
La Solvay: il patteggiamento s’ha da fare. La politica: obbedisco.

Movimenti di Lotta per la Salute, l"Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Per questa vignetta, c’è chi ha dato del “sessista” a Vauro. Eppure, il giudizio politico era stato espresso dallo stesso Trump poco prima di ricevere “Georgia” Meloni, arringando il pubblico di signori altrettanto eleganti e signore in abito lungo che affollavano la cena del National Republican Congressional Committee: “Mi baciano il culo, pronti a fare qualsiasi cosa”. Eppure, fra il pubblico non s’è risentito nessuno.
Non era bastata la parata di politici per ricordare Bettino Craxi, storico leader socialista scomparso latitante dopo essere fuggito dai processi di Tangentopoli (che comunque gli sono costati condanne definitive per corruzione e finanziamento illecito). Ora si scopre che per portare gli omaggi a Craxi ad Hammamet, in Tunisia, è stato utilizzato il volo di Stato, cioè l’aereo blu pagato con i soldi dei contribuenti. Lo ha fatto, come certifica il database dei voli di Stato della Presidenza del Consiglio, il 18 gennaio scorso il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani. Quest’ultimo il 17 e 18 gennaio era partito per Berlino per partecipare a un ricevimento all’ambasciata italiana e a un vertice del Ppe, per poi fare scalo ad Hammamet il giorno successivo, poi a Catania per assistere alla prima del teatro Bellini e tornare a Roma. A colpire è il passaggio in Tunisia per il 25esimo anniversario dalla morte di Craxi. Obiettivo: portare “il saluto del governo e rendere omaggio a un grande italiano che è stato protagonista della nostra vita politica, ingiustamente criminalizzato”. E ancora, il tocco poetico: “Craxi, Andreotti e Berlusconi sono stati i grandi strateghi di politica estera”.
Sempre migliori le notizie per i fabbricanti di armi in tutto il mondo. Nel 2024, le fabbriche per il terzo anno consecutivo, hanno marciato a pieno ritmo. Dal 2025, con Donald Trump, la corsa al riarmo sarà ancora più forsennata, specie in Europa. Trump vuole infatti che i paesi Nato aumentino la spesa militare al 5% del Pil. Per l’Italia, ferma all’1,5%, vorrebbe dire spendere 50 miliardi in più all’anno, rispetto a una spesa che per l’anno prossimo è fissata in 32,2 miliardi, un nuovo record peraltro. Ottime prospettive dunque anche per Fincantieri, Avio e Leonardo. Quest’ultima appena in undicesima posizione nella classifica (clicca qui) del settore che mostra che le cinque più grandi del mondo sono tutte statunitense: Lockheed Martin, Rtx-Raytheon, Northrop Grumman, General Dynamics e Boeing. Per le famiglie, rincaro ovviamente per le tariffe energetiche, bollette luce e gas, code negli ospedali, calcinacci nelle scuole…
Il Parlamento europeo ha approvato una seconda risoluzione sull’Ucraina dal titolo marziale “Rafforzare il sostegno incrollabile dell’UE all’Ucraina contro la guerra di aggressione della Russia e la crescente cooperazione militare tra Corea del Nord e Russia”. Questa risoluzione è stata adottata dalla maggioranza dei gruppi politici di conservatori, socialisti, liberali e verdi. Le richieste in essa contenute fanno gelare il sangue anche a un osservatore neutrale.
Siamo stati tutti bombardati dai risultati del mediatico, miliardario, velenoso scontro bipolare delle presidenziali USA 2024. Speriamo che questo triste spettacolo serva da sveglia per coloro che chiamano “democrazia” l’elezione “diretta” di un capo, diretta nel senso di direttamente controllata da concentrazioni di denaro e di potere. La democrazia in America sopravvive solo grazie alla miriade di istituzioni e referendum locali. Avvenire ha avuto il modo di ricordarcene l’importanza prima e più di altri media, per questo ne consigliamo la lettura.
Consigliare a Draghi la consultazione delle quasi mille pagine dei due volumi del dossier “Pfas.Basta!” (disponibile a chi ne fa richiesta), come se egli fosse semplicemente disinformato e superficiale, è come offendere la sua malefica intelligenza.
Nel giorno della commemorazione della strage alla stazione di Bologna è scontro tra i famigliari delle vittime e la premier Meloni. “Le radici di quell’attentato – dice il presidente Paolo Bolognesi dal palco – affondano nella storia del postfascismo italiano: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di Governo”. Se è vero basta analizzare i nomi di quanti sono al governo.
Ursula Von der Leyen: è stata eletta presidente della Commissione dopo un discorso programmatico bellicista su Kiev, omissivo su Gaza, indifferente su povertà, diseguaglianze ed equità fiscale, ipocrita sul green e i migranti. E’ quanto di peggio potesse capitare a un’Europa che ha appena votato per un cambiamento radicale e si ritrova le stesse presidenti del Parlamento (Metsola) e della Commissione (von der Leyen). Un bel messaggio agli astenuti, già convinti che sia inutile votare nei loro Paesi e ancor di più in Europa.
La prima decisione del nuovo parlamento europeo consiste nel via libera ai bombardamenti sulla Russia con le armi dell’Occidente. E viceversa. “Sostiene fermamente – dice il documento – l’eliminazione delle restrizioni all’uso dei sistemi di armi occidentali forniti all’Ucraina contro obiettivi militari sul suolo russo”. PD e Fratelli d’Italia uniti per la guerra. Hanno votato contro i 5 Stelle, la Lega, Left e AVS. Così vengono smentite le bugie che ci avevano raccontato durante la campagna elettorale per le europee. Crosetto: “L’ho detto mille volte. Le armi italiane non colpiranno il territorio russo”. Tajani: “Non usare armi in territorio russo e nessun soldato in Ucraina. Noi diciamo no all’uso delle armi in territorio russo per evitare una escalation”.
Premierato, l’appello di 180 costituzionalisti al fianco di Liliana Segre: “La riforma distrugge il principio della separazione dei poteri, non possiamo tacere”. Clicca qui.
Sedicenti “I 7 Grandi”.
Da sinistra verso destra: Scholz (ha appena perso le elezioni), Trudeau (risultati più bassi degli ultimi anni, non sarà rieletto), Macron (ha appena perso le elezioni, non sarà rieletto presidente), Biden (non sarà rieletto), Kishida (indice di gradimento in calo), Sunak (perderà a breve le elezioni).
Mentre a Brindisi i G7 brindano, gli attivisti pacifisti protestano con un cavallo di Troia anti G7, confidando che nella sua pancia esca fuori Papa Francesco.
Clicca qui il fitto programma di eventi.
L’imputato Andrea Diotto e il futuro imputato Stefano Colosio, rispettivamente ex e attuale direttore, con assidue iniziative sponsorizzano l’assoluzione penale della Solvay tramite il finanziamento di progetti e premi a università e scuole di Alessandria, coinvolgendo docenti e studenti (schiumando naturalmente i giornali di veline) nell’esibizione di una Solvay, ribattezzata Syensqo: “azienda leader a livello sia nazionale che internazionale nello sviluppo della mobilità sostenibile”.
Come tale, i due direttori hanno invitato docenti e studenti nella fabbrica unica produttrice di Pfas in Italia, dalla quale i Pfas escono anche in aria, acque sotterranee e di acquedotto e in Bormida. A proposito dei quali, ma senza mai nominarli, hanno esibito “l’impianto e i laboratori Aquivion®, innovativa tecnologia di produzione di materiali polimerici per membrane in grado di integrarsi in una catena di produzione di idrogeno verde sostenibile, rinnovabile e senza emissioni di carbonio”.
Alla promotion gli studenti sono rimasti passivi, magari pensando alla chimera di future assunzioni da un impianto senza prospettive occupazionali. Ma passivi sono rimasti anche i loro insegnanti: “prof. G. Laganà (ITIS ‘Volta’), prof.ssa M. C. Pasini (IIS ‘Sobrero’), prof.ssa B. T. Ferro (Liceo scientifico ‘Galilei’) , prof.ssa V. Fracasso (IIS ‘Balbo – Palli’)” indicati nella velina. Eppure questi docenti dovrebbero possedere competenza sufficiente per esercitare il ruolo critico dovuto al rispetto della scienza. Oppure basterebbe che compitassero il nostro comunicato stampa dell’anno scorso (clicca qui) con oggetto: “I nostri allarmi in vista del ‘nuovo’ impianto ‘Aquivion’ a Spinetta Marengo: 9,5 milioni di euro investiti con fondi di Governo e Regione, sottratti ai monitoraggi del sangue della popolazione”.
In estrema sintesi. Solvay ha sostituito il PFOA (che avvelenerà per altrettanti decenni) con Pfas cosiddetti “a catena corta”, ADV e C6O4, tossici e cancerogeni altrettanto se non di più, sversandoli naturalmente in aria e acque con l’autorizzazione AIA della Provincia (o senza: per il Bisfenolo): con questi Pfas tirerà avanti il più possibile. Intanto, Solvay non molla ed ecco che oggi arriva il sostituto dei sostituti pfas: “a catena cortissima” il polimero fluorurato “Aquivion”, annunciato come innocuo, “emissione in atmosfera di semplice vapore acqueo”, come i predecessori d’altronde. “Al più tossiche se maneggiate inopportunamente”, le “Membrane Aquivion Pfsa” sono garantite come DOCG, anche se il brevetto è segreto, gelosamente custodito nella banca brevetti europea. Smaltimento tramite incenerimento? Come tutte le resine fluoropolimeriche.
Ma il segreto di Pulcinella (membrane prodotte con uso di Tetrafluoruro di etilene, gas tossico e cancerogeno, e dei Pfas con la funzione di surfattante), foriero di ulteriore a aumento della nocività nel territorio, non ha preoccupato enti locali e sindacati che sono corsi a tagliare il nastro al “nuovo” impianto e a inaugurare monumenti.
Il tutto nell’ambito della strategia di Bruxelles, col nome di Syensqo, di cui rivelammo la bozza quattro anni fa (clicca qui), non senza evidenziare che “la strategia è da Solvay volutamente confusa. L’unica cosa palpabile sono i finanziamenti pubblici”. Il governo italiano, anziché tradurre in legge il DDL Crucioli per la messa al bando degli Pfas (clicca qui), anziché pretendere da Solvay -condannata in Cassazione per disastro ambientale!- i 100milioni di euro chiesti al processo dal ministero dell’Ambiente per la bonifica del territorio, anziché ripresentarsi come parte civile nel nuovo processo per omessa bonifica, invece, lo Stato, compiacenti Regioni Piemonte e Lombardia, tramite il fondo “Fabbriche intelligenti” creato apposta dal ministero dello Sviluppo economico, ha destinato milioni di euro alla multinazionale belga, per produrre Aquivion, poi che nel 2019, Solvay speciality polymers ha depositato al ministero la richiesta di finanziamenti (inizialmente 22millioni di euro) per il suo nuovo piano industriale, (denominato “Progetto per sviluppo di materiale per celle a combustibile e batterie a flusso con realizzazione di impianto pilota”) sfruttando abilmente l’enorme contenitore finanziario “Green Deal” della Comunità Europea a incentivare l’energia pulita, prodotta cioè da fonti rinnovabili, dunque dall’idrogeno verde.
E così la Regione Piemonte ha prelevato i soldi dal “Bilancio di previsione finanziario 2023-2025” destinandoli a Solvay invece che al piano di monitoraggio che dovrebbe -lo chiediamo da anni- cercare i Pfas nel sangue della popolazione alessandrina. E il sindaco taglia nastri, applaude entusiasta e inaugura sculture luminose (clicca qui).
Anche i docenti sono rimasti a bocca aperta. Eppure una delle prime pubblicazioni sul nuovo ovvero vecchio Aquivion risale addirittura al 2013 e porta la firma, tra gli altri, di Luca Merlo di Solvay, con sede a Bollate. A riguardo scrivemmo: “A Bollate il nuovo laboratorio ‘Dry Room’ per batterie al litio, nell’ambito di ricerca, sviluppo e commercializzazione di polimeri speciali utilizzati nella fabbricazione di batterie al litio, è in stretta sinergia operativa con lo stabilimento produttivo Solvay di Spinetta Marengo”. (Per inciso: i Pfas di Bollate (città metropolitana di Milano) l’Arpa e Greenpeace li ritrova sparsi in Lombardia).
Considerazione finale. Avevamo scritto: “Solvay strumentalizza gli studenti” ma, assai più grave, “Solvay strumentalizza i docenti”, partendo dal finanziamento e dall’asservimento dell’Università di Alessandria.
Nella propaganda elettorale, la sinistra non ha dato l’adeguato risalto alla presentazione del Disegno di Legge di iniziativa popolare della CGIL con quattro referendum contro il famigerato Jobs Act, del primo ministro Matteo Renzi segretario PD, simbolo della stagione dell’austerità. Il decreto sul licenziamento rappresenta il cuore (nero) della riforma del 2015, perché con esso, grazie al superamento dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, si sono indeboliti i lavoratori assunti dopo l’entrata in vigore (7 marzo 2015), esponendoli al rischio della perdita del posto di lavoro e rendendoli più ricattabili e meno inclini a rivendicare i loro diritti. Indebolendo i lavoratori si è inteso indebolire anche il ruolo del sindacato in azienda: il che è ragione sufficiente per spiegare perché la Cgil ha scelto di chiamare i cittadini a esprimersi su questo quesito, tra i tanti possibili. I lavoratori delle piccole imprese (cioè con meno di 16 dipendenti) ai quali, come noto, l’art. 18 non si applica, beneficerebbero del secondo quesito referendario in materia di licenziamenti, finalizzato a modificare la storica legge del 1966 che fissa in sei mensilità il tetto massimo dell’indennizzo: un importo indecoroso, che il giudice potrà superare in caso di esito positivo del referendum.
I referendum non risolverebbero tutti i problemi che la lunga stagione della deregulation ha prodotto (a partire dal lavoro povero), ma costituirebbe il primo e necessario passo da fare se quella stagione si vuole realmente chiudere, abbandonando definitivamente la logica tossica dello scambio tra diritti (certi) e occupazione (incerta e sotto-tutelata) di cui il Jobs Act ha rappresentato la più coerente e convinta declinazione.
Manca una legge per la messa al bando dei Pfas in Italia. Benchè nella passata legislatura fosse stato presentato, con la nostra collaborazione, un Disegno di Legge dall’ex senatore Mattia Crucioli, che detta “Norme relative alla cessazione della produzione e dell’impiego delle sostanze poli e perfluoroalchiliche (PFAS)”.
Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la lavorazione, l’uso, la commercializzazione, il trattamento e lo smaltimento, nel territorio nazionale, delle sostanze poli e perfluoroalchiliche (PFAS) e dei prodotti che le contengono, e detta norme per la loro dismissione dalla produzione e dal commercio, per la cessazione dell’importazione, dell’esportazione e dell’utilizzazione dei PFAS e dei prodotti che li contengono, per la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall’inquinamento da PFAS, per la ricerca finalizzata alla individuazione di materiali sostitutivi, alla riconversione produttiva e per il controllo sull’inquinamento da PFAS.
Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.
Il Disegno di Legge giace sepolto dalla complicità della politica con la lobby industriale.
“Tonnellate di Pfas C6O4 nel deposito clandestino di Solvay a Tortona”: avevamo titolato in un nostro servizio del 2020. Ma la denuncia, ripresa anche da altri giornali, era stata sommersa dall’omertà delle amministrazioni alessandrine e regionali. Ora, dall’indagine di Greenpeace riemerge Tortona quale località con la presenza di consistenti concentrazioni di PFAS. Però nessuno ha finora messo in relazione le due notizie. Riavvolgiamo il nastro.
Aumentando la produzione di C6O4, Solvay per lo stoccaggio dei serbatoi affitta un magazzino esterno allo stabilimento di Spinetta Marengo, precisamente a Torre Garofoli nei capannoni della ditta Arcese Trasporti. Solvay non ha alcuna autorizzazione per trasferire fuori dai cancelli, avanti e indietro, un prodotto intermedio, non destinato alle vendite, pericoloso anche nella fase di trasporto per le variazioni di temperatura. Anzi, Solvay non aveva ancora neppure l’AIA autorizzazione all’ampliamento della produzione stessa. Così come non aveva neppure l’autorizzazione a sperimentare il C604: come denunciammo in Procura nel 2009. In altre parole, è da venti anni che Solvay non viene fermata dalla Provincia.
Orbene, Provincia, Arpa, Vigili del fuoco sapranno, ora, dirci quante tonnellate di C6O4 sono state stoccate nel deposito? per quanto tempo? custodito da chi? in quali condizioni di sicurezza? se il deposito è estraneo ovvero l’inquinamento proviene direttamente dal sito di Spinetta Marengo? Magari a queste domande risponderà Federico Chiodi che si ripresenta candidato sindaco nella coalizione di Forza Italia, Lega Salvini, Nuova Tortona, Fratelli d’Italia.
Ben oltre pentole antiaderenti e giacche goretex. Ben oltre settori sanitario, siderurgico e metallurgico, packaging, automobilistico, elettronico e energia. La serrata attività di lobbying portata avanti a livello globale da Solvay e dagli altri colossi del settore chimico si esprime in particolare nel settore militare. I PFAS infatti, trovano largo impiego in molti settori industriali strategici, tra i quali spicca quello militare e duale (dual use: civile e militare), che in tempi di guerra come questi ne garantiscono uno status di relativa “immunità”, anche quando è di dominio pubblico che la produzione di queste sostanze cancerogene “forever chemicals” va a discapito della salute pubblica e dell’ambiente.
Gli usi critici dei PFAS sono identificati in quasi tutte le principali categorie di sistemi d’arma, compresi ma non limitati a velivoli ad ala fissa (addestratori, caccia, bombardieri, trasporti, rifornitori di carburante, supporto a terra, senza equipaggio e apparecchiature di supporto associate); velivoli ad ala rotante (da attacco, trasporto, trasporto pesante, ricerca e salvataggio e attrezzature di supporto associate); navi di superficie (combattimento, cacciatorpediniere, portaerei, cutter, mezzi da sbarco); sottomarini; missili (aria-aria, terra-aria, aria-terra, balistica); sistemi di siluri; sistemi radar; e carri armati, veicoli d’assalto e di trasporto per la fanteria.
Il Pentagono è il principale alleato delle lobby industriali: “I PFAS sono fondamentali per raggiungere e centrare gli obiettivi del Dipartimento della Difesa e per molti settori nazionali […]. Collettivamente, azioni normative internazionali e statunitensi per gestire gli impatti ambientali dei PFAS, identificarli ed eliminarli dal mercato, e i successivi cambiamenti del mercato, pongono rischi per le operazioni del DoD Departement of Defence e la catena di fornitura della base industriale della difesa. Inoltre, gli impatti sulla catena di approvvigionamento globale dei PFAS presenteranno rischi per il programma di vendite militari estere del Dipartimento della Difesa e per l’Interoperabilità del North Atlantic Treaty Organization (NATO)”.
Dunque l’industria bellica americana afferma il ruolo di alcuni di questi composti PFAS insostituibile, o difficilmente sostituibile, per cui “occorrerà un decennio o più per trovare validi sostituti”. D’altronde gli USA sono il Paese che spende più di ogni altro in armamenti (nel 2022 la spesa militare degli USA è stata di 877 miliardi di dollari, il 39% della spesa militare globale) e che vanta nel proprio territorio 51 tra le 100 maggiori industrie belliche del mondo (nel 2022 il fatturato delle 100 maggiori industrie belliche del mondo è stato di 597 miliardi di dollari). Di conseguenza, per fronteggiare le restrizioni normative sui PFAS, le lobby industriali degli States si sono riunite, nel 2022, sotto la sigla “Sustainable PFAS Action” (SPAN).
Anche in Europa l’attività di lobbying attorno ai fluoro-composti si fa sempre più martellante, specie dopo l’iniziativa – presa da Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia, nel febbraio del 2023 – per introdurre una restrizione universale sui PFAS a livello dell’Unione Europea, per vietarne la produzione, la vendita e l’utilizzo. Infatti, la European Chemical Industry Council (CEFIC, la lobby delle industrie chimiche europee), ha istituito “FluoroProducts &PFAS for Europe ” (FPPFE), riunendo alcuni dei maggiori produttori e consumatori di PFAS, tra cui figurano AGC, ARKEMA, BASF, Bayer, Chemours, Daikin, DU Pont, ExxonMobil, GFL, Merck, Gore, e naturalmente Solvay Syensqo.
Per avere una dimensione del business, si consideri che l’industria PFAS può contare su 72 singoli lobbisti attivi a Bruxelles, con una spesa annuale compresa tra 18,6 e 21,1 milioni di euro e 59 pass al Parlamento Europeo.
Insegnare la storia a partire dal presente, ricostruendo a ritroso gli eventi del passato, è un buon approccio per cogliere aspetti della contemporaneità altrimenti ignorati, clicca qui Massimiliano Suberati e Simone Bertone sulla rivista Il Mulino.
In Russia i dissidenti del Cremlino muoiono per una passeggiata. E così è morto l’uomo che voleva cambiare la Russia di Putin, l’oppositore numero uno del Cremlino, Aleksey Navalny. “Il detenuto A.A. Navalny si è sentito male dopo una passeggiata” e ha “perso quasi immediatamente conoscenza” si legge nel comunicato del Fsin, servizio penale penitenziario russo, poi diffuso dalle agenzie di Stato russe. Relegato nel silenzio più remoto, lontanissimo dalle piazze della Federazione che era riuscito a riempire con le sue proteste, Navalny era chiuso nella colonia artica Ik-3 a Kharp. Arrivata la squadra medica della prigione, anche l’ambulanza, assicurano le autorità che ora hanno chiesto l’intervento del Comitato investigativo russo.
L’ultimo video Navalny l’ha registrato dietro le sbarre, perfettamente sano, perfettamente sorridente il 14 febbraio. Nell’ultimo messaggio combatteva con l’ironia la crudeltà inflitta dal giudice. Di verdetti delle Corti russe, che ambivano a fermarlo in ogni modo, ne aveva una collezione. Dopo l’ultima sentenza che lo condannava a scontare 19 anni di carcere, è stato esiliato nell’Artico, dove è stato in regime d’isolamento punitivo per 27 volte: in una cella siderale, a patire la fame, in pochi metri di cemento umido. Arrestato talmente tante volte che in pochi sanno precisamente quante dal dicembre 2011, fino alla prima condanna nel 2013, Navalny era sopravvissuto perfino all’avvelenamento con novichok.
L’intensificazione della campagna nazionale di Greenpeace per la messa al bando dei Pfas, da noi iniziata vent’anni fa, inchioda inesorabile le responsabilità delle amministrazioni piemontesi a cominciare dalla Regione. Per decenni hanno chiuso occhi-bocca-orecchi sulla Solvay, sul polo chimico di Spinetta Marengo, su Pfas e altri 20 inquinanti tossici cancerogeni in suolo-aria-acqua, sulle indagini ambientali Arpa, sulle almeno nove indagini epidemiologiche (l’ultima, del 2019), sull’indagine Pfas dell’Università di Liegi, sulle ispezioni ONU e del Parlamento, sui miei 20 esposti, sul processo penale fino alla Cassazione, sul processo Miteni in Veneto, sul disegno di legge parlamentare, sull’allarme Pfas in tanti Stati e altre Regioni italiane, sulla sterminata letteratura scientifica, sull’espandersi della divulgazione giornalistica alla quale abbiamo dato un incessante contributo.
Da venti anni la Regione Piemonte, subalterna con i sindaci alla multinazionale belga, si oppone alla nostra richiesta di monitoraggio ematico di massa della popolazione alessandrina, onde evitare l’esibizione di un gigantesco delitto sanitario: la prova regina, “la pistola fumante” che costringerebbe Solvay a quella fermata delle produzioni incriminate che spettava al sindaco quale massima autorità sanitaria locale. Oggi, ha avviato, obtorto collo, un mini monitoraggio del sangue ridicolizzato dalla spettacolare iniziativa di Greenpeace: un campione di studio diluito in un anno o due, limitato ad un centinaio di persone le più lontane possibile dall’epicentro urbano inquinato, sparse nelle campagne a decine di chilometri di distanza.
Insomma, il cosiddetto biomonitoraggio regionale altro non è che un goffo lento espediente teso a non dimostrare nulla: magari addirittura escludendo C6O4 e ADV tra i Pfas, cioè un “rallenty” utile alla giunta regionale per bypassare la scadenza elettorale ma soprattutto che serve strategicamente alla Solvay per prendere tempo per tirare a campare … e far tirare le cuoia alla gente. Nella strategia a medio termine di Solvay, apprendiamo alla viva voce di Marco Apostolo, Country Manager di Solvay-Syensqo in Italia, infatti, ci stanno una simulata fuoriuscita dai Pfas e alcuni snodi di carattere giuridico. Uno è il nuovo processo penale in coda alla sentenza di Cassazione, che prende avvio dal GUP il 4 marzo prossimo. L’altro è la partenza di cause civili e azioni collettive, anche inibitorie, con l’assistenza di un pool di legali di Alessandria e Torino.
Non è limitato alle aree altamente inquinate, bensì tutti i cittadini europei sono esposti a un inquinamento chimico e di salute pubblica allarmante: i PFAS sono una minaccia invisibile che si infiltra nel cibo che mangiamo, nell’acqua che beviamo e persino nelle nostre case attraverso i prodotti di uso quotidiano. Tant’è che nell’ambito della campagna Toxic Free Future (TFF), guidata dall’EEB European Environmental Bureau e con la partecipazione di 9 organizzazioni no-profit nazionali, 16 politici di Repubblica Ceca, Spagna e Belgio sono stati sottoposti al test del livello ematico di PFAS e sono risultati positivi (tra 3,24 e 24,66 µg/L), evidenziando ulteriormente la natura diffusa di questo problema urgente ormai documentato da scandali in tutta l’Ue: Piemonte, Veneto, Francia, Fiandre, Vallonia, Belgio eccetera, dove le Vittime hanno avviato battaglie legali risarcitorie. Iniziative simili di analisi del sangue sono in corso in Germania, Paesi Bassi, Francia e Grecia. I parlamentari italiani, invece, hanno paura di sottoporsi ai test ematici.
Cinque Stati membri hanno proposto il divieto dei PFAS nel gennaio 2023, ma settori industriali, guidati da Solvay, stanno esercitando pressioni aggressive sui governi, in particolare su quello italiano dove giace il disegno di legge (Crucioli) per il bando.
EEB (al quale aderisce anche Legambiente) e Wemove, hanno lanciato una petizione per chiedere ai politici una “Europa libera dalle sostanze tossiche adesso!” e garantire la messa al bando rapida, riformando l’obsoleta legge Ue sul controllo delle sostanze chimiche, REACH (Regolamento per la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche). La petizione ha raggiunto più di 57.000 firme in meno di una settimana.
La Presidenza belga del Consiglio dell’Ue ha dato priorità all’inquinamento chimico e ai PFAS nella sua agenda politica e il primo febbraio ospiterà ad Anversa la conferenza “Tackling PFAS Pollution“.