, mettere in sicurezza le popolazioni. 
Dunque, la soluzione ecologica e sanitaria ed economica è: immediatamente chiudere le fabbriche che li producono ed eliminare i Pfas dall’infinità di oggetti che usiamo nella vita quotidiana (dalle padelle antiaderenti al fino interdentale, passando per   imballaggi alimentari, tessuti antimacchia abbigliamento impermeabile, frigoriferi, condizionatori e perfino inalatori per l’asma eccetera), a tacere gli utilizzi nel settore militare.
Forever Pollution Project ha mappato la diffusione dei PFAS in Europa individuando 23mila siti contaminati, 20 impianti di produzione ancora attivi e più di 21mila siti ritenuti pericolosi. Alla diffusione di questi dati è seguito il tentativo di Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia di inserire una “restrizione universale” nel regolamento europeo sulle sostanze chimiche (REACH, Registration evaluation authorisation and restriction of chemicals).
E immediatamente c’è stata la levata di scudi degli lobbisti finanziata dai miliardi del settore chimico (Fluoropolymers Plastics Group: Syensqo Solvay e Arkema in Europa) ma anche dei settori di batterie, tecnologie mediche e farmaceutiche, semiconduttori e altri ambiti manifatturieri, e soprattutto del settore degli armamenti.
Le tattiche usate sono sempre le stesse: studi orientati, finanziati e diffusi dall’industria del settore, lobbying diretto, creazione di reti di alleati a supporto delle aziende, impiego di consulenti e grandi studi legali privi di attendibilità scientifica. Insomma, assomiglia, in tutto e per tutto, alle campagne di boicottaggio nei confronti della legislazione sul tabacco, sui combustibili fossili o sul gas. La lobby insiste particolarmente sulle “deroghe” di esenzione dal bando totale: Solvay Syensqo sui fluoropolimeri di Spinetta Marengo.
Neppure l’appello delle 94 organizzazioni europee pare destinato a fare breccia nella chioma di Von der Leyen, troppo impegnata a fare la guerra alla Russia (anzi, i Pfas sono un business per gli armamenti). Non a caso alcuni paesi, come Francia, Danimarca e Paesi Bassi, stanno già introducendo divieti più rapidi per specifici prodotti contenenti PFAS. Per le acque potabili i limiti attuali delle leggi italiane sono di 0,50 microgrammi (µg/l) per il “Pfas totale” e di 0,10 microgrammi per la “somma di Pfas”, mentre in Danimarca il limite di legge in vigore è di 0,002 microgrammi per Pfoa, Pfos, Pfna, Pfhxs. ll Governo danese stanziando 54 milioni di euro è stato il primo in Europa ad approvare un Piano d’Azione Nazionale per prevenire, contenere e bonificare le contaminazioni da PFAS.  La Francia ha approvato una legge che proibisce l’uso di Pfas per cosmetici, prodotti a base di cera, impermeabilizzanti per abbigliamento, vestiti e prodotti tessili.
Per quanto riguarda in Italia l’attività di lobbing della Solvay sui decisori politici (parlamento, comune, regione ecc.) per influenzare il processo decisionale, stiamo ampiamente documentando.