Scoperchiato il vaso di Pandora Solvay: Bernard De Laguiche prende i soldi e scappa.

Ci sono anche Spinetta Marengo e le ricchezze dell’amministratore delegato di Solvay  Bernard De Laguiche, e famiglia, nell’inchiesta giornalistica internazionale “Pandora Papers”, che ha scoperchiato le ricchezze nei paradisi fiscali dell’offshore (Singapore Isole Vergin, Panama ecc.). International Consortium of Investigative Journalists (Icij ) ha ricostruito l’imponente esodo miliardario di De Laguiche e famiglia proprio negli anni in cui ad Alessandria la magistratura  indagava e processava e condannava l’inquinamento  del polo chimico di Spinetta Marengo, infine sentenziato dalla Cassazione per “disastro ambientale e omessa bonifica”. E’ infatti  particolarmente dal 2009, quando dopo i miei esposti la Procura ha avviato il processo, che De Laguiche e famiglia Solvay  hanno  cominciato a nascondere  beni e  miliardi fuori dall’Europa e in diverse entità offshore. Miliardi che centinaia di Parti civili chiedevano fossero destinati alle Vittime e ai  famigliari dei cittadini e dei lavoratori, nonché alla bonifica del territorio.

La famiglia De Laguiche nega un qualche legame tra la creazione delle società offshore e la vicenda giudiziaria, ma in quello stesso periodo i consulenti finanziari che lavorano per la famiglia avrebbero costituito un fondo fiduciario in Nuova Zelanda che alla fine avrebbe ricevuto azioni Solvay per un valore di 11,3 milioni di dollari insieme a 412.000 dollari di dividendi Solvay. I documenti trapelati mostrano che anche altri due insider di Solvay possedevano società fittizie registrate in giurisdizioni segrete e che nel 2011 de Laguiche trasferì almeno 57 milioni di dollari in azioni Solvay e altri beni a due nuovi trust registrati a Singapore. E’ così che si evita di pagare le tasse sui dividendi e i risarcimenti ai processi.

Malgrado la condanna della Cassazione, Solvay non ha provveduto alla bonifica integrale del sito ma addirittura, ampliando la produzione dei famigerati tossico cancerogeni PFAS, ha peggiorato la calamità  sanitaria e ambientale acqua-aria-suolo dell’alessandrino. Tant’è che si sta aprendo ad Alessandria un nuovo processo per disastro ambientale e omessa bonifica che non potrebbe non coinvolgere i miliardari della  Solvay.

E a nulla servirebbero le dimissioni, per ” motivi personali  pochi giorni fa, di De Laguiche  dal consiglio di amministrazione di Solvay nel quale era stato oltre che amministratore delegato anche, non a caso, direttore finanziario. Giocherellando con il registro delle assemblee generali diverse centinaia di migliaia di azioni della società quotata Solvay sono state nascoste in società offshore, azioni detenute dai diversi discendenti dei fondatori della società, in particolare Bernard De Laguiche, pronipote del fondatore Alfred Solvay. De Laguiche era a capo della società Solvac, che riunisce più di 2.300 eredi della dinastia Solvay e che oggi detiene più del 30% delle azioni della multinazionale belga. Di queste operazioni finanziarie  poteva essere stata tenuta all’oscuro l’attuale amministratore delegato Ilham Kadri, una delle donne più potenti del mondo degli affari secondo al rivista Fortune, Premio d’oro Women in Business per la donna dell’anno nel 2017? Icij non ha risposto a questa domanda.

Proprio nella veste di direttore finanziario, De Laguiche aveva sovrainteso all’acquisto dello stabilimento Montedison di Spinetta Marengo: mela marcia a prezzo stracciato. Infatti la sua responsabilità fu chiamata in causa nel dicembre 2002 con una lettera aperta  a tutti i giornali, che Lino Balza ripropose nella sua lunga testimonianza in Tribunale nel 2014. Di più si può leggere sul libro “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia, e riflettere sull’immaginativa di Bernard che  -prendi i soldi e scappa- se la spassa ai tropici. Vale la pena amaramente sorridere sull’immagine che riproponiamo   a tanti  anni di distanza?

Clicca il  Processo popolare alla Solvay: è in pieno svolgimento ad Alessandria e potrà concludersi con una sentenza pronunciata tramite referendum on line.