Grazie a Solvay, l’Università di Alessandria si candida al premio Nobel per la chimica.

L’Università di Alessandria si candida per il premio Nobel per la chimica. E lo sarebbe grazie a 5 milioni di euro erogati da Syensqo Solvay di Spinetta Marengo al Dipartimento di Scienze e innovazione tecnologica dell’Università del Piemonte Orientale, Centro di Ricerca e Sviluppo per il Risanamento e la Protezione Ambientale.
 
La grande scoperta da Nobel consisterà (leggiamo da Radiogold): “nella creazione di materiali che, come delle ‘mini-spugne’, saranno in grado di assorbire gli inquinanti, utilizzando anche prodotti naturali come l’involucro dei chicchi di riso o i gusci di nocciola”. “L’obiettivo sarà la rimozione dei metalli pesanti dai suoli contaminati, il recupero della fertilità del suolo, la rimozione dei contaminanti emergenti come Pfas, coloranti dalle acque di falda e dai reflui industriali e civili”.
 
Si è mostrato un poco perplesso il Magnifico Rettore dell’Università del Piemonte Orientale, Menico Rizzi, che, con una punta di ironia, ha auspicato che questo centro di ricerca produca risultati superiori all’investimento iniziale”. In effetti 5 milioni paiono assai miserini a produrre una scoperta epocale – l’eliminazione dei Pfas “forever chemicals” –  alla quale tutti gli scienziati del mondo non sono stati capaci.  Ma Solvay ha assicurato che rinforzerà con proprio personale la task force del professor Leonardo Marchese che nientepopodimeno “impiegherà trenta tra ricercatori e personale tecnico del Disit e di Syensqo, cinque tecnologi, un project manager e dieci giovani ricercatori (dottorandi o post dottorato), oltre a dieci studenti tesisti”. Altro che l’IBM Research, lo Scripps Research Institute, il Max Planck Gesellschaft, messi assieme. Che smacco per questi istituti di ricerca internazionali! Con un po’ di involucri dei chicchi di riso e gusci di nocciola e quattro lire di investimento!
Sulla quotazione da premio Nobel (ex equo con Solvay?) non hanno dubbi Francesco Luccisano, Country Director di Syensqo Italia, e Federico Frosini direttore dello stabilimento esentatosi da prossimo imputato al prossimo processo: “Questo centro di ricerca accelererà il risanamento già iniziato. La bonifica sta già avvenendo”. A prescindere dalle indagini Arpa e dai monitoraggi sangue. E da Legambiente che definisce “Colonialista l’atteggiamento di Syensqo verso i cittadini e le associazioni”.
 
Presa invece per buona la notizia, il sindaco di Alessandria “Un passo avanti per Alessandria: qui si incontrano impresa, università ed enti pubblici per trasformare la conoscenza in soluzioni concrete e fare passi avanti per uno sviluppo sostenibile” tira un sospiro di sollievo: ho fatto bene a non emettere ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti e piuttosto a sottoscrivere il patteggiamento con Solvay. Altro che la class action inibitoria di comitati e associazioni.

Il sindaco di Alessandria sarà “promosso” dopo le querele per diffamazione contro i sindacati?

Con queste querele Giorgio Abonante, già nel ciclone del patteggiamento con Solvay e dello scandalo dei cimiteri chiusi per degrado, si è definitivamente pregiudicato il posto di sindaco di Alessandria alle imminenti elezioni comunali. L’opposizione ha chiesto le dimissioni immediate. Ma è nella sua maggioranza che è rimasto isolato, pollice verso a iniziare dal suo partito.
 
Il Pd alessandrino lo aveva subito invitato a ritirare le querele ai sindacati e alla vicepresidente della Regione Piemonte Elena Chiorino. Finchè, dopo un drammatico summit a Torino con la capogruppo a Palazzo Lascaris Gianna Pentenero, il consigliere regionale alessandrino Domenico Ravetti e il numero uno del partito di Alessandria Giorgio Laguzzi, il segretario regionale Mimmo Rossi l’ha infine costretto al passo indietro (amoveatur ut promoveatur?).
 
I sindacati lo avevano sfidato in aperta provocazione a proseguire la sua azione giudiziaria, da loro tacciata come “deriva intimidatoria e autoritaria, ma che non fermerà la nostra voce”: “Un amministratore pubblico non può usare lo strumento della querela per mettere a tacere chi solleva criticità legittime e fondate, piuttosto che affrontare un confronto civile e costruttivo davanti all’opinione pubblica”.
 
Perciò, ora i sindacati non si accontentano della marcia indietro: oltre al ritiro delle querele chiedono anche l’umiliazione delle pubbliche scuse. Non sarà facile perché Abonante aveva difeso la sua presa di posizione, precisando che “la querela è uno strumento di tutela dell’ente e della verità dei fatti”, appunto esercitata a mezzo di avvocati pagati dalla collettività: articolo 595 comma 3 del Codice Penale, reato relativo a «chiunque offende l’altrui reputazione in atto pubblico».
 
All’origine dello scontro, c’è una riunione in Regione cui avevano partecipato i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil e Chiorino sulla situazione legata ad Amag Mobilità e a 36 esuberi previsti dall’azienda dopo la gara per le aree di sosta vinta da Bus Company. Gara, peraltro, che come stabilito dal Tar, dovrà essere rifatta. Nel verbale della riunione, poi diventato lettera al sindaco, si paventava apertamente il rischio di un «disastro sociale» e si chiedeva al primo cittadino «senso di responsabilità, visione e soprattutto rispetto per queste persone, madri e padri di famiglia, che stanno affrontando una prova umanamente ed economicamente insostenibile». E poi la contestazione che ha fatto sobbalzare il destinatario: «Non possiamo permettere che si consumi un disastro sociale nel silenzio o nell’indifferenza». Al che, appunto, Abonante ha replicato: – «Non è mica l’Ilva, alla fine gli esuberi saranno quattro o cinque».

Il petrolio venezuelano, il cambio di regime guidato dagli Stati Uniti e la politica gangster americana.

Il fragile pretesto morale oggi è la lotta alla droga, ma il vero obiettivo è rovesciare un governo sovrano, e il danno collaterale è la sofferenza del popolo venezuelano. Se questo vi suona familiare, è perché lo è. 

Clicca qui *Jeffrey D. Sachs, professore e direttore del Centro per lo sviluppo sostenibile presso la Columbia University.

*Sybil Fares, consulente senior per il Medio Oriente e l’Africa per la rete di soluzioni per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Bellicismo conflittuale della Nato?

Dalla fine della Guerra Fredda, all’inizio degli anni Novanta, abbiamo visto più che raddoppiare il numero di membri della NATO. È un dato bizzarro, se si considera che la NATO fu istituita come baluardo contro la diffusione del comunismo dall’URSS all’Europa occidentale. L’URSS crollò e cessò di esistere nel dicembre 1991, quando la Germania Ovest fu riunificata con la Germania Est. Dopo 45 anni di coesistenza pacifica, il “Patto di Varsavia” (la Nato sovietica) fu sciolto. Se analogamente fosse stata sciolta anche la Nato: oggi saremmo nell’attuale tragica situazione bellica, a rischio anche atomico, e all’impressionante riarmo europeo? La Nato, piuttosto che sciogliersi, si è espansa contro la Russia sulla spinta del complesso militare-industriale?

Anzi, la spinta della lobby ha proiettato  l’aggressione della Nato  sulla Jugoslavia e fuori dall’Europa: Afghanistan, Iraq, Libia?

Clicca qui Kristian Laubjerg.

Veneto, oltre 90 comuni chiedono lo stop alla produzione di Pfas.

Chi l’ha già approvata, chi ha messo in calendario la proposta. Sono già oltre 90 i Comuni che hanno accolto la mozione che le associazioni stanno spingendo: chiedere al Parlamento una legge per bloccare la produzione di Pfas. La produzione di Pfas avviene ad opera della Solvay a Spinetta Marengo (Alessandria), dove l’inquinamento aria-acqua-suolo sta tuttora provocando un disastro anche sanitario. Non intervenendo il sindaco, autorità preposta, a fermare con ordinanza le produzioni inquinanti (non solo di Pfas), preso atto del fallimento ultradecennale dei procedimenti penali, i comitati e le associazioni di Alessandria intraprendono in sede civile azione inibitoria per bloccare d’urgenza il comportamento illecito che lede l’ambiente e la salute pubblica (Legge 262-2005).
 
Con il caso Miteni, proprio tra le province di Vicenza, Verona e Padova i Pfas hanno generato la più grande contaminazione dell’acqua d’Europa, finendo nel sangue di 300mila residenti.
 
Il problema Pfas è mondiale,  tanto che in questi giorni in Brasile, alla Cop 30 (il vertice tra gli Stati firmatari della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici), si parla anche di acqua e inquinamento. Per l’Italia c’è la vicentina Michela Piccoli, delle Mamme No Pfas, a sensibilizzare.

COP30: Cosa aspettarsi dal vertice mondiale sui cambiamenti climatici.

A partire dal 10 novembre, rappresentanti di oltre 100 Paesi si riuniranno a Belém, in Brasile, la città amazzonica che ospiterà il vertice sul clima COP30. Questa edizione della conferenza è stata descritta dalle Nazioni Unite come una tappa fondamentale per i Paesi nell’aggiornamento dei loro piani d’azione per il clima e nell’attuazione di misure contro il riscaldamento globale.

Ma le aspettative per la COP30 sono elevate quanto le sfide che la circondano. Clicca qui Amanda Magnani.

La truffa del “biomonitoraggio di massa”.

Non ci siamo mai stancati di denunciare la storica complicità della Regione Piemonte con Solvay per rinviare all’infinito, ben oltre il fatidico 2026, il monitoraggio di massa delle popolazioni a rischio: “pistola fumante” del crimine in corso. Al punto che fummo costretti a provvedere ad analisi private tramite l’Università di Liegi (con risultati angoscianti! e ora in aumento!).
 
La provincia di Alessandria conta 405.288 abitanti. Fra i quali, la Regione Piemonte, tramite Asl, finalmente nel 2024 ha sottoposto a biomonitoraggio PFAS il sangue di… 29 cittadini. Pari allo 0,0071% della popolazione a rischio. Si “ascende” allo 0,31% se si considera solo il comune di Alessandria (90.952 abitanti), ma sarebbe fuorviante perché i Pfas del sobborgo Spinetta Marengo sono stati rilevati anche negli altri comuni della provincia: in atmosfera, acque sotterranee, acquedotto, fino al fiume Bormida e dunque al Po.
 

La “Carta” del Movimento Nonviolento.

Il Movimento Nonviolento lavora per l’esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell’apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunità mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d’azione del movimento nonviolento sono:
1. l’opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l’oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un’altra delle forme di violenza dell’uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell’uccisione e della lesione fisica, dell’odio e della menzogna, dell’impedimento del dialogo e della libertà di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l’esempio, l’educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la non-collaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

Il più grande processo per maltrattamenti ai disabili. Delusione.

Il più grande processo per maltrattamenti ai disabili in Italia»: così era stato definito da un documentario messo in onda a suo tempo dalla RAI, il processo per maltrattamenti avvenuti nel 2016 nella struttura di Montalto di Fauglia (Pisa), destinata a ospitare persone con disturbo dello spettro autistico, e gestita dalla Fondazione Stella Maris, vicenda seguita anche da Superando. Ora è arrivata la sentenza di primo grado ed è palpabile la delusione delle famiglie delle vittime.

Storia di una fabbrica, di una città e delle sue ferite ambientali.

Clicca qui ISDE News:
 
“Dopo oltre un secolo di attività, il polo chimico di Spinetta Marengo, ad Alessandria, simbolo dell’industria italiana e oggi della crisi ambientale legata alla Solvay, torna al centro del dibattito pubblico.
 
A raccontarne l’evoluzione è uno storico e testimone diretto, Lino Balza, che ha trascorso 35 anni all’interno dello stabilimento, firmando articoli e libri su una vicenda che intreccia pane, lacrime e sangue di un intero territorio.
Ripercorrere questa storia significa comprendere le radici dell’attuale emergenza ambientale e sanitaria, ma anche le lotte della popolazione alessandrina, decisa a non pagare più il prezzo dell’inquinamento.
 
Attraverso una serie di video l’autore offre un viaggio tra memoria industriale e denuncia civile, tra le contraddizioni di un Paese che ha sacrificato salute e ambiente al progresso economico: un racconto fatto di mobilitazioni, connivenze, corruzioni e silenzi, ma anche di impegno e speranza per un futuro diverso”.

Soprattutto al medico: seconda lettera aperta. Sollecito.

Adriano Di Saverio ha partecipato alla riunione con i Comitati e le Associazioni promossa dalla europarlamentare verde Cristina Guarda.
Nell’occasione, ci chiediamo: si sarà reso conto che la sua replica https://www.rete-ambientalista.it/2025/06/21/rispondo-come-medico-e-politico/, non aveva convinto nessuno  come medico e come Presidente della Commissione Sicurezza e Ambiente del Comune di Alessandria, quando non aveva risposto puntualmente alle questioni poste nella lettera aperta (https://www.rete-ambientalista.it/2025/05/30/fermare-subito-le-produzioni-inquinanti-di-solvay/)?
 
Eppure, nell’occasione, Di Saverio ha letto i 12 punti del Piano di azioni che si sono proposti Comitati e Associazioni per scongiurare con urgenza la tragedia dei Pfas in Alessandria (clicca qui). E che riassumiamo.
 
1) Addivenire in sede civile ad azione risarcitoria collettiva, patrimoniale e non, per le Vittime fisiche di Solvay: cittadini e lavoratori. 2) Intraprendere in sede civile azione inibitoria collettiva in materia ambientale per bloccare il disastro ecosanitario del sito industriale Solvay (su questa azione è programmato un esame congiunto il 5 novembre con lo Studio legale internazionale). 3) Verificare il riesame della formulazione, come dolo, dei processi penali di Alessandria e Vicenza alla luce delle notizie di reato sopraggiunte. 4) Verificare la richiesta alla Procura di Alessandria di riformulazione dei capi di accusa da colposi a dolosi. 5) Ribadire la mancanza da parte del Comune di Alessandria di ordinanza di fermata delle produzioni della Solvay inquinanti dentro e fuori il comune, come imporrebbe il principio di precauzione, esercitando le prerogative di legge che derivano al sindaco nella sua veste di massima Autorità Sanitaria Locale. 6) In forza anche delle Mozioni Popolari presentate, basate sui principi della prevenzione e della precauzione / “limiti zero”, ribadire al Parlamento la richiesta della messa al bando dei Pfas in Italia, della loro produzione e utilizzo, ovvero della fermata delle produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo quale pregiudiziale “conditio sine qua non” del fattuale divieto di Legge. 7) Respingere alla Solvay ogni proposta alle parti civili fisiche di Patteggiamento, che strozzerebbe il processo locale, nonché la stessa Legge nazionale basata sui principi della prevenzione e della precauzione / limiti zero. 8) Diffidare le Istituzioni locali e nazionali a intraprendere contrattazioni di patteggiamento con Solvay, che strozzerebbero il processo di Alessandria e la legge nazionale. 9) Invitare in particolare il sindaco di Alessandria a recedere dal patteggiamento intrapreso. 10) Ingiungere al Governo di destinare immediatamente risorse tecniche, economiche ed umane adeguate al monitoraggio ambientale e sanitario dei Pfas in Italia, a maggior ragione in Veneto e Piemonte dove già urge provvedere a idonee misure cautelari e interventi di bonifica. 11) Incalzare la Regione Piemonte, nel cui territorio i ritardi dei monitoraggi ambientali e sanitari sono ancora più evidenti, di non rallentare ulteriormente l’opaco monitoraggio del sangue della popolazione alessandrina. Va da sé, escludendo ogni patteggiamento con Solvay. 12) Costruire un tavolo di lavoro quale strumento a livello europeo di elaborazione di pratiche, di studio di mezzi legali per chiedere la messa al bando UE dei PFAS.
 
Quando li ha letti questi 12 punti (27 settembre scorso) si è espresso meno che genericamente. Poi che li ha riletti, ora, egregio Di Saverio, medico e Presidente della Commissione Sicurezza e Ambiente del Comune di Alessandria, non le corre l’obbligo di essere più esplicito nei confronti della popolazione? In particolare, sulla “spada di Damocle” dei Patteggiamenti? In particolare, come Presidente, non ritiene che il Comune di Alessandria debba recedere dal patteggiamento intrapreso? A maggior ragione come medico, avendo in mano, tra i tanti, questi terribili dati epidemiologici (clicca qui), che da soli, per il sacrosanto principio di precauzione, indurrebbero un sindaco ad esercitare le prerogative di legge in veste di massima Autorità Sanitaria Locale, ad emettere ordinanza di fermata delle produzioni della Solvay inquinanti? Nota bene: quegli studi sono stati richiesti dalla Procura della Repubblica di Alessandria nell’ambito dell’inchiesta per inquinamento ambientale.

PFAS in Valle di Susa: a che punto siamo.

I PFAS cancerogeni nella Valle di Susa presentano preoccupanti   livelli di contaminazione. Le indagini hanno riscontrato la presenza di PFOA nell’acqua potabile, coinvolgendo circa 70 comuni della Città metropolitana, inclusi centri nella valle. La contaminazione è legata anche ad altri contaminanti specifici come il cC6O4 (unico produttore Solvay a Spinetta Marengo).
Clicca qui “La bottega del Barbieri”.

Regione Veneto sotto accusa. CGIL: anche i lavoratori a rischio. La procura indaga. Contaminati i fiumi.

A due mesi dalle condanne in Corte d’Assise a Vicenza per il disastro provocato dalla società Miteni, si scopre da un documento della giunta regionale del Veneto, rimasto fino ad oggi segreto, che 3 milioni di metri cubi di terre e rocce di scavo della superstrada Pedemontana Veneta, contenenti Pfas da qualche decina a 2.000 nanogrammi per litro secondo i risultati delle analisi Arpav, sono stati disseminati in una ventina di siti di discariche del Veneto, in particolare nella provincia di Vicenza, in alcuni casi anche in siti vicini a fonti idriche.
Non è la sola polemica contro la Regione. Aveva già suscitato polemiche la decisione della Giunta Zaia di realizzare uno studio epidemiologico sulla presenza del Pfas nella popolazione. Una ricerca sollecitata da dieci anni che arriva a un mese e mezzo dalle elezioni.
Clicca qui e qui: la Procura di Vicenza indaga sulla realizzazione della Pedemontana. Cgil e Fillea regionali: “Agire da subito per mettere in sicurezza aree, popolazione e lavoratori coinvolti” clicca qui.
 
Inoltre, i recenti report indicano contaminazioni  nei pesci di fiumi e canali, con un record negativo nella Fossa Molesana a Tribano e pessime situazioni anche nel Tergola a Vigonza e a Codevigo: clicca qui.

Pfas un circolo vizioso.

Presso l’Istituto Tecnico “Zenale e Butinone” di Treviglio (BG) da ormai nove anni è stato realizzato un Progetto extracurricolare di Educazione Ambientale, con l’obiettivo di promuovere iniziative legate ai temi ambientali anche al fine di sensibilizzare le varie componenti scolastiche al rispetto dell’Ambiente. Clicca qui.

L’autodifesa dai Pfas: ridurre l’esposizione domestica.

Non si può certo aspettare che la lobby politica-industriale metta al bando la produzione e l’uso dei tossici e cancerogeni pfas. Meglio, d’urgenza, provvedere personalmente ad eliminarli, come possibile, nelle nostre case. Ad esempio:
 
Padelle antiaderenti. Anche le versioni “senza PFOA” non sono del tutto sicure: indicano solo l’assenza di una specifica categoria di Pfas, ma non di tutte. La soluzione migliore è sostituirle con pentole in acciaio inox, ghisa o ceramica naturale, che non rilasciano sostanze tossiche.
 
Imballaggi alimentari. Sostituire carta oleata, contenitori per il take away, cartoni della pizza e pellicole, con barattoli in vetro o acciaio e contenitori riutilizzabili.
 
Frutta e verdura. Preferire quella fresca, biologica, lavarla accuratamente per limitare l’assunzione indiretta di pesticidi contenenti pfas.
 
Cosmetici. Scegliere solo quelli naturali o linee certificate “PFAS free”.
 
Carta igienica.   Orientarsi su marchi ecologici.
 
Vestiti. Soprattutto per bambini: evitare gli antimacchia e impermeabili, scegliere tessuti naturali come cotone e lana, e marchi che dichiarano esplicitamente l’assenza di Pfas.
 
Detergenti per la casa.  Optare per prodotti ecologici o, ancora meglio, affidarsi a soluzioni naturali come acqua calda, aceto o bicarbonato.

I pfas lasciano la firma di chi li ha prodotti.

Nell’ambito di un progetto pilota avviato con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Eduardo Di Marcantonio, dottorando del Dipartimento di scienze della terra de La Sapienza di Roma, sotto la supervisione dei professori Luigi Dallai e Massimo Marchesi, hanno messo a punto una nuova metodologia di analisiin grado di individuare le “fonti” dei Pfas e chi li ha prodotti. Dunque di individuare i responsabili. Il risultato è stato pubblicato sulla rivista Science of the total environment”.
 
I ricercatori hanno sviluppato il primo metodo per l’analisi isotopica dei principali Pfas. Questo tipo di analisi permette, quindi, in condizioni di inquinamento diffuso, di differenziare le diverse sorgenti e la dispersione nell’ambiente che permette di ottenere “firme isotopiche” specifiche per i Pfas provenienti da diversi produttori industriali. Questa caratterizzazione rende possibile distinguere le origini dei composti, persino in scenari di inquinamento diffuso, cioè con sorgenti molteplici e non identificabili puntualmente. Lo studio ha anche mostrato significative differenze isotopiche tra Pfas di origine diversa, aprendo la strada all’identificazione delle fonti di questi contaminanti ambientali.

4 novembre, non festa ma lutto.

Anche quest’anno in occasione del 4 novembre, festa delle Forze Armate, istituzioni e apparati militari si preparano ad esaltare la guerra e il militarismo secondo la narrazione della “vittoria” della Prima Guerra Mondiale: una “inutile strage” il cui bilancio finale per l’Italia fu di oltre 650.000 soldati uccisi e più di un milione feriti, dei quali molti con gravi mutilazioni. A questi si aggiunsero più di 600.000 vittime civili a causa di bombardamenti e occupazioni militari, carestie ed epidemie.
La maggior parte delle vittime erano contadini ed analfabeti esclusi dal diritto di voto e obbligati a farsi ammazzare o a uccidere nemici che non conoscevano, da un governo che li considerava solo carne da cannone. La guerra non risolse i problemi dell’Italia, anzi ne creò di nuovi e favorì l’avvento del fascismo. Anche l’Europa di allora si trovò davanti a conseguenze terribili, crisi economiche e sociali, con l’affermarsi del nazismo, militarista e razzista. Tutto poi precipito nel disastro della Seconda Guerra Mondiale.

Attorno alla data del 4 novembre, ripristinata anche come Giornata dell’unità nazionale per intensificarne la portata, non c’è solo una distorta celebrazione storica ma anche il tentativo di una vera e propria propaganda bellica che si riversa nelle scuole e in molte celebrazioni istituzionali.
 
Da tempo il Movimento Nonviolento ha trasformato la giornata del 4 novembre in un’importante occasione di riflessione e opposizione a tutti gli eserciti, contro tutte le politiche di riarmo, a sostegno degli obiettori di coscienza e dei disertori di tutte le guerre.

La nostra proposta è la Campagna di Obiezione alla guerra, per dire no alla chiamata alle armi, alla mobilitazione militare, all’ipotesi di ritorno della leva obbligatoria. Ci dichiariamo da subito obiettori di coscienza, invitando tutti a sottoscrivere la Dichiarazione di obiezione di coscienza per respingere il disegno di chi vuole obbligare i nostri giovani a prendere il fucile e vestire la divisa.
 

I voltagabbana dentro il cavallo di troia.

Giorgia Meloni raccontava di ispirarsi a Paolo Borsellino, che invece la pensava esattamente all’opposto.
 
Contrario da pubblico ministero, favorevole da ministro: c’è stato un tempo in cui Carlo Nordio avrebbe votato contro la sua stessa riforma, convinto che l’unicità della magistratura “era una garanzia per l’affermazione della legalità e la tutela del principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge”. Proprio così: il Guardasigilli, ora passato al mestiere della politica, nel 1994 da pm aveva firmato l’appello (raccolse 1.500 adesioni) contro la separazione delle carriere che la rivista La Magistratura aveva pubblicato il 26 aprile 1994 rilanciando un’analoga iniziativa contro la separazione delle carriere del 1992.
 
Nella storia dell’Italia repubblicana l’indipendenza del Pm rispetto all’esecutivo e l’unicità della magistratura ha rappresentato in concreto una garanzia per l’affermazione della legalità e la tutela del principi di eguaglianza dinanzi alla legge”, “La possibilità per i magistrati di passare dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa si è di fatto rivelata un’occasione di arricchimento professionale e ha consentito al pm italiano di mantenersi radicato nella cultura della giurisdizione” “Noi vogliamo ribadire che siamo entrati in magistratura e per tanti anni vi abbiamo operato in un quadro di garanzie di indipendenza” : firmava Nordio. Esattamente le stesse argomentazioni evidenziate oggi dall’Anm che però ora Nordio respinge.

Così parlò bellantonio.

La separazione delle carriere è il primo passo per trasferire la magistratura inquirente sotto controllo dell’esecutivo… Non sono le carriere, ma i comportamenti che fanno la differenza. Anche un pm e un avvocato possono trovarsi imputati perché si son messi d’accordo” (4.2.2000). “Si vorrebbe imporre, per garantire l’imparzialità del giudice, la separazione non fra potere giudiziario e politico, ma fra magistrati inquirenti e giudicanti: così le inchieste contro la corruzione e il potere politico non si potranno più fare con serenità” (15.3.2000). “Voterò no al referendum per separare le carriere” (15.5.2000). “La Giustizia ha bisogno di interventi radicalmente opposti a quelli sbandierati dal Polo: non la separazione delle carriere e lo snaturamento del Csm aumentando i membri di nomina politica” (13.1.03). “La divisione delle carriere impedirà la fisiologica trasmigrazione tra pm e giudici, con grave danno per le professionalità e la libertà di scelta dei magistrati” (8.3.03). “Il processo di Milano (a Berlusconi e Previti per corruzione di giudici, ndr Travaglio) dimostra che a carriere separate possono accadere cose turche.
 
In primo grado ha dimostrato che degli avvocati possono corrompere dei giudici. Più separate di così, le carriere, si muore! Il problema non sono le carriere, ma la deontologia professionale, la moralità di chi svolge incarichi pubblici delicati” (4.5.03). “Il centrodestra vuole separare le carriere per mettere sotto controllo dell’esecutivo la magistratura. È il vecchio piano di Licio Gelli, poi ripreso dal libro rosso di Previti” (24.3.04). “Il ministro Alfano vuole separare le carriere in violazione del dettato costituzionale. La Giustizia affidata al governo Berlusconi è come un pronto soccorso lasciato in balìa di Dracula” (4.6.08). “Berlusconi lasci stare Falcone, è come il diavolo che parla dell’acqua santa. I problemi della Giustizia sono la mancanza di fondi e di personale, non la mancata separazione delle carriere. Così si vuole solo sottomettere la giustizia al potere politico e segnare la fine della certezza del diritto” (21.8.08). “La separazione delle carriere è l’anticamera della fine dell’obbligatorietà dell’azione penale, attraverso il controllo dell’esecutivo sul pm. È una proposta gravissima perché farebbe crollare uno dei cardini della Costituzione: l’autonomia della magistratura” (15.7.13).
 
Così parlò per tutta la vita Antonio Di Pietro: idee chiarissime contro tutte le bicamerali e le schiforme di ogni colore. Poi un giorno qualcuno lo convinse che era sempre stato favorevole alla separazione delle carriere e lui non solo cominciò a dire il contrario di ciò che aveva sempre pensato, ma entrò persino nel Comitato del Sì alla schiforma Nordio. Chissà com’è successo.

A difesa della Costituzione.

Al via, il giorno dopo l’approvazione definitiva al Senato della riforma della giustizia, il gruppo di lavoro creato ad hoc nell’ Associazione Nazionale Magistrati. Intitolato “A difesa della Costituzione”, il comitato guidato dal giudice Antonio Diella debutta con la sorpresa del neo “presidente onorario”, il professore ed avvocato Enrico Grosso : sarà l’alfiere ‘laico’ che dall’enclave delle toghe ha il compito di essere trait d’union tra la società civile e le ragioni del no al ddl di revisione costituzionale.  “La prima cosa che vorremmo spiegare ai cittadini – ha sottolineato il professor Grosso – è che bisogna sventare una mistificazione. Questa riforma non è sulla separazione, ma è sulla delegittimazione e l’indebolimento del Consiglio superiore della magistratura. Non è stata fatta per separare le carriere dei pm da quelle dei giudici, che ormai sono già lontane tra loro, ma solo per attaccare l’autonomia e indipendenza della magistratura, di cui il Csm è presidio fondamentale”.
 
Un comitato aperto al confronto. Grosso si dice “disponibile a confronti, pubblici e televisivi, con esponenti del comitato del sì. Con ministro o Meloni? Perché no, se fossero disponibili. Ma non aspettatevi duelli con la politica. Anzi: da costituzionalista posso dire questo protagonismo del governo è fuorviante. Ed è un fuor d’opera che un testo del governo arrivi blindato fino alla quarta lettura. I ddl che modificano la Costituzione storicamente partivano da una proposta dei parlamentari, proprio perché si doveva cercare la maggiore convergenza possibile”.
 
Dal giudice Diella, analoga avvertenza: “Abbiamo costituito un soggetto autonomo, un comitato nato su sollecitazione dei magistrati ma che non è delle toghe, è aperto a tutti, avvocati, professori e cittadini. Per questo andremo molto sui territori”. Com’è noto, non possono farne parte né partiti, né esponenti politici di ieri o di oggi. “Gli inviti a non schierarci, a non andare a rimorchio, li abbiamo superati già all’atto della costituzione di questo Comitato”, sottolinea Diella.

Salvini minaccia di buttarsi giù dal ponte.

Meloni e Salvini sono furiosi: “i soliti magistrati”.  La Corte dei Conti ha bocciato la delibera del Cipess (il comitato interministeriale per i grandi progetti pubblici) che aveva approvato il progetto definitivo del ponte sullo Stretto. Molti dei rilievi, però, sono pesanti e sostanziali, alcuni sollevati non solo dai magistrati contabili. Clicca qui una inesaustiva sintesi dei motivi per cui è stato bocciato. 

Trump riprende i test nucleari e riavvia la proliferazione con Russia e Cina.

L’annuncio del presidente Trump secondo cui gli Stati Uniti riprenderanno i test sulle armi nucleari dopo una moratoria di 33 anni rappresenta esattamente il tipo di risposta istintiva e di dimostrazione di forza che sostituisce la strategia nell’establishment della politica estera di Washington. Questa decisione riesce a minare gli interessi americani, fornendo al contempo a Pechino e Mosca proprio le munizioni diplomatiche che cercavano da tempo.

Il recente test russo del missile da crociera a propulsione nucleare Burevestnik ha coinvolto il sistema di lancio, non una detonazione nucleare. L’ultimo test nucleare noto della Cina è avvenuto nel 1996. L’ironia è forte: un presidente che ha fatto campagna contro guerre infinite e un interventismo sconsiderato ha appena preso una decisione che rende la proliferazione nucleare più probabile e la stabilità strategica meno certa.

 

Clicca qui Leon Hadar, analista di politica estera e autore di “Sandstorm: Policy Failure in the Middle East”.

Nuove denunce contro le armi nucleari a Ghedi e Aviano.

Depositate nuove denunce alle Procure di Brescia e Pordenone, con l’obiettivo di accertare la presenza, ritenuta certa dai promotori, di testate nucleari nelle basi di Ghedi e Aviano, sotto controllo statunitense ma ospitate in territorio italiano.
 
Le denunce chiedono ai magistrati di dichiarare l’illegittimità della presenza di tali armamenti, in violazione della legge 185/90 che vieta l’importazione di materiale bellico senza autorizzazione, del Trattato di Parigi del 1947 che impedisce all’Italia di detenere armi di distruzione di massa, e del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) del 1975, sottoscritto proprio per impedire la diffusione di ordigni atomici in Paesi non dotati di tale arsenale.
 
Dietro la nuova offensiva legale si muove un fronte composito di pacifisti, giuristi, antimilitaristi e attivisti di storiche associazioni come la WILPF Italia (Women’s International League for Peace and Freedom).
 
Continua cliccando qui.

Come mi guadagno il premio nobel per la pace in America Latina.

Il governo degli Stati Uniti si è sempre intromesso negli affari interni dell’America Latina. Questa non è una novità.

Secondo una ricerca condotta dallo storico della Columbia University John Coatsworth, gli Stati Uniti hanno rovesciato almeno 41 governi in America Latina dal 1898 al 1994. Negli ultimi trent’anni, Washington ha sostenuto decine di altri colpi di stato, tentativi di colpo di stato, operazioni di cambio di regime e “rivoluzioni colorate” nella regione Secondo i dati del Congressional Research Service, l’ esercito statunitense è intervenuto in ogni singolo paese dell’America Latina (l’unica eccezione è la Guyana francese, che è una colonia francese).

Nel primo anno del secondo mandato presidenziale di Donald Trump, il governo degli Stati Uniti :

– ha ucciso decine di persone senza accuse né processo durante attacchi militari statunitensi su imbarcazioni nei Caraibi e nel Pacifico orientale, giustiziando umili pescatori non solo del Venezuela, ma anche della Colombia e di Trinidad e Tobago ;

– ha imposto sanzioni al presidente di sinistra democraticamente eletto della Colombia, Gustavo Petro;

– colpito il Brasile con tariffe del 50% , una delle più alte al mondo, per cercare di destabilizzare il presidente di sinistra democraticamente eletto Lula da Silva;

– minacciato di “prendere il controllo” e colonizzare con la forza il Canale di Panama , violando la sovranità della nazione centroamericana;

– ha rafforzato il blocco illegale imposto a Cuba per sei decenni ; e

– ha condotto una guerra per un cambio di regime mirata a rovesciare il governo del Venezuela e hanno ordinato alla CIA di rapire o addirittura assassinare il suo presidente Nicolás Maduro .

Sono questi i punti fermi della nuova politica del “Big Stick” di Trump, rivolta ai leader di sinistra dell’America Latina.

Per quanto riguarda le carote, Trump si è impegnato a salvare economicamente gli alleati di destra degli Stati Uniti nella regione.

Ad esempio, l’ amministrazione Trump ha offerto 40 miliardi di dollari per cercare di salvare il presidente libertario argentino Javier Milei , stretto alleato di Trump che ha supervisionato una grave crisi economica.

Continua cliccando qui Benjamin (Ben) Norton, giornalista investigativo e analista. Ben è il fondatore e direttore di Geopolitical Economy Report. Ha vissuto e lavorato come corrispondente in America Latina per diversi anni .

La finta pace del finto nobel per la pace.

Il premier israeliano Netanyahu ha ordinato all’esercito di effettuare «raid massicci» sulla Striscia, accusando Hamas di violazione delle intese dopo che i miliziani palestinesi hanno consegnato i resti di un ostaggio il cui corpo era stato già recuperato in precedenza. Per questa “truffa di cadavere”, in un solo giorno i bombardamenti hanno causato 104 morti, di cui 46 bambini e 20 donne. Trump ha applaudito. 

La strega dell’ONU: 63 Stati genocidi insieme a Israele.

Francesca Albanese, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati dal 1967”, ha presentato alla terza commissione dell’Assemblea Generale dell’Onu un rapporto di 24 pagine, in cui esamina il ruolo di diversi Paesi (63, tra cui l’Italia, in primis gli Usa) nel “crimine collettivo” del “genocidio” nella Striscia, che Israele ha “strangolato, affamato e distrutto”.
“Attraverso azioni illecite e omissioni deliberate, troppi Stati hanno armato, fondato e protetto l’apartheid militarizzato di Israele, permettendo alla sua impresa coloniale di insediamento di metastatizzare in genocidio, il crimine ultimo contro il popolo indigeno della Palestina“, ha affermato. Il genocidio, ha spiegato, è stato reso possibile tramite protezione diplomatica nei “fori internazionali destinati a preservare la pace”, legami militari che vanno dalla vendita di armi agli addestramenti congiunti che “hanno alimentato la macchina genocida”, la militarizzazione non contestata degli aiuti e il commercio con entità come l’Unione Europea, che aveva sanzionato la Russia per l’Ucraina ma continuava a fare affari con Israele.
 
Il rapporto, basato sui documenti Onu e 40 contributi da enti governativi e non governativi, analizza come l'”atrocità trasmessa in diretta” sia stata facilitata da Stati terzi, concentrandosi sul ruolo degli Stati Uniti, che hanno fornito “copertura diplomatica” a Israele. La complicità degli altri stati si è realizzata anche continuando le forniture belliche e facilitando il transito di armi e materiali essenziali attraverso i loro porti e aeroporti verso Israele.
 
Il rappresentante permanente di Israele, Danny Danon, ha accusato l’Albanese di diffondere “retorica antisemita”, arrivando a definirla una “strega fallita” e il suo documento come “un’altra pagina del suo libro degli incantesimi”. Gli ha replicato ironicamente smentendo di essere una strega: “Se avessi poteri magici, li userei per “fermare i vostri crimini una volta per tutte e per assicurarmi che i responsabili finiscano dietro le sbarre”. Il governo italiano l’ha accusata… di screditare l’ONU.

L’ANM si mobilita per il No nella campagna referendaria.

L’assemblea dell’ Associazione Nazionale Magistrati, di cui Cesare Parodi è presidente,  lancia la campagna referendaria per votare no alla separazione delle carriere e dei due Csm. Il documento unitario spiega: “L’ANM: non può restare inerte di fronte a una riforma che altera l’assetto dei poteri disegnato dai Costituenti… L’Alta Corte disciplinare è uno strumento di condizionamento dei magistrati; la separazione delle carriere indebolisce il giudice e avvicina il pm al potere esecutivo; il sorteggio dei componenti togati del Csm svuota la rappresentanza democratica e altera gli equilibri in favore della componente politica.
 
La sostanza della riforma,  che va spiegata ai cittadini, è che non c’è una bega tra magistrati e politici ma una battaglia che riguarda la qualità della vita democratica di tutti.
 
L’Associazione Nazionale Magistrati e le opposizioni punteranno sulla politicizzazione del referendum e sul pericolo della svolta autoritaria: “il pm sotto l’esecutivo”, che favorisce politici e colletti bianchi, e magari rimarcando che la giustizia diventerebbe ancora meno uguale per tutti: già ora favorisce potenti e ricchi, già ora è giustizia di classe. Invece,  la maggioranza di governo, con il grosso dell’apparato mediatico, costruirà la campagna sugli errori giudiziari, sulle lentezze della giustizia e sulla “casta” delle correnti: l’obiettivo di Palazzo Chigi è quello di puntare  su una strategia popolare, incentrarla sugli errori giudiziari (dai casi di Berlusconi a Garlasco passando per Tortora), ma anche sui presunti privilegi della “casta” dei giudici fino alle “incrostazioni delle correnti”; tutto inquadrabile in un concetto semplice e comprensibile ai cittadini: “Chi sbaglia paga”.
 
Clicca qui un commento di Henry John Woodcock. 

L’indifferenza uccide due volte.

«Non è più possibile fingere sorpresa: gli episodi di maltrattamenti nelle strutture che ospitano persone con disabilità si susseguono con una puntualità insopportabile. Ma la violenza non si manifesta solo nelle mani di chi picchia o umilia. Esiste anche nella freddezza di chi firma delibere senza conoscere i volti, di chi taglia fondi all’assistenza territoriale, di chi misura la fragilità in termini di bilancio» Non è più possibile fingere sorpresa.

Si spacca il centrosinistra sull’inceneritore di Genova.

Sostenendo in alternativa l’implementazione della raccolta differenziata, AVS, M5S e parte del PD sono contro la sindaco centrosinistra Silvia Salis, e soprattutto sono contrari i cittadini, che peraltro pagano una delle Tari più alte d’Italia, dei quartieri popolari più esposti ai fumi del nuovo impianto in mezzo alla città: Sestri Ponente, Voltri, Valpolcevera ,Valbisagno. Nei progetti della società municipalizzata Amiu e della multiutility Iren, l’inceneritore dovrebbe sorgere sulla collina di Scarpino, che ospita una discarica che nel 2030 arriverà a fine vita.

Papa Leone XIV: la giusta lotta dei movimenti popolari.

Più di dieci anni fa, qui in Vaticano, Papa Francesco vi ha detto che eravate venuti per piantare una bandiera. Cosa c’era scritto? “Terra, casa e lavoro”. Era una “cosa nuova” per la Chiesa, ed era una cosa buona! Facendo eco alle richieste di Francesco, oggi dico: la terra, la casa e il lavoro per gli esclusi sono diritti sacri, vale la pena lottare per essi, e voglio che mi sentiate dire “Ci sto!”, “sono con voi”! Clicca qui.

Tutta la storia di Spinetta Marengo raccontata da Lino Balza nei video realizzati da Mattia Servettini.

Mi è stato chiesto: tu che ad Alessandria sei considerato lo storico per eccellenza, raccontaci come, ripercorrendo gli oltre cento anni di presenza del sito produttivo del sobborgo di Spinetta Marengo, come siamo arrivati all’attuale drammatica situazione ambientale e sanitaria della Solvay.
 
In effetti qualche titolo lo posseggo, avendo vissuto 35 anni lì dentro, avendo scritto un’infinità di articoli giornalistici e un bel po’ di libri (e continuando a scrivere), cioè avendo partecipato anche da protagonista per oltre mezzo secolo a quegli e questi avvenimenti. In effetti, raccontare è utile: far conoscere la storia di una fabbrica che ha dato pane, lacrime e sangue alla popolazione della città; è utile se si vogliono raccontare e affrontare nei giorni nostri le lotte della popolazione alessandrina che non è più disposta a pagare lacrime e sangue.
 
La storia locale di uno dei più importanti stabilimenti chimici italiani e del suo martoriato territorio, vedrete, se seguirete le periodiche puntate sul Sito, vedrete  che è interessante: perchè è anche la storia dell’Italia, dell’economia prima e dopo la guerra, del capitalismo imperante, dei movimenti operai prima del loro apice e dopo, dei movimenti ecopacifisti tra vittorie e sconfitte; delle responsabilità -nome per nome- dei politici, sindacalisti, giornalisti, magistrati; tra mobilitazioni, connivenze, complicità, corruzioni, ignavie.  Insomma, risulterà una miscela storica molto polemica.
 
Al termine delle n PUNTATE avremo il docufilm dell’ultracentenaria storia. Finora, 21 puntate:
 
 
https://youtu.be/qCkJLop36JI?si=tN2LYQnSPaYj_ujA e i sindacati cosa facevano?
15 https://youtu.be/KBmaylOzm7c?si=uX8oBTLWgDE8D56r la grande piattaforma rivendicativa
16 https://youtu.be/FFmCFI2-w-A?si=8OmH_9Ce9mjgNCDQ  il progetto dei cinque consigli di fabbrica
17 https://youtu.be/7wbE8ZvKfLg  ricerca chimica
19 https://youtu.be/EAokMoM9hQo “Unità operaia” vs consiglio di fabbrica
20 https://youtu.be/RxrkVdoh3tg  partito comunista vs sindacati
21 https://youtu.be/vqvtuTQZ9_U?si=2g9qqB89WsvQJYnZ  fine della democrazia diretta
 
Un omaggio ai nostri 42mila lettori. Chi desidera ricevere le trascrizioni dei video, le chieda a lino.balza.2019@gmail.com

Riconocsere i diritti dei disabili.

«Siamo abituati a pensare alla disabilità come a un problema “personale”, un difetto, uno svantaggio di chi la vive – , ma questa è una visione sbagliata, superata e, soprattutto, ingiusta. La disabilità, infatti, non è un problema della persona: è un problema della società ed essere inclusivi non significa “aiutare i più fragili”, ma riconoscere i diritti di tutti, progettando spazi, servizi e opportunità pensati sin dall’inizio per tutte le persone» . Clicca qui

La complicità dell’Italia nel genocidio.

“Il genocidio in corso a Gaza – scrive Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu sui Territori palestinesi occupati , nel rapporto Genocidio di Gaza: un crimine collettivo, già trasmesso dal segretario delle Nazioni Unite António Guterres all’Assemblea generale – è un crimine collettivo, sostenuto dalla complicità di Stati terzi influenti che hanno permesso violazioni sistematiche e prolungate del diritto internazionale da parte di Israele. Incorniciata da narrazioni coloniali che disumanizzano i palestinesi, questa atrocità trasmessa in diretta streaming è stata facilitata dal sostegno diretto, dall’aiuto materiale, dalla protezione diplomatica e, in alcuni casi, dalla partecipazione attiva degli Stati terzi.
 
L’accusa principale di complicità è mossa agli Stati Uniti: “Il sostegno politico, diplomatico, militare e strategico degli Stati Uniti a Israele si è intensificato dopo il 7 ottobre 2023.
 
La Germania, denuncia il rapporto, “è stata il secondo maggiore esportatore di armi verso Israele durante il genocidio”, con fregate e siluri. E “il Regno Unito ha svolto un ruolo chiave nella collaborazione militare con Israele, nonostante l’opposizione interna”. E poi c’è l’Italia, con altri 26 Stati, che “hanno fornito parti, componenti e armi a Israele attraverso un sistema opaco che oscura i trasferimenti, compresi quelli ‘a duplice uso’ e quelli indiretti”. E non solo, perché sempre l’Italia è indicata nel gruppo di 19 paesi che forniscono parti e componenti a Israele per il “programma di caccia stealth F-35, fondamentale per l’assalto militare israeliano a Gaza”.

La straordinaria lotta NoTav Valsusa.

In queste settimane la Val Susa celebra con tante iniziative i vent’anni dalla liberazione di Venaus, quando il mondo scoprì questa valle, che culmineranno nella manifestazione del prossimo 8 dicembre 2025. Molti si chiedono a che punto sono i lavori dell’alta velocità e cosa accade nel movimento: alcuni cantieri sono aperti e sono una ferita per il territorio, tuttavia di fatto del grande tunnel di base non c’è ancora traccia. La Torino-Lione sembra la nuova Salerno-Reggio Calabria. Intanto impressiona come il movimento sia in grado di accogliere sempre più giovani, che vent’anni fa avevano pochissimi anni o non erano nati, e come il popolo No Tav si riconosca nella lotta palestinese.
In questo articolo https://comune-info.net/no-tav-e-mondi-nuovi/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_source_platform=mailpoet&utm_campaign=Il%20potere%20incrinato%20dalla%20piazza si ragiona di come il cambiamento sociale in profondità riguardi prima di tutto la vita di ogni giorno delle persone comuni e strade assai lontane da Stati e partiti, partendo proprio dalla straordinaria lotta No tav.
 
In Val Susa, tra Torino e il confine con la Francia, per opporsi al passaggio del treno ad alta velocità – grande opera ritenuta costosa, inutile e devastante dal punto di vista ambientale – gruppi di persone con età e sensibilità culturali diverse hanno cominciato a prendere parola, studiare, confrontarsi, promuovere azioni di protesta, momenti di convivialità e grandi manifestazioni, hanno soprattutto imparato a ricomporre le relazioni sociali. Non sappiamo se un giorno il tragitto dell’alta velocità, così come pensato, riuscirà a bucare completamente le montagne della Val Susa, al momento resta un obiettivo non scontato per coloro che sono in alto, in ogni caso il movimento No Tav ha per molti aspetti già cambiato in profondità il territorio. 
Grandi imprese e istituzioni non immaginavano che una resistenza promossa da persone comuni senza alcun sostegno da partiti e grandi media, malgrado una crescente repressione giudiziale e la militarizzazione del territorio, potesse durare così a lungo