Nel 2024 è concepibile, in pieno centro abitato, questa fabbrica ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale?

Sì, secondo Federico Riboldi assessore regionale alla Sanità, che in soccorso è stato chiamato da Solvay il 12 settembre a convincere in un incontro pubblico gli alessandrini,  spalleggiato dai vertici di Asl, dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Alessandria, dell’Università Piemonte Orientale Arpa Piemonte. Ci riuscirà senz’altro con i politici di Comune e Provincia, da sempre complici. Certamente non con la popolazione, che per bocca dei comitati ha già anticipato la risposta: “Noi lo sappiamo, come in realtà lo sanno bene anche le istituzioni: da quello stabilimento, con un impianto datato e ridotto a un colabrodo, non potrà mai davvero essere garantita la totale assenza di sversamenti, che siano in aria, in falda o nella Bormida. Continuiamo a sostenere con convinzione che l’unica strada sia quello dello stop alla produzione e la chiusura dello stabilimento di Spinetta Marengo, per poter finalmente bonificare un sito martoriato da 100 anni di inquinanti multipli e poter così dare tregua a una di quelle che vengono definite ‘zone di sacrificio’, la cui popolazione ha dovuto subire fin troppe perdite in termini di salute e vite umane”. 
 
Quale credibilità può attribuirsi a Riboldi? Il merito di essere tra i primissimi ad aderire a  Fratelli d’Italia, ma assolutamente ignorante in scienza e competenza sanitaria (come il suo predecessore, peraltro) e coinvolto ex vicepresidente della Provincia di Alessandria che ha abbondato in autorizzazioni ad inquinare. L’uomo giusto per Solvay.

Solo dal basso si possono fermare Pfas e Solvay. Davide contro Golia.

Non si allenta sulla politica la morsa della lobby industriale chimica. Dei colossi produttori di Pfas, in capo a Solvay Syensqo. E degli illimitati utilizzatori: dalle pentole antiaderenti agli indumenti impermeabili, dalle giacche goretex alle scarpe, dagli imballaggi alimentari ai dispositivi medici, dai pesticidi alla tappezzeria, dalla carta da forno alle cromature, dalla pelletteria alle schiume antincendio, dal filo interdentale alla carta igienica, dalle scioline ai gas refrigeranti, dall’industria elettronica ai semiconduttori, dall’attività estrattiva dei combustibili fossili alle applicazioni dell’industria della gomma e della plastica, nelle cartiere, nei lubrificanti, nei trattamenti anticorrosione, nelle vernici eccetera. A tacere tutti gli utilizzi, strategici, nel settore militare. Per avere una dimensione del business, si consideri che la lobby FluoroProducts &PFAS for Europe  può contare su 72 singoli lobbisti attivi a Bruxelles, con una spesa annuale compresa tra 18,6 e 21,1 milioni di euro e 59 pass al Parlamento Europeo.
 
La lobbying degli enormi interessi finanziari e mercantili, che è sempre intervenuta coi propri mezzi “persuasivi” sull’OMS Organizzazione Mondiale Sanità (in contrasto con l’americana EPA Ente Protezione Ambientale) e in particolare sull’Unione Europea  per imporre legislazioni e regolazioni particolarmente neo-corporative, esempio nel bando al Bisfenolo, ora è riuscita ancora una volta a impedire la messa al bando totale delle migliaia di sostanze “per- e polifluoro alchiliche”: PFAS.
 
Le possiamo immaginare come  catene di ferro avvolte  in una protezione di gomma: gli anelli di ferro sono atomi di carbonio saldamente uniti fra loro, che rendono la catena forte, mentre la copertura rappresenta atomi di fluoro, che proteggono la catena dagli agenti esterni facendoli scivolare via. Questa accoppiata conferisce ai Pfas portentose proprietà di resistenza alle alte temperature e agli agenti esterni, idrorepellenti, oleorepellenti, ignifughe, però conferisce  altrettanto pericolose proprietà di pericolo per la salute di milioni di persone. Infatti sono  bollate da  una sterminata letteratura scientifica internazionale come sostanze inodori insapori incolori indegradabili, “forever chemicals” inquinanti eterni, ubiquitari, trasportati dai venti e dalle acque in ogni parte del globo, estremamente persistenti e accumulabili  nell’ambiente vegetale e animale.
 
Dunque nell’organismo umano: non decomponibili biologicamente, le indistruttibili tossiche e cancerogene sono state trovate nel sangue, nelle urine, nella placenta, nel cordone ombelicale e persino nel latte materno. Inalate e ingerite con cibo e acqua, si introducono infatti  nel sistema circolatorio e si diffondono nel nostro corpo, nel sistema endocrino ovvero nella produzione e regolazione degli ormoni, con malattie della tiroide,  danni al fegato, obesità, diabete, colesterolo,  problemi cardiocircolatori,  cancro ai reni, alla prostata e ai testicoli, ridotta fertilità maschile e femminile, diabete gestazionale, patologie neonatali,  riduzione del peso alla nascita dei neonati, riduzione del quoziente di intelligenza nei bambini, riduzione della risposta immunitaria ai vaccini eccetera.
 
Malgrado tutte queste certezze scientifiche, ma nascondendosi dietro ostruzionistiche confutazioni,  per cui non esisterebbero metodi d’analisi in grado di scoprire o quantificare tutte le migliaia di Pfas con svariato peso molecolare e differenti proprietà chimiche e strutturali, la lunga mano di Solvay & C. ha determinato una lassista normativa europea: estraniata dai controlli delle emissioni atmosferiche (micidiali per il circondario delle fabbriche utilizzatrici, come il “colabrodo di veleni” della Solvay di Spinetta Marengo unico  produttore in Italia), nonché  permissiva, a non dire condiscendente, per quanto riguarda la parametrazione della qualità delle acque per consumo umano: si tratta ora di limiti-soglia massimi ai quali gli Stati dell’Unione europea sarebbero tenuti a conformarsi entro il 12 gennaio 2026.
 
Resta, come sempre, la facoltà di includere e anticipare disposizioni nazionali, come hanno fatto alcuni Stati, tramite valori più rigorosi o parametri aggiuntivi, fino al “limite zero”, ovvero con  palliativi come in Francia (1). Facoltà che comunque l’Italia si è ben guardata da usufruire, per veto di Solvay che ad Alessandria sfora tutti i limiti inimmaginabili di inquinamento. Così il Parlamento ha affossato il Disegno di Legge Crucioli per la messa la bandoAnzi, l’Italia ha perfino evitato di aderire all’iniziativa – presa da Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia, nel febbraio del 2023 – per introdurre una restrizione universale sui PFAS a livello dell’Unione Europea, per vietarne la produzione, la vendita e l’utilizzo. Dal canto suo, si è mostrata ininfluente l’esortazione  di quasi 150 0rganizzazioni  della società civile europea agli Stati membri dell’UE e alla Commissione a vietare tutti i PFAS in tutti i prodotti di consumo entro il 2025 e a vietarli completamente entro il 2030.
 
Nel frattempo, stante appunto questa complice paralisi della politica italiana ed europea, la presidente di Solvay Syensqo, Ilham Kadri, ora ritiene procrastinabile il processo avviato di trasferimento delle produzioni in Cina (dove, per i disastri già compiuti non è più accolta a braccia aperte) e valuta le condizioni di resistere a Spinetta il più a lungo possibile. 
(2) Però, c’è un altro però. Per Kadri si affacciano ulteriori problemi entro il 2026 per lo stabilimento di Spinetta Marengo: esce dall’invisibilità mediatica il TFA, acido trifluoroacetico, che si forma dai PFAS per degradazione. Come i Pfas, si trova ovunque (ubiquitario), come i Pfas è perenne (forever chemical), come i Pfas tossici e cancerogeni è micidiale per la salute, ma, ancora peggio dei Pfas, a differenza dei Pfas non è ancora normato per legge e “Pesticide Action Network” (PAN Europe) chiede ai governi di agire con misure urgenti:  il divieto immediato dei pesticidi con PFAS, il divieto immediato dei gas fluorurati. Ma Kadry opporrà il consueto ostruzionismo. (3)
 
Invece, nel mentre, il fattore tempo sta scadendo a Spinetta Marengo per quanto riguarda le emissioni atmosferiche. La lunga mano di Solvay ha estraniato la lassista normativa europea da controlli che non siano delle acque, e dunque non esisterebbero  limiti di legge per i PFAS in aria ambiente e nelle deposizioni al suolo. Esistono, in realtà, per il cocktail micidiale di 20 veleni tossici e cancerogeni, di cui fanno parte  PFOA, ADV, C6O4, che è scaricato sulla popolazione da 72 ciminiere  e dai 15.000 punti di perdite incontrollate: così come abbiamo denunciato alla Procura. Un cocktail confermato dall’ultimo monitoraggio dell’Arpa. (4)  E… dal continuo andirivieni dei Vigili del fuoco in emergenza (5). Il tutto, per un Sito classificato alto rischio chimico e di catastrofe industriale, per il quale -denunciamo da 40 anni come delittuosa vergogna dei politici locali-  non esiste un Piano di emergenza in grado di affrontare a) l’allarme, b) l’evacuazione, c) il soccorso, d) le cure della popolazione(6)  
 
Veniamo ai dunque. Dunque, da un lato, neppure a pensarci che sia la politica a fermare i Pfas in Italia (a tacere i fallimenti delle Procure). Dall’altro, l’urgenza della condizione eco sanitaria della popolazione di Alessandria rende indifferibile la chiusura immediata delle produzioni Solvay a Spinetta Marengo. Dunque, a tal fine, resta la via, dell’azione giudiziaria inibitoria risarcitoria, avviata dal bassoovvero intraprendere  l’impresa titanica di affrontare Solvay Syensqo: che non rappresenta solo se stessa ma anche la “European chemical industry council (cefic)” la lobby delle industrie chimiche europee che ha riunito i  maggiori produttori e consumatori di Pfas, tra cui figurano  Agc, Arkema, Basf, Bayer, Chemours, Daikin, Du Pont, Exxonmobil, Gfl, Merck, Gore.
 
Alle azioni inibitorie risarcitorie contro Solvay di Spinetta  incitava il Procuratore Generale di Cassazione: “Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”. E fuori dall’Italia,  è proprio  Solvay, e proprio per i Pfas, a doversi mettere le mani al portafoglio pagando una class action in USA  da 1,3 milioni di dollari. (7)  Ad Alessandria è inimmaginabile che il sindaco faccia causa a Solvay per inquinamento del Bormida,  come il suo omologo americano contro Monsanto: 160 milioni di dollari! (8) Viceversa, l’azione inibitoria risarcitoria, oltre che contro l’azienda, può essere rivolta anche contro le Istituzioni, cioè contro Comune e Provincia di Alessandria e  Regione Piemonte.  Come in Olanda. (9)
La storia di questi decenni ha dimostrato che codeste istituzioni piemontesi sono complici di Solvay (Syensqo, già Montedison): speculari al colosso chimico, subordinati non solo culturalmente e politicamente. I sindacati, a loro volta, si nascondono sempre dietro il ricatto occupazionale (neppure a stento si salva la CGIL), al punto che quando sono stati chiamati al  Tavolo tecnico permanente del Comune addirittura… hanno chiesto di farsi rappresentare direttamente da Solvay.  
 
L’ultimo scandaloso anzi grottesco episodio, sulla spinta delle ripetute immagini sui media delle incontrollate invasioni di schiume di Pfas dall’obsoleto stabilimento ridotto a colabrodo per sfacelo tecnologico e di manutenzioni, è stato lo spettacolo del bluff della Provincia di Alessandria: che obtorto collo sospendeva le produzioni e nel giro di poche settimane ne autorizzava la sciagurata ripresa sulla base di una perizia addomesticata (classico caso di “controllato controllore”) e malgrado la totale disapprovazione dei tecnici dell’Arpa (Ente normalmente non tanto severo). Addirittura le impronte dello  zampino di Solvay si intravvedono nella firma apposta alla lettera di autorizzazione.  (10)
 
Su questa vicenda  la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali ha convocato il direttore generale di Arpa Piemonte Secondo Barbero e il procuratore capo di Alessandria Enrico Cieri. Queste stupefacenti audizioni hanno scandalizzato Alessandria. In particolare il sottoscritto. Il quale, per evitare termini pesanti, ritiene sufficiente  questo  “commento terzo”  di una preparata giornalista. (11)
 
Come effetto di questa nuova licenza di inquinare falde acquifere – suoli – fiume Bormida – atmosfera del Comune di Alessandria e degli altri Comuni della provincia,  discende la reiterazione del reato: la cosiddetta  “barriera idraulica” attualmente si conferma impianto non idoneo a contenere le fuoriuscite degli inquinanti dello stabilimento, dunque violando la sentenza della Corte di Cassazione dal 2019. 
 
Sentenza che, vogliamo ribadirlo ancora una volta, riguardava ben oltre i Pfas: cioè la bonifica di una massa di veleni, una ventina insieme al cromo esavalente, bonifica che è stata, su ordine di Bruxelles, consapevolmente disattesa sull’altare dei profitti da Solvay, la quale, anzi, ha peggiorato la situazione ecosanitaria. Su questo punto, il capo di accusa nell’imminente processo penale bis andrebbe riformulato sul versante dolo. E portato al massimo livello apicale di Syensqo.  E anche in sede civile con azioni inibitorie che risarciscono le Vittime, come stimolava a fare il Procurate generale in Cassazione: “Quella gente dovete toccarla nel portafoglio”.  Con la Procura di Alessandria è difficile nascondere il dissenso(12) Sorprende infine che sia nel processo di Alessandria che in quello di Vicenza non ci siano medici tra gli imputati(13)
 
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

1) Ecologisti francesi sconfitti da sindacato operaio e multinazionale a braccetto.

2) La Cina per Solvay non è più la terra promessa.

3) L’ “invisibile” TFA nell’esistenza nebulosa della Solvay di Spinetta Marengo, tra processi e class action.

4) Procuratore, fermi il cocktail tossico cancerogeno da 72 ciminiere e 15mila punti di perdite incontrollate.

4) Nuovo esposto sui PFAS alla Procura della Repubblica di Alessandria

5) Nubi di fluoridrico spediteci dalla Francia.

6) Il Piano di emergenza di Solvay…scritto da Solvay: grazie alla complicità del sindaco.

7) Migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio. E Solvay in USA paga con dollari sonanti.

8) Viene da ridere pensare che il sindaco di Alessandria fermi Solvay.

9) Anche l’Olanda invasa dai Pfas. Scattano le azioni inibitorie risarcitorie.

10) Puzzano gli amministratori di Provincia Regione Comune di Alessandria. E i sindacati…

11) Imbarazzante esibizione di Procura e Regione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali.

12) Rimettere in funzione gli impianti Pfas inquinanti: è una condotta sempre più dolosa della Provincia.

13) Saranno o non saranno risarcite le Vittime di Miteni e Solvay ad Alessandria e Vicenza?

Il dossier in quasi mille pagine disponibile a chi fa richiesta. 

4) Procuratore, fermi il cocktail tossico cancerogeno da 72 ciminiere e 15mila punti di perdite incontrollate.

Un cocktail micidiale di veleni tossici e cancerogeni, di cui fanno parte  PFOA, ADV, C6O4, è scaricato sulla popolazione alessandrina  da 72 ciminiere e dai 15.000 punti di perdite incontrollate: così come abbiamo denunciato alla Procura (clicca qui Nuovo esposto sui PFAS alla Procura della Repubblica di Alessandria)PFOA, ADV, C6O4, Acido Fluoridrico, Acido CloridricoNH3, Alcoli, Anidride fosforica (P2O5), Composti Iodurati (C4F8I2), Zn, Idrossido di Potassio (KOH) NOx, CO2, SOx, Polveri. Composti fluorurati (c2f4, c3f6, c4f8): 107 kg/giorno; 40 t/anno.
 
In questo micidiale cocktail, per il PFOA, l’ADV e il cC6O4 di produzione Solvay di Spinetta Marengo, dal cielo ricadono sulla popolazione ogni giorno 5 microgrammi per ogni metro quadrato. L’ultimo  monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche in aria ambiente condotto da Arpa nel 2023 e 2024 (che l’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi ha finto di non vedere) conferma che il sobborgo di Spinetta (centro di via Genova) è il sito più esposto alle ricadute del polo chimico, con concentrazioni di cC6O4 tra 0.821 e 1.534 ng/m³. Mentre ad Alessandria Centro (scuola Volta) le concentrazioni di cC6O4 variavano tra 0.009 e 0.031 ng/m³. Nel Comune di Montecastello (dove l’acquedotto è stato chiuso)  nel maggio 2024, è stata rilevata la presenza di cC6O4 nel PM10 a 0.036 ng/m³ dal campionatore PM10 installato nella piazza del paese, ma anche nelle uova e negli ortaggi. Uova e ortaggi, anche nel Comune di Sezzadio. Nel Comune di Alzano Scrivia sono stati rilevati fino a 120 nanogrammi per litro di  Pfoa (il cancerogeno che non sarebbe ufficialmente in uso nello stabilimento). 
 
Tra le perdite incontrollate, le più subdole sono le fughe di gas:  quando improvvise non vengono rilevate dagli strumenti di controllo (assenti) ai camini, bensì da postazioni fisse (se funzionanti) non sempre coinvolte nell’area dell’incidente, ovvero dalle apparecchiature Arpa (se avvertita)  dopo ore dall’evento mentre i venti nel frattempo hanno trasferito i veleni altrove. Se non rimarcate da  intossicazioni acute, le fughe passano addirittura  inosservate, ma non per questo non nocive. Ad esempio (7 agosto, replicata il 28) l’emergenza dovuta a una fuoriuscita di acido fluoridrico  dai reattori degli Algofreni è scattata quando avvertita dai sensori interni dell’impianto, mentre  l’Arpa è intervenuta ore dopo principalmente per effettuare rilevazioni presso la centralina fissa” (di via Genova) e, ipotizzando “venti provenienti dai settori nord ovest e nordest”, monitoraggi nelle aree esterne attraverso  strumentazione portatile”, “per la ricerca  di composti organoclorurati e fluorurati tramite canister per le analisi di laboratorio”. Insomma, “senza evidenziare concentrazioni significative di HF”, “sotto i limiti di quantificazione”. Con la precisazione che “comunque è  importante precisare che la pioggia ne ha favorito l’abbattimento, in quanto l’acido fluoridrico è molto solubile in acqua”. Quanto letale sui polmoni.  
L’azienda ha buon gioco a definire l’emergenza “di breve durata”, “da codice giallo”,  “il più basso” secondo la scala dell’azienda. Insomma innocua. Non con buona pace della popolazione che protesta su La Stampa:  “Sale il livello di preoccupazione.  Continuano le fuoruscite”

10) Puzzano gli amministratori di Provincia Regione Comune di Alessandria. E i sindacati…

C’è chi si ostina a dialogare con loro, impantanandosi nel circolo vizioso del loro reciproco scaricabarile. La storia di questi decenni ha invece dimostrato che sono complici di Solvay (Syensqo, già Montedison): speculari al colosso chimico, subordinati culturalmente e politicamente (quando non anche economicamente). Vanno dunque trattati come avversari. Immeritevoli di un briciolo di fiducia.
 
Infatti c’è chi, come noi, non espresse il benché minimo credito alla bolla di sapone della diffida con la quale la Provincia di Alessandria intimava (tardivamente) a Solvay di “sospendere la produzione di cC6O4 in tutto lo Stabilimento” e imponeva che “l’impianto Tecnoflon  potesse essere riavviato solo dopo interventi tecnologici risolutori e approvazione certificata di ARPA”. Pensar male della Provincia non era peccato: tant’è che nel giro di poche settimane il bluff è scoppiato e la Provincia  ha autorizzato la ripresa tossica e cancerogena di “PRODUZIONE ed USO di cC6O4” fregandosene della disapprovazione dell’ARPA.
 
Fregandosene dell’Arpa che non aveva certificato fossero state superate le cause dell’ incontrollata dispersione del Pfas C6O4  nelle falde acquifere per le  perdite dal pozzo G adiacente all’impianto, perdite enormi: misurate da ARPA (l’11 aprile scorso)  con una concentrazione di cC6O4 di 191.262μg/l contro i 0,5 μg/l (generosamente) ammessi.
 
Fregandosene, anzi, che negli incontri tecnici Arpa-Asl avessero denunciato  un forte aumento delle quantità di cC6O4 in falda acquifera esterna, e che le perizie condotte da ARPA e riportate nella relazione di servizio avessero allarmato un pessimo stato di manutenzione dell’impianto colpevole dello sversamento: valvole rotte, tubazioni di scarico danneggiate, pareti di contenimento con buchi, ecc. nonché il colabrodo delle cosiddette barriere idrauliche.  
 
Fregandosene, così , anche di ammettere che,  stante lo sfacelo storico delle manutenzioni, tutti gli altri reparti che utilizzano i PFAS sono nelle stesse condizioni.  
 
Fregandosene, insomma, che la sua nuova licenza di inquinare avrebbe coinvolto non solo falda acquifera-suolo-fiume Bormida -atmosfera del Comune di Alessandria, ma anche di una vasta area provinciale, dove ormai abitualmente si riversano i PFAS nell’aria: i Pfas in alcuni periodi dell’anno raggiungono contenuti a Spinetta Marengo di quasi 1.000 volte superiori a valori ritenuti (permissivamente) normali, e a Piovera e Montecastello di 100 volte superiori, e ad Alessandria (istituto Volta) di 20 volte superiori.
Dall’ennesima esemplare,  e perciò  opacizzata dai media locali, relazione dell’ingegner Claudio Lombardi, già assessore all’ambiente, apprendiamo inoltre che la sciagurata servile autorizzazione della Provincia è appunto avvenuta dopo acceso dibattito con ARPA, sulla base di presunte “relazioni comprovanti interventi risolutivi delle perdite”. Relazioni talmente “comprovanti” da essere la “perizia giurata” firmata… da chi? da un perito incaricato da Solvay!! Perizia “giurata” (sic) e talmente qualificata da risultare esercizio neppure di un ingegnere (che so, idraulico, progettista)  ma da… un architetto paesaggista. Insomma, il più  classico caso di “controllato controllore”!
 
Puzza, puzza il voltagabbana della Provincia. Le impronte dello zampino di Solvay si intravvedono nella firma apposta alla lettera di autorizzazione di ripresa della produzione: stranamente  non già del direttore responsabile ingegner Paolo  Platania (che arditamente aveva emesso la diffida) ma da un suo sostituto, tale Maurizia Fariseo, segretaria di Direzione. Dubbio legittimo: i responsabili politici degli enti pubblici hanno atteso che Platania andasse in ferie? Platania si è rifiutato di firmare? Platania sarà accompagnato alla pensione?
 
Sberleffo successivo alla “voltagabbanata”, a fine agosto la Provincia fa una terza diffida per via del superamento della capienza del percolato di  rifiuti liquidi oltre i limiti nelle vasche destinate allo stoccaggio dei gessi fluoridrici.
 
E i sindacati? Vi chiederete. I sindacati, sempre a rappresentare l’eterno dilemma della sicurezza della popolazione, dei lavoratori e dell’occupazione, sempre a nascondersi dietro il ricatto occupazionale, in questa crisi,  quando sono stati chiamati al  Tavolo tecnico permanente del Comune addirittura… hanno chiesto di farsi rappresentare direttamente da Solvay.  

11) Imbarazzante esibizione di Procura e Regione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali.

 
Pfas alla Solvay di Alessandria: storia di omissioni e mezze verità
La commissione parlamentare d’inchiesta ha ascoltato il direttore di Arpa Piemonte e il procuratore capo di Alessandria sul caso pfas alla Solvay di Spinetta Marengo. Entrambi hanno confermato che le sostanze prodotte dallo stabilimento sono tossiche per l’essere umano e l’ambiente, tralasciando però dettagli importanti su una vicenda sempre più complessa.
 
Su un punto sono tutti d’accordo: le sostanze prodotte dallo stabilimento Solvay Syensqo di Spinetta Marengo, una frazione di Alessandria, sono tossiche e nocive per l’essere umano e per l’ambiente. Sarà anche per questo che la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali, per la terza legislatura consecutiva, ha deciso di occuparsi di pfas convocando a Palazzo San Macuto (l’edificio romano che ne ospita le sedute) il direttore generale di Arpa Piemonte Secondo Barbero e il procuratore capo di Alessandria Enrico Cieri. Due personaggi chiave che in audizione hanno fatto il punto della situazione, tralasciando però dettagli importanti di una vicenda complessa.
Le dimenticanze di Arpa Piemonte
Mercoledì 10 luglio il primo ad essere ascoltato è stato il direttore generale di Arpa Piemonte Secondo Barbero, che ha definito “delicata” la situazione del polo chimico Solvay di Alessandria. Barbero si è soffermato sui sistemi di filtraggio dello stabilimento, che dovrebbero fermare i contaminanti prodotti e scaricati nelle acque di falda sotterranee, spiegando che “tutti questi trattamenti non sono bastati a raggiungere i valori obiettivo posti dai piani di bonifica indicati già nel 2012”.
 
In particolare, i dati comunicati dal direttore mostrano valori di Triclorometano (Cloroformio) ben oltre le concentrazioni di soglia (65 microgrammi per litro), con un picco registrato nel giugno 2023 di 101 microgrammi. Stesso discorso per il Tetracloruro di Carbonio, che a fronte di un valore limite pari a 66 microgrammi per litro, risulta esseri di 132,2 microgrammi. Alle stelle anche il Cromo esavalente e i fluoruri, questi ultimi pari a 44.875 microgrammi per litro quando la soglia massima è di 1.500.
 
Per i pfas il discorso è simile: i valori di marzo 2024 indicano una concentrazione altissima di cC604 (prodotto in esclusiva dalla Solvay di Spinetta) in un pozzo interno allo stabilimento, pari a 191.262 microgrammi per litro. La situazione peggiora all’esterno, dove vivono 7mila persone e abbondano i terreni coltivati. “Fino a 2 chilometri e mezzo di distanza dal sito – spiega Barbero – rileviamo valori molto superiori rispetto alle soglie previste dalla normativa”. Suoli e aria sono quindi inquinati e i dati lo dimostrano in maniera lampante.
 
Continuando con il suo intervento, Barbero è però inciampato su qualche inesattezza. Ad esempio, quando ha spiegato che la contaminazione è oggetto di un monitoraggio continuo. Le cose non stanno esattamente così: i valori dei pfas riscontrati nello scarico, nelle acque interne e nei suoli sono stati raccolti dopo una segnalazione dell’azienda a marzo 2024 e il caso è emerso grazie all’intraprendenza di alcuni cittadini, che tra aprile e maggio hanno contattato il 112 per denunciare la presenza di schiume nello scarico.
 
Il direttore ha ritenuto di non spiegare quale sia il motivo delle perdite in falda, ossia la mancata tenuta della barriera idraulica che serve a filtrare gli inquinanti e che già nel 2019 era stata considerata insufficiente. E anche sui pfas rilevati, si è limitato a citare solto il cC6O4 e la miscela ADV, dimenticando il GenX, un composto tossico ritrovato sia negli alimenti prodotti in prossimità del sito sia nell’aria analizzata nel centro città di Alessandria. A denunciarne la presenza, lo scorso maggio, è stata Greenpeace Italia, ma nessuna istituzione locale, neppure Arpa, ha mai commentato.
 
Barbero non ha neppure spiegato per quale motivo i valori elevati misurati sui percolati di discarica dal dipartimento di Alessandria nell’ottobre 2023 non siano stati subito comunicati, se non ad aprile 2024, quando tutte le istituzioni territoriali erano già state allertate di uno sversamento anomalo interno al sito e per giunta la stessa azienda aveva denunciato il fatto.
 
La deputata del Movimento 5 Stelle Carmela Auriemma ha chiesto come mai a Torino sia presente il pfas cC6O4. “Abbiamo sensibilizzato la Provincia di Torino sul tema per evitare che questo tipo di sostanze sia trattato in impianti non idonei”, ha risposto Barbero senza però indicare come le prescrizioni redatte dall’Arpa dopo l’ampliamento della produzione del composto cC6O4 prevedessero l’obbligo per l’azienda di indicare dove e come smaltire i rifiuti.
Il direttore, infine, non ha informato la Commissione del mancato rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) dell’intero stabilimento, ossia il provvedimento che autorizza l’esercizio di un’installazione a determinate condizioni che garantiscono la conformità ai requisiti Ippc (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento). Solvay Syensqo continua, infatti, a operare con un’Autorizzazione in fase di revisione dal 2019, discussa finora in un’unica conferenza dei servizi ormai due anni fa.
 
Tra accuse e giustificazioni
Terminato l’intervento di Barbero, la commissione ha ascoltato il procuratore capo di Alessandria Enrico Cieri e il sostituto procuratore Eleonora Guerra per capire in che modo stia procedendo la giustizia, dopo la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di due dirigenti Solvay. Cieri ha spiegato che i carabinieri del Noe hanno denunciato Solvay per disastro ambientale colposo, “ma non abbiamo incluso l’omessa bonifica perché riteniamo che Solvay dal 2007 abbiamo messo in opera azioni di messa in sicurezza, con un piano di bonifica per un sito che è affetto da inquinamento storico”.
 
E ancora: “Abbiamo sempre avuto un’interlocuzione franca con Solvay, che ha investito molto per limitare la contaminazione (40 milioni in tre anni a fronte di un fatturato annuo solo per gli stabilimenti italiani Solvay di 1.3 miliardi ndr). Se mi posso permettere – ha aggiunto il magistrato – non siamo di fronte ad un inquinatore scellerato, che intenzionalmente sversa contaminanti in spregio agli obblighi di legge, ma a un imprenditore che crediamo abbia ottemperato agli adempimenti che dal 2007 il Comune gli ha ordinato. Permangono delle inadeguatezze di queste misure che valgono il rimprovero di una colpa”.
 
Affermazioni che sembrano “ammorbidire” le valutazioni sulle condotte di Solvay e per questo scatenano la reazione della deputata del Partito democratico Maria Stefania Marino: “Se lei reputa che stiano inquinando la falda, ma stiano facendo tutto il possibile allora di cosa stiamo parlando? Se vengono avvelenate le falde è un reato, è dolo”. Cieri ribatte spiegando che è merito della Procura avere indagato Solvay. In realtà sono stati due esposti presentati nel giugno 2020 da cittadini e associazioni ad avere scoperchiato il vaso di Pandora.
 
Il procuratore chiude il suo intervento dicendo che “dopo il sequestro delle tre discariche dei gessi presenti nel sito, abbiamo capito che molti rifiuti contenenti cC6O4 vengono legalmente rivenduti come gessi per l’edilizia. Tramite il Noe di Alessandria, abbiamo avvertito tutti i dipartimenti ambientali dei carabinieri sul suolo nazionale per capire se questi gessi siano o meno monitorati, così da prevenire la presenza di cC6O4 ovunque”.
 
Nuovi dati allarmanti
Venerdì 19 luglio, a pochi giorni di distanza dall’audizione di Roma, durante un tavolo tecnico dedicato ai pfas e voluto dal Comune di Alessandria, Arpa è stata chiamata a presentare i nuovi dati sui pozzi interni allo stabilimento di Solvay Syensqo. Malgrado non siano stati consegnati documenti ufficiali, il tecnico di Arpa presente ha indicato come i pozzi più contaminati di aprile – che avevano fatto partire la diffida della Provincia per la sospensione del cC6O4 – abbiano valori in diminuzione, attestandosi intorno ai 30mila microgrammi per litro.
 
A fronte di questa diminuzione, a detta del tecnico aumentano i valori registrati all’esterno del sito produttivo, a dimostrazione ancora una volta del malfunzionamento della barriera idraulica. Un ulteriore problema è l’inquinamento in atmosfera, con i dai dati raccolti a giugno che sembrano indicare una presenza di diversi composti pfas in tutte le zone di campionamento, tra il centro città di Alessandria e i piccoli comuni limitrofi, uno su tutti Montecastello.
 
Con questi valori la Provincia ha confermato di voler prorogare la diffida nei confronti della ditta e, contestualmente, ha sollecitato Arpa a consegnare il prima possibile tutti i documenti utili. Al tavolo tecnico per la prima volta si sono sedute anche le organizzazioni sindacali interne alla ditta, che hanno sottolineato come il fermo della produzione possa provocare disagi ai lavoratori, rimarcando poi la necessità di invitare alle prossime riunioni la stessa Solvay. Una proposta che verrà discussa nei prossimi giorni, in vista del tavolo fissato per metà settembre.

12) Rimettere in funzione gli impianti Pfas inquinanti: è una condotta sempre più dolosa della Provincia.

Due ecocidi mondiali e locali. Con i Pfas si ripete la tragedia dell’amianto e dell’Eternit di Casale Monferrato. La belga Solvay Syensqo  è l’unico produttore in Italia dei diffusissimi Pfas tossici cancerogeni e, con la complicità di Sindaco e Regione, compromette direttamente  la salute della popolazione alessandrina, a cominciare dai lavoratori.
 
C6O4, ADV e PFOA sono impiegati nei cicli aziendali da decenni, e alcuni  attualmente prodotti: l’ARPA di Alessandria da qualche anno, finalmente, ne denuncia e documenta che i reflui dallo stabilimento  di Spinetta Marengo fuoriescono ed inquinano sempre più pesantemente le falde acquifere, il fiume Bormida e l’atmosfera dei Comuni della provincia, provocando morti e malattie.  
 
Nei primi mesi del 2024, l’azienda non è più riuscita a nascondere che l’impianto di produzione del cC6O4, il più moderno inaugurato in pompa magna da pochi anni, stava accusando gravi problemi di funzionamento. Al punto  da costringere la Solvay stessa ad autodenunciarsi alla Provincia ed a fermare l’impianto. I problemi funzionali causano enormi perdite in falda acquifera: l’ARPA addirittura ha misurato (11 aprile ) nel pozzo G adiacente all’impianto di produzione una concentrazione di cC6O4 di 191.262μg/l contro gli 0,5 μg/l ammessi!
 
La Provincia di Alessandria è stata, obtorto collo, costretta  a ingiungere a Solvay, tramite diffida, che l’impianto doveva fermarsi e poteva essere riavviato solo dopo interventi tecnologici risolutori e approvazione certificata di ARPA, tramite incontri tecnici fra Provincia, Comune, Arpa, Asl.
 
Scandalosamente poi la Provincia si è rimangiata l’ingiunzione. voltagabbana
Ancor prima del voltafaccia, Claudio Lombardi, ex assessore comunale Ambiente, già denunciava che Solvay pretendeva  di aver risolto il problema stabilimento  grazie anche ad una ‘super efficiente barriera idraulica’. Niente di più falso. L’ARPA ha contestato nell’ultimo incontro tecnico un forte aumento delle quantità di C6O4 nella falda acquifera esterna allo stabilimento. La barriera idraulica, dunque, non funziona minimamente e, oltre a non trattenere C6O4, lascia fuoriuscire all’esterno le altre sostanze tossiche e cancerogene interne alla fabbrica. Questo gravissimo fatto,  conclude Lombardi, mette in risalto  due nodi relativi all’esistenza stessa del sito produttivo Solvay di Spinetta Marengo. Innanzitutto, “la produzione del cC6O4 non poteva  essere ripresa se non solo dopo interventi tecnologici risolutivi comprovati e certificati per adeguato lasso temporale (non certo di giorni ma di mesi)”.
 
Soprattutto, “la barriera idraulica si dimostra impianto non idoneo a contenere le fuoriuscite degli inquinanti interni allo stabilimento, come d’altra parte recitò la sentenza della Corte di Cassazione nella sentenza di condanna dei dirigenti Solvay nel dicembre 2019”. Sentenza che, viene ribadito, riguardava  ben oltre i Pfas: cioè la bonifica di una massa di veleni, una ventina insieme al cromo esavalente, bonifica che è stata, su ordine di Bruxelles, consapevolmente disattesa sull’altare dei profitti da Solvay, la quale, anzi ha peggiorato la situazione ecosanitaria.
 
Su questo punto, il capo di accusa nell’imminente processo penale bis  andrebbe riformulato sul versante dolo. E portato al massimo livello apicale di Syensqo. Dove: anche in sede civile  con azioni inibitorie che risarciscono  le Vittime, come stimolava a fare il Procurate generale in Cassazione: “Quella gente dovete toccarla nel portafoglio”.  
 
Non si può nascondere il dissenso con la Procura di Alessandria.

13) Saranno o non saranno risarcite le Vittime di Miteni e Solvay ad Alessandria e Vicenza?

Di fronte alle Vittime: nell’aula del tribunale di Vicenza ha affermato con cipiglio che i Pfas non erano pericolosi, non meritevoli di allarme. Giovanni Costa era il medico aziendale della Miteni di Trissino e della Solvay di Spinetta Marengo, per le quali certificava  le analisi del sangue degli operai, e li rassicurava dell’innocuità. Eppure essi avevano nel sangue valori che già nell’esposto del 2009 alla Procura della Repubblica di Alessandria denunciavo estremamente allarmanti secondo i noti parametri scientifici internazionali.
 
Rispetto a questa testimonianza che ha reso a difesa della Miteni e del proprio operato, Costa  può essere accusato di aver svolto un ruolo cruciale nella storia del disastro ecosanitario dei Pfas in Italia.
Ne abbiamo abbondantemente trattato da pagina 329 primo volume  del dossier “Pfas. Basta!” (disponibile a chi ne fa richiesta). Nello stralcio della Rete Ambientalista (https://www.rete-ambientalista.it/2022/09/28/due-medici-al-centro-dei-processi-pfas-di-vicenza-e-alessandria-giovanni-costa/ ) è ricostruito il ruolo di questo medico  garante improbabile delle problematiche di rischio sanitario e ambientale collegato ai Pfas, e delle correlate azioni di prevenzione e limitazione, ovvero di divieto del loro uso.
 
In estrema sintesi. Costa rappresentava l’azienda tra i produttori mondiali di Pfas e anche nei meeting internazionali: aveva una conoscenza aggiornata e tempestiva su tutte le novità emerse nei decenni dalla comunità scientifica sui gravissimi rischi connessi ai Pfas. Conoscenza che i produttori appunto nascondevano. Infatti la “Commissione parlamentare di inchiesta sugli ecoreati” contesta diffusamente ogni attendibilità delle sue tranquillizzanti “relazioni cliniche” sullo stato di salute dei lavoratori, per concludere la censura: “In realtà, l’unico obiettivo delle varie relazioni del professor Costa sembra essere, per un verso, quello di dimostrare il rispetto dei valori di riferimento indicati, come invece si è visto molto elevati e, per altro verso, l’assenza di ‘significativo rischio di patologie correlate al lavoro’Insomma, Costa si sarebbe sempre  impegnato a coprire gli interessi aziendali di produrre ad ogni costo… umano.
 
Nel suddetto stralcio si può leggere che avevamo anticipato già dal 2009 la censura della “Commissione parlamentare di inchiesta sugli ecoreati”, denunciando ufficialmente “di occultare la gravità della condizione sanitaria dei lavoratori e dei cittadini ingannando l’ignavia dell’Arpa”. Lino Balza sfidò invano Giovanni Costa ad un confronto pubblico tramite il basilare documento depositato 15 anni fa in Procura articolato in 24 dettagliatissimi punti / capi di imputazione quanto meno morali”. 
 
Così concludeva la ventiquattresima domanda: “24) In conclusione, dott. Costa, Lei è d’accordo con Solvay che rassicurante sostiene essere questa sostanza – che provoca tumori/ malformazioni/alterazioni sessuali –  pressoché innocua o benefica all’uomo italiano, anzi associata a cromo esavalente e a una montagna di altri 20 veleni che colano nelle falde acquifere? Oppure ammette che, dopo gli studi internazionali, dopo i miliardi di risarcimenti, dopo che è messo al bando in tutto il mondo perché tossico/teratogeno/mutageno/cancerogeno, il PFOA deve essere finalmente, oggi, 2009, senza rinvii, eliminato dalle lavorazioni dello stabilimento di Spinetta Marengo che contaminano il sangue di lavoratori e cittadini, e avvelenano le falde e i fiumi Bormida, Tanaro e Po fino alla foce, e che debbono essere indennizzati i danni alle persone e all’ambiente? I lavoratori e i cittadini si costituiranno parti civili al processo”.
 
Purtroppo le Vittime non sono ancora state risarcite. Men che meno puniti i responsabili, oggi 2024.  

Quanti ritardi e limiti al bando del Bisfenolo, dopo il Pfoa!

Ci ricordiamo gli esposti alla Procura di Alessandria, dal 2009, del “Movimento di lotta per la salute Maccaro”? Oltre ai Pfas in acque e aria, e nel sangue dei lavoratori! denunciavamo -sulla base degli allarmi internazionali- l’utilizzo nella Solvay di Spinetta Marengo anche del Bisfenolo, tossico e cancerogeno. Di cui le autorità sanitarie, Arpa, Asl, e politiche, Comune, Provincia, nulla sapevano o fingevano di non sapere. Sta di fatto che nessuno è intervenuto ad Alessandria.
 
Bene. 15 anni dopo, la messa al bando del Bisfenolo A nei contenitori alimentari è arrivata il 12 giugno 2024, da parte degli Stati membri che hanno ratificato la proposta della Commissione europea di febbraio.
La decisione si basa sul parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che nell’aprile 2023 aveva concluso che gli attuali livelli di esposizione al Bisfenolo A  avevano “potenziali effetti dannosi sul sistema immunitario”. Al pari dei Pfas. Secondo L’Efsa, il BpA utilizzato nei contenitori alimentari può  migrare  verso gli alimenti e le bevande contenute e rappresentare un problema per la salute dei consumatori.
 
Meglio tardi che mai questo bando della UE al Bisfenolo, che dal 2011 ne aveva vietato l’uso nei biberon in policarbonato, nel 2016  nella carta termica per ricevute e nel 2018 aveva introdotto ulteriori restrizioni al suo utilizzo in biberon e contenitori per neonati e bambini, vernici e rivestimenti. Un bando, però, che comunque risulta pesantemente condizionato dalla potente lobby della chimica: il divieto di utilizzare il BpA nei rivestimenti di lattine, borracce, tazze e vaschette,utensili da cucina, stoviglie, bottiglie di plastica per bevande e refrigeratori per la distribuzione dell’acqua, infatti, scatterà a fine 2024 ma le aziende avranno un periodo di transizione – da 18 a 36 mesi a seconda del tipo di packaging – per mettersi in regola.
 
E’ meglio per i consumatori verificare l’etichetta “Bisfenolo free” sui prodotti già in regola. 

Con un po’ di culo gli abitanti potrebbero neppure accorgersi dell’avvelenamento.

Quali circostanze fortunate per l’inquinatore? Il ritardo con cui l’Arpa sopraggiunge a incendio e nube di gas avvenuti e, senza centraline di monitoraggio fisse, non facendo in tempo a capire e rilevare i gas tossici che nel frattempo se li sono presi i venti e trasportati verso polmoni più o meno distanti. E’ un po’ quello che è avvenuto con l’incendio e con la nube sprigionata all’azienda chimica Carbonovus che opera nel settore della nautica con materiale composito e vetroresina.
 
Al dipartimento apuano dell’Arpat, neppure a conoscenza dei materiali bruciati: tossici e cancerogeni (tra cui teli di infusione in nylon, tessuti in vetro resina e carbonio, colle, schiume poliuretaniche, resine e catalizzatori, vernici, solventi, polvere di resina e chissà quant’altro), non è restato che consultare le centraline meteo disponibili in zona per avere informazioni sulla direzione e velocità dei venti presenti. L’Arpat ha così saputo che i  venti hanno rotato senza particolare forza, prima verso Massa poi in direzione della Liguria, e così si è rassicurata che “La presenza di venti di scarsa intensità e di direzione variabile ha fatto sì che i fumi si siano dispersi in direzioni differenti e che non sia possibile individuare un’area in cui si possa ragionevolmente rilevare un apporto misurabile di polveri o altre sostanze eventualmente trascinate dalla nuvola “. Tranquilli i polmoni di tutti:  po’ di avvelenamento per uno non fa male a nessuno… inquinatore.
 
Non avendo ormai potuto rilevare nulla in atmosfera, a questo punto, l’Arpat, con la stessa tempestività, cioè nei giorni seguenti, ha “esaminato visivamente” (sic) le acque del Fosso Lavello che scorre lungo l’azienda, e ovviamente, “nel corso del sopralluogo senza notare anomalie, e neppure  nelle acque che confluiscono nella vasca di raccolta delle acque bianche asservita all’area industriale e che si immette nel fosso  a valle dello scarico del depuratore Lavello 2”. Sempre visivamente: “La fauna presente non mostrava segni di evidente sofferenza”.
Restano paura, finestre chiuse e tam tam di telefonate allarmate, nel ricordo del rogo della Farmoplant.

Puzzano gli amministratori di Provincia Regione Comune di Alessandria. L’ultimo tanfo.

C’è chi si ostina a dialogare con loro, impantanandosi nel circolo vizioso del loro reciproco scaricabarile. La storia di questi decenni ha invece dimostrato che sono complici di Solvay (Syensqo, già Montedison): speculari al colosso chimico, subordinati culturalmente e politicamente (quando non anche economicamente). Vanno dunque trattati come avversari. Immeritevoli di un briciolo di fiducia.

Infatti c’è chi, come noi, non espresse il benché minimo credito alla bolla di sapone della diffida con la quale la Provincia di Alessandria intimava (tardivamente) a Solvay di “sospendere la produzione di cC6O4 in tutto lo Stabilimento” e imponeva che “l’impianto Tecnoflon  potesse essere riavviato solo dopo interventi tecnologici risolutori e approvazione certificata di ARPA”. Pensar male della Provincia non era peccato: tant’è che nel giro di poche settimane il bluff è scoppiato e la Provincia  ha autorizzato la ripresa tossica e cancerogena di “PRODUZIONE ed USO di cC6O4” fregandosene della disapprovazione dell’ARPA.

Fregandosene  dell’Arpa che non aveva certificato fossero state superate le cause dell’ incontrollata dispersione del Pfas C6O4  nelle falde acquifere per le  perdite dal pozzo G adiacente all’impianto, perdite enormi: misurate da ARPA (l’11 aprile scorso)  con una concentrazione di cC6O4 di 191.262μg/l contro i 0,5 μg/l (generosamente) ammessi.

Fregandosene, anzi, che negli incontri tecnici Arpa-Asl avessero denunciato  un forte aumento delle quantità di cC6O4 in falda acquifera esterna, e che le perizie condotte da ARPA e riportate nella relazione di servizio avessero allarmato un pessimo stato di manutenzione dell’impianto colpevole dello sversamento: valvole rotte, tubazioni di scarico danneggiate, pareti di contenimento con buchi, ecc. nonché il colabrodo delle cosiddette barriere idrauliche.  

Fregandosene, così , anche di ammettere che,  stante lo sfacelo storico delle manutenzioni, tutti gli altri reparti che utilizzano i PFAS sono nelle stesse condizioni.  

Fregandosene, insomma, che la sua nuova licenza di inquinare avrebbe coinvolto non solo falda acquifera-suolo-fiume Bormida -atmosfera del Comune di Alessandria, ma anche di una vasta area provinciale, dove ormai abitualmente si riversano i PFAS nell’aria: i Pfas in alcuni periodi dell’anno raggiungono contenuti a Spinetta Marengo di quasi 1.000 volte superiori a valori ritenuti (permissivamente) normali, e a Piovera e Montecastello di 100 volte superiori, e ad Alessandria (istituto Volta) di 20 volte superiori.

Dall’ennesima esemplare,  e perciò  opacizzata dai media locali, relazione (clicca qui) dell’ingegner  Claudio Lombardi, già assessore all’ambiente, apprendiamo inoltre che la sciagurata servile autorizzazione della Provincia è appunto avvenuta dopo acceso dibattito con ARPA, sulla base di presunte “relazioni comprovanti interventi risolutivi delle perdite”. Relazioni talmente “comprovanti” da essere la “perizia giurata” firmata… da chi? da un perito incaricato da Solvay!! Perizia “giurata” (sic) e talmente qualificata da risultare esercizio neppure di un ingegnere (che so, idraulico, progettista)  ma da… un architetto paesaggista. Insomma, il più  classico caso di “controllato controllore”!

Puzza, puzza il voltagabbana della Provincia. Le impronte dello  zampino di Solvay si intravvedono nella firma apposta alla lettera di autorizzazione di ripresa della produzione: stranamente  non già del direttore responsabile ingegner Paolo  Platania (che arditamente aveva emesso la diffida) ma da un suo sostituto, tale Maurizia Fariseo, segretaria di Direzione.  Dubbio legittimo: i responsabili politici degli enti pubblici hanno atteso che Platania andasse in ferie? Platania si è rifiutato di firmare? Platania sarà accompagnato alla pensione?

Solvay sta brigando per rimettere in funzione l’impianto Pfas inquinante. Condotta sempre più dolosa.

Due ecocidi mondiali e locali. Con i Pfas si ripete la tragedia dell’amianto e dell’Eternit di Casale Monferrato. La belga Solvay Syensqo è l’unico produttore in Italia dei diffusissimi Pfas tossici cancerogeni e, con la complicità di Sindaco e Regione, compromette direttamente  la salute della popolazione alessandrina, a cominciare dai lavoratori.  
 
C6O4, ADV e PFOA sono impiegati nei cicli aziendali da decenni, e alcuni  attualmente prodotti: l’ARPA di Alessandria da qualche anno, finalmente, ne denuncia e documenta che i reflui dallo stabilimento di Spinetta Marengo fuoriescono ed inquinano sempre più pesantemente le falde acquifere, il fiume Bormida  e l’atmosfera dei Comuni della provincia, provocando morti e malattie.  
 
Nei primi mesi del 2024, l’azienda non è più riuscita a nascondere che l’impianto di produzione del cC6O4, il più moderno inaugurato in pompa magna da pochi anni, stava accusando gravi problemi di funzionamento. Al punto  da costringere la Solvay stessa ad autodenunciarsi alla Provincia ed a fermare l’impianto. I problemi funzionali causano enormi perdite in falda acquifera: l’ARPA addirittura ha misurato (11 aprile ) nel pozzo G adiacente all’impianto di produzione una concentrazione di cC6O4 di 191.262μg/l contro gli 0,5 μg/l ammessi!
 
La Provincia di Alessandria è stata, obtorto collo, costretta a ingiungere a Solvay, tramite diffida, che l’impianto debba fermarsi e possa essere riavviato solo dopo interventi tecnologici risolutori e approvazione certificata di ARPA. La vicenda è seguita con incontri tecnici fra Provincia, Comune, Arpa, Asl. Ebbene, a luglio 2024, Claudio Lombardi, già assessore comunale Ambiente, denuncia che “Solvay pretende di aver risolto il problema ma la Provincia non ritiene di avere ottenuto da ARPA riscontri validi e correttamente, (aggiungerei coraggiosamente rispetto ai comportamenti del passato) insiste per ottenerli. Non solo, sono  venuto a conoscenza anche di un altro grave fatto. Solvay ha dichiarato con documenti inviati agli enti pubblici e con comunicato stampa che gli sversamenti in falda sarebbero contenuti all’interno dell’area dello stabilimento da una ‘super efficiente barriera idraulica’.”
 
Niente di più falso. L’ARPA ha contestato nell’ultimo incontro tecnico un forte aumento delle quantità di C6O4 nella falda acquifera esterna allo stabilimento. La barriera idraulica, dunque, non funziona minimamente e, oltre a non trattenere C6O4, lascia fuoriuscire all’esterno le altre sostanze tossiche e cancerogene interne alla fabbrica. Questo gravissimo fatto, conclude Lombardi, mette in risalto due nodi relativi all’esistenza stessa del sito produttivo Solvay di Spinetta Marengo. Innanzitutto, “la produzione del cC6O4 non può essere ripresa se non solo dopo interventi tecnologici risolutivi comprovati e certificati per adeguato lasso temporale (non certo di giorni ma di mesi)”.
 
Soprattutto, “la barriera idraulica si dimostra impianto non idoneo a contenere le fuoriuscite degli inquinanti interni allo stabilimento, come d’altra parte recitò la sentenza della Corte di Cassazione nella sentenza di condanna dei dirigenti Solvay nel dicembre 2019”. Sentenza che, viene ribadito, riguardava  ben oltre i Pfas: cioè la bonifica di una massa di veleni, una ventina insieme al cromo esavalente, bonifica che è stata, su ordine di Bruxelles, consapevolmente disattesa sull’altare dei profitti da Solvay, la quale, anzi ha peggiorato la situazione ecosanitaria. Su questo punto, il capo di accusa nell’imminente processo penale  bis  andrebbe riformulato sul versante dolo. E portato al massimo livello apicale di Syensqo. Dove: anche in sede civile  con azioni inibitorie che risarciscono  le Vittime, come stimolava a fare il Procurate generale in Cassazione: “Quella gente dovete toccarla nel portafoglio”.

Referendum sulla chiusura delle produzioni inquinanti della Solvay. Comma 2 Art. 1 Costituzione: la sovranità appartiene al popolo.

Azzerata la Giunta”, “La rivoluzione del sindaco di Alessandria”, “Abonante: c’era chi remava contro”, “Obbligato un salto di qualità”: i titoloni delle testate giornalistiche locali. Malpensanti come  siamo noi alessandrini esuli, neppure per un istante abbiamo immaginato che il casus belli dentro la giunta di sinistra fossero i Pfas nel sangue della popolazione, ovvero fra chi è per la fermata immediata delle produzioni della Solvay di Spinetta Marengo, e chi tende a rinviarla secondo i segnali della multinazionale belga (rinominata Syensqo).
 
Infatti, scorrendo le prolisse cronache non vi è traccia di qualsiasi scontro sull’ordinanza di chiusura che comitati e associazioni chiedono da tempo al sindaco. E nemmeno nelle altrettanto melmose dichiarazioni della destra. E’ la classica crisi senza contenuti programmatici, ma  di regolamento dei conti (nel PD) e della disputa delle poltrone.
 
Eppure giornali e politici dovrebbero essere  concentrati sulla drammatica situazione ambientale e sanitaria del Comune, anzi dei Comuni della provincia. Dove, ovunque l’Arpa cerchi Pfas: li trova in aria, suolo, acque sotterranee, Bormida, acquedotto (a tacere cromo esavalente e altri venti tossici e cancerogeni). Dove, qualunque cittadino cerchi i Pfas  (Pfoa, C6O4, ADV)nel proprio sangue: li trova (a tacere cromo esavalente e altri venti tossici e cancerogeni). Questo biomonitoraggio dovrebbe essere un diritto per ogni cittadino, in un territorio dove nei decenni le analisi epidemiologiche hanno evidenziato picchi di malattie e mortalità. Invece, la complice Regione Piemonte ha sempre negato il monitoraggio di massa alla popolazione a rischio.
 
 
E decine di cittadini, affidandosi ai Comitati e pagando di tasca propria,  si sono sottoposti ai prelievi  di sangue. Nessuno escluso, tutti hanno Pfas nel sangue anche  a livelli di alto rischio. Si obietta (Sovay & C.): ma è solo un campionamento, non  dimostra che tutta la popolazione  è colpita da Pfas. Ma perdio, se tutti i cittadini controllati, nessuno escluso, hanno Pfas vecchi e nuovi  nel sangue anche  a livelli di alto rischio, tu, Regione Piemonte,  con quale faccia ti ostini a non ordinare ad Asl il monitoraggio di massa? Con la faccia di Solvay.
 
 
E tu, sindaco Giorgio Abonante, in attesa che si avvii e si completi lo studio ematico ed epidemiologico,  con quale faccia ti ostini a non emettere nel frattempo  ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo? Temi che il provvedimento vada oltre la tua pavidità personale e politica, o che sia inviso agli elettori che antepongano il  ricatto occupazionale al diritto alla salute? Ebbene, se non vuoi lavartele le mani, sottoponi la tua decisione a Referendum. Comma 2 Art. 1 Costituzione”: la sovranità appartiene al popolo. O aspetti che, come per le analisi del sangue, provvediamo da soli?
 
Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
 
Una nota a piè di pagina al comunicato stampa. Il “Referendum propositivo vincolante”, piuttosto che solo consultivo, può essere messo a disposizione dei cittadini:  è uno strumento di partecipazione potente  perché nel caso di vittoria la Giunta deve reperire le risorse per realizzare la proposta (nel nostro caso emettere l’ordinanza di fermata degli impianti che compete al primo cittadino).
 
La procedura che sta adottando il Comune di Torino (in merito ad un nuovo ospedale nel parco della Pellerina) ad esempio prevede che, raccolte e verificate le prime 1.000 firme, si abbia diritto ad una decisione sull’ammissibilità entro 15 giorni da parte di una Commissione presieduta dal Presidente del Consiglio Comunale con la partecipazione del Difensore civico. Dopo il via libera, i cittadini hanno sei mesi per raccogliere altre 9.000 firme. Ovviamente i numeri per Alessandria sarebbero proporzionalmente ridotti, e i tempi.

Gli alessandrini si pagano di tasca propria le analisi del sangue: risultati drammatici.

Striscione davanti alla Prefettura  durante la conferenza stampa.
La complice Regione Piemonte si è sempre rifiutata di sottoporre la popolazione di Alessandria al monitoraggio di sangue perché i risultati dell’avvelenamento di massa non lascerebbero scampo alle istituzioni -regione e/o sindaco e/o magistratura- di chiudere le produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo: provvedimento per il quale sarebbero già stati più che sufficienti gli storici dati ambientali dell’Arpa e studi epidemiologici dell’Asl.  
 
Ancora una volta, come già nel 2022, i cittadini, a proprie spese, si sono rivolti alle strutture universitarie tedesche, per conoscere, tra i 21 veleni tossici e cancerogeni della Solvay, almeno  quanto PFAS scorre nelle loro vene. E anche questa volta i risultati sono inequivocabili: 36 persone su 36 hanno concentrazioni del cancerogeno Pfoa: il quale dovrebbe essere a zero mentre risulta addirittura a livelli estremi di allarme per la loro salute.
 
Il Pfoa ufficialmente è stato dismesso da dieci anni, dunque -come tutti i Pfas- si è accumulato nei decenni precedenti nei loro organismi e lì continuerà a colpire: come da diagnosi presenti e future dei medici. Non solo, nelle loro  vene sicuramente si addensano anche i Pfas C6O4 e ADV che hanno sostituito il vietato Pfoa.
 
Senza le complicità istituzionali, la chiusura delle produzioni sarebbe forse già un fatto compiuto se il biomonitoraggio fosse esteso a tutta la provincia, dato che i Pfas sono stati accertati in numerosi Comuni, anche con chiusura di acquedotto. Ciò è ulteriormente dimostrato dalle analisi del sangue dei 36 cittadini del Comune di Alessandria e sobborghi: Cascinagrossa, Castelceriolo, Litta Parodi, Lobbi, Mandrogne, San Giuliano Vecchio e Spinetta Marengo, che si sono sottoposti al biomonitoraggio indipendente coordinato da Ánemos, Greenpeace Italia e Comitato Stop Solvay.
 
Leggi il comunicato stampa, comprensivo delle emblematiche tabelle. L’esplicazione delle quali potrete apprendere dal  video, clicca qui, approntatoci dal sempre presente Buzzz Blog.

Anche l’Emilia Romagna paga lo scotto dell’inazione politica sui Pfas.

Il C6O4 alla foce del Po.
Controlli e analisi in alcune Regioni sono  assenti, però i Pfas sono stati trovati in tutte le Regioni in cui sono stati cercati. Le analisi in Italia tra il 2019 e il 2022 in merito alla presenza di Pfas nelle acque superficiali e sotterranee rilevano che sono 18 mila, con una contaminazione presente nel 17%1 dei risultati, Basilicata (31%), Veneto (30%) e Liguria (30%), Piemonte, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Sardegna, Sicilia, Umbria, Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano. Le più alte concentrazioni di Pfoa in acqua e sangue umano  sono state rilevate in Veneto, Piemonte e Lombardia.
 
In Emilia-Romagna tra il 2019 e il 2022 la concentrazione è di 0,0723 µg/l (microgrammi per litro) quanto ai campionamenti del Fiume Rubicone, nelle pressi di Savignano (Forlì-Cesena). Criticità sono state riscontrate nei fiumi del ravennate, nelle zone di Comacchio e Canossa. I dati Ispra e Arpa rilevano che nel 2022 il Pfas era presente sia nelle acque sotterranee che superficiali interne. L’Emilia-Romagna paga pegno da monte, dalla Solvay di Spinetta Marengo (AL)  che scarica in Bormida quindi  Tanaro e  Po. I prelievi di Arpa nel 2019 hanno riscontrato la presenza di Pfas nel canale Navile, a Malalbergo, e nel Reno, in località Traghetto (FE). 
 
Lo studio del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna mostra che diverse molecole di PFAS influenzano vie ormonali e vie metaboliche, aumentando ad esempio i meccanismi di accumulo degli acidi grassi e indebolendo il sistema immunitario. Oltre che nel sangue, tracce di queste sostanze sono state individuate nel latte materno, nella placenta, nel siero, nel liquido seminale e nei capelli.
 
Nelle Regioni come l’Emilia Romagna dove  controlli e analisi  non sono completamente assenti, resta comunque scandalosa la loro inefficacia  stante lʼinazione politico-legislativa che sconta l’assenza di una legge nazionale che vieti lʼuso e la produzione di PFAS, che limiti allo zero come in Usa, Francia, Danimarca, ma perfino paga la ballerina gestione dei database tra ISPRA e ARPE. Questi dati pur confermano un’emergenza nazionale diffusa e fuori controllo, che interessa non solo le aree già note  ma anche numerose altre zone del Paese, ma sempre come la punta dell’iceberg.

Aquivion Solvay sottrae i soldi ai monitoraggi del sangue della popolazione.

L’imputato Andrea Diotto e il futuro imputato Stefano Colosio, rispettivamente ex e attuale direttore, con assidue iniziative sponsorizzano l’assoluzione penale della Solvay tramite il finanziamento di progetti e premi a università e scuole di Alessandria, coinvolgendo docenti e studenti (schiumando naturalmente i giornali di veline) nell’esibizione di una Solvay, ribattezzata Syensqo: “azienda leader a livello sia nazionale che internazionale nello sviluppo della mobilità sostenibile”. 

Come tale, i due direttori hanno invitato docenti e studenti nella fabbrica unica produttrice di Pfas in Italia, dalla quale i Pfas escono anche in aria, acque sotterranee e di acquedotto e in Bormida. A proposito dei quali, ma senza mai nominarli, hanno esibito “l’impianto e i laboratori Aquivion®, innovativa tecnologia di produzione di materiali polimerici per membrane in grado di integrarsi in una catena di produzione di idrogeno verde sostenibile, rinnovabile e senza emissioni di carbonio”.

Professori in prima fila.

Alla promotion gli studenti sono rimasti passivi, magari pensando alla chimera di future  assunzioni da un impianto senza prospettive occupazionali. Ma passivi sono rimasti anche i loro insegnanti: “prof. G. Laganà (ITIS ‘Volta’), prof.ssa M. C. Pasini (IIS ‘Sobrero’), prof.ssa B. T. Ferro (Liceo scientifico ‘Galilei’) , prof.ssa V. Fracasso (IIS ‘Balbo – Palli’)” indicati nella velina.  Eppure questi docenti dovrebbero possedere competenza sufficiente per esercitare il ruolo critico dovuto al rispetto della  scienza. Oppure basterebbe che compitassero il nostro comunicato stampa dell’anno scorso (clicca qui) con oggetto: I nostri allarmi in vista del ‘nuovo’ impianto ‘Aquivion’ a Spinetta Marengo: 9,5 milioni di euro investiti con fondi di Governo e Regione, sottratti ai monitoraggi del sangue della popolazione”.  

In estrema sintesi. Solvay ha sostituito il PFOA (che avvelenerà per altrettanti decenni) con Pfas cosiddetti “a catena corta”, ADV e C6O4, tossici e cancerogeni altrettanto se non di più, sversandoli naturalmente in aria e acque con l’autorizzazione AIA della Provincia (o senza: per il Bisfenolo): con questi Pfas tirerà avanti il più possibile.  Intanto, Solvay non molla ed ecco che oggi arriva il sostituto dei sostituti pfas: “a catena cortissima” il polimero fluorurato “Aquivion”, annunciato come innocuo, “emissione in atmosfera di semplice vapore acqueo”, come i predecessori d’altronde. “Al più tossiche se maneggiate inopportunamente”, le “Membrane Aquivion Pfsa” sono garantite come DOCG, anche se il brevetto è segreto, gelosamente custodito nella banca brevetti europea. Smaltimento tramite incenerimento? Come tutte le resine fluoropolimeriche. 

Ma il segreto di Pulcinella (membrane prodotte con uso di Tetrafluoruro di etilene, gas tossico e cancerogeno, e dei Pfas con la funzione di surfattante), foriero di ulteriore a aumento  della nocività nel territorio,  non ha preoccupato enti locali e sindacati che sono corsi a tagliare il nastro al “nuovo” impianto e a inaugurare monumenti.

Il tutto nell’ambito della strategia di Bruxelles, col nome di Syensqo, di cui rivelammo la bozza quattro anni fa (clicca qui), non senza evidenziare che “la strategia è da Solvay volutamente confusa. L’unica cosa palpabile sono i finanziamenti pubblici”. Il governo italiano, anziché tradurre in legge il DDL Crucioli per la messa al bando degli Pfas (clicca qui), anziché pretendere da Solvay -condannata in Cassazione per disastro ambientale!- i 100milioni di euro chiesti al processo dal ministero dell’Ambiente per la bonifica del territorio, anziché ripresentarsi come parte civile nel nuovo processo per omessa bonifica,  invece, lo Stato, compiacenti Regioni Piemonte e Lombardia, tramite il fondo “Fabbriche intelligenti” creato apposta dal ministero dello Sviluppo economico,  ha destinato milioni di euro alla multinazionale belga, per produrre Aquivion, poi che nel 2019, Solvay speciality polymers ha depositato al ministero la richiesta di finanziamenti  (inizialmente 22millioni di euro) per il suo nuovo piano industriale, (denominato “Progetto per sviluppo di materiale per celle a combustibile e batterie a flusso con realizzazione di impianto pilota”) sfruttando abilmente  l’enorme contenitore finanziario  “Green Deal” della Comunità Europea  a incentivare l’energia pulita, prodotta cioè da fonti rinnovabili, dunque dall’idrogeno verde.

E così la Regione Piemonte ha prelevato i soldi dal “Bilancio di previsione finanziario 2023-2025” destinandoli a Solvay invece che al piano di monitoraggio che dovrebbe -lo chiediamo da anni- cercare i Pfas nel sangue della popolazione alessandrina. E il sindaco taglia nastri, applaude entusiasta e inaugura sculture luminose (clicca qui).

Anche i docenti sono rimasti a bocca aperta. Eppure una delle prime pubblicazioni sul nuovo ovvero vecchio Aquivion risale addirittura al 2013 e porta la firma, tra gli altri, di Luca Merlo di Solvay, con sede a Bollate. A riguardo scrivemmo: “A Bollate il nuovo laboratorio ‘Dry Room’ per batterie al litio, nell’ambito di ricerca, sviluppo e commercializzazione di polimeri speciali utilizzati nella fabbricazione di batterie al litio, è in stretta sinergia operativa con lo stabilimento produttivo Solvay di Spinetta Marengo”. (Per inciso: i Pfas di Bollate (città metropolitana di Milano) l’Arpa e Greenpeace li ritrova sparsi in Lombardia).

Considerazione finale. Avevamo scritto: “Solvay strumentalizza gli studenti” ma, assai più grave, “Solvay strumentalizza i docenti”, partendo dal finanziamento e dall’asservimento dell’Università di Alessandria. 

Chi e come può fermare Solvay.

Solvay ricorda quel serial killer o stupratore che neppure cerca più di nascondersi, come a invocare fermatemi voi chè io non sono più capace. Oppure abilmente ripete tante volte il misfatto finchè non fa più notizia, i giornali ne parlino sempre meno e non più, continuando così indisturbata.  Sta di fatto che per ora  i giornali fotografano le schiume di Pfas scaricate in Bormida, i cittadini fiutano Pfas nell’aria e dai pozzi dell’acquedotto, ma il sindaco di Alessandria non ferma le produzioni di Spinetta Marengo.

L’ennesima cronaca informa che ad aprile e maggio l’Arpa ha analizzato i  pfas ADV e C6O4 (brevetto Solvay) neppure rispettosi della generosa autorizzazione AIA della complice Provincia, che per l’ennesima volta non interverrà al pari del sindaco. Se ne occuperà l’autorità giudiziaria? Forse, ma quando sarà a regime il nuovo processo penale, forse entro un anno. Oppure bloccherà il colosso chimico una azione civile inibitoria e risarcitoria.

 Quest’ultima opzione non la si legge ancora definitivamente valutata dal ComitatoStopSolvay: “Non ci stupisce sapere che Solvay-Siensqo continua a sversare i suoi veleni ovunque, ma ci  preoccupa il silenzio dei  tanti, troppi, che  continuano a girarsi dall’altra parte. Ci preoccupa pensare che il nostro sangue, la nostra terra, il nostro futuro convive con i veleni di una multinazionale che usa un territorio e chi lo vive come una discarica. Finché avremo voce ribadiremo che un secolo di morti e veleni possono bastare, e che l’unica soluzione a questo disastro sono la chiusura e la bonifica.

L’Arpa Lombardia minimizza.

“Solo alcune situazioni sulla soglia di limite nonostante il fenomeno sia in continua crescita”. Eppure  questo è il quadro fornito dal direttore di Arpa Lombardia, Fabio Cambielli, durante l’audizione in Commissione Ambiente sulla presenza dei Pfas nelle acque e nei terreni della Lombardia. Attualmente i tecnici Arpa analizzano fino a 18 sostanze conosciute come Pfas, di cui per solo 6 sono previsti limiti normativi. I monitoraggi riguardano 27 corpi idrici lacustri, oltre 120 corpi idrici fluviali e altrettanti pozzi per acque sotterranee con 80 punti prelievo. Tra i punti più critici, i superamenti diffusi riguardano il 73% dei corsi d’acqua e il 56% dei laghi: valori sopra la media si sono registrati all’Idroscalo di Milano. Le concentrazioni massime risultano stabilmente superiori sullo Scolmatore Piene Nord Ovest (MI), sulla roggia Vernavola (PV), sull’Olona (PV), sul Cresmiero (CR) (vedi foto), sul torrente Seveso (CO, MB, MI) e sull’Erbognone (PV). Anche nelle acque sotterranee è stata confermata la presenza di Pfos nel 69% dei campioni analizzati, con isolati superamenti prevalentemente nella fascia dell’alta-media pianura lombarda e con valori massimi più frequenti nella media pianura Lambro-Adda. Per quanto riguarda la presenza del Pfos nei pesci i valori massimi sono stati riscontrati, nella seconda metà di agosto 2022, sui fiume Olona e Serio in provincia di Bergamo, sui torrenti Bolletta e Breggia.

Greenpeace riafferma le responsabilità di Governi e Regioni.

Importante, a complemento  del Dossier “Pfas. Basta!” (già oltre 800 pagine) che il “Movimento di Lotta per la salute Maccacaro” sta componendo giorno per giorno dagli anni ’90, è l’inchiesta presentata da Greenpeace “La contaminazione da Pfas in Italia”, basata sui dati Ispra raccolti tra il 2019 e il 2022 (clicca qui https://ilmanifesto.it/mettere-al-bando-i-pfas-lappello-di-greenpeace-alla-camera ) che dimostra quella verità inquietante che abbiamo denunciato e documentato in questi anni: la contaminazione da Pfas è presente in tutte le Regioni dove sono state effettuate le discontinue e  frammentarie  indagini Arpa nei corpi idrici (fiumi, laghi e acque sotterranee). Ma è ancora più  vergognoso che nella maggioranza delle Regioni siano stati niente affatto effettuati monitoraggi dalle Arpa, per responsabilità delle Amministrazioni locali in complicità con i Governi: tutti consapevoli – soprattutto dopo i casi emblematici della Miteni di Trissino e della Solvay di Spinetta Marengo- della portata  dell’avvelenamento  ambientale e sanitario dei Pfas nel mondo e in Italia. 

Il sindaco non chiude, chiudiamola noi.

Schiume nel Fiume Bormida in prossimità dello scarico del Polo Chimico di Spinetta Marengo: l’intervento di Arpa

17 maggio 2024 Arpa Piemonte è stata allerta nella tarda mattinata di oggi, 17 maggio 2024, per la presenza di schiume nel Fiume Bormida in prossimità dello scarico del Polo chimico di Spinetta Marengo (AL). I tecnici dell’Agenzia sono tempestivamente intervenuti per gli accertamenti del caso, procedendo anche al prelievo di alcuni campioni delle schiume che saranno analizzati nei laboratori di Arpa. L’intervento, alle ore 14.20, è ancora in corso.

L’Arpa avverte l’ennesima onda di Pfas scaricata da Solvay nel fiume Bormida. Anche questa volta il sindaco non provvederà, come dovrebbe quale massima autorità sanitaria locale, a emettere l’ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti. Dunque dobbiamo provvedere noi.

Dunque, al bando dei Pfas in Italia dobbiamo provvedere noi con una iniziativa dal basso: con una azione inibitoria popolare, una class action giudiziaria, che imponga la chiusura immediata  delle produzioni Pfas inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo, l’unica produttrice di Pfas in Italia. Si tratta di tagliare la testa al toro, agire alla radice per estirpare la ramificazione velenosa, eliminare le produzioni a monte per eliminare a valle l’uso dei Pfas ormai onnipresenti in tutte le industrie nazionali. Senza questa chiusura immediata, occorre rassegnarsi alle morti e alle malattie in Italia, che, come per l’amianto, si protrarranno per decenni: clicca qui.

Invitiamo tutti, singoli, movimenti, associazioni, a comunicare  a questo indirizzo lino.balza.2019@gmail.com l’adesione a questa iniziativa di class action.

Solvay costretta a fermare un reattore dell’impianto PFAS, ma non molla.

…Incidenti dell’ultima ora. Schiume in Bormida. Un film già visto. Anche le immagini sono quelle che ho girato in una intervista venti anni fa dello scarico della Solvay nel fiume. Anche questa volta i titoli giornalistici si rincorrono dopo lo scarno comunicato dell’Arpa: “Attivati dal numero unico per le emergenze a causa della presenza di schiume sulla Bormida in corrispondenza dello scarico del Polo chimico di Spinetta Marengo (AL),  tecnici Arpa si sono recati nel pomeriggio di oggi, 13 aprile 2024, al punto indicato per le verifiche del caso riscontrando in due campionamenti la presenza delle schiume segnalate in uscita dallo stabilimento. Contemporaneamente altri tecnici dell’Agenzia si sono recati all’interno dello stabilimento riscontrando in cinque campionamenti schiuma nella Vasca 101b che raccoglie le acque tecnologiche e le acque provenienti dal trattamento chimico-fisico-biologico e sono stati prelevati altri campioni”.

Il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, il 13 aprile finge allarmata sorpresa. Invece, era già stato messo a conoscenza  da parte di Solvay  di “concentrazioni estremamente elevate del parametro cC6O4 in area interna allo stabilimento, rilevate nel corso della sessione di monitoraggio delle acque sotterranee di marzo”. Non solo, il 10 aprile aveva conosciuto dalla Provincia un documento con oggetto “anomalie concentrazioni cC6O4”, ovvero le criticità riscontrate in merito alle concentrazioni di cC6O4 negli scarichi P1 e P4 e nei pozzi PzIN96 e PzIN 115”, anomalie che dovrebbero ri-mettere in discussione la contestata (da noi) valutazione di impatto ambientale VIA. Tant’è che  la Solvay è stata costretta a fermare il reattore e la linea E dell’impianto Tecnoflon, il più importante dello stabilimento, limitrofa ai due pozzi implicati.

Abonante, anche questa volta, e malgrado tutte le contestazioni, non ha alcuna intenzione di emanare, come gli competerebbe quale massima autorità sanitaria locale, ordinanza di fermata delle produzioni: decisione che vorrebbe rifilare alla complicità di altri. Infatti, con comodo ha convocato un “Tavolo Tecnico Permanente sulle Sostanze Pfas” con Regione e Provincia, mollando appunto a quest’ultima “ente competente in materia di AIA (Autorizzazione integrata ambientale), di valutare l’attuale rispetto delle prescrizioni autorizzative per un eventuale necessario intervento sospensivo”.

Legambiente: identificare le aziende responsabili dell’inquinamento da PFAS.

Legambiente Toscana reclama l’identificazione delle aziende responsabili dell’inquinamento da PFAS, presenti in corsi d’acqua in diverse zone della regione, in particolare quelle vicine ai distretti produttivi come il cartario Lucchese, il conciario nel Lucchese, il florovivaistico nel pistoiese e il tessile del Pratese.

Infatti, stando ai dati raccolti nel 2022 da Arpat, gli PFAS erano presenti nel 76% delle acque superficiali, nel 36% delle acque sotterranee e nel 56% dei campioni di biota (animali) monitorati. Tra i fiumi interessati dalla contaminazione ci sono l’Arno, Ombrone e Serchio. Legambiente denuncia l’urgenza dell’intervento: gli PFAS, tossici e cancerogeni, non vengono mai degradati nell’ambiente e per la loro scarsa o nulla biodegradabilità si bioaccumulano nella flora, nella fauna selvatica e negli  esseri umani.

Pfas nei delfini del Mediterraneo.

Nei delfini, nelle tartarughe e negli  squali spiaggiati sulle coste della Toscana. Alte concentrazioni nel fegato e nel cervello, soprattutto degli esemplari più giovani.

Arpa Toscana, Università di Pisa e Centro Nazionale Ricerche, tra il 2020 e il 2022,  hanno analizzato 26 stenelle (delfino comune), due tartarughe e nove squali. Principali organi bersaglio: cervello e fegato. Nel cervello dei delfini fino a 87 nanogrammi per grammo, 501 nanogrammi per grammo di peso nel fegato: i più contaminati sono gli esemplari al di sotto dei due anni di età, perché, come noi sono  mammiferi e quindi allattati, e proprio nel latte si concentrano i Pfas.

Speciale Pfas 10. Pfas a Tortona, roba da Chiodi.

“Tonnellate di Pfas C6O4 nel deposito clandestino di Solvay a Tortona”: avevamo titolato in un nostro servizio del 2020. Ma la  denuncia, ripresa anche da altri giornali, era stata sommersa dall’omertà delle amministrazioni alessandrine e regionali. Ora, dall’indagine di Greenpeace riemerge Tortona quale località con la presenza di consistenti concentrazioni di PFAS. Però nessuno ha finora messo in relazione le due notizie. Riavvolgiamo il nastro.

Aumentando la produzione di C6O4, Solvay per lo stoccaggio dei serbatoi affitta un magazzino esterno allo stabilimento di Spinetta Marengo, precisamente a Torre Garofoli nei capannoni della ditta Arcese Trasporti.  Solvay non ha alcuna autorizzazione per trasferire fuori dai cancelli, avanti e indietro, un prodotto intermedio, non destinato alle vendite, pericoloso anche nella fase di trasporto per le variazioni di temperatura. Anzi, Solvay non aveva ancora neppure l’AIA autorizzazione all’ampliamento della produzione stessa. Così come non aveva neppure l’autorizzazione a sperimentare il C604: come denunciammo in Procura nel 2009. In altre parole, è da venti anni che  Solvay  non viene fermata dalla Provincia.

Orbene, Provincia, Arpa, Vigili del fuoco sapranno, ora, dirci quante tonnellate di C6O4 sono state stoccate nel deposito? per quanto tempo? custodito da chi? in quali condizioni di sicurezza? se il deposito è estraneo ovvero l’inquinamento proviene direttamente dal sito di Spinetta Marengo? Magari a queste domande risponderà Federico Chiodi che si ripresenta candidato sindaco  nella coalizione di Forza Italia, Lega Salvini, Nuova Tortona, Fratelli d’Italia.

Speciale Pfas 11. Provincia di Alessandria, vittima sacrificale di Solvay.

Spinetta Marengo, dove sorge lo stabilimento della Solvay, è appena un sobborgo di Alessandria, dunque il capoluogo è direttamente interessato dall’inquinamento terra-aria-acqua di 21 sostanze  tossiche e cancerogene: si pensi alle porte della città lo scarico in Bormida (e dal Tanaro al Po fino all’Adriatico), si pensino i pozzi nel territorio chiusi con ordinanza municipale, si pensi, nei campioni d’aria prelevati da Arpa, la presenza dei pfas sia C6O4 che ADV (inoltre il PFOA) sia verso nord che verso sud rispetto al polo chimico.

Con il Comune di Alessandria, anche la salute della popolazione della Provincia è a rischio: dell’inquinamento del brevettato pfas C6O4, ad esempio, non solo tramite le acque reflue e le falde ma anche in atmosfera con la conseguente deposizione al suolo in ricaduta rispetto alla direzione prevalente dei venti, fino a migliaia di nanogrammi per metro quadrato in pieno centro di Spinetta, fino ad avvelenare a chilometri di distanza l’acquedotto del Comune di Montecastello, irreversibilmente chiuso, fino ai campionamenti attivi  -monitorati sempre dall’ARPA Piemonte (e bissati da Greenpeace)-  nei limitrofi Comuni di Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora , Tortona, e  di  Alluvioni Piovera dove pure è presente il pfas ADV!  A tacere gli altri sobborghi e comuni della Fraschetta, dove Arpa è stata assente.

Speciale Pfas 12. Una delle contaminazioni più gravi in Europa e nel Mondo.

Si può analizzare la contaminazione da Pfas partendo dal caso particolare per risalire alla situazione generale, o viceversa. Si può, cioè, partire da Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, l’unico sito di produzione di queste sostanze in Italia. Qui, intorno al colosso della chimica, Solvay Specialty Polymers, ci si ammala di più. A confermalo sono gli studi epidemiologici condotti dall’Arpa e dall’azienda sanitaria locale. Chi vive nei pressi dello stabilimento Solvay registra un incremento del 19% delle patologie tumorali, in particolare del polmone, della pleura e dell’apparato emolinfopoietico, rispetto al resto del territorio alessandrino e piemontese. Anche qui l’attivismo ecologista, a partire dal Movimento di Lotta per la Salute Maccacaro, da anni denuncia gli impatti e rischi ambientali della produzione di Pfas. I risultati degli studi sono purtroppo una triste conferma delle nostre ragioni di lotta.

Si può, invece, partire dallo IARC, dalla l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro che ha decretato alcuni di questi composti come certamente cancerogeni per l’uomo, tra questi ci sono il Pfoa,(acido perfluoroottanoico). Ma anche quelli che rientrano nella categoria “possibilmente cancerogeni” portano alti livelli di nocività per la salute, in particolare danni al fegato, malattie della tiroide, obesità e problemi di fertilità. “Molti Pfas sono distruttori endocrini, influenzano quindi la fertilità maschile e femminile. Inoltre, hanno effetti sul controllo del peso corporeo, sulla funzionalità della tiroide e della ghiandola mammaria, causano immunotossicità. Anche nei bambini sono stati osservati effetti sullo sviluppo, come l’alterazione del comportamento, pubertà precoce e anche nei neonati è stata riscontrata una diminuzione del peso alla nascita. L’esposizione a lungo termini a Pfas è stata associata a un aumento del rischio del cancro, soprattutto ai reni, alla prostata e ai testicoli. Il principale problema è che esistono più di quattromila sostanze appartenenti ai Pfas.

Il seguente lungo articolo, clicca qui, affronta la problematica da entrambi i puti di partenza.

Adelante, Cgil, con juicio, si puedes.

Avevamo, anche come iscritti,  stimolato più volte la CGIL (non solo di Alessandria) a occuparsi della catastrofe eco sanitaria della  Solvay di Spinetta Marengo. Esempio clicca qui con  lettera PEC  al segretario generale  della Camera del lavoro di Alessandria, Franco Armosino. L’invito pressante era di partecipare con Comitati e Associazioni alle azioni verso Solvay a tutela della salute e dei diritti dei lavoratori e dei cittadini.

Finalmente, stante CISL e UIL sempre assenti, la CGIL annuncia che chiederà di costituirsi  parte civile nel prossimo processo-bis con l’ipotesi di reato di disastro ambientale colposo. Lo fa con molta prudenza: senza formulare precise accuse all’azienda ma specificando che rappresenterebbe “persone  potenzialmente esposte a inquinanti antichi e recenti”. “Potenzialmente”: l’inquinamento (dai dati Arpa) e le morti e le malattie (dalle indagini epidemiologiche) non sono, per Armosino, certezze ma… ipotesi. Come non avesse neppure in mano le cartelle delle analisi dei lavoratori.

Tant’è che la CGIL di Alessandria, a differenza della consorella di Vicenza (per Miteni), si è ben guardata finora da aprire vertenze Inail e giudiziarie Solvay per ottenere risarcimenti per le morti e le malattie dei lavoratori dello stabilimento chimico di  Spinetta Marengo. E non venga a raccontare che i risarcimenti verranno dal processo-bis: essendo anche esso circoscritto  al reato di disastro ambientale ed escludendo i danni alle Vittime. O che  “si apriranno benefici previdenziali”: bella consolazione.  

Il finto biomonitoraggio della Regione Piemonte.

La Regione Piemonte, piuttosto che sottoporre la popolazione a rischio agli esami del sangue, e delle orine, fa un  finto mini biomonitoraggio riservato ad un centinaio di persone selezionate partendo dagli esami fatti su uova, latte e verdure prelevate in aziende agricole vicine e anche a 20 chilometri dall’area della Solvay di Spinetta Marengo. Chi abita anche a poche decine di metri dalla fabbrica, non partecipa allo screening.

La Regione finora si è limitata a far esaminare verdura, uova e latte prodotti nelle vicinanze della Solvay: sono stati rilevati Pfas in varie concentrazioni, in aumento a mano a mano che ci si avvicinava al Polo Chimico. Inoltre sono stati rilevati anche in aziende agricole di paesi più lontani come Basaluzzo, Piovera o Capriata. Tra i Pfas rilevati negli alimenti, inoltre, sono emerse quantità molto pesanti di Pfoa e Pfos, la cui produzione è teoricamente cessata da più di 10 anni.

A contestare la Regione che li esclude dal monitoraggio, molti abitanti di Spinetta Marengo si sono trovati nelle cassette delle lettere i risultati dell’indagine epidemiologica eseguita negli anni 2017-2019 da Asl e Arpa che evidenziava “incrementi di rischio” per alcune patologie nella zona del sobborgo alessandrino. A promuovere l’iniziativa sono state le Mamme NoPfas, arrivate appositamente dal Veneto, e il gruppo locale di cittadini Ànemos.

Greenpeace ridicolizza il finto biomonitoraggio di Alessandria.

L’intensificazione della campagna nazionale di Greenpeace per la messa al bando dei Pfas, da noi iniziata vent’anni fa, inchioda inesorabile le responsabilità delle amministrazioni piemontesi a cominciare dalla Regione. Per decenni hanno chiuso occhi-bocca-orecchi sulla Solvay, sul polo chimico di Spinetta Marengo, su Pfas e altri 20 inquinanti tossici cancerogeni in suolo-aria-acqua, sulle indagini ambientali Arpa, sulle almeno nove indagini epidemiologiche (l’ultima, del 2019), sull’indagine Pfas dell’Università di Liegi, sulle ispezioni ONU e del Parlamento, sui miei 20 esposti, sul processo penale fino alla Cassazionesul processo Miteni in Veneto, sul disegno di legge parlamentare, sull’allarme Pfas in tanti Stati e altre Regioni italianesulla sterminata letteratura scientifica, sull’espandersi della divulgazione giornalistica alla quale abbiamo dato un incessante contributo. 

Da venti anni la Regione Piemonte, subalterna con i sindaci alla multinazionale belga, si oppone alla nostra richiesta di monitoraggio ematico di massa della popolazione alessandrina, onde evitare l’esibizione di un gigantesco delitto sanitario: la prova regina, “la pistola fumante” che costringerebbe Solvay a quella fermata delle produzioni incriminate che spettava al sindaco quale massima autorità sanitaria locale. Oggi, ha avviato, obtorto collo, un mini monitoraggio del sangue ridicolizzato dalla spettacolare iniziativa di Greenpeace: un campione di studio diluito in un anno o due, limitato ad un centinaio di persone le più lontane possibile dall’epicentro urbano inquinato, sparse nelle campagne a decine di chilometri di distanza.

Insomma, il cosiddetto biomonitoraggio regionale altro non è che un goffo  lento espediente teso a non dimostrare nulla: magari addirittura escludendo C6O4 e ADV tra i Pfas, cioè un “rallenty” utile alla giunta regionale per bypassare la scadenza elettorale ma soprattutto che serve strategicamente alla Solvay  per prendere tempo per tirare a campare … e far tirare le cuoia alla gente. Nella strategia a medio termine di Solvay, apprendiamo alla viva voce di Marco Apostolo, Country Manager di Solvay-Syensqo in Italia, infatti, ci stanno una simulata fuoriuscita dai Pfas e alcuni snodi di carattere giuridico. Uno è il nuovo processo penale in coda alla sentenza di Cassazione, che prende avvio dal GUP il 4 marzo prossimo. L’altro è la partenza di cause civili e azioni collettive, anche inibitorie, con l’assistenza di un pool di legali di Alessandria e Torino.

Nessuna regione italiana si salva dai Pfas. Il Piemonte.

Si allunga l’elenco: Veneto, Toscana, Trentino, Marche, Sicilia, Emilia Romagna. Dopo la Lombardia, un nuovo rapporto pubblicato da Greenpeace Italia, basato su dati ufficiali degli enti pubblici, dimostra come la contaminazione da Pfas nelle acque potabili del Piemonte  interessi  anche Torino e provincia: oltre 125 mila persone potrebbero aver bevuto acqua contaminata, e non solo l’alessandrino, dove si trova il polo chimico Solvay  di Alessandria sobborgo Spinetta Marengo, unico produttore in Italia, individuato fin dal 2007 (studio europeo Perforce) principale fonte di Pfoa nel bacino del Po e  del brevettato C6O4 (dati  recenti di ARPA Piemonte) non solo attraverso le acque reflue, ma anche in atmosfera  con  una deposizione al suolo fino a migliaia di nanogrammi per metro quadrato  in pieno centro di Spinetta.

Alla richiesta atti di Greenpeace, solo 10 enti, pari al 23% del totale, hanno inoltrato copia delle analisi effettuate, addirittura adducendo come ragione dei mancati controlli la specifica istanza di Arpa Piemonte di non ricercare i PFAS nell’acqua potabileDei 671 campioni analizzati tra il 2019 e il 2023, nel 51% è stata riscontrata la presenza di PFAS, con le maggiori positività nella provincia di Alessandria. In questa area cinque comuni, ubicati lungo il fiume Scrivia, hanno evidenziato la presenza degli inquinanti in tutti i prelievi effettuati in questi anni: Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora e Tortona in concentrazioni variabili e comprese tra 19 e 190 nanogrammi per litro, nonchéMontecastello con 470 nanogrammi, però  solo a Montecastello il sindaco ha chiuso l’acquedotto.

Dall’analisi dei dati condivisi dal gruppo Società Metropolitana Acque Torino (SMAT) che gestisce la rete idrica di 291 comuni, emerge la presenza di PFAS in 77 comuni, il 26,5% del totale. Nello specifico, per la città metropolitana di Torino il 45% dei campioni è risultato positivo alla presenza di PFASPer le altre province piemontesi, invece, la situazione non è ricostruibile poiché gli enti pubblici, inclusi i gestori, non hanno effettuato analisi. Colpisce la presenza rilevante di cC604 (brevetto esclusivo  Solvay) in quattordici comuni (Agliè, Avigliana, Baldissero Canavese, Bardonecchia, Bruino, Caprie, Cintano, Pavone Canavese, Pinerolo, San Maurizio Canavese, Susa, Torino, Venaus, Villar Focchiardo) con un picco di 66 nanogrammi per litro a Cintano, a pochi chilometri da Ivrea, a Bardonecchia situata a circa 1.300 metri d’altezza e 96 nanogrammi a Gravere, a oltre mille metri di altitudine.

Parallelamente alla richiesta dei dati agli enti pubblici, Greenpeace  ha raccolto e analizzato  15 campioni di acqua potabile nelle otto province piemontesi  per la maggior parte da fontane pubbliche di parchi giochi per bambini, evidenziando  la presenza di PFAS in 5 campioni: 120 nanogrammi per litro ad Alzano Scrivia (AL), 73 a Castelnuovo Scrivia (AL), 70 a Guazzora (AL),  19 a Tortona (AL), 12 a Galliate (NO).

Consulta la mappa con i dati relativi al Piemonte.

Azione collettiva contro Solvay per i Pfas. Per toccarla nel portafoglio.

Guardando questo video di Rai3 qualcuno potrebbe immaginare che sia stato girato quindici  anni fa quando denunciai anche in magistratura che i Pfas della Solvay di Spinetta Marengo, tramite scarichi in aria-suolo-acqua, si accumulavano indistruttibili nelle falde acquifere e nel sangue dei lavoratori e dei cittadini di Alessandria.

Invece, nel 2024, si ascolta nel video un dirigente della Sanità del Piemonte  affermare “quando sapremo se ci sono Pfas nel sangue, saranno prese delle misure di sanità pubblica”, anzi avanza già  il dubbio che “le malattie non siano state contratte a Spinetta Marengo ma in altre sedi di lavoro”. Sembra uno che, malgrado l’età, negli ultimi 20 anni non abbia mai sentito parlare del polo chimico spinettese, dei Pfas e degli altri 20 inquinanti tossici cancerogeni, né delle indagini ambientali Arpa, delle almeno nove indagini epidemiologiche (l’ultima, del 2019, è citata dall’ex assessore), né dell’indagine dell’Università di Liegi, delle ispezioni ONU e del Parlamento, né dei miei 20 esposti, del processo penale fino alla Cassazione, del caso Miteni, né dell’allarme Pfas nelle Nazioni mondiali e nelle Regioni italiane, della sterminata letteratura scientifica,  dell’espandersi della divulgazione giornalistica… ormai fin anche su Topolino.

O lo è, oppure lo fa. Lo fa, lo fa: perché già mette le mani avanti: è tutto da dimostrare che “le malattie siano state contratte a Spinetta Marengo oppure  in altre sedi di lavoro”. Mica vogliamo incolpare SolvayLo fa, lo fa. E’ da venti anni che la Regione Piemonte, subalterna con i sindaci alla multinazionale belga, si oppone alla nostra richiesta di monitoraggio ematico di massa della popolazione alessandrina, onde evitare l’esibizione di un gigantesco delitto sanitario: la prova regina, “la pistola fumante” che costringerebbe Solvay a quella fermata delle produzioni incriminate che spettava al sindaco quale massima autorità sanitaria locale. L’avvio, obtorto collo, di un mini monitoraggio del sangue -un centinaio di persone discoste dall’epicentro urbano inquinato- è un altro lento espediente: “rallenty” utile alla giunta regionale per bypassare la scadenza elettorale ma soprattutto che serve strategicamente alla Solvay per prendere tempo per tirare a campare … e far tirare le cuoia alla gente. (clicca qui).

Nella strategia a medio termine di Solvay ci stanno una simulata fuoriuscita dai Pfas e alcuni snodi di carattere giuridico. Uno è il nuovo processo penale in coda alla sentenza di Cassazione, che prende avvio dal GUP il 4 marzo prossimo. L’altro è la partenza di cause civili e azioni collettive, anche inibitorie, con l’assistenza di un pool di legali di Alessandria e Torino. Queste azioni stanno dimostrando una efficacia sottovalutata in passato. Infatti, quando si trattava  di reati ambientali e sanitari, gli avvocati in Italia non andavano oltre le cause in sede penale (peraltro con deboli benefici per l’ambiente), a differenza di altri Paesi, soprattutto degli Stati Uniti dove il fenomeno delle “class actions” costituisce uno dei punti fondamentali del sistema processuale perché fornisce valide forme di tutela alle varie situazioni a rilevanza sovra individuale.

Alle azioni collettive, alla class action, sollecitava il procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione: «Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”.

A Capannori per la messa al bando dei Pfas.

Sulla richiesta di messa al bando a livello mondiale delle sostanze chimiche Pfas, nella sala del consiglio comunale di Capannori, iniziativa pubblica organizzata dall’associazione Senza Confini con Tommaso Pianigada e  di  Greenpeace con  il responsabile nazionale Giuseppe Ungherese, e la partecipazione del sindaco e presidente della provincia di Lucca Luca Menesini .

In Italia non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo. Il Disegno di Legge dell’ex senatore Mattia Crucioli giace in Parlamento. E fermamente osteggiato dalla Confindustria perchè  detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili  e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

I primi beneficiari di questa legge sarebbero le popolazioni toscane e venete (concerie ed ex Miteni di Trissino), lombarde (Solvay di Bollate) e piemontesi (Solvay di Spinetta Marengo). D’altronde gli scarichi della Solvay in Bormida raggiungono la foce del Po. Ma ormai, come abbiamo ripetutamente documentato, in tutte le Regioni italiane, dove si sono mosse le Arpa, è dimostrato che la calamità  mondiale dei Pfas è una questione nazionale.

Con la nuova legge Crucioli sarebbe ancor più palese l’inammissibile alibi degli omissivi e complici  Comune, Provincia e Regione, che si nascondono dietro il dito dell’assenza di limiti nazionali: sono fuorilegge al pari dell’azienda!

La strage silenziosa dell’amianto e dei Pfas.

Se giova, ripetiamolo ancora una volta: per i Pfas si ripete la strage silenziosa che conosciamo per l’amianto (a tacere il DDT): millesimi dell’onnipresente  fibra per decenni hanno subdolamente avvelenato centinaia di  migliaia di bambini e adulti nel mondo e decine di migliaia in Italia  senza allarmare episodi acuti eclatanti, finchè la lenta somma dei decessi per mesotelioma (tumore incurabile ancora oggi) ha fatto scoppiare la bolla epidemiologica. Troppo tardi: messo al bando 30 anni fa in Italia (anticipando di 13 anni l’Europa), il picco di decessi per amianto, or ora appena raggiunto, decrescerà nei prossimi 20 anni in quanto prima che si manifesti passano anche 40-50 anni. Questo periodo di latenza, per i Pfas non è ancora ben calcolato, considerando che essi sono in auge sempre più da oltre 50 anni e che il Pfoa è stato messo al bando solo di recente,  mentre i suoi fratelli e figli resistono ancora.

Si consideri che gli effetti legati all’azione cancerogena dell’amianto sono rappresentati dal mesotelioma delle sierose, soprattutto pleurico, ma anche peritoneale, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo e dal tumore polmonare, tumore della laringe e dell’ovaio. E che la gamma delle patologie per i Pfas è il più vario: interferenti/perturbatori endocrini che gli studi hanno associato a problemi dello sviluppo, ipertensione gestazionale, nascita di bimbi sottopeso, diabete, colesterolo alto, riduzione della risposta immunitaria, tumori eccetera. L’analisi complessiva di tutti gli studi condotti sul tema è stata realizzata dai ricercatori dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova che hanno comparato i diversi lavori, pubblicando i risultati in un’analisi comparativa trascrizionale sulla rivista Toxics, con il titolo “Cross-Species Transcriptomics Analysis Highlights Conserved Molecular Responses to Per- and Polyfluoroalkyl Substances”. Questo studio del Dipartimento di farmacia e biotecnologie dell’Università di Bologna e del Dipartimento di scienze cardiache, toraciche, vascolari e sanità pubblica dell’Università di Padova, è la più ampia analisi della risposta trascrizionale ai PFAS mai realizzata.

Ebbene, negli anni ’80, sull’altare della difesa dell’occupazione, ci criminalizzarono perché chiedevamo di chiudere l’Eternit di Casale Monferrato per la messa al bando dell’amianto. Oggi tentano di ripetere  la storia  per le produzioni della Solvay di Spinetta Marengo e per il sostegno di una legge di bando dei Pfas in Italia (ex DDL Crucioli). Prima che sia troppo tardi, come per l’amianto, oggi come ieri non tutti per i Pfas ci ascoltano nell’opinione pubblica, oggi come ieri  le istituzioni sono complici degli interessi degli industriali che occultano rischi e danni. Esempio eclatante il Piemonte.

Il biomonitoraggio di massa, la pistola fumante che Solvay & soci devono disarmare.

Se giova, ripetiamolo ancora una volta. Non lo fanno il monitoraggio del sangue di TUTTA la popolazione alessandrina assediata dal polo chimico di Spinetta Marengo, perché sarebbe la “pistola fumante” che inchioderebbe Solvay: costringendola a fermare all’istante le produzioni inquinanti. Diventerebbe prova regina, prova certa e conclusiva del crimine sanitario. Lo diventerebbe addirittura per i più testardi negazionisti che hanno respinto l’evidenza di ben otto indagini epidemiologiche precedenti (in particolare 2017 e 2019), a tacere di tutte le indagini ambientali dell’Arpa.

Perciò, evitare questa smoking gun il più a lungo possibile è il compito, di occultamento sistematico dei dati ecosanitari in Piemonte, che la multinazionale belga ha affidato a Comune di Alessandria e Regione, e da essi svolto per lustri in una infinita taranta, con il sindaco a rimbalzare la palla delle responsabilità al governatore, e questi buttandola perfino in tribuna, ad un Comitato Etico… fantomatico organismo che autorizza sperimentazioni farmacologiche e cliniche, come il suicidio assistito.

All’osceno girotondo ancora si presta il sindaco che avrebbe il dovere civico e giuridico, in quanto  massima autorità sanitaria locale, di applicare il principio di precauzione e fermare le produzioni. Ma l’opinione pubblica incalza, noi li sputtaniamo urbi et orbi, i versi de Le Iene echeggiano. Chiediamo le analisi del sangue ai lavoratori e ai cittadini, a tutti, a tutti quanti sottoposti ai veleni suolo-acqua-aria di Solvay. La quale non le vuole, perché sa già che  i referti ematologici dei lavoratori custoditi nei suoi cassetti superano ogni limite tollerabile. Perché sa già che le relazioni cliniche dei cittadini, secondo il  nostro screening tramite Università di Liegi, superano ogni soglia di allarme: presenza in percentuale 5 volte superiore al circondario. Perché avverte i suoi complici dell’effetto psicologico di un biomonitoraggio di massa: “Ils sont a la recherche d’un pistolet fumant” afferma  Ilham Kadri dal quartier generale di  Bruxelles.   

Che fare per sopire l’opinione pubblica e prendere quel tempo ulteriore che serve alla strategia aziendale? Se giova, ripetiamolo ancora una volta. Meglio di una ridicola Consulta comunale ambientalista, la soluzione tattica sarà usare la modesta somma stanziata, in stagione elettorale, dalla Regione alla Asl per diluire nel tempo e circoscrivere le analisi del sangue ai soli Pfas e ad una ristretta minoranza di persone selezionata il più lontano possibile da quel centro urbano inglobato nel criminale rischio chimico dello stabilimento.

Il biomonitoraggio di massa ridotto a 100 persone. Garantito da Pira

Così, che fa la Regione Piemonte? Sarà effettuato un prelievo di sangue (si spera anche delle urine) a circa un centinaio le persone:  scelte con limitato criterio scientifico, e necessariamente escludendo gli altri Comuni della provincia, seguìto dalla somministrazione di uno specifico questionario, “per acquisire maggiori conoscenze sugli effettivi livelli di esposizione della popolazione ai Pfas così da migliorare le procedure di prevenzione”. Le quali, in questi decenni, erano consistite in uno studio, peraltro allarmante, per la valutazione del rischio sugli alimenti di origine animale e vegetale. Sì, perché la Regione… ha ancora qualche sospetto: non sono bastati, nei decenni trascorsi, otto studi epidemiologici che hanno messo in evidenza che nella Fraschetta ci si ammala e si muore di più: un crescendo di patologie agli organi epato-biliari, insufficienze renali, tumore al rene ecc. in alcuni casi superiori fino al 50% alla popolazione non esposta. Patologie particolarmente crudeli quando colpiscono la fascia di età 0-16 anni: malattie neurologiche con eccedenze del 86% rispetto ai coetanei alessandrini. Non sospetta la Regione che è forse perché lì c’è un polo chimico classificato ad alto rischio che immette in aria-acqua-suolo sostanze classificate tossiche e cancerogene proprio per quel tipo di patologie?

Non lo sospetta: ne ha la certezza, perciò il biomonitoraggio è micro e da coprire con massima riservatezza: “Gli esiti dei 100 prelievi  saranno disponibili tra fine febbraio e inizio marzo e l’ASL provvederà a comunicarli ai partecipanti che potranno condividerli con il proprio Medico di medicina generale, per valutare sulla base dei valori riscontrati, e secondo quanto previsto dal protocollo di studio, l’eventuale necessità di approfondimenti diagnostici e presa in carico sanitaria”. E le altre decine di migliaia di lavoratori e cittadini? Si vedrà e si farà. Più tardi si vedrà più tardi si farà. Meglio dopo le elezioni regionali di giugno. Ci sarà una seconda, terza fase e quante altre sarà necessario. Cominciamo a valutare questi 100, che già ci vuole tempo, perché bisogna essere molto scientifici. Eh già, bisogna essere molto scientifici, molto scrupolosi, ad evitare conclusioni affrettate a scapito dell’azienda … pardon… che mettano in allarme la tranquilla popolazione. Dunque, “le analisi dei campioni di sangue saranno effettuate dal Laboratorio di Tossicologia e Epidemiologia Industriale, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, della Città della Salute di Torino, al CTO”

E a chi affideremmo, fase dopo fase s’intende, tempo al tempo, la valutazione dei dati? Al professor Enrico Pira, Responsabile Medicina del Lavoro del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatrica dell’Università di Torino? Una garanzia, quale affermatissimo consulente in difesa dei maggiori gruppi industriali inquinanti: clicca qui. Ebbene, Pira ha già anticipato nel 2021 le sue valutazioni sulle indagini epidemiologiche, e ovviamente sull’attendibilità dell’odierno micro biomonitoraggio  ancor che diventi, in un futuro lontano, un biomonitoraggio di massa. Pira è infatti la firma punta di diamante dell’opuscolo patinato distribuito a tappeto a dipendenti e residenti, e che rappresenta la futura linea difensiva di Solvay al processo.

La linea difensiva di Solvay al processo.

Per Solvay il minibiomonitoraggio è prendere tempo utile in funzione di un iter processuale che si trascinerà per un decennio fino alla Cassazione, iniziando dallo scoglio in Corte di assise di Alessandria. Anche se esso, nel blando (colposo e non doloso) capo di imputazione della procura, non comprenderebbe il risarcimento dei danni sanitari alle Vittime: evidentemente hanno fatto breccia le argomentazioni contenute nell’opuscolo patinato da Solvay distribuito  a tappeto  a dipendenti e residenti, in cui  afferma: “Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo” (clicca qui).

Questo opuscolo disegna la linea difensiva di Solvay in tribunale. Da un lato smentisce che acido cloridrico, acido fluoridrico, tetrafuoroetilene, perfluoroisobutene, pfas, ecc. che fuoriescono dalle ciminiere, ovvero tramite fughe di gas dagli impianti stessi, ammalino sangue e polmoni di bambini e adulti in quanto tali concentrazioni tossico oncogene sarebbero sotto i livelli di tolleranza: “sotto le soglie di non effetto”, praticamente innocueDall’altro, concentra l’attenzione sulla punta dell’iceberg dell’avvelenamento, i PFAS, di cui  garantisce l’innocuità in acqua e atmosfera: come ha sempre sostenuto per il Pfoa (alla facciaccia della inappellabile sentenza dello IARC) e come ribadisce per il suo sostituto cC6O4.   

Ma, pur sbandierando, come fa nell’opuscolo patinato di verde, che “Non è vero che a Spinetta si muore di più” e che Non è dimostrato il rapporto causa-effetto”, e pur esibendo che metterà in campo fior fiore di consulenti imbonitori del calibro del solito professor Enrico Pira, Solvay sarebbe assai disturbata dal dover disarmare la “pistola fumante”. A maggior ragione quando noi avviamo la class action: le cause civili  di massa per risarcire le Vittime per malattie e morti. Dunque  il minibiomonitoraggio le è il male minore.

Il procuratore generale di cassazione: toccate questa gente nel portafoglio!

Alla  class action indirizza il procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione. Davanti alla IV sezione penale, il 12 dicembre 2019 Ferdinando Lignola nei quaranta minuti della sua requisitoria ha parole durissime per i dirigenti Ausimont e Solvay avvicendatisi nella gestione del polo chimico di Spinetta Marengo: Chiedo il rigetto di tutti i ricorsi degli imputati. Chiedo ai giudici di pronunciare una decisione con la D maiuscola nei confronti di chi ha tenuto condotte sicuramente offensive dell’incolumità pubblica. Stigmatizzo il loro atteggiamento dello scaricabarile. Infatti, la linea difensiva che viene qui proposta è sostanzialmente questa: ‘Dato che qualcuno ha inquinato prima di noi, continuiamo a inquinare anche noi’. Ma è una follia!  «Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”.

Per le Vittime: meglio le cause civili piuttosto che quelle penali.  Infatti i processi di merito (Alessandria e Torino), avviati dall’emergenza falde cancerogene del 2008, avevano già sgonfiato questo mini ricorso in Cassazione. Infatti,  erano già stati assolti gli amministratori delegati (Carlo Cogliati, Bernard Delaguiche, Pierre Jacques Joris) e condannati a un anno e otto mesi (con la sospensione condizionale e la non menzione della pena ottenute quali attenuanti generiche in Appello, ma impugnate dalla procuratrice) due dirigenti del settore Ambiente e Sicurezza delle due società (Giorgio Carimati e Giorgio Canti) e un direttore (Luigi Guarracino); prescrizione per un  manager (Francesco Boncoraglio) e assoluzione per difetto di dolo per un altro dirigente (Giulio Tommasi).

“Pene peraltro lievi e risibili” le definisce disgustato il procuratore generale Il disastro ambientale avvenuto nel polo chimico di Spinetta è un fatto grave che fa venire i brividi. E’ gravissimo il ruolo attivo degli imputati: erano le persone che, con provata esperienza e competenza scientifica, erano deputate alla gestione del rischio, perfettamente in grado di capire il grado di pericolo. Hanno procurato un disastro, un evento distruttivo di proporzioni straordinarie atto a produrre effetti gravi: un reato a consumazione prolungata, caratterizzato dalla ripetizione di singole condotte lesive”. Era, cioè, dolo, come ho sostenuto fino allo spasimo.

Duro l’affondo del pg Lignola: “Inaccettabile la tesi secondo cui ‘dato che qualcuno ha già inquinato prima, continuiamo a inquinare anche noi’: questa è pura follia! Questa gente rivendica il diritto a inquinare perché qualcuno l’ha già fatto prima”. Sarà la tesi che ascolteremo da Solvay al 2° processo.

N.B. Nella prossima puntata entreremo nel merito del capo di accusa formulato dalla Procura di Alessandria, e dell’opposizione degli avvocati di Solvay.

In Sicilia censiti Pfas in 35 siti contaminati.

Censiti anche in Sicilia i Pfas, “il nuovo amianto”, sicuramente cancerogeni (L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro Iarc dell’Oms), tra cinquemila e diecimila diversi tipi indistruttibili,  17 mila siti inquinati in tutta Europa (inchiesta The Forever Pollution Project), in Italia  1.600 ormai individuati in tutte le Regioni, punte dell’iceberg Veneto e Piemonte dove  Solvay  rifiuta di chiudere l’unico  impianto produttivo italiano (Spinetta Marengo che immette tonnellate di Pfas nell’ambiente).

In Sicilia l’inchiesta di Le Monde ha permesso di censire 35 siti.  La Regione ha inserito la ricerca nel proprio “Piano di controllo ufficiale di contaminanti e tossine vegetali naturali negli alimenti” valido dal 2023 al 2027. Arpa Sicilia a partire dal 2018 ha inserito il controllo di 16 sostanze Pfas dal 2018 nei monitoraggi annuali delle acque sotterranee. L’Agenzia regionale sottolinea che queste sostanze “da una parte hanno un largo utilizzo in ambito industriale e commerciale, dall’altra hanno determinato un’ampia diffusione nell’ambiente ed in particolare nelle acque, dove mostrano caratteristiche di persistenza, bioaccumulabilità e tossicità“.

Solvay non chiude l’impianto di Spinetta. Il governo non traduce in legge il DDL (Crucioli) che mette al bando i Pfas in Italia. Senza un intervento prescrittivo (proposta presentata da Danimarca, Germania, Olanda, Norvegia e Svezia), circa 4,4 milioni di tonnellate di Pfas finiranno nell’ambiente nei prossimi 30 anni. Mettendo a rischio la salute di persone, piante e animali.

Il biomonitoraggio di massa, la pistola fumante che Solvay & soci devono disarmare.

Non lo fanno il monitoraggio del sangue di tutta la popolazione alessandrina assediata dal polo chimico di Spinetta Marengo, perché sarebbe la “pistola fumante” che inchioderebbe Solvay: costringendola a fermare all’istante le produzioni inquinanti. Diventerebbe prova regina, prova certa e conclusiva del crimine sanitario. Lo diventerebbe addirittura per i più testardi negazionisti che hanno respinto l’evidenza di ben otto indagini epidemiologiche precedenti, a tacere di tutte le indagini ambientali dell’Arpa.

Perciò, evitare questa smoking gun il più a lungo possibile è il compito, di occultamento sistematico dei dati ecosanitari in Piemonte, che la multinazionale belga ha affidato a Comune di Alessandria e Regione, e da essi svolto per lustri in una infinita taranta, con il sindaco a rimbalzare  la palla delle responsabilità al governatore, e questi buttandola perfino in tribuna, ad un Comitato Etico… fantomatico organismo che autorizza sperimentazioni farmacologiche e cliniche, come il suicidio assistito.

All’osceno  girotondo ancora si presta il sindaco che avrebbe il dovere civico e giuridico, in quanto  massima autorità sanitaria locale, di applicare il principio di precauzione e fermare le produzioni. Ma l’opinione pubblica incalza, noi li sputtaniamo urbi et orbi, i versi de Le Iene echeggiano. Chiediamo le analisi del sangue ai lavoratori e ai cittadini, a tutti, a tutti quanti sottoposti ai veleni suolo-acqua-aria di Solvay. La quale non le vuole, perché sa già che  i referti ematologici dei lavoratori custoditi nei suoi cassetti superano ogni limite tollerabile. Perché sa già che le relazioni cliniche dei cittadini, secondo il  nostro screening tramite Università di Liegi, superano ogni soglia di allarme. Perché avverte i complici dell’effetto psicologico di un biomonitoraggio di massa: “Ils sont a la recherche d’un pistolet fumant” afferma  Ilham Kadri dal quartier generale di  Bruxelles.   

Che fare per sopire l’opinione pubblica e prendere quel tempo ulteriore che serve alla strategia aziendale? La soluzione sarà usare la modesta somma stanziata, in stagione elettorale, dalla Regione alla Asl per diluire nel tempo e circoscrivere le analisi del sangue ai soli Pfas e ad una ristretta minoranza di persone selezionata il più lontano possibile da quel centro urbano inglobato nel criminale rischio chimico dello stabilimento. La soluzione sarà ignorare e imbonire la sconcertata opinione pubblica (clicca qui) e il ruttino dell’evanescente opposizione che propone di usare (in parte) i compensi dei consiglieri comunali per impolpare una più seria indagine sanitaria.

La linea difensiva di Solvay al processo.

Per Solvay prendere tempo è utile in funzione di un iter processuale che si trascinerà per un decennio fino alla Cassazione, iniziando dallo scoglio in corte di assise di Alessandria. Anche se esso, nel blando (colposo e non doloso) capo di imputazione della procura, non comprenderebbe il risarcimento dei danni sanitari alle Vittime: evidentemente hanno fatto breccia le argomentazioni contenute nell’opuscolo patinato da Solvay distribuito  a tappeto  a dipendenti e residenti, in cui  afferma: “Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo” (clicca qui).

Questo opuscolo disegna la linea difensiva di Solvay in tribunale. Da un lato smentisce che acido cloridrico, acido fluoridrico, tetrafuoroetilene, perfluoroisobutene, pfas, ecc. che fuoriescono dalle ciminiere, ovvero tramite fughe di gas dagli impianti stessi, ammalino sangue e polmoni di bambini e adulti in quanto tali concentrazioni tossico oncogene sarebbero sotto i livelli di tolleranza: “sotto le soglie di non effetto”, praticamente innocueDall’altro, concentra l’attenzione sulla punta dell’iceberg dell’avvelenamento, i PFAS, di cui  garantisce l’innocuità in acqua e atmosfera: come ha sempre sostenuto per il Pfoa (alla facciaccia della inappellabile sentenza dello IARC) e come ribadisce per il suo sostituto cC6O4.   

Ma, pur sbandierando, come fa nell’opuscolo patinato di verde, che “Non è vero che a Spinetta si muore di più” e che Non è dimostrato il rapporto causa-effetto”, e pur esibendo che metterà in campo fior fiore di consulenti imbonitori del calibro del solito professor Enrico Pira, Solvay sarebbe assai disturbata dal dover disarmare la “pistola fumante”.

A maggior ragione se avviamo la class action. Il biomonitoraggio di massa avrebbe il duplice effetto di aumentare la platea delle Vittime per malattie e morti, e di selezionare medici legali e avvocati più qualificati. Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, infatti, gli avvocati in Italia (a tacere i docili e opportunisti enti, associazioni e sindacati) optano più facile accodarsi alle iniziative dei Pubblici Ministeri, piuttosto che impegnare risorse e rischi per cause collettive in sede civile, le uniche però che risarciscono le Vittime.

L’Arpa trova Pfas da un Comune all’altro.

Non solo il Comune di Alessandria  è investito dai Pfas (tra gli altri 21 veleni tossici e cancerogeni) della Solvay di Spinetta Marengo, ma è dimostrato anche  già  per il Comune di Montecastello con la chiusura dell’acquedotto avvelenato da cC6o4, brevetto di Solvay: la Procura e/o il Sindaco, Giancarlo Penna,  potrebbero denunciare a norma dell’articolo 439 del codice penale, reato punibile anche con 17 anni di reclusione. Lascia perplessi che il sindaco occupi nell’Asl, e ancor prima nell’Arpa, posizioni di “tecnico della prevenzione nell’ambiente nei luoghi di lavoro addetto al servizio prevenzione e sicurezza”. Montecastello è a 17 chilometri in linea d’aria da Spinetta Marengo.

A 11 chilometri da Montecastello e Spinetta, ora, i Pfas sono ufficialmente accertati nel Comune di Alluvioni Piovera. L’Arpa di Alessandria ha pubblicato il report del mese di marzo 2023 relativo al monitoraggio dei Pfas in aria tramite campionamenti attivi presso Spinetta Marengo (via Genova e Strada Bolla) e Piovera, che seppur distante circa 11 km dal polo chimico, in area di ricaduta rispetto alla direzione prevalente dei venti in quella stagione, ha evidenziato la presenza dei Pfas in aria. Tutte le tecniche di campionamento applicate hanno consentito la rilevazione del parametro C6O4, sebbene in differenti concentrazioni (qui le massime concentrazioni sono circa 10 volte inferiori rispetto a quelle di Spinetta). Il campionamento ad alto volume, raccogliendo una maggior quantità d’aria, ha consentito l’abbassamento dei limiti di quantificazione e la misura anche in Piovera di tracce non solo di  C6O4 ma anche di ADV. Il sindaco è Enrico Boccaleri, non si sa se si è messo in contatto con i sindaci Penna a Montecastello e Abonante ad Alessandria per fermare le produzioni.

Nel Comune di Alessandria, a Spinetta, a conferma di ricaduta, invece, i campioni di aria prelevati hanno mostrato, sia verso nord che verso sud rispetto al polo chimico,  la presenza sia di C6O4 che di ADV con maggiori concentrazioni, valori massimi di circa 10 nanogrammi al metro cubo.

Arpa Piemonte oscura i monitoraggi Pfas sulla Solvay.

Se voi andate  sul Sito di Arpa Piemonte,  troverete la cartina  “Pfas nelle acque superficiali e sotterranee in Piemonte”  (clicca qui https://webgis.arpa.piemonte.it/portal/apps/experiencebuilder/experience/?id=e39e1fbb65914d20b7ce197dabb6b647&page=Monitoraggio-dal-2021 ), sulla quale, con semplici clic sui triangolini azzurri, potete conoscere la situazione dei monitoraggi Pfas in tutte le località del Piemonte… ad eccezione di Spinetta Marengo, sì, proprio dove è in esercizio il più grande produttore e inquinatore italiano di queste sostanze tossiche, cancerogene e teratogene: lo stabilimento della Solvay.

Per non impressionare l’opinione pubblica (e i giurati del processo che sta per iniziare,) l’Arpa sul “geoportale” cerca di eclissare l’area intorno al polo chimico benchè ormai sia arcinota (grazie al nostro fattivo contributo) come la più contaminante d’Italia. Insomma, si giustifica l’Arpa, data per scontata  la tragedia ecosanitaria alessandrina, lo scopo ora del nostro geoportale è spingere cittadini e istituzioni  ad “individuare eventuali altre fonti di inquinamento da Pfas sul territorio regionale dove l’Arpa ha attivato una campagna di controlli di scarichi potenzialmente fonti di immissione di Pfas:   aziende nel cui ciclo produttivo possono essere presenti Pfas (trattamento di rifiuti, trattamenti galvanici, produzione e trattamento dei tessuti, cartiere) e depuratori civili e industriali che scaricano su corsi d’acqua».

A pensare male, Andreotti docet, a noi sembra che l’Arpa cerchi di distogliere l’attenzione dalla Solvay di Spinetta Marengo. Non mancherà, nell’ambito della  sua relazione “Etica del profitto e sanità pubblica”, di parlarne Lino Balza nella tre giorni del Seminario “SiamoTerraViva. Come cambiare il clima e il sistema”, conclusioni di don Luigi Ciotti.

Il Piemonte finanzia i Pfas ma non tutela la salute dei suoi cittadini.

Comunicato stampa.

In Usa li hanno già messi al bando da un bel po’, in Europa molti Stati spingono per fare altrettanto incontrando le potenti resistenti della lobby capitanata da Solvay, e appunto Solvay non molla, soprattutto in Italia (clicca qui) dove conta sulla complicità dei governi, delle amministrazioni locali e perfino dei sindacati. Anche dei sindacati: è ancora senza risposta la lettera raccomandata PEC al segretario generale della CGIL di Alessandria (clicca qui) né hanno avuto miglior riscontro i nostri allarmi in vista del “nuovo” impianto “Aquivion” a Spinetta Marengo: 9,5 milioni di euro investiti con fondi di Governo e Regione.

Solvay non molla sui PFAS: finchè gliel’hanno concesso ha avvelenato -ambiente e sangue dei lavoratori e della popolazione- con il pfas PFOA, benchè lo stessero vietando in tutto il mondo e avessi denunciato (2009) tale situazione con il primo di otto esposti alla Procura di Alessandria. Poi ha sostituito il PFOA con pfas cosiddetti “a catena corta”, ADV e C6O4, tossici e cancerogeni altrettanto se non di più, sversandoli naturalmente in aria e acque con l’autorizzazione della Provincia (o senza: per il Bisfenolo).

Solvay non molla ed ecco che oggi arriva il sostituto dei sostituti pfas: “a catena cortissima” il polimero fluorurato “Aquivion”, annunciato come innocuo, “emissione in atmosfera di semplice vapore acqueo”, come i predecessori d’altronde. “Al più tossiche se maneggiate inopportunamente”, le “Membrane Aquivion Pfsa” sono garantite come DOCG, anche se il brevetto è segreto, gelosamente custodito nella banca brevetti europea. Smaltimento tramite incenerimento? Come tutte le resine fluoropolimeriche. Ma il segreto non ha preoccupato enti locali e sindacati che sono corsi a tagliare il nastro al “nuovo” impianto. Il tutto nell’ambito della strategia di Bruxelles, di cui rivelammo la bozza due anni fa (clicca qui), non senza evidenziare che “la strategia è da Solvay volutamente confusa. L’unica cosa palpabile sono i finanziamenti pubblici”.

Raccogliendo le tesi e gli studi internazionali, il nuovo, ovvero vecchio Aquivion è descritto come “fondamentale per la trasmissione di energia a scambi ionici, con innovativa tecnologia di produzione di materiali per membrane polimeriche, che si integra in una filiera dell’idrogeno verde sostenibile, rinnovabile e carbon free, che punta anche allo sviluppo per l’automotive”. Una delle prime pubblicazioni risale al 2013 e porta la firma, tra gli altri, di Luca Merlo di Solvay, con sede a Bollate. A riguardo scrivemmo: “A Bollate il nuovo laboratorio ‘Dry Room’ per batterie al litio, nell’ambito di ricerca, sviluppo e commercializzazione di polimeri speciali utilizzati nella fabbricazione di batterie al litio, è in stretta sinergia operativa con lo stabilimento produttivo Solvay di Spinetta Marengo”. (Per inciso: i Pfas di Bollate (città metropolitana di Milano) Arpa li ritrova sparsi in Lombardia).

Il governo italiano, anziché tradurre in legge il DDL Crucioli per la messa al bando degli Pfas (clicca qui), anziché pretendere da Solvay -condannata in Cassazione per disastro ambientale!- i 100milioni di euro chiesti al processo dal ministero dell’Ambiente per la bonifica del territorio, anziché ripresentarsi come parte civile nel nuovo processo per omessa bonifica, invece, lo Stato, compiacenti Regioni Piemonte e Lombardia, tramite il fondo “Fabbriche intelligenti” creato apposta dal ministero dello Sviluppo economico, ha destinato milioni di euro alla multinazionale belga, per produrre Aquivion, poi che nel 2019, Solvay speciality polymers ha depositato al ministero la richiesta di finanziamenti  (inizialmente 22 milioni di euro) per il suo nuovo piano industriale, (denominato “Progetto per sviluppo di materiale per celle a combustibile e batterie a flusso con realizzazione di impianto pilota”) sfruttando abilmente l’enorme contenitore finanziario “Green Deal” della Comunità Europea  a incentivare l’energia pulita, prodotta cioè da fonti rinnovabili, dunque dall’idrogeno verde.

E così la Regione Piemonte ha prelevato i soldi dal “Bilancio di previsione finanziario 2023-2025” destinandoli a Solvay invece che al piano di monitoraggio che dovrebbe -lo chiediamo da anni- cercare i Pfas nel sangue della popolazione alessandrina. E il sindaco taglia nastri, applaude entusiasta e inaugura sculture luminose (clicca qui).

La Regione nega la connivenza e finge di volare alto ma impatta sul territorio: “L’impianto Aquivion si inserisce in una ampia sinergia: dalla creazione entro giugno 2026 di tre stazioni di rifornimento a base di idrogeno rinnovabile previste a Tortona, Arquata e Belforte, alla ricerca nella nostra provincia di un’area dismessa destinata a produrre idrogeno verde, fino agli investimenti per il retroporto di Genova”.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Nota bene. Uno studio dell’American Chemical Society dimostra che i PFAA a catena corta e ultracorta non possono sostituire i PFAS.

Secondo uno studio pubblicato su Environmental Science & Technology da scienziati dell’American Chemical Society, i livelli di queste sostanze sostitutive (PFAA “a catena corta”, cioè con meno di otto atomi di carbonio, e quelli “a catena ultracorta” con solo due o tre atomi di carbonio) negli organismi umani sono simili o superiori a quelli dei PFAS “di prima generazione”. Anzi, le piccole dimensioni delle molecole facilitano il loro spostamento attraverso le riserve idriche nei test in vitro e in vivo hanno indicato che potrebbero essere ancora più tossici dei composti più lunghi. Se il principio di precauzione ha un valore, questo sarebbe un buon momento per usarlo.

Piattaforma sanità pubblica Fronte comune ligure.

Conferenza stampa di presentazione della PIATTAFORMA PER LA DIFESA DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE PUBBLICO a cura delle Associazioni, Movimenti, Reti, Organizzazioni promotrici del “Fronte comune ligure. Insieme per la sanità pubblica”. Clicca qui Principi di fondo, i Presupposti indispensabili, le Proposte e le Rivendicazioni.

PFAS emergenza sanitaria mondiale: perché non ligure?

La Regione Liguria sottovaluta colpevolmente i costi umani (morti e malattie) e i conseguenti costi economici (cure mediche) derivanti dall’emergenza ambientale e sanitaria provocata dai tossici e cancerogeni PFAS.

Perciò al Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti chiediamo

Che, nell’immediato, disponga che l’Asl si attrezzi per effettuare a ciascun cittadino le analisi del sangue atte ad accertare e determinare la presenza di composti perfluorurati PFAS.

Che, in tempi brevi, programmi le indagini sanitarie collettive per dette analisi tramite campionamenti di sangue a beneficio della popolazione tutta, individuando progressivamente le fasce più a rischio (esempio lavoratori e gestanti) e i sottogruppi statistici dell’indagine epidemiologica (esempio età).

Che, contemporaneamente, predisponga affinchè Arpal esegua indagini ambientali con monitoraggi periodici tramite campionamenti delle acque di superficie e di falda, compreso acquedotti e impianti di depurazione, atte a determinare la presenza di dette sostanze perfluorurate.

Che, contemporaneamente, individui con le organizzazioni sindacali i settori produttivi per l’estensione delle indagini ambientali anche alle emissioni atmosferiche.

Le motivazioni di queste allarmate e urgenti rivendicazioni ambientali e sanitarie in merito ai PFAS sono state compiutamente esposte ai giornalisti nella Conferenza stampa. Clicca qui

PFAS emergenza sanitaria mondiale: perché non ligure?

La Regione Liguria sottovaluta colpevolmente i costi umani (morti e malattie) e i conseguenti costi economici (cure mediche) derivanti dall’emergenza ambientale e sanitaria provocata dai tossici e cancerogeni PFAS.

Perciò al Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti chiediamo

Che, nell’immediato, disponga che l’Asl si attrezzi per effettuare a ciascun cittadino le analisi del sangue atte ad accertare e determinare la presenza di composti perfluorurati PFAS.

Che, in tempi brevi, programmi le indagini sanitarie collettive per dette analisi tramite campionamenti di sangue a beneficio della popolazione tutta, individuando progressivamente le fasce più a rischio (esempio lavoratori e gestanti) e i sottogruppi statistici dell’indagine epidemiologica (esempio età).

Che, contemporaneamente, predisponga affinchè Arpal esegua indagini ambientali con monitoraggi periodici tramite campionamenti delle acque di superficie e di falda, compreso acquedotti e impianti di depurazione, atte a determinare la presenza di dette sostanze perfluorurate.

Che, contemporaneamente, individui con le organizzazioni sindacali i settori produttivi per l’estensione delle indagini ambientali anche alle emissioni atmosferiche.

Le motivazioni di queste allarmate e urgenti rivendicazioni ambientali e sanitarie in merito ai PFAS sono compiutamente esposte ai giornalisti nella Conferenza stampa. Clicca qui

Avvelenamento da vernici e/o da Pfas?

“Dalle 6.15 di questa mattina due squadre dei Vigili del Fuoco sono intervenute al magazzino della ditta Boero di Tortona per lo sversamento di una ingente quantità di liquido schiumogeno che ha coinvolto anche il parcheggio vicino. L’azienda, sulla ss 211 all’ex interporto, è specializzata nella produzione di vernici e solventi. La situazione è sotto controllo ma l’intervento è ancora in corso”. Per l’Arpa la situazione è… sempre sotto controllo. Resta peraltro da vedere se nei mezzi anti-incendio sono state sostituite le schiume contenenti Pfoa  vietate dal regolamento europeo perché tossiche e cancerogene: clicca qui Alta esposizione ai Pfas dei Vigili del fuoco.

Ue, allarme sul bisfenolo: “Un rischio per milioni di persone”.

Pfas e bisfenoli allarme interferenti endocrini.

Il “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” ha denunciato, anche alla magistratura, con esposti dal 2009, l’utilizzo nello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo del Bisfenolo insieme ai Pfas: “…questa sostanza senza autorizzazione AIA è da parte della multinazionale belga -tra i principali produttori nel mondo di Bisfenolo- ben conosciuta da decenni e volutamente non evidenziata per la sua pericolosità all’ARPA”. Abbiamo ripetutamente riproposto la denuncia negli anni: si vedano gli articoli correlati, ma né magistrati né amministratori si sono mossi.

Anche ora, settembre 2023, l’Agenzia Ue per l’ambiente rilancia l’allarme sul bisfenolo A. Secondo l’Aea, l’esposizione della popolazione europea alla sostanza chimica, che viene utilizzata in contenitori alimentari in plastica e metallo, bottiglie riutilizzabili e anche nei tubi dell’acqua potabile, “è ben al di sopra dei livelli accettabili di sicurezza sanitaria” e “rappresenta un potenziale rischio per la salute di milioni di persone“. L’allarme di Aea si aggiunge al parere dell’Agenzia Ue per le sostanze chimiche, l’Echa, che ha classificato il bisfenolo A come tossico per la riproduzione, e alla decisione dell’Efsa di ridurre di oltre 20mila volte la dose quotidiana tollerabile per la sostanza. Aea ha incrociato il limite aggiornato da Efsa con i risultati di uno studio di biomonitoraggio condotto in 11 Paesi europei mettendo in evidenza come fino al 100% del campione era esposto al bisfenolo “al di sopra delle soglie di sicurezza per la salute”.

Il Disegno di Legge del senatore Mattia Crucioli, da noi promosso, vieterebbe l’uso, la commercializzazione e la produzione di Bisfenolo e di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplinerebbe la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo.

Insieme alla “class action”, prepariamo in magistratura una “azione collettiva inibitoria” nei confronti dei comportamenti omissivi e complici di Comune (che non emette ordinanza di chiusura delle produzioni), Provincia (che rilascia le Autorizzazioni) e Regione Piemonte (che non sottopone la popolazione a monitoraggio ematico): è diventata drammatica la situazione ambientale e sanitaria inferta ad Alessandria dalla Solvay di Spinetta Marengo, incurante della condanna in Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica nonchè del nuovo processo, impassibile alle censure di Onu e Commissione Ecomafie. Infatti Pfas e Bisfenolo sono paradossalmente “soltanto” la punta di un immenso iceberg di sostanze tossiche e cancerogene che piovono da 72 ciminiere.

Dal nostro Sito, alcuni articoli correlati:

Allarme. C’è anche il Bisfenolo a Spinetta nel cocktail con i Pfas.

Non solo i Pfas anche i Bisfenoli e uccidono.

Nel cocktail con i Pfas c’è anche il Bisfenolo.

Confermato: nel cocktail Solvay con i PFAS c’è anche il Bisfenolo.

Il Bisfenolo della Solvay senza autorizzazione e monitoraggi.

Bisfenolo: l’Europa chiede un taglio netto. Solvay lo mette addirittura nel cocktail con i Pfas.

Finalmente una Legge che metta al bando in Italia Pfas e Bisfenolo. Il nodo della chiusura Solvay.

Per Pfas e Bisfenolo sia fissato LIMITE ZERO nelle acque.

Studio tedesco: il bisfenolo contamina i cibi in scatola.

Il Bisfenolo passa nella placenta e raggiunge il cervello del feto.

Gravi rischi per la salute derivanti dall’esposizione alimentare del Bisfenolo.

I biberon al bisfenolo.

Pfas e Bisfenolo riducono la qualità dello sperma, il volume dei testicoli e la lunghezza del pene.

J’accuse. Morti e ammalati sulla coscienza dei sindaci di Alessandria.

Nello J’accuse del Movimento di lotta per la salute Maccacaro a magistratura e politica (clicca quiemergono le enormi responsabilità delle Istituzioni piemontesi. Infine, del sindaco Giorgio Abonante.

“La chiusura dello stabilimento, seguita da un’immediata bonifica dell’area è l’unica via efficace per evitare di assistere a decenni di morti”: è l’ennesimo commento del Comitato Stop Solvay a seguito dell’incontro che un gruppo di cittadini dell’associazione “Ànemos” ha avuto con il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, e dirigenti e tecnici del Comune. Anche Ànemos, come riferisce il settimanale Il Piccolo, ha chiesto al sindaco una “ordinanza che imponga alla Solvay di cessare immediatamente la produzione delle sostanze inquinanti”. “Immediatamente: senza aspettare l’ipotetico 2026 della Solvay di auto cessazione di ‘quasi tutti i Pfas’ (dopo averne sostenuto per anni l’innocuità)”. Ciò alla luce -sottolinea l’ex assessore Claudio Lombardi delle indagini epidemiologiche e delle indagini ambientali aria-acqua-suolo non solo riferite ai vecchi e nuovi PFAS che a iosa svolazzano con cloroformio e fluoroclorocarburi, senza scuotere le coscienze. Infatti, Giorgio Abonante ha eluso completamente questo impegno, sgusciando ancora una volta come una anguilla.

Il sindaco prende in giro la popolazione. Di fatto, ha preso in giro i presenti “Condivido le vostre preoccupazioni” lavandosene le mani come Ponzio Pilato “Solleciterò Regione e Asl a intervenire”, proprio perché sa che non tocca a loro emanare l’ordinanza. Anzi, è in palese malafede quando si inventa su facebook che “Regione, Asl e Arpa hanno sancito in modo netto” per iscritto? “come in questo momento non ci siano gli elementi sufficienti per imporre divieti, chiusure”. Anzi, si nasconde dietro la scusa che manca una legge nazionale sui Pfas. Insomma non fa altro che prendere tempo a prescindere dagli allarmi scientifici nazionali e internazionali. Altro che “vaso di coccio ma in buona fede”.

Come ad Alessandria non bastassero esaustivi già lustri e lustri di sentenze, e la bonifica omessa, e la mole di indagini accumulatesi. Non sarebbero esaurienti per questo sindaco  neppure conferme recenti, come  il monitoraggio ambientale condotto da Arpa nel periodo marzo 2022 – marzo 2023 con tanto di presenza di cC6O4  nel Comune di Alessandria e addirittura nel Comune di Montecastello, né esaurienti i monitoraggi effettuati su uova e vegetali nel periodo 2021 – 2022 a cura della Regione Piemonte in collaborazione con ASL AL, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta nell’ambito del tavolo regionale Ambiente, Clima e Salute e su specie ittiche a valle del polo industriale di Spinetta Marengo a cura dell’IRSA-CN, e neppure la scoperta di nuove discariche.

Nello J’accuse, la colpevolezza del sindaco è senza attenuanti:

Ad oggi, il polo chimico Solvay di Spinetta Marengo, malgrado la sentenza di Cassazione, non è ancora stato bonificato né in terra né in cielo né in acqua per la “maledetta ventina” di inquinanti (cromo esavalente, cloroformio, cromo totale, tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene, tricloroetilene, triclorofluorometano, diclorodifluorometano, diclorofluorometano, nichel, antimonio, arsenico, bromoformio, dibromoclorometano, bromodiclorometanofluoruri in concentrazione addirittura da 2.946 a 57.404 μg/l ecc. eccetera) anzi ha aggravato il delitto e lo ha esteso in provincia. Né per queste violazioni -dolose- è stato aperto un nuovo processo. Neppure dopo il disastro ecosanitario dei Pfas acclarato dalle indagini ambientali ed epidemiologiche.

Ad oggi, la strategia industriale di Solvay si regge su una penetrate attività lobbistica in politica, sorretta quanto basta da una poderosa propaganda mediatica (addirittura della presidente Ilham Kadri in persona), da noi regolarmente e ripetutamente demolita. Per ciò: scoperte fantascientifiche col biossido di titanio.  Per ciò: la fantasiosa truffa mediatica dei ciclopici filtri che sarebbero in grado a Spinetta di rilevare e trattare, gestire e monitorare i contaminanti Pfas nelle falde e nelle reti idriche. Ovviamente non nell’atmosfera. Anzi i filtri dovrebbero poi essere inceneriti. La multinazionale prometterebbe “zero tecnico” delle emissioni di Pfas (C6O4, ADV) negli scarichi di acqua con tecnologie al carbone attivo granulare (GAC), allo scambio ionico (IO) e alle tecnologie di osmosi inversa RO (metodo di filtrazione meccanica in uso dagli anni ’50 del secolo scorso): diventerebbe “acqua distillata” e addirittura riutilizzata e non scaricata in Bormida, insomma “ciclo chiuso”. Per ciò, altra luna nel pozzo: VolontariamenteSolvay entro il 2026 realizzerà quasi il 100% dei suoi fluoropolimeri senza l’uso di fluorotensioattivi, per eliminare pressoché totalmente le emissioni di fluorotensioattivi”.  Per ciò: i misteriosi “sostituti dei Pfas a impatto zero”. Il corollario di questa inconsistente propaganda sono La bonifica è a buon punto”, “Il sistema di tutela ambientale dentro e fuori lo stabilimento è ok”Insomma, la strategia Solvay è profitti immediati, prendere tempo e fare proselitismo istituzionale e mediatico. Quindi è chiarissima è la volontà di non chiudere gli impianti.

Ad oggi, il sindaco di Alessandria non ha emesso ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti dentro e fuori il Comune, come imporrebbe il principio di precauzione alla massima autorità sanitaria locale: infatti gli studi già compiuti dimostrano che nella popolazione c’è una grave sofferenza sanitaria rispetto al resto della provincia e della regione: si muore di più per le molte e note patologie associate a Pfas e altre molecole prodotte dalla Solvay e da questa immesse nell’ambiente da decenni, come provato da ripetute indagini ambientali.

A maggior ragione dopo l’indagine dell’Università di Liegi. Dunque il sindaco, in qualità di massima autorità sanitaria locale, non imponendo -come invece avvenuto nel mondo in analoghe condizioni- l’urgenza che sia fermata la fonte d’esposizione alla popolazione, si consegna all’accusa di omissione di atti di ufficio. Infatti Abonante sa, dalle campagne di analisi dell’Arpa, che su Spinetta Marengo dal cielo piovono 5 microgrammi ogni giorno di Pfas per ogni metro quadrato, e nell’acqua 52 microgrammi per litro di C6O4. Dunque fa solo il gioco della Solvay -che persegue di procrastinare le produzioni secondo i propri profitti- il pretestuoso rinvio dell’ordinanza a dopo ulteriori studi epidemiologici per determinare un presunto nesso causa-effetto (Pfas causa di patologie), quando invece il nesso causale è acquisito scientificamente e internazionalmente. Va da sé che sempre maggiori studi saranno utili per individuare cure e per determinare l’entità dei risarcimenti.

Infatti l’associazione PFAS/patologie è dimostrata da una mole spaventosa di ricerche esistenti in letteratura scientifica; l’epidemiologia dimostra le associazioni, sui rapporti di causa indaga la tossicologia; i riferimenti di letteratura costituiscono la legge generale, i casi locali la confermano con significatività statistica: lavoratori e cittadini alessandrini esposti hanno una frequenza di patologie maggiore di coloro che non sono esposti a PFAS. Nella scienza una certezza assoluta non esiste ma è altrettanto vero che esiste una altissima probabilità del rapporto di causa fra l’esposizione e PFAS tale da escludere il falso positivo.

Ad oggi, la Regione Piemonte, in complicità con sindaco e azienda, rinvia anzi evita il monitoraggio del sangue a tutta la popolazione, il cui esito sarebbe sentenza capitale per Solvay. Queste storiche omissioni di atti di ufficio appaiono tanto più gravi alla luce del drammatico campionamento Pfas del sangue di lavoratori e cittadini che abbiamo nel 2022 commissionato all’Università di Liegi. L’estensione dello screening ematico fornirebbe dati utili ad individuare strategie efficaci di prevenzione e cura ma anche, in sede processuale, fornirebbe ulteriori dati per valutare in solido le responsabilità e i danni di Solvay nei confronti dei lavoratori e dei cittadini.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

La storia delle lotte dal 1990 in Italia contro i Pfas è compresa nelle circa 500 pagine del Dossier “Pfas. Basta!” a cura di Lino Balza del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”. E’ disponibile a chi ne fa richiesta.

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Profuma il mondo, crea il benessere della gente.

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Il sindaco embedded.

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Il ruggito del coniglio del sindaco pro pfas di Alessandria.

Alessandria – Il sindaco distratto non considera Solvay – Il Corriere Nazionale

Nuovi picchi record di benzene a Taranto.

Il benzene è altamente cancerogeno. Il picco odierno elevatissimo è stato preceduto nei giorni scorsi da un intervento dell’Arpa Puglia all’interno dello stabilimento siderurgico ILVA. I controlli hanno potuto riscontrare criticità poi segnalate agli enti competenti. La notte del 31 luglio si è registrato un record assoluto per Taranto: 85 microgrammi a metro cubo come picco (media oraria). Clicca qui.

Anche la propaganda inquina.

Solvay di Spinetta Marengo si affida alla propaganda per arginare la sempre più insistente richiesta di cessazione immediata dei famigerati PFAS. Attualmente, da un lato punta sull’iniziativa “Fabbriche aperte”, col terzo rendez-vous di fumo senza arrosto: “una visita guidata alla barriera idraulica, all’impianto di Trattamento Acque di Falda (TAF) e un successivo laboratorio di ascolto e dialogo”, rinfreschi e applausi dei giornalismi inclusi, “al fine di rafforzare  lo spazio di confronto tra l’azienda e la popolazione locale per comprendere come funziona la rete di pozzi che costituisce la barriera idraulica a protezione dello stabilimento e del territorio circostante”.

Dall’altro, l’Arpa pubblicizza sui giornali che “Il Laboratorio Specialistico Piemonte Sud Est si arricchisce di una apparecchiatura d’avanguardia, di importanza fondamentale per poter tracciare le vie di diffusione di queste sostanze non solo nelle matrici liquide, e nell’acqua, ma anche nei suoli. Quel “si arricchisce” è di involontario quanto macabro umorismo. Non a caso applaude il sindaco di Alessandria Giorgio Abonante all’unisono con l’assessore regionale all’ambiente Matteo Marnati, entrambi, come noto, da sempre oltremisura “impegnati   nella direzione della ricerca per il controllo dei livelli di inquinamento sul nostro territorio”. Come Solvay, peraltro. Una mano lava l’altra.

Non solo i Pfas anche i Bisfenoli e uccidono.

Ancora una volta rilanciamo l’allarme. Avevamo cominciato ad Alessandria  anni fa con esposti a Procura-Prefetto-Arpa. L’Arpa aveva confermato quanto avevamo denunciato: alla Solvay di Spinetta Marengo nel cocktail con i PFAS (PFOA, C6O4, ADV) tra gli interferenti endocrini c’è anche il Bisfenolo nelle sostanze in uso. Sul nostro Sito c’è ampia documentazione.

Questa volta riprendiamo un articolo dalla Toscana (clicca qui) dal titolo: “Allarme contenitori cibi: c’è il bisfenolo A

Anche i Bisfenoli e non solo i Pfas uccidono.

Il Bisfenolo è ingrediente chiave per plastiche e resine.  Come è noto, dopo i nostri esposti a Procura-Prefetto-Arpa, l’Arpa aveva confermato quanto avevamo denunciato: alla Solvay di Spinetta Marengo nel cocktail con i PFAS (PFOA, C6O4, ADV) tra gli interferenti endocrini c’è anche il Bisfenolo nelle sostanze in uso. In un quarto esposto, clicca qui, avevamo segnalato la risposta della sorpresa Arpa: la Solvay ammetteva l’uso del Bisfenolo AF (non si sa se autorizzato e tanto meno monitorato n.d.r) ma non del Bisfenolo A. A nostra volta, ribadivamo che “Dal punto di vista di danni alla salute, non vi è alcuna differenza tra Bisfenolo A e Bisfenolo AF [tra 2,2-Bis(4-idrossifenil) propano e 2,2-Bis(4-idrossifenil) esafluoropropano, secondo la Nomeclatura IUPAC International Union for Pure and Applied Chemistry]”.

Ebbene, dopo un accurato esame delle evidenze scientifiche e alla luce dei contributi ricevuti da una  pubblica consultazione,  le conclusioni della nuova valutazione dell’ Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) hanno confermato l’allarme tossico e cancerogeno del Bisfenolo A e hanno abbassato la Dose giornaliera di tollerabilità (Dgt ovvero la quantità che può essere ingerita quotidianamente per tutta la vita senza rischi sensibili per la salute) di circa 20mila volte. Dai 4 microgrammi (4 milionesimi di grammo) per chilogrammo di peso corporeo al giorno stabiliti nel 2015 a 0,2 nanogrammi (2 miliardesimi di grammo).

La UE aveva già vietato la produzione di  biberon in policarbonato. Alcuni stati europei avevano già introdotto ulteriori restrizioni nazionali: la Francia ha bandito il Bisfenolo in tutti gli imballaggi e i materiali a contatto con gli alimenti, Danimarca e Belgio hanno bandito il bisfenolo A in materiali a contatto con alimenti per lattanti e bambini piccoli, la Svezia lo ha vietato in rivestimenti e vernici di articoli e imballaggi per alimenti destinati a lattanti e bambini piccoli.  

In Italia il bisfenolo è utilizzabile nella fabbricazione industriale di prodotti in policarbonato per beni di consumo comuni, quali stoviglie di plastica riutilizzabili, bottiglie per bevande, attrezzature sportive, CD e DVD, ovvero in resine epossidiche per il rivestimento interno dei tubi dell’acqua e dei contenitori in latta di alimenti e bevande, e anche nel rivestimento degli scontrini di vendita.

Nuovo esposto sui PFAS alla Procura della Repubblica di Alessandria.

Presentato al Procuratore capo Enrico Cieri dal “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” (16° esposto, 7 aprile 2023, via PEC): clicca qui. Oggetto: emissioni inquinanti in atmosfera. Infatti, come conosciuto nei monitoraggi, dalle 72 ciminiere dello stabilimento e dai 15.000 punti di perdite incontrollate fuoriescono sostanze inquinanti tossiche e cancerogene PFAS: PFOA, ADV, C6O4, Acido Fluoridrico, Acido CloridricoNH3, Alcoli, Anidride fosforica (P2O5), Composti Iodurati (C4F8I2), Zn, Idrossido di Potassio (KOH) NOx, CO2, SOx, Polveri. Composti fluorurati (c2f4, c3f6, c4f8): 107 kg/giorno; 40 t/anno.

In questo micidiale cocktail, per il PFOA, l’ADV e il cC6O4 di produzione Solvay di Spinetta Marengo, che dal cielo ricadono sulla popolazione ogni giorno per 5 microgrammi per ogni metro quadrato, richiamiamo l’attenzione della Procura su

  1. Pubblicazione scientifica di ARPA e UNIVERSITA’ di Torino “Prevenzione in Corso”, fascicolo 9, gennaio 2022. (clicca qui).
  2. Studio ARPA Deposimetri a Spinetta Marengo: i risultati delle prime attività sperimentali gennaio 2023 (clicca qui).

Rimarcate le responsabilità nel disastro ecosanitario delle amministrazioni locali: Comune, Provincia, Regione. In particolare del sindaco che non emette ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti.