Nell’esposto, presentato alla Prefettura nonché alla Procura della Repubblica di Taranto, da Peacelink e Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente a Taranto (clicca qui), è stato denunciato il pericolo permanente e immanente riconducibile all’attuale attività inquinante dell’ex Ilva che è continuativa e, per di più, autorizzata senza alcuna considerazione dell’impatto sanitario che tale inquinamento comporta. Infatti, come dimostra la ricca serie di documenti scientifici e tecnici acclusia è del tutto evidente che a Taranto esista una massiccia emissione di sostanze inquinanti da parte dello stabilimento a cui corrisponde un rischio sanitario inaccettabile. Siamo quindi in presenza di un rischio sanitario-ambientale che ci porta a richiedere il fermo della produzione dell’area a caldo dello stabilimento in quanto al danno ambientale è associato un danno sanitario scientificamente acclarato e certificato.
Professore di lettere in una scuola superiore a Taranto, fondatore di PeaceLink e autore di vari libri, dal 2005 Marescotti si è occupato tenacemente dell’inquinamento causato dell’acciaieria ex Ilva, contribuendo al maxi processo Ambiente Svenduto. Insignito del “Premio Honoris Causa” per Giornalismo d’Inchiesta, Marescotti è anche referente del progetto Ecodidattica.
Marescotti, qual è il suo stato d’animo dopo la sentenza? La sensazione è quella di partecipare ad una lotta di Resistenza, con la forza nonviolenta della ragione, insieme a tanti altri concittadini. Una lotta dal basso, per la salute e l’ambiente. Purtroppo il Consiglio di Stato ha negato lo spegnimento dell’area a caldo (richiesta dall’ordinanza del sindaco di Taranto). Una sentenza favorevole alle ragioni aziendali. Ma noi andiamo avanti, ancora più determinati. Clicca qui l’intervista.
La ricerca epidemiologica pubblicata sulla prestigiosa internazionale “Nature” (clicca qui) certifica l’effetto sinergico del piombo e dell’arsenico dei bambini di Taranto più esposti, ossia quelli più vicini al polo industriale. Questo studio riprende, continua e approfondisce uno studio già condotto a Taranto sull’impatto che l’inquinamento industriale ha sul quoziente di intelligenza dei bambini. Effetto sinergico significa che gli effetti del piombo e dell’arsenico non solo si sommano ma si amplificano reciprocamente con effetti che lo studio dimostra. Avvertimento ai ministri Speranza e Cingolani: ci rivolgiamo al Comitato delle Nazioni Unite sui diritti del bambino, con sede a Ginevra. Fermate gli impianti dell’area a caldo dell’ILVA. Clicca qui.
In questo studio trasversale abbiamo valutato l’effetto neurocomportamentale dell’esposizione a oligoelementi tra cui piombo, mercurio, cadmio, manganese, arsenico e selenio e le loro interazioni tra 299 scolari residenti nell’area fortemente inquinata di Taranto in Italia. Sangue intero, urina e capelli sono stati raccolti per le analisi dei metalli, mentre la Child Behavior Checklist e la Social Responsiveness Scale, somministrate all’insegnante principale e alle madri, sono state considerate per identificare i problemi comportamentali nei bambini. Il piombo sanguigno ha influenzato principalmente i problemi sociali, il comportamento aggressivo, l’esternalizzazione e i problemi totali. L’arsenico urinario ha mostrato un impatto su ansia e depressione, problemi somatici, problemi di attenzione e comportamenti che infrangono le regole. È stata osservata una significativa interazione tra piombo e arsenico, con un effetto sinergico dei due metalli che aumenta il rischio di problemi di attenzione, comportamento aggressivo, problemi di esternalizzazione e problemi totali. Nel complesso, siamo stati in grado di testare che il piombo sanguigno più elevato, le concentrazioni di arsenico urinario e la loro interazione aumentano il rischio di problemi neurocomportamentali. Clicca qui lo studio (20 pagine).
Dal 1° luglio Acciaierie d’Italia ha 10 giorni per fermare la batteria 12 della cokeria perché non messa a norma. Se in 5 giorni (da oggi al 30 giugno) non realizza gli interventi previsti (dopo 7 anni di lavori non fatti) allora scatta il fermo. Il 15 giugno scrivevamo una PEC https://lists.peacelink.it/news/2021/06/msg00001.html al ministro Cingolani concludendo così: “Lei è uno scienziato e le chiediamo di anteporre le ragioni della scienza, consultando in merito l’organo tecnico (Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale – CTVIA) per un parere motivato. La batteria va fermata, signor Ministro, il tempo dell’attesa e delle proroghe è finito e – di fronte all’acclarata persistenza di un rischio cancerogeno inaccettabile – è ora di dare un chiaro segnale a chi non mette a norma gli impianti”.
Il tempo dell’attesa e delle proroghe è finito e – di fronte all’acclarata persistenza di un rischio cancerogeno inaccettabile – è ora di dare un chiaro segnale a chi non mette a norma gli impianti.
Il prossimo 30 giugno arriva a scadenza il termine ultimo per la messa a norma della batteria 12 della cokeria ILVA. E’ la più grande batteria di distillazione del carbon coke ed è quella su cui maggiormente di concentravano le aspettative di rispetto delle prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Nonostante le proroghe questa grande batteria è fuori norma.
La nostra richiesta si basa su considerazioni ambientali (delle quattro prescrizioni tre non sono state attuate) e sanitarie. (uno scenario emissivo (6 milioni di tonnellate annue di acciaio) a cui corrisponde un eccesso di rischio cancerogeno inaccettabile).
Miliardi di euro in sanzioni e provvisionali. Una montagna di denaro che si rischia a Tarantodi vedere mai. Nonostante le condanne inflitte dal Tribunale di Taranto, il rischio della beffa è concreto per le quasi mille parti civili costituite nel processo “Ambiente svenduto” come vittime dell’ ex Ilva. La sentenza della Corte d’assise, infatti, oltre ai 280 anni di carcere inflitti agli imputati, tra i quali Fabio e Nicola Riva e l’ex presidente della Puglia, Nichi Vendola, ha stabilito anche le somme che gli imputati dovranno versare immediatamente alle parti civili, in attesa che la sentenza diventi definitiva e su quella venga avviato un processo civile che possa quantificare l’ammontare del risarcimento. Una sorta di anticipo che si aggira complessivamente intorno agli 8 milioni di euro, tra 5 e 100mila euro a testa, ma per capire come potrà andare a finire, basta studiare la storia recente di un vecchio processo che vide condannato definitivamenteEmilio Riva, l’ex patron dell’acciaio scomparso nel 2014. La sentenza “Ambiente svenduto” copre il periodo 1995-2013, dopo il quale non possono che essere sempre definite “criminali” le condizioni dell’area a caldo dell’ex Ilva, a tutto il 2021. Clicca qui.
La repressione del dissenso è il comune filo rosso che si snoda tra lotte e territori, travolgendo specificità e motivi del conflitto, non appena si supera la soglia minima di allarme del consenso popolare; non appena si accendono i riflettori mediatici su aspetti e vicende pubbliche da custodire gelosamente come affari privati. Gli esempi sono tanti, come tanti sono i modi con cui si articola il ricatto sui territori per ridurre al silenzio e tutto ricomporre alla logica unitaria del dogma degli affari privati e del profitto. E’ il caso delle lotte No Tav e No Tap, dei No Muos a Niscemi, dei 45 ragazzi antimilitaristi No basi Nato del processo “Lince” in Sardegna, dei No Grandi Navi a Venezia, dei No Pfas di Alessandria e Vicenza, dei No Carbone a Brindisi, Civitavecchia, Imperia, di chi da decenni si oppone No Ilva a Taranto, della Rete campana No Rifiuti contro le discariche della morte, di chi lotta No nucleare contro il traffico di rifiuti, di chi, infine, No espulsioni, per aver compiuto il solo gesto di lavare i piedi dei migranti che giungono in Italia dalla rotta balcanica, si ritrova imputato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Clicca qui l’Appello per sostenere le spese legali dopo la recente sentenza di primo grado emessa dal GUP di Lecce, che condanna oltre un terzo dei 92 imputati per reati connessi alle proteste messe in campo dal 2017 al 2018 contro l’approdo a Melendugno (Lecce) del megagasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline), proveniente dall’Azerbaigian, ed in prosecuzione lungo la dorsale adriatica per congiungersi con quelli del nord Italia.
A p. 22 della rivista “Il Ponte” vi sono le dichiarazioni di Vendola del 2011 su Riva. Basta leggere la sua affettazione di stima per Emilio Riva e ricordare che l’anno successivo Riva viene arrestato per disastro ambientale. Si spiega come nel 2010, la Regione Puglia annegò il drammatico rapporto dell’Arpa invece di fermare la cokeria o ridurne la produzione, e fornì l’assist a Berlusconi per eliminare il limite per il micidiale benzo(a)pirene. E nel 2011 la Regione, sempre contro l’Arpa, è partecipe all’infame autorizzazione che consentiva all’ILVA di non coprire i parchi minerali e di aumentare per di più la capacità produttiva. Tra una risata e l’altra con Archinà, uno dei principali artefici delle morti per tumore dei bambini, Vendola lo rassicura: “Dica a Riva che il presidente non si è defilato”. Vendola è stato condannato per concussione aggravata in concorso con Archinà. (continua)
Da sempre per l’Ilva Alessandro Marescotti è il punto di riferimento del Movimento di lotta per la salute Maccacaro. Clicca qui l’intervista al fondatore di Peacelink: l’ambientalista che per primo si è battuto contro l’Ilva e i suoi 210 chili di veleni l’anno (diossina ecc.) per ogni cittadino di Taranto. Fu denunciato per procurato allarme. In questi anni, dalla sinistra non ha mai avuto la solidarietà di nessuno. La sinistra è rappresentata da Nichi Vendola, nella sentenza condannato per concussione a 3 anni e 6 mesi di reclusione per le pressioni sull’Arpa Puglia affinché ammorbidisse la sua linea dura contro l’Ilva Clicca qui il commento della sua ex portavoce. Marescotti conferma: “I pm ci ascoltavano, la politica ci considerava allarmisti”. Poi annuncia: “Presenteremo un nuovo esposto sul periodo 2013-oggi, non considerato dalla sentenza”.“ Finora sono esistiti due stati paralleli: i governi e i magistrati”. Nonché i sindacati e altre associazioni ambientaliste che vorrebbero continuare a produrre acciaio per garantire i livelli occupazionali. “La sentenza può portare a un movimento unitario, cioè la riconversione senza acciaio». Taranto è incompatibile con la produzione di acciaio? Neanche con la decarbonizzazione o i forni elettrici? “Genova ha rifiutato i forni elettrici per le scorie radio: si tratta di una tecnologia sorpassata. Per quanto riguarda la decarbonizzazione noi non siamo mai stati contrari ma mettiamo due condizioni: che sia sostitutiva e non aggiuntiva con la produzione tradizionale e che sia anticipata da una Valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario (Viias). Non c’è un pregiudizio ma penso anche che la produzione di acciaio verde non abbia più mercato. E comunque prima di tutto va fermata l’attuale produzione inquinante e insicura per i lavoratori”.
La sentenza è la grande vittoria della cittadinanza attiva che con le sue lotte e le sue denunce ha saputo raccogliere le prove del disastro ambientale. E ancora una volta la domanda al governo è: per la chiusura servono ulteriori certezze sull’impatto che questa industria ha avuto e avrebbe in futuro sulla salute della popolazione tarantina? Clicca qui.
Fabio Riva è la persona che nel corso di una conversazione intercettata disse: ‘Due tumori in più al mese? cosa vuoi che siano? una merda. Ora possiamo dirgli: 22 anni di reclusione cosa vuoi che siano? una merda.
Questa sentenza rappresenta una svolta storica sul piano giudiziario per la città di Taranto. E non solo, speriamo. Questa sentenza è un macigno sulle azioni del Governo: non saremmo un Paese credibile e giusto se all’interno del PNRR, a partire dall’ex Ilva, non si avviasse una vera transizione ecologica che parta dalla chiusura immediata dell’area a caldo dell’acciaieria (confiscata dalla sentenza e in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato).
Per l’Ilva di Taranto, al processo “Ambiente svenduto” durato cinque anni, per associazione a delinquerefinalizzata al disastro ambientale, omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro, avvelenamento di sostanzealimentari, corruzioni in atti giudiziari, omicidiocolposo e altre imputazioni, la Corte di Assise di Brindisi condanna a vario titolo: 22 anni di reclusione a Fabio Riva e 20 al fratello Nicola; 21 anni e 6 mesi a Girolamo Archinà responsabile delle relazioni istituzionali e definito dall’accusa come la “longa manus” dei Riva verso istituzioni e politica; 21 anni a Luigi Capogrosso direttore dello stabilimento; 18 anni e 6 mesi aLanfranco Legnani, Alfredo Ceriani, Giovanni Rebaioli e Agostino Pastorino considerati una sorta di “governo ombra” dei Riva;3 anni e 6 mesi a Niki Vendola ex governatore della Puglia accusato di concussione aggravata in concorso; 3 anni a Gianni Florido ex presidente della Provinciae a Michele Conserva ex assessore provinciale all’ambiente per concussione, 15 anni e 6 mesi a Lorenzo Liberti ex consulente della procura; 2 anniperfavoreggiamento aGiorgio Assennato ex direttore di Arpa Puglia; 5 anni e 6 mesi a Francesco Perli avvocato dei Riva; eccetera per un totale di 47 imputati (44 persone fisiche e 3 società); trasmissione degli atti alla procura per l’ipotesi di falsa testimonianza per l’ex arcivescovo della diocesi di Taranto Benigno Papa. Insomma una bella associazione a delinquere industriale, politica, amministrativa, legale, ecclesiale.
Clicca qui Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink.
Tutto parte dalle analisi sul pecorino contaminato da diossina, consegnate da PeaceLink in Procura a Taranto nel 2008; nei tre anni precedenti erano stati acquisiti i dati delle emissioni di diossina dell’ILVA. Nel 2012 vengono consegnate alla magistratura le perizie. Si attende adesso la sentenza.
2021 – il TAR, con una sentenza storica, dispone che gli impianti dell’area a caldo vanno fermati perché malfunzionanti e pericolosi; la questione passa al Consiglio di Stato; i cittadini si trasferiscono a Roma con le croci bianche delle vittime dell’inquinamento in attesa della sentenza, il Consiglio di Stato temporeggia in attesa della sentenza del processo ILVA, che sta per arrivare a conclusione; i pubblici ministeri chiedono condanne con pene fino a 28 anni di reclusione. Clicca qui la storia.
Alto numero di malattie respiratorie, tumori al polmone, leucemie, nascite pre-termine. In un territorio sono concentrati un inceneritore, una discarica, due fabbriche di mangimi e soprattutto le acciaierie Arvedi, il secondo polo siderurgico italiano dopo l’Ilva di Taranto. Arvedi è quella che inquina di più ma è invisibile ai media, intoccabile. Avviato ma non completato lo studio epidemiologico. Tacciono la pubblica amministrazione e la politica. Protestano le associazioni ambientaliste. Clicca qui.
Dare a Taranto lo stesso diritto alla salute di Genova e Trieste dove l’area a caldo è stata fermata. Rispettare la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che condanna lo Stato italiano per la questione Ilva, sentenza già menzionata nell’ordinanza di chiusura del Sindaco di Taranto e nella sentenza del Tar di Lecce, che si chiede al Consiglio di Stato di confermare. L’area a caldo è la principale fonte di rischio di malattie e morte. Gli studi epidemiologici nazionali ed internazionali provano il nesso di causalità tra emissioni ed eventi patologici. Clicca qui i partecipanti e l’organizzazione della manifestazione del 12 e 13 maggio a Roma. Pieno sostegno, da sempre, del Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
Sempre più morti nei quartieri vicini all’acciaieria.
Basta un solo dato relativo al 2019: 181 decessi in più rispetto all’atteso confrontando i quartieri di Taranto più esposti all’inquinamento con il dato regionale. Dati più analitici si trovano nel comunicato scaricabile da questo link . Lo studio completo si può scaricare da qui
Nel 2020 gli eccessi di mortalità statisticamente significativi a Taranto sono stati del +25% nel quartiere Tamburi e del +20% nel quartiere centrale della città, il Borgo.
Consideriamo che lo Stato è ri-entrato nel capitale dell’azienda dell’acciaio. Ebbene, nell’ArcelorMittal di Taranto, di fatto statale, un lavoratore è stato licenziato dalla direzione perché aveva pubblicato un post su Facebook, col quale invitava a seguire una fiction televisiva che faceva eco alla grave situazione ambientale della fabbrica e della città
Negli anni cinquanta Giuseppe Di Vittorio chiamava fascismo aziendale quel regime autoritario nei luoghi di lavoro che non solo imponeva alle lavoratrici ed ai lavoratori l’oppressione di durissime condizioni di sfruttamento, ma colpiva la libertà di pensiero e di espressione, imponendo loro di non manifestare e di nascondere le loro opinioni. Oggi quel fascismo aziendale sta tornando e si sta diffondendo in questo clima politico. Clicca qui.
Le autorità italiane devono “garantire che il funzionamento attuale e futuro dell’acciaieria non continui a comportare rischi per la salute dei residenti locali e per l’ambiente”. Il Consiglio europeo deplora la mancanza di informazioni” da parte del governo italiano, attese un anno fa, in merito all’esecuzione della sentenza del 24 gennaio 2019 con cui la Cedu ha condannato il nostro Paese per le violazioni commesse a danno dei tarantini nella gestione della più grande acciaieria d’Europa. Intanto per il futuro dell’area a caldo si dovrà attendere l’udienza di merito fissata per il 13 maggio dal Consiglio di Stato. Clicca qui.
Le autorità italiane devono “garantire che il funzionamento attuale e futuro dell’acciaieria non continui a comportare rischi per la salute dei residenti locali e per l’ambiente”. Il Consiglio europeo deplora la mancanza di informazioni da parte del governo italiano, attese un anno fa, in merito all’esecuzione della sentenza del 24 gennaio 2019 con cui la Cedu ha condannato il nostro Paese per le violazioni commesse a danno dei tarantini nella gestione della più grande acciaieria d’Europa. Intanto per il futuro dell’area a caldo si dovrà attendere l’udienza di merito fissata per il 13 maggio dal Consiglio di Stato. Clicca qui.
La prosecuzione dell’attività costituisce pericolo di vita per i lavoratori e per cittadini e determina rilevanti danni all’ambiente, in violazione di quanto previsto dalla Costituzione. Invece il Consiglio di Stato ha deciso di accogliere la richiesta di sospensiva dell’ordinanza del Tar di Lecce che convalidava la decisione presa un anno fa dal sindaco di Taranto che intimava ad ArcelorMittal e all’Ilva in Amministrazione straordinaria di spegnere l’area a caldo dello stabilimento siderurgico. L’udienza di merito è invece programmata per il 13 maggio. Per nulla sorpreso della decisione il sindaco Rinaldo Melucci certo di riuscire a fermare l’area a caldo dello stabilimento siderurgico, «con ogni mezzo possibile, ogni giorno sarà una pena per loro e per chi intenderà danneggiare ancora la vita dei tarantini e interferire con la svolta della città».«Nessuna sorpresa, nessuna variazione sul percorso che abbiamo impostato con l’intera comunità – ha dichiarato – e quand’anche gli esiti dell’udienza di maggio del Consiglio di Stato dovessero prevaricare l’aspirazione di mezzo milione di cittadini e i diritti fondamentali sanciti dal Tar di Lecce con l’ordinanza di spegnimento dei forni, noi andremo avanti in ogni grado di giudizio, anche in sede europea.” Anche la Regione si era costituita nel giudizio amministrativo dinanzi al Consiglio di Stato schierandosi a sostegno delle tesi del Comune di Taranto, ricordando di aver già impugnato il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri del 29 settembre 2017 con il piano valevole come autorizzazione integrata ambientale per l’ex Ilva, stabilimento oggi gestito da ArcelorMittal, ricorso che pende tutt’ora dinanzi al Tar del Lazio. Non solo, lo stabilimento non risulta neppure adeguato alla decisione della Commissione Europea del 28 febbraio 2012.
Solvay dice di essere costretta chiudere Spinetta Marengo: senza i Pfas le produzioni gamma algoflon non sono più economicamente competitive. Non c’è ragione per non crederle osservando il mercato e soprattutto la bufera che si sta scatenando nel mondo contro i tossici e cancerogeni PFAS che imperversano in tutti i settori merceologici, dai biberon all’astronautica. Ovvio il parallelo con Eternit e Ilva. Dunque la chiusura è una eventualità reale e non una minaccia, come sembrano interpretarla i succubi sindacati con il ricatto all’opinione pubblica dei posti di lavoro in pericolo. Finora la minaccia aveva pagato grazie alla complicità di politici e giornali e all’inerzia della magistratura, e soprattutto nascondendo gli scheletri nell’armadio (cartelle cliniche e dati epidemiologici). Finalmente la Procura di Alessandria è intervenuta, dopo oltre dieci anni di esposti che avevano posto fine al pfas PFOA ma non ai sostituti C6O4 e ADV. L’accusa è disastro ambientale e mancata bonifica in barba alla precedente sentenza della Cassazione. Di conseguenza Solvay ammette la chiusura. Però Bruxelles pensa: chiusura ma non subito, prima spremiamo fino in fondo la fabbrica, basta che gli avvocati menino per le lunghe il processo. A sua volta il ministro della transizione ecologica (continua il lungo articolo).
ArcelorMittal, ovvero lo Stato che è co-proprietario, ovvero il Governo, ricorrerà al Consiglio di Stato? Benché sia in corso il processo (derivato dall’inchiesta “Ambiente Svenduto”) per i gravi danni inferti alla salute della popolazione, con gli eccessi di mortalità documentati dalle perizie epidemiologiche e ampiamente sottolineati in questi giorni dal PM. Il Governo deve prendere atto che l’Ilva non è compatibile con la vita e con la città, e decidere che il Recovery Plan finanzi la riconversione dei lavoratori ILVA impiegandoli in attività di bonifica, di utilità sociale e di riqualificazione territoriale. Occorre chiudere definitivamente l’area a caldo senza generare disoccupati, così come è avvenuto a Genova e a Trieste. Il razzismo ambientale deve finire: la salute dei cittadini di Taranto deve valere quanto quella dei cittadini di Genova e di Trieste. Dunque il ministro della Transizione Ecologica cominci a non fare ricorso contro la sentenza del Tar. Clicca qui.
Come si fa a parlare di super ministero della transizione ecologica se non si chiudono, come non ha fatto il governo uscente, gli impianti inquinanti dell’Ilva a fronte della drammatica questione sanitaria di Taranto? (clicca qui).
Il webinar (clicca qui) con la dottoressa Annamaria Moschetti, presidente della Commissione ambiente dell’Ordine dei medici di Taranto, risponde alle domande: Esiste una questione sanitaria connessa alle emissioni del siderurgico? In particolare esiste una questione sanitaria che riguarda i bambini tarantini?
Si chiamava Lorenzo Zaratta, per gli amici Lollo. Era un bambino affetto da un tumore al cervello. La gravidanza della mamma è avvenuta nel quartiere Tamburi di Taranto, il quartiere su cui si riversano i fumi dell’ILVA. Per la morte di Lollo sono scattati gli avvisi di garanzia verso nove dirigenti che hanno gestito lo stabilimento siderurgico di Taranto.
Una operazione propagandistica del governo sulla pelle dei tarantini e dei contribuenti italiani. Vincono le condizioni poste da ArcelorMittal: senza il dissequestro degli impianti inquinanti se ne andrà senza pagare penali. Torna l’acciaio di Stato? Tramite una operazione in perdita economica, senza prospettive di riconversione e di tutela della salute. Addirittura ci sarà la somma degli inquinamenti degli impianti vecchi con quelli nuovi. Intanto il Processo Ilva si concluderà come l’ennesimo Delitto Perfetto consumato nel tribunale (vedi il libro omonimo di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia) e perpetrato dalla classe politica connivente e collusa? Clicca qui l’intervista di PeaceLink a Radio Radicale.
+ 128% di benzene nel 2020 rispetto al 2019 nel quartiere Tamburi di Taranto. Al perimetro dello stabilimento siderurgico.: +215% per benzene, +48% per PM10, +30% per PM2,5, tutti cancerogeni. PeaceLink (clicca qui) invita il Sindaco di Taranto, il Presidente della Provincia e il Presidente della Regione a inviare alla Commissione Europea e alla CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) tutta la documentazione ufficiale per sottolineare l’incompatibilità con la salute pubblica dell’attuale area a caldo dell’ILVA. Basta con le parole, con le solite parole trite e ritrite che annunciano un equilibrio fra produzione e salute che non viene mai dimostrato e mai raggiunto, ma che verrà anzi ancora più aggravato se si dovesse giungere a raddoppiare la produzione (8 milioni di t/a), come vorrebbero i sindacati e il governo. Lo diciamo chiaramente: dati alla mano ed evidenze scientifiche ormai acclarate ,chiunque chiede di proseguire con la produzione dell’area a caldo è responsabile, materialmente o moralmente, di tutti gli eventuali danni sanitari che si verificheranno.
Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, e il governatore della Puglia, Michele Emiliano, convocano il governo per costituire il Tavolo che giunga all’accordo che “dovrà contenere le previsioni necessarie per addivenire alla chiusura delle lavorazioni siderurgiche a caldo dell’acciaio”. Cioè il contrario dell’accordo tra Invitalia (il Governo) e ArceloMittal che prevede, accanto alla decarbonizzazione, anche il mantenimento della micidiale area a caldo. Per la UIL invece la chiusura è populismo. Non salute.
Chiediamo al Governo la riconversione dell’economia di Taranto con i fondi del Recovery Fund. Invece l’area a caldo è incompatibile con la salute e va fermata.
La normativa anti-Covid dispone un costante ricambio dell’aria nelle scuole per evitare eventuali contagi dovuti al ristagno ma, al contrario per i ‘Wind days‘, a Taranto è opportuno tenere le finestre chiuse per limitare l’entrata delle polveri ILVA. Il Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente sottolinea che è preciso dovere del sindaco dichiarare la necessità di fermare dell’area a caldo dell’ILVA. Per combattere il Covid che si diffonde nelle scuole va fermata la produzione inquinante che fa salire il PM10 nelle aule che vanno arieggiate. Clicca quiPeacelink.
Il Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente a Taranto accusa: “Eravamo ansiosi di vedere che lei cambiasse la situazione. E invece no. Lei continua, come i suoi predecessori, nel solco dei decreti salva-ILVA“. Le sue due proroghe all’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ai gestori dello stabilimento ILVA concedono altro tempo alla procedura di messa a norma degli impianti posti sotto sequestro penale dalla magistratura. Siamo di fronte a una procedura colabrodo, più volte non rispettata, che scredita le istituzioni italiane agli occhi dell’opinione pubblica e del resto del mondo. Come se non bastasse ha emanato altri due decreti salva-ILVA: ha prorogato la messa a norma del trattamento delle acque reflue di acciaieria e di cokeria del siderurgico ArcelorMittal, e il rispetto del termine per la copertura dei nastri trasportatori del carbone e del minerale di ferro, prevista dall’AIA. E così i salva ILVA sono passati da 12 a 14. Il 4 luglio 2020 si è alzata una nuvola di polvere impressionante che attesta come tutte le prescrizioni di contenimento delle polveri risultino inattuate e generano picchi di inquinamento registrati dalle centraline ARPA . “Le vogliamo chiedere una valutazione di tutti gli impatti ambientali e sanitari che i ritardi e le non ottemperanze hanno causato al territorio e alla popolazione residente. Le chiediamo di far redigere un calcolo dei danni sanitari di tutte le proroghe AIA concesse. Il Comitato ribadisce la propria posizione che è quella soprattutto della chiusura immediata degli impianti ILVA sotto sequestro penale”.
Clicca qui il documento del Comitato. Leggi i drammatici articoli correlati.
Costa ha recentemente emanato due decreti salva-ILVA nel più totale silenzio, quatto quatto. Il primo è sugli scarichi dei reflui in mare di cokeria e altoforni e il secondo sui nastri trasportatori. Sono proroghe, le ennesime, alle prescrizioni autorizzative. E’ un esempio di come le Istituzioni ignorino informare le Associazioni e dunque di consultarle. Alessandro Marescotti va oltre questa denuncia e lancia un grido di allarme: “La reazione civile viene delegata al mondo dell’ambientalismo, il mondo della cultura non si esprime o addirittura tace”. Clicca qui.
Forse c’è solo una parola che può riassumere efficacemente la situazione attuale. E quella parola è disincanto. Siamo ormai oltre la protesta, oltre la rabbia, oltre la delusione. Siamo al disincanto verso un M5S che non ha mantenuto le promesse. Siamo al disincanto politico, ossia a quello stato dell’animo di chi si sente ormai vaccinato dal virus dell’illusione. Un amaro disincanto. Dall’Ilva, alla Tap, alla Tav, agli F-35, il Movimento aveva promesso due anni fa cose che oggi ha accantonato. Ma se questa è la situazione nell’area del M5S, non va meglio la situazione per il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano (continuaPeacelink).
bruciando centinaia di milioni di euro che sarebbero invece necessari per una riconversione del sistema economico. Oggi l’ILVAperde cento milioni di euro al mese. E’ un’azienda fallita da anni che non si sorregge più. Di fronte a questa evidenza bisogna predisporre un piano B per salvare prima di tutto il lavoro di operai che con l’ILVA non arriveranno mai in pensione. Il Recovery Fund è una grande opportunità di riconvertire l’economia. Ma se si sprecheranno quei miliardi per ritardare la fine di un sistema insostenibile per l’ecologia e l’economia, il drammatico risultato sarà solo quello di scaricare sulle generazioni future costi economici e sanitari enormi, un furto di futuro. La decarbonizzazione è uno spreco insensato: lo stabilimento è comunque fuori mercato, è strategico solo per i politici. Clicca quiPeaceLink.
Qui più che altrove ogni vita è provvisoria. Qui più che altrove non c’è tempo da perdere. Non c’è niente da perdere. Tiroiditi autoimmuni, dermatiti, endometriosi, forme infiammatorie artritiche o vascolari, allergie di ogni tipo, sindrome MCS (sensibilità chimica multipla), disturbi bipolari, malattie neurodegenerative, SLA, patologie genetiche, malformazioni alla nascita …. le statistiche ancora non misurano l’ infinita varietà di forme che a Taranto può assumere il dolore, che segue l’infinita varietà degli inquinanti chimici prodotti da Ilva, Eni, Cementir, Arsenale militare. Clicca qui il libro “Veleno” di Cristina Zagaria, la battaglia di una giovane donna.
“Perseverare è diabolico quando si parla di una fantomatica ‘produzione strategica per la nazione’; anche quando quella ‘produzione’ continua ad essere una perdita economica che porterà alla catastrofe nazionale; soprattutto quando quella‘ produzione’ regala morte, malattia, disperazione”. […] “E’ il momento di cambiare strada, di chiudere la vecchia fabbrica della morte e di riconoscere a Taranto un giusto risarcimento, a partire dall’istituzione di una no-tax area e un piano di bonifica e riconversione economica studiato da professionisti di riconosciuto talento, avvalendosi di forza lavoro principalmente tarantina”. Continua a leggere la Lettera dei Genitori Tarantini al premier Conte e sottoscrivila (a genitoritarantini.ta@gmail.com) come già fatto da migliaia di cittadini. Clicca qui.
Il Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente di Taranto chiede al sindaco che formalizzi questa richiesta e pretenda in modo netto e ufficiale al Ministero dell’Ambiente la revoca della facoltà d’uso degli impianti sottoposti a sequestro penale. (Clicca qui).
“Il Just Transition Fund, lo strumento della transizione verde del Recovery Fund, è stato tuttavia fortemente ridimensionato e noi riteniamo che le risorse rimanenti non possano essere sprecate in un’impossibile rilancio dell’Ilva”. È un passaggio della lettera che oggi il Comitato cittadino per la salute e l’ambiente a Taranto ha inviato al premier Giuseppe Conte. “Non vogliamo – si legge nell’appello a Conte – che il Just Transition Fund divenga la stampella per far proseguire ancora di qualche mese l’agonia dell’Ilva concedendo abilmente ad ArcelorMittal fondi europei e aiuti di stato. Clicca qui l’appello.
Lettera aperta al Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano: Occorre aggiornare lo Studio sugli effetti delle esposizioni ambientali e occupazionali a Taranto. Il Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente chiede che lo studio epidemiologico su Taranto, consegnato al Tribunale di Taranto nel 2012 e poi proseguito grazie alla Regione Puglia, venga aggiornato per verificare e quantificare con precisione i danni sanitari causati dall’ILVA. Clicca qui.
Lo Stato non può farsi carico delle perdite di ArcelorMittal. La fabbrica non è sostenibile né dal punto economico né da quello ambientale e sanitario. Se lo Stato ritiene che sia utile salvare la produzione gettando ulteriori miliardi di soldi pubblici in un’azienda che cade a pezzi e senza futuro, allora è necessario che le organizzazioni tarantine e la cittadinanza scendano in strada per raccontare le alternative sostenibili e gli interventi di riconversione che si potrebbero attivare con tali investimenti pubblici. Clicca qui il video con Alessandro Marescotti.
Radio Radicale intervista Alessandro Marescotti presidente di PeaceLink: INVITALIA non può salvare l’ILVA. La sua mission è differente rispetto a quella che fu la mission di GEPI. Tra il 1971 e il 1992 a GEPI lo Stato erogò circa 4.000 miliardi di lire per gestire 108.000 lavoratori. Una prospettiva non più proponibile oggi: INVITALIA non può tornare a diventare un carrozzone per mascherare i fallimenti.Cliccate qui per saperne di più.
Il governo – nel suo tentativo di evitare l’implosione dell’ILVA – gioca la carta della disperazione: sposta al 2025 il termine della messa a norma degli impianti. La Corte Costituzionale aveva di fatto “chiuso un occhio” sul primo decreto salva-ILVA contando sul fatto che i lavori di messa a norma sarebbero stati rapidissimi. Quello che sta avvenendo è invece l’esatto contrario: ben dieci anni di ritardo vengono previsti! Quante vittime lascerà sul campo un ritardo di questa portata? L’accordo prevede tale proroga nonostante la VIIAS (Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario) certifichi la pericolosità degli impianti in funzione che causano un rischio sanitario “non accettabile” agli attuali livelli produttivi di 4,7 milioni di tonnellate/anno di acciaio. Come farà il governo a garantire un rischio sanitario accettabile prospettando un aumento della produzione da 4,7 a 8 milioni di tonnellate/anno di acciaio? Come farà il governo a dimostrare che da qui in poi non vi saranno vittime in questo prolungarsi del percorso di messa a norma degli impianti? E solo chi si fa illusioni può pensare che l’accordo apra le strade ad un roseo futuro per i lavoratori di Taranto. La prospettiva è che ArcelorMittal vada via da Taranto pagando una penale da 500 milioni ma avendo acquisito il clienti dell’ILVA. E lasci al governo il compito di trovare un improbabile sostituto. Clicca qui PeaceLink: Non vi fate abbindolare. Il vero scopo del nuovo piano è quello di dare altri due anni di tempo per la messa a norma degli impianti. Intanto la gente muore
Dalla Cassazione per l’ex Italsider Ilva di Taranto. Risarciti solo gli avvocati di parte civile. Fra prescrizioni e assoluzioni, dei 27 imputati per la morte di 31 lavoratori nessuno è condannato: il fatto non sussiste.
Ci saremmo aspettati che gli impianti pericolosi, inquinanti, economicamente fallimentari, li avrebbe spenti il Governo per tutelare i bambini di Taranto e invece li stava spegnendo Mittal. Ma il Governo lo ha impedito, costringendo ArcelorMittal a inquinare ancora, a provocare a Taranto un rischio sanitario inaccettabile per migliaia di persone. Clicca qui la Lettera a Giuseppe Conte: “Lei, che è docente di diritto, sa che lo Stato deve incarnare almeno la diligenza del “buon padre di famiglia”. Ma che buon padre di famiglia è quello che espone i suoi figli a un rischio sanitario inaccettabile ? Lei farebbe così con i suoi figli?”.