La battaglia, sulla quale siamo i primi per impegno, riguarda i Pfas, che oggi possono essere considerati la seconda calamità ecosanitaria mondiale.

I composti chimici delle famiglie dei PFAS, acronimo delle sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche, se ne contano circa 4700, sono stati creati in laboratorio e largamente utilizzati dagli anni 50 nell’industria del packaging alimentare, nei pesticidi, nelle padelle antiaderenti, nei contenitori di cartone, nelle schiume antincendio, negli shampoo, nelle vernici, nei prodotti antimacchia e in molte altre applicazioni. Nelle materie plastiche li troviamo sotto forma di elastomeri (Fluoruro di vinilidene, Fluorurati in generale, Tetrafluoroetilene) o nei materiali polimerici (Sale di magnesio-sodio-fluoruro dell’acido silicico).

Dal punto di vista della salute, gli studi scientifici internazionali hanno dimostrato che l’accumulo di queste sostanze nel corpo umano può provocare aborti spontanei, alterare la fertilità, provocare cancro al testicolo, alla tiroide e ai reni, danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro, ipertensione in gravidanza, colite ulcerosa, aumento del colesterolo, alterazioni congenite del sistema nervoso o disturbi comportamentali e/o neurologici come l’Alzheimer, l’autismo o disturbi dell’attenzione e iperattività, ecc.

Il legame chimico dei Pfas, composto dal fluoro e dal carbonio, rende la molecola risultante inodore, insapore e incolore, non biodegradabile e bioaccumulabile. Queste caratteristiche permettono ai Pfas di disperdersi facilmente nelle acque, nel suolo e nell’aria, rimanendo a danneggiare l’ambiente e la salute dell’uomo a tempo indeterminato.

Le piante assorbono i Pfas attraverso l’acqua di irrigazione, li cedono ai frutti e agli animali, di cui si cibano, infine agli esseri umani. Dunque, per approfondire ulteriormente la drammatica situazione, prossimamente ci occuperemo della “Plasticosi”, nuova malattia dovuta all’ingestione delle plastiche da parte degli animali; prossimamente ci occuperemo delle microplastiche generate da pneumatici e freni, la tossicità nella respirazione, il loro passaggio lungo la catena alimentare fino al nostro cibo.

PFAS. Che fine ha fatto il DDL Crucioli?

Il Disegno di Legge per la messa al bando dei Pfas in Italia è stato presentato nella scorsa legislatura dal senatore Mattia Crucioli. Finora, non l’ha riproposto nessuno in Parlamento, né il Governo, i cui partiti non si erano mai mostrati partecipi su questa emergenza nazionale e internazionale, e neppure quelle forze di opposizione che pur avevano esibito cognizione di causa (lo stesso Crucioli proveniva dai Cinquestelle).

Eppure dovrebbe essere arcinoto che la calamità mondiale dei Pfas ha in Italia le sue punte ci iceberg nei disastri ambientali e sanitari (stigmatizzati dall’ONU) del Veneto (made in Miteni di Trissino) e del Piemonte (Solvay di Spinetta Marengo), ma ormai non lascia indenne nessuna regione della penisola: Lombardia, ToscanaLazioTrentino ecc., come abbiamo più volte documentato (si veda al riguardo il nostro Sito). 

Il Disegno di Legge dell’ex senatore Mattia Crucioli (che mettiamo a disposizione di chi ce lo richiede) detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti,  insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

L’«inquinante eterno» in almeno quattro siti bresciani.

Confermata  da una ricerca su scala senza precedenti condotta da «Le Monde» e da 17 partner,  l’inchiesta giornalistica internazionale chiamata The Forever Pollution Project ha realizzato una mappa che individua più di 17mila siti in Europa contaminati dalle  sostanze perfluoroalchiliche Pfas , oltre 2mila in cui la loro concentrazione è considerata pericolosa per la salute e altri 21mila siti in cui l’inquinamento è presunto. Anche in provincia di Brescia. 

Pfas. La Cgil nazionale bracca il tribunale di Vicenza.

C’è l’impegno dello stesso segretario nazionale Maurizio Landini: la Cgil nazionale starà col fiato sul collo al tribunale di Vicenza rispetto all’inchiesta nei confronti della Miteni di Trissino, azienda produttrice di PFAS (prima Rimar, poi Miteni, chiusa per fallimento nel 2018), per i danni procurati alle persone che hanno lavorato nel sito e che hanno nel sangue valori altissimi di Pfas.

Sulla stessa linea si è espresso il grande convegno organizzato dalla Cei con monsignor Giuliano Brugnotto a Vicenza proprio dedicato al caso  Pfas in particolare.

Nel frattempo il patronato Inca Cgil ha chiesto e ottenuto dall’Inail il riconoscimento della malattia professionale per 19 ex lavoratori, con un danno del 2 per cento per bio-accumulo di Pfas nel sangue, quindi non per patologie manifeste ma perché potrebbero insorgere malattie in futuro.

Solvay affila le armi in attesa del processo.

Dopo la prima condanna in Cassazione, nel secondo processo a carico della Solvay di Spinetta Marengo, il polo chimico è al centro di un’inchiesta chiusa tre mesi fa dalla Procura della Repubblica di Alessandria: viene contestata l’ipotesi di disastro ambientale colposo. In particolare è sotto accusa la tenuta della cosiddetta “barriera idraulica“ avviata nel 2007 e implementata successivamente: a più riprese si è dimostrata del tutto inefficace in quanto sono avvenute continue  fuoriuscite all’esterno dello stabilimento  di contaminanti storici come il cromo esavalente nonché di Pfas C6O4, ADV e PFOA.

Le difese hanno depositato una lunga memoria ai magistrati e l’hanno propagandata in conferenza, gli esperti (tra cui Patrizia Trefiletti, già sfortunata protagonista nel primo processo) hanno rassicurato sulla bontà delle recenti innovazioni tecnologiche applicate al sito di Spinetta e il monitoraggio in tempo reale per la gestione ottimizzata della barriera, che va a integrarsi gli attuali sistemi di gestione della barriera per la quale, sostengono, vengono già applicate le migliori tecnologie disponibili. Insomma, andava già bene prima, checchè ne dicano i magistrati, in futuro andrà anche meglio, anzi, “anche in risposta all’estremizzazione del clima”, a eventuali piogge intense, sosterranno in tribunale.  

Basta Pfas in Comunità Europea.

Danimarca, Germania, Olanda, Norvegia e Svezia hanno formalizzato a ECHA (European Chemical Agency) una proposta di revisione del REACH (Registration, Evaluation, and Authorisation of Chemical SubstancesRegulation CE No 1907/2006, per restringere a livello UE l’impiego di circa 10 mila sostanze perfluoroalchiliche (PFAS). E così salvaguardare la One Health (salute pubblica, sanità e benessere animale, ambiente) dai forever chemicals. Clicca qui l’analisi in quindici punti.

“The Forever Pollution Project”.

I giornalisti del Forever Pollution Project hanno costruito una mappa unica nel suo genere della contaminazione da PFAS in Europa, mappa che misura l’entità dell’avvelenamento di queste sostanze chimiche estremamente tossiche e cancerogene, molto mobili e praticamente indistruttibili, utilizzate in una vasta gamma di oggetti, dalle padelle antiaderenti agli impianti medici, nonché destinate a costi di bonifica per decine e decine di miliardi di euro che le aziende non intendono spendere.

Questo lavoro senza precedenti ha permesso un risultato spaventoso: di individuare almeno 17.571 siti contaminati in cui i livelli di PFAS superano i 10 nanogrammi per litro (ng/L). Questi siti includono 2.100 “hotspot” dove le concentrazioni superano i 100 ng/l, un livello che la maggioranza degli esperti che sono stati consultati considera pericoloso per la salute.

“The Forever Pollution Project” ha anche scoperto (sezionando più di 1.200 documenti riservati della Commissione europea e dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche nonché centinaia di fonti aperte) un ampio processo di lobbying (associazioni di settore, gruppi di riflessione, studi legali e grandi aziende) capitanato da Solvay per annacquare il divieto PFAS proposto a livello europeo, per influenzare la Commissione europea e gli Stati membri, per indebolire il prossimo divieto PFAS.

La metodologia scientifica alla base di questa “esperienza giornalistica peer-reviewed” è presa in prestito dal PFAS Project Lab e dalla mappa dei siti e delle risorse della comunità PFAS negli Stati Uniti. L’indagine esclusiva “The Forever Pollution Project, durata mesi e condotta da 18 redazioni europee, è stata inizialmente sviluppata da Le Monde (Francia), NDR, WDR e Süddeutsche Zeitung (Germania), RADAR Magazine e Le Scienze (Italia), The Investigative Desk e NRC (Paesi Bassi). Il progetto è stato sostenuto finanziariamente da Journalismfund.eu e Investigative Journalism for Europe (IJ4EU). L’indagine è stata ulteriormente sviluppata e indagata da Knack (Belgio), Denik Referendum (Repubblica Ceca), Politiken (Danimarca), YLE (Finlandia), Reporters United (Grecia), Radio lettone (Lettonia), Datadista (Spagna), SRF (Svizzera), Watershed Investigations / The Guardian (Regno Unito). Il processo di collaborazione transfrontaliero è stato sostenuto da Arena for Journalism in Europe.

La mappa dei siti italiani contaminati da Pfas elaborata da Le Monde.

Per quasi un anno, il giornale francese “Le Monde” ha lavorato con i giornalisti di 18 media partner per provare a misurare l’entità della contaminazione in Europa di Pfas, le sostanze chimiche tossiche e cancerogene praticamente indistruttibili utilizzate in una vasta gamma di oggetti, dalle padelle antiaderenti agli impianti medici.  Per questa indagine è stata adattata la metodologia sviluppata da un team di ricercatori del PFAS Project Lab di Boston con i loro colleghi della ” Mappa dei siti PFAS e delle risorse della comunità “.

Secondo una stima prudente, basata su migliaia di campioni ambientali, spiega Le Monde, in Europa ci sono più di 17mila siti contaminati a livelli che richiedono l’attenzione delle autorità pubbliche (superiori a 10 nanogrammi per litro). Gli esperti intervistati da Le Monde hanno stimato che in più di 2.100 “punti caldi” la contaminazione raggiunge livelli considerati pericolosi per la salute (più di 100 nanogrammi per litro).

Tra questi, emerge la mappa dei siti italiani. Al cui vertice spiccano i disastri ecosanitari della Miteni di Trissino in Veneto e la Solvay di Spinetta Marengo il Piemonte.

Carta igienica con Pfas favorisce il cancro.

Un team di scienziati dell’Università della Florida negli Usa, tramite una ricerca pubblicata su Environmental Science & Technology Letters avvertono che anche la carta igienica potrebbe contenere Pfas, sostanze che sono state collegate da precedenti studi a determinati tipi di cancro, ma anche ad un basso numero di spermatozoi (quindi a una scarsa fertilità maschile). Un’indagine del genere in Usa è già stata condotta da Mamavation, community di genitori “green”.

L’ispirazione per lo studio è nata da precedenti ricerche condotte sulla presenza di Pfas nei biosolidi, ovvero nei rifiuti solidi che provengono dagli impianti di trattamento delle acque reflue, dove le carte igieniche affluiscono. Il ritrovamento è ulteriormente preoccupante perché gli effluenti delle acque reflue e i fanghi sono comunemente riutilizzati per l’irrigazione e/o l’applicazione sul terreno.

Pfas, il veleno nell’acqua e nel sangue. Ma i controlli sono una beffa.

L’azienda Miteni di Trissino per anni contaminato la seconda falda più grande d’Europa, colpendo la salute di 350 mila cittadini tra Verona, Vicenza e Padova. Tanto che la Regione nel 2017 è costretta ad adottare un Piano straordinario di emergenza, suddividendo il territorio in tre aree in base al rischio sanitario: area rossa, dove sono contaminate sia l’acqua potabile sia le falde acquifere e i fiumi; area arancione, in cui gli acquedotti hanno un livello d’inquinamento inferiore. E gialla, definita per lo più area di osservazione. Le analisi del sangue e le inefficaci precauzioni (filtri a carbone) si fermano alla “zona rossa”. Per il resto nulla, nessun intervento sulle falde, con la cui acqua si irrigano i campi, sui fiumi, sul suolo, sull’aria. Nessun limite anche per l’acqua irriguaNessun controllo sulla contaminazione dei prodotti di origine animale e vegetale provenienti dalle zone inquinate. I controlli privati segnalano la presenza totale di Pfas superiore ai 6.200 nanogrammi per chilo nel terreno. In area arancione perfino le analisi del sangue sono burocraticamente impossibili.

Della bonifica del sito di Miteni, infine, si sono perse le tracce così come di un piano di riconversione industriale per azzerare tutte le fonti inquinanti.

La Regione Veneto è dunque sotto accusa. La Regione Piemonte ha fatto ancora meno, anzi nulla.

ARPA: i Pfas C6O4 e ADV in atmosfera ricadono sul Spinetta Marengo.

Si tratta di uno studio innovativo, definito da un approccio rigoroso e coerente secondo i principi della ricerca scientifica universalmente riconosciuti dall’Agenzia piemontese. Il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) aveva evidenziato la presenza di Pfas nelle uova degli uccelli: i risultati odierni costituiscono un dato oggettivo che unisce la sorgente dell’inquinamento -Solvay- e i suoi effetti su Spinetta Marengo, ovvero su tutti i possibili anelli della catena alimentare.

Quali sono le sorgenti di queste emissioni atmosferiche inquinanti? Facili le risposte.  Arrivano dai camini del polo chimico. Dal risollevamento della terra vicino allo stabilimento. Dalle discariche.

Va da sé che C6O4 e ADV sono respirati dagli abitanti: disciolti nella nebbia, nella pioggia, nel pulviscolo atmosferico, nelle famigerate polveri sottili. Il sindaco Giorgio Abonante lo sa ma fa finta di niente.

Pfas nei pozzi della rete idrica: ecco dove.

I risultati in provincia di Alessandria dei campionamenti dell’acqua potabile ordinati da Asl ed eseguiti da Arpa evidenziano un inquinamento costante lungo l’asse del torrente Scrivia. Ma anche in prossimità del Tanaro. Alzano, Castelnuovo Scrivia, Isola Sant’Antonio, Guazzora, Molino dei Torti, Piovera, Tortona, Villarvernia evidenziano un inquinamento abbastanza costante di Pfoa (Solvay dice cessato nel 2013). A Pietra Marazzi, spunta il cC6O4 (brevettato da Solvay). A Montecastello, chiuso il pozzo nel 2020, c’è sempre C6O4, PFOA e ADV (altro brevetto Solvay).

Il Comune di Alessandria se ne lava le mani.

Alla lettera del Comitato Stop Solvay, che ha nella sua genesi la “chiusura subito” dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo, ha replicato a muso duro il sindaco Giorgio Abonante: per quanto sta nelle mie attribuzioni, non ho alcuna intenzione di emettere una ordinanza per la chiusura delle produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo. Per quanto riguarda il resto, i biomonitoraggi, tutto è in mano all’Asl e alla Regione, il Comune non decide nulla.

Nasce il coordinamento ecologista per la lotta alla contaminazione da Pfas.

Si è svolto a Padova, nella sede dei Beati costruttori di pace, un incontro di varie componenti del Movimento ecologista veneto cui hanno partecipato anche sindacalisti della CGIL della provincia di Vicenza e della direzione regionale. Il punto focale è stato quello della contaminazione da PFAS del territorio regionale. E’ stato messo a punto un manifesto “Per una vertenza regionale No Pfas” sulla base del quale è stato costituito il coordinamento ecologista regionale. Clicca qui.

E’ auspicabile che questo tipo di coordinamento funzioni anche ad Alessandria.

Nasce il coordinamento ecologista per la lotta alla contaminazione da Pfas.

Si è svolto a Padova, nella sede dei Beati costruttori di pace, un incontro di varie componenti del Movimento ecologista veneto cui hanno partecipato anche sindacalisti della CGIL della provincia di Vicenza e della direzione regionale. Il punto focale è stato quello della contaminazione da PFAS del territorio regionale. E’ stato messo a punto un manifesto “Per una vertenza regionale No Pfas” sulla base del quale è stato costituito il coordinamento ecologista regionale. Clicca qui.

E’ auspicabile che questo tipo di coordinamento funzioni anche ad Alessandria.  

Al processo confermati i danni dei Pfas a tiroide e fegato.

Uno studio di esperti nella zona rossa ha confermato la relazione tra i PFAS (i “vecchi” perfluoroalchilici a catena lunga, come Pfoa e Pfos e i “nuovi” a catena corta, vale a dire C6O4 e GenX)  e i livelli nel sangue  di colesterolo, funzione tiroidea, funzionalità epatica. In Corte di Assise di Vicenza, al processo Miteni di Trissino per avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari, è stata sentita Cristina Canova, a capo di un gruppo di ricerca internazionale che nel 2018 si è aggiudicata un bando, emesso dal “Consorzio per la ricerca sanitaria” per conto dall’Area sanità e sociale della Regione per progetti innovativi sui Pfas. Il progetto ha riguardato gli effetti per esposizione a Pfas nell’area rossa collegato al piano di sorveglianza regionale. Il progetto ha confermato l’associazione tra concentrazioni sieriche di Pfas e biomarcatori come colesterolo totale, Hdl, Ldl, funzione tiroidea Ttsa, funzionalità epatica e pressione.

Vertenza regionale No Pfas.

Con don Albino Bizzotto, sarà aperta (sabato 25 febbraio dalle 9 alle 13 a Padova, presso Beati i Costruttori di pace Stanga – via Da tempo 2) la Vertenza  in Veneto del Movimento NO PFAS, ecologisti, CGIL, cittadini, che contestano  la Giunta regionale per come gestisce e ha gestito, fin dall’inizio, la contaminazione Pfas. Clicca qui il Manifesto  con 14 pesanti accuse e 26 rivendicazioni. Una vertenza regionale in Piemonte avrebbe analoghi contenuti, in più dovrebbe chiedere una ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti della Solvay che a Spinetta Marengo sono attive (mentre la Miteni veneta è chiusa).

Per la bonifica Pfas manifestazione davanti alla Miteni e contro Zaia.

Sabato 25 febbraio alle ore 14 davanti alla Miteni, la fabbrica di Trissino  accusata della maxi contaminazione nel Veneto da Pfas, la rete ecologista del Nordest manifesterà per chiedere la bonifica: “Sono passati dieci anni dalla scoperta dell’inquinamento da Pfas e il sito Miteni, individuato dalle autorità competenti quale principale fonte di uno dei maggiori inquinamenti che la storia ricordi, continua a contaminare la nostra falda, i nostri pozzi, i nostri campi i nostri cibi e il nostro sangue. È compito degli enti pubblici far rispettare il cronoprogramma della messa in sicurezza del sito inquinante. Al momento si susseguono ritardi su ritardi. Le istituzioni devono collaborare fra loro e costringere chi ha inquinato alla bonifica immediata. Questo disastro ambientale coinvolge le tre province di Vicenza, Verona e Padova: ossia trenta Comuni inquinati, 350.000 persone coinvolte, 700 km quadrati di territorio compromesso, la seconda ricarica di acquiferi più grande d’Europa che andrà perduta, senza l’intervento immediato della bonifica”. Nel mirino della contestazione soprattutto la Regione Veneto, di cui Domenico Mantoan ex direttore generale della sanità, le consulenze legali d’oro e gli altri legami politici rivelati dall’Espresso.

La questione Pfas implica anche il loro smaltimento: c’è la preoccupazione che gli scarti di lavorazione finiscano in uno degli inceneritori che tra Padovano e Veneziano (ENI) potrebbero presto divenire operativi a pieno regime. Infatti gli attivisti della Riviera del Brenta hanno annunciato la loro presenza alla manifestazione di sabato che si terrà contemporaneamente giustappunto davanti alla Miteni, ma pure davanti al municipio di Trissino nonché davanti a palazzo Balbi a Venezia: sede della giunta regionale veneta.

Tera e Aqua di febbraio-marzo 2023.

Se clicchi qui:

– 70 bombe nucleari ad Aviano e Ghedi: siamo il primo obiettivo di una guerra nucleare

– Verona, in 1200 con sindaco, vescovo, Landini e Valpiana: “Cessate il fuoco!”

– Due vittorie per la Foresta del Cansiglio

– L’inizio della fine dei Pfas: la 3M non li produce più dal 2025

– Cara ENI, quanto è green bruciare fanghi tossici a Marghera?

– Appello a governo e amm.penitenziarianon lasciate morire Cospito!

– Comunità energetiche, l’energia gestita dal basso

– Fermiamo l’inutile e costosissima pista da bob dentro Cortina

– Sabato 11.3 IncontriamoCittAperta “Infanzia e potere, origini e conseguenze di una oppressione”

– Staffetta di Libera sulle Olimpiadi inv.26 da Verona-Cortina-Trentino AA – a Milano

“Vogliamo d’urgenza le analisi Pfas del sangue”. Ma il sindaco fa lo gnorri.

“I pomodori di Spinetta li ho mangiati, vorrei sapere come i Pfoa sono entrati nel mio corpo”

Detto volgarmente: prende per il culo i cittadini. Questi, con una petizione, chiedono che tutta la popolazione alessandrina sia sottoposta a monitoraggio con urgenza: a maggior ragione perché l’indagine dell’università di Liegi, da noi commissionata, ha accertato, con analisi a campione di lavoratori e abitanti, che i Pfas scorrono nelle loro vene. Da che parte stai, sindaco? dalla parte di Solvay? Ebbene come risponde Giorgio Abonante?: clicca qui il video. Eppure ha di fronte persone che piangono parenti di vittime decedute e ammalate del polo chimico di Spinetta Marengo, e che loro stesse -con il sangue avvelenato- sono in predicato di fare la stessa fine. “Vivo a Spinetta da quando ho 5 anni,” è stato contestato da uno dei firmatari della petizione: clicca qui, “ho partecipato all’indagine e ho scoperto di avere nel sangue livelli di Pfoa preoccupanti. Non devo più entrare in contatto con questa sostanza perché potrei essere soggetto ad alcune malattie come il cancro alla tiroide, ai reni, colesterolo eccetera, e vorrei sapere come curare me e i bambini della mia città”. Nella stessa condizione infatti si trovano i bambini e gli adulti di Alessandria. Cosa avrebbe dovuto fare, da tempo, un sindaco onesto e responsabile da anni in possesso di inequivocabili indagini epidemiologiche e ambientali? Avrebbe dovuto emettere una ordinanza urgente di chiusura degli impianti inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo. E, subito dopo, far sottoporre la cittadinanza a monitoraggio, per il quale ci vogliono, ammette anche lui, tempo e soldi. Il tempo è scaduto. Ma l’intero consiglio comunale se ne lava le mani: la vecchia e la nuova maggioranza complici della Solvay.        

Pfas al Rajasthan International Film Festival.

Dopo il premio “Ambiente e Società” vinto al 25° Festival CinemAmbiente di Torino, un altro riconoscimento prestigioso per il documentario “Chemical Bros” del regista Massimiliano Mazzotta: è stato selezionato per la nona edizione del Rajasthan International Film Festival, diretto da Somendra Harsh, in programma in India sino al 5 febbraio.

Il documentario di Mazzotta, che è anche direttore artistico di Life After Oil”, il festival internazionale che si tiene in Sardegna, mostra le terribili conseguenze della produzione e dell’utilizzo del fluoro. Un viaggio-inchiesta che è partito dalle miniere di Silius in Sardegna, dove viene estratto il minerale, e ha toccato numerose realtà come il Veneto e il parco nazionale del Derbyshire in Inghilterra. Realtà dove l’ambiente e la salute delle persone sono a rischio per le conseguenze legate all’estrazione dai giacimenti di fluorite, alla produzione e all’utilizzo del fluoro a livello industriale.

Ad accompagnare Mazzotta nel tour l’attivista veneto Alberto Peruffo, in prima linea per la questione dei Pfas (sostanze perfluoroalchiliche) affrontata  in “Chemical Bros”.

Pfas: né analisi del sangue né degli alimenti.

Sempre più allarmate le direttive internazionali in merito ai Pfas: oltre ad essere tossici e cancerogeni, non si degradano, sono indistruttibili, quindi si accumulano nell’ambiente, nei suoli e nelle acque, dunque si accumulano negli organismi viventi, negli alimenti, e in ultima analisi si accumulano negli organismi umani, distruggendoli. Dunque è fondamentale monitorare la presenza dei Pfas nel sangue delle popolazioni più esposte: quelle venete per le quali la Regione è parzialmente intervenuta in zona rossa, e quelle piemontesi per le quali non è stato assolutamente intrapreso il monitoraggio ematico di tutta la popolazione a rischio.

Le persone più a rischio sono quelle alle quali è già stata riscontrata la presenza nel sangue di Pfas, che appunto si bioaccumulano. Per evitare il tragico fenomeno è indispensabile che gli alimenti assunti siano totalmente privi di Pfas. Ne consegue l’obbligo per le Regioni di procedere a campionare animali e alimenti. Tant’è che l’Europa ha ridotto di tremila volte i limiti presumibilmente massimi  di Pfas  assumibili giornalmente dagli individui. Però, mentre in Veneto l’accusa è che i laboratori dotati per analizzare la presenza di Pfas negli alimenti sono pochi e poco attrezzati, in Piemonte l’accusa non è di carenza ma praticamente di assenza: eppure le analisi, privatamente eseguite su un campione di abitanti dall’Università di Liegi, hanno allarmato livelli preoccupanti di Pfas nel sangue.

Ciononostante, il sindaco di Alessandria non ha emesso ordinanza di fermata degli impianti inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo.

L’ARPA: ad Alessandria Pfas in acqua, in aria, in suolo (e dunque nel sangue).

Dall’anno scorso Arpa Piemonte, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, ha avviato un’attività sperimentale di monitoraggio delle deposizioni di PFAS nella zona di Spinetta Marengo, in prossimità del polo chimico Solvay di Spinetta Marengo. Cioè il trasferimento di queste sostanze tossiche e cancerogene dai camini all’atmosfera e dall’atmosfera con ricaduta al suolo, alla vegetazione, all’acqua. Attraverso la loro presenza in aria, i pfas si accumulano nella catena alimentare: un dato che va collegato quindi a un altro studio della regione Piemonte in base al quale nell’aprile 2022 era emersa la presenza di c6o4 nelle uova e nel latte delle aziende agricole vicine al polo chimico.

Il monitoraggio è stato avviato attraverso il posizionamento di due punti -insufficienti- di controllo in via Genova e in strada Bolla.  I risultati hanno evidenziato cC6O4 e ADV N2, con valori mediamente sempre maggiori presso la postazione di via Genova, e in alcuni campioni anche la presenza di PFOA, PFBA e PFNA con valori prossimi al limite di quantificazione (LOQ).

Inoltre l’Arpa ha completato per il 2022 i campionamenti delle acque sotterranee a Spinetta Marengo ed aggiornati gli esiti con i dati di giugno: INQUINAMENTO DA PFAS “ADV N2” A GIUGNO 2022 oltre 55.000 nanogrammi/litro all’interno del sito, e oltre 5.000 all’esterno. Clicca qui.

Neppure questi dati convincono il sindaco a emettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti. 

Mangiare un pesce d’acqua dolce equivale a bere per un mese acqua fortemente contaminata da PFAS.

Uno studio americano ha rilevato che i pesci d’acqua dolce in natura (fiumi e laghi) sono talmente contaminati dalle PFAS, le famigerate “sostanze chimiche per sempre”, tossiche e cancerogene, che consumarli rischia di far accumulare livelli altissimi degli inquinanti nel nostro corpo. Un team di ricerca statunitense guidato da scienziati dell’Environmental Working Group (EWG) di Washington, hanno collaborato con i colleghi della Nicholas School of the Environment dell’Università Duke: sono giunti alle loro conclusioni, “Mangiare un pesce d’acqua dolce equivale a bere per un mese acqua fortemente contaminata da PFAS”, dopo aver analizzato i dati di oltre 500 campioni di filetti di pesce d’acqua dolce raccolti nell’ambito di vari programmi di monitoraggio condotti da diversi enti degli USA. Fra essi l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA), il Great Lakes Human Health Fish Fillet Tissue Study e il National Rivers and Streams Assessment. Nei pesci dei fiumi 9.500 nanogrammi per chilogrammo (ng/kg), nei pesci dei Grandi Laghi si arrivava a 11.800 ng/kg. Meglio acquistare quelli allevati.

Già negli anni duemila sollevammo l’allarme dell’inquinamento di Bormida-Tanaro -Po con conferenze in Italia ed esposti in magistratura: Clicca qui.

Il dolo di Solvay e Miteni nei processi Pfas.

Al Processo di Vicenza, una testimonianza dell’Istituto Superiore della Sanità inchioda le responsabilità di Miteni e Solvay che conoscevano -senza intervenire- i gravissimi rischi PFAS per la salute dei lavoratori e dei cittadini, quanto meno dalle vicende della Dupont negli Stati Uniti e dalla mole degli studi internazionali. E’ quanto già sostenemmo nell’esposto del 2009 alla Procura della Repubblica di Alessandria. Clicca qui il video di Rainews. Perciò insistiamo a definire dolose quelle condotte imprenditoriali. 

Pfas anche in Svizzera.

Quello che in Italia non si fa: “setacciato” il suolo svizzero a caccia dei PFAS: presenti nell’80% dei terreni esaminati in tutte le regioni della Svizzera, anche in quelle più discoste: vedi la cartina. Lo studio è stato condotto dall’Università di Zurigo di scienze applicate (ZHAW) e Agroscope (il centro di competenza per la ricerca agronomica), su mandato dell’Ufficio federale dell’ambiente. La mediana dell’inquinamento è di 1,4 µg/kg (per ogni chilo di terra), alcune quantità riscontrate superano addirittura i 6 microgrammi (zone del Ticino comprese, nella cartina  appaiono come punti arancioni). I risultati possono essere considerati come concentrazioni di fondo, tuttavia, per i terreni più fortemente inquinati, si cercano fonti specifiche, come i fanghi di depurazione o magari insediamenti industriali come Solvay e Miteni, comunque industrie che utilizzano i pfas. Gli esperti e le autorità si dichiarano oltremodo preoccupati per queste sostanze tossiche e cancerogene, bioaccumulabili e indegradabili, e chiedono al Consiglio federale di intervenire. La sezione “Siti contaminati” dell’Ufficio federale dell’ambiente, sezione che accompagna i progetti di ricerca per la gestione di siti inquinati, oltre ai divieti coordina e sostiene i Cantoni nei risanamenti: dove ci sono siti fortemente inquinati, allora lì si agisce per primi nella bonifica.

I governanti svizzeri dimostrano quel senso di responsabilità che manca in Italia: non è ancora stato ripresentato nel nuovo parlamento il Disegno di Legge (ex Crucioli) che vieta l’uso,  la commercializzazione e la produzione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, detta  norme per la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall’inquinamento,  per la ricerca finalizzata alla individuazione di materiali sostitutivi, e per la riconversione produttiva e il controllo sull’inquinamento.

Cosa facciamo dei Pfas? Li inceneriamo?

Il Coordinamento No Inceneritore Fusina lancia la massima allerta alla popolazione di Venezia, della Riviera del Brenta, del Miranese e di tutta la cintura metropolitana sul progetto di ENI Rewind: la costruzione di due nuovi forni per bruciare 190.000 ton/anno di fanghi tossici che derivano non solo dai reflui domestici, ma anche da quelli industriali e artigianali e dai depuratori, in particolare con alte concentrazioni di diossine, idrocarburi, PCB, metalli e soprattutto PFAS. L’incenerimento di questi ultimi composti costituisce una vera e propria bomba ecologica e sanitaria.

Il Coordinamento sta lavorando a una grande manifestazione e ad altre azioni mirate a sensibilizzare i cittadini e a promuovere il boicottaggio della multinazionale petrolifera, e sta valutando l’indizione di un grande referendum popolare autogestito.

Solvay gongola: usciremo indenni dal processo di Alessandria.

L’AD: io non pago.

Solvay gongola, non trattiene la propria soddisfazione nel comunicato stampa che commenta la conclusione delle indagini del Procuratore della Repubblica di Alessandria, Enrico Cieri, in merito al disastro ecosanitario del polo chimico di Spinetta Marengo: ridimensionato da doloso a disastro ambientale colposo.

La Procura ha partorito un topolino, esulta, “rispetto allo scenario configurato alla partenza delle indagini e alle accuse sostenute dalle denunce e dagli esposti presentati in Procura, le imputazioni appaiono ridimensionate”. Il riferimento quanto mai opportuno è alla pesante mole di documentazione accusatoria presentata dagli ambientalisti, ad esempio dal ‘Movimento di lotta per la salute Maccacaro’ tramite ben otto esposti di dati scientifici locali e internazionali.

“In particolare” sottolinea Solvay tirando un sospiro di sollievo “al termine di approfondite e lunghe indagini preliminari condotte dalla Procura e dai Noe Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, viene escluso il reato di omessa bonifica e il dolo originariamente contestato”. Per noi l’ipotesi è scandalosa, e la stessa Solvay si mostra sorpresa: “Le residue ipotesi d’accusa riguardano una responsabilità colposa (cioè non intenzionale) relativa ad una presunta alterazione dell’ambiente.” Solvay ha ben presente la differenza di condanne fra reati di colpa (negligenza e imprudenza) invece che aggravati in dolo (precisa e cosciente volontà di compiere un’azione criminosa).

 E’ comprensibile che gioisca perché innanzitutto delle 8 persone inizialmente indagate ne sono rimaste solo 2, e addirittura solo per il reato di colpa, e non può che concludere il comunicato stampa ammiccando: “Solvay è certa che tutti i propri manager hanno sempre operato con correttezza e nell’osservanza delle normative ambientali e conferma la propria fiducia nella giustizia e nel lavoro dei magistrati che sapranno fare pienamente chiarezza sul loro corretto operato”. La multinazionale belga esclude la responsabilità amministrativa ex articolo 25 del 18 giugno 2001 con riferimento al reato di disastro ambientale colposo.

Solvay esprime fiducia, cioè aspettativa, che anche questo processo si concluda come un delitto perfetto (vedi “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia).  Esprime fiducia che i due direttori imputati, ben protetti dal collegio di avvocati e consulenti, non rischieranno neppure un giorno di galera, che la simbolica condanna (ampiamente coperta dalle retribuzioni) li usi come capri espiatori a copertura delle responsabilità dolose dei livelli alti della catena di comando, fino a Bruxelles. Stefano Bigini e Andrea Diotto, infatti, si giustificheranno che hanno fatto tutto il possibile con i pochi soldi messi loro a disposizione da chi si cura dei profitti e non della salute, da chi dovrebbe essere imputato di omessa bonifica, la quale perciò resterà tale anche in futuro. A tacere che ammalati e morti non riceveranno risarcimenti.

Tragica pantomima del sindaco di Alessandria.

Continua la “pantomima pfas” al Comune di Alessandria. Il sindaco dovrebbe, in forza delle indagini epidemiologiche e ambientali già sul suo tavolo (clicca qui Disastroso l’attuale inquinamento della Solvay di Spinetta Marengo.), emettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo. Invece continua a parlare senza mai arrivare al dunque, ovvero cerca di cambiare discorso per evitare l’argomento sgradito (mena il can per l’aia, insomma). In questo senso fa convocare dalla Commissione Ambiente il Comitato che ha presentato una raccolta firme per affrontare l’inquinamento della Fraschetta. La Commissione trasmetterà al Sindaco, che ne prenderà atto per trasmetterla alla Regione a corto di soldi, la raccomandazione di effettuare un biomonitoraggio dei pfas nel sangue della popolazione, una ulteriore indagine epidemiologica/ambientale e quant’altro eccetera chiesto dall’ingenuo Comitato. Cioè dati già acquisiti e sufficienti per emettere l’ordinanza, semmai ulteriormente utili per rivendicare risarcimenti.

In Veneto, a differenza del pilatesco Piemonte, intanto continua il piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione dell’area rossa (circa 300 mila persone di Vicentino, Veronese e Padovano), esposta direttamente a Pfas. L’ultimo rapporto, risalente al 21 novembre, mette in evidenza come per il primo round di screening, su più di 100 mila persone invitate a sottoporsi all’esame, hanno già aderito poco meno di 61 mila.

Pfas sulla pelle e sulle spalle della collettività.

La bonifica della ex Miteni di Trissino, sanzionata dal tribunale e pagata dall’inquinatore, sembra sulla falsariga di quella mai realizzata dalla Solvay di Spinetta Marengo malgrado sentenza di Cassazione. Innanzitutto, in entrambi i casi i reati sono stati dalla magistratura sminuiti a colpa (negligenza e imprudenza) invece che aggravati in dolo (precisa e cosciente volontà di compiere un’azione criminosa). Poi aggiungi che la (blanda) condanna si fermerebbe ai pesci piccoli (direttori lautamente pagati allo scopo) e lascia liberi proprio gli squali amministratori che pur avrebbero in saccoccia la rimpinguata borsa per risarcire i danni e i costi di bonifica. Ciò si ripeterà ad Alessandria nel processo-bis che sta per avviarsi. Però, mentre ad Alessandria sarebbe chiaro chi dovrebbe pagare (Solvay), nel processo di Vicenza la situazione è complicata dal fatto che lo stabilimento, che sta ancora con Pfas contaminando -senza bonifica- tre intere province del Veneto, è stato semi smantellato e rivenduto a indiani (irreperibili in Italia) a seguito del pilotato fallimento della Miteni (tanto milionaria quanto nullatenente). Difficile immaginare nel processo in corso un adeguato risarcimento da parte dei marginali imputati in caso di condanna. Il disastro ecosanitario resterà sulla pelle e sulle spalle della collettività. Clicca qui.

Un ennesimo delitto perfetto da aggiungere alle 508 pagine del libro “Ambiente Delitto Perfetto.  

3M esce dalla sciagurata produzione Pfas. Solvay perché no?

La domanda la rivolgiamo a Ilham Kadri.

3M comunica che entro la fine del 2025 (meglio tardi che mai) interromperà la produzione di tutti i fluoropolimeri, fluidi fluorurati e prodotti additivi a base di PFAS.  Perché Solvay non comunica che non sarà da meno della 3M, anzi uscirà ancora prima: entro il 2024? O addirittura entro il 2023, come chiediamo noi. 

Così la 3M motiva la propria risoluzione: “La decisione di 3M si basa su un’attenta considerazione e una valutazione approfondita del panorama esterno in evoluzione, inclusi molteplici fattori come l’accelerazione delle tendenze normative incentrate sulla riduzione o l’eliminazione della presenza di PFAS nell’ambiente e le mutevoli aspettative delle parti interessate”. Perché le considerazioni etiche e le valutazioni economiche e legali di Mike Roman presidente e amministratore delegato della 3M non debbono valere anche per Ilham Kadri presidente e amministratore delegato della Solvay?  Ce lo spieghi Lei.

 Afferma Mike Roman: “Interromperemo l’uso di PFAS in tutto il nostro portafoglio di prodotti entro la fine del 2025: abbiamo già ridotto il nostro uso di PFAS negli ultimi tre anni attraverso la continua ricerca e sviluppo e continueremo a innovare nuove soluzioni per i clienti”. Perché Lei, Ilham Kadri, non ha fatto altrettanto?

Mike Roman fa i conti con le proprie responsabilità per i danni dei Pfas e prodotti chimici correlati: “3M continuerà a porre rimedio e ad affrontare i contenziosi difendendosi in tribunale o attraverso risoluzioni negoziate, il tutto a seconda dei casi”. A Ilham Kadri sul bilancio non pesano ancora  sufficienti cause legali.

Mike Roman si millanta: “Sono presidente di una azienda da 35 miliardi di dollari che migliora la vita in tutto il mondo. I 96.000 dipendenti dell’azienda sono uniti da uno scopo comune: sbloccare il valore delle persone, della scienza e delle idee per reimmaginare ciò che è possibile”. Ilham Kadri di cosa si vanta?

In definitiva, la 3M afferma obtorto collo che il beneficio della cessazione dei pfas vale più del sacrificio finanziario. Invece la Solvay sfida magistratura, sindaci, parlamento italiano. Il cinismo di Solvay non conosce confini. Spinetta Marengo è un business coloniale.  La popolazione è solo un puntino sulla carta geografica. Nessuno si aspetti una replica di Ilham Kadri a queste nostre note.

Pfas: qualcosa si muove dopo la nostra lettera aperta ai parlamentari.

La Procura Generale della Corte dei Conti ci comunica per conoscenza che ha trasmesso alla Procura Regionale del Lazio -per valutazioni di competenza- la nostra Lettera aperta inviata ai deputati e ai senatori del Parlamento italiano:

Egr. Onorevoli e Senatori,

che ci state leggendo insieme ai quasi 38mila destinatari di questa

Lista del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” inviata tramite

“Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la

pace e la nonviolenza”.

I Pfas sono una calamità ambientale e sanitaria: intervenga il Parlamento.

Egr. Onorevoli e Senatori,

già nella trascorsa legislatura è stato presentato dall’ex senatore Mattia Crucioli un DISEGNO DI LEGGE CHE METTE AL BANDO I PFAS IN ITALIA. (clicca qui).  Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione dei perfluoroalchilici (PFAS) nonché degli innumerevoli prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Accoglie in ciò le censure di Commissione interparlamentare ecomafie e Commissariato Onu, insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, dunque dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi (emblematico l’ecocidio veneto perpetrato dalla Miteni di Trissino).

Al bando, ovviamente, la produzione. In Italia l’unico stabilimento che produce i Pfas è la Solvay di Spinetta Marengo in Alessandria… (continua a leggere)

Per ulteriori approfondimenti, abbiamo messo a disposizione della Procura di Roma, dopo quelle di Vicenza e Alessandria, il Dossier “Pfas. Basta!”: in oltre 350 pagine è una piccola enciclopedia che racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2022 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, Governo, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali.  La lunga storia dei PFAS (PFOA e C6O4 e ADV) è tratta in breve da stralci dei libri “Ambiente Delitto Perfetto” (Barbara Tartaglione – Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia) e “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”, nonché del Sito “Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la pace e la nonviolenza” www.rete-ambientalista.it gestito dal “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro”. Il Dossier è disponibile a chi ne fa richiesta.

Isde: i limiti dei Pfas devono essere zero.

In ossequio a quanto sancito dalla nostra Costituzione e dal principio di precauzione sancito dal Trattato di Maastricht dell’Unione europea, ISDE Italia chiede un’audizione parlamentare urgente per esporre alcune importanti osservazioni in merito al recepimento della Direttiva europea sulla qualità delle acque destinate al consumo umano: Bisfenolo A, Microcistina-LR, PFAS devono avere il loro valore limite nelle acque a uso umano fissato in zero. Inoltre ISDE mette in evidenza la potenziale pericolosità del cosiddetto effetto cocktail, relativo a sostanze tossiche, cancerogene o mutagene e con azione di interferenza endocrina che, se anche rilevate singolarmente entro limiti, possono tra loro agire sinergicamente, in modo tale da configurare un rischio elevato per la salute umana. Clicca qui.

Chiesero di distruggere le prove del PFOA.

Al processo di Vicenza, Roberto Ferrari, manager di progetto di Erm Italia, la società incaricata di valutare le criticità ambientali della Miteni, sul banco dei testimoni ha lanciato accuse pesantissime per quanto riguardò il rapporto 2008: “Ci chiesero di distruggere i risultati delle analisi sulla presenza di Pfoa nell’acqua di falda. Mario Fabris, direttore tecnico dell’azienda di Trissino, chiamò al telefono il mio responsabile, Giuseppe Filauro, per chiedergli di togliere dall’ultima versione del nostro report i dati sul Pfoa. Era necessario edulcorare gli allarmi che avevo inserito nel lavoro sulla falda». Nella sua testimonianza Filauro ha ovviamente smentito.

Clicca qui Rai 3 Veneto.

Insufficiente l’argine europeo ai Pfas negli alimenti. E nei farmaci?

l rischio non è circoscritto ai lavoratori e ai cittadini limitrofi alle produzioni, esempio Solvay di Spinetta Marengo. Infatti i cibi, frutta, verdura, latte, uova, pesce, crostacei, molluschi bivalvi, carne di animali d’allevamento e selvatici, eccetera, possono essere contaminati da Pfas sia da terreni e acque inquinate utilizzate per coltivarli, sia dall’uso diretto di materiali (durante la lavorazione) e di imballaggi contenenti Pfas a contatto con gli alimenti. Infatti i Pfas sono utilizzati per rivestimenti antimacchia e resistenti all’acqua per tessuti e tappeti, rivestimenti resistenti all’olio per carta e cartone, materiali a contatto con gli alimenti, lucidanti per pavimenti, formulazioni di insetticidi, schiume antincendio ecc.

La Commissione europea Efsa ha concluso che i perfluoroalchilici, chiamati anche “sostanze chimiche per sempre” o “eterne”, in quanto la loro composizione chimica tossica e cancerogena non ne consente la degradazione, causano danni sullo sviluppo del feto, sul colesterolo, sul fegato e sul sistema immunitario nonché sul peso alla nascita ecc., stabilendo una dose settimanale tollerabile della somma delle sostanze pari a 4,4 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo a settimana. Si tratta di norme poco efficaci, che scontano il limite che ci sono pochi laboratori in Europa in grado di svelare la presenza di quantità più piccole di PFAS, ma già nocive prima dell’accumulo.

Infine, riferendosi ai prodotti di consumo, Isde Medici per l’Ambiente ci informa sulla stesura di un capitolo che rivela che “ci sono un centinaio di farmaci anche di uso comune, come antidiabetici e gastroprotettori che sono pfas; addirittura l’unico farmaco per la fibrosi cistica è una pfas (ha un giro d’affari solo negli USA è di 5,6 miliardi di dollari). Un sacco di articoli che i medici usano quotidianamente (protesi foli di sutura macchine per la respirazione artificiale e l’anestesia) contengono pfas”.

I Pfas sono una calamità ambientale e sanitaria: intervenga il Parlamento.

Egr. Onorevoli e Senatori,

già nella trascorsa legislatura è stato presentato dall’ex senatore Mattia Crucioli un DISEGNO DI LEGGE CHE METTE AL BANDO I PFAS IN ITALIA. (clicca qui).  Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione dei perfluoroalchilici (PFAS) nonché degli innumerevoli prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Accoglie in ciò le censure di Commissione interparlamentare ecomafie e Commissariato Onu, insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, dunque dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi (emblematico l’ecocidio veneto perpetrato dalla Miteni di Trissino).

Al bando, ovviamente, la produzione. In Italia l’unico stabilimento che produce i Pfas è la Solvay di Spinetta Marengo in Alessandria, da dove proprio fin dagli anni ’80 è partita la nostra denuncia contro gli inquinamenti. Ad Alessandria il sindaco potrebbe, dovrebbe, fermare con ordinanza gli impianti che producono e utilizzano i Pfas (PFOA, C6O4, ADV) e li scaricano in aria/acqua/suolo: nell’immediato, perché intercorreranno i tempi processuali prima che tribunali di Vicenza e Alessandria provvedano alle sanzioni e ai risarcimenti.

Però, nel richiamare il precedente dell’amianto, È L’INTERVENTO LEGISLATIVO A LIVELLO NAZIONALE INNANZI TUTTO NECESSARIO E URGENTE, perché l’emergenza Pfas è oramai conclamata dalle Arpa in Veneto, Piemonte, Lazio, Trentino, Lombardia ecc.

Onorevoli e Senatori,

per valutare l’urgenza sanitaria di intervenire, vi invitiamo di ascoltare, dalla viva voce del dottor Vincenzo Cordiano, la relazione di ISDE Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (clicca qui). La relazione, corredata  di esemplari tabelle esplicative, mostra quanto queste sostanze, i Pfas vecchi e nuovi, siano bioaccumulabili e indistruttibili, tossiche e cancerogene, come si accumulino nei tessuti umani, in particolare polmoni, reni, tiroide ecc., quanto siano individuate da tutti gli studi epidemiologici nazionali e internazionali, per inequivocabile nesso causale, come agenti di malattie e morti per cancri a rene, testicoli, tiroide, ecc. nonché come interferenti endocrini già a livello embrionale e puberale, eccetera.  La drammaticità è sottolineata dalla relazione nel fornire una guida clinica per la prevenzione sanitaria. Ma, ATTENZIONE, ONOREVOLI E SENATORI, LA PREVENZIONE PRIMARIA TOCCA AL PARLAMENTO. 

Per ulteriori approfondimenti, è a vostra disposizione (come di tutti coloro che ci faranno richiesta) il Dossier “Pfas. Basta!”: in oltre 350 pagine è una piccola enciclopedia che racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2022 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, Governo, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali.  La lunga storia dei PFAS (PFOA e C6O4 e ADV) è tratta in breve da stralci dei libri “Ambiente Delitto Perfetto” (Barbara Tartaglione – Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia) e “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”, nonché del Sito “Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la pace e la nonviolenza” www.rete-ambientalista.it gestito dal “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro”.

Il filo rosso, doloso, che lega i processi Pfas di Alessandria e Vicenza.

La testimonianza resa al processo di Vicenza dal maresciallo Manuel Tagliaferri, del Nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri, ha fornito elementi di innegabile interesse anche per gli investigatori che indagano sull’inquinamento Solvay a Spinetta Marengo. C’è infatti un filo rosso che lega i due principali casi italiani di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (pfas): Miteni a Trissino (Vicenza) e Solvay a Spinetta Marengo (Alessandria). In particolare, le due società chimiche hanno collaborato per anni nella produzione del Pfas, il cC6O4, che ha contaminato il sangue e le falde acquifere veneti e piemontesi, rendendosi complici dei reati commessi. 

Secondo i verbali Arpa, nel 2013 Miteni produceva senza autorizzazione il C6O4 (sperimentato nel centro di ricerca Solvay di Bollate) che sarà poi ritrovato sia nel sangue dei cittadini sia nelle acque potabili di tre province venete. E già nel 2009 era stato trasferito da Spinetta a Trissino il direttore Luigi Guarracino (ancora non condannato nei processi di Bussi e Spinetta), e così Miteni agirà come ditta in conto terzi per SolvayInfatti già dal 2010 Miteni deteneva la scheda di produzione fornitale da Solvay e nel 2011 il consiglio di amministrazione di Miteni approvava il contratto con Solvay Solexis. Dopo di che, i dirigenti Solvay visitano l’impianto Miteni per discutere su come ampliare la produzione del loro nuovo prodotto, che doveva essere ancora registrato come imporrebbero le norme europee, e che avrebbe dovuto avere l’autorizzazione e sottostare al monitoraggio ambientale delle istituzioni. Nel 2011 vengono spedite da Spinetta Marengo a Trissino quasi cinque tonnellate di resina di cC6O4, lavorata e riconsegnata al mittente.

Con il fallimento Miteni del 2018 l’intera produzione di cC6O4 è allocata ufficialmente a Spinetta nel 2020. E i dieci anni di rifiuti C6O4 di Trissino? Miteni nel 2018 spedisce in provincia di Alessandria camion cisterna della ditta Getras alla società Nuova Solmine che non ha l’autorizzazione ambientale per la lavorazione di rifiuti Pfas. L’Arpa Piemonte ha rilevato nelle acque dello Scrivia decine di nanogrammi di Pfas per ogni litro di acqua. Oltre ad aver ricevuto i carichi della Miteni, la Nuova Solmine collabora anche con Solvay. La tracciabilità dei rifiuti deve essere presentata nella richiesta di autorizzazione integrata ambientale da ottenere per intraprendere alcune attività pericolose. Attualmente Solvay Solexis non ha ancora ottenuto questa autorizzazione, che non è stata più discussa dal 27 gennaio 2022 nella Conferenza dei servizi dove istituzioni e ditte si confrontano e redigono l’autorizzazione.

Già nell’anno 2011 il C6O4 è rintracciato nel sangue degli operai esposti e nel 2013, l’anno del verbale di Arpa, la media nel sangue degli operai è 16 nanogrammi per milligrammo. Purtroppo il filone sanitario non rientra nel processo di Vicenza (come successe nel processo di Alessandria conclusosi in Cassazione) ma fa parte di un’inchiesta aperta nel 2020 e chiusa di recente, sempre condotta dal Nucleo ecologico dei carabinieri di Treviso, sulla sorveglianza interna allo stabilimento, gestita per oltre trent’anni dal medico Giovanni Costa.

Costa è un elemento centrale del filo rosso che lega Solvay con Miteni. Perfettamente al corrente dei rischi per la salute, al punto che nel 2000 partecipava al gruppo internazionale di monitoraggio composto dalle otto maggiori produttrici di Pfas, e sovvenzionato da Solvay con oltre 100mila dollari. Mentre rassicurava i lavoratori e sfuggiva ad un nostro confronto pubblico, dai suoi computer i carabinieri hanno sequestrato i dati 2005 sui rischi sanitari degli operai della multinazionale Dupont negli Usa più volte costretta a risarcire per centinaia di milioni i cittadini ammalati per la contaminazione da Pfas nelle falde acquifere, nonché relazioni del 2006 e 2007 del tenore: “Per il Pfos gli studi dimostrano tossicità per lo sviluppo prenatale nel ratto e nel coniglio. Sono state inoltre osservate diminuzioni significative del peso corporeo fetale e aumenti significativi di anomalie esterne e viscerali, ossificazione ritardata e variazioni scheletriche”. “Emerge la correlazione significativa tra i bambini nati con livelli più elevati di Pfos e Pfoa e la diminuzione del peso alla nascita e della circonferenza cranica”.

Solvay e Miteni/Mitsubishi devono essere imputati per “dolo”. 

I tecnici della società di consulenza ambientale Erm hanno spiegato al tribunale di Vicenza che i vertici dell’azienda committente Miteni di Trissino nel 2008 erano a conoscenza della contaminazione da Pfas nella falda e della nullità delle barriere idrauliche di contenimento del 2004-2007, ma chiesero di stralciare le analisi sulle sostanze inquinanti, di “non accennare a questa sostanza”, dunque invece di intervenire e adoperarsi per la bonifica della falda acquifera cercarono di insabbiare le prove: il Pfoa superava di 400 volte i limiti americani! Erm aveva avvertito Mitsubishi che i rilievi sul Pfoa andavano comunicati con urgenza agli enti ma “Dalla società ci dissero di escludere i dati del pozzo più contaminato e non segnalare l’autodenuncia. Lo chiesero sia per il report interno sia per il documento da presentare per la vendita”. A fine 2009 Mitsubishi cedette Miteni alla multinazionale Icig per la cifra simbolica di 1 euro. 

La richiesta di distruggere le prove della contaminazione è la ennesima dimostrazione del reato di dolo, come andiamo ripetendo anche per la Solvay di Spinetta Marengo, già allora cosciente dello scandalo Dupont in Usa.

C’è un filo rosso che lega i due principali casi italiani di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (pfas), quello della Miteni a Trissino (Vicenza) e quello a Spinetta Marengo (Alessandria), nello stabilimento della Solvay.

Due azioni possibili contro i PFAS.

L’ennesimo allarme per la calamità mondiale dei Pfas è riproposto dal magazine “Ambient&Ambienti” (clicca qui), e la soluzione è sempre la stessa: I PFAS DEVONO ESSERE VIETATI.

Questa infografica riassume le 82 pagine del report scientifico di ISDE Associazione Italiana Medici per l’Ambiente che analizza il Perché i Pfas devono essere vietati come utilizzo. E tale infatti è l’obbiettivo primario del DDL Crucioli (clicca qui Senza il Disegno di legge Crucioli, la strategia della Solvay è vincente.), che però deve essere ripresentato nell’attuale legislatura. Il divieto di produzione è legato allo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo e dovrebbe essere risolto dal sindaco di Alessandria con una ordinanza di fermata degli impianti che stanno provocando nel territorio una catastrofe ambientale e sanitaria (clicca qui Pfas. Basta!)

Il video pubblicato su www.rete-ambientalista.it, raccoglie varie inchieste giornalistiche e le proteste delle associazioni e dei comitati cittadini.

Nuovi allarmi Pfas in Lombardia.

In Lombardia, nel monitorare i conseguenti impatti sui corpi idrici fluviali, l’Arpa ha rilevato i Pfas in 6 su 25 depuratori delle acque reflue Si aggiungono ai rilevamenti nelle acque superficiali e sotterrane, con approfondimenti anche su percolati e piezometri più significativi della rete delle discariche.

Si tratta dei depuratori di Lurano (Bergamo, scarico nel fiume Serio-canale Gronda Sud), Mortara (Pavia, scarico nel torrente Erbognone), Casalmaggiore (Cremona, scarico nel canale Dugale Casumenta), Belgioioso (Pavia, scarico nella roggia Molina- Cavo Sesso), Manerbio (Brescia, scarico nel Mella), Olgiate Olona (Varese, scarico nel fiume Olona).

“Non hanno colore, non hanno sapore e neppure odore. Non segnano l’acqua di scie schiumose o nereSi chiamano Pfas” scrivono allarmati i giornali lombardi “e sono trovati dall’Arpa nelle acque di fiumi, laghi e bacini irrigui, Po, Olona, Lambro, Serio e Adda”. Non è una sorpresa, in una regione che alla Solvay di Bollate ospita il Centro ricerche per la produzione dei PFAS tossici e cancerogeni. Tant’è che da sotto Milano scorrono i pfas C6O4

Acquedotto chiuso per Pfas in Trentino.

Dopo Veneto, Piemonte, Lombardia, Lazio, Toscana, emergenze Pfas anche in Trentino: la fonte dell’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee sarebbe nel territorio di Condino, riconducibile alle ex fonderie o ad una conceria. 

Chiuso l’acquedotto, Storo, comune della Valle del Chiese, è costretto a rifornirsi dal comune di Bagolino che è in territorio di Brescia, attraverso un complesso impianto aereo.

Al bando produzione e utilizzo dei Pfas.

In assemblea il prossimo 7 dicembre.

Siamo ancora qui nel 2022 a chiedere “Vogliamo sapere cosa c’è nel nostro sangue!” Domanda  retorica  perchè lo sappiamo benissimo cosa c’è. Lo sappiamo da decine di anni dopo ben otto indagini epidemiologiche, di cui l’ultima dell’Università di Liegi, e dopo gli inequivocabili referti del sangue depositati anche in magistratura. Lo sappiamo benissimo che in Fraschetta i livelli record di malattie e di morti sono legati allo stabilimento chimico di Spinetta Marengo, e lo sappiamo benissimo quali e quante sono le sostanze che fuoriescono in acque a atmosfera, e su cui gli studi internazionali chimici e sanitari non lasciano margini di dubbio. 

Lo sa benissimo chi non si fa abbindolare dalle istituzioni dichiarandosi “moderatamente soddisfatto”. Lo sa dunque  benissimo il Comitato StopSolvay che come “ragione sociale” e  nel logo evidenzia “STOP”, STOP SOLVAY, fermare la Solvay, chiudere. Appunto, il Comitato-che-chiede-la-fermata-della-Solvay fa l’assemblea il 7 dicembre 2022 per informare la cittadinanza PERCHE’ chiede un provvedimento così drastico. Informa cioè i cittadini e i lavoratori, quelli che sono ancora ignari o increduli, che cosa c’è nel loro sangue. Affinchè partecipino alla lotta per lo STOP. Affinchè partecipano a chiedere

AL SINDACO DI ALESSANDRIA DI EMETTERE UNA ORDINANZA DI CHIUSURA DELLE PRODUZIONI INQUINANTI DELLA SOLVAY DI SPINETTA MARENGO.

Questa è l’utilità etica e politica delle assemblee, alla stregua di quelle che il Movimento di Lotta per la salute Maccacaro sta facendo quasi settimanalmente con il suo sistema di informazione (oltre 37mila partecipanti). Come ha fatto  Legambiente co-promotrice del DDL Crucioli per la messa al bando in Italia  dei PFAS in produzione e utilizzo.     

Indagine epidemiologica Pfas anche a Montecastello.

Il pfas C6O4 che fa bloccare l’acquedotto di Montecastello, Comune confinante con Alessandria e abbastanza distante dall’epicentro di Spinetta Marengo, è un sovrappiù di ragioni per avvalorare la richiesta di fermare le produzioni inquinanti della Solvay, con monito urgente al sindaco di Alessandria di emettere relativa ordinanza di chiusura. Questo sindaco può procedere senza tentennamenti sulla scorta delle consolidate indagini ambientali e sanitarie di Alessandria, senza attendere ulteriore conferma dal progetto di accertamento ematologico (biomonitoraggio) sulla popolazione montecastellese, e sulla limitrofa quale “Coorte Bianca” di confronto. Tanto meno attendendo i dati che tarderanno anni: infatti il progetto universitario locale potrebbe rientrare in “Scenarios” nell’ambito del programma “EUHorizon 2020” finalizzato a contribuire all’obiettivo Green Deal europeo verso “l’ambizione di inquinamento zero per un ambiente libero da sostanze tossiche”, e che comprende 19 organizzazioni di 10 Paesi europei (Italia, Spagna, Grecia, Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia, Lussemburgo, Regno Unito, Cipro) e Israele, estendendosi fino a Usa e Canada. Ma anche dai risultati di questo progetto, come da quelli di ulteriori indagini epidemiologiche in territorio alessandrino, si misureranno i risarcimenti alle popolazioni e agli enti da parte del tribunale.

Gli altri pozzi della provincia alessandrina inquinati dai Pfas.

Oltre al Bormida, a valle dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo i risultati dei campionamenti 2020-2022 ordinati da Asl ed eseguiti da Arpa evidenziano un inquinamento costante dei Pfas lungo l’asse del torrente Scrivia e anche e in prossimità del Tanaro. Bandito dal 2013 e confermandosi indistruttibile, ancora nel 2020-2022 la fa da padrone (0,67 µg/l) il PFOA ad Alzano, Castelnuovo Scrivia, Isola Sant’Antonio, Guazzora, Molino dei Torti, Piovera, Tortona, Villarvernia. Mentre a Pietra Marazzi e a Montecastello sono spuntati anche C6O4 e ADV.

Incontenibile la lobby internazionale dei PFAS.

L’OMS NELLE GRINFIE DELLA LOBBY DEI PFAS

116 scienziati hanno inviato una lettera all’Organizzazione Mondiale della Sanità sollecitando una revisione completa o il ritiro della bozza delle linee guida dell’organizzazione sull’acqua potabile per le due sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) più studiate. La lettera descrive in dettaglio come la bozza dell’OMS eviti il ​​calcolo degli standard sanitari, ignorando le prove solide dei danni di PFOS e PFOA. La lettera rileva anche la mancanza di trasparenza sulla paternità della bozza»: così Isde Medici per l’Ambiente. La bozza omette o oscura le prove dei legami tra l’esposizione a PFOS e PFOA e il cancro, i danni al fegato, l’aumento del colesterolo e i danni al sistema immunitario. Per questi esiti, esistono numerosi e solidi studi sull’uomo che hanno riscontrato legami con livelli molto bassi di esposizione a questi due e ad altri PFAS. Questi legami sono ulteriormente supportati da numerosi studi animali. Poiché la bozza dell’OMS ignora l’ampia mole di studi sulla salute umana e animale per concentrarsi -sotto la spinta della lobby della chimica- sulle capacità e sui costi delle tecnologie di bonifica, le linee guida proposte si discostano in modo significativo da quelle scientificamente fondate di altre importanti agenzie sanitarie: l’EPA statunitense, l’EPA californiana, l’U.S. EPA Science Advisory Board eccetera.

LA LOBBY DEI PFAS MANOVRA REGIONE VENETO E ISS

Nascondendosi dietro ISS Istituto Superiore Sanità, la Regione Veneto, che non ha mai voluto stendere un vero piano di sicurezza alimentare, con delibera stabilisce come dose settimanale Pfas assimilabile dal corpo umano senza rischi, 8 nanogrammi per chilo corporeo, cioè quasi il doppio di quanto consigliato dagli esperti dell’Ente Europeo per la sicurezza alimentare EFSA (4,4 ng/kg bw per settimana).

Solvay: una bufala tira l’altra.

La lobby della chimica dei Pfas, capitanata dalla Solvay, dunque, si batte tenacemente per condizionare tanto gli organismi internazionali quanto le istituzioni nazionali. A questo scopo annuncia “scoperte scientifiche” che eliminerebbero il Pfas definitivamente dall’ambiente. Il processo, testato al Surface Lab del Politecnico di Milano, prevede di “ossidare il titanio con la lamiera che esce rivestita da una pellicola per poi entrare nel reattore ed uscirne praticamente ripulita dalle sostanze: una rete di biossido di titanio illuminato dalla luce e polarizzato elettricamente permette di trasformare il Pfas in CO2 e acqua”. Insomma, una rivoluzione che punta ad eliminare l’utilizzo di filtri a carboni attivi, finora proposti come panacea (clicca qui come smascherammo la bufala).

A parte il conflitto di interessi che deriva dallo stretto legame di partenariato fra Solvay e Politecnico di Milano, che dalla multinazionale belga riceve 800.000 euro in contratti di ricerca, dal legame strategico che dà anche la possibilità a entrambi di partecipare in maniera congiunta a bandi nazionali e internazionali di sostegno finanziario a progetti comuni, quanto meno il sospetto di “bufala” avanza se si considera che si tratta di un test di laboratorio da sperimentare direttamente sul campo tramite reattori grandi e grossi da piazzare sui pozzi contaminati. A questo proposito, parlare di biossido di titanio a Spinetta Marengo è come parlare di corda in casa dell’impiccato: negli anni ’70 il pretore chiuse per inquinamento l’enorme impianto. Ne abbiamo ancora scritto (clicca qui) in occasione della mobilitazione in Liguria contro la miniera di titanio nel parco del Beigua.

Il dramma delle mamme e dei papà contaminati da PFAS.

Crescita delle mammelle in adolescenti maschi

Tra le nuove generazioni, nei nati da madri contaminate da Pfas, sono sempre più evidenti questi segni di ermafroditismo. Questo è solo uno degli attacchi agli organi riproduttivi: è durissimo ma tutto ciò non fa notizia. E se capita che il tuo bambino prende brutti voti e sanzioni punitive a scuola perché è affetto dal disturbo dell’attenzione e dell’iperattività, secondo i politici e i loro giornali, resta un tuo fatto privato e non una malattia che ha invece le sue origini dalla contaminazione dei Pfas sul cervello. 

Le pubblicazioni scientifiche che documentano la gravità della situazione sono accolte con fastidio da una società permeata quotidianamente da un bombardamento mediatico delle industrie -CRIMINALI- che falsifica la realtà per minimizzare i segnali di allarme.

Raccomandiamo la visione del filmato dove scoprirete come vivono le mamme i cui figli sono stati contaminati da PFAS, cosa dicono gli scienziati dell’attacco agli organi riproduttivi, del cambiamento di sesso e della riduzione progressiva della infertilità, e ancora come si realizza l’attacco al cervello dei nascituri già in fase embrionale.

CLICCA PER VEDERE IL FILMATO DA NON PERDERE

QUESTO FILMATO DOVREBBERO VEDERLO GLI AMMINISTRATORI PUBBLICI.

DOVREBBERO VERGOGNARSI A MORTE.