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Con la precedente normativa era previsto per la falsa testimonianza l’arresto in aula e anche il processo per direttissima. Ora l’azione deve essere promossa innanzitutto dal Pubblico Ministero, o per trasmissione dalla Corte, o anche dalle parti civili.
L’udienza odierna alla teste Cataruzza, in una interminabile sequenza di “non ricordo” è culminata nelle contestazioni a lei rivolte direttamente dalla Presidente della Corte d’Assise: lei, Cataruzza, ha scritto di suo pugno come manipolare i dati e le informazioni agli Enti pubblici. La teste ha avuto l’oltraggio di rispondere: “non ricordo”. La mossa degli abili avvocati Solvay e Ausimont è stata, come commentavamo per l’udienza precedente, di aver convinto la Cataruzza a trasformarsi da teste scomodo in coimputato che può negare gli scottanti interrogatori a suo tempo confessati e trincerarsi negli odierni “non ricordo” (sarebbe stato più dignitoso avvalersi della facoltà di non rispondere). Ebbene, non concordiamo anche questa volta con la decisione della Corte di aver consentito l’inutilizzabilità degli atti riguardanti questo testimone chiave, ma a questo punto quanto meno diventi imputata, come si merita, come ha scelto di essere.
Lino Balza Medicina democratica sezione provinciale di Alessandria
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Caterina Di Carlo, con tutti i suoi “Non so”, “Non ricordo”, è stato battezzata “la smemorata di Spinetta”, surclassando il famoso “smemorato di Collegno”. Facendo suo il proverbio, la colta “ingegnere ambientale” di collegamento fra l’imputato Canti e il quartier generale di Bruxelles ha preferito passare da ignorante piuttosto che da brigante, a giustificare così l’elevato livello retributivo. A scuola, a forza di insistere a insegnarle ingegneria ambientale, le avevano fatto odiare l’ambiente.
Mi rivolgo a voi che partecipereste alla StrAlessandria 2013. La corsa è una gran bella iniziativa sportiva della nostra città, con una forte partecipazione della cittadinanza giovanile, che sa che lo sport fa bene alla salute. Ma avete pensato che correreste con una maglietta che sponsorizza Solvay? Avete pensato che voi sponsorizzereste la più grande azienda chimica presente sul nostro territorio, quella che da mesi è alla sbarra in Corte d’Assise del Tribunale di Alessandria nel processo in cui sono imputati 8 dei suoi massimi dirigenti per inquinamento doloso delle falde dell’acquedotto cittadino e dolosa omessa bonifica? Consiglio di controllare l’etichetta delle bottiglie di acqua che verranno distribuite per dissetare i corridori, che non riportino la dicitura “sorgente Solvay”, potrebbe essere dopante anzi letale. Mi chiedo se voi, donne uomini bambini che partecipereste a questa corsa, siete a conoscenza di quanto accade nella vostra città. Venite a vedere la realtà drammatica, che coinvolge anche la vostra salute, negli occhi degli ammalati e dei famigliari dei defunti che sono in aula del Tribunale. O vi fate circuire dalla propaganda Solvay con la sua pubblicità ricca di belle immagini e slogan in cui essa afferma di avere e condividere con la popolazione valori per migliorare la qualità della vita? Non sono insultanti queste affermazioni? Sono davvero gli stessi interessi che condividiamo noi cittadini che invece pretendiamo un ambiente salubre e la tutela della salute? Piuttosto che correre con la maglietta Solvay, pagata dalla Solvay, in una corsa pagata dalla Solvay, io invito la cittadinanza a recarsi, sarebbe bello correndo, presso il Tribunale ove si svolge il processo, a presenziare alle udienze alle quali mi troverete sempre, per ascoltare quel che dicono gli avvocati della difesa e dell’accusa mentre si alternano negli interrogatori ai testimoni. Fatevi un’idea con la vostra testa. È arrivato il momento di scegliere da che parte stare, se veramente vogliamo fare qualcosa per il benessere del futuro di tutti noi. Senza la salute non esiste il lavoro, è un’equazione fondamentale e pertanto non possiamo non indignarci davanti a cotanta indifferenza. Sarà meglio correre verso il nostro futuro!
Barbara Tartaglione – Medicina democratica Movimento di lotta per la salute Sezione provinciale di Alessandria.
…per i quali i malati e i familiari dei defunti usano definizioni ben più
pesanti.
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Il futuro dello stabilimento chimico della Solvay di Spinetta Marengo sta in una vera bonifica, altrimenti chiuderà. Per la salvezza serve un piano industriale quale quello messo a punto da Medicina democratica per la Solvay di Rosignano (Livorno).
Infatti il conflitto che in Alessandria oppone la multinazionale belga alle Parti civili e al Pubblico ministero ha la sua ragione di essere notevole.
E’ nell’eventualità di una condanna anche a 15 anni di reclusione per i suoi otto dirigenti. E’ soprattutto nella preoccupazione per i costi economici che discendono dalla condanna. Non quelli dei risarcimenti alle parti lese: per un colosso internazionale sono inezie, in conto rischi e facilmente assorbibili rispetto agli utili astronomici di una impresa leader mondiale. Il vero costo, invece, una bella botta per gli azionisti di Bernard de Laguiche, sarebbe la condanna a pagare la bonifica di un milione di metri cubi di veleni tossici e cancerogeni, una ventina, tra i quali il cromo esavalente non è neppure il più micidiale, sotterrati sotto e accanto alla fabbrica. Bonificare significa togliere dal terreno la massa velenosa che altrimenti continuerà a sciogliersi nella gigantesca falda acquifera sottostante. Una spesa considerevole anche per azionisti che in dieci anni hanno pur collezionato utili stratosferici. Quando i belgi nel 2002, al termine di una lunga e complessa contrattazione, hanno comprato lo stabilimento bacato e conveniente, sapevano perfettamente, come tutti, dal primo cittadino all’ultimo operaio, meglio di tutti: come dimostrano la documentazione sequestrata e le intercettazioni telefoniche, sapevano questa drammatica situazione di inquinamento. Ecco che, piuttosto che estrarre i veleni dai terreni, piuttosto che estrarre i miliardi dalle loro tasche, hanno ordinato ai propri dirigenti di nascondere discariche e analisi e imbrogliare gli enti pubblici, cioè commettere reati, scientemente, con dolo: proprio come segnano i capi di imputazione: “avvelenamento doloso delle acque e dolosa omessa bonifica”. Ecco che poi, nel 2008, scoppiato il bubbone pubblico, avviato il procedimento penale, hanno proposto una bonifica finta, assai meno costosa (dai 2,5 ai 12 milioni, secondo le indiscrezioni di stampa). Hanno subito trovato una sponda giusta in Lorenzo Repetto, allora presidente dell’Amag, per un finto piano di bonifica costoso per gli enti pubblici e inutile: una impossibile “sciacquatura” delle acque avvelenate prelevate dalla falda, come raccogliere con un cucchiaio l’acqua dal lago. E’ inquietante il ruolo di faccendiere che emerge anche dalle intercettazioni, ma altresì sconcertò la compiacenza del Comune (sindaco Fabbio) a questo “piano Amag” di cui ora tutti ridono ma allora sputtanato solo da noi. Ora Solvay e alcuni sindacalisti e politici dicono: la vera bonifica non è possibile, costa troppo all’azienda che minaccia di chiudere la fabbrica. Il classico ricatto occupazionale. Dura da sempre: da quanti decenni rivendicammo l’Osservatorio ambientale della Fraschetta con al primo punto la richiesta delle indagini idrogeologiche ed epidemiologiche? Se i politici ci avessero ascoltato, oggi non saremmo a questo punto. A questo punto è comprensibile la disinvoltura della dispendiosa campagna mediatica “Operation adoucir les journalistes” orchestrata da Paolo Bessone, ovvero la foga con cui Solvay si sta battendo in Corte d’Assise per evitare una onerosa condanna ai suoi azionisti, ingaggiando in aula più famosi avvocati d’Italia e umiliando ammalati e parenti dei defunti. Mentre attende con preoccupazione che la Magistratura apra il secondo filone processuale per i gravissimi inquinamenti da PFOA, PFIB ecc. a danno di lavoratori, cittadini e ambiente, come documentato dai nostri esposti anche con le analisi del sangue dei dipendenti.
Solvay afferma che il processo deve essere spostato a Milano se un giudice, anche solo uno fra 50 in organico al tribunale, è residente nel Comune di Alessandria o è stato residente negli ultimi 15 anni. Perché?
Perché condizionerebbe l’imparzialità della Corte d’Assise in quanto, come residente, sarebbe un “danneggiato, ai sensi dell’art. 11 c.p.p.”. Sarebbe un “danneggiato” anche se non è parte civile al processo e neppure nel collegio giudicante. “Danneggiato” significa che ha subìto un danno. Ha subìto un danno se c’è stato un reato: non c’è danno senza reato. Di quale reato è accusata Solvay? Di avvelenamento doloso delle acque e di dolosa mancata bonifica. Quali acque sono state avvelenate da Solvay? Sono le acque consumate dentro lo stabilimento di Spinetta Marengo? Su queste Solvay non solleva eccezioni per le parti civili, ammette il reato e il danno. Però non riguardano i giudici ma i lavoratori. Allora si riferisce anche alle acque prelevate nei pozzi di Spinetta e zone limitrofe, ad uso di privati, ex zuccherificio, fattoria Pederbona, Paglieri ecc.? Pure su queste Solvay non eccepisce. Però non riguardano i giudici. Allora ci si chiede se si riferisce alle acque dell’intera falda inquinata: ma la falda va anche in Bormida, di lì in Tanaro, poi nel Po, come dimostra il PFOA scaricato in Bormida e ritrovato alla foce del Po. Dunque secondo Solvay tutti i cittadini padani sarebbero “danneggiati” e tutti i tribunali della pianura padana sarebbero ricusabili? Allora che senso ha la richiesta di spostare il processo a Milano, meglio… Palermo. Che casino. A farla breve, Solvay sostiene che l’avvelenamento, dunque il reato, dunque il danno astrattamente procurato ai 50 giudici residenti nel Comune di Alessandria sia derivato dall’inquinamento doloso dell’acquedotto di Alessandria. Presume un pozzo unico ovvero che tutti i pozzi siano inquinati. In questo caso Solvay sta sostenendo che tutti i cittadini di Alessandria, capoluogo e sobborghi, tutti sono “danneggiati ai sensi dell’art. 11 c.p.p.”. Tra i cittadini “danneggiati” ci sarebbero astrattamente i 50 giudici per il solo fatto di essere residenti nel “mandrognato”. Analogamente, secondo una Solvay in veste autolesionista migliaia di alessandrini hanno diritto di costituirsi parti civili contro l’azienda per essere stati dalla stessa avvelenati per decenni! Clamoroso. Secondo il Pubblico ministero, invece, il reato e il danno sono circoscritti a Spinetta e zone limitrofe, come da capo di imputazione, e in quelle zone non vivono magistrati, la Corte valuterà nel merito le parti civili. Conclusione: autolesionismo da parte di Solvay? Non crediamo. Il suo obbiettivo, di oggi, è di annullare con il trasferimento a Milano tutto il lavoro svolto dal tribunale e ricominciare il processo da capo, e avviarsi alla prescrizione. Domani studierà altre “gabole”. Noi tra le parti civili in aula, fra ammalati e famigliari dei defunti, non crediamo ai “fini giuristi” della difesa che arzigogolano articoli c.p.p. piccici cipicipi per ore con dossier… anagrafici, ma ragioniamo con il buon senso giuridico e sappiamo che il processo debba continuare nella sua sede naturale, ad Alessandria. Come è da sempre avvenuto dappertutto: per Montedison di Porto Marghera, Solvay di Bussi, Eternit di Torino, Ilva di Taranto, Fibronit di Voghera, Farmoplant di Massa, Acna di Cengio, Enichem di Manfredonia, Icmesa di Seveso eccetera.
Persiste la presenza dei veleni:
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Ausimont e Solvay come i ladri di Pisa che di giorno litigavano e di notte andavano a rubare insieme.
Il prossimo 7 novembre. Il Tribunale chiamato a decidere… se Solvay può costituirsi parte civile… contro se stessa! La chiusura dell’impianto Algofreni usata come arma di ricatto occupazionale contro la Magistratura. La ricca società belga non vuole pagare la bonifica e cerca di scaricare il barile su Ausimont che non ha una lira. Intanto sotterra i veleni sotto montagne di rifiuti.
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Angelo Agnello era perplesso se presentarsi parte civile in tribunale contro la Solvay di Spinetta Marengo. Non aveva fiducia nella magistratura: non è dalla parte degli operai, diceva. Poi si era convinto che comunque è sempre giusto lottare, come quando si faceva in fabbrica, prima che ci rosicchiassero tutti i diritti, diceva. E si era così costituito al processo insieme ai lavoratori ammalatisi in fabbrica e ai cittadini ammalatisi nel territorio, e insieme ai famigliari dei deceduti. Insieme, con l’aiuto di Medicina democratica, rivendicheremo i nostri diritti alla giustizia, li condanneranno, ci risarciranno, insieme come una volta ce la possiamo fare, diceva. Non aveva poi mancato una udienza in tribunale, ma scandalizzato sui tempi della giustizia, che rinvia e rinvia e non giunge mai alla sentenza, diceva. Il tumore infatti se l’è portato via, più veloce del processo. Che riprenderà in autunno, nell’auspicio che la giustizia finalmente sia resa almeno ai familiari, la moglie Lucia, i figli Alessio e Valentina.