La Solvay: il patteggiamento s’ha da fare. La politica: obbedisco.

Alla prossima udienza del 26 giugno davanti al GUP, è giunto al pettine il nodo del procedimento penale ad Alessandria contro Solvay (Syensqo) per i reiterati reati del disastro sanitario e ambientale. Onde strozzarne condanne e risarcimenti miliardari, già scansati nel primo processo, la multinazionale belga ha proposto alla Procura il patteggiamento e, durante i sei mesi di proroga dibattimentale, ha avviato il mercanteggiamento con le Parti civili affinchè si ritirino.  Il Comune del capoluogo alessandrino, dietro compenso di 100mila euro, prontamente ha aperto la strada a Regione Piemonte e Governo per benevoli accordi, per ora tenuti sottobanco. Nevralgica la posizione della Regione.
 
I Comitati e le Associazioni ambientaliste (non tutte: ambigue Medicina democratica e WWF) hanno chiesto alla Regione, come già invano al Sindaco, di rifiutare ogni patteggiamento, bensì “di bloccare immediatamente la produzione e la dispersione dei Pfas a Spinetta”. “Non ci sono più alibi” dopo la sentenza storica del Tribunale di Vicenza sulla correlazione mortale causa-effetto dei Pfas. Il Comitato Stop Solvay prende, dopo il sindaco, direttamente nel mirino l’assessore regionale alla sanità Federico Riboldi che dalle ribalte cittadine è scomparso da mesi, nascondendosi appunto per patteggiare.
 
A complicare l’arrendevolezza dell’assessore sono subentrate due ulteriori complicazioni. Una è la soluzione scandalizzante dell’Autorità Rifiuti Piemonte di prendere atto che discariche e depuratori non sono in grado di smaltire i veleni, e dunque di sospendere i limiti di legge sugli scarichi industriali, di lasciarli liberi nei corpi idrici e di esportare l’inquinamento da Pfas verso Regioni con normative non restrittive. (Nel dettaglio, clicca qui l’articolo).
L’altra questione, propria di Alessandria, riguarda l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), risalente al 2010, rinnovata nel 2021. Dunque, Solvay era autorizzata a produrre in deroga dal 2020: a condizione che neppure una sola molecola di Pfas ricada in suolo, acqua e aria. Invece, ha prolungato l’attività produttiva oltre il termine decennale previsto malgrado che in questo arco temporale di 15 anni è stato ufficializzato il pesante inquinamento della falda acquifera e dell’atmosfera, peraltro noto agli abitanti della Fraschetta da decenni. La Regione ha scaricato la responsabilità delle drammatiche violazioni sulla Provincia, ovvero sulla Conferenza dei Servizi.