Non c’è rimasto più niente da demolire ad Alessandria.

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In “Ambiente Delitto Perfetto” ci siamo posti l’angoscioso storico quesito: chi aveva ragione fra Umberto Eco e il papa Alessandro III? L’autoritario pontefice nove secoli fa aveva incensato la città col suo nome: “Deprimit elatos levat Alexandria stratos”, Alessandria umilia i superbi ed esalta gli umili. Il concittadino semiologo invece aveva un secolo fa irriso il motto papalino, donato sullo stemma del municipio, tramite una bolla altrettanto papale diventata abusato luogo comune: “Nulla di nuovo tra il Tanaro e il Bormida”. Niente di clamoroso ed eccellente, che meno di modesto, di più che incolore puoi aspettarti da Alessandria. Il grigio. 80 mila sfumature di grigio (80 mila abitanti). D’altronde Eco non si è neppure fatto seppellire ad Alessandria, di cui apprezzava solo la tradizionale “bellecalda”, una farinata di ceci. (continua)

In “Ambiente Delitto Perfetto” Umberto Eco interprete del commento sulle sentenze del Tribunale di Alessandria.

Nulla di nuovo tra Tanaro e Bormida

Nel libro, coincidente il giudizio sulla “alessandrinità” del Palazzo di Giustizia. A pagina 4 ci eravamo posti la domanda: “…E, quale emblematico epicentro giudiziario del libro, abbiamo scelto Alessandria, che non si è fatta mancare nulla: amianto, nucleare, chimica, tav, smog; quasi a voler smentire l’abusata definizione del concittadino Umberto Eco, “Nulla di nuovo tra il Tanaro e il Bormida”, che irride il motto papalino sullo stemma del municipio “Deprimit elatos levat Alexandria stratos”, Alessandria umilia i superbi ed esalta gli umili. Le sentenze 2015 Solvay, Michelin, Ilva, smog, Nucleare avranno confermato il luogo comune dell’autorevole semiologo oppure la dedica donata nove secoli prima dall’autoritario papa Alessandro III ?” La risposta è arrivata a pagina 375. D’altronde Eco non si è neppure fatto seppellire ad Alessandria, di cui apprezzava solo la tradizionale “bellecalda”, una farinata di ceci.