Istat. Uno su dieci è in povertà assoluta. Uno su dieci rinuncia a curarsi. Tre famiglie su dieci tagliano sul cibo.

A sentire i tambureggianti Telemeloni, l’Italia è il paese del Bengodi. Invece, l’Istat nel report «La povertà in Italia» rileva che nel 2024 siano oltre 2,2 milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta – l’8,4% delle famiglie residenti – per un totale di 5,7 milioni di individui, il 9,8% dei residenti.  Il 15,6% di famiglie con un operaio sono in povertà assoluta, contro il 2,9% delle famiglie che fanno capo a un dirigentequadro o impiegato. La percentuale di famiglie in povertà nel Mezzogiorno è al 10,5%, contro il 7,9% al Nord e il 6,5% al Centro. Ancora più grave è il dato che vede la povertà assoluta tra i minori confermarsi al 13,8%, il valore più elevato della serie storica dal 2014. Si tratta di un disagio sociale che alimenta le disuguaglianze e peggiora anche sotto il profilo alimentare e sanitario. Circa un terzo delle famiglie (31,1%) è costretto a tagliare sul cibo e il 9,9% delle persone ha rinunciato a curarsi.
 
L’incidenza di povertà diminuisce al crescere del titolo di studio: con almeno il diploma di scuola secondaria superiore l’incidenza è pari al 4,2%, mentre sale al 12,8% con al massimo la licenza di scuola media, sale al 14,4% per le famiglie in cui la persona ha conseguito al massimo la licenza di scuola elementare.
L’incidenza di povertà nel caso sia lavoratore dipendente è pari all’8,7%, salendo al 15,6% se si tratta di un operaio; I valori più elevati si registrano per le famiglie che non sono imprenditori né liberi professionisti. Tra le famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro l’incidenza si conferma al 5,8%, mentre rimane su valori più elevati per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (21,3%).
 
La «povertà… si eredita»: il 59% di chi oggi è povero – sono i dati dell’ultimo Rapporto Caritas – è cresciuto in famiglie povere (il 66% al Sud). Anzi, il 48% di persone povere e a basso titolo di studio sta peggio rispetto ai genitori. 

La stangata alimentare.

A luglio il tasso di variazione dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona – quello che viene definito in gergo il “carrello della spesa” – sale su base annua da +2,8% a +3,2% (la stima preliminare indicava +3,4%). A renderlo noto è l’Istat aggiungendo che aumentano i prezzi anche per i prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +2,0% a +2,3%). “Solo per mangiare aggravio spesa da +356 euro annui a famiglia” è il grido di allarme di Assoutenti, che specifica: “Gli italiani devono affrontare una stangata alimentare che, a parità di consumi, vale 6,4 miliardi di euro annui in termini di maggiore spesa per l’acquisto di cibi e bevande”.
 
 “Tutti i prodotti alimentari di più largo consumo stanno registrando sensibili rincari: basti pensare che i prezzi della frutta fresca salgono a luglio del +8,8% su anno, pomodori +12,3%, latticini +7%, burro +16,9%, uova +7,2%, cioccolato +13,2%, caffè +23,4%, una situazione che preoccupa perché si tratta di beni primari, i cui aumenti incidono sulla capacità di spesa delle famiglie erodendo i redditi e cambiando profondamente le abitudini alimentari degli italiani”. 

Un altro rapporto ISTAT che ignora la violenza sulle donne con disabilità.

«Ancora una volta l’ISTAT non fornisce dati utili a descrivere la violenza che colpisce le donne con disabilità in misura maggiore rispetto alle altre donne, né a definire le politiche necessarie affinché il Sistema della Protezione delle donne vittime di violenza diventi accessibile e inclusivo anche per loro»: lo scrive Simona Lancioni nel sito del Centro Informare un’h, in un approfondimento di cui suggeriamo senz’altro la consultazione, dedicato al rapporto di ricerca “Le Case rifugio e le strutture residenziali non specializzate per le vittime di violenza – Anno 2022”, pubblicato dall’ISTAT (continua…)