Le Nazioni Unite (ONU) hanno rilasciato un comunicato storico: per il 2045 il buco nello strato di ozono sopra l’Artico si sarà completamente riformato, tornando ai livelli del 1980. Nell’Antarticoinvece questo recupero è previsto entro il 2066 circa. L’ozono è un gas che in atmosfera costituisce uno strato protettivo(l’ozonosfera) che blocca il passaggio dei raggi UV provenienti dal sole e le conseguenti radiazioni ultraviolette che mettono in pericolo la vita sul nostro Pianeta. Clicca qui il blog di Prontobolletta.
La chiusura del buco dell’ozono è un’ottima notizia per il Pianeta, ed è un avvenimento che è potuto accadere grazie anche alle lotte condotte in Italia. Il “buco dell’ozono” nella stratosfera, causa dei tumori maligni melanoma, era soprattutto originato dai clorofluorocarburi CFC, i gas contenuti nei frigoriferi e nelle bombolette spray. Nel 1992, nella fabbrica che li produceva (Montefluos-Ausimont di Spinetta Marengo oggi Solvay), gli attivisti diGreenpeace scalarono le ciminiere con striscioni che chiedevano l’eliminazione dei CFC. In quella vittoriosa campagna con Greenpeace: in prima linea un lavoratore che dal colosso chimico subì rappresaglie (fino al licenziamento) sanzionate dalla Magistratura. Con quella battaglia noi segnammo una crescita della coscienza ecologica su scala mondiale. Per saperne di più: clicca qui stralci da “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza prefazione di Giorgio Nebbia, e da “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”.
“Italia Nostra” con il Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, contro Legambiente, WWF e Greenpeace. Queste ultime sostengono la possibilità di installare in tre anni 60 GW di potenza rinnovabili, prevalentemente solare ed eolico, invocando addirittura un Commissario con pieni poteri per saltare tutte le procedure autorizzative. Secondo Italia nostra e ministro, invece, il Sud è ormai saturo di impianti eolici e non è più in grado di assorbirne altri; l’energia prodotta in assenza di un adeguamento della rete di trasmissione e della creazione di un sistema di stoccaggio, processi dai costi miliardari e non ancora iniziati, non riesce ad essere trasferita nei luoghi di consumo, al Nord, e rischia di essere sprecata; e infine, la narrazione, in voga soprattutto a seguito della guerra, che facendo più rinnovabili i prezzi delle bollette scendano è pura fantasia.
Chissà se la Procura di Alessandria si sta ispirando al processo di Vicenza, perché anche nel capoluogo piemontese negli anni passati opacità sono state adombrate al cadere nel vuoto dei nostri esposti in magistratura ed enti di controllo.
Tremano i corridoi: una annotazione bollente redatta dai carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico potrebbe inguaiare l’agenzia ambientale e alcune toghe mentre si vocifera di pressioni «indicibili» e di un fascicolo inaccessibile che toglie il sonno a pezzi da novanta dell’economia, della politica e delle istituzioni, che temono che quel faldone d’inchiesta «stranamente» archiviato possa a trasformarsi «in un vaso di Pandora». All’origine c’è l’indagine Noe sui controlli che Arpa Veneto preannunciava tempestivamente alla Miteni di Trissino affinchè risultasse “pulita”, e il relativo carteggio che potrebbe mettere in guai seri i funzionari di Arpav ma anche i magistrati che l’hanno archiviato.
Quel carteggio si lega indissolubilmente alle conclusioni cui, sull’affaire Pfas, è giunta in sede parlamentare la Commissione bicamerale Ecomafie: le ipotesi di reato erano da brivido perché più soggetti a vario titolo erano finiti sotto indagine per “rivelazione di segreto d’ufficio, abuso in atti d’ufficio, rifiuto in atti d’ufficio, falso ideologico in atti pubblici commesso dal pubblico ufficiale, favoreggiamento personale”. Dunque l’archiviazione appare strana. Tanto che sia la condotta dei funzionari pubblici quanto quella dei magistrati potrebbero essere bersaglio di un esposto in sede penale da parte degli ambientalisti e oggetto di confronto in sede di Commissione giustizia. Su questa vicenda, infatti, gravano ombre dal passato: gli esposti nel 2017 e 2018 di “La terra dei Pfas” e “Greenpeace” caduti nel vuoto.
Nei vegetali predominano i Pfas a catena corta, il C6O4. Lo studio è realizzato da ricercatrici e ricercatori delle università di Firenze e Padova, con il contributo di Greenpeace e di Mamme No Pfas che polemizzano pesantemente con la Regione Veneto, e pubblicato su Epidemiologia & Prevenzione rivista scientifica dell’associazione italiana di epidemiologia. Clicca qui.
Stiamo insistendo con successo, tramite la nostra Lista, nell’allargare l’informazione sulle vicende Pfas di Veneto e Piemonte ai mass media italiani e non solo. Con titoli anche significativi, “Pfas Piemonte: la ribellione di Alessandria contro il polo industriale”, come quello di “Osservatorio Diritti”: una testata online indipendente specializzata in inchieste, analisi e approfondimenti sul tema dei diritti umani in Italia e nel mondo. Si tratta di contributi giornalistici apprezzati (clicca qui) anche quando, ci dispiace, peccano di omissioni ed errori: evitabili con una più attenta lettura del nostro Dossier “Pfas. Basta!” (sempre disponibile a chi ne fa richiesta).
Questa attenzione mediatica preoccupa molto Solvay di Spinetta Marengo. Non solo questa. Infatti la partecipazione di Greenpeace (clicca qui) alle due serate del recente “processo popolare” ad Alessandria ha messo in agitazione i vertici della multinazionale belga. Il sospetto che si sono posti a Bruxelles è stato: Greenpeace non può essersi scomodata solo per un convegno. Deve esserci sotto qualcosa di più grosso. Il ricordo è andato agli effetti mediatici dei due spettacolari blitz del 1992 contro il “buco dell’’ozono”: la scalata alle ciminiere e l’incatenamento alle autobotti. (Vedi nota in calce)
Dati questi precedenti, è comprensibile lo stato di allarme dello stabilimento di Spinetta Marengo. Non bastano certo le guardie giurate interne. Questa volta Solvay, per la vigilanza delle mura dell’immenso perimetro aziendale, si avvale addirittura dei Rangers dell’azienda leader in Italia nel settore della sicurezza. Ma, e nel caso di blocco del gigantesco scarico reflui in Bormida? Per quanto potenziati, basterebbero i Rangers a neutralizzare una organizzazione come Greenpeace famosa in tutto il mondo per le sue clamorose azioni dirette e non violente? Il messaggio nazionale e internazionale che oggi può trasmettere Greenpeace è importante come quello del 1992: ieri “Basta CFC”, oggi “Basta PFAS”. Per me un onore aver partecipato a entrambi gli obiettivi.
Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
Per saperne di più: clicca qui stralci da “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza prefazione di Giorgio Nebbia, e da “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”. Il “buco dell’ozono” nella stratosfera, causa dei tumori maligni melanoma, era originato dai clorofluorocarburi CFC, i gas contenuti nei frigoriferi e nelle bombolette spray. Lino Balza fu in prima linea nella vittoriosa campagna per eliminare i CFC, malgrado lavorasse nella fabbrica che li produceva: Montefluos-Ausimont di Spinetta Marengo (oggi Solvay) e subisse rappresaglie (fino al licenziamento) sanzionate dalla Magistratura. Con quella battaglia noi segnammo una crescita della coscienza ecologica su scala mondiale. Grazie a quella battaglia, i CFC furono sostituiti con gli HFC, anche essi però non perfettamente eco-compatibili, in quanto la loro liberazione in atmosfera contribuisce ad aumentare l’effetto di surriscaldamento della Terra. Nel 2016 è stato concluso a Kigali un accordo definito storico: quasi 200 Stati si sono impegnati alla riduzione graduale degli HFC.
In attesa di quello penale nelle aule giudiziarie, il “processo popolare” alla multinazionale belga di Spinetta Marengo è in pieno svolgimento ad Alessandria. Il 26 settembre l’ha avviato l’ “udienza preliminare” del Comitato Stop Solvay, vedi foto. Il primo ottobre, con Greenpeace alla presidenza del tribunale popolare, sono stati presentati i “capi di accusa” con Legambiente e Movimento di lotta per la salute Maccacaro nelle vesti di “pubblici ministeri”: clicca qui “le requisitorie”. La “difesa” della Solvay è rimasta tutt’altro che sorpresa e ha prodotto corposa “memoria” che garantisce di aver assicurato la sicurezza del territorio: clicca qui il documento. Nell’udienza dell’otto ottobre, sempre nell’ “aula” della Casa di Quartiere, e in streaming nazionale, sfileranno i “testi e i consulenti scientifici”: attivisti, medici, scienziati, avvocati di ISDE, CNR-IRSA, WWF, Pfas Land, Mamme No Pfas. (vedi la locandina).
Il “verdetto”, assoluzione per non aver commesso il fatto oppure condanna per disastro ambientale e omessa bonifica con chiusura delle produzioni, potrà essere affidato ad un referendum popolare con votazione on line.
Per quanto riguarda lo stabilimento di Spinetta Marengo (AL) tutte le falsità di Solvay sono sbugiardate da medici, scienziati, avvocati e attivisti nelle due serate organizzate da Legambiente, Greenpeace e Movimento di lotta per la salute Maccacaro con la collaborazione di ISDE, WWF, Pfas Land, Mamme No Pfas, CNR-IRSA, Casa di quartiere. Il prossimo appuntamento: venerdì 8 ottobre, come da programma in locandina.
La precedente serata è avvenuta il 1° ottobre con la proiezione di “The devil we know” film documentario investigativo sui rischi da Pfas, anticipata dalle relazioni di Claudio Lombardi (ex assessore all’Ambiente), Michela Sericano (Legambiente) e Lino Balza (Movimento di lotta per la salute Maccacaro).
Di quest’ultimo, cliccando sotto, è già fruibile il video. Tutta la registrazione dei lavori sarà prossimamente disponibile on line.
Tira e molla e lascia andare. Si discutono i limiti di contaminazione dei PFAS nelle acque. Chi tira come noi: devono essere zero. Chi molla come i governi e le amministrazioni giocando sulle percentuali: 0,1 % si e no 0,5% sì e no. Chi come Solvay se ne frega dei limiti. Meno attenzione c’è sui limiti Pfas in atmosfera dimenticando che, in numerosa compagnia, dall’acqua i pfas vanno in aria e ritornano in acqua, passando nello stomaco e nei polmoni di uomini e animali, nelle foglie e nelle radici.
Non sarebbe perciò ammissibile non parlare dei Pfas nel sangue. I Pfas sono veleni tossico cancerogeni che non esistono in natura, li ha inventati l’uomo. Dunque gli zero virgola nel sangue sono avvelenamenti. Punto e basta. Dove le analisi li rintracciano: dunque bisogna eliminare consumi e produzioni. Ma Solvay non vuole rinunciare ai profitti e continua in Spinetta Marengo a produrre C6O4 e ADV con la complicità della provincia di Alessandria. Ciò è criminale quando il contesto sanitario è quello delle indagini epidemiologiche: I tumori a Spinetta sono fino al 50% superiori rispetto al resto della città. Clicca qui La Stampa.
Da lustri, e da almeno 14 anni con formali esposti, sto chiedendo alla Magistratura di intervenire. Mi ripeterò venerdì 8 ottobre al Convegno organizzato da Greenpeace, Legambiente e Movimento di lotta per la salute Maccacaro: una Conferenza di approfondimento scientifico sui PFAS (Pfoa, C6O4 Adv) con interventi anche di esperti nazionali, medici, scienziati, avvocati e attivisti di Greenpeace Italia, ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente, IRSA-CNR Istituto di ricerca sulle acque, Pfas Land, WWF, Mamme No Pfas. Alla conferenza sarà propedeutica venerdì 1° ottobre alle ore 20,45 la proiezione del film “The Devil We Know”(2018), documentario investigativo della regista Stephanie Soechtig sui rischi per la salute derivanti dall’acido perfluoroottanoico: il famigerato PFAS PFOA ben noto nelle drammatiche vicende di Miteni di Trissino e Solvay di Spinetta Marengo.
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
Dopo la manifestazione di Greenpeace, Legambiente e Movimento di lotta per la salute Maccacaro del 16 settembre davanti al tribunale (in concomitanza con il presidio a Vicenza per il processo Miteni), gli ambientalisti alessandrini con sinergia sono impegnati in una settimana di manifestazioni per lo stop ai Pfas (PFOA, C6O4, ADV) della Solvay di Spinetta Marengo (AL).
Comincia il “Comitato Stop Solvay” e “Friday For Future” nell’organizzare al Laboratorio Sociale una Assemblea popolare per la serata del 26 settembre, dopo averla preparata nei due giorni precedenti partecipando alla Mobilitazione studentesca per la giustizia climatica, con relativa Assemblea pubblica del pomeriggio, nonché nel corso di una Serata musicale.
Proseguono Greenpeace, Legambiente e Movimento di lotta per la salute Maccacaro in collaborazionecon Pfas+Land, Mamme No Pfas, IRSA CNR, ISDE e WWF, con dueiniziativealla Casa di Quartiere, precorse da un intenso volantinaggio di informazione.
Venerdì 1° ottobre ore 20,45 con la proiezione del film “The Devil We Know”(2018), documentario investigativo della regista Stephanie Soechtig sui rischi per la salute derivanti dall’acido perfluoroottanoico: il famigerato PFAS PFOA ben noto nelle drammatiche vicende di Miteni di Trissino e Solvay di Spinetta Marengo.
Venerdì 8 ottobre ore 20:45 con Conferenza di approfondimento scientifico sui PFAS (Pfoa, C6O4 Adv). Interverranno esperti nazionali, medici, scienziati, avvocati e attivisti di Greenpeace Italia, ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente, IRSA-CNR Istituto di ricerca sulle acque, Pfas Land, WWF, Mamme No Pfas, Movimento di Lotta per la Salute Maccacaro.
Greenpeace, Legambiente, Movimento di Lotta per la Salute Maccacaro in azione.
INVITO CONFERENZA STAMPA
Giovedì 16 settembre 2021, h.10.30, davanti al Tribunale di Alessandria, Corso Crimea,
Greenpeace Gruppo Locale di Alessandria, Legambiente Ovadese-Valle Stura e Movimento di Lotta per la Salute Maccacaro invitano i/le giornalisti/e alla conferenza stampa per illustrare le serate culturali “Pensando un Futuro Alessandrino + Sostenibile” del 1 e 8 ottobre, Casa di Quartiere, via Verona, Alessandria.
E’ previsto il collegamento con la manifestazione che si tiene a Vicenza davanti al Tribunale dove sarà in corso l’udienza del processo PFAS-Miteni (processo gemello di Alessandria in fase di avviamento).
Le serate culturali si svolgeranno in due giorni.
Venerdì 1° ottobre ore 20,45 con la proiezione del film “The Devil We Know”(2018), documentario investigativo della regista Stephanie Soechtig sui rischi per la salute derivanti dall’acido perfluoroottanoico: il famigerato PFAS PFOA ben noto nelle drammatiche vicende di Miteni di Trissino e Solvay di Spinetta Marengo.
Venerdì 8 ottobre ore 20:45 con Conferenza di approfondimento scientifico sui PFAS (Pfoa, C6O4 Adv). Interverranno esperti nazionali, medici, scienziati, avvocati e attivisti di Greenpeace Italia, ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente, IRSA-CNR Istituto di ricerca sulle acque, Pfas Land, WWF, Mamme No Pfas, Movimento di Lotta per la Salute Maccacaro.
La multinazionale belga mostra nessunissima intenzione di eliminare i famigerati Pfas: si nasconde dietro la Lega, si fa beffe della condanna della Corte di Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica, prende in giro l’Arpa e sfida la Procura di Alessandria ad aprire finalmente il nuovo processo.
L’Arpa, nel monitoraggio giugno-luglio 2021, ha di nuovo evidenziato per i Pfas valori ben superiori ai limiti previsti dalla legge: i dati allarmano che all’esterno del sito – nel livello più superficiale della falda – il Pfoa supera il valore di 0,5 μg/L in molti punti (il limite è di 0,1 µg/L per le acque superficiali e le sotterranee che interagiscono con quelle superficiali); il cC6O4 a sua volta ha fatto registrare, tra i piezometri controllati, la concentrazione massima di 2,55 μg/L; e sempre in area esterna è presente anche il composto ADV-N2, con una concentrazione massima di 6,35 g/L. Questi dati evidenziano come il cC6O4 (quello appena ri-autorizzato dalla Provincia) si allarga nell’area della Fraschetta al punto di spingersi addirittura già fino al Comune di Montecastello dove ha contaminato e determinato la chiusura del pozzo dell’acquedotto.
Anche il livello intermedio dell’acquifero è stato raggiunto da Pfas, continua Arpa: i dati evidenziano in un piezometro esterno al sito la presenza di PFOA (1,08 μg/L) e ADV-N2 (0,22 μg/L), dunque il fatto che i Pfas abbiano raggiunto profondità tra i 30 e i 60 metri è ancora più preoccupante, perché, a quel livello, gli interventi di bonifica sono estremamente difficili e dispendiosi.
Per la multinazionale invece, questi allarmanti dati segnalerebbero comunque “il continuo miglioramento generale della situazione e i superamenti dei limiti del C6O4 sono un residuo causato dell’evento di precipitazione imprevedibile e di carattere eccezionale del 2019” (eventi che invece i metereologi prevedono ormai come norma). L’ottimismo ostentato da Solvay è completamente contraddetto da Marta Scrivanti direttore Arpa Alessandria: i valori di cC6O4 e Pfoa del 2021 si mantengono, in generale, dello stesso ordine di grandezza di quelli del 2020, con fluttuazionipuntuali in aumento.
Il C6O4 è presente in concentrazioni di 25 volte superiori ai limiti suggeriti da Arpa. L’Adv, pfas “a catena lunga”, addirittura di 63 volte. Il Pfoa dismesso da Solvay nel 2013 è ancora presente con quantità elevate a dimostrazione della persistenza nell’ambiente di questa sostanza. Arpa non ne fornisce il valore limitandosi a scrivere che è superiore a 0,5 microgr/litro quasi ad adombrare che 0,5 sia il limite. Il limite per le acque di “prima falda” è 0,1 ed inoltre cosa significa “superiore a…”: può essere 0,51 ma anche 10 ma anche 100. Da Arpanoi pretendiamo relazioni tecniche che specifichino i punti del prelievo per poter capire quanto esteso è l’inquinamento, che fornisca dati in base ai quali Solvay è stata autorizzata dalla complice Provincia a riprendere la produzione del cC6O4. Né si dimentichi che all’appello mancano ancora i dati, quelli dell’area interna allo stabilimento.
Il Dossier “Pfas. Basta!” del Movimento di lotta per la salute Maccacaro è disponibile on line a chi ne fa richiesta. In 267 pagine racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2021 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, governo, Asl, Arpa, sindacati, magistratura e giornali. Tutti inostri libri sono stampati a spese degli autori. Il ricavato è interamente devoluto alla Ricerca per la cura del mesotelioma di Casale Monferrato. Il Dossierè esaurito in stampa. Per la versionedigitale, occorre comunicare a movimentolotta.maccacaro@gmail.com l’indirizzo mail e l’avvenuto versamento (minimo euro 20) sul conto IBAN IT68 T030 6910 4001 0000 0076 215 (specificando causale) oppure tramite PayPal lubaja2003@yahoo.it.
Greenpeace sulle ciminiere di Spinetta. 1992: basta CFC. 2021: basta Pfas.
Nessuno può pensare che basti scendere in piazza per convincere le Amministrazioni regionali (tutte leghiste) a chiudere le micidiali produzioni di Spinetta Marengo: può farlo solo il Governo o la Magistratura.
Infatti, per porre fine alla calamità nazionale dei Pfas, il Coordinamemto dei Comitati di Vicenza e di Alessandria, appena costituitosi, affronta due livelli di scontro. Il livello nazionale è principalmente percorribile nei confronti del governo: che può mettere una pietra sopra i Pfas, anche se non la pietra tombale finchè non sarà avviata e conclusa la bonifica. Ma per agire sul governo e affermare “Limiti Zero Pfas”, l’unica via è puntare sulla Commissione Ecomafie”, altre vie in epoca di Draghi è tempo perso. Il secondo livello è quello giudiziario, in quanto i due processi di Vicenza e Alessandria sono “gemelli”, sinergici, dunque, senza farsi grandi illusioni (l’esperienza insegna) bisogna partecipare atto per atto, udienza per udienza, e perseguire l’esempio di Brindisi.
Il passato ci ha visto porre lo stabilimento di Spinetta Marengo -anche con gli esposti in magistratura- quale argomento principale dei mass media non solo locali: anche prima degli anni ’70 (lotte sindacali e anche ambientaliste) ma soprattutto dagli anni ’70 (lotte ambientaliste e deriva sindacale). Si può affermare che al giorno d’oggi non c’è nessun alessandrino sceso dalla culla che non sia ecosanitariamente informato del disastro: i tipi di inquinamento sono via via radicalmente cambiati in meglio grazie alle lotte personali e di massa della “Rete dei Comitati della Fraschetta”, ma con nuove complicanze (a tacere che i PFAS oggi sono un nulla a confronto dei PFIB).
Fare di più rispetto al passato sarà il coordinamento piemontese e veneto, sulla scia dei grandi meriti dei vicentini che hanno avviato alla ribalta nazionale il caso Pfas. La questione Pfas è portata sulla scena non solo nazionale dal Movimento di lotta Maccacaro grazie alla Lista della Rete dei Movimenti ambientalisti che raggiunge con 32mila utenti tutta la platea giornalistica e politica italiana.
E le soluzioni. Clicca qui il rapporto Greenpeace Southeast Asia e CREA (Centre for Research on Energy and Clean Air). Per l’Italia si stimano ogni anno di circa 56mila morti premature .
Grazie alla campagna di Greenpeace, Wilmar International, il più grande operatore mondiale di olio di palma, controllerà la propria filiera. Clicca qui. Il Ministero della salute ritira il dessert alla vaniglia di Conad per la presenza di allergeni. Clicca qui.
Dopo la spettacolare scalata alle ciminiere di Spinetta Marengo con gli striscioni “Qui si buca l’ozono” (clicca qui), blitz allo stabilimento Saiwa di Capriata d’Orba: “Basta olio di palma che distrugge le foreste” (clicca qui).
Il Comitato delle mamme e Greenpeace occupano a Venezia il pontile del palazzo della Regione Veneto. 160 nanogrammi di Pfoa in un millilitro di sangue. Clicca qui.
CETA e del TTIP, due trattati pericolosi per gli standard europei in materia di sicurezza alimentare, democrazia e protezione del clima. Clicca quiGreenpeace
il “buco dell’ozono” nella stratosfera, causa dei tumori maligni melanoma, era originato dai clorofluorocarburi CFC, i gas contenuti nei frigoriferi e nelle bombolette spray. Lino Balza fu in prima linea nella vittoriosa campagna per eliminare i CFC, malgrado lavorasse nella fabbrica che li produceva: Montefluos-Ausimont di Spinetta Marengo (oggi Solvay) e subisse rappresaglie (fino al licenziamento) sanzionate dalla Magistratura. Nelle foto: alcune immagini dell’ “assalto” alla Montefluos, con spettacolare scalata alle ciminiere, che organizzammo nel 1992 con Greenpeace. Con quella battaglia segnammo una crescita della coscienza ecologica su scala mondiale. Grazie a quella battaglia, i CFC furono sostituiti con gli HFC, anche essi però non perfettamente eco-compatibili, in quanto la loro liberazione in atmosfera contribuisce ad aumentare l’effetto di surriscaldamento della Terra. In questi giorni è stato concluso a Kigali un accordo definito storico: quasi 200 Stati si sono impegnati alla riduzione graduale degli HFC.
E’ iniziata l’epoca del riscaldamento inarrestabile. Siamo entrati nell’Antropocene. Adesso usciamone: una stringente analisi di Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace, clicca qui.