Fermare l’escalation: nessuna base per nessuna guerra.

È passato un anno dalla manifestazione indetta a Coltano contro la costruzione di una nuova base militare dell’esercito italiano per i corpi speciali, in particolare il 1º reggimento dei carabinieri paracadutisti “Tuscania” e il reparto d’élite dei carabinieri “G.I.S.” (Gruppo Intervento Speciale). La forte risposta che nel nostro territorio siamo riusciti a costruire ci ha permesso di rallentare il progetto: ad oggi, nonostante un DPCM mai ritirato che decreta la costruzione della base a Coltano, non una pietra è stata posataQuesta parziale vittoria non ci basta. Non sarà possibile vincere la lotta contro la costruzione di nuove basi militari se non si ferma l’escalation globale verso la guerra. Lo Stato italiano ha già speso un miliardo per le armi inviate in Ucraina e le spese militari aumentano costantemente (passando da 25,7 miliardi a 26,5 miliardi solo tra il 2022 e il 2023). Ogni euro speso per il riarmo è un euro sottratto ai servizi essenziali e al benessere complessivo della società. Queste guerre sono pagate dai popoli ma fanno solo gli interessi dei potenti. Sono il frutto della concentrazione della ricchezza in mani di pochi e premessa perché questa continui a crescere. Clicca qui l’assemblea  promossa dal “Movimento No Base – Né a Coltano né altrove” con “GKN, Rete No Fossile, No Tav, No Ponte, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, No Muos, Climate Social Camp, Pax Christi, Movimento Migranti e Rifugiati Napoli, Ex opg occupato – je so’ pazzo Napoli, Collettivo Dada Boom La Spezia, S.I. Cobas Toscana, Lucca No guerra no base, Bologna for climate justice, Valdera Avvelenata”. 

Presidio No Triv al tribunale di Potenza.

All’ingresso del tribunale,  striscioni e bandiere No Triv per ricorrere le pesanti responsabilità di Eni, delle altre multinazionali del fossile, del drammatico condizionamento dei livelli di salute ed ambiente subìto dai cittadini lucani e degli abitanti delle regioni limitrofe. Lo sversamento di oltre 400 tonnellate di petrolio al Centro Oli di Viggiano ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 13 persone tra dirigenti ENI e membri del CTR (Comitato Tecnico Regionale), nonché all’arresto di un dirigente ENI, con le accuse, fra le altre, di disastro ambientaleabuso d’ufficio, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale. Clicca qui.

Lo spettro della chimica si aggira per l’Italia.

Mentre i sindacati (in anticipo sulla scadenza per condizionare pesantemente le trattative per tutti gli altri accordi collettivi) firmano il nuovo contratto nazionale di lavoro del settore chimico, senza dire nulla su ambiente e sicurezza, diamo uno sguardo in giro. 

ROSIGNANO. Il disastro ambientale al vaglio del Parlamento Europeo (clicca qui). Il nostro ministro della ‘finzione ecologica’ si era addirittura affrettato a rinnovare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alla multinazionale Solvay, consentendole così di continuare a sversare i residui della propria produzione chimica in mare per altri 12 anni. 

SPINETTA MARENGO. Si va verso il razionamento. La chiusura del  pozzo dell’acquedotto a Montecastello, per l’inquinamento di Pfas (C6O4) della Solvay distante 16 chilometri, da due anni sta provocando l’emergenza idrica in quanto il Comune era stato costretto ad allinearsi con una vecchia linea, che a sua volta non è in grado di fornire l’approvvigionamento al territorio di Montecastello e Pietra Marazzi abitato a oltre mille famiglie. Clicca qui Emergenza idrica da Pfas in Alessandria.

VENETO. Prosegue il processo PFAS che vede imputati 15 manager Miteni Mitsubishi per avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari. Inquinamento che tocca le province di Vicenza, Verona e Padova. Il medico che occultava l’avvelenamento del sangue dei lavoratori era lo stesso di Spinetta Marengo. Clicca qui.

PRIOLO. Il provvedimento della magistratura di Siracusa sul depuratore industriale, con effetti deflagranti sull’intero Polo petrolchimico, è un sequestro annunciato perché da quattro anni la società consortile doveva adeguare gli impianti di trattamento alle normative ambientali indicate dalla Procura. Un gioco di scatole cinesi fra società consortili a capitale pubblico, ingranaggi di una Regione ostaggio della politica da veti e interessi incrociati, alla fine si sono bloccati da soli inceppando quel delicatissimo meccanismo a orologeria della raffinazione petrolifera, sulla quale si regge l’economia di un’intera provincia. Clicca qui.

PORTO MARGHERA. La chiusura del cracking di Eni è solo l’ultima voce di una lista di chiusure dopo Caprolattame, Vinyls, Dow Chemical, Montefibre: stabilimenti abbandonati tra promesse di bonifiche senza seguito. Lo stop del cracking  crea un effetto domino sui processi a valle degli impianti di Ferrara, Mantova e Ravenna. Si tratta di una riduzione delle emissioni come si fregia l’Eni? O solo di un taglio di risorse? Il dubbio è lecito. I sindacati lamentano che Porto Marghera ha bisogno di un progetto complessivo di re-industrializzazione” ma la conciliazione con le associazioni ambientaliste resta problematica. Clicca qui. 

Da Ostuni Climate Camp 2022 alla COP27 Sharm el-Sheikh.

Clicca qui l’organizzazione e il programma dal 30/7 al 8/8 del Camp di Ostuni. E’ organizzato dalla Campagna Nazionale Per il Clima Fuori dal Fossile, dalla Confederazione COBAS, dal Movimento No TAP/SNAM di Brindisi e dagli studenti di EmergenzaClimatica.it. E’ una chiamata per tutte le associazioni e movimenti italiani ed europei sull’Emergenza Climatica, contro l’estrattivismo e l’”economia di guerra”. Sappiamo bene in che direzione ci stanno portando i Governi col loro capitalismo verde, megaprogetti, transizione col gas fossile, guerre e promesse non mantenute. Vogliamo organizzare la lotta per la prossima Cop27 di Sharm el Sheik: la 27a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2022.

Dopo il Climate Camp Ostuni 2021 e la Cop26 di Glasgow molte cose sono cambiate: la speculazione post covid sui prezzi del gas, la guerra in Ucraina, l’indipendenza dal gas russo e le nuove politiche energetiche dei governi europei e della UE. Le solite compagnie Oil&Gas hanno fatto extraprofitti enormi (ENI ultimo quadrimestre + 4700%) e tutti i Governi hanno peggiorato la loro politica climatica promessa per il 2030: ritorno al carbone, potenziamento dei gasdotti esistenti (TAP, Algeria, Libia) e nuovi gasdotti (Poseidon); nuovi rigassificatori (Brindisi e Taranto) e tanto GNL, carissimo, da paesi democratici “amici”: USA, Quatar, EAU, Mozambico, Congo, poi nuovi inceneritori, impianti a biomasse e nuove trivelle del Pniec. Paghiamo tutto noi con le bollette dal benzinaio. Un passo indietro di 10 anni. E intanto le emissioni di gas climalteranti come il metano sono stati ai massimi storici nel 2021.

Due incontri su Zoom su temi energetici

– 9 ottobre, h.10 Energie Rinnovabili: a che punto siamo in Italia e nel mondo? con Massimo Mazzer CNR-Parma sul Fotovoltaico e Claudio Lugni CNR-Roma sull’Eolico

–  22 ottobre, h.21 L’Italia ad un bivio: il futuro non è nel fossile con Maria Rita D’Orsogna docente di geologia in California e Francesco Stoppa docente di geologia a Pescara, su Petrolio, metano e ambiente (Trivellazioni, “seppellimento” CO2, Rigassificatori; TAP, …).

Iscriviti a micheleboato4@gmail.com

Quelle enormi nuvolone nere e le fiamme alte decine di metri del petrolchimico.

che a Porto Marghera ammorbano l’aria e che si vedono a decine di chilometri di distanza: sono del tutto innocue per la salute pubblica e i cittadini possono respirare a pieni polmoni senza alcun problema, come rassicurano, oppure sono l’effetto del taglio drastico dei costi della manutenzione secondo lo storico principio “farne il meno possibile accettando i rischi che ne derivano”? Clicca qui nel Dossier Ambiente Venezia.

Occupata raffineria ENI di Porto Marghera.

A conclusione del Venice Climate Meeting gli attivisti e le attiviste del Venice Climate Camp si sono diretti verso la raffineria ENI di Marghera.

L’azione di sanzionamento rientra nel percorso che da oggi vuole unire le tante realtà che hanno partecipato alla settimana di discussione e confronto.

Eni è tra le massime aziende italiane responsabili dell’estrazione dei carburanti fossili e delle emissioni clima alteranti.

Azione diretta contro chi provoca il cambiamento climatico.

È il momento di fermare chi sfrutta e devasta il pianeta.

Fumi neri a Falconara, l’ex sindaco e l’Amministratore di Api: “I cittadini sono teste di cazzo”.

“L’Italia un paese di merda che dà retta ai pezzi di merda come Emiliano, come Grasso, grillini, rifondaroli,  comitati ambientalisti”. “I Carabinieri sono dei rompi coglioni”. Le intercettazioni sono state effettuate dal Noe di Ancona, in merito all’inchiesta sulle emissioni a Falconara Marittima, nelle Marche, dal 2013 al 2018. Procedimento penale in corso. L’Api Raffineria ha risparmiato 7 milioni di euro non attuando il piano di contenimento delle emissioni. Tumori oltre soglia e inchieste della magistratura di AnconaClicca qui Maria Cristina Freddosio.

Clamoroso ritardo dell’Italia nell’auto elettrica.

Nel 2016 nel mondo sono state vendute 800.000 auto elettriche, un incremento sensibile rispetto alle 550.000 del 2015 e alle 316.000 del 2014. Di queste 800.000, in Italia ne sono vendute solo 2.560 senza variazioni rilevanti sul 2015. Olanda, Norvegia, India, Cina, Germania, hanno varato un programma ambizioso di sviluppo della mobilità elettrica, prevedendo entro un ventina di anni di sostituire una gran parte degli attuali veicoli ad energia fossile.
Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna crescono ugualmente, in modo costante. (continua)

Fermiamo i pozzi di petrolio in Basilicata.

Lanciata dai Comitati la petizione rivolta al presidente della Regione per una moratoria di chiusura delle attività estrattive e un miglior sistema di monitoraggio. Oggetto delle inchieste della Procura, i serbatoi dell’Eni sono un colabrodo, i cosiddetti bacini di contenimento non trattengono i veleni.

Si muore di cancro tra Augusta Melilli e Siracusa: dieci a settimana, un migliaio già contati.

Intorno alla raffinazione del petrolio: Esso, Sasol, Tifeo, Buzzi, Gespi, Sicical, Varsalis ex Montedison, Lukoil ex Erg, Cogema, centrale di Melilli, depuratore consortile, depositi di pirite, discariche e pontili a mare. A pochi chilometri di distanza: Priolo, Milazzo, Gela completano il disastro ecologico.
Clicca qui Veronica Tomassini “L’epidemia di Augusta, la nuova Taranto siciliana

Il 2016 è l’anno record per l’incremento della temperatura e nell’Artico la situazione è drammatica.

Si va verso il picco delle emissioni? Non solo per l’arrivo della presidenza Trump che rallenterà la crescita delle rinnovabili, ma per l’accelerazione sul fronte dei fossili che determinerà una riduzione dei prezzi di gas e petrolio e per l’allontanamento dell’adozione di una carbon tax.
Quali le variabili in gioco? Clicca qui una analisi di Gianni Silvestrini.

Guardando queste immagini, chi di voi crede che la nube Eni non abbia provocato danni all’ambiente e alla salute?

Eppure la raffineria di Sannazzaro de’ Burgondi (che si è dimenticata di attivare il piano di emergenza esterno) e la prefettura di Pavia hanno diramato informazioni tranquillizzanti già a rogo in corso affidandosi al forte vento che cancellasse le prove portando lontano il peggio del peggio della combustione degli idrocarburi: particolato, polveri, ossido di azoto, zolfo, eventualmente diossina, metalli pesanti, composti organici e inorganici. Case e scuole chiuse in otto Comuni. Nube verso Voghera, Valle Staffora, Oltrepò. Aria irrespirabile anche nei paesi del Tortonese. Allerta anche a Valenza e Novi Ligure.

Clicca qui Luca Fazio “Pavia, incendio nella raffineria. Non uscite di casa”.
Clicca qui Claudio Bressani “Fumo nero e gente chiusa in casa nel paese ostaggio della raffineria”.
Clicca qui Roberto Giovannini ”Ora speriamo nel vento per cancellare le paure”.
Clicca qui Maria Teresa Marchese “Blindati in casa per paura della nube nera”.
Clicca qui Massimo Brusasco “La nube allarma mezza provincia alessandrina”
Clicca qui Luciano Asborno “La nube tossica ha lambito anche Novi Ligure”.
Clicca qui Stefano Brocchetti “La nuvola spaventa Tortona e Valenza”.

Noi avevamo vinto prima del 17 aprile. Anzi abbiamo stravinto.

Su cinque dei sei quesiti referendari il governo era stato costretto alla retromarcia per evitare il voto: abbiamo sventato un piano scellerato con decine di altre piattaforme. Ogni quesito chiedeva di abrogare norme introdotte dal governo per facilitare le trivellazioni e per estromettere Regioni ed enti locali dalle decisioni. Per cinque quesiti il governo ha dovuto modificare la legge restituendo il potere agli enti regionali. Il sesto regalo, in eterno, alla superlobby dei petrolieri esenti da royalty è stato mantenuto in vita anche per farci schiantare contro il muro del quorum e umiliarci ora e in futuro. Ma il governo ha fallito la trappola: nonostante il boicottaggio al quorum (25.393.170 votanti), nonostante il mancato abbinamento con le amministrative (costato 360 milioni di euro), nonostante martellante l’invito illegale all’astensione, nonostante la gigantesca campagna di silenzio e disinformazione del servizio pubblico e dei giornali amici (il TG1 ad es. ha fatto 13 minuti di informazione in una settimana), nonostante bufale di stampo terroristico per spaventare gli elettori così ben disinformati (es. gli 11 mila posti di lavoro a rischio), nonostante tutto ciò milioni di italiani al voto non sono stati uno zero virgola.
Nei referendum del 2000, 2003, 2005 e 2009 votarono dagli 11 ai 13 milioni di italiani. Il quorum fu raggiunto solo nel 2011 (27,6 milioni di voti) ma si votava anche il lunedì. Oltre il 30 per cento degli elettori vuol dire 15 milioni di italiani. 15 milioni in vista del referendum di autunno sulle riforme costituzionali, dove non c’è un quorum, sono una enormità, sono già la conta degli oppositori del premier. Ogni voto è stato un paletto conficcato nel cuore del governo. E dei petrolieri che non potranno più fare i loro comodi di nascosto. E anche senza quorum, il referendum è l’inizio e non la fine della battaglia. Battaglia sulla moratoria su tutte le trivelle nel Mediterraneo.
Clicca qui l’intervista a Lino Balza su Radio Onda d’Urto.
Clicca qui Pennatagliente “Noi avevamo vinto prima del 17 aprile”

17 aprile referendum: vittoria sicura dei SI’ solo se si supera il quorum del 50%.

Indispensabile la partecipazione per fermare le trivelle che si accaniscono in giacimenti di combustibili fossili con tecniche sempre più impattanti per la salute e l’ambiente e sempre più costose per l’economia nazionale, proprio quando il petrolio perde sempre più valore (negli ultimi 18 mesi il prezzo del greggio è calato circa del 70%). Continua.
Clicca qui Serena Giannico “Al via la campagna per il SI. Il fronte delle Regioni.