Il “gemellaggio Pfas” tra Solvay e Arkema.

Gli attivisti di Extinction Rebellion e Youth for Climate invadono lo stabilimento Arkema
Le analogie tra le situazioni ecosanitarie e politiche di Lione e Alessandria sono impressionanti: stesse ir-responsabilità degli amministratori locali, assenza leggi nazionali di messa al bando dei Pfas, necessità di  ricorso alle class action. I tribunali hanno ordinato una perizia indipendente a seguito dell’azione legale per risarcimenti, avviata con associazioni e sindacati dagli abitanti della cosiddetta Chemical Valley, contro il colosso Arkema (in coabitazione  con la belga Solvay nel polo chimico di Spinetta Marengo)  che dal 1957, a Lione, in località Pierre-Bénite, ha scaricato nel Rodano 3,5 tonnellate di PFAS all’anno, avvelenando una quindicina di Comuni.
 
Lo scandalo è stato scoperto dopo un’inchiesta giornalistica appena un anno fa. Pesci e pollami avvelenati in una quindicina di Comuni e soprattutto l’indagine dei media locali che ha rivelato livelli allarmanti di contaminazione nel sangue dei residenti, tra cui bambini, e denunciato la mancata azione dei politici. I gruppi Arkema France e Daikin Chemical France sono entrati nell’occhio del ciclone degli ambientalisti.

Non esistono antidoti ai Pfas. E’ criminale spacciarne l’esistenza.

L’indagine condotta dal Dipartimento di medicina del lavoro di Holbaek  ha identificato che nella città portuale danese di Korsør, la scuola per i vigili del fuoco, utilizzando schiumogeni a base di Pfas, ha inquinato il pascolo degli allevamenti bovini e il sangue degli stessi allevatori consumatori di carne. Colpiti da alte percentuali di colesterolo, micidiale sul sistema cardiovascolare, ad essi sono stati somministrati due diversi medicinali – colestiramina e colesevelam – normalmente impiegati per abbassare il livelli nel sangue. Il risultato sembrerebbe che si siano abbassati i livelli di  colesterolo ma anche di Pfos.  Diminuendo il colesterolo diminuirebbe  anche il Pfos dal sangue.

Dunque il farmaci potrebbero essere usati come antidoti ai Pfas, somministrati preventivamente alle popolazioni a rischio?  Philippe Grandjean, responsabile dell’Unità di ricerca di medicina ambientale presso l’Università della Danimarca meridionale e professore di salute ambientale alla Harvard School of Public Health, avverte che “Non sappiamo se a questa diminuzione di PFAS nel sangue corrisponde una diminuzione negli organi dove si accumula carcinogenico,  nel fegato e nei reni”, e soprattutto sottolinea che “Sarebbe criminale  rispondere all’inquinamento industriale somministrando un farmaco alla popolazione”.

Insomma, sarebbe criminale il circolo vizioso dei Pfas che aumentano il colesterolo e dei farmaci anticolesterolo che diminuiscono i Pfas. Per i profitti delle industrie chimiche e farmaceutiche sarebbe un  circolo virtuoso: criminale, appunto. 

Non è certo questo il metodo auspicato, per il disastro eco sanitario Solvay di Spinetta Marengo, da Marcos Orellana, Relatore Speciale delle Nazioni Unite per le sostanze tossiche e i diritti umani, quando  ha parlato apertamente di “violazione dei diritti umani delle popolazioni locali” esposte per decenni ad agenti inquinanti destinati a rimanere per sempre nei territori colpiti.

Per i Pfas, in Olanda non restano a guardare.

Da un lato, studi legali dimostreranno -come illustreremo prossimamente con lo sguardo rivolto alla Solvay di Spinetta Marengo-  che  l’azione inibitoria risarcitoria  può essere rivolta contro l’azienda inquinante ma anche contro le Istituzioni. Dall’altro, le aziende di distribuzione dell’acqua in Olanda chiedono al nuovo governo di aiutare a affrontare l’inquinamento idrico nei Paesi Bassi. Le organizzazioni sono preoccupate per la crescente presenza di sostanze nocive e chiedono un divieto su tali sostanze, c .

Le aziende di distribuzione e i consorzi idrici ritengono di non poter affrontare il problema da soli. Solo i consorzi di gestione idrica investono oltre mezzo miliardo di euro nella depurazione delle acque reflue, trattando 2 miliardi di metri cubi all’anno. Dunque ritengono indispensabile l’intervento del governo per la pianificazione territoriale e la legislazione.

Pfas nelle schiume del mare in Olanda, Belgio e Italia.

Scarichi Solvay.

I PFAS sono stati trovati anche nella schiuma del mare lungo le coste dell’ Olanda. Secondo uno studio dell’Istituto Nazionale per la Salute e l’Ambiente dei Paesi Bassi (RIVM), la concentrazione di PFAS nella schiuma del mare delle località olandesi è alta quanto quella delle coste delle Fiandre in Belgio.

Sono chiare le conseguenze dell’ingestione o del contatto con i PFAS tramite l’acqua potabile (effetti tossici sul sistema immunitario, aumento di rischio di tumori (soprattutto nelle donne), problemi di fertilità ecc.), si presume che le conseguenze siano analoghe  tramite la schiuma del mare. Tant’è che il governo ha invitato alla cautela i propri cittadini: “È sensato farsi una doccia dopo il bagno, lavarsi le mani prima di mangiare e non lasciare che i bambini e gli animali domestici ingoino la schiuma del mare.

Dunque, è sempre più provato che i PFAS stanno contaminando le acque di tutta Europa, come mostra la mappa realizzata da Forever Pollution Project, comprese quelle del mare, dove defluiscono i corsi d’acqua e gli scarichi industriali. Il mare Adriatico riceve Pfas dal Po, a sua volta dal Tanaro e dalla Bormida dove scarica Solvay a Spinetta Marengo. Fu rilevato già alla foce del Po nel 2010 dopo le denunce dei nostri esposti e mentre ad Alessandria ricevevamo minacce personali https://www.rete-ambientalista.it/2009/12/07/siamo-scesi-in-piazza/

Pfas nelle uova non solo ad Alessandria ma anche in Olanda.

A Spinetta Marengo scarica la Solvay, a Dordrecht la Chemours. L’Istituto Nazionale per la Salute e l’Ambiente dei Paesi Bassi (RIVM) e il servizio sanitario GGD avevano già consigliato alla popolazione della regione di Dordrecht di non mangiare più le uova delle proprie galline. Ora lo studio dell’emittente NOS è stato condotto anche fuori della regione, nelle province di Utrecht, Frisia e Limburgo: i livelli dei forever chemicals  nelle uova superano la norma di sicurezza europea. Nel mirino Chemours, come la Solvay per i Comuni della provincia di Alessandria.

Gli scienziati consultati ritengono che l’aumento dei valori di PFAS nelle uova di gallina sia un’importante indicazione di quanto l’inquinamento dei tossici e cancerogeni sia diffuso in Olanda: l’RIVM ha trovato le sostanze chimiche anche nella schiuma del mare e un altro studio sempre dello stesso istituto ha rivelato che i cittadini olandesi ingeriscono troppi PFAS, principalmente attraverso cibo e acqua potabile.

Allarme per le auto elettriche che usano i Pfas. Allarmissimo per la popolazione di Alessandria.  

Il rischio è sempre quello di cadere dalla padella nella brace. Le auto elettriche riducono le emissioni di CO2 (anidride carbonica). Però utilizzano i Pfas per rendere le batterie meno infiammabili e resistenti: in pratica durano più dell’auto. I Pfas sono tossici e cancerogeni. Non si degradano mai e si accumulano sempre più nell’ambiente e negli organismi. Secondo uno studio pubblicato su Nature Communications e condotto dall’Università del Texas e dalla Duke University, sono stati rilevati livelli ingenti di Pfas in aria, acqua, neve e suolo nelle vicinanze degli impianti produttori in Stati Uniti, Francia e Belgio.

Il problema è ancora più grosso. La diffusione crescente di auto elettriche porterà ad una significativa quantità di batterie da smaltire: ad esempio in Italia si stimano entro 8 anni in 9,2 milioni di unità, con un costo previsto di 11,5 miliardi di euro per il loro stoccaggio. Attualmente, solo circa il 5% di queste batterie agli ioni di litio  viene riciclato, dunque i Pfas, “forever chemicals”, a tempo indeterminato possono contaminare l’ambiente anche attraverso le discariche. Insomma, la riduzione delle emissioni di CO2 comporterebbe un parallelo  aumento dell’inquinamento da Pfas.

A proposito di  cadere dalla padella nella brace: per la popolazione di Alessandria veniamo alla Solvay di Spinetta Marengo. Commentammo due anni fa: “”Considerando che i Pfas sono solo la punta dell’iceberg del disastro eco sanitario di Alessandria, nei Movimenti e da Legambiente alla CGIL  ci si sta sempre più arrendendo alla ineluttabilità della chiusura del polo chimico piemontese, e orientando a proposte di riconversione. (Vedi Chiusura della Solvay di Alessandria: come salvaguardare l’occupazione). Proprio Ilham Kadri, amministratore delegato della multinazionale belga aveva  preso in esame l’opportunità di chiusura con l’alternativa di realizzare a Spinetta Marengo le nuove ‘batterie green’, cioè  con lo sviluppo della prossima generazione di elettroliti allo stato solido per le  batterie delle auto elettriche. Poi, invece, su pressione di Macron e Ursula von der Leyen, e mercè i  finanziamenti regionali, ha scelto che la tecnologia sarà sviluppata in Francia, già  nel 2022 con la linea pilota di La Rochelle””

“”Però, scartata la prima tesi, a Ilham Kadri resterebbe il secondo obiettivo per Spinetta Marengo: il riciclo, attraverso processi di idrometallurgia, di tutti gli elementi (litio, cobalto, manganese, rame, nickel) che costituiscono la ‘batteria green’ che oggi rappresenta fra il trenta e il quaranta per cento del costo dell’intero veicolo. Un business miliardario per Solvay, ma sarebbe come cadere dalla padella nella brace per la popolazione di Alessandria.””.  

Commentando la strategia, volutamente confusa, di Solvay (Syensqo), poi scrivemmo (Il Piemonte finanzia i Pfas ma non tutela la salute dei suoi cittadini) anche: “”[…] Solvay non molla ed ecco che  arriva il sostituto dei sostituti pfas: ‘a catena cortissima’ il polimero fluorurato ‘Aquivion’, annunciato  (come i predecessori d’altronde) innocuo: ‘emissione in atmosfera di semplice vapore acqueo’ . ‘Al più tossiche se maneggiate inopportunamente’, le ‘Membrane Aquivion Pfas’ sono garantite come DOCG, anche se il brevetto è segreto, gelosamente custodito nella banca brevetti europea. […].  Raccogliendo le tesi e gli studi internazionali, il nuovo, ovvero vecchio Aquivion è descritto come ‘fondamentale per la trasmissione di energia a scambi ionici, con innovativa tecnologia di produzione di materiali per membrane polimeriche, che si integra in una filiera dell’idrogeno verde sostenibile, rinnovabile e carbon free, che punta anche allo sviluppo per l’automotive’.”” […]

[…] “”Per produrre Aquivion, nel 2019, Solvay Speciality Polymers ha depositato al Governo la richiesta di finanziamenti  (inizialmente 22 milioni di euro) per il suo nuovo piano industriale, (denominato ‘Progetto per sviluppo di materiale per celle a combustibile e batterie a flusso con realizzazione di impianto pilota’) sfruttando abilmente l’enorme contenitore finanziario ‘Green Deal’ della Comunità Europea  a incentivare l’energia pulita, prodotta cioè da fonti rinnovabili, dunque dall’idrogeno verde. […] La Regione Piemonte, da par suo aggiungendo altri milioni (sottratti alla sanità), inneggia all’impatto sul territorio: ‘L’impianto Aquivion si inserisce in una ampia sinergia: dalla creazione entro giugno 2026 di tre stazioni di rifornimento a base di idrogeno rinnovabile previste a Tortona, Arquata e Belforte, alla ricerca nella nostra provincia di un’area dismessa destinata a produrre idrogeno verde, fino agli investimenti per il retroporto di Genova’””.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Puzzano gli amministratori di Provincia Regione Comune di Alessandria. L’ultimo tanfo.

C’è chi si ostina a dialogare con loro, impantanandosi nel circolo vizioso del loro reciproco scaricabarile. La storia di questi decenni ha invece dimostrato che sono complici di Solvay (Syensqo, già Montedison): speculari al colosso chimico, subordinati culturalmente e politicamente (quando non anche economicamente). Vanno dunque trattati come avversari. Immeritevoli di un briciolo di fiducia.

Infatti c’è chi, come noi, non espresse il benché minimo credito alla bolla di sapone della diffida con la quale la Provincia di Alessandria intimava (tardivamente) a Solvay di “sospendere la produzione di cC6O4 in tutto lo Stabilimento” e imponeva che “l’impianto Tecnoflon  potesse essere riavviato solo dopo interventi tecnologici risolutori e approvazione certificata di ARPA”. Pensar male della Provincia non era peccato: tant’è che nel giro di poche settimane il bluff è scoppiato e la Provincia  ha autorizzato la ripresa tossica e cancerogena di “PRODUZIONE ed USO di cC6O4” fregandosene della disapprovazione dell’ARPA.

Fregandosene  dell’Arpa che non aveva certificato fossero state superate le cause dell’ incontrollata dispersione del Pfas C6O4  nelle falde acquifere per le  perdite dal pozzo G adiacente all’impianto, perdite enormi: misurate da ARPA (l’11 aprile scorso)  con una concentrazione di cC6O4 di 191.262μg/l contro i 0,5 μg/l (generosamente) ammessi.

Fregandosene, anzi, che negli incontri tecnici Arpa-Asl avessero denunciato  un forte aumento delle quantità di cC6O4 in falda acquifera esterna, e che le perizie condotte da ARPA e riportate nella relazione di servizio avessero allarmato un pessimo stato di manutenzione dell’impianto colpevole dello sversamento: valvole rotte, tubazioni di scarico danneggiate, pareti di contenimento con buchi, ecc. nonché il colabrodo delle cosiddette barriere idrauliche.  

Fregandosene, così , anche di ammettere che,  stante lo sfacelo storico delle manutenzioni, tutti gli altri reparti che utilizzano i PFAS sono nelle stesse condizioni.  

Fregandosene, insomma, che la sua nuova licenza di inquinare avrebbe coinvolto non solo falda acquifera-suolo-fiume Bormida -atmosfera del Comune di Alessandria, ma anche di una vasta area provinciale, dove ormai abitualmente si riversano i PFAS nell’aria: i Pfas in alcuni periodi dell’anno raggiungono contenuti a Spinetta Marengo di quasi 1.000 volte superiori a valori ritenuti (permissivamente) normali, e a Piovera e Montecastello di 100 volte superiori, e ad Alessandria (istituto Volta) di 20 volte superiori.

Dall’ennesima esemplare,  e perciò  opacizzata dai media locali, relazione (clicca qui) dell’ingegner  Claudio Lombardi, già assessore all’ambiente, apprendiamo inoltre che la sciagurata servile autorizzazione della Provincia è appunto avvenuta dopo acceso dibattito con ARPA, sulla base di presunte “relazioni comprovanti interventi risolutivi delle perdite”. Relazioni talmente “comprovanti” da essere la “perizia giurata” firmata… da chi? da un perito incaricato da Solvay!! Perizia “giurata” (sic) e talmente qualificata da risultare esercizio neppure di un ingegnere (che so, idraulico, progettista)  ma da… un architetto paesaggista. Insomma, il più  classico caso di “controllato controllore”!

Puzza, puzza il voltagabbana della Provincia. Le impronte dello  zampino di Solvay si intravvedono nella firma apposta alla lettera di autorizzazione di ripresa della produzione: stranamente  non già del direttore responsabile ingegner Paolo  Platania (che arditamente aveva emesso la diffida) ma da un suo sostituto, tale Maurizia Fariseo, segretaria di Direzione.  Dubbio legittimo: i responsabili politici degli enti pubblici hanno atteso che Platania andasse in ferie? Platania si è rifiutato di firmare? Platania sarà accompagnato alla pensione?

Solvay sta brigando per rimettere in funzione l’impianto Pfas inquinante. Condotta sempre più dolosa.

Due ecocidi mondiali e locali. Con i Pfas si ripete la tragedia dell’amianto e dell’Eternit di Casale Monferrato. La belga Solvay Syensqo è l’unico produttore in Italia dei diffusissimi Pfas tossici cancerogeni e, con la complicità di Sindaco e Regione, compromette direttamente  la salute della popolazione alessandrina, a cominciare dai lavoratori.  
 
C6O4, ADV e PFOA sono impiegati nei cicli aziendali da decenni, e alcuni  attualmente prodotti: l’ARPA di Alessandria da qualche anno, finalmente, ne denuncia e documenta che i reflui dallo stabilimento di Spinetta Marengo fuoriescono ed inquinano sempre più pesantemente le falde acquifere, il fiume Bormida  e l’atmosfera dei Comuni della provincia, provocando morti e malattie.  
 
Nei primi mesi del 2024, l’azienda non è più riuscita a nascondere che l’impianto di produzione del cC6O4, il più moderno inaugurato in pompa magna da pochi anni, stava accusando gravi problemi di funzionamento. Al punto  da costringere la Solvay stessa ad autodenunciarsi alla Provincia ed a fermare l’impianto. I problemi funzionali causano enormi perdite in falda acquifera: l’ARPA addirittura ha misurato (11 aprile ) nel pozzo G adiacente all’impianto di produzione una concentrazione di cC6O4 di 191.262μg/l contro gli 0,5 μg/l ammessi!
 
La Provincia di Alessandria è stata, obtorto collo, costretta a ingiungere a Solvay, tramite diffida, che l’impianto debba fermarsi e possa essere riavviato solo dopo interventi tecnologici risolutori e approvazione certificata di ARPA. La vicenda è seguita con incontri tecnici fra Provincia, Comune, Arpa, Asl. Ebbene, a luglio 2024, Claudio Lombardi, già assessore comunale Ambiente, denuncia che “Solvay pretende di aver risolto il problema ma la Provincia non ritiene di avere ottenuto da ARPA riscontri validi e correttamente, (aggiungerei coraggiosamente rispetto ai comportamenti del passato) insiste per ottenerli. Non solo, sono  venuto a conoscenza anche di un altro grave fatto. Solvay ha dichiarato con documenti inviati agli enti pubblici e con comunicato stampa che gli sversamenti in falda sarebbero contenuti all’interno dell’area dello stabilimento da una ‘super efficiente barriera idraulica’.”
 
Niente di più falso. L’ARPA ha contestato nell’ultimo incontro tecnico un forte aumento delle quantità di C6O4 nella falda acquifera esterna allo stabilimento. La barriera idraulica, dunque, non funziona minimamente e, oltre a non trattenere C6O4, lascia fuoriuscire all’esterno le altre sostanze tossiche e cancerogene interne alla fabbrica. Questo gravissimo fatto, conclude Lombardi, mette in risalto due nodi relativi all’esistenza stessa del sito produttivo Solvay di Spinetta Marengo. Innanzitutto, “la produzione del cC6O4 non può essere ripresa se non solo dopo interventi tecnologici risolutivi comprovati e certificati per adeguato lasso temporale (non certo di giorni ma di mesi)”.
 
Soprattutto, “la barriera idraulica si dimostra impianto non idoneo a contenere le fuoriuscite degli inquinanti interni allo stabilimento, come d’altra parte recitò la sentenza della Corte di Cassazione nella sentenza di condanna dei dirigenti Solvay nel dicembre 2019”. Sentenza che, viene ribadito, riguardava  ben oltre i Pfas: cioè la bonifica di una massa di veleni, una ventina insieme al cromo esavalente, bonifica che è stata, su ordine di Bruxelles, consapevolmente disattesa sull’altare dei profitti da Solvay, la quale, anzi ha peggiorato la situazione ecosanitaria. Su questo punto, il capo di accusa nell’imminente processo penale  bis  andrebbe riformulato sul versante dolo. E portato al massimo livello apicale di Syensqo. Dove: anche in sede civile  con azioni inibitorie che risarciscono  le Vittime, come stimolava a fare il Procurate generale in Cassazione: “Quella gente dovete toccarla nel portafoglio”.

L’ “invisibile” TFA nell’esistenza nebulosa della Solvay di Spinetta Marengo, tra processi e class action.  

Non ci sono solo le sostanze perfluoroalchiliche, PFAS, a contaminare le acque superficiali e quelle delle falde e, quindi, l’acqua potabile e gli alimenti. Esce dall’invisibilità mediatica il TFA, acido trifluoroacetico, che si forma dai PFAS per degradazione: come i Pfas si trova ovunque (ubiquitario), come i Pfas è perenne (forever chemical), come i Pfas tossici e cancerogeni è micidiale per la salute, ma, ancora peggio dei Pfas, a differenza dei Pfas non è ancora normato per legge, e quando avverrà sarà una grana per Solvay.
 
A denunciare la presenza di TFA nelle acque potabili è ora un rapporto della Pesticide Action Network (Pan Europe), nel quale sono stati analizzati 55 campioni di acqua potabile di 11 Paesi (tra i quali non c’era l’Italia) e si è visto che il TFA era presente nel 94% di essi: da 20 a 4.100 nanogrammi per litro (ng/l), per una media di 740 ng/l. Poche le differenze tra campioni di acqua minerale e di acqua di sorgente.  Nelle acque di fiumi e laghi erano state rilevate concentrazioni medie pari a 1.220 ng/l. Soprattutto il TFA costituisce il 98% dei cosiddetti PFAS totali in tutti i campioni. Il fatto non stupisce, visto che il TFA si forma da diversi PFAS.
 
Dunque, il TFA, derivato dai PFAS dei pesticidi e dai gas fluorurati, oggi manca di un quadro legislativo  di riferimento: è nebulosa l’indicazione del valore tollerabile per l’essere umano, manca uno standard di qualità per le acque sotterranee o superficiali, non esiste alcun valore massimo indicato per le acque potabili, la sostanza non è inclusa negli elenchi dei PFAS che entrano a far parte del bilancio totale. Entrerà nel 2026 in Europa, quando sarà in vigore un limite per i PFAS totali (500 nanogrammi per litro per l’insieme dei PFAS?). Se oggi fosse già così, metà dei campioni di acqua del rubinetto analizzati sforerebbe i limiti.
 
Per questi motivi, “PAN Europe” chiede ai governi di agire con misure urgenti:  il divieto immediato dei pesticidi con PFAS, il divieto immediato dei gas fluorurati. Così, per la presidente di Syensqo, Ilham Kadri, si affacciano ulteriori problemi entro il 2026 per lo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria), il  cui mix produttivo nei fluorurati è ineludibile [Nota 1].
 
Ilham Kadri, deve pur occuparsi di azioni legali inibitorie risarcitorie.
Dall’Italia fino in Belgio, rimbombano sempre le parole di Ferdinando Lignola, il Procuratore Generale di Cassazione, quando, nel 2019 nella sua arringa finale contro Solvay, incitò: “Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”. Perché era pienamente cosciente, come era ed è Kadri, che in sede penale non si va oltre ad una risibile condanna  ai livelli manageriali più bassi di questa gente delittuosa,  e non si va oltre ad una virtuale condanna di bonifica a spese di questa gente. Soprattutto era conscio, inorridito dell’ingiustizia massima: in sede penale neppure le Vittime vengono risarcite per le morti e le malattie provocate dal reiterato delitto ecosanitario di questa gente.
 
Kadri non ha remore etiche ma sta valutando che anche in Italia gli studi legali si apprestino ad avventurasi nella legislazione aprendo cause in sede civile con azioni inibitorie risarcitorie contro questa gente, contro la belga Solvay proprietaria dello stabilimento di Spinetta Marengo: nell’occhio del ciclone per i veleni in aria-acqua-suolo-sangue della popolazione di Alessandria, dei quali i famigerati Pfas sono solo la punta dell’iceberg ecosanitario locale.
 
Valutazione opportuna perché, fuori dall’Italia, è proprio la Solvay, e proprio per i Pfas, a doversi mettere le mani al portafoglio. Infatti, Solvay Specialty Polymers USA ha accettato di pagare 1,3 milioni di dollari per chiudere una class action sulla contaminazione da Pfas delle riserve idriche del Parco nazionale di West Deptford ad opera del suo impianto di produzione di Leonard Lane. [Nota 2]. Kadri ha  concordato di raggiungere l’accordo “per evitare l’onere e le spese di un contenzioso continuo“.
 
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
 
[Nota 1]
Ricerca e Sviluppo di Polimeri fluorurati, Produzione e Fornitura di perfluoroolefine, fluoro, acido cloridrico, acido fluoridrico, cloruro ferrico, idroclorodifluorometano, fluoroelastomeri, politetrafluoroetilene, fluoropolimeri termoplastici, perfluoropolieteri con l’ausilio di Centrale Termoelettrica alimentata a gas naturale. Gestione per conto del ‘Consorzio Trattamento Effluenti Polo Chimico Spinetta’ dell’impianto di trattamento delle acque reflue di tutte le conferenti del polo chimico. Gestione discarica di gessi fluoritici. Ricerca e sviluppo di sostanze organiche fluorurate (perfluoroolefine, fluoroplastomeri, fluoroelastomeri, fluidi fluorurati).”
 
[Nota 2]
La causa è stata intentata per conto dei residenti del Parco Nazionale nel giugno 2020, risarciti per ora con 8.000 dollari ciascuno, ma l’accordo prevede il pagamento degli esami del sangue per tutte le persone che hanno vissuto nel distretto dal 1° gennaio 2019 al 28 febbraio 2024: il fondo include 784.000 dollari per la “classe di biomonitoraggio”. Anzi, “Non è incluso il costo di qualsiasi potenziale interpretazione del risultato dell’esame del sangue da parte di medici o professionisti sanitari.” Dunque restano aperti i risarcimenti per le patologia sofferte.
Il fondo inoltre comprende circa 244.000 dollari per le spese legali e gli onorari degli avvocati. Nonché l’accordo  prevede addirittura pagamenti (200.000 dollari) alle persone che hanno posseduto o affittato immobili residenziali nel distretto nello stesso periodo.
Solvay ha concordato di raggiungere l’accordo “per evitare l’onere e le spese di un contenzioso continuo“, si legge nella sua dichiarazione. D’altronde Solvay deve affrontare numerose cause legali per l’inquinamento da PFAS nel South Jersey, nel suo stabilimento della contea di Gloucester.

Pfas nei mangimi per allevamenti.

Nelle scuole andrebbe spiegata al completo la catena alimentare: partendo dalle aziende di produzione (in Italia: Solvay di Spinetta Marengo) e di consumo. Le quali  scaricano Pfas nelle acque potabili e in atmosfera: dalla quale ricadono al suolo sugli alimenti vegetali e animali (…oltre che direttamente nei polmoni). I mangimi sono un anello della catena alimentare.
 
I Pfas contenuti nei mangimi (foraggi verdi o secchi, semi o frutti, sottoprodotti di cereali e dello zucchero ecc.), insieme all’acqua eventualmente contenente Pfas, sono somministrati agli animali allevati (bovini, ovini, suini e polli): e carni e uova e latticini  contenenti Pfas sono infine  consumati dagli esseri umani  come letalmente tossici e cancerogeni.
 
Ebbene, il Bundesinstitut für Risikobewertung (BfR)l’Istituto Federale Tedesco per la Valutazione dei Rischi, ci prova a valutare i rischi dei Pfas nei mangimi (foraggio, becchime, pastoni), a calcolare i limiti da non superare. Modelli di tossico cinetica. In realtà, non esistono concentrazioni massime ammissibili, livelli sicuri per la salute umana: dal feto all’anziano, per le molecole “Forever Chemicals“, inquinanti eterni, ubiquitari, indistruttibili, indegradabili e bioaccumulabili. L’unico è il livello zero.

Pfas. Il Belgio non è l’Italia.

In Belgio, a differenza della Regione Piemonte per quanto riguarda Alessandria, la Regione Vallonia organizza una nuova campagna di screening affinché tutte le persone potenzialmente contaminate da Pfas possano beneficiare del monitoraggio medico a spese delle autorità valloni. La decisione dopo che 2.000 persone di Chièvres e Ronquières hanno ricevuto i risultati delle analisi del sangue: a Chièvres quasi una persona su tre supera la soglia massima di 20 microgrammi per litro di sangue raccomandata dal consiglio scientifico insediato dal governo vallone uscente.
 
Il responsabile della contaminazione, a differenza della Solvay per Alessandria, non è ancora stato identificato, perciò è pressante l’impegno degli amministratori “ad individuarlo rapidamente per poter applicare il principio chi inquina paga, i filtri al carbone piazzati dalla Société Wallonne Des Eaux si rifletteranno sulle bollette dei consumatori. E tutte le spese mediche a carico della comunità. I residenti pagherebbero due volte per l’inquinamento una volta per il portafoglio e l’altra per la salute. Una situazione che sarebbe intollerabile”. In Belgio, ma non in Italia.
 
Inoltre, il Partito del Lavoro chiede che la Vallonia adotti, entro la fine dell’anno, standard rigorosi per i PFAS nell’acqua del rubinetto: “Non dobbiamo aspettare che l’Europa agisca. La Danimarca ha già uno standard di 4 ng/L. Siamo disponibili a portare avanti la legislazione in questa direzione”.

Non esiste una dose sicura di esposizione ai Pfas. La sicurezza è data solo dal limite zero. Non esistono Pfas innocui. L’intera classe di Pfas va messa al bando.

Per queste certezze, il riferimento principale è International Agency for Research on Cancer (WHO IARC) di Lione, agenzia preposta sui tumori dalla Organizzazione Mondiale della Salute (WHO), e si basa sugli studi condotti sull’uomo, sugli animali e su cellule o materiale biologico.
 
Lo Iarc considera solo articoli pubblicati nelle riviste scientifiche e non i rapporti o le relazioni dei produttori che chiedono l’autorizzazione all’uso di una nuova sostanza… con meno atomi di carbonio… saturi di fluoro: esempio il C6O4 della Solvay. 
 
 La procedura Iarc si basa sul metodo scientifico, dunque può essere riferita alla singola molecola, non è generica. Però il giudizio di pericolosità deve intendersi all’intera classe di molecole per-e polifuoroalchiliche (migliaia): solo pochi PFAS sono rilevabili e soprattutto misurabili quantitativamente con le tecniche di chimica analitica a disposizione dei laboratori di analisi e ricerca, e dunque vale il principio di precauzione, nuove molecole non possono essere sperimentate sull’organismo umano in attesa che la cancerogenità sia certificata.
 
Ovvero misurata a posteriori dagli studi epidemiologici, esempio: un  morto in più ogni tre giorni, 51.621 decessi contro 47.731 attesi, con un eccesso di 3.890 morti, secondo uno studio dell’Università di Padova sulla popolazione dell’area contaminata da Pfas in Veneto, tra il 1985 e il 2018 (province di Vicenza, Verona e Padova).
 
L’unica certezza è che sono nulle le possibilità di degradare ed eliminare i Pfas, gli stessi  inceneritori ad altissima temperatura rilasciano  le scorie. La soluzione è semplice, la storia dell’amianto ce lo ha già insegnato: l’unica via d’uscita è mettere al bando la produzione industriale dei composti PFAS. 
 
Per contro, la strategia  di Solvay resta sempre la stessa:  sostituire una molecola rivelatasi -con morti e ammalati-  pericolosa e bandita (Pfoa) con un’altra, simile, che però, in quanto  appartiene alla stessa classe, finirà per mostrare gli stessi danni per la salute. Fermare le produzioni inquinanti di Spinetta Marengo, dunque, è il passaggio fondamentale per la messa la bando dei Pfas in Italia.  
 
Clicca qui una scheda [fonte: Environmental Protection Agency USA]: dove si trovano i Pfas, quali effetti sulla salute, le popolazioni a rischio.

Il governo fa orecchie da mercante all’allarme  Pfas dell’Istituto Superiore di Sanità.

Il ministero della Salute ha fissato limiti per la presenza nelle acqua potabili di Pfoa e Pfos senza seguire le raccomandazioni dell’Istituto superiore di sanità ISS.
 
Già nel 2019, infatti, anni prima che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro IARC dichiarasse nel 2023 cancerogeno il Pfoa e possibile cancerogeno il Pfos, ISS raccomandava l’adozione di parametri più stringenti rispetto a quelli che entreranno in vigore in Italia, solo a partire dal 2026.
 
Raccomandava  di adottare per queste due molecole “valori specifici più cautelativi” rispetto alla somma degli altri Pfas. Sottolineandone la pericolosità, l’Iss indicava parametri di 0,030 microgrammi (30 nanogrammi) per litro nel caso del Pfoa, l’acido perfluoroottanoico e di 0,065 microgrammi (65 nanogrammi) per litro per il Pfos, l’acido perfluoroottanosolfonico.
 
La direttiva europea 2184, invece, fissa il limite a 100 nanogrammi per litro per la somma di venti Pfas (24 in Italia) e cinquecento nanogrammi per tutti i Pfas (gli oltre 10mila). E mentre molti Paesi sono corsi ai ripari, fissando limiti a livello nazionalel’Italia  ha fatto “orecchie da mercante”, non ha seguito le raccomandazioni dell’Iss, preferendo seguire le direttive europee più permissive con il Decreto 18 del 23 febbraio 2023.
 
A prescindere dalla direttiva, l’Italia avrebbe potuto correre ai ripari in autonomia, così come hanno fatto altri Paesi, anche fuori dall’Europa. Ma non l’ha fatto. Il ministero della Salute ha fissato come valore massimo nelle acque destinate al consumo umano cinquecento nanogrammi per litro per i Pfoa e trecento per i Pfos.
 
Insomma, in questi anni in molti comuni italiani è stata erogata acqua potabile che le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità consideravano non sicura già dal 2019. Esempio di valori riscontrati: quelli di alcuni comuni piemontesi dell’Alessandrino (Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Piovera).
 
Tanto per avere dei termini di paragone, l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (Epa) ha   fissato limiti per la presenza nelle acque potabili di sei molecole del gruppo dei Pfas, in particolare, per Pfoa e Pfos, il limite fissato dall’Epa è pari allo zero tecnico.
 
A sua volta, l’Agenzia europea sulla sicurezza alimentare (Efsa) ha fissato nel 2020 una soglia massima settimanale di ingestione di Pfas (4,4 nanogrammi alla settimana per chilo di peso corporeo), per la somma di quattro sostanze (Pfoa, Pfos, Pfna e Pfhxs).
 
E così, in Europa, alcuni Paesi hanno già imposto limiti anche cinquanta volte inferiori rispetto a quelli della direttiva, oltre al fatto che, a febbraio, 2023, DanimarcaGermaniaSveziaPaesi Bassi e Norvegia hanno presentato all’Echa, l’Agenzia europea che si occupa della regolamentazione delle sostanze chimiche prodotte e immesse in commercio, una proposta di revisione del Regolamento Reach del 2006 per la messa al bando.
 
La Danimarca ha comunque posto un limite per la somma delle quattro molecole indicate dall’Efsa (Pfoa, Pfos, Pfna e Pfhxs) pari a due nanogrammi per litro e ne ha vietato l’utilizzo nei contenitori alimentari. Si muovono nella stessa direzione, per quanto riguarda la presenza di Pfas nelle acque, oltre all’Olanda, anche Svezia e la regione belga delle Fiandre, entrambe con un limite fissato a 4 nanogrammi al litro, in Germania questo valore sarà di 20 nanogrammi per litro dal 2028 e in Spagna, fino al 2026, sarà di 70 nanogrammi per litro per ognuno dei quattro composti. Lo scorso 4 aprile, la Francia ha deciso di vietare la produzione e la vendita di prodotti non essenziali contenenti Pfas.
 
PER QUANTO RIGUARDA LA SITUAZIONE ACQUE  DI ALESSANDRIA, DOVE INSISTE A SPINETTA MARENGO LO STABILIMENTO SOLVAY (SYENSQO), UNICO PRODUTTORE IN ITALIA, in particolare facciamo riferimento allo studio (clicca qui) di Claudio Lombardi, ex assessore comunale alla sanità. In estrema sintesi. Tra i 24 tipi di PFAS identificati dalla direttiva  figura il cC6O4 attualmente prodotto con brevetto  a Spinetta, ma inspiegabilmente non l’ADV, ex Pfoa, utilizzato da un trentennio. Nella Direttiva UE, la “Somma di PFAS” non deve superare i 100 ng/l entro il 2026, dunque entro tale data la direttiva poteva essere anticipata e resa più restrittiva dalla Regione, come si verifica negli altri Stati, ma ciò non è avvenuto in Piemonte. Anzi, è rilevante la critica all’Asl di Alessandria per come ha condotto le analisi nei Comuni.
 
Va sottolineato che AD ALESSANDRIA IL PRIMATO DI INQUINAMENTO (E MALATTIE) DA PFAS È CONSEGUITO DALLE EMISSIONI IN ATMOSFERA.
 
Dalle decine di ciminiere e punti di fuga, esse ricadono sui polmoni, sulle acque potabili,  sugli alimenti animali e vegetali. Il paradosso è che esse non hanno al momento limite alcuno, grazie al freno politico di Solvay. Perciò la valutazione dell’entità della loro presenza in atmosfera avviene per confronto con le quantità presenti nell’atmosfera delle “aree bianche”, delle zone cioè a distanza rilevante dalle sorgenti di produzione, utilizzo e smaltimento di PFAS. Clicca qui lo studio di Claudio Lombardi. In estrema sintesi. Nel sobborgo di  Spinetta Marengo si registrano concentrazioni di PFAS nell’aria di 1.000 volte superiori come ordine di grandezza ai valori assunti come riferimento, mentre i valori medi sono di 150 volte superiori. Nel Comune di  Piovera, che dista dal Polo Chimico più di 10 Km, valori massimi superiori di circa 100 volte, di 20 volte come valore medio. Nella centralina del Capoluogo: valori massimi di cC6O4 di circa 40 volte superiori  e medi di C6O4+ADV N2 superiori di circa 20 volte.

Se si trova la maniera di estrarre Pfas dal sangue e dagli scarichi, si può tranquillamente continuare a produrre e usare Pfas.

Così Solvay (Syensqo)  ha investito 5 milioni di euro per la costituzione del  Centro di Ricerca e Sviluppo per il Risanamento e la Protezione Ambientale al primo piano della  sede del Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica dell’Università del Piemonte Orientale di Alessandria e dotato di nuovi laboratori di ricerca con strumentazione all’avanguardia: il progetto è infatti annunciato come ambizioso.
Il professor Leonardo Marchese,  responsabile scientifico del centro e del progetto, ha l’incarico di utilizzare “polistirolo, plastiche, scarti agricoli come la lolla del riso in grado di rilevare contaminanti 100 mila volte più piccoli rispetto agli attuali limiti di legge”. Insomma trasformali in “spugne” tecnologiche in grado di catturare, intrappolare le sostanze inquinanti. Un occhio di riguardo, ovviamente, sarà dedicato  ai Pfas, fra tutti i veleni immessi da Solvay in aria, acqua, suolo.
Non essendo noi scienziati di tal fama, siamo eufemisticamente “perplessi” sul progetto così come decantato sulle cronache locali. Soprattutto a causa dell’entusiasmo di Marco Apostolo, Country Manager di Syensqo Italia (Solvay) che ha messo definitivamente le mani sull’Università di Alessandria. Ma anche per avere  interpretato una Excusatio… petita accusatio manifesta nel commento, “La ricerca scientifica nell’ambito della chimica è sempre stata guardata con sospetto nell’immaginario collettivo, perché le si attribuisce una concomitante possibile potenzialità di danno alla salute o all’ambiente”, dichiarato dal prof. Gian Carlo Avanzi, ex rettore dell’Università del Piemonte Orientale.

Fermare i pfas si può e si deve.

I Pfas sono stati trovati in tutte le Regioni in cui sono stati cercati. Ma la la maggioranza delle Regioni non effettua i controlli. Ma il Governo non mette al bando con una legge i Pfas. L’unico produttore di Pfas in Italia è Solvay di Spinetta Marengo, ma Sindaco di Alessandria e Regione Piemonte non lo fermano. Possiamo farlo dal basso con una azione inibitoria e risarcitoria.

Referendum sulla chiusura delle produzioni inquinanti della Solvay. Comma 2 Art. 1 Costituzione: la sovranità appartiene al popolo.

Azzerata la Giunta”, “La rivoluzione del sindaco di Alessandria”, “Abonante: c’era chi remava contro”, “Obbligato un salto di qualità”: i titoloni delle testate giornalistiche locali. Malpensanti come  siamo noi alessandrini esuli, neppure per un istante abbiamo immaginato che il casus belli dentro la giunta di sinistra fossero i Pfas nel sangue della popolazione, ovvero fra chi è per la fermata immediata delle produzioni della Solvay di Spinetta Marengo, e chi tende a rinviarla secondo i segnali della multinazionale belga (rinominata Syensqo).
 
Infatti, scorrendo le prolisse cronache non vi è traccia di qualsiasi scontro sull’ordinanza di chiusura che comitati e associazioni chiedono da tempo al sindaco. E nemmeno nelle altrettanto melmose dichiarazioni della destra. E’ la classica crisi senza contenuti programmatici, ma  di regolamento dei conti (nel PD) e della disputa delle poltrone.
 
Eppure giornali e politici dovrebbero essere  concentrati sulla drammatica situazione ambientale e sanitaria del Comune, anzi dei Comuni della provincia. Dove, ovunque l’Arpa cerchi Pfas: li trova in aria, suolo, acque sotterranee, Bormida, acquedotto (a tacere cromo esavalente e altri venti tossici e cancerogeni). Dove, qualunque cittadino cerchi i Pfas  (Pfoa, C6O4, ADV)nel proprio sangue: li trova (a tacere cromo esavalente e altri venti tossici e cancerogeni). Questo biomonitoraggio dovrebbe essere un diritto per ogni cittadino, in un territorio dove nei decenni le analisi epidemiologiche hanno evidenziato picchi di malattie e mortalità. Invece, la complice Regione Piemonte ha sempre negato il monitoraggio di massa alla popolazione a rischio.
 
 
E decine di cittadini, affidandosi ai Comitati e pagando di tasca propria,  si sono sottoposti ai prelievi  di sangue. Nessuno escluso, tutti hanno Pfas nel sangue anche  a livelli di alto rischio. Si obietta (Sovay & C.): ma è solo un campionamento, non  dimostra che tutta la popolazione  è colpita da Pfas. Ma perdio, se tutti i cittadini controllati, nessuno escluso, hanno Pfas vecchi e nuovi  nel sangue anche  a livelli di alto rischio, tu, Regione Piemonte,  con quale faccia ti ostini a non ordinare ad Asl il monitoraggio di massa? Con la faccia di Solvay.
 
 
E tu, sindaco Giorgio Abonante, in attesa che si avvii e si completi lo studio ematico ed epidemiologico,  con quale faccia ti ostini a non emettere nel frattempo  ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo? Temi che il provvedimento vada oltre la tua pavidità personale e politica, o che sia inviso agli elettori che antepongano il  ricatto occupazionale al diritto alla salute? Ebbene, se non vuoi lavartele le mani, sottoponi la tua decisione a Referendum. Comma 2 Art. 1 Costituzione”: la sovranità appartiene al popolo. O aspetti che, come per le analisi del sangue, provvediamo da soli?
 
Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
 
Una nota a piè di pagina al comunicato stampa. Il “Referendum propositivo vincolante”, piuttosto che solo consultivo, può essere messo a disposizione dei cittadini:  è uno strumento di partecipazione potente  perché nel caso di vittoria la Giunta deve reperire le risorse per realizzare la proposta (nel nostro caso emettere l’ordinanza di fermata degli impianti che compete al primo cittadino).
 
La procedura che sta adottando il Comune di Torino (in merito ad un nuovo ospedale nel parco della Pellerina) ad esempio prevede che, raccolte e verificate le prime 1.000 firme, si abbia diritto ad una decisione sull’ammissibilità entro 15 giorni da parte di una Commissione presieduta dal Presidente del Consiglio Comunale con la partecipazione del Difensore civico. Dopo il via libera, i cittadini hanno sei mesi per raccogliere altre 9.000 firme. Ovviamente i numeri per Alessandria sarebbero proporzionalmente ridotti, e i tempi.

Gli alessandrini si pagano di tasca propria le analisi del sangue: risultati drammatici.

Striscione davanti alla Prefettura  durante la conferenza stampa.
La complice Regione Piemonte si è sempre rifiutata di sottoporre la popolazione di Alessandria al monitoraggio di sangue perché i risultati dell’avvelenamento di massa non lascerebbero scampo alle istituzioni -regione e/o sindaco e/o magistratura- di chiudere le produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo: provvedimento per il quale sarebbero già stati più che sufficienti gli storici dati ambientali dell’Arpa e studi epidemiologici dell’Asl.  
 
Ancora una volta, come già nel 2022, i cittadini, a proprie spese, si sono rivolti alle strutture universitarie tedesche, per conoscere, tra i 21 veleni tossici e cancerogeni della Solvay, almeno  quanto PFAS scorre nelle loro vene. E anche questa volta i risultati sono inequivocabili: 36 persone su 36 hanno concentrazioni del cancerogeno Pfoa: il quale dovrebbe essere a zero mentre risulta addirittura a livelli estremi di allarme per la loro salute.
 
Il Pfoa ufficialmente è stato dismesso da dieci anni, dunque -come tutti i Pfas- si è accumulato nei decenni precedenti nei loro organismi e lì continuerà a colpire: come da diagnosi presenti e future dei medici. Non solo, nelle loro  vene sicuramente si addensano anche i Pfas C6O4 e ADV che hanno sostituito il vietato Pfoa.
 
Senza le complicità istituzionali, la chiusura delle produzioni sarebbe forse già un fatto compiuto se il biomonitoraggio fosse esteso a tutta la provincia, dato che i Pfas sono stati accertati in numerosi Comuni, anche con chiusura di acquedotto. Ciò è ulteriormente dimostrato dalle analisi del sangue dei 36 cittadini del Comune di Alessandria e sobborghi: Cascinagrossa, Castelceriolo, Litta Parodi, Lobbi, Mandrogne, San Giuliano Vecchio e Spinetta Marengo, che si sono sottoposti al biomonitoraggio indipendente coordinato da Ánemos, Greenpeace Italia e Comitato Stop Solvay.
 
Leggi il comunicato stampa, comprensivo delle emblematiche tabelle. L’esplicazione delle quali potrete apprendere dal  video, clicca qui, approntatoci dal sempre presente Buzzz Blog.

Per 29 abitanti… il “monitoraggio di massa” della Regione per i Pfas della Solvay. Criminale.

La provincia di Alessandria conta 405.288 abitanti. Fra i quali la Regione Piemonte, tramite Asl, ha sottoposto a biomonitoraggio PFAS il sangue di 29 cittadini. Pari allo 0,0071% della popolazione a rischio. Si “ascende” allo 0,31% se si considera solo  il comune di Alessandria (90.952 abitanti), ma sarebbe fuorviante perché i Pfas del sobborgo Spinetta Marengo sono stati rilevati anche negli altri comuni della provincia: in atmosfera, acque sotterranee, acquedotto, fino al fiume Bormida e dunque al Po.
 
Nel sangue di tutte le 29 persone sono stati accertati i Pfas, per 22 addirittura con valori fino  a 20 microgrammi/litro e per 6 nientemeno superiori a questo limite di estremo pericolo per la salute.
 
Gli attuali studi scientifici hanno dimostrato che l’esposizione a questi livelli di PFAS può portare a: – Effetti riproduttivi come diminuzione della fertilità o aumento della pressione sanguigna nelle donne in gravidanza. – Effetti o ritardi sullo sviluppo nei bambini, tra cui basso peso alla nascita, pubertà accelerata, variazioni ossee o cambiamenti comportamentali. – Aumento del rischio di alcuni tumori, inclusi quelli della prostata, dei reni e dei testicoli. – Ridotta capacità del sistema immunitario del corpo di combattere le infezioni, inclusa una ridotta risposta ai vaccini. –
 
Interferenza con gli ormoni naturali del corpo, tiroide. – Aumento dei livelli di colesterolo e/o rischio di obesità. [fonte: Environmental Protection Agency USA].
Si consideri che tali patologie tossiche e cancerogene dei Pfas non esplodono in fase  acuta bensì erodono il corpo umano in tempi medi e anche lunghi, perchè si immagazzinano  nel sangue e negli organi e di lì non si degradano e non si eliminano:  sono  stati ribattezzati “forever chemicals” “sostanze chimiche eterne”.
 
Con questa consapevolezza, la Regione è stata giuridicamente costretta ad annunciare, per le 29  Vittime accertate, l’attivazione di “un sistema di sorveglianza sanitaria con la possibilità da parte di pediatri e medici di famiglia di sottoporre -tutti gli anni, per anni e anni, vita natural durante- la popolazione esposta alle  analisi del sangue periodiche e gratuite, per individuare precocemente gli effetti sulla salute generale dell’organismo”.
Per le 29 Vittime accertate!! E per le altre 405.259 potenziali Vittime?? 
 
Quanto meno per le altre  90.923?? Potenziali? più che potenziali: esaminando le analisi epidemiologiche che riproducono le patologie scientificamente attribuibili ai Pfas, a tacere le altre 21 sostanze tossiche cancerogene dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo. Ma la complice Regione continuerà a rinviare all’infinito il monitoraggio di massa delle popolazioni a rischio.
 
D’altronde, quanti di questi elettori hanno riconfermato la fiducia, nelle recenti votazioni, alla giunta centrodestra di Alberto Cirio. In particolare promuovendo in Regione proprio il presidente della Provincia, Enrico Bussalino – Lega.

Solvay, Governo e Regione, sottraggono i soldi ai monitoraggi del sangue della popolazione.

Immobilizzate le Istituzioni, Solvay cambia il pelo travestita da  Syensqo  e si impegna ad una intensa attività di propaganda sul territorio “con iniziative che si inseriscono  nel nostro percorso di ascolto e dialogo con la comunità locale”. 
 
Tale è stata “Fabbriche aperte”, “un tour by bus per compiere un viaggio lungo tutto il perimetro dello stabilimento con l’alternanza di semplici fermate e vere e proprie visite in campo”, iniziativa pubblicizzata  perfino con carrozzoni da circo, venghino signori venghino, una boccata d’aria pura e un sorso d’acqua genuina,  ma che si è risolta in un flop gigantesco: neppure quattro gatti  della folla di alessandrini attesa.
 
Ma Solvay, per gli amici giornalisti: Syensqo, non demorde. L’imputato Andrea Diotto e il futuro imputato Stefano Colosio, rispettivamente ex e attuale  direttore, con assidue iniziative sponsorizzano l’assoluzione penale della Solvay tramite il finanziamento di progetti e premi a università e scuole di Alessandria, coinvolgendo docenti e studenti (schiumando naturalmente i giornali di veline) nell’esibizione di una Solvay, ribattezzata Syensqo: “azienda leader a livello sia nazionale che internazionale nello sviluppo della mobilità sostenibile”.
 
Come tale, i due direttori hanno invitato docenti e studenti nella fabbrica unica produttrice di Pfas in Italia, dalla quale i Pfas escono anche in aria, acque sotterranee e di acquedotto e in Bormida. A proposito dei quali, ma senza mai nominarli, hanno esibito “l’impianto e i laboratori Aquivion®, innovativa tecnologia di produzione di materiali polimerici per membrane in grado di integrarsi in una catena di produzione di idrogeno verde sostenibile, rinnovabile e senza emissioni di carbonio”.
 
Alla promotion gli studenti sono rimasti passivi, magari pensando alla chimera  di future  assunzioni da un impianto senza prospettive occupazionali. Ma passivi sono rimasti anche i loro insegnanti: “prof. G. Laganà (ITIS ‘Volta’), prof.ssa M. C. Pasini (IIS ‘Sobrero’), prof.ssa B. T. Ferro (Liceo scientifico ‘Galilei’) , prof.ssa V. Fracasso (IIS ‘Balbo – Palli’)” indicati nella velina. 
 
Eppure questi docenti dovrebbero possedere competenza sufficiente per esercitare il ruolo critico dovuto al rispetto della  scienza. Oppure basterebbe che compitassero il nostro comunicato stampa dell’anno scorso (clicca qui) con oggetto: “I nostri allarmi in vista del ‘nuovo’ impianto ‘Aquivion’ a Spinetta Marengo: 9,5 milioni di euro investiti con fondi di Governo e Regione, sottratti ai monitoraggi del sangue della popolazione”. 

Non solo Pfas, anche Bisfenolo.

L’Autorità Ue per la sicurezza alimentare (Efsa),vieta l’utilizzo di Bisfenolo A negli imballaggi. Quale interferente endocrino, come i Pfas, è capace di alterare l’equilibrio ormonale e innescare “effetti nocivi sul sistema immunitario“. Largamente impiegato nella produzione di plastiche e resine, è la sua capacità di trasferirsi nel cibo e nelle bevande, dagli  articoli di consumo come bottiglie di plastica riutilizzabili, refrigeratori per la distribuzione dell’acqua o altri utensili da cucina e, appunto, gli imballaggi.
 
 
Il Movimento di lotta per la salute Maccacaro ha denunciato da anni, anche con esposti alla magistratura https://www.edocr.com/v/rkl0edx8/bajamatase/esposto-4-bisfenolo, l’utilizzo del Bisfenolo nello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo: “…questa sostanza senza autorizzazione AIA è da parte della  multinazionale belga -tra i principali produttori nel mondo di Bisfenolo-  ben conosciuta da decenni e volutamente non evidenziata per la sua pericolosità all’ARPA, la quale infatti non l’ha mai cercata nelle analisi a tutela (ASL) della salute delle popolazioni”.  Nessuna Autorità è intervenuta.

Valsusa tra inquinamenti e repressioni

Ripartono i cantieri per lo scavo del tratto italiano del tunnel di base del Moncenisio, per la Tav Torino-Lione, malgrado sia emerso un nuovo inquietante problema ambientale in Val di Susa: un’inchiesta di Greenpeace Italia ha scoperto una contaminazione da PFAS nelle acque potabili di oltre 70 Comuni dell’area metropolitana di Torino, di cui ben 19 situati in Val di Susa. In sei Comuni (Bardonecchia, Venaus, Villar Focchiardo, Avigliana, Caprie e Susa), oltre a PFOA le analisi hanno rilevato il C6O4, brevetto di Solvay.  
 
I rilievi, tra i 10 e i 96 nanogrammi per litro, sono molto vicini alla soglia limite di 100 nanogrammi per litro stabilita dal decreto legislativo n.18 del 23 febbraio 2023:  enormemente superiore alle linee guida molto più restrittive di paesi come la Danimarca (il limite per PFOS e PFOA è di soli 2 nanogrammi/litro) o gli Stati Uniti (valori di zero nanogrammi/litro per il PFOA e il PFOS nelle acque potabili).
 
Limite zero, ovvero messa al bando dei Pfas in Italia, ovvero fermata dell’unico produttore Pfas in Italia (Solvay): sono contenuti nel nostro Disegno di Legge (ex senatore Crucioli) che è insabbiato nel Parlamento dalla scorsa legislatura.
 
È plausibile che l’inquinamento in Valsusa  sia causato dai lavori collegati alla Tav. Nel cantiere a La Maddalena di Chiomonte materiali contenenti PFOA vengono usati generalmente come tensioattivi negli scavi di tunnel e gallerie. Successivamente, si depositano nelle terre e rocce che vengono estratte durante gli scavi. Questa ipotesi ha già trovato  conferma per i  tunnel in Svizzera e per il Tav veneto.
 
Altro segnale d’allarme proviene da una ipotesi (clicca qui) che la temperatura interna alla Torino-Lione potrebbe superare, anche di molto, i 60 gradi centigradi, creando una situazione di rischio non superabile con un sistema di raffreddamento.
 
Mentre i cantieri si allargano, la decennale protesta contro la Tav prosegue. Così come la repressione. Dopo aver già scontato mesi di carcere e arresti domiciliari per aver messo in pratica la disobbedienza civile, Nicoletta Dosio è di nuovo ai domiciliari. All’età di 78 anni.

Gli inquinanti eterni trovati nelle lontre inglesi.

Nell’ambito degli studi su alcune forme di cancro femminile (utero, ovaie, seno), associati al rischio di tumori ai testicoli, ai reni, a danni alla fertilità, oltre a  favorire alti livelli di colesterolopubblicata su Environmental Science and Technologya, la nuova ricerca dell’Università di Cardiff, ha scoperto che i forever chemicals sono presenti anche nelle lontre che vivono vicino a fabbriche che li utilizzano: precisamente uno stabilimento che produceva Teflon (come Solvay di Spinetta Marengo) e che ha smesso di utilizzare il PFOA nel 2012.
 
L’accumulo degli  inquinanti eterni nelle lontre, secondo gli scienziati, è causato dal fatto che sono i principali predatori di pesci delle acque dolci britanniche e possono assorbirle attraverso la loro dieta. Infatti Studi recenti hanno trovato i PFAS anche nel pesce.

Aquivion Solvay sottrae i soldi ai monitoraggi del sangue della popolazione.

L’imputato Andrea Diotto e il futuro imputato Stefano Colosio, rispettivamente ex e attuale direttore, con assidue iniziative sponsorizzano l’assoluzione penale della Solvay tramite il finanziamento di progetti e premi a università e scuole di Alessandria, coinvolgendo docenti e studenti (schiumando naturalmente i giornali di veline) nell’esibizione di una Solvay, ribattezzata Syensqo: “azienda leader a livello sia nazionale che internazionale nello sviluppo della mobilità sostenibile”. 

Come tale, i due direttori hanno invitato docenti e studenti nella fabbrica unica produttrice di Pfas in Italia, dalla quale i Pfas escono anche in aria, acque sotterranee e di acquedotto e in Bormida. A proposito dei quali, ma senza mai nominarli, hanno esibito “l’impianto e i laboratori Aquivion®, innovativa tecnologia di produzione di materiali polimerici per membrane in grado di integrarsi in una catena di produzione di idrogeno verde sostenibile, rinnovabile e senza emissioni di carbonio”.

Professori in prima fila.

Alla promotion gli studenti sono rimasti passivi, magari pensando alla chimera di future  assunzioni da un impianto senza prospettive occupazionali. Ma passivi sono rimasti anche i loro insegnanti: “prof. G. Laganà (ITIS ‘Volta’), prof.ssa M. C. Pasini (IIS ‘Sobrero’), prof.ssa B. T. Ferro (Liceo scientifico ‘Galilei’) , prof.ssa V. Fracasso (IIS ‘Balbo – Palli’)” indicati nella velina.  Eppure questi docenti dovrebbero possedere competenza sufficiente per esercitare il ruolo critico dovuto al rispetto della  scienza. Oppure basterebbe che compitassero il nostro comunicato stampa dell’anno scorso (clicca qui) con oggetto: I nostri allarmi in vista del ‘nuovo’ impianto ‘Aquivion’ a Spinetta Marengo: 9,5 milioni di euro investiti con fondi di Governo e Regione, sottratti ai monitoraggi del sangue della popolazione”.  

In estrema sintesi. Solvay ha sostituito il PFOA (che avvelenerà per altrettanti decenni) con Pfas cosiddetti “a catena corta”, ADV e C6O4, tossici e cancerogeni altrettanto se non di più, sversandoli naturalmente in aria e acque con l’autorizzazione AIA della Provincia (o senza: per il Bisfenolo): con questi Pfas tirerà avanti il più possibile.  Intanto, Solvay non molla ed ecco che oggi arriva il sostituto dei sostituti pfas: “a catena cortissima” il polimero fluorurato “Aquivion”, annunciato come innocuo, “emissione in atmosfera di semplice vapore acqueo”, come i predecessori d’altronde. “Al più tossiche se maneggiate inopportunamente”, le “Membrane Aquivion Pfsa” sono garantite come DOCG, anche se il brevetto è segreto, gelosamente custodito nella banca brevetti europea. Smaltimento tramite incenerimento? Come tutte le resine fluoropolimeriche. 

Ma il segreto di Pulcinella (membrane prodotte con uso di Tetrafluoruro di etilene, gas tossico e cancerogeno, e dei Pfas con la funzione di surfattante), foriero di ulteriore a aumento  della nocività nel territorio,  non ha preoccupato enti locali e sindacati che sono corsi a tagliare il nastro al “nuovo” impianto e a inaugurare monumenti.

Il tutto nell’ambito della strategia di Bruxelles, col nome di Syensqo, di cui rivelammo la bozza quattro anni fa (clicca qui), non senza evidenziare che “la strategia è da Solvay volutamente confusa. L’unica cosa palpabile sono i finanziamenti pubblici”. Il governo italiano, anziché tradurre in legge il DDL Crucioli per la messa al bando degli Pfas (clicca qui), anziché pretendere da Solvay -condannata in Cassazione per disastro ambientale!- i 100milioni di euro chiesti al processo dal ministero dell’Ambiente per la bonifica del territorio, anziché ripresentarsi come parte civile nel nuovo processo per omessa bonifica,  invece, lo Stato, compiacenti Regioni Piemonte e Lombardia, tramite il fondo “Fabbriche intelligenti” creato apposta dal ministero dello Sviluppo economico,  ha destinato milioni di euro alla multinazionale belga, per produrre Aquivion, poi che nel 2019, Solvay speciality polymers ha depositato al ministero la richiesta di finanziamenti  (inizialmente 22millioni di euro) per il suo nuovo piano industriale, (denominato “Progetto per sviluppo di materiale per celle a combustibile e batterie a flusso con realizzazione di impianto pilota”) sfruttando abilmente  l’enorme contenitore finanziario  “Green Deal” della Comunità Europea  a incentivare l’energia pulita, prodotta cioè da fonti rinnovabili, dunque dall’idrogeno verde.

E così la Regione Piemonte ha prelevato i soldi dal “Bilancio di previsione finanziario 2023-2025” destinandoli a Solvay invece che al piano di monitoraggio che dovrebbe -lo chiediamo da anni- cercare i Pfas nel sangue della popolazione alessandrina. E il sindaco taglia nastri, applaude entusiasta e inaugura sculture luminose (clicca qui).

Anche i docenti sono rimasti a bocca aperta. Eppure una delle prime pubblicazioni sul nuovo ovvero vecchio Aquivion risale addirittura al 2013 e porta la firma, tra gli altri, di Luca Merlo di Solvay, con sede a Bollate. A riguardo scrivemmo: “A Bollate il nuovo laboratorio ‘Dry Room’ per batterie al litio, nell’ambito di ricerca, sviluppo e commercializzazione di polimeri speciali utilizzati nella fabbricazione di batterie al litio, è in stretta sinergia operativa con lo stabilimento produttivo Solvay di Spinetta Marengo”. (Per inciso: i Pfas di Bollate (città metropolitana di Milano) l’Arpa e Greenpeace li ritrova sparsi in Lombardia).

Considerazione finale. Avevamo scritto: “Solvay strumentalizza gli studenti” ma, assai più grave, “Solvay strumentalizza i docenti”, partendo dal finanziamento e dall’asservimento dell’Università di Alessandria. 

Venghino signori venghino.

Venghino signori venghino ad ammirare un’oasi di belvedere e  benestare.

E se davanti ai cancelli si presenterà un picchetto di contestatori come si faceva ai tempi del sindacato? Con uno stuolo di poliziotti come si usa adesso?

L’appuntamento a Spinetta Marengo è per sabato 15 giugno alle ore 10, quando Solvay (per gli amici giornalisiti: Syensqo) intende “aprire i cancelli ad un tour by bus per compiere un viaggio lungo tutto il perimetro dello stabilimento con l’alternanza di semplici fermate e vere e proprie visite in campo durante le quali saranno raccontate le produzioni e la vita in stabilimento da parte del team Syensqo”.  “L’iniziativa ‘Fabbriche aperte’ si inserisce nel nostro percorso di ascolto e dialogo con la comunità locale”: premi  cotillon e finanziamenti a scuole e università ecc. (A far da sponda sia a Spinetta che a Bollate è il Rotary Club, società di mutuo soccorso per ricchi ignoranti).  

Da indiscrezioni, non è previsto che le sirene di allarme siano sostituite dalle note del dottor Dulcamara in  “Elisir d’amore” di Gaetano Donizetti, né che  il tour sconfini fino agli scarichi di schiume Pfas in Bormida, né che il bus sia guidato dal sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, qualora impegnato a redigere l’ordinanza di chiusura delle produzioni, a prescindere dal ripetersi delle ganasce alle ruote da parte di Greenpeace come nel 1992 (11 novembre 1992, mentre l’azienda sta provando a licenziare Gianni Spinolo e Lino Balza).

Chi e come può fermare Solvay.

Solvay ricorda quel serial killer o stupratore che neppure cerca più di nascondersi, come a invocare fermatemi voi chè io non sono più capace. Oppure abilmente ripete tante volte il misfatto finchè non fa più notizia, i giornali ne parlino sempre meno e non più, continuando così indisturbata.  Sta di fatto che per ora  i giornali fotografano le schiume di Pfas scaricate in Bormida, i cittadini fiutano Pfas nell’aria e dai pozzi dell’acquedotto, ma il sindaco di Alessandria non ferma le produzioni di Spinetta Marengo.

L’ennesima cronaca informa che ad aprile e maggio l’Arpa ha analizzato i  pfas ADV e C6O4 (brevetto Solvay) neppure rispettosi della generosa autorizzazione AIA della complice Provincia, che per l’ennesima volta non interverrà al pari del sindaco. Se ne occuperà l’autorità giudiziaria? Forse, ma quando sarà a regime il nuovo processo penale, forse entro un anno. Oppure bloccherà il colosso chimico una azione civile inibitoria e risarcitoria.

 Quest’ultima opzione non la si legge ancora definitivamente valutata dal ComitatoStopSolvay: “Non ci stupisce sapere che Solvay-Siensqo continua a sversare i suoi veleni ovunque, ma ci  preoccupa il silenzio dei  tanti, troppi, che  continuano a girarsi dall’altra parte. Ci preoccupa pensare che il nostro sangue, la nostra terra, il nostro futuro convive con i veleni di una multinazionale che usa un territorio e chi lo vive come una discarica. Finché avremo voce ribadiremo che un secolo di morti e veleni possono bastare, e che l’unica soluzione a questo disastro sono la chiusura e la bonifica.

Solvay strumentalizza anche gli studenti.

Nella foto riconosciamo Andrea Diotto, direttore imputato nell’attuale processo in Alessandria per disastro ambientale reiterato (e il nuovo direttore che noi candidiamo per il prossimo). 

Clicca qui “Il Corriere Nazionale”.

Diotto, appena promosso ad alto incarico, si mostra molto “pacioccoso” dopo aver lasciato la dirigenza dello stabilimento, non turbato per la vicenda giudiziaria, e immedesimato nel suo ruolo di sponsor della Solvay di Spinetta Marengo.

Dopo il finanziamento all’Università di Alessandria, l’attenzione sui media della multinazionale belga infatti  prosegue con l’Istituto Volta di Alessandria, che  si è aggiudicato il Primo premio assoluto nell’ambito del progetto “Idrogeno al Quadrato”. Il premio, specifica la “velina”, è organizzato dal Rotary Club di Alessandria, presieduto dall’ingegnere Andrea Diotto, in collaborazione con l’azienda Solvay, presieduta dall’ingegnere Andrea Diotto. Coincidenze casuali.

“La sinergia con i partner del nostro territorio conferma il valore di una progettualità che aiuta a crescere gli studenti con uno sguardo concreto verso le urgenze del futuro davvero più impellenti, tra cui la ricerca di azioni davvero volte alla tutela dell’ambiente” ha sottolineato la dirigente scolastica Maria Elena Dealessi, nella foto, prendendo appunto a riferimento la tutela dell’ambiente  che emerge dai capi di imputazione del processo in corso.

SCIENZA MEDICINA ISTITUZIONI POLITICA SOCIETA’ informa.

Al bando dei Pfas in Italia dobbiamo provvedere noi con una iniziativa dal basso” di editor 17 Maggio 2024

di RETE Ambientalista Dunque, al bando dei Pfas in Italia dobbiamo provvedere noi con una iniziativa dal basso: con una azione inibitoria popolare, una class action giudiziaria, che imponga la chiusura immediata  delle produzioni Pfas inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo, l’unica produttrice di Pfas in Italia. Si tratta di… Leggi tutto » https://smips.org/2024/05/17/al-bando-dei-pfas-in-italia-dobbiamo-provvedere-noi-con-una-iniziativa-dal-basso/

CIVG informa.

Speciale “PFAS”. APRILE 2024

Rete Ambientalista

Ricatto occupazionale per mascherare una serrata programmata.

2024. Solvay: o vi tenete i Pfas oppure licenzio.: Ilham Kadri, la presidentessa di Solvay (SyensQo), minaccia di chiudere lo stabilimento di Spinetta Marengo se la si disturba troppo per il disastro eco sanitario di Alessandria, di cui i Pfas sono la punta dell’iceberg.

In realtà, sta solo prendendo tempo almeno fino al 2026, perché  ha già programmato da tempo il trasferimento delle produzioni Solexis: Solvay di Spinetta Marengo trasferita in Cina.

Per ora, dunque non molla. Salvo incidenti. Quelli dell’ultima ora…

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Speciale PFAS 1. I forever chemicals.

Cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili. I PFAS sono denominati “forever chemicals”, inquinanti eterni, perché non si degradano nel tempo ma restano indistruttibili. Si disperdono in natura e hanno invaso ogni angolo del globo: dalle vette remote più incontaminate fino ai poli, dagli animali marini come i cetacei a ecosistemi lontani dalle attività dell’uomo, dalla pioggia fino all’acqua di rubinetto delle nostre case.

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Greenpeace riafferma le responsabilità di Governi e Regioni.

Importante, a complemento  del Dossier “Pfas. Basta!” (già oltre 800 pagine) che il “Movimento di Lotta per la salute Maccacaro” sta componendo giorno per giorno dagli anni ’90, è l’inchiesta presentata da Greenpeace “La contaminazione da Pfas in Italia”, basata sui dati Ispra raccolti tra il 2019 e il 2022 (clicca qui https://ilmanifesto.it/mettere-al-bando-i-pfas-lappello-di-greenpeace-alla-camera ) che dimostra quella verità inquietante che abbiamo denunciato e documentato in questi anni: la contaminazione da Pfas è presente in tutte le Regioni dove sono state effettuate le discontinue e  frammentarie  indagini Arpa nei corpi idrici (fiumi, laghi e acque sotterranee). Ma è ancora più  vergognoso che nella maggioranza delle Regioni siano stati niente affatto effettuati monitoraggi dalle Arpa, per responsabilità delle Amministrazioni locali in complicità con i Governi: tutti consapevoli – soprattutto dopo i casi emblematici della Miteni di Trissino e della Solvay di Spinetta Marengo- della portata  dell’avvelenamento  ambientale e sanitario dei Pfas nel mondo e in Italia. 

Altra delusione dai Cinquestelle.

Il 28 maggio si è tenuta una iniziativa elettorale dei Cinquestelle ospitata nella coreografia parlamentare di San Macuto Roma, di fronte ad una platea di Greenpeace, Presa diretta, Isde, Università, CNR-IRSA, Comitati, giornalisti, eccetera.

A Sergio Costa, vice presidente della Camera dei deputati, che ha presieduto l’iniziativa, avevamo chiesto: 1) Una autocritica  in de-merito del suo operato del 2020, quando era Ministro dell’Ambiente e in quella strategica veste aveva  preso solenne impegno di fonte alle MammeNoPfas “incazzate”, di abbassare i limiti dei PFAS a ZERO.  Invece non se ne fece niente.  2) Un’autocritica dei Cinquestelle  per aver insabbiato in Parlamento, insieme agli altri partiti, il Disegno di Legge per la messa al bando dei Pfas in Italia, pur  presentato dal  senatore (Mattia Crucioli) del suo stesso partito (e concordato con comitati e associazioni).

Ebbene. All’autocritica Costa ha preferito l’autocelebrazione elettoralistica. Soprattutto, gli impegni concreti per Giuseppe Conte costituiranno a) in una Mozione d’aula che chieda ai parlamentari si o no ai Pfas, b) nel recupero del Collegato ambientale di quando era al governo Conte, c) nella promessa che quando i Cinquestelle torneranno al governo presenteranno  un disegno di legge sui Pfas (quale? quello di Crucioli? non si sa).

Insomma. Considerato che la Mozione è acqua fresca, la sognata caduta del governo Meloni fra cinque-dieci anni, ad essere ottimisti,  lascerebbe comunque malati e morti di Alessandria ad ammalarsi e morire per altri cinque-dieci anni, ad essere ottimisti.  

Ad evitare questa tragedia c’è una sola via di uscita: che una azione inibitoria e risarcitoria obblighi -ora, subito- Solvay di Spinetta Marengo (AL) a fermare le produzioni inquinanti. Ma i Cinquestelle non hanno annunciato di partecipare all’azione giudiziaria. Andremo avanti noi con chi ci sta.

Clicca la foto per vedere il video delle mamme incazzate.

I Pfas nella Settimana mondiale della tiroide.

Cancro alla tiroide

Le malattie tiroidee derivano da fattori genetici e comportamentali ma anche ambientali. Infatti gli studi scientifici accendono di frequente i riflettori sul ruolo chiave che svolgono i Pfas sulle patologie connesse ad alterazioni ormonali: obesità, diabete, malattie della tiroide, ipotiroidismo giovanile, infertilità, osteoporosi ecc, oltre che  nel cancro e in oltre 400 malattie rare. Cioè, i livelli degli ormoni oscillerebbero semplicemente  in base all’età e al tipo di alimentazione, se, contro natura, non fossero aggrediti dall’avvelenamento da Pfas.

Per l’associazione tra Pfas e tumore della tiroide, in particolare il carcinoma papillare, è incontrovertibile lo studio caso-controllo multicentrico (Usa, Olanda, Israele), pubblicato nel 2023, e replicato dai ricercatori dell’Icahn Scool of Medicine at Mount Sinai di New York.

Questa è la situazione già ampiamente verificabile nei dati epidemiologici dei pazienti colpiti dall’avvelenamento da Pfas nelle aree venete e piemontesi ad opera rispettivamente della Miteni di Trissino e della Solvay di Spinetta Marengo.

L’occasione per focalizzare il ruolo dei Pfas sarà nel corso della “Settimana mondiale della tiroide” che si celebrerà a partire dal 20 maggio e si concluderà il 25 maggio, in occasione della “Giornata Mondiale della tiroide”.

L’iniziativa è patrocinata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e promossa dalle principali società scientifiche endocrinologiche, mediche e chirurgiche, quali Associazione Italiana della Tiroide (AIT), Associazione Medici Endocrinologi (AME), Società Italiana di Endocrinologia (SIE), Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), Società Italiana Unitaria di Endocrino Chirurgia (SIUEC), Associazione Italiana Medicina Nucleare (AIMN), European Thyroid Association (ETA), insieme a CAPE Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini e sostenuta con un contributo incondizionato da parte di Eisai, IBSA Farmaceutici e Merck Serono».

Il sindaco non chiude, chiudiamola noi.

Schiume nel Fiume Bormida in prossimità dello scarico del Polo Chimico di Spinetta Marengo: l’intervento di Arpa

17 maggio 2024 Arpa Piemonte è stata allerta nella tarda mattinata di oggi, 17 maggio 2024, per la presenza di schiume nel Fiume Bormida in prossimità dello scarico del Polo chimico di Spinetta Marengo (AL). I tecnici dell’Agenzia sono tempestivamente intervenuti per gli accertamenti del caso, procedendo anche al prelievo di alcuni campioni delle schiume che saranno analizzati nei laboratori di Arpa. L’intervento, alle ore 14.20, è ancora in corso.

L’Arpa avverte l’ennesima onda di Pfas scaricata da Solvay nel fiume Bormida. Anche questa volta il sindaco non provvederà, come dovrebbe quale massima autorità sanitaria locale, a emettere l’ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti. Dunque dobbiamo provvedere noi.

Dunque, al bando dei Pfas in Italia dobbiamo provvedere noi con una iniziativa dal basso: con una azione inibitoria popolare, una class action giudiziaria, che imponga la chiusura immediata  delle produzioni Pfas inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo, l’unica produttrice di Pfas in Italia. Si tratta di tagliare la testa al toro, agire alla radice per estirpare la ramificazione velenosa, eliminare le produzioni a monte per eliminare a valle l’uso dei Pfas ormai onnipresenti in tutte le industrie nazionali. Senza questa chiusura immediata, occorre rassegnarsi alle morti e alle malattie in Italia, che, come per l’amianto, si protrarranno per decenni: clicca qui.

Invitiamo tutti, singoli, movimenti, associazioni, a comunicare  a questo indirizzo lino.balza.2019@gmail.com l’adesione a questa iniziativa di class action.

Il nuovo processo non fermerà Pfas e Solvay

Clicca qui l’intervista di Lino Balza a BuZz.

Dunque, al bando dei Pfas in Italia dobbiamo provvedere noi con una iniziativa dal basso: con una azione inibitoria popolare, una class action giudiziaria, che imponga la chiusura immediata  delle produzioni Pfas inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo, l’unica produttrice di Pfas in Italia. Si tratta di tagliare la testa al toro, agire alla radice per estirpare la ramificazione velenosa, eliminare le produzioni a monte per eliminare a valle l’uso dei Pfas  ormai onnipresenti in tutte le industrie nazionali. Il Movimento di lotta per la salute Maccacaro, la nostra Lista è disponibile per sostenere questa  ambiziosa iniziativa. Quanti dei 40mila che da anni ci seguono, soprattutto quanti Movimenti, quante Associazioni, sono disponibili?

Senza questa chiusura immediata, occorre rassegnarsi alle morti e alle malattie che, come per l’amianto, si protrarranno per decenni. Restare cioè in attesa dell’approvazione europea della aleatoria proposta di restrizione dopo il 2027, ovvero con deroghe da cinque a dodici anni  per non so quanti settori industriali.

Rassegnarsi cioè a un Parlamento che non metterà mai al bando i Pfas, avendo già ibernato nella passata legislatura il disegno di legge (ex senatore Crucioli) che avrebbe vietato  la lavorazione, l’uso, la commercializzazione, il trattamento e lo smaltimento, nel territorio nazionale, delle sostanze poli e perfluoroalchiliche (PFAS) e dei prodotti che le contengono; e dettando  norme per la loro dismissione dalla produzione e dal commercio, per la cessazione dell’importazione, dell’esportazione e dell’utilizzazione dei PFAS e dei prodotti che li contengono, per la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall’inquinamento,  per la ricerca finalizzata alla individuazione di materiali sostitutivi, alla riconversione produttiva e per il controllo sull’inquinamento da PFAS.

Rassegnarsi cioè alla famiglia Pfas di circa diecimila composti chimici di sintesi, ampiamente utilizzati dalle industrie per conferire proprietà resistenti, idrorepellenti, antifiamma, a una infinità di prodotti di largo consumo, imballaggi alimentari, carta forno, filo interdentale, cosmetici, capi di abbigliamento, schiume antincendio, rivestimenti metallici, antiaderenti per padelle, creme e cosmetici, vernici e fotografia, cromatura, pesticidi, prodotti farmaceutici eccetera.

Rassegnarsi cioè ai forever chemicals: indistruttibili che non si degradano mai nell’ambiente, attraverso il rilascio di acque reflue industriali, nonché emissioni nell’aria da siti di produzione industriale seguite dalla deposizione sul suolo e sui corpi idrici, attraverso impianti di trattamento delle acque reflue  urbane e i fanghi, insomma  che possono attraverso l’aria, l’acqua penetrare nelle falde acquifere fino ad arrivare nei campi, nei prodotti agricoli e quindi all’interno dei nostri organismi dove si accumulano.

Rassegnarsi cioè ad assumere questi tossici e cancerogeni dall’aria attraverso la pelle e i polmoni, dall’acqua potabile, nel cibo della catena alimentare, bestiame allevato su terreni contaminati, carne, latte, uova; ma anche tramite creme e cosmetici per la pelle o tramite l’aria proveniente da spray e polvere proveniente da tessuti rivestiti con Pfas, ma anche attraverso pavimenti, legno, pietra e prodotti per la lucidatura e la pulizia delle automobili, ma anche tramite  farmaci e nelle apparecchiature mediche, eccetera.

Rassegnarsi cioè a questi composti correlati alle più perniciose patologie:  alterazioni endocrine, impatto sul sistema immunitario, danno epatico e problemi al sistema riproduttivo, steatosi e insufficienza epatica, alterazioni nei livelli di ormoni tiroidei e sessualiridotta qualità del seme negli uomini, sterilità, aumento del rischio di parto prematuro e del ritardo nella crescita fetale e di sviluppo, vari tipi di tumore, colesterolo, diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, immunotossicità, suscettibilità alle infezioni, eccetera.

Altri pozzi di acquedotto chiusi ad Alessandria per i Pfas. Ma l’Asl fa il gioco di Solvay.

Continuano ad essere campionati i Pfas tossici a cancerogeni nei territori della  provincia di Alessandria raggiunti dagli inquinamenti terra-aria-acqua della Solvay di Spinetta Marengo. Per quanto riguarda le acque potabili, in premessa occorre ricordare che l’ASL protegge Solvay  adottando  “limiti di quantificazione” (LQ) estremamente elevati (LQ = 40 ng/l) piuttosto che i  4 ng/l degli Stati Uniti, a tacere LQ = 0,5 ng/l tecnicamente adottabile.

Dopo i pozzi  privati chiusi nel Comune di Alessandria dentro e fuori lo stabilimento, dopo la chiusura dell’acquedotto del Comune di Montecastello, mentre allarmano  le analisi  su dieci pozzi dell’acquedotto di Alessandria, mentre il Bormida è inondato da masse di schiume, mentre traboccano  di schiuma le vasche di raccolta dentro lo stabilimento, mentre l’azienda addirittura è costretta a fermare un reattore dell’impianto più importante, mentre perfino la complice Provincia è costretta a fingersi minacciosa con una ordinanza di bonifica,

ebbene, arriva la chiusura di altri due pozzi che riforniscono l’acqua potabile. Questa volta tocca al Comune di   Alluvioni – Piovera.

Questo Comune era già nell’occhio del ciclone essendo fra quelli (Montecastello, Cassine, Castellazzo Bormida, Frascaro, Sezzadio, Basaluzzo, Bosco Marengo, Capriata d’Orba, Frugarolo, Castelspina, Casal Cermelli) i cui abitanti sono risultati nel sangue avvelenati dai Pfas C6O4 e ADV a seguito del “mini monitoraggio sperimentale” della Regione Piemonte.

Ebbene, il sindaco di Piovera, Gian Piero Borsi, già dipendente del polo chimico con particolari funzioni di interfaccia con le istituzioni locali, pur essendo da settimane a conoscenza del provvedimento sull’acquedotto adottato di soppiatto da Amag,

ebbene, non ha presentato il Comune quale parte offesa nel procedimento penale appena avviato qualche giorno fa contro Solvay. Lo si accosta  così al sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, accusato di omettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti nella sua veste di massima autorità sanitaria locale.

DENUNCIAMO INOLTRE, a fronte dello stupore -anche finto- alla notizia, che la chiusura dei pozzi dell’acquedotto di Piovera Alluvioni Cambiò avrebbe dovuto adottarsi   assai prima:  essendo causata dai risultati delle misure dei Pfas nelle acque potabili condotte da Amag nel 2023;  ed è basandosi su tali dati, resi pubblici sul sito del comune di Alessandria nel febbraio 2014, che si può affermare che non si tratta di “tracce” di pfas , come riportato nel  comunicato amag  ma di quantità consistenti.

DENUNCIAMO che i dati mostrano il superamento dei limiti vigenti per il Pfoa e dei limiti che entreranno in vigore nel 2026 per la sommatoria di Pfas nei Comuni di Piovera, Guazzora ed Alzano Scrivia (da 140 a 190 ng/l). Denunciamo la mancata chiusura dei pozzi dell’acquedotto di Alzano Scrivia, Guazzora e Alzano Scrivia.

DENUNCIAMO  che nella relazione ASL che riporta i dati del monitoraggio eseguito nelle reti idriche dei comuni alessandrini non figurano “inspiegabilmente” i dati relativi all’ acqua potabile distribuita nel capoluogo, quella cioè che utilizzano l’80% degli abitanti del Comune di Alessandria.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Tutto il mondo ambientalista si accomuna –per il polo chimico di Spinetta Marengo-  alle richieste di riduzione immediata dei limiti di accettabilità e alla fermata degli impianti inquinanti, nonché di messa al bando in Italia della produzione e dell’uso dei Pfas.  

Per queste denunce ci riferiamo anche allo studio di Claudio Lombardi, all’epoca assessore all’ambiente del Comune di Alessandria. Clicca qui la sua intervista al TG3.

DEVASTAZIONE PFAS, 4mila morti in Veneto, zero in Piemonte.

Zero in Piemonte, perchè la Regione -complice della Solvay di Spinetta Marengo–  non li ha mai voluti conteggiare: non effettuando nessun monitoraggio del sangue della popolazione della “area rossa” dell’alessandrino e dunque lasciando scollegati gli eccessi di mortalità emersi dalle indagini epidemiologiche.

4mila in Veneto, secondo  la ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Environmental Health condotta dal prof. Annibale Biggeri assieme al suo team dell’ Università di Padova, in collaborazione con il Registro Tumori dell’Emilia – Romagna, il Servizio Statistico dell’Istituto Superiore di Sanità, sulla mortalità da Pfas 1985-2018 della popolazione più colpita dalla Miteni di Trissino: 30 comuni della cosiddetta “Area Rossa”, nelle province di Vicenza, Padova e Verona, dove le sostanze Pfas sono state rilevate in concentrazioni preoccupanti nelle acque superficiali, sotterranee e potabili, avvelenando circa 350mila persone.

In particolare è stata dimostrata un’associazione causale tra l’esposizione PFAS e rischio elevato di morte per malattie cardiovascolari, aumento del rischio di insorgenza di malattie tumorali al diminuire dell’etàtra cui cancro del rene e ai testicoli, Pfas dal sangue materno al feto durante la gravidanza e l’allattamento ecc. Lo studio conclude avvertendo: “Queste drammatiche evidenze scientifiche sottolineano che il Piano di Sorveglianza Sanitaria non basta:  non esistono più scuse per ritardare ulteriormente l’avvio dello Studio di Coorte, deliberato dalla Regione del Veneto già nel 2016, ma mai iniziato.” (Piano di sorveglianza sanitario e Studio di coorte sono assenti nel vocabolario sanitario del Piemonte). 

Infine, gli scienziati sono perentori: “Questo nuovo studio conferma ulteriormente il livello di tossicità di queste sostanze, che ormai sono presenti ovunque, dall’aria, all’acqua, a quello che mangiamo. Pertanto sosteniamo con forza la necessità di bandire la produzione e l’utilizzo delle Pfas, come intera classe si sostanze, a livello globale.

La Provincia principale (involontaria) teste di accusa contro Solvay.

Le Amministrazioni locali che storicamente hanno sempre fatto da copertura alle malefatte dei padroni (ieri Montedison oggi Solvay ) del polo chimico di Spinetta Marengo (Alessandria), in questo periodo, sotto la pressione della nostra campagna di contestazione (soprattutto: “messa al bando dei Pfas”) e in fibrillazione per le competizioni elettorali (europee e regionali), stanno facendo finta di prendersela con Solvay.

La Regione Piemonte, invece di acconsentire al rivendicato monitoraggio del sangue a tutta la popolazione provinciale a rischio di Pfas, annuncia la finzione di un minibiomonitoraggio riservato a un centinaio di persone pescate il più lontano possibile dall’epicentro industriale (clicca qui).

Il Sindaco di Alessandria, invece di fermare con una ordinanza le produzioni di Solvay, fa finta di promuovere gli esami del sangue… annunciando uno stanziamento di pochi euro (clicca qui).

La Provincia di Alessandria, da noi contestatissima per aver rilasciato a Solvay spensierati rinnovi di autorizzazioni AIA di produzioni inquinanti (magari scadute e con effetto retroattivo), ha fatto scoppiare sopra la multinazionale belga un fuoco d’artificio che voleva essere innocuo: un poco di rumore e fumo. Però il maldestro candidato alla poltroncina  regionale ha trascurato che i fuochi pirotecnici producono quattro “effetti primari”: luce, rumore, fumo, e materiale di combustione in ricaduta. Fuor di metafora, con una inedita ordinanza la Provincia intima a Solvay e Edison (ex Montedison) di provvedere -pro quota- a bonifica e ripristino ambientale dei terreni e delle acque sotterranee attorno al polo chimico: tutti pacificamente consapevoli che Solvay giocherà la partita tra le mura di casa di Tar e Consiglio Stato tramite ricorso all’ordinanza, dunque pareggiando e vincendo dopo i lunghissimi tempi supplementari. Edison a sua volta li raddoppierà.

Fumo e rumore per nulla, dunque? Fino ad un certo punto. L’ordinanza sarà nel processo in corso impugnata dalla Procura e dal Ministero dell’Ambiente come testimonianza della Provincia a  prova dei capi di accusa. Infatti, l’ordinanza arriva capillarmente a stabilire le quote di  inquinamento per ciascun impianto e linea produttiva e relativi effetti dentro e fuori la fabbrica, e perfino le percentuali di responsabilità di ogni sostanza inquinante, dall’incontenibile cromo esavalente al pfas C6O4 beniamino di Solvay.

Solvay Gambadilegno.

In una retata la polizia rinvenne una gamba di legno imbottita di droga; uno degli arrestati si difese strenuamente: “Non è la mia”. La Solvay, per voce del direttore Stefano Colosio, nega: “Le schiume nel Bormida non dipendono dall’azienda”. Lo spacciatore era l’unico privo di una gamba. Solvay è l’unica che usa lo scarico (di Pfas) nel fiume. 

Pfas nelle acque potabili del Piemonte.

Come evidenzia  la mappa pubblicata da Greenpeace Italia, secondo i dati degli enti pubblici, 125 mila piemontesi potrebbero aver bevuto acqua contaminata dai cancerogeni Pfas. In questa regione ha sede l’unica produzione ancora attiva di questi composti in Italia: il polo chimico di Solvay Specialty Polymers a Spinetta Marengo, nel comune di Alessandria. Si tratta di uno stabilimento che è noto da tempo per essere la principale fonte di contaminazione del bacino del Po. 
 
Clicca qui il report di Greenpeace. 

Altri pozzi di acquedotto chiusi ad Alessandria per i Pfas. Ma l’Asl fa il gioco di Solvay.

Continuano ad essere campionati i Pfas tossici a cancerogeni nei territori della  provincia di Alessandria raggiunti dagli inquinamenti terra-aria-acqua della Solvay di Spinetta Marengo. Per quanto riguarda le acque potabili, in premessa occorre ricordare che l’ASL protegge Solvay  adottando “limiti di quantificazione” (LQ) estremamente elevati (LQ = 40 ng/l)  piuttosto che i  4 ng/l degli Stati Uniti, a tacere LQ = 0,5 ng/l tecnicamente adottabile.

Dopo i pozzi  privati chiusi nel Comune di Alessandria dentro e fuori lo stabilimento, dopo la chiusura dell’acquedotto del Comune di Montecastello, mentre allarmano  le analisi  su dieci pozzi dell’acquedotto di Alessandria,  mentre il Bormida è inondato da masse di schiume, mentre traboccano  di schiuma le vasche di raccolta dentro lo stabilimento, mentre l’azienda addirittura è costretta a fermare un reattore dell’impianto più importante, mentre perfino la complice Provincia è costretta a fingersi minacciosa con una ordinanza di bonifica,

ebbene, arriva la chiusura di altri due pozzi che riforniscono l’acqua potabile. Questa volta tocca al Comune di Alluvioni – Piovera.

Questo Comune era già nell’occhio del ciclone essendo fra quelli (Montecastello, Cassine, Castellazzo Bormida, Frascaro, Sezzadio, Basaluzzo, Bosco Marengo, Capriata d’Orba, Frugarolo, Castelspina, Casal Cermelli) i cui abitanti sono risultati nel sangue avvelenati dai Pfas C6O4 e ADV a seguito del “mini monitoraggio sperimentale” della Regione Piemonte.

Ebbene, il sindaco di Piovera, Gian Piero Borsi, già dipendente del polo chimico con particolari funzioni di interfaccia con le istituzioni locali, pur essendo da settimane a conoscenza del provvedimento sull’acquedotto adottato di soppiatto da Amag, ebbene, non ha presentato il Comune quale parte offesa nel procedimento penale appena avviato qualche giorno fa contro Solvay. Lo si accosta  così al sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, accusato di omettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti nella sua veste di massima autorità sanitaria locale.

DENUNCIAMO INOLTRE, a fronte dello stupore -anche finto- alla notizia, che la chiusura dei pozzi dell’acquedotto di Piovera Alluvioni Cambiò avrebbe dovuto adottarsi   assai prima: essendo causata dai risultati delle misure dei Pfas nelle acque potabili condotte da Amag nel 2023; ed è basandosi su tali dati, resi pubblici sul sito del comune di Alessandria nel febbraio 2014, che si può affermare che non si tratta di “tracce” di pfas , come riportato nel comunicato amag ma di quantità consistenti.

DENUNCIAMO che i dati mostrano il superamento dei limiti vigenti per il Pfoa e dei limiti che entreranno in vigore nel 2026 per la sommatoria di Pfas nei Comuni di Piovera, Guazzora ed Alzano Scrivia (da 140 a 190 ng/l). Denunciamo la mancata chiusura dei pozzi dell’acquedotto di Alzano Scrivia, Guazzora e Alzano Scrivia.

DENUNCIAMO  che nella relazione ASL che riporta i dati del monitoraggio eseguito nelle reti idriche dei comuni alessandrini non figurano “inspiegabilmente” i dati relativi all’ acqua potabile distribuita nel capoluogo, quella cioè che utilizzano l’80% degli abitanti del Comune di Alessandria.

Per queste denunce ci riferiamo anche allo studio di Claudio Lombardi, all’epoca assessore all’ambiente del Comune di Alessandria. (Clicca qui). Tutto il mondo ambientalista si accomuna –per il polo chimico di Spinetta Marengo-  alle richieste di riduzione immediata dei limiti di accettabilità e alla fermata degli impianti inquinanti, nonché di messa al bando in Italia della produzione e dell’uso dei Pfas.  

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Pfas anche nell’acquedotto di Alessandria.

Continuano ad essere campionati i Pfas nei territori della provincia di Alessandria raggiunti dagli inquinamenti terra-aria-acqua della Solvay di Spinetta Marengo.

Nel capoluogo, insieme ai Pfas della centralina Arpa dell’Istituto Volta, le analisi di Asl su dieci pozzi dell’acquedotto di Alessandria hanno riscontrato valori sensibili di Pfas. L’Asl è abbastanza reticente a informare su queste novità: si trincera dietro i regolamenti per non riferire l’ubicazione precisa dei pozzi, nè precisare se trattasi di Pfoa o C6O4 e/o altri Pfas, e per rassicurare genericamente sulla potabilità dell’acqua. Potrebbe trattarsi di pozzi che pescano dalla falda superficiale. Se non è già avvenuto, però dalla falda superiore i Pfas sono inevitabilmente destinati, nel prosieguo dell’inquinamento, a scendere nella falda profonda avvelenando gli altri pozzi.

Nel contempo, abbondano spettacolari  masse di schiume Pfas sulla Bormida in corrispondenza dello scarico Solvay, mentre all’interno dello stabilimento l’Asl accorre riscontrando campionamenti di schiuma nelle vasche che raccolgono le acque tecnologiche e le acque provenienti dal trattamento chimico-fisico-biologico; e addirittura ferma  il reattore e la linea E dell’impianto Tecnoflon, il più importante dello stabilimento.

Nel contempo, sono emblematici i risultati di C6O4 e ADV nel sangue scaturiti dal “mini monitoraggio sperimentale” della Regione Piemonte, molto mini e molto sperimentale -oltre che con decenni di ritardo- in quanto limitato a 127 persone -volutamente- pescate lontano dal polo chimico Solvay del sobborgo Spinetta Marengo di Alessandria, ovvero nei Comuni di  Montecastello, Cassine, Castellazzo Bormida, Frascaro, Sezzadio, Basaluzzo, Bosco Marengo, Capriata d’Orba, Frugarolo, Castelspina, Casal Cermelli.

Nel contempo,  il sindaco di Alessandria, anche questa volta, di fronte a tante drammatiche risultanze,  e malgrado tutte le  nostre contestazioni, 

non ha alcuna intenzione di emanare, come gli competerebbe quale massima autorità sanitaria locale, ordinanza di fermata delle produzioni: decisione che vorrebbe rifilare alla complicità di Regione e Provincia.

Solvay nasconde il C6O4 dietro il dito della Regione.

Solvay  lo contrabbanda, il pfas C6O4, di cui ha la sciagurata autorizzazione a Spinetta Marengo, come “un fluorotensioattivo di nuova generazione che non è biopersistente e non è bioaccumulabile, meno tossico e cancerogeno del pfas Pfoa”. Il prof. Carlo Foresta, emerito dell’Università di Padova di Endocrinologia, ancora una volta interviene a contestare Solvay: “Il C6O4 per alcune condizioni crea più problemi dei Pfoa, è ancora più pericoloso”. Foresta ha studiato le conseguenze drammatiche dei Pfas nella popolazione giovanile dell’area rossa, tra le province di Vicenza e Padova, sottoposta a screening in seguito al più grave inquinamento da Pfas riconosciuto in Europa che coinvolge 350 mila veneti. Foresta sa di quello che parla.

Parla lo stesso linguaggio l’esito del mini  biomonitoraggio affidato  dalla Regione Piemonte all’Asl di Alessandria che ha messo in luce che una persona su due campionata ha tracce di Pfas nel sangue, nonché l’esito delle analisi Asl con la presenza di Pfas in 10 pozzi dell’acquedotto di Alessandria.

Eppure Solvay si difende. Come può, e soprattutto come sa fare. Con la mistificazione, tramite la compiacenza dei giornali. Addirittura cerca di nascondersi dietro il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Piemonte. Il quale  ha respinto il ricorso di Legambiente all’autorizzazione (AIA) del febbraio 2021, concessa dalla Provincia di Alessandria a Solvay (oggi Syensqo) per l’estensione della produzione e l’uso di C6O4. Il fatto in sé è la prevista quanta infausta legittimazione a Solvay di produrre C6O4 a Spinetta Marengo, ma niente affatto a diffonderlo nell’ambiente: ASSOLUTAMENTE SOLVAY NON E’ STATA AUTORIZZATA AD AVVELENARE (ANCHE) CON C6O4 IL TERRITORIO E IL SANGUE.

Tanto meno Solvay può far intendere che la Regione abbia rilasciato una sorta di patente eco sanitaria al C6O4, che è tossico e cancerogeno. Anzi, la Regione ha annotato: “Nella relazione del Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova, secondo cui il cC6O4 può entrare nella catena trofica di altri organismi fino all’uomo e attiva un meccanismo che potrebbe indurre un maggior rischio di eventi cardiovascolari, risulta sussistere la probabilità di un danno all’ambiente e alla salute scaturente dalle sostanze in questione, dove il concetto di probabilità (inteso come probabilità degli effetti nocivi), prescinde dalla necessità di ottenere prove scientifiche decisive e allude all’esistenza di documentazione del rischio sulla base di dati scientifici disponibili”.

Tranquilli, tra i Pfas il C6O4 è il meno cancerogeno.

Per decenni, fino a quando non è stato messo al bando internazionale, Solvay ha tenacemente mentito che il pfas PFOA  fosse né tossico né cancerogeno. Ora riafferma la menzogna anche per il pfas C6O4, suo brevetto esclusivo, che dallo stabilimento di Spinetta Marengo cosparge la provincia di Alessandria nell’atmosfera, nel suolo, nelle falde, in Bormida e Po. “Il C6O4” giura per placare gli animi “non è biopersistente, non è bioaccumulabile, possiede un profilo tossicologico e cancerogeno migliore”. Ovvero, come dice il suo direttore, “è poco cancerogeno”, come le sigarette: dipende dalla quantità. (Con la “piccola” differenza che il fumo è suicidio mentre i Pfas sono omicidio).

Gli indistruttibili Pfas sono massicciamente utilizzati in tantissimi i processi industriali, così i profitti stratosferici della multinazionale belga si scontrano di nuovo con le risultanze scientifiche internazionali: “Il  C6O4 altera in modo significativo, e per alcuni versi ancora maggiore del PFOA, i processi biologici”. L’ultima dimostrazione che si abbatte sulla menzogna, proviene  dalla  ricerca del  Dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione (BCA) e del  Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IRSA-CNR, Brugherio).

Lo studio pubblicato su Environmental International, una della più prestigiose riviste scientifiche di studi ambientali, si è concentrato  “sull’esposizione ai Pfas di una specie animale importante a livello ecologico: la vongola filippina (o vongola verace),  un organismo chiave per l’ecosistema lagunare anche in ragione del fatto che è un organismo filtratore e quindi accumula le sostanze presenti nell’acqua.  Può essere quindi considerato un organismo sentinella e le alterazioni, dopo l’esposizione al C6O4 osservate nell’espressione dei geni della vongola legati a processi biologici fondamentali come la risposta immunitaria, lo sviluppo del sistema nervoso o il metabolismo lipidico,  sono dati molto allarmanti, anche per la specie umana”.

 “Il fatto che questa sostanza venga usata senza nessun limite di legge assumendo che non abbia effetti sugli organismi esposti è chiaramente contraddetto dai dati sperimentali”: avvertono gli scienziati. Ma Solvay, unica produttrice di Pfas in Italia, nascondendosi dietro l’attuale assenza di regolamentazione sul suo utilizzo, resiste a fermare gli impianti C6O4 di Spinetta finchè obbligata -sulla spinta delle lotte dei Movimenti- dal governo, o dagli enti locali, o dalla magistratura.

E se i rubinetti fossero dotati di filtri Pfas?

Anche ipotizzando l’impraticabile (per scienza e costi), togliere i PFAS nel momento i cui è attinta l’acqua dal rubinetto non risolverebbe il problema della contaminazione globale: «Una volta rilasciati nell’ambiente, è incredibilmente difficile sbarazzarsene, se non impossibile» ha spiegato al New York Times David Andrews, scienziato dell’Environmental Working Group, organizzazione no-profit che si occupa di salute dell’uomo e del Pianeta. L’unica  soluzione è non usarli all’origine, non produrli, non lavorarli, metterli al bando in tutto il mondo.

Non rappresentano, infatti,  solo un immane inquinamento  attorno ai siti di produzione (esempio Solvay di Spinetta Marengo o Miteni di Trissino), dove la loro presenza nell’acqua del rubinetto è già stata dimostrata,  ma questi composti chimici industriali, resistenti ai maggiori processi naturali di degradazione e ormai onnipresenti nell’ambiente, stanno inquinando in modo pervasivo le fonti di acqua, inclusa quella potabile, anche in campioni idrici di falda o di superficie prelevati lontano dai siti notoriamente contaminati. La ricerca è stata pubblicata su Nature Geoscience.

La nuova analisi ha preso in considerazione circa 45.000 campioni di acqua raccolti e analizzati in quasi 300 studi precedenti sui PFAS condotti in varie parti del mondo (principalmente tra USA, Canada, Europa, Australia e la costa pacifica dell’Asia). Il 31% dei campioni di acqua di falda prelevati in siti che non si trovavano vicino a fonti note di contaminazione da PFAS è risultato comunque avere livelli di queste sostanze considerati “fuori soglia”, rispetto ai valori sicuri stabiliti dall’EPA, l’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti. Lo stesso discorso è valso per il 16% dei campioni di acqua di superficie (fiumi, torrenti, laghi, stagni) testati.

L’inquinamento da Pfas è ormai pervasivo perché i Pfas, grazie alle loro formidabili proprietà  idrorepellenti e oliorepellenti, sono ampiamente utilizzati nei prodotti industriali per aumentare la resistenza alle alte temperature, all’acqua e al grasso, e si trovano nei rivestimenti delle padelle antiaderenti, nel packaging di carta ad uso alimentare, in tappeti e prodotti di abbigliamento, nelle schiume antincendio, in vernici e pesticidi, cosmetici e prodotti farmaceutici eccetera; però, proprio per le loro caratteristiche chimiche permangono senza degradarsi nel suolo e nell’acqua, con devastanti  effetti sulla salute:   da alcuni tipi di tumori alle malattie della tiroide e del sistema endocrino, dall’ipertensione in gravidanza alle patologie dell’intestino.

Solvay inquina di Pfas i Comuni della provincia di Alessandria.

Sono emblematici i risultati del “mini monitoraggio sperimentale” della Regione Piemonte, molto mini e molto sperimentale -oltre che con decenni di ritardo- in quanto limitato a 127 persone -volutamente- pescate lontano dal polo chimico Solvay del sobborgo Spinetta Marengo di Alessandria, ovvero nei Comuni di  Montecastello, Cassine, Castellazzo Bormida, Frascaro, Sezzadio, Basaluzzo, Bosco Marengo, Capriata d’Orba, Frugarolo, Castelspina, Casal Cermelli.

La Regione, infatti, a complice copertura della multinazionale belga, evita le analisi del sangue di massa della popolazione alessandrina più vicina all’epicentro inquinante dello stabilimento, che pur il sindaco fa finta di reclamare. Perché sarebbero la “pistola fumante” dei danni provocati dall’azienda: già evidenziati dagli eccessi di patologie e morti  nelle indagini epidemiologiche, compresa la nostra con l’Università di Liegi precisamente mirata sui cancerogeni Pfas e allarmante.

Eppure i Pfas sono stati trovati nel sangue campionato dal minimonitoraggio, secondo la nota  della Regione pubblicata dal settimanale Il Piccolo: “Da una prima valutazione emerge un quadro relativamente tranquillizzante rispetto alla presenza dei Pfas storici la cui presenza risulta mediamente sotto la soglia dei 20 nanogrammi/millilitro, individuato dalle National Academies of Sciences (NAS) quale limite di attenzione. Tale limite viene invece superato in alcuni casi se alla sommatoria dei Pfas previsti dalla NAS si considera la presenza di ADV (miscela di congeneri con differenti caratteristiche per il quale non esistono limiti)”.

I micidiali ADV e C6O4 sono Pfas di brevetto esclusivo della Solvay: che li avrebbe dunque sparati in atmosfera a decine di chilometri di distanza da Spinetta Marengo, come già dimostrato avviene  nelle falde e in Bormida per queste sostanze, tossiche, cancerogene, indistruttibili.  

Vengono, infine, i brividi a leggere la “scrupolosità” espressa dalla Regione disponibile ulteriormente a monitorare  gli organi delle persone con il Pfas nel sangue: chi ha già  sviluppato o svilupperà un tumore a tiroide rene testicolo eccetera.  

Il sindaco allo scontro con Solvay di Spinetta Marengo?

Il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, improvvisamente “lancia in resta” contro Solvay e Regione Piemonte? Intende bloccare le produzioni inquinanti? Mettere i soldi per il monitoraggio del sangue della popolazione?

Leggiamo le dichiarazioni ai giornali, dopo l’ennesimo “tavolo tecnico”. Ho chiesto ad Asl e Regione se ci fossero i presupposti per emettere un’ordinanza a tutela della salute pubblica, ma gli enti preposti non hanno ravvisato che, al momento, vi siano le condizioni perché ciò accada”. Non specifica da chi, nome e cognome, per iscritto? avrebbe realmente? ricevuto questo parere: perché, comunque, trattasi di parere in quanto a lui, al sindaco, non ad altri, è demandato per legge il potere-dovere di emettere ordinanza di fermata degli impianti. Dunque, dire di aspettare che questa responsabilità gli arrivi da Enti ai quali non compete: è come affermare che lui non se la prenderà mai.  Come quando per il cloroformio che veniva su dalle cantine… consigliò di non scendere in cantina.

Leggiamo. “Sulla presenza dei Pfas nei dati nella centralina vicino all’Istituto Volta” davanti all’ospedale civile di Alessandria “Sono stati rilevati valori bassi” bassi? mai trovati prima!  “ che, però, occorre tenere sotto controllo. Abbiamo anche analizzato il problema delle matrici animali e vegetali commestibili. Ho chiesto agli enti se devo redigere una ordinanza precisa: al momento mi è stato risposto di no”. Quali Enti? per iscritto? nome e cognome? Ma anche in questi casi se ne è lavate le mani.

Leggiamo. “Per quanto riguarda il problema dell’acqua potabile, l’ASL ci ha rassicurato”. E così si accontenta di delegare “Ad Amag reti idriche di valutare l’opportunità di un campionamento straordinario nei pozzi della rete dell’acquedotto a Spinetta Marengo”? E degli altri pozzi.

Infine leggiamo. “Rispetto al biomonotoraggio,  il Comune è pronto a versare una cifra consistente per poter procedere alla terza fase dell’indagine epidemiologica. Aspettiamo di sapere come Asl vorrà proseguire e utilizzare queste risorse”. La “cifra consistente” è di 20-25mila euro: assolutamente inconsistente per fare le analisi del sangue a tutta la popolazione del Comune di Alessandria, a prescindere dagli altri Comuni del territorio. Però non la pretende dalla Regione, si affida al buon cuore della Regione che a sua volta  “ha fatto sapere di aver sollecitato il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità”. Siamo cucinati a dovere: nell’Istituto Superiore di Sanità c’è… l’assessore piemontese alla Sanità!

Mi sa che il nostro cavaliere con la “lancia  in resta”, altro non sia che una statuina di gesso.  

Il TAR non dà ragione a Solvay di avvelenare.

Solvay si difende come può, e soprattutto come sa fare. Con la mistificazione, tramite la compiacenza dei giornali.   

Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Piemonte ha respinto il ricorso di Legambiente  all’autorizzazione (AIA) del febbraio 2021, concessa dalla Provincia di Alessandria a Solvay (oggi Syensqo) per l’estensione della produzione e l’uso di C6O4. Il fatto in sé è la prevista quanta infausta legittimazione a Solvay di  produrre C6O4 a Spinetta Marengo, ma niente affatto a diffonderlo nell’ambiente: ASSOLUTAMENTE SOLVAY NON E’ STATA  AUTORIZZATA  AD AVVELENARE (ANCHE)  CON  C6O4 IL TERRITORIO E IL SANGUE.

Tanto meno può far intendere che la Regione abbia rilasciato una sorta di patente eco sanitaria al C6O4, che è tossico e cancerogeno: tutto il contrario di come Solvay lo contrabbanda, come “un fluorotensioattivo di nuova generazione che non è biopersistente e non è bioaccumulabile, l’unico prodotto e utilizzato dal sito in una fase di transizione verso una tecnologia priva di fluorotensioattivi”.

Le menzogne del direttore Solvay.

E le sue fantozziane cagate pazzesche. Proprio nel momento in cui lo stabilimento Solvay (Syensqo) di Spinetta Marengo è fotografato sui giornali come un colabrodo di Pfas (C6O4), con le schiume che traboccano nelle vasche interne e dagli scarichi in Bormida, proprio mentre il “Comitato Stop Solvay” avvalora   il  “blocco totale della produzione nello stabilimento” (clicca qui), al neo direttore, Stefano Colosio (che sia lui a portare sfiga?), è toccato il taglio del nastro di un nuovo impianto  propagandato, appunto: oh ironia del destino, “in grado di eliminare i Pfas dalle acque”. Colosio le può sparare grosse in quanto passeranno i dieci anni programmati prima di essere condannato in tribunale come i precedenti direttori (e intraprendere, come loro, salti di carriera).

Anche Calosio è in mala fede: sa che non esistono, non esisteranno mai  Pfas non tossici e non cancerogeni, tutt’al più, come dice lui per il C6O4, “poco cancerogeni, ben tollerati dall’organismo” (cagata pazzesca). Sa che i portentosi Pfas non possono, non potranno mai essere eliminati una volta entrati nel corpo umano, perché i Pfas sono indistruttibili, inquinanti eterni grazie al legame carbonio-fluoro, il più forte nella chimica. Sa che non esistono Pfas senza fluoro. Sa, e prima che noi lo scrivessimo, che il “nuovo impianto” che sta propagandando da piazzista è come una aspirina per combattere il cancro.

Infatti, il cosiddetto “nuovo impianto” non inventa proprio nulla. I trattamenti convenzionali per rimuovere i PFAS dall’acqua e dai terreni contaminati comprendono la filtrazione a carbone attivo, la resina a scambio anionico, la nanofiltrazione, l’osmosi inversa e il frazionamento della schiuma. Tutti metodi di trattamento che possono contribuire a ridurre i PFAS dall’acqua e dal suolo, ma lasciano comunque concentrati pericolosi. A tacere dei Pfas sparati in atmosfera, che Calosio finge di dimenticare! I concentrati Pfas non eliminati, impossibili da eliminare con quei metodi peraltro costosissimi, possono essere ulteriormente trattati e smaltiti, ma i metodi utilizzati differiscono per costi, efficacia e scalabilità. Un approccio comune è quello di incenerire o stoccare i rifiuti carichi di PFAS per evitare ulteriori perdite sul terreno e nell’acqua. A Tortona, ad esempio.  Tuttavia, oltre a lasciare sottoprodotti inquinanti, l’incenerimento è costoso e richiede molta energia. E tanto inquinamento nell’aria!

Questi fatti il piazzista  Calosio li sa (prima di noi) ma è privo di onestà intellettuale per  ammettere che non è ammissibile un pressapochistico “zero tecnico”, bensì deve realizzarsi lo “zero assoluto”,  il “limite zero pfas”, la loro messa al bando. Anche perché  i grandi produttori, come Solvay, possono opacizzare i danni ambientali, dunque sanitari, tramite i metodi sopra descritti (e prezzolati avvocati e consulenti), mentre le aziende utilizzatrici dei Pfas, nei processi di produzione lungo le catene di approvvigionamento dei prodotti, esposte a danni di immagine e reputazione, non hanno mezzi finanziari per investire in simili tecnologie e sopportare costi di bonifica e di  cause legali.

A Calosio la presidentessa Solvay, Ilham Kadri, ha fatto sapere che per lui è assicurato un sostanzioso ruolo in Cina,  dove i Pfas non trovano ostacoli. Qui, invece, per le aziende che producono PFAS e per le industrie che utilizzano prodotti contenenti PFAS, sono drasticamente previsti l’inasprimento degli standard normativi e  onerose cause civili e class action, una nuova ondata di regolamentazioni su input degli Usa (sistemi idrici pubblici),  in particolare in Europa: a partire dal 2026, nuovi limiti negli Stati membri e  vietata una lunga lista di PFAS (oltre 10mila) per i quali saranno  sempre più possibili test di analisi mirata e non mirata.

Insomma,  l’elenco delle categorie, delle miscele chimiche e delle concentrazioni di PFAS vietate è destinata ad ampliarsi in futuro. Qui, dunque, in Italia, ordina Kadri, bisogna che Calosio contribuisca a “menare il can per l’aia” con le Istituzioni pubbliche (il sindaco di Alessandria, in primis)  che potrebbero, come dovrebbero, bloccare da subito le produzioni inquinanti invece di aspettare Godot (il governo). Bisogna prendere tempo verso la chiusura, imbonendo le frottole che tanto piacciono ai politici su “equilibrio tra benessere economico e benessere ambientale”, raccontando menzogne sullo “zero tecnico” e minacciando la serrata dello stabilimento: “se ci chiedete lo zero assoluto noi chiudiamo tutto”.

Il Calosio, futuro direttore di Chendu, può esercitarsi a pronunciare in italiano il cinese Syensqo, però qui non siamo in Cina e da noi suona come un’altra fantozziana cagata pazzesca il suo geniale “metodo diluizione”: non misurare più i Pfas a monte, dove si producono, bensì a valle, nell’Adriatico, dopo che si sono diluiti in Bormida, Tanaro e Po.

Ecco perché il testicolo diventa “deposito” di PFAS.

Secondo il direttore Solvay di Spinetta Marengo, sedicente “esperto di economia circolare”, un po’ di C6O4 è ben tollerato dai testicoli. Più modestamente, si permette, al  XVII Convegno di Medicina svoltosi nei giorni scorsi a Lecce, di esprimere parere contrario il professor Carlo Foresta, già ordinario di Endocrinologia all’Università di Padova: “Molte forme di inquinamento, soprattutto i PFAS, sono responsabili dell’aumento dei casi di tumori ai testicoli, e i dati scientifici ce lo dimostrano. Il tumore al testicolo è tra i primi 5 tumori in termini di frequenza, sul totale delle neoplasie incidenti per fascia di età. Nella fascia 0-49 anni, l’incidenza in Italia della neoplasia testicolare ha subito nell’ultimo anno un aumento del +2,6%, secondo i recenti dati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica Aiom. Nel contesto regionale del Veneto l’incidenza del tumore testicolare è passata dal 3,8% del 1987 all’8% del 2017”. In Veneto è considerata responsabile Miteni, invece nessun sospetto su Solvay in Piemonte tant’è che l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi, laurea di economia e commercio, evita di effettuare screening per queste patologie, e può ben vantarsi  di essere stato riconfermato per altri quattro anni nel Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Superiore di Sanità, con decreto del ministro della Salute, Orazio Schillaci. Inspiegabilmente la Sanità è al centro delle manifestazioni di protesta in Italia.

Pfas da Alessandria vanno  in acqua all’Adriatico, e ritornano in aria.

Una nuova ricerca, condotta dall’Università di Stoccolma e pubblicata su Science Advances, ha mostrato che i Pfas presenti nell’acqua di mare possono finire nell’aria sotto forma di piccole particelle chiamate aerosol marini, o SSA, quando le onde  si frantumano e spruzzano acqua marina nell’atmosfera.  I risultati sono stati sorprendenti: in alcuni casi, i Pfas erano oltre 100.000 volte più concentrati negli SSA rispetto all’acqua di mare, paragonabili a quelli provenienti dalle emissioni industriali, cioè da Spinetta Marengo. Con buona pace del geniale “teorema della diluizione” del direttore Solvay.