Il sindaco tradisce Solvay.

“Il sindaco di Alessandria utilizzerà i 100mila euro che ha patteggiato con Solvay per organizzare avvocati e medici legali in una class action per risarcire le Vittime del disastro sanitario di Spinetta Marengo”. Che notizia!
 
 La voce produce una eco clamorosa: “Giorgio Abonante l’ha fregata bene, si è fatto dare i soldi da Solvay per utilizzarli contro di lei”. “Magari vuole pure ordinare finalmente la fermata delle produzioni inquinanti”.
 
A Bruxelles furibonda Kadri con Alleva”. Guido Carlo Alleva è il famoso avvocato che, fornito di un pacchetto di euro, aveva ricevuto l’incarico di perpetuare i Pfas neutralizzando il processo penale tramite l’avvio di procedura di patteggiamento con la Procura della Repubblica; previ prezzolati beneplaciti delle parti civili istituzionali e fisiche. Illam Kadri è la presidentessa di Solvay Syensqo che ha ricevuto 27.5 milioni di euro in bonus negli ultimi due anni e che ambisce a ricevere entro il 2026 un altro bonus di fidelizzazione di 7.5 milioni di euro, se si concretizza l’effetto del patteggiamento.
 
Una ridda di voci, pro e contro. “Dobbiamo ricrederci su Abonante” commentano i Comitati “l’avevamo sputtanato per aver venduto, anzi svenduto la salute della popolazione alessandrina” “Abonante giuda, hai fregato noi” protesta l’assessore Federico Riboldi dalla Regione Piemonte “Stavamo per concludere anche noi per un pacchetto di qualche migliaia di euro”.
 
Sui giornali “L’avvocato Lanzavecchia non commenta”: è uno degli avvocati indicati per aver concordato 3.500 euro di elemosina agli assistiti parti civili.
Le voci si rincorrono fino a Roma. Il ministero dell’Ambiente: “Non risulta che il ministro Gilberto Pichetto Fratin avesse già dato parere favorevole alla Procura per il patteggiamento”.
 
Desolati per la perdita della propria parcella offerta da Solvay, in coro gli avvocati (alcuni patteggianti per conto di associazioni ambientaliste): “Se salta il colpo di spugna del patteggiamento, va avanti il processo penale”, magari riqualificando il reato di disastro ambientale da colposo a doloso. 
 
A questo punto “Parodi si occuperà personalmente del processo Solvay”. Altrimenti ad esclusivo carico della giovane sostituto pm Eleonora Guerra. Cesare Parodi, il nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati (ANM), dovrebbe trasferirsi al tribunale di Alessandria come procuratore capo.
 
“L’avvocato Alleva si precipita ad Alessandria”. Da Palazzo Rosso, sede del Comune, filtrano indiscrezioni: “I centomila euro t’ì li do sù dent”.
Finalmente, l’avvocato municipale Roberto Calcagni rompe il silenzio: “Smentiamo le illazioni che circolano. Il sindaco non ha alcuna intenzione di organizzare avvocati e medici legali in una class action per risarcire le Vittime del disastro sanitario di Spinetta Marengo. E neppure per biomonitoraggi ostili all’azienda.  Il business dei soldi del patteggiamento sarà utilizzato solo  per potenziare i cimiteri”. Si sgonfia la notizia, anche se…
 
Ma qui interrompiamo questa storia che ci è parsa inverosimile fin dall’inizio e che non avremmo dovuto cominciare a raccontare nemmeno per dovere di cronaca. E’ evidente, come avranno subito avvertito i lettori perspicaci, che si trattava di una “fake news”, bufala inventata e messa in giro dal solito-mica-tanto-ignoto per tenere vivi, tramite il paradosso della satira, il vergognoso epilogo della “Questione Solvay” a Spinetta Marengo e la traballante “Questione Pfas” in Italia: clicca qui.

La lobby chimica fa fuoco e fiamme per i Pfas.

In Francia, la legge vieta la produzione, l’importazione, l’esportazione e l’immissione sul mercato di cosmetici, scarpe da sci, tessuti per l’abbigliamento, scarpe e impermeabilizzanti con PFAS a partire dal 2026, e di tutti i tessuti che li contengono dal 2030. Per gli utensili da cucina, nessun divieto per le padelle antiaderenti con rivestimento di PTFE (Teflon). Il testo iniziale della legge, infatti, conteneva anche questo divieto, ma la pressione dell’industria lo ha fatto saltare. In particolare, ha avuto un ruolo importante il Groupe SEB, proprietario di marchi di padelle come Tefal e Lagostina, che fa parte della lobby di Solvay. In compenso, la legge francese, a differenza di quella italiana, istituisce la ricerca sistematica nell’acqua potabile di 20 PFAS classificati come preoccupanti a livello europeo. Clicca qui.

Alessandria: Solvay patteggia per la devastazione ambientale a Spinetta Marengo.

A Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, Solvay sta riuscendo nel tentativo di non arrivare al processo per disastro ambientale colposo, negoziando patteggiamenti che metteranno tutto a tacere. L’ultimo di questi è giunto proprio dal Comune di Alessandria, capoluogo di provincia, che ha accettato il riscatto di 100 mila euro proposto dalla multinazionale Syensqo (ex Solvay): Clicca qui.

Vi immaginate che il sindaco di Alessandria si metta contro Solvay?

Un sindaco con la sfiga di avere in casa uno stabilimento chimico ad alto rischio dovrebbe avere la tempra di un mastino, piuttosto che essere privo di spina dorsale. Non è una scusante, semmai una aggravante per chi si ostina a fare carriera politica. Pure Giorgio Abonante non può camuffarsi dietro l’ignoranza, essendo a piena conoscenza dei 20 esposti di Balza alle Procure della Repubblica, insieme a tutte le 8 indagini epidemiologiche con gli eccessi di mortalità e malattie, insieme a tutte le allarmanti analisi sanitarie dell’Asl, insieme a tutte le inequivocabili indagini ambientali suolo-acqua-aria dell’ARPA, insieme a tutti i ricorrenti incidenti con fughe in aria e acqua e blocco degli impianti, insieme al censimento delle grida dei concittadini che piangono i morti e le malattie presenti e future. A tacere tutti (non tutti) i Comitati e le Associazioni che ce l’hanno con lui.
A queste consapevolezze aggiungiamo, a sua disponibilità, gli studi scientifici nazionali e internazionali sugli effetti cancerogeni delle sostanze che Solvay spande da Spinetta Marengo su tutto il territorio comunale e provinciale. Molto più che un sospetto di relazione causa-effetto. Come si giustifica, dunque, che un sindaco non si avvalga delle prerogative di legge e, quale massima autorità sanitaria locale, e per il sacrosanto principio di precauzione, non emetta ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti in attesa che la magistratura faccia il suo corso? Non si giustifica un Abonante, al ricordo di similari ordinanze invece di altro sindaco locale (Mirabelli).
Non si giustifica. Semmai si convalida l’accusa di complicità con la multinazionale belga.  Chi scrive non ha mai usato la parola corruzione che nel primo processo fu dagli avvocati Solvay ripetutamente scagliata -prove contabili in mano- contro le Giunte alessandrine.  Lo ricordiamo, e lo ricorda anche un vecchio habitué della politica come Abonante.  L’accusa di complicità a suo carico è invece pienamente provata sul piano politico, e morale perché a scapito della salute dei lavoratori e dei cittadini. A voler essere benevoli, Abonante nei confronti di Solvay è affetto da “sindrome di Stoccolma”. Ad essere cattivi, ecco la recente dimostrazione della subordinazione politica e culturale di Abonante: il patteggiamento del Comune con Solvay, su cui ritorneremo.
Ritorneremo non prima di cesellare la sua goffa giustificazione del patteggiamento: quale cinico introito alle esangui casse del bilancio comunale. Ebbene, premesso che non ritengo che contraddirebbe la consumata complicità né a salvargli la faccia dopo la vomitosa frittata, però in ogni caso la provocazione gli è stata lanciata eccome: invece che al grottesco potenziamento dei loculi cimiteriali, Abonante destini i 100mila euro a finanziare un pool di avvocati, consulenti e medici legali che intentino una causa civile class-action milionaria contro Solvay, per cercare di rendere giustizia con risarcimenti alle Vittime di Solvay ed evitare sempre più vittime in futuro. Anzi, promuova tale azione con le altre parti civili che si sono messe in tasca i malloppi del patteggiamento.
Una provocazione. Ve l’immaginate che Abonante si metta contro Solvay? Come don Abbondio contro don Rodrigo.

Giorgio Abonante si difende: il patteggiamento è un business.

Di fronte alla levata di scudi, il sindaco di Alessandria cerca di giustificare perché, tramite il patteggiamento, ha venduto alla Solvay la salute dei suoi concittadini. Perché, in cambio di 100mila euro ha abbandonato il processo, ha rinunciato a chiedere giustizia, finalmente giustizia, contro chi sta ammalando e uccidendo lavoratori e cittadini, a chiedere la condanna dell’imputata Solvay per disastro ambientale colposo, anzi ha rinunciato a chiedere una pena più severa -per dolo- in quanto da ben venti anni Solvay continua a uccidere l’ambiente, e non ha intenzione di smettere. Perché, insomma, per trenta denari ha assolto Solvay prima ancora che il processo (il secondo) cominci. E le ha dato il via libera ad altri decenni di omesse bonifiche e di ulteriori avvelenamenti di suolo-aria-acqua.
Non è pentito come Giuda per i trenta denari, Giorgio Abonante rivendica, parole sue, di aver “guadagnato il doppio del primo processo di soli 50mila euro”. E usa come paravento il presunto parere del suo avvocato, Roberto Calcagni, irretito dal prestigio del principe del foro. Guido Carlo Alleva l’avrebbe convinto di non fare affidamento sulla giustizia del tribunale di Alessandria, sul Procuratore e sul GUP, chè da parte loro sicuramente sarebbero in procinto di procedere a patteggiamento o rito abbreviato, addirittura senza condanna, escludendo il Comune come parte civile. Con questo inverosimile spauracchio puntato alla tempia, secondo Abonante è meglio l’ovetto oggi piuttosto che la gallina domani. Anche perché, conferma, non ha alcuna intenzione di procedere a processo civile contro Solvay.
Siccome Solvay si dichiara innocente come l’acqua (delle falde), e appunto risarcisce al Comune 100mila euro unicamente come “danno di immagine”, l’offerta da Abonante è definita “congrua” …in proporzione all’immagine che ritiene di godere presso i suoi concittadini… dall’alto di quel 20% di aventi diritto che l’avevano eletto. Insomma, immagine misera. Benchè l’avvocato Calcagni gli ha assicurato che “sono d’accordo anche i colleghi che tutelano” si fa per dire “i cittadini costituitisi parte civile nel processo”.
Proseguendo nell’autodifesa, Abonante precisa a scanso d’equivoci del malloppino che“L’obiettivo è quello di mettere a frutto l’intero” ci mancherebbe altro! “stanziamento in favore della collettività.   Immediatamente per far fronte ai lavori straordinari che interesseranno i cimiteri cittadini.” All’implementazione dei quali garantisce la situazione sanitaria assicurata dal polo chimico.  Poi, sfida l’ilarità con la promessa di “rendere più operativo l’Osservatorio ambientale della Fraschetta che abbiamo recentemente insediato”: tutt’altra cosa, peraltro, della elaborazione democratica degli anni ’90 (nota dell’Autore).
Abonante esce dal processo con questo “congruo” patteggiamento che di fatto assolve Solvay, giustificando sè che la tutela dell’ambiente e della salute del territorio alessandrino competerebbe a tutti gli altri:  con analogo amichevole patteggiamento “al Ministero dell’Ambiente impegnato a far valere le proprie ragioni” (sappiamo come) e ai giudici “che ci aspettiamo che possano riconoscere allo Stato”, sempre con affettuoso  patteggiamento, “un risarcimento congruo da mettere a disposizione per il territorio di Spinetta e della Fraschetta per accelerare di molto” ma senza troppa fretta “il procedimento di bonifica ambientale di tutta l’area inquinata all’esterno del polo chimico”. Il tutto per grazia ricevuta: senza chiudere, è ovvio, le produzioni inquinanti. Nello scarica barile, Abonante, è ovvio, non cita la Regione: sodale responsabile per aver evitato e rallentato il monitoraggio di massa della popolazione alessandrina.

Il Comune ha fatto da bulldozer. Colpo di spugna della Solvay sul processo e sulla messa al bando dei Pfas. Premio miliardario alla presidentessa Syensqo.

Avendo l’avvocato Guido Carlo Alleva, all’ultima udienza davanti al GUP di Alessandria, proposto la procedura di patteggiamento della Solvay (Syensqo) alla Procura della Repubblica, il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, forte… del consenso elettorale del 20% degli aventi diritto, ha bypassato l’effimero consiglio comunale e concordato la somma di 100mila euro per scappare dal processo. I cittadini del Capoluogo sono circa 100.OOO, cioè un euro a testa del cosiddetto “risarcimento”. Cifra pari a quella patteggiata, sempre per danno di immagine, dal Comune di Montecastello (274 abitanti). Più che “vendita della salute” sarebbe più appropriato parlare di “svendita”. E -se avessimo ancor più forza di ironizzare- dovremmo  dare tutta la colpa ai cittadini che l’hanno eletto?
 
Con il patteggiamento, cioè con la strozzatura del processo penale, e delle relative condanne penali, Solvay si era proposta la condizione di non preoccuparsi definitivamente della chiusura delle produzioni e della bonifica, nonché di non essere chiamata a pagare milioni di risarcimenti alle Vittime: migliaia di ammalati e morti. Scelto come ventre molle, il Comune di Alessandria serviva da apripista per le altre contrattazioni, locali e nazionali, in corso in questi mesi.
 
Così, con l’apripista di Abonante, il mercanteggiamento della salute è scontato che si concluda anche fra la Solvay e la Regione Piemonte dell’inverosimile assessore alla sanità Federico Riboldi detto l’imbonitore. Idem per il governo, considerando che Gilberto Pichetto Fratin è l’attuale ministro dell’Ambiente.
A loro volta, grazie al bulldozer Abonante, gli avvocati delle parti civili fisiche non aspettavano altro: valutano che fra i loro assistiti, magari extracomunitari occasionali, sono numerosi quelli non toccati da malattie proprie o dei loro famigliari o amici, e che non disdegnano una inaspettata elemosina risarcitoria (3.500 euro) di Solvay.
 
Insomma, supportate dai Comitati, contrarie al mercimonio della salute restano, con scandalizzate e pesanti prese di posizione nei confronti di Abonante, le Associazioni ambientaliste che chiederanno (fuori dal coro: WWF, Medicina democratica e ProNatura) ai loro avvocati il rigetto del patteggiamento. Va da sé che il patteggiamento è una vera pacchia per tutti gli avvocati.
 
Con queste carte in mano, Solvay si farà forte presso la debole Procura di Alessandria per concludere il patteggiamento già nella prossima udienza di giugno davanti al GUP, a quel giudice Andrea Perelli che ha addirittura escluso Lino Balza come parte civile dal processo. Il patteggiamento è l’alibi per i parlamentari, di ogni colore, per “arrendersi” alla lobby chimica che proibisce la legge di messa al bando dei Pfas. Insommanel complesso, Alleva è più preoccupato per le sue esportazioni di vini di lusso a rischio dei dazi di Trump. Una coppa di spumante vip per tutti. Il brindisi più gradito sarà quello con Ilhham Kadri, presidentessa di Syensqo, che ha ricevuto 27,5 milioni di euro in bonus negli ultimi due anni; alla quale entro il 2026 potrebbe essere aggiunto un bonus di fidelizzazione di 7,5 milioni di euro.  Un po’ come il business di Abonante & soci.
 
Va da sè che solo la società civile, ovvero manifestazioni di massa potevano bloccare -chi osa più sperarlo?-  questo meccanismo perverso tra padroni, istituzioni e magistratura, che ha già riempito i primi due volumi del libro “Ambiente Delitto Perfetto” di Lino Balza e Barbara Tartaglione, prefazione di Giorgio Nebbia Questo, della vittoria 2025 di Solvay –Spinetta non chiude e nessuna messa al bando dei Pfas- è descritto nel terzo volume. Non ci sarà un quarto. A noi la magrissima consolazione: avevamo previsto giusto https://www.rete-ambientalista.it/2025/04/01/scosse-di-terremoto-ad-alessandria/

Il sindaco di Alessandria patteggia con Solvay la vendita della salute dei cittadini. Ma la colpa è dei cittadini che l’hanno eletto.

Abbiamo appreso da “Radio Gold News Alessandria”, ore 13,30 venerdì 4 Aprile 2025 (fosse stato 1° aprile per un attimo si poteva pensare al pesce d’aprile):
Sì del Comune di Alessandria al risarcimento Solvay: “100mila euro per tavolo ambientale e ripristino cimiteri”.
ALESSANDRIA – Il Comune di Alessandria ha accettato il risarcimento di 100 mila euro proposto dalla multinazionale Syensqo (ex Solvay, ndr) nell’ambito del processo per disastro ambientale colposo nei confronti degli ex direttori dello stabilimento di Spinetta Stefano Bigini e Andrea Diotto. Come ha precisato Palazzo Rosso in una nota “l’unica voce a cui possono appellarsi gli Enti Locali è il danno di immagine”.
Due le destinazioni di questa cifra: “Implementare le risorse del tavolo di monitoraggio ambientale del Comune e far fronte ai lavori straordinari che interesseranno i cimiteri cittadini” “L’offerta dell’azienda, accettata dopo un lungo lavoro di analisi da parte dell’avvocatura comunale (Roberto Calcagni) e un dialogo serrato con i legali che tutelano i cittadini costituitisi parte civile nel processo” ha rimarcato l’amministrazione “andrà a potenziare il monitoraggio delle condizioni ambientali del territorio e per far partire i primissimi lavori di ripristino del decoro dei cimiteri della città. L’obiettivo è quello di mettere a frutto l’intero stanziamento, in favore della collettività”.
Il sindaco che ha bypassato l’effimero consiglio comunale si chiama Giorgio Abonante, eletto con il consenso del 20% degli aventi diritto. I cittadini del Comune di Alessandria sono circa 100.OOO, cioè un euro a testa del cosiddetto “risarcimento”. Cifra pari a quella patteggiata, sempre per danno di immagine, dal Comune di Montecastello (274 abitanti). Con il patteggiamento, cioè con la strozzatura del processo penale, Solvay fa conto che non sarà chiamata a pagare milioni di risarcimenti alle Vittime: migliaia di ammalati e morti. A meno che Abonante, invece che al grottesco potenziamento dei loculi cimiteriali, destini i 100mila euro a finanziare un pool di avvocati e consulenti in causa civile contro Solvay.  Conoscendo Abonante, questa ipotesi è surreale.
Così, il mercanteggiamento della salute è scontato che si concluda anche fra Solvay e la Regione Piemonte dell’inverosimile assessore alla sanità Federico Riboldi detto il temporeggiatore.  Idem per il governo, considerando che Gilberto Pichetto Fratin è l’attuale ministro dell’Ambiente.
Gli avvocati delle parti civili fisiche considerano che fra i loro assistiti, magari extracomunitari occasionali, sono numerosi quelli non toccati da malattie proprie o dei loro famigliari o amici, e che non disdegnano una inaspettata elemosina risarcitoria (2.500 euro) di Solvay.
Insomma, contrarie al mercimonio della salute restano, con scandalizzate e pesanti prese di posizione, le Associazioni ambientaliste che chiederanno, salvo solitari ripensamenti, ai loro avvocati il rigetto del patteggiamento.
Con queste carte in mano, Solvay si farà forte presso la debole Procura di Alessandria per concludere il patteggiamento già nella prossima udienza di giugno davanti al GUP, quel giudice Andrea Perelli che ha addirittura escluso Lino Balza come parte civile dal processo. Va da sé che il patteggiamento è una pacchia per tutti gli avvocati.
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Scosse di terremoto ad Alessandria.

Si vedono le crepe al processo di Alessandria (il secondo) contro la Solvay (Syensqo). Regione e Comune disponibili al colpo di spugna del Patteggiamento proposto da Solvay alla arrendevole Procura (https://www.rete-ambientalista.it/2025/03/01/lofferta-di-solvay-a-comune-e-regione-per-comprare-la-salute-della-popolazione/ ).
Le differenze socio-economiche con il processo gemello di Vicenza: Miteni chiusa, Solvay monopolista in Italia (https://www.rete-ambientalista.it/2025/03/25/parti-civili-che-tutelano-ambiente-e-salute-e-altre-che-non-lo-fanno/ ).
In queste crepe (https://www.rete-ambientalista.it/2025/03/17/a-fronte-di-un-siffatto-disastro-sanitario-ed-ecologico-quanti-ad-alessandria-hanno-la-coscienza-a-posto/) si inseriscono  i cunei della multinazionale belga determinata ad impedire la chiusura immediata delle produzioni del polo chimico di Spinetta Marengo (AL) che provocano il disastro ambientale e sanitario. La sua lobbistica si avvale di una intensa propaganda mediatica a livello locale anche con ricorrenti “opuscoli informativi” alla popolazione. Che annunciano, anzi confermano: la bonifica praticamente è fatta.

Ma di quale bonifica sta ciarlando Solvay?

Assieme alla propaganda lobbistica a tutto campo europeo, a livello mediatico  locale Solvay  fa sfoggio di ricorrenti “opuscoli  informativi” alla popolazione. Nell’ultimo patinato, distribuito dal nuovo direttore Federico Frosini, vecchia volpe dei famigerati Pfas, e anticipando la linea difensiva al processo (eventuale), Solvay sostiene un presunto “raggiungimento degli obiettivi di bonifica per i solventi clorurati nella falda all’interno del sito, anche se per certificarlo prega di avere la pazienza di aspettare almeno altri due anni. Solvay sostiene questa prospettiva seducente gratificando (secondo noi: chiamando in correo, ovvero annegando nel ridicolo) partner qualificati come l’Università del Piemonte Orientale di Alessandria e gli Enti localiper la loro costante collaborazione”.  
Insomma, le attività di bonifica starebbero  “procedendo verso il progressivo raggiungimento di tutti gli obiettivi” e i monitoraggi confermerebbero “il significativo miglioramento dello stato qualitativo dei terreni e delle acque di falda”. Anche se tra i denti deve ammettere che è ben lontana la bonifica delle aree contaminate dal vecchio micidiale cromo esavalente, appunto perché non è andata oltre alla primordiale  messa in sicurezza della sua inefficiente barriera idraulica. Per quanto riguarda, poi, la bonifica delle aree esterne: il bollettino autostende un pietoso velo definendola “fase in progetto”.
La realtà di Alessandria propagandata da Solvay è smentita dall’Arpa, con i dati raccolti nel corso del 2024 sulla presenza dei cancerogeni pfas (il Pfoa vietato fin dal 2013 e i brevettati cC6O4 e l’Adv). Infatti, nei pozzi l’Arpa ha rilevato stabilmente 10mila microgrammi per litro di C6O4, oltre al picco di  200mila microgrammi.  Per molto molto meno fu chiusa la Miteni in Veneto.
 
Oltre alla situazione interna al sito, Arpa ha spiegato al Comune, che fa finta di niente, la situazione della contaminazione esterna, a cominciare dall’inquinamento da Pfas nell’aria in punti precisi. Nel sobborgo di Spinetta, davanti allo stabilimento (dove lavorava chi scrive), i cittadini respirano fino a 3,8 nanogrammi per metro quadrato di cC6O4 al giorno. Un valore che si abbassa -ma è in aumento!- quando si vive vicino all’Istituto tecnico Volta, nel centro di Alessandria (dove abita chi scrive), dove addirittura è stato riscontrato il GenX: il Pfas ritrovato pure  in alcuni campioni di alimenti coltivati intorno al polo chimico, assieme al Pfoa da 4 a 10 microgrammi per  litro nei terreni.
Insomma, il Comune, con la Provincia e con la Regione, fa finta di niente anche se da anni e anni i valori superano di svariate volte il limite ambientale stabilito dal pur blandissimo  decreto ministeriale del 2016 (0,5 microgrammi per litro), un dato allarmante perché cronico. Paradossale è la Provincia, che, nascondendosi dietro il governo, per i parametri di bonifica del Pfoa fa riferimento ante 2019. Dunque, in pratica la bonifica è sospesa. Una situazione ben diversa da quella di Arpa Veneto, che è riuscita a ottenere i limiti del Pfoa coinvolgendo direttamente il Nucleo operativo ecologico (Noe). Arpa Alessandria, organo tecnico della Procura, non sembra intenzionata a seguire la stessa strada.
La bonifica della Solvay è proprio una balla.

I Pfas ad Alessandria si stanno allargando a macchia d’olio.

La bonifica della Solvay è proprio una balla. La contaminazione dei Pfas si è allargata a macchia d’olio attorno allo stabilimento di Spinetta Marengo. Ha raggiunto l’acqua dei pozzi dei privati cittadini utilizzata per irrigare i campi e fino a qualche tempo fa bevuta dai residenti. La prestigiosa rivista “lavialibera” ha analizzato la situazione negli ultimi nove mesi dei Pfas cC6O4, Adv N2 e GenX trovati in otto pozzi ubicati intorno al polo chimico. Nel sobborgo di Lobbi , in un pozzo profondo una ventina di metri, sono stati riscontrati cumulativamente 500 nanogrammi di Pfas: 110 nanogrammi di cC6O4 (brevettato nel 2011 ma denunciato AIA solo nel 2019 mentre la Procura ignorava i nostri esposti!!), 310 nanogrammi di PFOA fuorilegge internazionale dal 2013, e addirittura 30 nanogrammi di GenX , pfas che NON confrontano nel documento autorizzativo ( AIA ) rilasciato dalla Provincia di Alessandria.
 
E, nota bene, zitti zitti già nel giugno 2020 sia Solvay che Arpa avevano trovato lo “sconosciuto” GenX in diversi pozzi interni ed esterni al polo, con concentrazioni fino a 2 microgrammi per litro. E c’è di più. Nel dicembre 2023 l’Arpa ha trovato GenX anche nell’aria respirata dagli alessandrini grazie ai campioni raccolti con il metodo Pm10. E questo Genx, privo di autorizzazioni, è rinvenuto da Arpa Piemonte anche nel Po.
 
Il GenX è presente in tutti gli otto campioni raccolti da lavialibera . Anche in quelli relativi al comune di Piovera a dieci chilometri dal sito produttivo. In un pozzo sono stati trovati 460 nanogrammi di vari pfas, oltre il valore limite di legge per le acque potabili (100 nanogrammi per litro): 32 nanogrammi di GenX, 235 nanogrammi di pfoa , 155 nanogrammi di cC6O4 e 28 nanogrammi di Adv.
 
“lavialibera” ha raccolto un campione d’acqua da un pozzo utilizzato a scopo agricolo a nord est del sito chimico: 563 nanogrammi di pfas, di cui il cC6O4 per 177 nanogrammi per litro, il Pfoa per 235 nanogrammi155 nanogrammi di cC6O4 e 28 nanogrammi di Adv. Trattandosi di un pozzo poco profondo, si presume che sia esposto alla contaminazione in atmosfera per la ricaduta delle emissioni dai camini.
Camini che hanno anche inquinato i tre pozzi ad est in località Cascinagrossa, frazione di Alessandria, che dista circa sei chilometri dall’industria. Sempre a Cascinagrossa, in una cascina destinata all’allevamento privato, le analisi hanno accertato la presenza di GenX, cC6O4 e pfoa fino a una profondità di 55 metri. In località Ventolina, nel sottopassaggio costantemente allagato da una risorgiva sono stati trovati 392 nanogrammi di pfas, con prevalenza di Pfoa e cC6O4.
 
Non c’è dubbio, la bonifica della Solvay è proprio una balla. A prescindere dai ricorrenti incidenti. Come quello recente https://www.rete-ambientalista.it/2025/03/25/ultimora/ con oltre 45mila microgrammi di CFC clorofluorocarburi riscontrati nello sversamento nelle acque sotterranee, che ha coinvolto un reattore interno all’impianto Algofrene, dove avviene la reazione dei gas, passaggio indispensabile nella produzione di Pfas. Neppure l’emergenza del sistema di barriera idraulica interna ha funzionato, bloccata da un black out con tutti gli impianti.

La santa alleanza tra ambiente e produzione, officiata da sindaco e regione.

Di fronte a siffatta situazione ambientale che abbiamo più volte denunciato (esempio: https://www.rete-ambientalista.it/2024/05/16/altri-pozzi-di-acquedotto-chiusi-ad-alessandria-per-i-pfas-ma-lasl-fa-il-gioco-di-solvay-2/ e a tacere i 20 miei esposti alla Procura), corrisponde la drammatica situazione sanitaria.  Il sindaco di Alessandria avrebbe avuto il dovere di affrontarla fermando le produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo https://www.rete-ambientalista.it/2024/01/01/il-biomonitoraggio-di-massa-la-pistola-fumante-che-solvay-soci-devono-disarmare/,  e invece è complice della Regione Piemonte a rinviare all’infinito il monitoraggio di massa della popolazione che inchioderebbe definitivamente la multinazionale belga anche in momento processuale https://www.rete-ambientalista.it/2024/06/23/per-29-abitanti-il-monitoraggio-di-massa-della-regione-per-i-pfas-della-solvay-criminale/.
La Regione dunque, facendo l’occhiolino a Solvay, ha avviato un finto monitoraggio, furbescamente cioè un micro monitoraggio al rallentatore: dopo un primo step l’anno scorso a 135 residenti entro 500 metri dal Polo Chimico di Spinetta, ora, nel 2025, scatta  la fase del biomonitoraggio su base volontaria ai residenti entro 3 chilometri dallo stabilimento. La fase due si protrarrà quanto meno per tutto il 2025. Poi, di questo passo, nel giro di qualche decennio coinvolgerebbe le altre potenziali Vittime (400 mila a livello provinciale, o solo 90mila per il capoluogo). Vittime potenziali? Più che potenziali: se si esaminano le otto indagini epidemiologiche (l’ultima nel 2019) che hanno interessato la provincia, confrontandole con le analisi epidemiologiche che riproducono le patologie scientificamente attribuibili ai Pfas, a tacere le altre 21 sostanze tossiche cancerogene dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo.
Insomma una colossale presa in giro. Orchestrata l’assessore alla sanità Federico Riboldi con la fanfara della santa “alleanza tra ambiente e produzione”. Né potrà fungere da piffero magico il progetto finanziato dall’Unione Europea (Scenarios)  che chiederà a 300 residenti del comune campioni di sangue, urine e di acqua potabile proveniente dalle loro abitazioni, al fine di validare procedure e metodologie scientifiche innovative per scopi di ricerca e futuri studi.

Scandalosa Medicina Democratica al processo Solvay.

Al processo di Alessandria (il secondo) contro Solvay (Syensqo), le Associazioni ambientaliste  si sono presentate Parti civili. Tutte hanno ricevuto l’offerta di Solvay di stroncare il processo mediante un Patteggiamento a suon di migliaia di euro. E tutti, Comitati e Associazioni, Legambiente, ComitatoStopSolvay, Movimento di lotta per la salute Maccacaro, Anemos, Vivere in Fraschetta, Greenpeace, Wwf,  hanno respinto disgustati la scandalosa e offensiva offerta di comprare-vendere la salute della popolazione. L’hanno fatto tramite esaurienti comunicati stampa (di cui in calce allegata *** una sintesi dei contenuti).
 
Tutte le Associazioni hanno respinto il patteggiamento, tranne una: Medicina democratica. Non resta che stigmatizzare il fatto. Il lupo non perde né il pelo né il vizio.  
 
Si riapre, così,  la ferita inferta con lo scoppio del bubbone alla conclusione (2015) del primo processo Solvay. La sciagurata sentenza venne, immediatamente e pubblicamente, bollata come “scandalosa” dall’assemblea della “Sezione di Medicina democratica di Alessandria”: unica competente a giudicare alla luce di una esemplare storia quarantennale di lotte autogestite (di massa e personali) nei confronti di Montedison e Solvay. Scandalosa perché negava l’avvelenamento doloso, eludeva la bonifica, non riconosceva i risarcimenti alle Vittime per le malattie e le morti, ma… elargiva sostanziosi compensi di migliaia di euro ad associazioni e avvocati (come appunto promette l’odierno patteggiamento).
 
Per contro, invece, la sentenza fu giudicata “soddisfacente” dall’avvocata Laura Mara. Lo scontro intestino a Medicina democratica si accese: leggasi “Ambiente Delitto Perfetto” o “Luigi Mara & Medicina democratica”. Scontro infuocato quando l’avvocata scelse d’autorità di sostenere in Appello la conferma della sentenza piuttosto che l’impugnazione, e divenne irreparabile quando il presidente dell’associazione d’imperio si rifiutò di aprire -a titolo gratuito- causa civile per il sacrosanto riconoscimento dei danni alle Vittime. A nulla valse la revoca di Lino Balza al mandato dell’avvocata Mara, né le dimissioni dal direttivo nazionale, né la minaccia della Sezione che, preso atto, infatti si sciolse, e da allora si è mai più costituita. Insomma, di fronte al tradimento del pensiero e dell’opera di Maccacaro e al tradimento del popolo inquinato alessandrino , non restò dopo 40 anni che la dolorosa scissione. E ora, nel decennale, la storia si ripete.
 
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
 
***
“I Comitati e le Associazioni invitano la Procura di Alessandria a non intraprendere procedimento di patteggiamento con Solvay/ Syensqo inteso a favorire in senso premiale all’imputato di chiudere anticipatamente senza dibattimento la vicenda penale relativa al disastro eco sanitario dello stabilimento di Spinetta Marengo.”
 
“I Comitati e le Associazioni diffidano le Istituzioni locali e nazionali (Comune, Regione, Ministero ecc.) di proseguire tavoli di trattative intesi a favorire tale patteggiamento che affievolisce i reiterati reati penali e civili di contaminazione ambientale e non riconosce alle Vittime, persone fisiche morte o ammalate, i reali risarcimenti rapportati ai danni individualmente subìti”.
 
“I Comitati e le Associazioni, a discrimine di ogni ipotesi di patteggiamento,  pongono  irrinunciabilmente al primo posto l’immediata interruzione della condotta di contaminazione che continua a perdurare, cioè pongono l’arresto della produzione e dell’utilizzo delle sostanze tossiche e cancerogene: con l’azzeramento delle emissioni in aria, nel sottosuolo ed in falda e col procedere contestualmente -a carico dell’azienda- ad una reale e completa bonifica dell’inquinamento fino ad oggi generato”.
 
Su questi tre imperativi etici e politici -in primis fermare Solvay- hanno concordato i gruppi locali dei Comitati e delle Associazioni di Alessandria, impegnandosi ciascuno ad articolare all’opinione pubblica prese di posizione forti e inequivocabili nei confronti delle Istituzioni, in grado di mobilitare la popolazione e fare blocco sulla  Procura.

Limiti zero Pfas in Italia: perfino gli ambientalisti balbettano.

L’unico provvedimento legislativo atto a risolvere il disastro ecosanitario dei Pfas in Italia è stato il Disegno di Legge ex Cinquestelle: l’unico che prevedeva limiti zero, cioè la messa al bando dei cancerogeni.  Dunque, l’unico che presumeva la fermata della Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria): produttrice monopolista nazionale. E proprio per questo motivo, il DDL Crucioli è stato sepolto in Senato. E proprio dalla lobby chimica capitanata da Solvay Syensqo, che controlla il Parlamento italiano ed europeo.
 
La longa manus di Solvay sul governo, infatti, ha prodotto il decreto legislativo 260 approvato dal Consiglio dei Ministri al Senato, per poi passare al vaglio delle Commissioni parlamentari. Confezionato apposta per garantire alla multinazionale la prosecuzione delle attività che stanno sfasciando il territorio alessandrino, il decreto per la presenza di Pfas nelle acque potabili stabilisce limiti superiori di ben 10 volte a quelli introdotti cautelativamente in Danimarca: 2 nanogrammi per litro. Limiti che, ripetiamo, per queste molecole cancerogene note come “inquinanti eterni” dovrebbero essere Zero, piuttosto che l’applauso dei Verdi al governo, e i balbettii della stessa Greenpeace, che genericamente chiede “limiti più bassi”. 
 
La longa manus della lobby chimica è trasversale nel Parlamento italiano dove sono state presentate dalle minoranze compromettenti Mozioni (clicca qui). E’ un controllo che si allunga dal Parlamento europeo, dove la lobby deve bloccare l’Echa (l’Agenzia europea delle sostanze chimiche) che stava a esaminando la proposta di Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia di vietare uso e produzione di Pfas (come voleva il DDL Crucioli). Tant’è che proprio in questi giorni la commissaria Ue per l’Ambiente, Jessika Roswall, ha confermato che per la stretta annunciata da Bruxelles sui Pfas bisognerà attendere almeno il 2026. Era questa la linea indicata dal più autorevole  lobbista, Mario Draghi, nel documento sulla competitività europea. Smentendo l’Echa: “Esistono già le alternative ai Pfas”, Draghi ha invece sponsorizzato: “I Pfas non sono sostituibili in diversi settori industriali”, riferendosi particolarmente ai settori militari, quanto mai attuali nella corsa al riarmo europea. Prontissimo,  proprio  nella casa madre  Solvay  di Bollate (Milano), il ministro Adolfo Urso ha commentato: “C’è un’aria nuova in Europa. Sul ‘modello Meloni’. Una visione pragmatica che affronta la realtà coniugando la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale”. Tradotto: profitti in cambio di salute.

Greenpeace è sotto attacco in Usa e Italia. Abbiamo bisogno del tuo aiuto!

La gigantesca compagnia petrolifera Energy Transfer ha intentato una causa contro Greenpeace negli Stati Uniti e contro Greenpeace International per 300 milioni di dollari. E quello che più temevamo è accaduto: una giuria in North Dakota si è espressa a favore di una condanna che porterebbe Greenpeace a pagare oltre 660 milioni di dollari in questa causa pretestuosa. (Clicca qui).
 
Anche in Italia Greenpeace è sotto attacco: il GUP del Tribunale di Alessandria sta tentando di escluderla (con Lino Balza) quale Parte Civile al Processo contro la multinazionale belga Solvay Syensqo per il disastro ecologico e sanitario in corso (doloso!!) ad opera del complesso chimico di Spinetta Marengo. Per il quale, anche con l’aiuto della clamorosa indagine PFAS di Greenpeace in Italia, “Acque senza veleni”, i Comitati e le Associazioni rivendicano la immediata chiusura delle produzioni inquinanti della Solvay produttrice monopolista di Pfas.
 
Greenpeace potrebbe essere costretta a chiudere. In un contesto in cui politici negazionisti della crisi climatica, come Trump o Milei (a tacere Meloni),  governano interi Paesi, la battaglia per il futuro del pianeta e dei suoi abitanti è in serio pericolo. Trump ha già cancellato dai siti governativi americani la parola “cambiamento climatico”, il parlamento italiano non ha alcuna intenzione di varare una Legge per la messa al bando dei PFAS. Ora il rischio è che venga cancellata anche Greenpeace. Aiutaci a continuare la nostra lotta! Non possiamo permettere che gli interessi economici delle grandi multinazionali e i deliri di onnipotenza di chi governa, mettano a tacere chi si batte per difendere il pianeta. Una sconfitta nei tribunali sarebbe un precedente preoccupante, che aprirebbe la strada ad ulteriori cause contro il movimento ecologista e per i diritti umani in tutto il mondo, rendendo il nostro impegno sempre più rischioso. Le persecuzioni e gli attacchi contro chi si impegna quotidianamente per difendere il pianeta e i diritti umani stanno aumentando. Non permettiamo che ci mettano a tacere!

ULTIMORA.

Per onorare la Giornata Mondiale dell’Acqua, alle consuete emissioni “accidentali” in atmosfera e acque, Solvay (Syensqo) ha provveduto… ad aggiungere un blackout dello stabilimento di Spinetta Marengo (Alessandria).
 
L’Arpa ha diramato comunicati: “Nella mattinata di ieri, 23 marzo 2025, personale tecnico di Arpa ha svolto un primo sopralluogo per acquisire informazioni preliminari circa l’evento di black-out avvenuto nella notte tra sabato e domenica presso lo stabilimento. Al momento del sopralluogo di domenica mattina, l’energia elettrica era già stata ripristinata e risultavano nuovamente funzionanti la barriera idraulica e il TAF (trattamento acque di falda), mentre erano in fase di completamento le procedure di riavvio delle utility. In contemporanea si è proceduto ad avviare l’autocampionatore automatico per verificare la qualità dello scarico tramite analisi di laboratorio“. Oggi “è stato svolto un secondo sopralluogo per approfondire le dinamiche dell’evento di blackout per individuarne le possibili cause e i potenziali impatti. Nel corso del sopralluogo sono stati prelevati campioni ai diversi pozzetti di scarico interni allo stabilimento, da sottoporre alle analisi di laboratorio”.
 
Gli approfondimenti dell’Arpa proseguiranno nei prossimi giorni anche sulla base degli elementi aggiuntivi richiesti all’azienda. Per quanto concerne le acque sotterranee, “sono in corso in questo periodo i campionamenti di monitoraggio trimestrale; nei prossimi giorni si valuterà l’effettuazione di alcuni prelievi aggiuntivi, allo scopo di appurare eventuali effetti determinati dall’interruzione di energia”.

Parti civili che tutelano ambiente e salute, e altre che non lo fanno.

Proseguono le udienze al processo Pfas di Vicenza. Mentre al processo gemello di Alessandria associazioni e avvocati dovrebbero -senza nascondersi dietro il mignolo della Procura della Repubblica- sottoporsi ad un esame di coscienza  (A fronte di un siffatto disastro sanitario ed ecologico, quanti ad Alessandria hanno la coscienza a posto?) dopo aver ascoltato le richieste di risarcimenti di Wwf, Medicina democratica, Italia Nostra, Isde, al processo Miteni di Vicenza. E precisamente 250mila euro ciascuno i 53 operai parti civili e 110mila euro per ciascuna organizzazione. Legambiente ha chiesto 330mila euro. Sconcertante confrontare Vicenza con  Alessandria, dove Solvay offre

per uscire pulita dal processo- un patteggiamento a Comuni-Regione-Ministero, e dove avvocati stanno contrattando… 3.500 euro   per ciascuna parte civile fisica.
 
Invece a Vicenza, non sono “le due ultime ruote del carro” come ad Alessandria, bensì sono 15 i manager della Miteni di Trissino, o a quest’ultima riconducibili, finiti alla sbarra (121 anni di carcere) per avvelenamento delle acque, disastro ambientale, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari con l’aggravante della condotta dolosaper consapevolezza e occultamento, insomma per “un crimine efferato, un crimine voluto”, come dovrebbe per Solvay di Alessandria e non è. Anzi, le parti civili venete hanno chiesto la condanna di tutti e quindici gli imputati, senza lo sconto assolutorio  dei PM per 6 di essi.
 
Anzi, hanno inoltre chiesto di inviare alla Procura della repubblica gli atti che riguardano le condotte del medico aziendale, il professore Giovanni Costa -lo stesso di Spinetta Marengo- inserito in un disegno strategicamente inteso giustappunto  “all’occultamento delle responsabilità aziendali”. Questo medico, infatti, in possesso di secretate analisi del sangue di Trissino (Miteni) e Spinetta (Ausimont), inviò nel 2001 le provette ai laboratori di 3M a Denver in Colorado e a Brema in Germania: tutte che superavano le soglie limite Pfas.  Al punto che le Assicurazioni rifiutarono polizze per l’esposizione Pfas in quanto di “alto il rischio associato all’industria chimica, in termini di responsabilità civile, operai e ambiente”. Ma, fregandosene, Miteni e Ausimont, poi Solvay… aumentarono addirittura le produzioni, e fregandosene degli allarmi dell’EPA (Ente Protezione Ambientale) americana. Non solo, Costa nel 2014 su incarico di Solvay effettuò uno studio sui risultati delle campagne annuali di monitoraggio biologico nei lavoratori esposti a PFAS.
 
Infine, le richieste delle parti civili non istituzionali al processo di Vicenza  sono chiare: la battaglia per l’acqua e per l’ambiente non può concludersi senza un completo ripristino della risorsa idrica. Il disastro ambientale non si è fermato con il termine dei capi d’imputazione del processo in corso, e chi ha inquinato deve assumersi la responsabilità di riparare il danno. La Procura è chiamata a intervenire per garantire giustizia e impedire che il problema venga lasciato irrisolto. Affiancandosi alle oltre 300 parti civili già costituite, infatti la società di servizio idrico integrato Viacqua ha ribadito  che dopo il 2013 Mitsubishi Corporation e ICIG (ex Miteni) non hanno minimamente  provveduto alla bonifica dell’area contaminata dai Pfas: nelle falde e  nel sangue di migliaia di cittadini tra Vicenza, Verona e Padova; anzi, è mancata l’interdizione dell’area dopo il fallimento di Miteni nel 2018.
 
Non sfugga che anche in Veneto, come in Piemonte, in palese contrasto con le parti civili che tutelano onestamente le Vittime persone fisiche, sono invece “compiacenti” le istituzioni accusate di omissioni e complicità:  le richieste risarcitorie del ministero dell’Ambiente che si accontenta di 56 milioni di euro, della Regione Veneto, delle aziende sanitarie di Vicenza, Padova e Verona, del comune di Trissino, che hanno avanzato un conto di 20 milioni.

A fronte di un siffatto disastro sanitario ed ecologico, quanti ad Alessandria hanno la coscienza a posto?

I Sindacati? I sindacati, nei primi cinquanta anni di esistenza del polo chimico di Spinetta Marengo hanno fatto quello che hanno potuto in quella che venne subito soprannominata “la fabbrica della morte” ma che sfamava centinaia di famiglie per metà contadine. Solo dopo il Sessantotto, fino alla sconfitta sindacale degli anni ’80, la tutela della salute è al primo posto in fabbrica e finanche fuori. E’ dal “Consiglio di fabbrica” che viene elaborata la rivendicazione dell’”Osservatorio ambientale della Fraschetta”. Dopo, invece, il ricatto occupazionale, vero o presunto, spinge il sindacato in un patto di subordinazione politica e culturale con Montedison e Solvay, pur nella consapevolezza della tragica nocività: è emblematico il volantino aziendale della CGIL del 2002 che per prima denuncia il cancerogeno PFOA, e poi tace per sempre pur conoscendo le analisi del sangue (PFAS) dei lavoratori. E’ emblematico il fatto che, in decine di anni, né all’Inail né in tribunale sia mai stata avviata causa di risarcimento per malattie e morti operaie. Neppure sostenuto nei due processi penali contro Solvay [*] .
 
I Movimenti? L’ “Associazione dei Comitati della Fraschetta” e la “Rete ambientalista provinciale”  dagli anni ’80 al 2000 svolgono azioni di supplenza all’inazione dei sindacati, non solo riferite al polo chimico ma anche alle altre situazioni di crisi del territorio. Si tratta di manifestazioni che coinvolgono in piazza migliaia di persone e sono contrassegnate da una forte conflittualità  nei confronti di Provincia e sindaci  di Alessandria (prevalentemente di sinistra).
 
I politici? La democratica e rivoluzionaria proposta di “Osservatorio ambientale” è in aperto conflitto con la criminale opacità di Montedison prima e di Solvay poi; dunque con la complicità delle istituzioni. Anzi, con la loro connivenza, addirittura corruzione: come emerge clamorosamente nelle dichiarazioni della stessa Solvay al primo processo del 2009 (nei verbali delle udienze e leggendo “Ambiente Delitto Perfetto”). Eppure, sotto la spinta popolare, essi effettuano “obtorto collo” le prime (delle otto) indagini epidemiologiche esplodenti l’eccesso di patologie e tumori fatalmente riconducibili alle emissioni tossiche e cancerogene di Montedison e Solvay. Ma il loro piede sul freno resterà sempre premuto a negare o rallentare i monitoraggi di massa del sangue della popolazione (“la pistola fumante”) [**]. A tacere il peso della lobby Solvay sull’intero Parlamento [***] .
 
I magistrati? La prima, e unica, Procura di Alessandria che non viene contestata da Comitati e Associazioni è quella diretta da Michele Di Lecce (con il sostituto Riccardo Ghio) che nel 2009 incrimina l’intero management Solvay per avvelenamento doloso (fino a 16 anni di reclusione), ma che viene abbattuta dalla sentenza che rimpicciolisce i reati a blande colposità, non risarcisce le Vittime, e non obbliga alle bonifiche. Così, dei venti esposti alle Procure del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”, ben 11 sono invano depositati presso il nuovo procuratore capo Enrico Cieri. Così, benchè tutti chiedono di intervenire -per presunti reati dolosi- su dettagliati e reiterati fatti di lesione all’ambiente e alla salute dei lavoratori e dei cittadini,  invece, il capo di imputazione del ritardato processo odierno è ristretto a un leggero reato colposo e a carico delle ultime ruote del carro (due semplici direttori). In più (a tacere la clamorosa esclusione di Lino Balza quale parte civile [****]) il GUP ha avviato addirittura la verifica con le parti civili di un patteggiamento che sarebbe un clamoroso colpo di spugna economico e penale per Solvay [*****] .
 
Gli avvocati e i medici?  Ad Alessandria gli avvocati si sono sempre accodati, e accomodati, ai capi di imputazione delle Procure (nel bene: Di Lecce e nel male: Cieri), mai opponendosi nelle memorie e nel dibattimento. Questi processi in sede penale si risolvono con sostanziose parcelle legali, con regali a Associazioni che piombano sui processi come avvoltoi, con “risarcimenti” a Enti locali e sindacati che piuttosto meriterebbero di sedere sul banco degli imputati. Non si risolvono mai, né ieri né oggi nella storia di Alessandria, in risarcimenti pubblici per il disastro del territorio e, quanto meno, in risarcimenti alle Vittime: alle centinaia o migliaia di Ammalati e Morti. Per questi risarcimenti gli avvocati non hanno mai intrapreso azioni collettive in sede civile -efficaci “class action- scusandosi della difficoltà di censire una massa di persone lese  (cosa ci stanno a fare Comitati e Associazioni?), nonché della mancata collaborazione dei medici, nella fattispecie dei medici legali che offrano non speculativamente la propria prestazione.  
 
I giornalisti? Un velo pietoso su quelli di Alessandria, salvo eccezioni. Fanno epoca le clamorose intercettazioni della Procura sui rapporti di alcuni giornalisti con Solvay. Insomma, più luci sul passato (si legga “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza) e più ombre sul presente  (si legga sempre “Ambiente Delitto Perfetto).
 
[*****]

I depuratori non fermano i Pfas, bisogna bloccare produttori e utilizzatori.

Non per inveire “dagli all’untore”, ma non può che essere la Solvay di Spinetta Marengo ad avvelenare anche Torino.  E’ fuori di dubbio, infatti, che l’unico produttore dei cancerogeni Pfas in Italia è la multinazionale belga, in particolare con il brevetto C6O4, e che da Spinetta Marengo direttamente inquina in territorio alessandrino e, indirettamente, il Piemonte e l’Italia.
Infatti, La Stampa fa grandi titoli: Pfas, l’allarme di Smat: ‘I depuratori non bastano, bisogna bloccare gli scarichi industriali’.  Infatti, Rai Piemonte titola “I Pfas anche nelle fogne di Torino: trovati C6O4 e PFOA”.
 
Spiegano: Punte di 40mila nanogrammi per litro. Il composto con la concentrazione media più alta è proprio il C6O4. Tra le molecole maggiormente presenti ne salta all’occhio una trovata in corrispondenza di un’industria galvanica. Su oltre 200 controlli il maggior numero di campioni positivi è stato ricondotto a piattaforme di trattamento rifiuti. Il monitoraggio Smat sulle acque reflue riconduce la contaminazione a piattaforme di trattamento rifiuti, industrie galvaniche e alcuni altri impianti produttivi”.
 
Smat (Società Metropolitana Acque Torino S.p.A.) ammette di non essere in grado di depurare le acque nere dai Pfas. E dunque chiede al Comune di “introdurre dei limiti che impediscano alle aziende di sversarli nel reticolo fognario. Obiettivo: salvare i nostri fiumi. E in ultima istanza l’ambiente, e anche l’acqua potabile”. A maggior ragione perché la mappa di Greenpeace segnala il Piemonte e Torino tra i territori più colpiti.

Longa manus di Solvay sulla politica, dalla destra alla sedicente sinistra. 

Polvere di stelle.
La potenza PFAS della lobby chimica capitanata da Solvay in grado di condizionare pesantemente il Parlamento è ad esempio di evidenza plastica nel tergiversatore Ordine del giorno presentato alla Camera dai deputati. https://www.camera.it/leg19/995?sezione=documenti&tipoDoc=assemblea_allegato_odg&idlegislatura=19&anno=2025&mese=03&giorno=10.
 
Viene a malapena  citato lo storico avvelenamento aria-acqua-suolo del territorio di Alessandria ad opera dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo: unico sito di produzione PFAS in Italia, della quale la chiusura -immediata-  è invece la “conditio sine qua non” per avviare seriamente lo stop della tragedia ecosanitaria dei cancerogeni PFAS.
Di conseguenza, non si chiede una legge nazionale di messa al bando –immediata- della produzione.
 
D’altronde tra i deputati firmatari primeggia Sergio Costa, ex poliziotto, generale dei carabinieri forestali, vicepresidente della Camera, il quale, da “ministro dell’ambiente nei governi Conte I e II”, annunciò più volte e solennemente addirittura di “fissare il limite zero Pfas”, salvo affossare il Disegno di legge di Mattia Crucioli,  senatore del suo stesso partito, che metteva al bando in Italia la produzione Pfas (Solvay, Spinetta Marengo) e il suo uso industriale e nei consumi, nonché stabiliva le procedure di bonifica (https://www.edocr.com/v/kv5mnoyz/bajamatase/crucioli-ddl). Costa fu dai Comitati  ridicolizzato e contestato in piazza  “Con la salute dei nostri figli non si scherzi”, eppure attualmente è  coordinatore nazionale del comitato “Pianeta 2050”, piattaforma interna al M5S che si occupa di politiche ambientali, agricole, alimentari e protezione animali. (sic).
 
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro
 
A siffatti ordini del giorno si contrappone di fatto la diffida di Comitati e Associazioni https://www.rete-ambientalista.it/2025/02/11/politici-stop-patteggiamenti-con-solvay-sulla-pelle-della-gente/:
 
“I Comitati e le Associazioni invitano la Procura di Alessandria a non intraprendere procedimento di patteggiamento con Solvay/ Syensqo inteso a favorire in senso premiale all’imputato di chiudere anticipatamente senza dibattimento la vicenda penale relativa al disastro eco sanitario dello stabilimento di Spinetta Marengo.”
 
“I Comitati e le Associazioni diffidano le Istituzioni locali e nazionali (Comune, Regione, Ministero ecc.) di proseguire tavoli di trattative intesi a favorire tale patteggiamento che affievolisce i reiterati reati penali e civili di contaminazione ambientale e non riconosce alle Vittime, persone fisiche morte o ammalate, i reali risarcimenti rapportati ai danni individualmente subìti”.
 
“I Comitati e le Associazioni, a discrimine di ogni ipotesi di patteggiamento,  pongono  irrinunciabilmente al primo posto l’immediata interruzione della condotta di contaminazione che continua a perdurare, cioè pongono l’arresto della produzione e dell’utilizzo delle sostanze tossiche e cancerogene: con l’azzeramento delle emissioni in aria, nel sottosuolo ed in falda e col procedere contestualmente -a carico dell’azienda- ad una reale e completa bonifica dell’inquinamento fino ad oggi generato”.

Solvay ringrazia Montecastello per grazia ricevuta.

“E di trista vergogna si dipinse” (avrebbe detto Dante?) il consiglio comunale di Montecastello, che ha deliberato di accettare i centomila euro di patteggiamento di Solvay. E’ come, hanno esclamato gli ambientalisti, se WWF, Greenpeace, Medicina democratica mercanteggiassero con Solvay l’elemosina a beneficio di se stessi e di quei pochi cittadini che i loro avvocati rappresentano, quali parti civili nel processo di Alessandria (il secondo) per il disastro ecologico e sanitario, quasi fosse una lotteria fra le centinaia di migliaia di persone della provincia. Sarebbe, infatti, un insulto etico e morale se Solvay se la cavasse elemosinando a poche decine di persone un “compenso per il metus”, cioè per la paura di ammalarsi, timore peraltro comune a tutta la popolazione provinciale, piuttosto che essere condannata a risarcire alle Vittime gli enormi danni per le malattie le morti. Come incitò a fare, tramite class action, il Procuratore generale della Cassazione: Questi (il management Solvay) dovete colpirli nel portafoglio.
 
In forza di quella “grazia penale” concessa alla Solvay dal consiglio comunale, i cittadini di Montecastello non saranno risarciti per i danni patrimoniali e non patrimoniali subìti avendo bevuto l’acqua avvelenata dai PFAS della Solvay, fino a quando il sindaco è stato costretto a chiudere l’acquedotto. I centomila euro a malapena coprono i costi, con tanto di mutui, sostenuti direttamente a collegare e tombare i pozzi idrici, in aggiunta a quelli sopportati dalla Regione. Il sindaco Gianluca Penna “carte alla mano” ha cercato di giustificarsi…  esaltando i settemila euro, in aggiunta ai centomila, “strappati” a Solvay quale “danno di immagine”. Il vero danno di immagine è, semmai, quello che stanno sopportando con lo sconsiderato patteggiamento gli incolpevoli cittadini di Montecastello.
 
Nota Bene. Il patteggiamento di Montecastello o, peggio, di Alessandria, è in grado di condizionare  le azioni giudiziarie penali e civili  degli altri Comuni alessandrini della “Fraschetta, dove è già stata rilevata una allarmante presenza di Pfas, esempio Piovera, Castellazzo Bormida…

L’offerta di Solvay a Comune e Regione per comprare la salute della popolazione.

Ufficializzato il patteggiamento con il Comune di Montecastello (100mila euro), ora si attendono gli esiti delle trattative in corso di Solvay con il Comune di Alessandria. Al quale, per uscire come  parte civile dal processo sarebbero state offerte altrettante 100mila euro… “quale danno di immagine”. 1 milione sarebbe comunque oltraggioso a vendere la salute dei propri cittadini. 100mila, al pari del piccolo Montecastello, è addirittura irridente sul piano “contrattuale” considerando che ogni sindaco ha il potere, quale massima autorità sanitaria locale, di fermare precauzionalmente con ordinanza le produzioni inquinanti la salute della popolazione. Ma il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, aveva già omesso questo dovere morale e istituzionale: oggi non più considerato un “debito esigibile”.
Solvay considera inoltre aggiudicata la complicità del sindaco che finge di non sapere che a Spinetta Marengo in giornate invernali si registrano concentrazioni di PFAS nell’aria di 1000 volte superiori come ordine di grandezza ai valori assunti come riferimento, e resta inerme di fronte alle clamorose fughe di gas, come l’ennesima del 16 febbraio: gravissima perchè riferita al micidiale “perfluoroisobutene”, che in passato ha ucciso. Clicca qui il commento dell’ex assessore Claudio Lombardi. Peraltro, la complicità di Abonante è data per scontata dopo le giustificazioni illegittime per un sindaco: “E’ l’Asl che mi deve ordinare la chiusura degli impianti”, mentre si nasconde dietro l’altrettanta complice Regione Piemonte, accusandola.
Per i danni inferti al territorio e alla popolazione piemontesi, Solvay dovrebbe pagare fior fiore di miliardi in un processo secondo Giustizia. Invece cerca di uscirne con un patteggiamento di qualche centinaia di milioni con la Regione Piemonte. Per preparare l’opinione pubblica alla scandalosa rinuncia di parte civile nel processo, è all’opera l’altisonante “Task Force” dell’imbonitore assessore regionale alla sanità, Federico Riboldi, con assemblee ad Alessandria che coinvolgano i Comitati. Invece di sottoporre finalmente ad un monitoraggio di massa fino a centinaia di migliaia di persone, la Regione appunto dichiara “Non sono valori allarmanti” i livelli di Pfas nel sangue della popolazione estraendo “un campione di 135 residenti entro 500 metri dal Polo Chimico di Spinetta” (29 nel primo step). Lo sono allarmanti invece, anche in queste estrapolazioni.
Lo sono fingendo di ignorare che, per PFOA o ADV o C6O4 ecc., per la salute l’unico valore sicuro nel sangue di tutti i Pfas è ZERO, e pur affidandosi ai “valori soglia” ufficiali.  Lo sono perché, nel campione, TUTTE le persone hanno Pfas nel sangue, alcune addirittura superiori a 20 ng/ml. Se rapportiamo il dato al complesso della popolazione provinciale: la situazione sanitaria è catastrofica, altro che “non allarmante”. Infatti, per non allarmare -in cambio del fare cassa nel patteggiamento di una manciata di milioni- la Regione ha il compito di rallentare al massimo il monitoraggio provinciale. Per questa mistificazione mediatica la Regione si avvale di una “Commissione Clinica” appositamente da lei stessa nominata.
Il micro-monitoraggio per loro sarebbe “non allarmante” anche se -è allucinante!!- “consigliano” “specialmente in popolazioni sensibili come le donne incinte, misure di riduzione dell’esposizione quali: utilizzare a fini alimentari le sole acque provenienti dall’acquedotto evitando le acque di pozzo, non utilizzare l’acqua di pozzi privati o da falda superficiale sia per uso domestico che per uso alimentare o agricolo, l’integrazione regolare nella dieta del consumo di alimenti di produzione propria o in generale locale, con il consumo di alimenti di provenienza diversa,” altro che chilometro zero, “considerare l’azione additiva di queste esposizioni con altre esposizioni a rischio (ad es tabacco, alcool, sedentarietà e alimentazione). Gli “esperti” della Regione se ne lavano infine le mani consigliando ai Medici di base di consigliare alle persone “con valori superiori a 20 ng/ml nel sangue, poiché esiste un incremento del rischio di effetti avversi, di adottare le misure di riduzione dell’esposizione” licenziandosi o espatriando?  “e procedere con una serie di analisi e alla raccolta di alcuni dati sulla vita delle persone”. E’ allucinante!

I processi italiani cruciali per il destino dei Pfas in Europa.

I processi di Vicenza e Alessandria sono fratelli ma non gemelli: hanno grosse differenze. Quello di Alessandria è il secondo perché Solvay di Spinetta Marengo, malgrado la sentenza in Cassazione ha continuato a inquinare come prima e più di prima con 21 cancerogeni fra cui i PFAS, e, invece di una conseguente pesante condanna per reiterato comportamento doloso e criminale, rischia  addirittura di concludersi prima di iniziare con un assolutorio patteggiamento: un mercimonio di pochi  centinaia di milioni di euro anziché miliardi.
 
A Vicenza, invece, una dignitosa Procura, nel processo che sta per concludersi, disastro ambientale e avvelenamento delle acque, ha chiesto la condanna per dolo, “consapevolezza di avere inquinato senza prendere contromisure”,  di 9 amministratori e manager (Miteni, Mitsubishi, ICIG) che si sono succeduti nella gestione PFAS della  Miteni di Trissino: la pena più pesante è di 17 anni e sei mesi, la più tenue di 4 anni di reclusione. In totale le richieste di condanna raggiungono i 121 anni e 6 mesi di reclusione.
 
Solvay Syensko, unica produttrice di Pfas in Italia, ha bilanci in attivo stratosferici, Miteni invece  è fallita e senza soldi per i risarcimenti (con o senza coperture assicurative). In comune i due processi hanno lontane anni luce le bonifiche non solo dal completamento ma pure dal concepimento: suolo-acqua-aria di 21 cancerogeni per Spinetta e, per Trissino l’avvelenamento da Pfas della falda più grande d’Europa, in modo che i Pfas si sono trasferiti negli acquedotti finendo nei rubinetti delle case di decine di Comuni nelle  province di Vicenza, Verona e Padova, coinvolgendo il sangue di 350mila persone, causando gravissime malattie e  tumori: un’indagine epidemiologica ha quantificato in 4.000 le vittime in un arco di tempo di circa trent’anni.
 
Quali “bombe atomiche ad orologeria innescate” (definizione del pm Hans Roderich Blattner), il Veneto ha in comune con il Piemonte che rimane ammantata da un alone di ambigua omertà la catena delle responsabilità dei soggetti pubblici che avrebbero dovuto impedire che si materializzasse uno dei casi ambientali più gravi della storia recente del Vecchio continente.
A monte dei due processi epocali giganteggiano gli interessi in gioco. Sono  colossali. I Pfas sono sostanze artificiali cruciali per una miriade di applicazioni: microprocessori e produzione bellica in primis. Scalfire gli interessi del complesso militare industriale è una sfida di non poco conto. In Italia la Solvay Syensko, unica produttrice di Pfas nello stabilimento di Spinetta Marengo, guida la lobby confindustriale che blocca una legge di messa al bando dei Pfas in produzione e consumo. In Europa può esistere una maggioranza a favore del divieto totale, tuttavia la proposta di restrizione universale, avanzata da Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia, sta subendo un rallentamento inaccettabile a causa appunto delle lobby del settore chimico, che stanno investendo milioni per bloccare il divieto. L’esito dei due processi italiani diventa dunque cruciale.

I Pfas non dovrebbero mai trovarsi nei giocattoli per bambini.

Secondo l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente-Isde e l’Associazione Culturale Pediatri-Acp, i Pfas continuano a essere presenti nei prodotti destinati ai bambini, con il rischio di gravi conseguenze sulla loro salute. Isde e Acp hanno inviato una lettera ai ministri della Salute e dell’Economia per chiedere di vietare l’uso di Pfas e bisfenoli, già banditi dagli imballaggi alimentari in diversi Paesi, ma ancora ammessi nei giocattoli. Le evidenze scientifiche sono schiaccianti: i Pfas sono sostanze che indeboliscono il sistema immunitario, riducono l’efficacia dei vaccini e aumentano il rischio di malattie croniche, sono stati rinvenuti nelle urine dei bambini di tutta Europa e sono associati a problemi di sviluppo, obesità e persino tumori.
 
La partita ora si gioca nei palazzi della politica, tra pressioni industriali, in particolare di Solvay che, nello stabilimento di Spinetta Marengo, è l’unico produttore italiano di Pfas. Sono scelte che definiranno il livello di tutela per le nuove generazioni.

Politici, stop patteggiamenti con Solvay sulla pelle della gente.

“I Comitati e le Associazioni invitano la Procura di Alessandria a non intraprendere procedimento di patteggiamento con Solvay/ Syensqo inteso a favorire in senso premiale all’imputato di chiudere anticipatamente senza dibattimento la vicenda penale relativa al disastro eco sanitario dello stabilimento di Spinetta Marengo.”
“I Comitati e le Associazioni diffidano le Istituzioni locali e nazionali (Comune, Regione, Ministero ecc.) di proseguire tavoli di trattative intesi a favorire tale patteggiamento che affievolisce i reiterati reati penali e civili di contaminazione ambientale e non riconosce alle Vittime, persone fisiche morte o ammalate, i reali risarcimenti rapportati ai danni individualmente subìti”.
“I Comitati e le Associazioni, a discrimine di ogni ipotesi di patteggiamento,  pongono  irrinunciabilmente al primo posto l’immediata interruzione della condotta di contaminazione che continua a perdurare, cioè pongono l’arresto della produzione e dell’utilizzo delle sostanze tossiche e cancerogene: con l’azzeramento delle emissioni in aria, nel sottosuolo ed in falda e col procedere contestualmente -a carico dell’azienda- ad una reale e completa bonifica dell’inquinamento fino ad oggi generato”.
Su questi tre imperativi etici e politici -in primis fermare Solvay- hanno concordato i gruppi locali dei Comitati e delle Associazioni di Alessandria, impegnandosi ciascuno ad articolare all’opinione pubblica prese di posizione forti e inequivocabili nei confronti delle Istituzioni, in grado di mobilitare la popolazione e fare blocco sulla  Procura.
Così, hanno proceduto con comunicati stampa Legambiente (clicca qui) e Movimento di lotta per la salute Maccacaro (clicca qui). Così, proseguiranno le prese di posizione di  WWF, Comitato Stop Solvay, Medicina democratica, Vivere in Fraschetta, GreenpeaceAnemos eccetera. Aspettando i Sindacati e i Partiti.

Le parti civili a cui Solvay propone di vendere la salute della popolazione.

La Solvay (Syensqo) ha ottenuto dal GUP di Alessandria il rinvio dell’udienza di sei mesi allo scopo di addivenire ad un patteggiamento premiale con la Procura della Repubblica, ovvero di chiudere anticipatamente senza dibattimento la vicenda penale relativa al disastro eco sanitario dello stabilimento di Spinetta Marengo. Allo scopo, i sei mesi servono alla Solvay per concludere trattative con le Parti civili: affinchè le stesse esprimano eventuale assenso alla Procura della Repubblica.
I nodi da sciogliere con le Parti civili riguardano minimamente le PARTI CIVILI FISICHE. Queste persone, infatti, sono un paio di centinaia ammesse con discriminazione al processo: non si giustifica perché alla stregua non siano ammesse le decine di migliaia di alessandrini, magari Vittime di malattie e morti. Ebbene, Solvay reputa che queste persone, scontando che non hanno nessuna fiducia nella Giustizia, si accontenteranno dell’elemosina di poche migliaia di euro, mentre  le parcelle degli avvocati sarebbero una cuccagna.
I nodi da sciogliere riguardano invece le parti civili istituzionali: Governo, Regione e Comune.
IL GOVERNO 
Un Tribunale (anche in questo processo bis) potrebbe (finalmente) condannare Solvay a risarcire allo Stato i miliardi di euro di reiterati danni ambientali e sanitari inferti al territorio, ovvero la Bonifica. Invece, con un patteggiamento che dà un colpo di spugna al Processo, altro che enormità miliardarie: Solvay se la può cavare simbolicamente con un “dono” di poche centinaia di milioni. E continuare a produrre indisturbata: perché -è inteso- nel frattempo questo Governo, con la sua maggioranza, è ancor meno indicato dei precedenti a varare una Legge  che metta al bando i Pfas in Italia e dunque Solvay di Spinetta, che è l’unica che li produce. In Parlamento la Lobby dei Pfas è onnipotente.
LA REGIONE PIEMONTE
Strozzando il processo, il patteggiamento serve a Solvay per evitare  condanne miliardarie per danni di risanamento ambientale, cioè per bonifiche, e di costi sociali che la collettività è stata costretta (e sarà) a provvedere, cioè i costi delle strutture sanitarie per accertare e assistere i malati (e i morti). Solvay, con la trattativa in corso con la Regione Piemonte, conta  di cavarsela con poche centinaia di milioni.
La Regione, in cambio del placet alla Procura, intende  scrollarsi di dosso la pressione mediatica di Comitati e Associazioni che l’accusano da tempo immemorabile di omettere indagini ambientali e sanitarie. La Regione giustificherà il “dono” della Solvay proprio per il suo utilizzo a realizzare un monitoraggio della della popolazione. La Solvay è tranquilla perché -è inteso- il biomonitoraggio non sarà di massa, cioè né riferito all’intera provincia, né all’intera zona della Fraschetta, né all’intero comune di Alessandria. Insomma, ai prelievi del sangue non avranno diritto decine di migliaia di persone. La “zona rossa” sarà abilmente circoscritta: ieri a 29 residenti o lavoratori agricoli”, oggi a “135 maggiorenni residenti entro 500 metri dal polo chimico di Spinetta Marengo”, domani “estesa” a qualche altra decina di persone, dopodomani a qualche altra, dopodomani…; non ci sarà mai un domani prossimo e certo  per cui si possa parlare di monitoraggio di massa.
La Solvay è tranquilla. Il micro monitoraggio del sangue, e non anche delle urine,  è ulteriormente limitato: ai Pfas e non alla ventina di sostanze ancor più inquinanti (es. cromo esavalente),  e neppure sarà refertato  a tutti i Pfas: esclusi furbescamente proprio “i nuovi” (es. cC6O4 e ADV) che Solvay ora sta utilizzando. La Solvay è tranquilla: non ammetterà mai che il micro monitoraggio abbia valore probatorio, neppure indiziario, ben lungi da una indagine epidemiologica che le dimostri il nesso causa-effetto, meno che mai disposta a risarcire le Vittime ammalate e morte.
Il compito affidato all’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, autorevole esponente nazionale di Fratelli d’Italia, è quello di andare in giro per Alessandria, assecondato ovviamente dagli omologhi comunale e provinciale, a propagandare il biomonitoraggio rallentato e disinnescato e pomposamente ovvero ridicolmente definito “task force”, ad offuscarne e minimizzarne via via  i risultati, insomma  a fare da imbonitore presso quei Comitati che si prestino al gioco, a insultare invece quelli che  hanno definito  “omertoso” il suo operato. Si   vergogni lui piuttosto, che vende la salute della popolazione.
IL COMUNE DI ALESSANDRIA
Il sindaco è la massima autorità sanitaria sul territorio, e dunque il sindaco di Alessandria con una ordinanza sarebbe stato in grado di fermare le produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo e salvaguardare la salute dei concittadini. Si sa perché non lo farà mai, palleggiandosi dietro la Regione e il Governo. Ad evitare il ripetersi di pubbliche accuse, perciò, un Patteggiamento gli sarebbe di sollievo. Anche perché stiamo parlando di soldi e il Comune non è che navighi in floride acque.
E c’è anche un’altra faccenda, che è stata accusata di mancanza di trasparenza dall’opposizione in Consiglio comunale. La Giunta ha autorizzato  l’acquisizione di un’area nella zona dell’ex zuccherificio, tra Alessandria e Spinetta, circa 20 mila metri quadrati (quasi tre campi da calcio), del valore fiscale di simbolici 34 mila euro. Se a caval donato (“generosamente” dalla società Valtidone) si guarda in bocca, la dentatura è marcia perché il sottosuolo dell’ex zuccherificio è impregnato all’inverosimile dei veleni (cromo esavalente ecc.)  della Solvay. Perché mai la Giunta ha acquisito un’area disastrata che il Comune non ha assolutamente i soldi per bonificare? Addirittura “per farne un centro studi dedicato alla bonifica ambientale dice il sindaco Giorgio Abonante? E i soldi dove li trova per “realizzare una nuova strada per collegare il futuro secondo ponte sul fiume Bormida”? A pensare male si fa peccato, ma il pensiero va alla trattativa con  Solvay. Sono tante le maniere per vendere la salute della gente.

Pfas l’emergenza eco sanitaria dalle Alpi all’Etna.

La spedizione ”Acque senza Veleni” di Greenpeace ha avuto luogo tra settembre e ottobre 2024 per verificare la contaminazione nell’acqua potabile in tutte le regioni d’Italia dei PFAS: sostanze tossiche e cancerogene secondo tutti gli studi scientifici internazionali,  usate in numerosissimi processi industriali e prodotti di largo consumo, che si accumulano “inquinanti eterni” nell’ambiente e nel sangue provocando danni irreversibili alla salute umana.  Per affrontare questa che per milioni di italiani è la forma di inquinamento più pericolosa che sta colpendo il nostro Paese,

non vi è altra  soluzione  che  la chiusura delle produzioni Pfas della Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria) e il varo di una legge che vieti l’uso di tutti i PFAS in Italia.

Per realizzare la prima mappa nazionale indipendente, Greenpeace ha raccolto 260 campioni, soprattutto in  fontane pubbliche,  in 235 comuni appartenenti a tutte le Regioni italiane. I PFAS sono presenti nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati.  Il cancerogeno PFOA è risultato il più diffuso. Consultando  il report completo con tutti i risultati delle analisi PFAS, clicca qui,  si tratta di una delle peggiori situazioni d’Europa.

Sull’indagine Greenpeace, clicca qui anche una vasta rassegna stampa (Scienze, Il Fatto alimentare, Repubblica, Fanpage, Corriere della sera, La stampa, Radiogold, Resto del carlino, Il manifesto, Avvenire, La nazione, Il fatto quotidiano eccetera), che comprende Piemonte, Veneto, Puglia, Liguria, Abruzzo, Emilia Romagna, Toscana, ecc.

Per una storia completa dei Pfas in Italia dal 1980, invece  consulta gli oltre mille articoli sul Sito www.rete-ambientalista.it  o chiedici i tre volumi del dossier “Pfas. Basta!”.

Bando ai Pfas adesso!

Il 29 gennaio, la facciata metallica dell’edificio Berlaymont, sede della Commissione Europea, tra le bandiere europee, è stata illuminata da un messaggio in lettere bianche e gialle accompagnato da un teschio: “ Bando al PFAS adesso! ”. Il clamoroso messaggio ha fatto seguito…  allo scarico di  secchi di terra contaminata davanti al cancello di Chemours a Dordrecht (Paesi Bassi), all’aver distribuito birre contaminate da PFAS agli operai di una fabbrica chimica a Zwijndrecht (Belgio) ed essersi accampati davanti al tribunale durante il processo Miteni a Vicenza (Italia).
 
Dietro questo appello all’esecutivo europeo, con  richiesta di incontro con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, ci sono due organizzazioni ambientaliste, European Environmental Bureau e WeMove Europe, alle quali hanno aderito rappresentanti delle popolazioni belga, olandese, francese e italiana colpite dall’inquinamento da PFAS. In un’indagine in quattro episodi pubblicata dal 14 al 17 gennaio 2025 dalla RTBF e dai suoi 28 partner del progetto Forever Lobbying , hanno rivelato il costo colossale del disinquinamento dei PFAS in Europa: tra 95 miliardi di euro e più di 2.000 miliardi di euro in Europa nel corso di 20 anni, a seconda dello scenario. Oppure 100 miliardi di euro all’anno “in perpetuo”. Insomma, fermare ora la produzione di Pfas, in Italia fermare Solvay, sarebbe la soluzione più conveniente.
 
Questa indagine ha anche messo in luce un’attività di lobbying su scala senza precedenti da parte dell’industria chimica, fino ai vertici dell’esecutivo europeo, per ostacolare un piano di messa al bando degli “inquinanti eterni”. In Italia, il Movimento di lotta per la salute Maccacaro ha denunciato (clicca https://www.rete-ambientalista.it/2025/01/18/2-000-miliardi-di-danni-la-lobby-dei-pfas-e-linciucione-italiano/) che  la lobby delle aziende chimiche e industriali capitanata da Solvay è tutt’altro che rassegnata: grandi manovre sono in corso attorno ai processi Miteni di Vicenza e Solvay di Alessandria, con il sospetto che si voglia spegnerli, quando meno impacchettarli. In Veneto clicca (https://www.rete-ambientalista.it/2025/01/11/delitto-perfetto-2-vicenza/l’allarmato documento di Mamme No Pfas, Isde, Cillsa, Legambiente, Cgil Veneto e Rete dei comitati denuncia l’esistenza di un semiclandestino tavolo di autorità politiche, istituzionali e giudiziarie  che tratta con le aziende imputate coprendone le responsabilità penali e risarcitorie In Piemonte: è in corso l’altro “inciucio” della tabula rasa dei patteggiamenti giudiziali a danno delle Vittime e della bonifica, (https://www.rete-ambientalista.it/2025/01/11/delitto-perfetto-2-alessandria/ ).

2.000 miliardi di danni. La lobby dei Pfas e l’inciucione italiano.

Rispetto a quando per la prima volta (1990) scrivemmo che lo stabilimento di Spinetta Marengo scaricava Pfas in Bormida. Rispetto a quando dai primi anni 2000 eravamo in pochi, se non i  soli, a diffondere sui Pfas informazioni e documenti internazionali sempre più allarmanti, anche trasmettendoli -come Movimento di lotta per la salute Maccacaro– in forma di esposti (venti) alla Procura di Alessandria. Ebbene, rispetto a quei tempi, fino a quelli odierni, per tutti i quali ci appuntiamo la medaglietta di indefessa costanza, ebbene oggi si può affermare che la tragedia Pfas primeggia quasi in tutti gli organi di informazione, merito anche negli ultimissimi anni dell’accelerata mediatica della campagna di Greenpeace in Italia ( http://bit.ly/3FAJ7H0 ). Meglio tardi che mai. Ma non ancora a sufficienza.
Infatti, a tutt’oggi, le produzioni dei cancerogeni e tossici Pfas della Solvay non sono state fermate ad Alessandria e l’uso dei  Pfas non è  stato messo al bando in Italia.
 
Lo stallo malmostoso è il segno che  la lobby delle aziende chimiche e industriali capitanata da Solvay è tutt’altro che rassegnata: grandi manovre sono in corso attorno ai processi Miteni di Vicenza e Solvay di Alessandria, con il sospetto che si voglia spegnerli, quando meno impacchettarli. In Veneto l’allarmato documento di Mamme No Pfas, Isde, Cillsa, Legambiente, Cgil Veneto e Rete dei comitati denuncia l’esistenza di un semiclandestino tavolo di autorità politiche, istituzionali e giudiziarie  che tratta con le aziende imputate coprendone le responsabilità penali e risarcitorie (https://www.rete-ambientalista.it/2025/01/11/delitto-perfetto-2-vicenza/). In Piemonte: l’altro “inciucio” della tabula rasa dei patteggiamenti giudiziali a danno delle Vittime e della bonifica, su cui hanno preso posizione Legambiente e Movimento di lotta per la salute Maccacaro (https://www.rete-ambientalista.it/2025/01/11/delitto-perfetto-2-alessandria/ ).
A lato di questo “inciucione”, la lobby è quanto mai aggressiva in campagne di pressione sui politici e di  disinformazione atte a  sviare l’attenzione pubblica dalle loro responsabilità verso i rischi per la salute e i relativi costi sociali (esemplari furono le campagne pro-tabacco). Lo scopo delle centinaia di lobbisti (addirittura Mario Draghi) è duplice: indebolire e affossare la proposta di Bruxelles di vietare la vendita e commercializzazione dei Pfas, e spostare il peso economico dei lavori di bonifica dalle aziende ai cittadini.
La multinazionale belga in Europa mantiene, con Ilham Kadri amministratrice delegata di Syensqo spin off di Solvay, un ruolo apicale nella “Campagna di disinformazione” dopo la richiesta di restrizione e divieto dei Pfas promossa nel 2023 dai cinque Stati europei (Danimarca, Germania, Norvegia, Olanda, Svezia). La campagna punta all’esclusione dal divieto dei fluoro polimeri: da considerarsi innocui prodotti finiti rispetto ai Pfas “storici” intermedi di produzione, e soprattutto da affermarsi essenziali per lo sviluppo della nuova tecnologia verde sponsorizzata dal Green Deal e finanziata in parte dal PNRR. Il nuovo fluoropolimero essenziale per l’idrogeno verde sarebbe Aquivion, che dal 2025 a Spinetta noi  produrremo senza utilizzo di pfas”. Falso. Aquivion rimane un Pfas e una volta riversato in ambiente il prodotto degrada in Pfas”: clicca qui.
 
Nella sua campagna, la lobby sta anche fronteggiando l’indagine interdisciplinare transfrontaliera coordinata da Le Monde, Forever Lobbying Project (FLP), che coinvolge 46 giornalisti di  diverse redazioni , 18 esperti accademici e avvocati internazionali e 29 media partner in 16 Paesi. L’indagine “sulla peggiore crisi di inquinamento che l’umanità abbia dovuto affrontare”, utilizzando una metodologia articolata e basata su criteri scientifici, ha infatti portato a galla quanto costerà ripulire dal “veleno del secolo” 23.000 siti in Europa, tra cui quelli, come Alessandria e Vicenza, considerati “hotspot PFAS”, dove la contaminazione ha già dimostrato di aver raggiunto  livelli particolarmente  pericolosi per la salute delle popolazioni esposte. A prescindere dagli incalcolabili costi umani e sociali in morti e ammalati e dall’impatto dei PFAS sui nostri sistemi sanitari, l’indagine  si è “limitata” a calcolare i costi per  bonificare le falde acquifere e i terreni impregnati di PFAS.
La cifra è da capogiro, ed equivale a 2 trilioni e mezzo di euro, 2,5 mila miliardi di euro in un periodo di 20 anniovvero un costo annuale pari a 100 miliardi di euroPer l’Italia, ad esempio, l’opera di pulizia costerebbe intorno a 12 miliardi di euro l’anno: stima assai per difetto se solo si guardano i costi depositati presso il tribunale di Vicenza. Cifre che comunque esploderebbero ulteriormente, in perpetuo, se non ci sarà lo stop immediato dei Pfas. Il nodo politico è: questi costi da chi verranno affrontati? dalle aziende che hanno messo in circolazione il PFAS, o dai cittadini tramite le proprie tasse?
Il principio sarebbe: chi inquina paga. Dunque il nodo è politico: mentre  gli altri Paesi CEE   chiedono a gran voce all’Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche (ECHA) di mettere al bando i PFAS, in Italia la storica  complicità politica e sindacale, delle istituzioni locali e governative, non ferma  le produzioni Pfas della Solvay a Spinetta Marengo, primo indispensabile passo verso il divieto in Italia  dell’uso di Pfas in tutte le manifatture, come fu (1992) per l’Eternit e l’amianto.
 
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Delitto Perfetto 2. Alessandria.

Grandi manovre attorno ai processi di Vicenza e Alessandria; rispettivamente contro Miteni, (Mitsubishi e Icig) e contro Solvay, con il sospetto che si voglia spegnerli, quanto meno impacchettarli.
Ad Alessandria, per il 2° processo Solvay, il nuovo staff legale della multinazionale sta cercando di strozzarlo “in nuce”. Ha proposto il “patteggiamento”,  che ha provocato un ulteriore rinvio delle udienze di altri  sei mesi. La mossa successiva potrà essere la richiesta premiale di “giudizio abbreviato”.  Infine, è pronta la  “rimessione alla sede”  per incompatibilità ambientale (processo a Milano).
Andando per ordine. Circolante in sordina tra avvocati (come rivelammo alcuni mesi fa), oggi, dopo l’udienza dal GUP del 20 dicembre 2024, è ufficialmente avviato un patteggiamento (rectius) premiale da condursi con tavoli di trattative tra gli imputati e le parti civili. La Procura rinuncerebbe  alla celebrazione del processo secondo gli iniziali  capi di imputazione e relative pene e risarcimenti.
Il fine della multinazionale belga sarebbe di alleggerire ulteriormente i reati, ma soprattutto di  prendersi in tranquillità il tempo necessario per la sua strategia post 2026. Soprattutto cioè di allentare il fiato sul collo da parte dell’opinione pubblica che addita Regione, Sindaco e Governo come complici di Solvay, e che chiede biomonitoraggi di massa per la popolazione e addirittura ordinanze di chiusura degli impianti, nonchè una legge nazionale di bando dei pfas.
Non a caso, gli avvocati di Comune, Regione e Governo sono entusiasti del “tavolo di trattative”. Non lo sono le Associazioni, tra cui quelle parti civili presenti al processo, 46 ONG e 40 scienziati, che hanno appena firmato alla Commissione Europea per le restrizione della produzione e dell’uso dei Pfas.
La “tabula rasa” dei patteggiamenti non passerebbe senza colpo ferire fra la popolazione alessandrina, tra le Vittime malati e morti. Immediate le reazioni di Legambiente e Movimento di lotta per la salute Maccacaro. Patteggiare significherebbe impedire ai lavoratori e ai cittadini danneggiati di costituirsi parte lesa in sede civile e chiedere, almeno in quella sede, il risarcimento dei danni subìti invece che elemosine.
A prescindere da etica e morale, l’avallo di patteggiamento o rito abbreviato sarebbero giuridicamente una figuraccia clamorosa per la nuova Procura, dopo le critiche indirizzate alla vecchia che ha istruito i capi di imputazione sui reati di colpa piuttosto che di dolo.
Nessuno, infatti, può nascondersi dietro un dito. Il combinato disposto fra capo di imputazione colposo e patteggiamento chiarirebbe  anche ai più miopi  che questo processo, anche questo processo, non determinerebbe la bonifica del sito chimico di Spinetta Marengo. Il patteggiamento non può essere “venduto” come avvio di una vera bonifica. La “conditio sine qua non” per l’avvio di una vera bonifica è invece la chiusura delle produzioni inquinanti: non può esistere bonifica mentre si sta continuando a inquinare terra-acqua-aria. Per svuotare la vasca bisogna prima chiudere il rubinetto. Altrimenti va avanti eterna l’innocua  manfrina del primo processo Solvay, anno 2009,  per la quale ancora oggi sono in discussione con gli enti locali la “caratterizzazione dl sito” e la “analisi del rischio”, dell’irrisolto micidiale cromo esavalente (e altri 20 veleni tossico cancerogeni), mentre si è aggiunto il dilagare dei Pfas: appena punta dell’iceberg di una realtà territoriale su cui incombe uno “stabilimento a rischio di incidente rilevante”, in pieno centro abitato, oltremodo più pericoloso del deposito Eni di Calenzano.

Delitto perfetto in quel di Alessandria.

Non fu un ossequio alla Giustizia italiana il titolo “Ambiente Delitto Perfetto” (Barbara Tartaglione – Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia, pagg. 518) del primo volume. Il titolo è stato mantenuto anche nel secondo volume (pagg. 444), interamente dedicato al processo Solvay. Il titolo del  presente terzo volume era nell’ordine delle cose, non fatale ma inevitabile. Così va la giustizia. Esso  riferirà del  prossimo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo. 

 A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse seguire il prossimo procedimento in  Corte di Assise di Alessandria sarebbe estremamente utile la conoscenza della genesi storica, contenuta già nel primo e soprattutto nel secondo volume di “Ambiente Delitto Perfetto”.  

Il quale, infatti, comprende la documentazione riferita al processo in  Corte di Assise di Alessandria del  2012, nonché in Corte di Assise d’Appello di Torino del  2018 e infine in Corte di Cassazione del 2019. Inoltre, include i 20 Esposti alla Procura della Repubblica dal 2008 al 2023 presentati da Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro e mai respinti con archiviazione: i 9 depositati presso il procuratore capo Michele Di Lecce, e culminati con l’azione penale del 2012 condividendo in toto il reato di dolo per tutta la catena di comando, e gli 11 presso il P.R. Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a quello del WWF) nel prossimo processo ma, purtroppo, ristretti al reato di colpa e per due imputati minori

Per completare il compendio, a qualunque storico o giornalista, e non solo, sarebbe anche utile la

conoscenza del  Dossier “Pfas. Basta!”:  una piccola enciclopedia che (“work in progress” prossimo alle 1.000 pagine in 3 volumi, disponibile anch’esso “on line”) racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2021-2023-2024 ecc. ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comuni, Province, Regioni, Governi, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali. La lunga storia dei PFAS (PFOA e C6O4 e ADV e…) è tratta in breve da stralci dei libri “Ambiente Delitto Perfetto”, volume primo e secondo e terzo  e “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”, nonché dal Sito “Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la pace e la nonviolenza” gestito dal “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro”.

Clicca qui l’INDICE  delle prime 66 pagine del VOMUME TERZO di AMBIENTE DELITTO PERFETTO.

Il Sito www.rete-ambientalista.it seguirà tutte le fasi del nuovo processo e della vecchia battaglia per la messa al bando dei PFAS. Mailinglist settimanale, libri e documenti sono disponibili a chi ne fa richiesta a lino.balza.2019@gmail.com

Clara pacta, amicitia longa.

Gli ambienti forensi avevano dato per certo (e noi prima di loro: clicca qui Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro. – RETE Ambientalista) che il Procuratore Capo di Alessandria, Enrico Cieri, era favorevole ad un patteggiamento con Solvay. Essendo Cieri stato trasferito, ci si chiede quale possa essere in merito la posizione del subentrante Procuratore Aggiunto,  Enrico Arnaldi Di Balme. Balme in sé è un debole indicatore: un salubre comune di 100 abitanti nelle Valli di Lanzo, che deve la sua notorietà alla presenza di sorgenti d’acqua considerata di gran pregio; ogni casetta del luogo è dotata di una propria fontanella zampillante acqua fresca e sana. Grazie alle sue proprietà l’acqua dell’altopiano rifornisce l’equipaggio americano della Stazione Spaziale Internazionale. A confronto, Arnaldi sarà rimasto scandalizzato dalle condizioni idriche dei dintorni provinciali del sobborgo di Spinetta Marengo. A tacere di quelle atmosferiche. Per non dire di quelle sanitarie.
 
Però, a fronte dell’evidenza, è difficile arguire se Arnaldi sia rimasto perplesso sul capo di imputazione impostato da Cieri: sui reati di colpa piuttosto che di dolo e per i soli due direttori. Avrà avuto il tempo di studiare il fascicolo, i miei 20 esposti ignorati da Cieri ? Infatti, è stato nominato procuratore ad Alessandria solo a febbraio. Tant’è che era presente Cieri e non lui questa estate a Roma nella sconcertante audizione  davanti alla Commissione  parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali (clicca qui).
 
Infine, c’è che chi tra gli avvocati attribuisce o nega  ad Arnaldi la propensione al patteggiamento in base al suo curriculum di procuratore  a Torino: magistrato molto preparato, autore di numerose inchieste su mafie italiane (ha fatto parte del pool che ha messo in cantiere la maxi-operazione Minotauro) ma anche straniere (con particolare rilievo su quella nigeriana e albanese).
 
Certo, l’azione della Procura nel patteggiamento farebbe scalpore. Intanto, voci danno già in corso con parti civili l’approccio di un patteggiamento (rectius nel linguaggio forense) premiale per l’imputato e le parti civili. I nuovi avvocati Solvay, Riccardo Lucev  e Guido Carlo Alleva, avranno valutato se si allenterebbe il fiato sul collo da parte dell’opinione pubblica che addita Regione e Sindaco come complici di Solvay, e che chiede biomonitoraggi di massa per la popolazione e addirittura ordinanze di chiusura degli impianti. A Solvay il patteggiamento servirebbe a derubricare ulteriormente i reati, ma soprattutto a prendere in tranquillità il tempo necessario per la sua strategia post 2026. Un modesto patteggiamento, condiviso con Edison (clicca qui) potrebbe essere un’alternativa all’incertezza della richiesta di trasferimento (“rimessione alla sede”) del processo (trasmissione degli Atti a Milano) “per incompatibilità ambientale”: eventualità che gli avvocati della difesa vedono con preoccupazione.  La richiesta di patteggiamento può essere formulata fino alla presentazione delle conclusioni in udienza preliminare, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Dunque, le risposte potrebbero venire già nella imminente udienza del 20 dicembre  davanti al GUP Andrea Perelli.  
 
Una cosa è già certa. Il combinato disposto fra capo di imputazione colposo e patteggiamento chiarirebbe  anche ai più miopi  che questo processo, anche questo processo, non determinerebbe  la bonifica del sito chimico di Spinetta Marengo. D’altronde, per noi è sempre stato chiaro che la “conditio sine qua non” per l’avvio di una vera bonifica non sono le aule penali bensì  la preventiva  chiusura delle produzioni inquinanti: non può esistere bonifica mentre si sta continuando a inquinare terra-acqua-aria. Per svuotare la vasca bisogna prima chiudere il rubinetto. Altrimenti va avanti eterna l’innocua  manfrina del primo processo Solvay, anno 2009,  per la quale ancora oggi sono in discussione con gli enti locali la “caratterizzazione dl sito” e la “analisi del rischio”,  dell’irrisolto micidiale cromo esavalente (e altri 20 veleni tossico cancerogeni), mentre si è aggiunto il dilagare dei Pfas: appena punta dell’iceberg di una realtà territoriale che -Calenzano dovrebbe rammentare-  ospita uno “stabilimento a rischio di incidente rilevante”, in pieno centro abitato, oltremodo più pericoloso del deposito Eni. Ci si dimentica facilmente  che decenni fa titolavo sui giornali “Inodore, insapore, incolore, una bomba chimica che può annientare la città senza scalfire un muro”; e che nei decenni i consigli comunali erano dai Movimenti costretti ad ordini del giorno per “situazione ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale”, salvo poi non prendere provvedimento alcuno.  

Bei tempi.

Foto tratta dal libro “Frammenti riavvicinati”.

Andrea Perelli, GUP nel processo Solvay bis ad Alessandria, per averLo descritto in “acchittata compostezza con papillon” ha arricciato il naso. Quale antitesi alla scompostezza della Sua ordinanza, “Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro”, egli in effetti ha letto giusto: non è  ironia dei bei tempi passati, bensì contestazione: 6 (+ 1) ragioni affinchè Lino Balza debba partecipare al processo per rinchiodare 39 prove che condannano Solvay e imputati.

La dieta per le popolazioni avvelenate dai Pfas.

Altro che “dieta mediterranea”. Se vivi nella “zona rossa”, quella più contaminata da Pfas in Veneto, devi stare attento anche alle uova delle galline dietro casa e ai prodotti a chilometro zero. Un recente studio realizzato dai dottori Armando Olivieri Mario Saugo, in collaborazione con il professor Hyeong-Moo Shin della Baylor University di Waco in Texas, ha dimostrato che, per la popolazione già con precedente presenza  di Pfas nel sangue, il consumo di alimenti locali vegetali e animali è un’ulteriore accumulo di Pfas: “inquinanti eterni”. Insomma, i residenti veneti dovrebbero fare una dieta priva di prodotti locali per almeno 10-20 anni, mentre si curano  le patologie contratte già prima della chiusura della Miteni di Trissino.
A maggior ragione, la dieta dovrebbe soprattutto essere d’obbligo per la popolazione di Alessandria, dove, nel sobborgo di Spinetta Marengo, la fabbrica Solvay, unica produttrice di Pfas in Italia, inquina da decenni terra-aria-acqua di Pfas e altri 20 veleni tossico cancerogeni.
 
Di quali patologie stiamo parlando?
 
L’esposizione ai PFAS comporta una regressione del metabolismo e del trasporto dei lipidi e di altri processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all’ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile; dunque i PFAS sono dannosi per la fertilità e lo sviluppo fetale. L’esposizione produce una sovraregolazione del gene ID1, coinvolto nello sviluppo di vari tipi di tumore, tra cui tiroide, leucemiacancro al seno e al pancreas. Inoltre, dai dati emerge che gli individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo, hanno più probabilità di andare incontro a esiti fatali se esposti continuativamente a questi composti. L’esposizione provoca l’indebolimento delle reazioni immunitarie, della produzione di anticorpi e delle risposte alle vaccinazioni, osservato nei bambini esposti ai PFAS durante il periodo prenatale e postnatale; entrare in contatto con Pfas aumenta anche la concentrazione nel siero dei marcatori di stress infiammatorio e ossidativo, favorendo lo sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l’aterosclerosi e gli eventi tromboembolici.
L’analisi complessiva di tutti gli studi condotti sul tema è stata realizzata dai ricercatori dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova che hanno comparato i diversi lavori, pubblicando i risultati in un’analisi comparativa trascrizionale sulla rivista Toxics., con il titolo “Cross-Species Transcriptomics Analysis Highlights Conserved Molecular Responses to Per- and Polyfluoroalkyl Substances”. Questo studio del Dipartimento di farmacia e biotecnologie dell’Università di Bologna e del Dipartimento di scienze cardiache, toraciche, vascolari e sanità pubblica dell’Università di Padova, è la più ampia analisi della risposta trascrizionale ai PFAS mai realizzata.

La dieta anti pfas per tutti.

La dieta per le popolazioni che sono o sono state direttamente colpite  aria-acqua-suolo dalle aziende produttrici di Pfas (ieri Montedison e Miteni, oggi Solvay) deve essere addirittura drastica. Ma tutta la popolazione in generale deve stare attenta a cosa  mangia, a come limitare dalla propria dieta questi  interferenti endocrini  associati a forme di tumore e infertilità.
Quali consigli?
 
Non acquistare alimenti dalle suddette zone piemontesi e venete, né dalle zone dove i fanghi di depurazione vengono usati come alternativa al fertilizzante sui terreni agricoli, dove l’acqua per le colture e per il bestiame può risultare contaminata, così come i mangimi per animali, né dalle zone con fabbriche che usano Pfas, esempio concerie.
In cucina  non usare imballaggi e prodotti per la casa contenenti Pfas, a cominciare dagli utensili da cucina, primi fra tutti le padelle antiaderenti che non contengono l’etichetta “pfas free”. Per la scelta di cibi confezionati meglio preferire il vetro alla plastica.
Tra gli alimenti, come spiega The Guardian, ce ne sono alcuni che possono essere più ricchi di PFAS, come quelli trasformati e quelli da asporto o quelli sfusi contenuti nei contenitori per lo stoccaggio, spesso appunto trattati con gli inquinanti eterni. Dunque è raccomandata una dieta ricca di frutta e verdura fresca, che ha minori impatti sulla contaminazione da confezionamento e lavorazione. Meglio il biologico, purchè garantito. Anche un maggior consumo di uova, caffè e riso bianco sono stati associati a livelli più alti di PFAS nel sangueOcchio anche al pesce e ai frutti di mare. Una ricerca condotta nel New Hampshire, negli USA, ha rilevato la presenza di PFAS in tutte e 26 le tipologie di pesce analizzate, con i livelli più alti nei gamberi e nell’aragosta.
 
Insomma, è possibile solo una dieta che riduca l’esposizione da Pfas. Fino a quando non intervenga una legge di messa al bando di produzione e uso di Pfas, a cominciare dalla chiusura delle uniche produzioni in Italia della Solvay di Spinetta Marengo. 

Il traghetto italiano dei Pfas: Solvay studia come salvare capra e cavoli.

Si sono autodefiniti désamorceurs » i vertici di Ilham Kadri, amministratrice delegata Solvay Syensqo, con Marco Apostolo, country manager in Italia (Ricatto occupazionale della Solvay a Spinetta Marengo), e con il nuovissimo team legale di Guido Carlo Alleva e Riccardo Lucev, nel merito del possibile scenario sulle sorti dello stabilimento di Spinetta Marengo, “champ de mines”, che comprende il processo avviato presso il GUP di Alessandria (Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro. ) e anche le paventate azioni inibitorie e class action di risarcimenti danni. Si è di recente aggiunta la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea: Edison coimputata con Solvay? Di questi “Vertici dei disinnescatori del campo minato”, pomposamente convocati come Riunioni strategiche per tracciare la rotta della navigazione aziendale”, si potrebbero già intravvedere i riflessi nella imminente udienza GUP del 20 dicembre.  

Utile spunto di riflessione a Bruxelles, per le relative “azioni pianificate e strutturate”, verte attorno alle risoluzioni  in USA del sito Solvay di West Deptford. Qui, da Solvay è stato raggiunto un accordo con il “Dipartimento per la Protezione Ambientale (DEP)” dello Stato del New Jersey, poi che la multinazionale belga  è stata portata in tribunale nel 2020.  Esso segue la cessazione, dopo trenta anni, delle miscele Pfas  compreso l’ADV dal 2010 importato da Spinetta Marengo quale sostituto del PFOA. Discusso dallo Stato con Comuni-Organizzazioni-Cittadini, garantirebbe  la tempestiva bonifica di PFAS e sostanze pericolose nelle adiacenze del sito nella Contea di Gloucester, e risarcirebbe la cittadinanza per i danni. Infatti, l’accordo di transazione, prevede  azioni di risanamento ambientale più impegni finanziari di 392,7 milioni di dollari: “finanziare le indagini ambientali critiche, le attività di bonifica e i progetti di ripristino qualità ambientale nelle comunità di Gloucester e Camden County”.

A  prescindere dai rilievi  economici, a complicare la  disamina -tattica e strategica-  dei nuovi  avvocati c’è la diversa giurisdizione penale americana che consente alla Solvay di affermare che “l’indennizzo non va considerato come una ammissione di colpa”; ovvero c’è che la complice latitanza dello Stato italiano -inteso come centrale e locale- ora sarebbe più proficua  se si trasformasse in una edulcorata legge Pfas ispirata dalla Solvay proiettata a dopo il 2027 (l’opposto della messa al bando con il  Disegno di Legge ex Crucioli). La legge “ralenti” sarebbe utile a disinnescare, fra tutte, almeno questa mina: perché Ilham Kadri a Spinetta non  intende cessare a breve le produzioni di Pfas, proprio mentre cresce l’allarme sociale nell’intero territorio alessandrino per  l’avvelenamento acqua-aria-suolo di PFOA C6O4 e ADV -a tacere gli altri 20  tossici e cancerogeni- evidente anche nel biota acquatico e selvatico  e nei  prodotti alimentari raccolti proprio nei suoli implementati di “nuovi” composti a catena mediocorta precipitanti dalle ciminiere: ancor più bioaccumulabili  dei “vecchi” e ovviamente con standard analitici occultati da opportuni diritti brevettuali, al pari dei Fomblin e Aquivion.

In più, non può essere rallentato all’infinito un monitoraggio di massa della popolazione aperto a tutti gli standard analitici. Che potrà aprire il vaso di pandora sui risarcimenti alle Vittime, leggi class action. Il raffronto per gli avvocati va di nuovo alla Solvay di West Depford che, “per evitare l’onere e le spese di un contenzioso continuo” (si legge nella sua dichiarazione), ha accettato di pagare 1,3 milioni di dollari per chiudere una class action sulla contaminazione da Pfas delle riserve idriche del Parco nazionale di West Deptford, intentata per conto dei residenti del Parco nel giugno 2020, prevedendo gli esami del sangue gratuiti a tutti i cittadini, i risarcimenti individuali e per gli immobili residenziali, le spese legali e gli onorari. Inezie per la multinazionale, salvo che restino aperti i risarcimenti per le patologie sofferte.

A proposito di mine, infine, secondo fonti informate, serviranno a Bruxelles altre riunioni (in gergo: operational meetings, réunions opérationnelles) per affrontare l’impatto di una « azione inibitoria », la questione che è stata alla base del cambio del team di avvocati.

Non ti puoi più fidare di nessuno.

Quando hai i soldi puoi permetterti di essere difeso in tribunale dai più costosi luminari sul mercato. Trovi anche chi è disposto a farti una perizia che affermi che la concentrazione di Pfas nell’acqua potabile accertata nella “zona rossa” (i Comuni più inquinati del Veneto) “è protettiva per la salute umana”. Dunque l’allarme è spropositato tanto più, hanno sostenuto, che non esiste nemmeno una correlazione certa tra Pfas e patologie mediche, come le malattie cardiovascolari, la malattia ischemica del cuore, le malattie cerebrovascolari, l’ipertensione arteriosa, l’ipertensione gravidica, il diabete e il cancro; al massimo hanno ammesso  una limitata associazione tra Pfoa e tumori al rene e al testicolo.
 
Per arrivare a tanto, i due accademici, hanno abbattuto di 70 volte la presenza dei Pfas contenuti nell’acqua potabile e di conseguenza il rischio per la salute umana. E’ bastato, per sputtanarli, un avvocato con una calcolatrice in mano.   E’ accaduto al processo in Corte di Assise di Vicenza. dove si è svolto il contro esame dei due illustri docenti universitari, entrambi citati dai difensori dei manager di Icig Miteni di Trissino, Paolo Boffetta, epidemiologo e ordinario di Medicina del Lavoro all’università di Bologna, e Claudio Colosio, docente all’Università statale di Milano. La firma di entrambi è apposta in calce a una “Relazione di consulenza tecnica” (81 pagine!) che ha per oggetto la “revisione critica dell’evidenza sugli effetti sulla salute esercitati da sostanze Pfas”.
 
Se non fosse stato scoperto, “l’errorino”,  di scambiare la “dose massima consentita per ogni chilogrammo di peso” con “la dose massima consentita al giorno”, avrebbe voluto dimostrare come la quantità di Pfas ingeriti (con la sola acqua, ma ci sono anche quelli contenuti negli alimenti) nei Comuni della “zona rossa” fosse perfettamente compatibile con i limiti Efsa Autorità europea per la sicurezza alimentare. Invece hanno provato il contrario.
 
Solvay si è annotata i nomi di Boffetta e Colosio da cancellare  dal carnet dei consulenti al processo di Alessandria.

Divieto uova in Francia. Avvelenate da Pfas. E in Italia?

In Francia le analisi le hanno fatte. In Italia no, ad accezione di Alessandria: dove appunto sono stati trovati i Pfas. Ma il sindaco non ha emesso divieto. I negozianti apporranno il cartello: qui non vendiamo prodotti a chilometro zero?
 
A Verneuil-en-Halatte e Villers-Saint-Paul  a Chemours produce e inquina Pfas quasi quanto la Solvay a Spinetta Marengo. Infatti,  le uova provenienti da piccoli pollai domestici, dove le galline possono razzolare liberamente e sono alimentate in modo ottimale, è scattata l’allerta e il consumo di uova da allevamenti casalinghi è ora vietato: i livelli di Pfas nel 66% dei campioni, quattro pollai su sei, sono fino a 20 volte superiori a quelli consentiti.
 
L’Agenzia Regionale della Salute (ARS) ha emesso un avviso urgente: i risultati confermano le preoccupazioni già avanzate dalla ONG Générations Futures.

Ricatto occupazionale della Solvay a Spinetta Marengo.

Solvay: “I sindacati ci dormono su”.
Puntuale come un orologio belga, cala sulla tragica vicenda ecosanitaria del polo chimico alessandrino il tradizionale ricatto occupazionale. Nella sua telefonata, ci confida il Segretario chimico, Marco Apostolo non ha usato mezzi termini: voi  sindacati dovete uscire dal letargo, non potete mostravi silenziosi neutralisti  mentre ci stanno mettendo in croce, mentre ci vogliono mettere al bando in Italia con una legge, mentre chiedono al sindaco la chiusura di impianti o addirittura della fabbrica di Spinetta Marengo, dovete mettervi in gioco perché il taglio dell’occupazione è affar vostro prima che nostro.
 
Chi sta ponendo il ricatto occupazionale è il direttore (“Country Manager”) di Syensqo in Italia dopo lo scorporo (“spin off”) dalla casa madre Solvay, a complemento dell’annuncio della “CEO” (amministratore delegato), Ilham Kadri, di un taglio in Europa di 300-350 dipendenti. Alla base del provvedimento, come vi avevamo preannunciato più volte, ci sta il  “work in progress offshoring” (trasferimento) di  produzioni in Cina, in particolare  relativo all’unità produttiva di Spinetta Marengo e al centro ricerca di Bollate. Al termine di questo percorso, avverte il vertice Syensqo, si porrà il problema occupazionale per queste due unità: però più durerà a lungo questo percorso meglio sarà (per i profitti Solvay n.d.r), ritardarlo dipenderà anche da voi se vi darete un po’ da fare a frenare questa ondata distruttiva. Ondata distruttiva: Apostolo, a buon intenditor poche parole, si riferisce alla nostra campagna nazionale per la messa al bando dei Pfas in Italia, alla fatidica data 2026 per il  divieto Europeo all’uso di siffatte sostanze, al processo (il secondo) avviato presso il tribunale di Alessandria, alla Regione Piemonte che non riesce più a decelerare il drammatico monitoraggio sanitario della popolazione: “pistola fumante” nelle cause di risarcimento per le Vittime, morti e ammalati.
 
Per mettervi sulla buona strada interventista, ha predicato l’Apostolo al discepolo Segretario, noi porremo da subito l’anticipo di un esubero di una trentina di persone tra Spinetta e Bollate. “Vi consulteremo nelle sedi preposte e voi datevi da fare nelle sedi opportune, non presentatela come un ricatto perché noi siamo guidati dai principi di dignità e empatia” (sic). In questa capacità di mettersi nei panni altrui, tipica della politica, c’è sempre un sindacato più empatico dell’omologo.  

Bonifica impossibile: Solvay inquina come prima, più di prima.

Solvay nel 2019 è stata condannata definitivamente dalla Cassazione a bonificare a Spinetta Marengo un mare di  cromo esavalente, pfas ecc.  Nel 2024 è di nuovo sotto  processo  per aver omesso la bonifica. Si difende dicendo che ci vogliono anni per farla. Avrebbe ragione, perché ci vogliono, ad esempio, non meno di quattro decenni per permettere a una falda acquifera contaminata di liberarsi dagli PFAS (sostanze perfluoro alchiliche), i contaminanti perenni e ubiquitari che hanno gravi conseguenze sulla salute umana e sull’ambiente. Ma avrebbe ragione se avesse smesso di inquinare, e invece inquina terreni, acque e atmosfera come prima e più di prima. Dunque ogni bonifica è impossibile  se non si fermano le produzioni. Inutile chiudere il tappo ad una vasca se si lascia il rubinetto aperto.  Bisogna chiudere, subito,  il “rubinetto” e, poi,  ci vogliono 40 anni per svuotare  la “vasca”.  
 
Un esempio ci viene dalla Carolina del Nord dove c’era un impianto di produzione di PFAS dell’azienda Fayetteville Works. I ricercatori dell’Università Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston hanno voluto verificare a che punto fossero le acque più profonde visto che, dal 2019, in teoria, la contaminazione è cessata. Per questo hanno raccolto una serie di campioni in due bacini vicini agli impianti e hanno messo a punto un modello per verificare non solo la situazione attuale, ma anche l’andamento della qualità delle acque nel tempo. Quindi hanno identificato e quantificato diversi tipi di PFAS e, in più, hanno utilizzato dei traccianti radioattivi che riescono a datare le acque, e hanno combinato i dati con quelli dei rilevamenti delle concentrazioni di PFAS in atmosfera, e con quelli della cinetica dei flussi delle acque. Così hanno ottenuto delle formule che permettono di stabilire quantitativamente e temporalmente la presenza di PFAS nelle acque. Come hanno poi riportato su Environmental Science & Technology, i risultati sono stati sconvolgenti, perché hanno mostrato che alcuni PFAS erano lì da almeno 43 anni, con concentrazioni pari a 229 e 498 nanogrammi per litro, mentre la soglia limite per l’acqua potabile per l’HFPO-DA stabilita dalla US Environmental Protection Agency (EPA) è di dieci nanogrammi per litro.

Piuttosto che chiudere, “inventa” filtri seta/cellulosa miracolosi per bere acqua senza Pfas.

Piuttosto che fermare le lucrose produzioni, e avviare la costosissima bonifica, cioè eliminare a monte l’ecocidio, Solvay preferirebbe tamponare a valle…  se qualcuno inventa un filtro da applicare ai rubinetti. Sarebbe una soluzione demenziale, anzi criminale. Perché, ammesso e non concesso di risolvere l’acqua  domestica peraltro a costi inusitati per i cittadini, resterebbe contaminato tutto l’ambiente e dunque avvelenata la catena alimentare da cui dipende la salute umana. Eppure Solvay ci sta pensando in alternativa ai filtri a carbone, di cui noi abbiamo documentato l’assurdità (clicca qui).
 
Ecco che verrebbe utile, almeno sul piano della distrazione propagandistica, lanciare l’Università di Alessandria, giustificando così i finanziamenti di cui gode da parte della multinazionale belga. Dovrebbe inventare una membrana tramite la proteina di cui è costituita la seta, la fibroina, unendola  alla cellulosa in forma cristalli nanometrici, creando appunto una pellicola con potere filtrante nei confronti in particolare dei PFAS: che possiedono una carica elettrica fatta apposta per attaccarsi ai filtri con carica opposta opportunamente un po’ potenziata. Favolosi filtri, detto per inciso, che dovrebbero poi essere bruciati negli inceneritori… ma l’università poi dovrebbe studiare filtri per inceneritori… e poi e poi all’infinito. Un business mondiale.
 
Ma ci sarebbe di più. Per risparmiare nell’uso domestico, potrebbe essere sufficiente la seta raccolta come scarto dalle lavorazioni industriali, mentre per un impiego più esteso si possono cercare proteine simili, ma disponibili in quantità più elevate. L’università candidata al nobel.

Ricatto occupazionale della Solvay a Spinetta Marengo.

Solvay: “I sindacati ci dormono su”.
Puntuale come un orologio belga, cala sulla tragica vicenda ecosanitaria del polo chimico alessandrino il tradizionale ricatto occupazionale. Nella sua telefonata, ci confida il Segretario chimico, Marco Apostolo non ha usato mezzi termini: voi sindacati dovete uscire dal letargo, non potete mostravi silenziosi neutralisti  mentre ci stanno mettendo in croce, mentre ci vogliono mettere al bando in Italia con una legge, mentre chiedono al sindaco la chiusura di impianti o addirittura della fabbrica di Spinetta Marengo, dovete mettervi in gioco perché il taglio dell’occupazione è affar vostro prima che nostro.
 
Chi sta ponendo il ricatto occupazionale è il direttore (“Country Manager”) di Syensqo in Italia dopo lo scorporo (“spin off”) dalla casa madre Solvay, a complemento dell’annuncio della “CEO” (amministratore delegato), Ilham Kadri, di un taglio in Europa di 300-350 dipendenti. Alla base del provvedimento, come vi avevamo preannunciato più volte, ci sta il  “work in progress offshoring” (trasferimento) di  produzioni in Cina, in particolare  relativo all’unità produttiva di Spinetta Marengo e al centro ricerca di Bollate. Al termine di questo percorso, avverte il vertice Syensqo, si porrà il problema occupazionale per queste due unità: però più durerà a lungo questo percorso meglio sarà (per i profitti Solvay n.d.r), ritardarlo dipenderà anche da voi se vi darete un po’ da fare a frenare questa ondata distruttiva. Ondata distruttiva: Apostolo, a buon intenditor poche parole, si  riferisce alla nostra campagna nazionale per la messa al bando dei Pfas in Italia, alla fatidica data 2026 per il  divieto Europeo all’uso di siffatte sostanze, al processo (il secondo) avviato presso il tribunale di Alessandria, alla Regione Piemonte che non riesce più a decelerare il drammatico monitoraggio sanitario della popolazione: “pistola fumante” nelle cause di risarcimento per le Vittime, morti e ammalati.
 
Per mettervi sulla buona strada interventista, ha predicato l’Apostolo al discepolo Segretario, noi porremo da subito l’anticipo di un esubero di una trentina di persone tra Spinetta e Bollate. “Vi consulteremo nelle sedi preposte e voi datevi da fare nelle sedi opportune, non presentatela come un ricatto perché noi siamo guidati dai principi di dignità e empatia” (sic). In questa capacità di mettersi nei panni altrui, tipica della politica, c’è sempre un sindacato più empatico dell’omologo.   

Tira brutta aria ad Alessandria, non solo in atmosfera.

L’Arpa Piemonte ha reso pubblici i dati giugno-luglio (clicca qui) dell’inquinamento dei Pfas nell’atmosfera di Alessandria, completando ormai il quadro annuale di questi tossici e cancerogeni che permeano polmoni, cibi, acque, suoli, acquedotti di Spinetta Marengo, Comuni di Alessandria (pozzi chiusi), Montecastello (acquedotto chiuso) e altri della Provincia.
 
La relazione ARPA denuncia, assieme al vecchio PFOA già vietato nel mondo, e al “nuovo” C6O4 malgrado il reparto fosse chiuso in quei mesi, la presenza del “nuovo” pfas ADV, ora denominato MFS, con concentrazioni più sensibili nel sobborgo di Spinetta. Quasi fosse una scoperta!! Mentre invece la nostra associazione ne denunciò pubblicamente l’impiego -non autorizzato- fin dal 2009 con un esposto alla procura. La successiva graziata  autorizzazione AIA della Provincia  è addirittura scaduta nel 2023. Nell’atmosfera alessandrina odierna, Solvay da 72 ciminiere spara in aria i pfas ADV, che si aggiungono ai C6O4, ai PFOA, nel cocktail di altri 20 tossici e cancerogeni, che, tutti assieme motivano le tragiche indagini epidemiologiche (l’ultima nel 2019, clicca qui alcune tabelle). Tutto ciò: malgrado sia già intervenuta una sentenza della Cassazione e per responsabilità della sopravvenuta magistratura.
 
Tira brutta aria ad Alessandria, non solo in atmosfera ma anche in politica e magistratura.

Brutta aria in politica.

 In primo piano, la tomba di Gianni Spinolo, grande avversario e vittima di Solvay.
Un gran daffare a nascondere la polvere (cancerogena) sotto i tappeti. Mentre Solvay si fa propaganda invitando frotte di studenti della provincia per ammirare le meraviglie dello stabilimento di Spinetta Marengo, a coprire le larghe spalle della multinazionale belga provvedono come sempre  le istituzioni locali: in questo frangente è presentata al ristretto  pubblico la “task force” del neo assessore alla sanità regionale Federico Riboldi. Tale denominazione bellica che in italiano è mitigabile  come “unità di pronto intervento”, fa abbastanza ridere perché, mentre Riboldi scopre l’acqua calda, il disastro ecosanitario di Alessandria è vecchio come il cucco, e nei recenti cinquant’anni i politici hanno fatto finta di affrontarlo sotto altri nomi: commissione consiliare, osservatorio ambientale, gruppo di studio, ecc. Tutte inconcludenti distrazioni ad uso dell’opinione pubblica. Con questa cosiddetta task force innanzitutto si punta a sviare l’attenzione sulla ventina di cancerogeni che Solvay spara in aria-acqua-suolo, limitandosi  solo alla punta dell’iceberg dei Pfas.
 
All’assessore Riboldi con l’elmetto di cartone in testa, Solvay Syensqo ha affidato il compito di prendere tempo-perdere tempo: diluire il più a lungo possibile i tempi degli esami del sangue di una ristretta popolazione, piuttosto che il monitoraggio di massa provinciale rivendicato e negato da decenni (i cittadini gli esami se li sono fatti a proprie spese). E, con ciò, rinviare l’unica discussione, ovvero decisione, da fare oggi: su come chiudere, ORA le produzioni della Solvay di Spinetta Marengo e, POI, chiedere i risarcimenti per le Vittime in base ai monitoraggi ematici nel frattempo eseguiti: i cui risultati  inevitabilmente saranno oggetto di lunghissime valutazioni e discussioni in sede giudiziaria (senza riconoscimenti per i tanti Gianni Spinolo sulle lapidi del cimitero di Spinetta).  
 
Il trucco di Solvay-Riboldi è infatti  rovesciare le priorità dei tempi: DOPO che i cittadini faranno da cavie di laboratorio, e ponderati i pro e i contro delle morti e delle malattie, e soppesati i rapporti causa-effetto, e i valori di soglia dei veleni compatibili nel sangue (perdio! ma solo zero è compatibile!), insomma dopo un milione di se e di ma, POI eventualmente, non necessariamente, iniziare la discussione sulla chiusura… secondo i tempi nazionali e internazionali prefissati da Solvay Syensqo. “Altrimenti ha detto senza pudore Riboldi “si prendono decisioni di pancia”. Purtroppo alcuni attivisti ambientalisti si fanno pigliare nell’ingranaggio del trucco. Spontaneamente approva l’irresponsabile sindaco di Alessandria (vedi Adriano Di Saverio).
 
Affinchè tutto resti saldamente nelle mani di Solvay-Riboldi-Regione, la cosiddetta  task force è stata articolata in “commissione tecnica” e “commissione scientifica”, cioè polverizzata  in una pletora ininfluente di fedeli  funzionari provinciali e regionali, nonché di eterogenei dirigenti sanitari per successive diagnosi e terapie a lungo termine. Il fine evidente è annegare ancora una volta in un mare di informazioni tecniche, come non bastassero tutti i dati ambientali e sanitari pur usciti dai mafiosi Arpa e Asl, e nove indagini epidemiologiche nella Fraschetta, a tacere i referti delle Università di Liegi e Aquisgrana.  
 
In concreto, l’impegno “finanziario” consisterebbe  al momento in un annunciato camioncino attrezzato  che girerebbe a fare prelievi in un limitato  raggio di 3 chilometri attorno al polo chimico. “Sui tempi di chiusura” precisa la Regione, “non si possono al momento indicare delle date, perché dipendono dai risultati dei primi campioni”. Lo sappiamo, campa cavallo per il resto della Provincia, del Comune di Alessandria, degli altri Comuni , come Montecastello dove è stato addirittura chiuso l’acquedotto.
 
E’ stato commentato: “Quello della cosiddetta ‘task force’ è solo l’ultimo di una lunga serie di capitoli che da anni si susseguono e che continuano a raccontare la presenza di un inquinamento, di responsabilità relative e di risposte il più delle volte flebile e lascive”. Ecco, “lascive” è il termine appropriato, con i suoi sinonimi: scandalose, indecenti, immorali, vergognose, disoneste, criminali… Syensqo.

Brutta aria in magistratura.

Interno del palazzo di giustizia di Alessandria (foto repertorio  La Stampa)
Ha fatto notizia, grazie al GUP di Alessandria, un esempio di come funziona la giustizia in Italia. L’episodio è relativo all’ordinanza in sede di udienza preliminare con la quale il giudice Andrea Perelli ha fatto fuori dal processo Solvay-bis i due più temibili avversari di Solvay: Greenpeace e ancor  più inverosimilmente  Lino Balza, da oltre 50 anni l’antagonista storico nel polo chimico di Spinetta Marengo. Clicca qui Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro.  e qui 6 (+ 1) ragioni affinchè Lino Balza debba partecipare al processo per rinchiodare 39 prove che condannano Solvay e imputati.
 
Sono pervenuti tantissimi commenti di solidarietà e anche complimenti (immeritati ma che comunque tengono su il morale). Il primo, quasi in tempo reale, mi ha commosso:
Caro Lino non demordere. Ciao Lino,
leggo con orrore della tua esclusione dal processo. Ma non mi
meraviglio, con una magistratura serva ancora una volta dei potenti.
Sembra di essere tornati indietro agli anni ’70. Non demoralizzarti,
troverai il modo di farti accettare come parte lesa. Tu sei un giusto, e
i giusti non vengono mai abbandonati da Dio. Pregheremo per te.  Oggi ti
bonifico 10 Euro a sostegno della tua, della nostra battaglia. Un
abbraccio, e mi raccomando NON DEMORDERE !!!
Ciao! Giacomo.
 
Nello stesso tono, Enrico: “Ciao, Lino. Non ti deprimere e tieni duro, ti dico che provo solo nausea.” Maria Chiara: “Rendermi conto del livello cui è caduta almeno in parte la nostra magistratura mi ha inorridito e molto amareggiato”. Non altrettanto riproducibili, senza uso di eufemismi, sono altri commenti coloriti. In generale,  sono assai rari i commentatori rimasti sorpresi. Anzi, un dotto mi definisce vittima ancora di “fumus persecutionis”.
 
Chi usa il sarcasmo: “Pazzesco. E poi dicono che i giudici sono tutti comunisti…!” Chi raccomanda che “Certe sedi di tribunale sarebbe una fortuna scansare”. E fa il nome di Alessandria come “porto delle nebbie”. In effetti, per tutte le rappresaglie subìte mi sono sempre rivolto (vincendo) ai tribunali di Milano. Per questo processo Solvay bis non posso che tentare in sede di dibattimento in assise di rientrare dalla porta dopo che il GUP mi ha scaraventato dalla finestra. Certo, non piacerebbe nè a Solvay nè  alla Procura il mio contributo all’accertamento di responsabilità e verità.
 
Luigi Maconi fa riferimento al “comma 2 dell’articolo 1 dei 12 PRINCIPI FONDAMENTALI della COSTITUZIONE: La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” per ritenere che “questo principio , letti anche i tuoi precedenti rispetto al processo Solvay, a me pare ampiamente violato dal GUP di Alessandria”.
 
Il termine “giustizia di classe” magari non viene da tutti i commentatori pronunciato ma la sostanza della loro valutazione è di una giustizia costruita su leggi che sono state fatte su misura dalle classi dei potenti, magari proprio da quegli impuniti che giornalmente  attaccano quella magistratura invece implacabile con i più deboli, spesso poveracci indifesi, che non tutela le Vittime: come  avviene per  delitti contro l’ambiente e la salute (come ho documentato nei tre volumi  di “Ambiente Delitto Perfetto”, disponibili a chi ne fa richiesta). Da aggiungere al libro ci vengono segnalati significativi esempi da Vito Totire, Luigi Maconi, Enrico Martini.
 
 A tutti quelli che mi hanno chiesto “Che fare?”, ho risposto: tutti assieme,  possiamo denunciare in tutte le sedi questa giustizia italiana che non tutela le Vittime e salva gli inquinatori.

Il miracolo di S. Baudolino, santo protettore dei Pfas.

lI laboratorio “Medica” di Zurigo ha analizzato il sangue di 35 persone provenienti da 18 cantoni svizzeri alla ricerca di PFAS (PFOA e PFOS) persistenti “forever chemicals”  nell’ambiente malgrado siano vietati dal 2021.  Tutti i partecipanti allo studio, dai bambini di sette anni alle donne di 89 anni, hanno queste sostanze cancerogene nel sangue. I livelli di Pfas di 29 partecipanti sono  così alti che, secondo l’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), insorge “Una necessità acuta d’intervento,  in particolare  per le donne, soprattutto in età fertile (danni al feto), e per i bambini  che porteranno danni irreversibili tutta la vita. Infatti sono le mamme svizzere le più disperate.
 
Disperate  come lo sono le “Mamme No Pfas” del Veneto, con i figli avvelenati dalla Miteni di Trissino, alle quali è toccato il tragico “merito” di essere state protagoniste a portare alla ribalta in Italia il dramma dei Pfas: da risolvere con una legge di  messa al bando.
 
L’assassinio dei bambini  a mezzo dei Pfas è uno scandalo che non preoccupa Alessandria. Qui non ci sono bambini con i Pfas nel sangue. Eppure qui la Solvay di Spinetta Marengo, unico produttore nazionale, spara Pfas in aria acqua suolo! Miracolo! Miracolo del patrono San Baudolino? O semplicemente il fenomeno non è sovrannaturale bensì  merito di ometti che coprono la carica di sindaci e assessori: che hanno sempre impedito analisi di massa del sangue dei bambini.  
 
Questo miracolo va però condiviso con i magistrati. La mia associazione, già nel primo (anno 2009) dei 20 esposti depositati alle Procure di Alessandria pubblicamente chiedeva -documentando i Pfas nel sangue dei lavoratori Solvay- di intervenire in fabbrica e indagando con monitoraggi ematici  la salute nella cittadinanza tutta. Non solo, scandalo nello scandalo, denunciammo su su fino al ministro della sanità che i Pfas erano trasmessi nelle sacche dei donatori di sangue.