Come da testimonianza dell’avvocato Robert Billot, ben prima del 1976 gli studi evidenziano i pericoli sanitari dei Pfas, pur se le multinazionali e i loro medici chiudevano i dati nei cassetti. Non solo le aziende sapevano, anche le Istituzioni sapevano. Sapevano ben prima che scoppiasse nel 2013 il caso Veneto dopo la chiusura della Miteni. Già dagli anni ’80 Lino Balza denunciava ondate di scarichi in Bormida ai quali Asl e magistratura non diedero il nome di Pfas. Già nel 2002 la CGIL con volantino denunciava ai lavoratori dello stabilimento per nome queste sostanze tossiche e cancerogene. Già nel 2009 Balza aveva sfidato Solvay col suo medico Giovanni Costa sui giornali e aveva denunciato e documentato in Procura gli studi scientifici internazionali e, soprattutto, che i Pfas erano stati rilevati nel sangue dei lavoratori della Solvay di Spinetta Marengo e secretati dall’azienda. Però solo nel 2022 la magistratura di Alessandria, dopo otto esposti, ha provveduto al sequestro delle cartelle cliniche! (continua)
Categoria: Miteni
I risarcimenti Pfas alle Vittime.
“Chi inquina paghi” è un vecchio slogan che rischia sempre di rimanere tale in Italia? In Usa si stanno accumulando cause legali – intentate da governi statali, gruppi di difesa ambientale, servizi idrici e altri. E in Italia? Chi ha fatto profitti enormi sulle spalle dell’ambiente e della salute dei cittadini pagherà? Miteni e Solvay sono sotto processo penale. Miteni ha dichiarato fallimento prima di essere chiamata a risarcire. Solvay, a sua volta, anche dal secondo (imminente?) processo penale -con debole imputazione: disastro colposo e non doloso- da un lato non rischierà reclusioni a carico di chi detiene i cordoni della borsa ma “sacrificherà” con miti pene due direttori retribuiti allo scopo, e dall’altro tenderà a scaricare i costi della bonifica (se e quando) sullo Stato. E per quanto riguarda i risarcimenti alle Vittime: ammalati e morti, lavoratori e cittadini? Il rischio del danno e della beffa è atroce. Ecco allora che ci apprestiamo ad avviare in tribunale ad Alessandria in loro favore cause civili: cause collettive, class action. (continua)
La prima class action contro Solvay in Italia.

Quella che stiamo aprendo è la prima class action contro Solvay in Italia: vuole, in sede civile, risarcire le Vittime, malati e defunti, non tutelati in termini di risarcimenti nei processi penali: come quello concluso in Cassazione appunto contro Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria), peraltro con pene irrisorie e senza risultati di bonifica del territorio. Diversa è la situazione internazionale. Ad esempio, è attuale l’accordo, da 10,3 miliardi di dollari per risolvere le denunce di inquinamento idrico legate alle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), che è stato costretto a stipulare il colosso chimico statunitense, 3M. Implicitamente è il riconoscimento di responsabilità. Come sarebbe una sentenza italiana in sede civile. Si annunciano gli altri accordi delle multinazionali Chemours, DuPont e Corteva: più di 1 miliardo di dollari per risolvere le cause legali sui PFAS. Sono circa 4.000 le azioni legali intentate da Stati ed enti locali. In Belgio la 3M ha patteggiato con la regione fiamminga per 571 milioni di euro.
E’ una calamità mondiale che in Europa colpisce in primis tutta l’Italia (punte di iceberg Veneto-Miteni e Piemonte-Solvay) l’inquinamento da PFAS, accumulabili e indistruttibili “forever chemicals” in suolo-acqua-aria, assorbiti dal sangue provocano tumori, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità, di gravidanza, malformazioni fetali eccetera. Una calamità risolvibile con la totale messa al bando (tipo DDT, CFC, Amianto) contro la quale fa muro di gomma l’astronomico business delle imprese produttrici (tutte sapevano da decenni che stavano uccidendo) e utilizzatrici: tessuti, carta, contenitori di alimenti, pellicole fotografiche, schiume antincendio, pentole antiaderenti, detergenti per la casa, biberon moquette, indumenti impermeabili, eccetera. Un futuro dunque di chiusure aziendali da provocare, però, ora, già bisogna fargli pagare i danni del passato: la distruzione ecologica e i risarcimenti alle Vittime.
Pfas come amianto: le aziende sapevano da decenni.

I ricercatori dell’Università della California di San Francisco hanno reso noto, sugli Annals of Global Health, un’analisi di documenti rimasti segreti, quasi sempre interni e confidenziali, di due delle principali aziende produttrici di Pfas, i colossi DuPont e 3M, che coprono il periodo dal 1961 al 2006, donati all’università da uno dei protagonisti fondamentali di tutta la vicenda, l’avvocato Robert Bilott, il primo a intentare una causa contro i giganti della chimica e a vincerla. Hanno così analizzato le tattiche utilizzate dalle multinazionali (in Italia Miteni e Solvay) per impedire che la tossicità di queste sostanze diventasse nota a tutti, persino ai propri dipendenti, e di conseguenza, arrivassero normative per disciplinarne l’uso. Le aziende conoscevano sia i dati epidemiologici sui dipendenti sia di risultati sui modelli animali.
Ecco alcuni esempi di ciò che le aziende sapevano:
- (continua)
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Controllati e controllori culo e camicia. Le testimonianze di Billot e Balza.

Lo Spisal di Vicenza era il servizio di prevenzione igiene e sicurezza dell’Ulss dipendente dalla Regione Veneto, competente sul controllo negli ambienti di lavoro. La documentazione inedita che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare ha contenuti dirompenti. Perché dimostra che Spisal era informata dei livelli di Pfas presenti nel sangue dei lavoratori, tuttavia non erano stati effettuati controlli tali da individuare criticità nella gestione dei reparti della Miteni di Trissino. A nascondere la tragicità della salute dei lavoratori, il medico della Miteni, Giovanni Costa, nella sconcertante corrispondenza si dimostra “culo e camicia” con l’azienda: toni tra confidenti, scambi di dati e informazioni, reazioni preoccupate o ironiche, anticipazioni reciproche sugli esiti dei dati dei monitoraggi di dipendenti della Miteni e della popolazione della zona rossa.
Se a Spisal sostituiamo Spresal dell’Asl di Alessandria dipendente dalla Regione Piemonte, e a Miteni di Trissino sostituiamo Solvay di Spinetta Marengo, non fatichiamo a intravvedere la coeva situazione di Alessandria. In comune troviamo il dottor Giovanni Costa.
Lino Balza può testimoniare e documentare in tribunale di aver denunciato pubblicamente le responsabilità del Costa già dal 2009 con l’accusa “di occultare la gravità della condizione sanitaria dei lavoratori e dei cittadini ingannando l’ignavia dell’Arpa. Costa, pur conoscendo tutti gli studi (quarantennali) e i divieti e i risarcimenti internazionali nonchè i livelli ematici di avvelenamento riscontrati fra i lavoratori, invece di chiedere per primo il bando della sostanza inesistente in natura, vende la sua autorità per reiterare rassicurazioni – mentendo anche in scandalose assemblee con i lavoratori- che essa non provoca malattie, tumori/ malformazioni/ alterazioni sessuali… ma sarebbe pressoché innocua o benefica all’uomo. L’abbiamo invano sfidato ad un confronto pubblico tramite un fondamentale documento (depositato in Procura) articolato in 24 dettagliatissimi punti / capi di imputazione quanto meno morali…”
Il ruolo di Giovanni Costa, da affrontare sul piano penale (doloso o colposo?), viene a galla anche dalla testimonianza al processo di Vicenza di Robert Bilott, l’avvocato statunitense che ha fatto emergere il primo caso al mondo di inquinamento PFAS. Nel 1999 viene fatto uno studio sullo Pfoa e gli effetti sulle scimmie a cui lavorano i colossi del settore (Dupont, 3M e la stessa Miteni). Emergono gravi danni. 3M decide di bloccare la produzione di Pfoa. Dupont resta senza fornitore negli Stati Uniti, e chiede a Miteni, altro fornitore, le sue intenzioni. La risposta è “Andiamo avanti, anzi incrementiamo“. Questo significa che già nel 2000, Ausimont (che a Spinetta sta cedendo l’attività a Solvay) e Miteni a Trissino sapevano della pericolosità delle sostanze chimiche. In particolare Giovanni Costa, medico delle aziende tanto a Spinetta che a Trissino, c’era lui nello studio sulle scimmie. Sempre lui era il responsabile delle analisi del sangue sui dipendenti. Dunque non può non essere coinvolto nei filoni d’indagine sui danni alla loro salute.
Billot: Miteni conosceva i rischi ma addirittura aumentò la produzione. Ora via alle class action.

Quando 3M, fornitore americano, si tirò indietro decidendo di non voler più produrre quelle sostanze perché tossiche, l’azienda di Trissino fece il contrario: confermò alla DuPont che ne avrebbe aumentato la produzione.
Nella sua testimonianza al tribunale di Vicenza, l’avvocato Robert Billot depone: «Mi ha chiamato Wilbur Tennant nel 1998 perché le sue mucche continuavano ad ammalarsi. È poi emerso che a confine della proprietà c’era una discarica della DuPont che riversava nel terreno e nelle acque di un ruscello gli scarti contaminati da Pfoa e Pfos, sostanze che utilizzava per produrre il teflon dal 1951 e che comprava dalla 3M in Minnesota». Fin dai primi anni gli scienziati si erano preoccupati del loro impatto, essendo prodotti antropici molto forti composti da fluoro e carbonio. «Nei primi anni ’60 iniziarono gli esperimenti sugli animali che mostrarono diversi problemi. Fu poi 3M nel 1975 a campionare per la prima volta il sangue dei suoi dipendenti, trovando la presenza di Pfoa e Pfos. Due anni dopo si accorse che non solo erano presenti, ma aumentavano nel tempo. Per questo decise di informare DuPont, che iniziò a campionare anche i suoi lavoratori. Intanto nel 1981 uno studio sui ratti di 3M mostrò delle problematiche agli occhi. Così DuPont, facendo una verifica tra i bambini nati da poco da sette donne dipendenti, ne trovò due con malattie legate alla vista che avevano Pfoa nel sangue. Non comunicarono i sospetti ai loro lavoratori, dissero soltanto loro di non donare il sangue».
Gli studi andarono avanti, DuPont e 3M si resero conto che gli animali sviluppavano tumori. Le sostanze erano tossiche e 3M decise di dire tutto all’Epa, l’agenzia americana per la protezione ambientale. Siamo nel 1999 e viene organizzato un meeting con le aziende che producono o utilizzano queste sostanze, tra cui Ausimont di Spinetta Marengo. Lì erano state esposte le preoccupazioni in merito ai Pfas e venne formato un gruppo di scienziati che iniziò degli studi sulle scimmie: gli effetti furono gravi. Dalle parole di Bilott si apprende che tra questi c’era anche il dottor Giovanni Costa della Miteni e dell’Ausimont. «Visti i risultati 3M decise di sospendere la produzione. Miteni no, decise invece di incrementarla per far fronte alla richiesta di DuPont».
Nei primi anni 2000 anche Miteni e Solvay iniziarono campionamenti di sangue dei dipendenti, sempre sotto la responsabilità del dottor Costa. «In quei campioni si vedeva la presenza di Pfoa e un particolare aumento di colesterolo. Quest’ultimo sarebbe solo uno degli effetti causati dai Pfas nel sangue a detta dei dodici studi epidemiologici americani realizzati tra il 2005 e il 2012 da quello che venne chiamato il Gruppo Scientifico C8. Oltre al colesterolo indicavano anche cancro ai testicoli e al rene, colite ulcerosa, problemi in gravidanza e disfunzione della tiroide» conclude il legale statunitense.
Insomma, mentre in Usa si sospendono le produzioni, in Italia si raddoppiano. Mentre in Italia cadono nel vuoto gli allarmi partiti da Alessandria, in USA – racconta Billot – la ‘class action’ avviata nel 2001 si chiuse nel 2004 con un accordo tra le parti civili: «DuPont e 3M hanno accettato una commissione di esperti indipendenti che ha valutato i rischi per la salute umana. In pochi mesi 70 mila persone hanno effettuato le analisi del sangue grazie ai 70 milioni di dollari erogati da DuPont. Poi è iniziato uno screening sulla popolazione a rischio dal 2005 al 2012 e ora possiamo dire che il Pfoa può causare tumore ai testicoli, tumore ai reni, colite ulcerose, gravi problemi alla tiroide, alti livelli di colesterolo e compromettere la fertilità nei maschi ecc.».
Tanto ad Alessandria che a Vicenza, accanto ai processi penali, è necessario aprire cause civili per risarcire le Vittime.
Clicca qui in video anche un commento su Byoblu.
IN ITALIA È IN ATTO UN CRIMINE AMBIENTALE E SANITARIO
CHIEDI AL GOVERNO ITALIANO LA MESSA AL BANDO DEI PFAS
L’unico valore cautelativo della salute è la loro completa assenza nell’acqua destinata al consumo umano, negli alimenti, nel suolo e nell’aria. Eppure non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo in Italia.
Eppure in Italia nella scorsa legislatura è stato presentato in Senato da Mattia Crucioli un Disegno di Legge che vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.
La situazione legislativa sarà oggetto della prossima puntata nel servizio, che partirà dalle analisi degli iceberg piemontesi e veneti: Solvay di Spinetta Marengo e Miteni di Trissino.
Questa puntata illustra invece le situazioni Pfas in Lombardia, Toscana e Trentino, utili anche da confrontarsi con le responsabilità in particolare della Regione Piemonte e del sindaco di Alessandria.
“Interpellanza” sui PFAS alla Presidente del Consiglio.

Presentata (clicca qui) dal “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”. All’onorevole Giorgia Meloni si mettono a disposizione (nostri Sito www.rete-ambientalista.it e Dossier di 380 pagine) tutte le informazioni scientifiche utili sui PFAS che rappresentano la 2^ calamità ecosanitaria mondiale, in primo luogo italiana. Si rammenta che i governi prima del Suo non hanno tutelato la salute degli italiani, benchè la nostra campagna nazionale contro i fuorilegge PFAS fosse iniziata 15 anni fa, suggellata dal 2008 anche da nostri esposti alla Magistratura di Alessandria con riferimento alla Solvay di Spinetta Marengo, prima dell’insorgere dell’altro epicentro nazionale emerso dopo la chiusura della Miteni di Trissino (VI), e l’esplosione del caso fino all’ONU, passando per la Commissione Ecomafie.
In sostanza, si chiede alla presidente Meloni di ordinare al suo governo di ripresentare il Disegno di Legge di messa al bando dei Pfas.
Discariche e inceneritori: è battaglia sui Pfas.

Dice Solvay: a Spinetta Marengo usiamo i filtri scaricando i reflui in aria e acqua. Noi diciamo: non c’è depuratore che tenga, non c’è filtro che tenga i PFAS. E poi i filtri vanno smaltiti: bruciarli inquinano comunque. Infatti la presenza nei rifiuti dei temutissimi tossicocancerogeni derivati del fluoro preoccupa mezz’Italia, e già sono al centro di uno scontro a Venezia, per il maxi cosiddetto “termovalorizzatore” di Fusina, dove vorrebbero incenerire 190.000 tonnellate annue di fanghi contaminati da diossine, idrocarburi, metalli e soprattutto dai famigerati Pfas della Miteni di Trissino. Ma non c’è solo l’eredità della Miteni: ad Arzignano, centro del polo conciario della Valchiampo, si adoperano Pfas in grandissima quantità per la impermeabilizzazione delle pelli, al punto che il sindaco chiede alla Regione di estendere le indagini sanitarie sulla presenza nel sangue dei Pfas a tutti i residenti (provvedimento sconosciuto in Piemonte).
Inquinamento da Pfas, Lucca e Pisa le zone più colpite in Toscana.

Da un’inchiesta internazionale la mappa interattiva della concentrazione di sostanze perfluoroalchiliche in Europa: torna l’allarme per gli ‘inquinanti eterni’
Vincenzo Brunelli – 27 Marzo 2023 – https://www.luccaindiretta.it/cronaca/2023/03/27/inquinamento-da-pfas-lucca-e-pisa-le-zone-piu-colpite-in-toscana/341574/
Le punte dell’Iceberg Pfas sono, come noto da decenni, il Veneto con la Miteni di Trissino (VI) e il Piemonte con la Solvay di Spinetta Marengo, unica produttrice in Italia (AL), con relativi processi penali. Emergono sempre più, dove le ARPA sono attive, criticità diffuse nella penisola. I giornalisti francesi di Le Monde hanno realizzato una mappa interattiva europea, costruita da uno studio internazionale (The Forever Pollution Project ***) raccogliendo e organizzando dati da diverse fonti, pubbliche e private (in Italia le testate Radar Magazine e Le Scienze) che mostra i luoghi in Europa in cui è stata accertatauna contaminazione da Pfas da parte di autorità ambientali (come le Arpa in Italia).
Tant’è che all’inizio di febbraio 2023 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) ha pubblicato una proposta di divieto di produzione e suo di tutti i Pfas, infatti l’unico rischio accettabile è uguale a zero. Tra le nazioni promotrici del divieto figurano Germania, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Norvegia, ma non l’Italia! Rivendicazione per l’Italia subito ribadita da Greenpeace: “Si tratta di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo. Esortiamo il governo, il parlamento e i ministeri competenti ad assumersi le proprie responsabilità varando in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas, insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica e all’individuazione di tutti i responsabili”. Cioè in pratica il Disegno di Legge presentato dall’ex senatore Crucioli di concerto con Legambiente, Movimento di lotta Maccacaro e Comitato Stop Solvay. Di seguito, il particolare della mappa riguardante l’Italia:

E per quanto riguarda la Toscana, andando a leggere i dati di Arpat si capisce che “il 70% delle stazioni in acque superficiali e il 30% delle stazioni in acque sotterranee monitorate in presenta residui di Pfas, con due “zone rosse” quella di Lucca e quella di Pisa, oltre a Castagneto Carducci in provincia di Livorno e alcune zone di Massa.
*** The Forever Pollution Project, è un’indagine transfrontaliera a cui hanno partecipato 18 redazioni da tutta Europa, tra cui Le Monde (Francia), Süddeutsche Zeitung, Ndr e Wdr (Germania), The Investigative Desk e Nrc (Paesi Bassi) e Radar Magazine Le Scienze (Italia),Datadista (Spagna), Knack (Belgio), DeníkReferendum (RepubblicaCeca), Politiken (Danimarca), Yle (Finlandia), Reporters United (Grecia), Latvijas Radio (Lettonia), Srf Schweizer Radio und Fernsehen (Svizzera), Watershed ,The Guardian (Regno Unito).
Pfas Veneto, verbali degli operai: ‘Mi lamentai, per 3 mesi mi misero in portineria’. ‘Ci tranquillizzavano’, ma poi finì in rianimazione.

I 18 dipendenti ancora in vita che soffrono di patologie dopo un’esposizione di decenni ai Pfas della Miteni di Trissino (chiusa nel 2017) sono stati tutti interrogati dai carabinieri del Noe di Treviso tra il 2020 e il 2021. Il loro è il racconto di un inferno in fabbrica, con rischi sottovalutati, macchinari non funzionanti, sistemi di sicurezza inadeguati, esalazioni intossicanti. Ecco alcuni stralci delle loro testimonianze
di Giuseppe Pietrobelli | 19 MARZO 2023 clicca qui
“Eravamo a conoscenza delle problematiche generali delle lavorazioni chimiche, ma in virtù delle informazioni che ci venivano date e dei controlli sanitari cui eravamo sottoposti (analisi del sangue, urine, esami citologici) pensavo che i rischi fossero abbastanza contenuti. Con cadenza annuale avevamo degli incontri con il medico, che ci illustrava i risultati delle analisi tranquillizzandoci sulla situazione sanitaria”. Dal 1985 al 2016 è medico della Miteni il prof. Giovanni Costa, che contemporaneamente tranquillizzava i lavoratori Solvay di Spinetta Marengo. L’ Inail ha già accertato la menomazione dell’integrità psico-fisica da accumulo di Pfoa nel sangue, ma non ancora la magistratura.
Pfas e tumori al fegato. «Decessi raddoppiati».

In Corte d’assise la testimonianza del medico incaricato dalla Regione. La conferma uno studio del 2017 sulla mortalità e sui valori di sostanze perfluoroalchiliche nel sangue dei dipendenti della Miteni di Trissino
17 marzo 2023 https://www.ilgiornaledivicenza.it/territori/valdagno/pfas-e-tumori-al-fegato-decessi-raddoppiati-br-1.9954047
Il dottor Enzo Merler, medico epidemiologo specializzato nella medicina del lavoro, conferma lo studio del 2017 sulla mortalità e sui valori dei PFAS nel sangue di 467 dipendenti della Miteni, sulla base dei risultati delle analisi effettuate da Miteni sul sangue dei lavoratori, dapprima spediti negli Usa e poi in Germania.
Processo Pfas: Biomonitoraggi del 2014, dalle cardiopatie alle malattie in gravidanza, tutte le analisi della Regione Veneto.

Vicenza 24 marzo 2022 https://www.acquevenete.it/it/-/processo-pfas-biomonitoraggi-del-2014-dalle-cardiopatie-alle-malattie-in-gravidanza-tutte-le-analisi-della-regione-veneto
È toccato alla dottoressa Francesca Russo, direttrice del Dipartimento di prevenzione della Regione Veneto, ricostruire le procedure di screening sanitario messe in atto per valutare l’impatto dei Pfas sulla salute dei cittadini residenti nelle zone contaminate. Lo studio condotto con il coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità è stato affrontato nel corso del processo davanti alla corte d’Assise in cui sono imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari. Lo studio ha rilevato concentrazioni di PFOA significativamente più elevate nel sangue delle persone residenti nelle zone interessate dalla contaminazione rispetto al gruppo di controllo.
Rispetto al resto della Regione Veneto, la popolazione della zona rossa ha dimostrato, tra il 2007 e il 2014, un eccesso di mortalità per cardiopatia ischemica pari a un +21% nei maschi e + 11% nelle femmine; un aumento di incidenza di malattie cerebrovascolari nei maschi +19%, aumento di incidenza del diabete mellito +25% nelle femmine, un aumento di incidenza di demenza +14% nelle femmine; incidenze di ipertensione arteriosa (+22%nei maschi e + 20% nelle femmine); dislipidemia (+15% nei maschi e +12% nelle femmine); malattie tiroidee (+17% nei maschi e +12% nelle femmine) ecc. Le mamme in area rossa hanno evidenziato, tra il 2003 e il 2015, un aumento di casi di pre -eclampsia pari a +49%, diabete gestazionale +69% e hanno avuto un aumento del 30% di bambini nati con basso peso alla nascita.
Pfas. La Cgil nazionale bracca il tribunale di Vicenza.

C’è l’impegno dello stesso segretario nazionale Maurizio Landini: la Cgil nazionale starà col fiato sul collo al tribunale di Vicenza rispetto all’inchiesta nei confronti della Miteni di Trissino, azienda produttrice di PFAS (prima Rimar, poi Miteni, chiusa per fallimento nel 2018), per i danni procurati alle persone che hanno lavorato nel sito e che hanno nel sangue valori altissimi di Pfas.

Sulla stessa linea si è espresso il grande convegno organizzato dalla Cei con monsignor Giuliano Brugnotto a Vicenza proprio dedicato al caso Pfas in particolare.
Nel frattempo il patronato Inca Cgil ha chiesto e ottenuto dall’Inail il riconoscimento della malattia professionale per 19 ex lavoratori, con un danno del 2 per cento per bio-accumulo di Pfas nel sangue, quindi non per patologie manifeste ma perché potrebbero insorgere malattie in futuro.
Pfas, il veleno nell’acqua e nel sangue. Ma i controlli sono una beffa.

L’azienda Miteni di Trissino per anni contaminato la seconda falda più grande d’Europa, colpendo la salute di 350 mila cittadini tra Verona, Vicenza e Padova. Tanto che la Regione nel 2017 è costretta ad adottare un Piano straordinario di emergenza, suddividendo il territorio in tre aree in base al rischio sanitario: area rossa, dove sono contaminate sia l’acqua potabile sia le falde acquifere e i fiumi; area arancione, in cui gli acquedotti hanno un livello d’inquinamento inferiore. E gialla, definita per lo più area di osservazione. Le analisi del sangue e le inefficaci precauzioni (filtri a carbone) si fermano alla “zona rossa”. Per il resto nulla, nessun intervento sulle falde, con la cui acqua si irrigano i campi, sui fiumi, sul suolo, sull’aria. Nessun limite anche per l’acqua irrigua. Nessun controllo sulla contaminazione dei prodotti di origine animale e vegetale provenienti dalle zone inquinate. I controlli privati segnalano la presenza totale di Pfas superiore ai 6.200 nanogrammi per chilo nel terreno. In area arancione perfino le analisi del sangue sono burocraticamente impossibili.
Della bonifica del sito di Miteni, infine, si sono perse le tracce così come di un piano di riconversione industriale per azzerare tutte le fonti inquinanti.
La Regione Veneto è dunque sotto accusa. La Regione Piemonte ha fatto ancora meno, anzi nulla.
Al processo confermati i danni dei Pfas a tiroide e fegato.

Uno studio di esperti nella zona rossa ha confermato la relazione tra i PFAS (i “vecchi” perfluoroalchilici a catena lunga, come Pfoa e Pfos e i “nuovi” a catena corta, vale a dire C6O4 e GenX) e i livelli nel sangue di colesterolo, funzione tiroidea, funzionalità epatica. In Corte di Assise di Vicenza, al processo Miteni di Trissino per avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari, è stata sentita Cristina Canova, a capo di un gruppo di ricerca internazionale che nel 2018 si è aggiudicata un bando, emesso dal “Consorzio per la ricerca sanitaria” per conto dall’Area sanità e sociale della Regione per progetti innovativi sui Pfas. Il progetto ha riguardato gli effetti per esposizione a Pfas nell’area rossa collegato al piano di sorveglianza regionale. Il progetto ha confermato l’associazione tra concentrazioni sieriche di Pfas e biomarcatori come colesterolo totale, Hdl, Ldl, funzione tiroidea Ttsa, funzionalità epatica e pressione.
Vertenza regionale No Pfas.

Con don Albino Bizzotto, sarà aperta (sabato 25 febbraio dalle 9 alle 13 a Padova, presso Beati i Costruttori di pace Stanga – via Da tempo 2) la Vertenza in Veneto del Movimento NO PFAS, ecologisti, CGIL, cittadini, che contestano la Giunta regionale per come gestisce e ha gestito, fin dall’inizio, la contaminazione Pfas. Clicca qui il Manifesto con 14 pesanti accuse e 26 rivendicazioni. Una vertenza regionale in Piemonte avrebbe analoghi contenuti, in più dovrebbe chiedere una ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti della Solvay che a Spinetta Marengo sono attive (mentre la Miteni veneta è chiusa).
Per la bonifica Pfas manifestazione davanti alla Miteni e contro Zaia.

Sabato 25 febbraio alle ore 14 davanti alla Miteni, la fabbrica di Trissino accusata della maxi contaminazione nel Veneto da Pfas, la rete ecologista del Nordest manifesterà per chiedere la bonifica: “Sono passati dieci anni dalla scoperta dell’inquinamento da Pfas e il sito Miteni, individuato dalle autorità competenti quale principale fonte di uno dei maggiori inquinamenti che la storia ricordi, continua a contaminare la nostra falda, i nostri pozzi, i nostri campi i nostri cibi e il nostro sangue. È compito degli enti pubblici far rispettare il cronoprogramma della messa in sicurezza del sito inquinante. Al momento si susseguono ritardi su ritardi. Le istituzioni devono collaborare fra loro e costringere chi ha inquinato alla bonifica immediata. Questo disastro ambientale coinvolge le tre province di Vicenza, Verona e Padova: ossia trenta Comuni inquinati, 350.000 persone coinvolte, 700 km quadrati di territorio compromesso, la seconda ricarica di acquiferi più grande d’Europa che andrà perduta, senza l’intervento immediato della bonifica”. Nel mirino della contestazione soprattutto la Regione Veneto, di cui Domenico Mantoan ex direttore generale della sanità, le consulenze legali d’oro e gli altri legami politici rivelati dall’Espresso.
La questione Pfas implica anche il loro smaltimento: c’è la preoccupazione che gli scarti di lavorazione finiscano in uno degli inceneritori che tra Padovano e Veneziano (ENI) potrebbero presto divenire operativi a pieno regime. Infatti gli attivisti della Riviera del Brenta hanno annunciato la loro presenza alla manifestazione di sabato che si terrà contemporaneamente giustappunto davanti alla Miteni, ma pure davanti al municipio di Trissino nonché davanti a palazzo Balbi a Venezia: sede della giunta regionale veneta.
Il dolo di Solvay e Miteni nei processi Pfas.

Al Processo di Vicenza, una testimonianza dell’Istituto Superiore della Sanità inchioda le responsabilità di Miteni e Solvay che conoscevano -senza intervenire- i gravissimi rischi PFAS per la salute dei lavoratori e dei cittadini, quanto meno dalle vicende della Dupont negli Stati Uniti e dalla mole degli studi internazionali. E’ quanto già sostenemmo nell’esposto del 2009 alla Procura della Repubblica di Alessandria. Clicca qui il video di Rainews. Perciò insistiamo a definire dolose quelle condotte imprenditoriali.
Pfas anche in Svizzera.

Quello che in Italia non si fa: “setacciato” il suolo svizzero a caccia dei PFAS: presenti nell’80% dei terreni esaminati in tutte le regioni della Svizzera, anche in quelle più discoste: vedi la cartina. Lo studio è stato condotto dall’Università di Zurigo di scienze applicate (ZHAW) e Agroscope (il centro di competenza per la ricerca agronomica), su mandato dell’Ufficio federale dell’ambiente. La mediana dell’inquinamento è di 1,4 µg/kg (per ogni chilo di terra), alcune quantità riscontrate superano addirittura i 6 microgrammi (zone del Ticino comprese, nella cartina appaiono come punti arancioni). I risultati possono essere considerati come concentrazioni di fondo, tuttavia, per i terreni più fortemente inquinati, si cercano fonti specifiche, come i fanghi di depurazione o magari insediamenti industriali come Solvay e Miteni, comunque industrie che utilizzano i pfas. Gli esperti e le autorità si dichiarano oltremodo preoccupati per queste sostanze tossiche e cancerogene, bioaccumulabili e indegradabili, e chiedono al Consiglio federale di intervenire. La sezione “Siti contaminati” dell’Ufficio federale dell’ambiente, sezione che accompagna i progetti di ricerca per la gestione di siti inquinati, oltre ai divieti coordina e sostiene i Cantoni nei risanamenti: dove ci sono siti fortemente inquinati, allora lì si agisce per primi nella bonifica.
I governanti svizzeri dimostrano quel senso di responsabilità che manca in Italia: non è ancora stato ripresentato nel nuovo parlamento il Disegno di Legge (ex Crucioli) che vieta l’uso, la commercializzazione e la produzione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, detta norme per la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall’inquinamento, per la ricerca finalizzata alla individuazione di materiali sostitutivi, e per la riconversione produttiva e il controllo sull’inquinamento.
Pfas sulla pelle e sulle spalle della collettività.

La bonifica della ex Miteni di Trissino, sanzionata dal tribunale e pagata dall’inquinatore, sembra sulla falsariga di quella mai realizzata dalla Solvay di Spinetta Marengo malgrado sentenza di Cassazione. Innanzitutto, in entrambi i casi i reati sono stati dalla magistratura sminuiti a colpa (negligenza e imprudenza) invece che aggravati in dolo (precisa e cosciente volontà di compiere un’azione criminosa). Poi aggiungi che la (blanda) condanna si fermerebbe ai pesci piccoli (direttori lautamente pagati allo scopo) e lascia liberi proprio gli squali amministratori che pur avrebbero in saccoccia la rimpinguata borsa per risarcire i danni e i costi di bonifica. Ciò si ripeterà ad Alessandria nel processo-bis che sta per avviarsi. Però, mentre ad Alessandria sarebbe chiaro chi dovrebbe pagare (Solvay), nel processo di Vicenza la situazione è complicata dal fatto che lo stabilimento, che sta ancora con Pfas contaminando -senza bonifica- tre intere province del Veneto, è stato semi smantellato e rivenduto a indiani (irreperibili in Italia) a seguito del pilotato fallimento della Miteni (tanto milionaria quanto nullatenente). Difficile immaginare nel processo in corso un adeguato risarcimento da parte dei marginali imputati in caso di condanna. Il disastro ecosanitario resterà sulla pelle e sulle spalle della collettività. Clicca qui.
Un ennesimo delitto perfetto da aggiungere alle 508 pagine del libro “Ambiente Delitto Perfetto.
Pfas: qualcosa si muove dopo la nostra lettera aperta ai parlamentari.

La Procura Generale della Corte dei Conti ci comunica per conoscenza che ha trasmesso alla Procura Regionale del Lazio -per valutazioni di competenza- la nostra Lettera aperta inviata ai deputati e ai senatori del Parlamento italiano:
Egr. Onorevoli e Senatori,
che ci state leggendo insieme ai quasi 38mila destinatari di questa
Lista del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” inviata tramite
“Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la
pace e la nonviolenza”.
I Pfas sono una calamità ambientale e sanitaria: intervenga il Parlamento.
Egr. Onorevoli e Senatori,
già nella trascorsa legislatura è stato presentato dall’ex senatore Mattia Crucioli un DISEGNO DI LEGGE CHE METTE AL BANDO I PFAS IN ITALIA. (clicca qui). Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione dei perfluoroalchilici (PFAS) nonché degli innumerevoli prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Accoglie in ciò le censure di Commissione interparlamentare ecomafie e Commissariato Onu, insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, dunque dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi (emblematico l’ecocidio veneto perpetrato dalla Miteni di Trissino).
Al bando, ovviamente, la produzione. In Italia l’unico stabilimento che produce i Pfas è la Solvay di Spinetta Marengo in Alessandria… (continua a leggere)
Per ulteriori approfondimenti, abbiamo messo a disposizione della Procura di Roma, dopo quelle di Vicenza e Alessandria, il Dossier “Pfas. Basta!”: in oltre 350 pagine è una piccola enciclopedia che racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2022 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, Governo, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali. La lunga storia dei PFAS (PFOA e C6O4 e ADV) è tratta in breve da stralci dei libri “Ambiente Delitto Perfetto” (Barbara Tartaglione – Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia) e “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”, nonché del Sito “Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la pace e la nonviolenza” www.rete-ambientalista.it gestito dal “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro”. Il Dossier è disponibile a chi ne fa richiesta.
Chiesero di distruggere le prove del PFOA.

Al processo di Vicenza, Roberto Ferrari, manager di progetto di Erm Italia, la società incaricata di valutare le criticità ambientali della Miteni, sul banco dei testimoni ha lanciato accuse pesantissime per quanto riguardò il rapporto 2008: “Ci chiesero di distruggere i risultati delle analisi sulla presenza di Pfoa nell’acqua di falda. Mario Fabris, direttore tecnico dell’azienda di Trissino, chiamò al telefono il mio responsabile, Giuseppe Filauro, per chiedergli di togliere dall’ultima versione del nostro report i dati sul Pfoa. Era necessario edulcorare gli allarmi che avevo inserito nel lavoro sulla falda». Nella sua testimonianza Filauro ha ovviamente smentito.
Clicca qui Rai 3 Veneto.
I Pfas sono una calamità ambientale e sanitaria: intervenga il Parlamento.
Egr. Onorevoli e Senatori,
già nella trascorsa legislatura è stato presentato dall’ex senatore Mattia Crucioli un DISEGNO DI LEGGE CHE METTE AL BANDO I PFAS IN ITALIA. (clicca qui). Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione dei perfluoroalchilici (PFAS) nonché degli innumerevoli prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Accoglie in ciò le censure di Commissione interparlamentare ecomafie e Commissariato Onu, insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, dunque dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi (emblematico l’ecocidio veneto perpetrato dalla Miteni di Trissino).
Al bando, ovviamente, la produzione. In Italia l’unico stabilimento che produce i Pfas è la Solvay di Spinetta Marengo in Alessandria, da dove proprio fin dagli anni ’80 è partita la nostra denuncia contro gli inquinamenti. Ad Alessandria il sindaco potrebbe, dovrebbe, fermare con ordinanza gli impianti che producono e utilizzano i Pfas (PFOA, C6O4, ADV) e li scaricano in aria/acqua/suolo: nell’immediato, perché intercorreranno i tempi processuali prima che tribunali di Vicenza e Alessandria provvedano alle sanzioni e ai risarcimenti.
Però, nel richiamare il precedente dell’amianto, È L’INTERVENTO LEGISLATIVO A LIVELLO NAZIONALE INNANZI TUTTO NECESSARIO E URGENTE, perché l’emergenza Pfas è oramai conclamata dalle Arpa in Veneto, Piemonte, Lazio, Trentino, Lombardia ecc.
Onorevoli e Senatori,
per valutare l’urgenza sanitaria di intervenire, vi invitiamo di ascoltare, dalla viva voce del dottor Vincenzo Cordiano, la relazione di ISDE Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (clicca qui). La relazione, corredata di esemplari tabelle esplicative, mostra quanto queste sostanze, i Pfas vecchi e nuovi, siano bioaccumulabili e indistruttibili, tossiche e cancerogene, come si accumulino nei tessuti umani, in particolare polmoni, reni, tiroide ecc., quanto siano individuate da tutti gli studi epidemiologici nazionali e internazionali, per inequivocabile nesso causale, come agenti di malattie e morti per cancri a rene, testicoli, tiroide, ecc. nonché come interferenti endocrini già a livello embrionale e puberale, eccetera. La drammaticità è sottolineata dalla relazione nel fornire una guida clinica per la prevenzione sanitaria. Ma, ATTENZIONE, ONOREVOLI E SENATORI, LA PREVENZIONE PRIMARIA TOCCA AL PARLAMENTO.
Per ulteriori approfondimenti, è a vostra disposizione (come di tutti coloro che ci faranno richiesta) il Dossier “Pfas. Basta!”: in oltre 350 pagine è una piccola enciclopedia che racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2022 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, Governo, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali. La lunga storia dei PFAS (PFOA e C6O4 e ADV) è tratta in breve da stralci dei libri “Ambiente Delitto Perfetto” (Barbara Tartaglione – Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia) e “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”, nonché del Sito “Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la pace e la nonviolenza” www.rete-ambientalista.it gestito dal “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro”.

Il filo rosso, doloso, che lega i processi Pfas di Alessandria e Vicenza.

La testimonianza resa al processo di Vicenza dal maresciallo Manuel Tagliaferri, del Nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri, ha fornito elementi di innegabile interesse anche per gli investigatori che indagano sull’inquinamento Solvay a Spinetta Marengo. C’è infatti un filo rosso che lega i due principali casi italiani di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (pfas): Miteni a Trissino (Vicenza) e Solvay a Spinetta Marengo (Alessandria). In particolare, le due società chimiche hanno collaborato per anni nella produzione del Pfas, il cC6O4, che ha contaminato il sangue e le falde acquifere veneti e piemontesi, rendendosi complici dei reati commessi.
Secondo i verbali Arpa, nel 2013 Miteni produceva senza autorizzazione il C6O4 (sperimentato nel centro di ricerca Solvay di Bollate) che sarà poi ritrovato sia nel sangue dei cittadini sia nelle acque potabili di tre province venete. E già nel 2009 era stato trasferito da Spinetta a Trissino il direttore Luigi Guarracino (ancora non condannato nei processi di Bussi e Spinetta), e così Miteni agirà come ditta in conto terzi per Solvay. Infatti già dal 2010 Miteni deteneva la scheda di produzione fornitale da Solvay e nel 2011 il consiglio di amministrazione di Miteni approvava il contratto con Solvay Solexis. Dopo di che, i dirigenti Solvay visitano l’impianto Miteni per discutere su come ampliare la produzione del loro nuovo prodotto, che doveva essere ancora registrato come imporrebbero le norme europee, e che avrebbe dovuto avere l’autorizzazione e sottostare al monitoraggio ambientale delle istituzioni. Nel 2011 vengono spedite da Spinetta Marengo a Trissino quasi cinque tonnellate di resina di cC6O4, lavorata e riconsegnata al mittente.
Con il fallimento Miteni del 2018 l’intera produzione di cC6O4 è allocata ufficialmente a Spinetta nel 2020. E i dieci anni di rifiuti C6O4 di Trissino? Miteni nel 2018 spedisce in provincia di Alessandria camion cisterna della ditta Getras alla società Nuova Solmine che non ha l’autorizzazione ambientale per la lavorazione di rifiuti Pfas. L’Arpa Piemonte ha rilevato nelle acque dello Scrivia decine di nanogrammi di Pfas per ogni litro di acqua. Oltre ad aver ricevuto i carichi della Miteni, la Nuova Solmine collabora anche con Solvay. La tracciabilità dei rifiuti deve essere presentata nella richiesta di autorizzazione integrata ambientale da ottenere per intraprendere alcune attività pericolose. Attualmente Solvay Solexis non ha ancora ottenuto questa autorizzazione, che non è stata più discussa dal 27 gennaio 2022 nella Conferenza dei servizi dove istituzioni e ditte si confrontano e redigono l’autorizzazione.
Già nell’anno 2011 il C6O4 è rintracciato nel sangue degli operai esposti e nel 2013, l’anno del verbale di Arpa, la media nel sangue degli operai è 16 nanogrammi per milligrammo. Purtroppo il filone sanitario non rientra nel processo di Vicenza (come successe nel processo di Alessandria conclusosi in Cassazione) ma fa parte di un’inchiesta aperta nel 2020 e chiusa di recente, sempre condotta dal Nucleo ecologico dei carabinieri di Treviso, sulla sorveglianza interna allo stabilimento, gestita per oltre trent’anni dal medico Giovanni Costa.
Costa è un elemento centrale del filo rosso che lega Solvay con Miteni. Perfettamente al corrente dei rischi per la salute, al punto che nel 2000 partecipava al gruppo internazionale di monitoraggio composto dalle otto maggiori produttrici di Pfas, e sovvenzionato da Solvay con oltre 100mila dollari. Mentre rassicurava i lavoratori e sfuggiva ad un nostro confronto pubblico, dai suoi computer i carabinieri hanno sequestrato i dati 2005 sui rischi sanitari degli operai della multinazionale Dupont negli Usa più volte costretta a risarcire per centinaia di milioni i cittadini ammalati per la contaminazione da Pfas nelle falde acquifere, nonché relazioni del 2006 e 2007 del tenore: “Per il Pfos gli studi dimostrano tossicità per lo sviluppo prenatale nel ratto e nel coniglio. Sono state inoltre osservate diminuzioni significative del peso corporeo fetale e aumenti significativi di anomalie esterne e viscerali, ossificazione ritardata e variazioni scheletriche”. “Emerge la correlazione significativa tra i bambini nati con livelli più elevati di Pfos e Pfoa e la diminuzione del peso alla nascita e della circonferenza cranica”.
Solvay e Miteni/Mitsubishi devono essere imputati per “dolo”.

I tecnici della società di consulenza ambientale Erm hanno spiegato al tribunale di Vicenza che i vertici dell’azienda committente Miteni di Trissino nel 2008 erano a conoscenza della contaminazione da Pfas nella falda e della nullità delle barriere idrauliche di contenimento del 2004-2007, ma chiesero di stralciare le analisi sulle sostanze inquinanti, di “non accennare a questa sostanza”, dunque invece di intervenire e adoperarsi per la bonifica della falda acquifera cercarono di insabbiare le prove: il Pfoa superava di 400 volte i limiti americani! Erm aveva avvertito Mitsubishi che i rilievi sul Pfoa andavano comunicati con urgenza agli enti ma “Dalla società ci dissero di escludere i dati del pozzo più contaminato e non segnalare l’autodenuncia. Lo chiesero sia per il report interno sia per il documento da presentare per la vendita”. A fine 2009 Mitsubishi cedette Miteni alla multinazionale Icig per la cifra simbolica di 1 euro.
La richiesta di distruggere le prove della contaminazione è la ennesima dimostrazione del reato di dolo, come andiamo ripetendo anche per la Solvay di Spinetta Marengo, già allora cosciente dello scandalo Dupont in Usa.
C’è un filo rosso che lega i due principali casi italiani di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (pfas), quello della Miteni a Trissino (Vicenza) e quello a Spinetta Marengo (Alessandria), nello stabilimento della Solvay.
In Italia il più grave inquinamento da PFAS in Europa.

L’abbiamo portato alla luce alla Commissione parlamentare Ecomafie e alla Commissione speciale Onu su diritti umani e sostanze e rifiuti tossici. Sono cinque le Regioni ufficialmente coinvolte: Veneto, Lazio, Piemonte, Lombardia e Toscana. Il nostro Paese registra il più grave inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in Europa. Punte dell’iceberg: Veneto (ex Miteni di Trissino) e Piemonte (Solvay di Spinetta Marengo), due i processi penali in corso.
Un disegno di legge in discussione al Senato prevede soglie massime di sversamento nelle acque, ma per scienziati e attivisti, invece, l’unico limite accettabile è pari a zero: in acque, suolo e atmosfera. Così come prevede, infatti, il Disegno di Legge presentato in Senato dall’ex senatore Crucioli che mette al bando i Pfas in Italia, superando l’insufficiente regolamentazione europea. Vieta la produzione (dunque li chiude a Spinetta), la commercializzazione (della monopolista Solvay dunque), l’uso (alle concerie venete e toscane dunque) di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi. Perciò è ferocemente avversato da Confindustria.
In Piemonte, il primo presupposto per l’attuazione del “DDL Crucioli “è la fermata delle produzioni Solvay di Alessandria. (clicca qui Pfas. Basta! ). A nulla è valso il processo conclusosi in Cassazione nel 2019, pur se proprio da Alessandria nel 2008 partì la campagna nazionale contro i Pfas.
Nel Veneto, non solo Miteni, chiusa nel 2013, è responsabile della contaminazione delle falde acquifere ma anche il distretto della concia di Arzignano, come ammesso dalle stesse organizzazioni di categoria della concia nel documento relativo al progetto di programma per il risanamento del Fratta Gorzone.
CLICCA PER VEDERE IL FILMATO DA NON PERDERE che riceviamo da CiLLSA Cittadini per il Lavoro, la Legalità, la Salute e l’Ambiente.
Per quanto riguarda la Toscana, l’argomento è tornato alla ribalta grazie all’annuario riferito al 2021 che pubblica tutti i dati sull’ambiente con una parte dedicata ai Pfas, sottolineandone i drammatici danni alla salute. Cosa scrive Arpat sul suo sito web ufficiale su Pfas e salute: ce lo riferisce LuccainDiretta (clicca qui): il 70 per cento delle stazioni in acque superficiali e il 30 per cento delle stazioni in acque sotterranee monitorate in Toscana presenta residui di queste sostanze. In particolare “Arpat individua nel territorio toscano, quali fonti di origine dei Pfas, il comparto tessile della provincia di Prato e un distretto conciario di valenza internazionale a Santa Croce sull’Arno e San Miniato Fucecchio, in provincia di Pisa. Inoltre, Arpat ritiene come probabili fonti di pressioni anche gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e industriali e le discariche di rifiuti”.
In Lombardia avevamo sollecitato un intervento della magistratura in merito alla situazione ambientale e sanitaria attorno al centro di Bollate ove Solvay ha sviluppato le ricerche sul cC6O4 e altri simili Pfas”. Dall’ Arpa la conferma: sotto Milano scorrono Pfas, composti chimici tossici, cancerogeni e altamente persistenti. In particolare scorre un composto prodotto in esclusiva della multinazionale belga Solvay, il C6O4, che sfugge alle depurazioni e rifluisce nel parco agricolo di Milano sud. Risalendo al tessuto idrografico della città si vede come il C6O4 si diluisca nella rete fognaria, e scorrendo verso sud esca all’estremo opposto della città, probabilmente nel parco agricolo di Milano sud: area naturale protetta sede di diversi presidi Slow Food. L’Arpa riferisce alla Commissione Ecomafie che la presenza di C6O4 è stata riscontrata nei fiumi Olona e Po.
In Lazio l’Arpa ha riferito alla Commissione Ecomafie di aver registrato nel corso degli anni per le acque superficiali i superamenti Pfas degli standard di qualità ambientale-media annuale. In particolare per il fiume Astura (il corso d’acqua lambisce la discarica di Borgo Montello e presenta una deteriorata qualità ambientale), i canali Rio Martino e Moscarello (vicino a entrambi insistono attività industriali), il fiume Sacco.
Non c’è bonifica Pfas in Veneto.

Anche in Veneto si tende a confondere, come già in Alessandria, la messa in sicurezza con la bonifica. Dunque, a quasi dieci anni dalla deflagrazione dello scandalo Pfas che ha colpito Veronese Vicentino e Padovano, scarsi sono i progressi rispetto alla bonifica del sito dell’ex Miteni. Dopo l’incontro pubblico delle Mamme No Pfas con le istituzioni a Lonigo, è risultato chiaro che siamo ancora nella fase della messa in sicurezza e non della bonifica, perciò Alberto Peruffo di Pfas.land è stato chiaro: “La bonifica, se mai sarà eseguita a regola d’arte, appare collocata in futuro difficile da determinare”. Tre sono infatti gli aspetti da tenere in considerazione. Uno, la procedura per la messa in sicurezza, vista la unicità del disastro ambientale attribuito alla Miteni oggi finita a processo, è una procedura eminentemente «sperimentale». Due, la bonifica è una cosa diversa dalla messa in sicurezza: ma è solo a quest’ultima che attualmente si sta già lavorando. Tre, la bonifica effettiva, ovvero la rimozione definitiva delle cause alla base dell’inquinamento dei suoli e della falda è ben al di là da venire: non solo per ragioni di ordine tecnico.
Secondo le giustificazioni dei relatori del procedimento tecnico-amministrativo, il quadro normativo, che rende più o meno incisivo l’insieme degli interventi in capo al privato che si è accollato tale onere, è variegato. La legge, quando una bonifica per così dire totale è impossibile o inopinatamente onerosa, permette o permetterebbe il semplice contenimento perpetuo dell’inquinamento entro limiti previsti dalle leggi. Questa lettura non è stata condivisa dagli ambientalisti: quando si parla di messe in sicurezza e di bonifiche il quadro degli obblighi di legge è invece molto restrittivo. Insomma, chi inquina deve pagare, e la magistratura e i soggetti istituzionali o amministrativi sono chiamati ognuno a far rispettare le leggi.
Due medici al centro dei processi PFAS di Vicenza e Alessandria. Giovanni Costa.

Giovanni Costa è indagato al processo Miteni a Vicenza, e ritengo debba esserlo nel nuovo processo Solvay in avvio ad Alessandria. Chi scrive può essere chiamato a testimoniare, documenti alla mano, le responsabilità del professor Costa. Può già farlo a confermare la testimonianza fiume del maresciallo maggiore del Noe di Treviso Manuel Tagliaferri resa in Corte d’Assise del Tribunale di Vicenza, che vede imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.
Il sottoscritto può testimoniare di aver denunciato pubblicamente le responsabilità del Costa già dal 2009 con l’accusa “di occultare la gravità della condizione sanitaria dei lavoratori e dei cittadini ingannando l’ignavia dell’Arpa. Costa, pur conoscendo tutti gli studi (quarantennali) e i divieti e i risarcimenti internazionali nonchè i livelli ematici di avvelenamento riscontrati fra i lavoratori, invece di chiedere per primo il bando della sostanza inesistente in natura, vende la sua autorità per reiterare rassicurazioni – mentendo anche in scandalose assemblee con i lavoratori- che essa non provoca malattie, tumori/malformazioni/alterazioni sessuali… ma sarebbe pressoché innocua o benefica all’uomo. L’abbiamo invano sfidato ad un confronto pubblico tramite un fondamentale documento (depositato in Procura) articolato in 24 dettagliatissimi punti / capi di imputazione quanto meno morali”.
(continua)
Due medici al centro dei processi PFAS di Vicenza e Alessandria. Dario Consonni.

Due medici hanno svolto un ruolo cruciale nella storia del disastro eco sanitario dei Pfas in Italia. Giovanni Costa e Dario Consonni.
Dario Consonni. Nei primi anni di gestione Solvay, nel 2003, la media di Pfoa nel sangue di chi era esposto alla lavorazione poteva arrivare anche a 5mila microgrammi litro. Le analisi venivano effettuate da un laboratorio di Brema creato dalla Dupont in Europa, dove vengono spediti, dal 2004, anche i campioni della ditta Miteni che a Vicenza produceva il Pfoa per Solvay. Due medici si confrontano per oltre vent’anni nella lettura dei dati del sangue delle coorti Miteni e Solvay. Giovanni Costa, medico interno di Miteni e professore dell’università statale di Milano, che nel 2009 ha pubblicato un primo studio sull’incidenza del Pfoa nel colesterolo. E Dario Consonni, epidemiologo che visita più volte lo stabilimento di Trissino per coordinare la ricerca e che firma come terzo nome lo studio.
Parte dei lavoratori Solvay di Spinetta Marengo annualmente vengono monitorati per alcuni Pfas (Secondo le ricostruzioni giornalistiche, gli operai maggiormente esposti in passato venivano spostati di impianto, senza ricevere spiegazioni, fino ??? al dimezzamento della presenza di Pfoa nel sangue). Attualmente, spiega Consonni al giornale lavialibera “gli operai sono informati annualmente in occasione di un’assemblea in cui vengono illustrati sinteticamente i risultati del biomonitoraggio”.
Nel 2013 viene pubblicato uno studio, a firma di Dario Consonni e altri, che evidenzia il rischio di cancro del fegato per esposizione diretta al Pfoa (lavorato con il Tfe per ottenere il Pfte, il Teflon a marca Solvay). Lo studio comprende una percentuale di lavoratori spinettesi, ma i suoi risultati sono giudicati insufficienti dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc). A dicembre 2018 Consonni riceve un finanziamento per cercare nello stesso contesto altre sostanze pericolose: Pfoa, cC6O4 e Adv, quest’ultima una miscela di composti Pfas che a Spinetta viene prodotto dal 1989, anno di brevetto firmato da Giuseppe Marchionni, sede Ausimont di Bollate. Lo studio è ancora in corso.
Il documento della Commissione parlamentare ecoreati, del 2022, allega una relazione tecnica firmata dal consulente esterno Andrea Di Nisio, del dipartimento di Medicina dell’Università di Padova. In questa relazione viene confermata la presa di posizione dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) sul rischio cancerogeno per il Pfoa. Di Nisio, che da anni lavora con il professor Carlo Foresta sull’interferenza dei Pfas nel sistema endocrino, scrive che “i risultati mostrano che cC6O4 ha caratteristiche fisico-chimiche simili a quelle del PFOA in termini di mobilità e persistenza nei sistemi biologici”. Vengono inoltre sottolineati i limiti dei test sui ratti condotti da Solvay, perché “il ratto non rappresenta un modello appropriato per studiare gli effetti dei perfluoroalchilici, e quindi anche del C6O4, sullo sviluppo umano”. Nel 2011 la sostanza compare nel Registro per le sostanze europee (Reach), detenuta sia presso Miteni sia presso Solvay Solexis di Bollate. Per questa registrazione ufficiale Solvay deve depositare studi sulla tossicità e la persistenza ambientale.
Però Ilaria Colombo, che collabora nel 2013 con Dario Consonni allo studio sui lavoratori di Spinetta, presenta alla Commissione parlamentare ecoreati dei dati che dimostrerebbero come la sostanza non sia bioaccumulabile (la presenza prolungata nel corpo) come il Pfoa. A detta del direttore Solvay Andrea Diotto, questi studi non sono però mai stati consegnati alle istituzioni preposte alla tutela ambientale e sanitaria per motivi di privacy aziendale. Botta e risposta al processo. Il 3 febbraio nel corso di un’udienza del processo Miteni a Vicenza, Francesca Daprà, fino a dicembre 2020 a capo dei laboratori Arpa Veneto, ha confermato la difficoltà di reperire lo standard del cC6O4, ritrovato nel Po e nello scarico Miteni. Lo standard è il campione certificato della sostanza che le industrie devono fornire alle istituzioni statali per la realizzazione delle analisi ambientali. I difensori dei manager di Miteni sostengono che Arpa Veneto non sia stata in grado di monitorare queste sostanze, sottolineando l’impreparazione della teste. Daprà dal canto suo risponde: “Nel 2018 quando ci venne comunicato questo nuovo composto, né la Solvay né il laboratorio certificato che aveva il cC6O4 ci risposero. Abbiamo dovuto chiederlo a Miteni, a quei lavoratori che già nel 2010 lo avevano nel sangue e che era stato registrato a Bollate, dalla Solvay”.
PFAS. I lavoratori in penale se la passano male. Meglio il civile ad Alessandria e Vicenza.

Il procedimento penale per le malattie professionali accusate dai lavoratori della Miteni di Trissino subisce una battuta d’arresto per la richiesta di archiviazione del pubblico ministero Alessia La Placa. i lavoratori della Miteni sono ad oggi i più contaminati nella letteratura medica mondiale: trovati fino a 91.900 nanogrammi di Pfas per millilitro di sangue, molti hanno o stanno affrontando patologie cardiovascolari, tumori, conseguenze psicologiche gravissime. Il collegamento ai Pfas è più che plausibile dati i risultati dei numerosissimi studi medico-scientifici internazionali, anche veneti. Determinante la posizione dei periti interpellati dal pubblico ministero: La Pira e Di Bello.
Ebbene, è come avevamo avvertito due anni fa (clicca qui), il professor Enrico Pira ce lo saremmo ritrovato nei processi di Vicenza e di Alessandria, perché è indiscutibilmente (si legga il profilo) l’illustre baluardo scientifico dei grandi inquinatori italiani per i quali esercita esclusivamente la professione di consulente giudiziario al fine di scagionarli per le morti e le malattie dei propri dipendenti. Data la sua fama, averlo la PM scelto come perito, era scontato l’esito. Inoltre, avendo la PM scelto come capo di imputazione “lesioni colpose gravi” piuttosto che “lesioni dolose”, avrebbe fatto sì che il procedimento sarebbe finito in prescrizione. A seguito del rigetto della istanza di archiviazione e della richiesta di disporre nuove indagini, la patata bollente dei diciannove indagati e delle ventidue parti offese passa al giudice per le indagini preliminari Roberto Venditti, ed eventualmente ad un altro pubblico ministero.
La Cgil, attraverso il Patronato Inca, ha inoltrato all’Inail 43 domande di riconoscimento di malattia professionale dei lavoratori esposti: di queste l’Inail ne ha finora accolte 19, riconoscendo che il solo bioaccumulo nel sangue di Pfas è un danno perché può favorire l’insorgenza di una serie di patologie correlate; altre 21 sono in fase di valutazione e 3 sono state respinte. Anche questo riconoscimento farebbe propendere -sia ad Alessandria che a Vicenza- per la via del procedimento giudiziario in sede civile delle Vittime fisiche piuttosto che in sede penale.
In penale le accuse di dolo a Solvay. Ma bisogna aprire anche cause civili per risarcire le Vittime.
In tutti gli esposti (ben 15) alla Magistratura di Alessandria depositati fin dal 2009, ho sempre accusato Solvay del reato di dolo, ovvero volontà cosciente di arrecare danno altrui. E’ emblematico che in mensa l’acqua proveniva dal pozzo sotto lo stabilimento, quando l’azienda era pienamente consapevole (occultando e contraffacendo anche le informazioni alle autorità) che le concentrazioni del cancerogeno cromo esavalente (8203 ug/L) nelle acque sotterranee erano talvolta più di 1600 volte superiori agli standard italiani. A tacere del PFOA e di altri 20 veleni. E’ emblematico che dal rubinetto degli uffici al piano terreno bevevo quell’acqua, mentre al piano superiore, riservato ai dirigenti, era apposto il cartello “acqua non potabile”.
Nel nuovo processo l’accusa è emblematica quando nel capo di imputazione si parlerà di PFAS. Per sintesi, facciamo riferimento alla recente indagine svolta dalla équipe d’ #Investigation) , dalla quale emerge che Solvay ha contaminato le popolazioni italiane e americane con i Pfas: i documenti interni del gigante chimico mostrano che l’azienda belga ha perfino sostituito i Pfas controversi con altri altrettanto tossici e cancerogeni. La multinazionale lo sapeva e ha continuato a usarli per più di 15 anni.
Anzi, Solvay sostiene di aver cessato il pfas cancerogeno PFOA nel 2013, mentre ad oggi continua a scaricarlo in aria e acqua, tant’è che nel febbraio 2020, l’IRSA, l’istituto di ricerca sull’acqua, preleva campioni nel punto di scarico delle acque reflue industriali nel fiume Bormida, e misura le concentrazioni di PFOA, peraltro di 2938 µg / l, 29 volte al di sopra della soglia fissata dalla Regione Piemonte 0,10 µg /l (In USA il limite di legge delle acque potabili è 0,016 µg /l.) Tant’è che nel marzo 2020, una campagna di monitoraggio dell’aria condotta dall’ARPA ha mostrato che il PFOA è stato trovato anche nella ricaduta atmosferica degli impianti. Tant’è che il 17 marzo 2022 una scienziata (che lavora per il Centro Nazionale e Ricerche CNR e per l’Istituto di Ricerca sull’Acqua IRSA) misura che il PFOA è ancora presente nel suo campione (0,1902 µg /l), mescolato con i nuovi (in realtà utilizzati da ameno 15 anni) cancerogeni pfas ADV e C6O4.
Infatti, ancor prima di aver smesso di utilizzare il PFOA, Solvay aveva introdotto l’ADV nella sua produzione già alla fine degli anni ’90, vedi il nostro esposto del 2009, e già nel 2006 i sospetti di tossicità erano confermati nel fegato dei topi di laboratorio, ma la multinazionale attenderà fino al 2011 prima di comunicare questi studi secretati all’EPA, mentre sta usando ADV anche in Italia. Ma c’è di peggio in fatto di dolo. Nel 2019 Solvay fornirà all’EPA un documento che dimostra che l’ADV è entrato nel sangue dei suoi lavoratori in due diverse fabbriche per più di 10 anni. La multinazionale ha smesso di usarlo nel luglio 2021 nella sua struttura di West Deptford, mentre l’ADV è ancora utilizzato da Solvay in Italia a Spinetta Marengo! E viaggia in acqua e aria (ma Solvay promette zero dal 2026).
Sul suolo americano, Solvay deve affrontare 25 cause legali. Si riferiscono tutte all’uso di PFAS. Qualche mese fa il tribunale ha emesso una ordinanza che permette di intentare un’azione collettiva per milioni di persone il cui sangue contiene PFAS. Al punto che il 20 giugno 2022, Solvay ha annunciato con grande clamore la sua intenzione di eliminare gradualmente l’uso di PFAS a livello globale entro il 2026. Decisione fasulla per Spinetta, che abbiamo già drasticamente commentato (clicca qui Senza il Disegno di legge Crucioli, la strategia della Solvay è vincente.) ma che diventa vincente senza il DDL che mette al bando i Pfas in Italia.
In Italia due processi penali (Alessandria e Vicenza) si occupano (anche) di Pfas. E’ tempo di aprire processi civili, ispirandoci a quelli americani.
Recentemente abbiamo pubblicato la lunga storia delle indagini epidemiologiche sul territorio di Alessandria, in particolare sulla Fraschetta, dove sorge il polo chimico di Spinetta Marengo. A confermare i precedenti, l’ultimo, a fine 2019, è uno studio epidemiologico pubblicato dall’ARPA, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, raccogliendo i dati dei ricoveri ospedalieri tra il 2001 e il 2017, e confrontando la popolazione del sobborgo spinettese con quella del vicino capoluogo di Alessandria situato a più di 3 km di distanza. Gli abitanti di Spinetta, a partire dai bambini, corrono un rischio maggiore di sviluppare malattie endocrine, tumore al fegato, tumore ai reni, ipertensione, malattie respiratorie, patologie cardiovascolari eccetera. Il nesso causale, tra le sostanze chimiche Solvay e le malattie, è confermato dall’ Indagine del sangue della popolazione effettuata dall’Università di Liegi (clicca qui Le analisi del sangue parlano chiaro: la popolazione di Spinetta Marengo è contaminata da Pfas.).
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

I processi di Vicenza e Alessandria affronteranno il nodo dei risarcimenti alle Vittime dei Pfas?

Vincente la strategia Solvay (senza il DDL Crucioli) almeno la Giustizia assicurerà nei Tribunali i risarcimenti alle Vittime? Ma i processi di Vicenza e Alessandria lo affronteranno questo nodo dei risarcimenti alle Vittime dei Pfas?
Se sì, il dottor Giovanni Costa, secondo chi scrive, dovrebbe sedere sul banco degli imputati ai processi di Alessandria (Solvay) e Vicenza (Miteni), invece probabilmente sarà chiamato dalle difese a testimoniare spacciato come consulente, a coprire come foglia di fico la condotta dolosa dei dirigenti.
A testimoniare cioè, come anticipato di recente dagli avvocati di Solvay /Santamaria e Bolognesi), che le due aziende da 20 anni avevano effettuato “il biomonitoraggio di tutti i lavoratori potenzialmente esposti ai PFAS nell’ambito del programma di sorveglianza sanitaria, utilizzando sempre le migliori tecniche di laboratorio e metodologie di analisi in collaborazione con i più accreditati Istituti sanitari autorizzati. I risultati delle analisi non destano alcuna preoccupazione dal punto di vista clinico-tossicologico. La sorveglianza medica pluriennale, continua e costante dei dipendenti, non indica correlazioni con effetti patologici associati all’esposizione professionale ai PFAS”. Il medico “accreditato” (addirittura professore) preposto alla sorveglianza era infatti Giovanni Costa, che regolarmente incontrava i lavoratori per rassicurarli sulle loro condizioni di salute presenti e future. Tutti da sempre sani, e ora non risarcibili.
Mi piacerebbe nelle aule dei tribunali di Vicenza e Alessandria sottoporre, in contradditorio, le 24 domande sulle quali nel 2010 (l’anno dopo il mio esposto alla Procura) Costa era sfuggito ad un incontro pubblico, benché sfidato sui giornali. Così concludeva la ventiquattresima domanda: “24) In conclusione, dott. Costa, Lei è d’accordo con Solvay che rassicurante sostiene essere questa sostanza – che provoca tumori/ malformazioni/alterazioni sessuali – pressoché innocua o benefica all’uomo italiano, anzi associata a cromo esavalente e a una montagna di altri 20 veleni che colano nelle falde acquifere?
Oppure ammette che, dopo gli studi internazionali, dopo i miliardi di risarcimenti, dopo che è messo al bando in tutto il mondo perché tossico/teratogeno/mutageno/cancerogeno, il PFOA deve essere finalmente, oggi, senza rinvii, eliminato dalle lavorazioni dello stabilimento di Spinetta Marengo che contaminano il sangue di lavoratori e cittadini, e avvelenano le falde e i fiumi Bormida, Tanaro e Po fino alla foce, e che debbono essere indennizzati i danni alle persone e all’ambiente?
I lavoratori e i cittadini si costituiranno parti civili al processo”. Analogamente le domande potevano essere rivolte a Vicenza per la Miteni di Trissino.
Solo nel 2016 Costa sarà costretto a rispondere alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli ecoreati , per quanto riguarda la Miteni. La Commissione (presidente Stefano Vignaroli ) commenta le relazioni del “professore”. Innanzitutto contesta le sue affermazioni che, nel corso degli anni, vi sarebbe stata una costante diminuzione delle quantità di PFAS presenti nel siero dei dipendenti, e che le elevatissime concentrazioni ematiche sarebbero da considerate come “limite accettabile” nei lavoratori esposti. La Commissione contesta le sue conclusioni “cliniche” che affermano “…il controllo periodico dei lavoratori non ha rilevato significative alterazioni del loro stato di salute, sia dal punto di vista clinico generale che a livello degli indicatori biologici di effetto a carico di organi/sistemi bersaglio (in particolare quelli emopoietico, epatico, renale e metabolico). Le loro condizioni di salute sono soddisfacenti e non emergono elementi che indichino un significativo rischio di patologie correlate al lavoro, che risulta attualmente ben controllato e da considerarsi ragionevolmente entro i limiti di ampia accettabilità. Per quanto riguarda in particolare l’esposizione a PFOA, i risultati del monitoraggio biologico confermano il trend alla progressiva riduzione dell’esposizione, e conseguente concentrazione nel sangue, pur se il processo è lento e vi sono ancora sporadici casi di modesto assorbimento.”.
La Commissione contesta ogni attendibilità: “Accade che si è in presenza di conclusioni che poggiano su esami emato-chimici e delle urine, i cui dati tuttavia non vengono esposti, in quanto coperti da omissis, sicché è esclusa ogni possibilità di una loro verifica. Nulla viene detto in ordine all’esecuzione di accertamenti specifici sulla funzionalità nel tempo degli organi ritenuti maggiormente esposti ai composti perfluoroalchilici, quali la tiroide, i reni o il fegato, né sull’eventuale accertamento di malattie correlate a esposizioni prolungate nel tempo. In particolare non vi è cenno alcuno sulle eventuali patologie sub-letali”.
Conclude la Commissione d’Inchiesta: “In realtà, l’unico obiettivo delle varie relazioni del professor Costa sembra essere, per un verso, quello di dimostrare il rispetto dei valori di riferimento indicati, come invece si è visto molto elevati e, per altro verso, l’assenza di ‘significativo rischio di patologie correlate al lavoro’, ‘pur nella lenta eliminazione della sostanza (PFOA) dovuta alla sua lunga emivita biologica’. Si tratta – ad avviso della Commissione di inchiesta – di una grave carenza metodologica, posto che il monitoraggio dei lavoratori ha un senso non in relazione al rispetto di parametri astratti – peraltro, come si è visto – molto elevati, bensì in relazione alla verifica del loro effettivo stato di salute, dopo anni di assorbimento di sostanze perfluoroalchiliche, che come si è visto sono potenzialmente pericolose.
Di queste pericolosità Costa si è disinteressato per coprire gli interessi aziendali. La Commissione infatti riporta gli studi internazionali: “Le correlazioni tra l’esposizione alle sostanze perfluoroalchiliche e l’insorgenza di numerose patologie in seguito ad esposizioni prolungate. Tra queste si possono qui brevemente ricordare: ipercolesterolemia, colite ulcerosa, malattie tiroidee, tumori del testicolo e del rene, ipertensione indotta dalla gravidanza e preeclampsia, nonché associazioni con varie patologie cardiovascolari quali arteriosclerosi, ischemie cerebrali e cardiache, infarto miocardico acuto e diabete. Queste considerazioni diventano tanto più gravi se si guarda ad alcuni studi che indicano anche dati quantitativi nella associazione tra l’insorgenza delle patologie e le concentrazioni di esposizione.”
Come si legge, la censura a Giovanni Costa della Commissione parlamentare di inchiesta sugli ecoreati è inesorabile, eppure sarà quella la linea di difesa aziendale ai processi di Vicenza e Alessandria, ammesso e non concesso che in sede penale verranno affrontati i risarcimenti per le Vittime Parti Civili. Ad Alessandria, Solvay contesterà innanzitutto l’Indagine epidemiologica dell’Università di Liegi, ma non solo.
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro
Pfas anche in Toscana: fiumi e mari. Vanno fermati in tutta Italia con il Disegno di legge Crucioli.

L’inquinamento da Pfas in Toscana è legato principalmente ai distretti tessile, vivaistico e conciario: nelle acque superficiali è presente una contaminazione bassa ma diffusa mentre nelle acque sotterranee si inizia a evidenziare la loro presenza. Anche in Toscana dunque, dopo Veneto Piemonte Lombardia (Miteni di Trissino e concerie, Solvay di Spinetta Marengo e Bollate), i Pfas sono ritrovati da ARPAT nel Serchio, nel Versilia, nell’Usciana, nell’Elsa, nel Bisenzio e nell’Ombrone.
Inoltre, dalla Versilia a Capalbio, dal 2020 al 2022, da Arpat sono stati ritrovati a varie concentrazioni di Pfas in tutti i delfini piaggiati lungo il litorale toscano, che tra l’altro attestano una capacità di questi inquinanti di attraversare la membrana encefalica, come dalle analisi dell’università di Siena insieme ai veterinari dell’Izslt che compiono la necroscopia, acquisendo anche i parametri morfometrici di base (lunghezza totale, peso, sesso, età) e codificando lo stato di conservazione.
Nessuna sorpresa, perché questi tossico cancerogeni -indistruttibili e accumulabili negli organismi viventi- imperversano soprattutto acqua-aria-suolo delle aree circostanti i siti di produzione e lavorazione. Ma non solo. Sono ovunque nell’ambiente perché i Pfas vengono impiegati dagli anni cinquanta nelle lavorazioni di numerosi prodotti di largo consumo giornaliero: pentole antiaderenti teflon, impermeabilizzanti per tessuti goretex; tappeti; pelli; insetticidi; schiume antincendio; vernici; rivestimento dei contenitori per il cibo; cera per pavimenti e detersivi eccetera.
Contro questa calamità mondiale (neppure l’acqua piovana è più potabile) Vi è una unica soluzione definitiva in Italia: l’approvazione (ormai per la prossima legislatura, ammesso che qualche forza politica lo riproponga) del Disegno di Legge del senatore Mattia Crucioli (clicca qui) che detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.
La Regione Veneto tiene mano ai corresponsabili Pfas della Miteni di Trissino.

Il processo Pfas è in scena alla Corte d’Assise di Vicenza a carico di 15 ex manager di Miteni, Mitsubishi e Icig per l’inquinamento di un’ampia area tra Vicenza, Padova e Verona (mentre ad Alessandria l’analogo processo alla Solvay di Spinetta Marengo marcisce nei cassetti).
Tra le tante patologie provocate dai Pfas, come evidenza questo studio della dottoressa Francesca Russo, direttore Prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria della Regione Veneto, durante l’udienza a processo, le ricerche scientifiche hanno messo in luce anche l’incremento delle patologie neonatali e delle donne in gravidanza nelle aree più contaminate: diabete gestazionale, neonati più piccoli e sotto peso rispetto alla media e altre malformazioni maggiori tra cui anomalie del sistema nervoso, del sistema circolatorio e cromosomiche.
La dott.ssa Russo durante l’udienza ha parlato diverse volte di correlazione e non di relazione causa-effetto, tra l’esposizione ai Pfas e le malattie. Manca infatti un importante tassello: lo studio epidemiologico deliberato nel 2016. “Nonostante le richieste della Commissione Ecomafie, la Regione Veneto non ha mai chiarito i motivi per i quali lo studio non è mai partito. Probabilmente il motivo è che esso fornirebbe un contributo fondamentale a questo processo, chiarendo in modo inequivocabile la responsabilità delle persone che hanno causato questo enorme disastro.
L’EPA americana tiene il fiato sul collo alle industrie Pfas.

Come Solvay ad Alessandria e Miteni a Vicenza, così in USA Dupont e Chemours per oltre 30 anni hanno rilasciato centinaia di composti PFAS, noti anche come sostanze per- e polifluoroalchiliche, nel fiume Cape Fear, nell’aria e nelle acque sotterranee, contaminando la fonte di acqua potabile di oltre 300.000 persone della Carolina del Nord. Sulla base di ulteriori test su animali umani, la tossicità di queste sostanze, quando anche a livelli di presenza bassissimi, si sta rivelando sempre più drammatica: sul sistema immunitario, sul sistema cardiovascolare, sui problemi di sviluppo con i bambini e sul cancro (fegato, reni ecc.). A questo punto l’EPA, l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti, è intervenuta con nuovi avvisi sanitari nazionali, riducendo i limiti di esposizione di quattro sostanze PFAS: 10 parti per trilione per il GenX, 0,004 parti per trilione per PFOA, 0,02 parti per trilione per PFOS, 2.000 parti per trilione per PFBS. I gruppi ambientalisti, tuttavia, premono sulle agenzie ambientali statali e l’EPA a utilizzare la legge esistente per ridurre fino a zero le emissioni di PFAS.
La giustizia USA contro i produttori di Pfas.

I Pfas si trovano in tantissimi prodotti che vanno dalle pentole antiaderenti ai cosmetici alle schiume antincendio.
“Vogliamo che ripristinino le nostre preziose risorse naturali e garantiscano che l’acqua che beviamo e utilizziamo nella nostra vita quotidiana non sia a rischio a causa dei prodotti PFAS qui in Massachusetts”. Il procuratore generale del Massachusetts Maura Healey ha intentato una causa contro i produttori di schiume antincendio che contengono sostanze chimiche PFAS che sono state collegate a una serie di gravi problemi di salute, tumori, danni al fegato e alla tiroide, problemi di sviluppo e del sistema immunitario ecc.
“La nostra causa” ha affermato il procuratore “ va contro i produttori che hanno guardato oltre tutti questi danni per decenni – per decenni – e hanno continuato a vendere e mettere in vendita questo prodotto in schiuma, incluso venderlo e spingerlo a enti governativi, comuni, vigili del fuoco locali e aziende”. Le società hanno nascosto informazioni sulla tossicità dei PFAS, presentato false informazioni all’EPA e cercato di impedire ai lavoratori di discutere del rischio rappresentato dalle sostanze chimiche.
Analogamente a quanto avvenuto in Italia per Solvay e Miteni.
Le accuse in tribunale al medico PFAS di Miteni e Solvay.

Il sottoscritto Lino Balza può testimoniare al processo, documenti alla mano, le responsabilità del professor Giovanni Costa, confermando la testimonianza fiume del maresciallo maggiore del Noe di Treviso Manuel Tagliaferri, avvenuta il 9 giugno durante il processo Pfas in corso presso la Corte d’Assise del Tribunale di Vicenza, che vede imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari. Tagliaferri ha ricostruito il ruolo di Costa quale medico responsabile della Miteni e garante delle problematiche di rischio sanitario e ambientale collegato ai Pfas, e delle correlate azioni di prevenzione e limitazione del loro uso. Costa rappresentava l’azienda anche nei meeting internazionali che si occupavano di queste problematiche. Dalla ricostruzione di Tagliaferri, è emerso come il medico relazionasse sistematicamente i vertici della società sulle novità scientifiche relative al rischio Pfas e sulle sue interazioni con la fisiologia umana. Quindi Costa intratteneva rapporti diretti con Du Pont e i più grandi produttori mondiali, consentendo a Miteni di avere una conoscenza aggiornata e tempestiva su tutte le novità emerse dalla comunità scientifica sui gravissimi rischi connessi ai Pfas. Dunque questo circolo di produttori da decenni conosceva le tecnologie necessarie per rilevare e analizzare la presenza ambientale e biologica dei Pfas. E nasconderla!
Non può emergere nulla di diverso nelle carte sequestrate dai carabinieri nell’abitazione e nell’ufficio del professor Giovanni Costa.
L’accusa a Miteni è valida anche per la Solvay di Spinetta Marengo perché Giovanni Costa era nel contempo responsabile sanitario per lo stabilimento di Alessandria.
Il sottoscritto può testimoniare di aver denunciato pubblicamente le responsabilità del Costa già dal 2009 con l’accusa “di occultare la gravità della condizione sanitaria dei lavoratori e dei cittadini ingannando l’ignavia dell’Arpa. Costa, pur conoscendo tutti gli studi (quarantennali) e i divieti e risarcimenti internazionali nonchè i livelli ematici di avvelenamento riscontrati fra i lavoratori, invece di chiedere per primo il bando della sostanza inesistente in natura, vende la sua autorità per reiterare rassicurazioni – mentendo anche in scandalose assemblee con i lavoratori- che essa non provoca malattie, tumori/malformazioni/ alterazioni sessuali… ma sarebbe pressoché innocua o benefica all’uomo. L’abbiamo invano sfidato ad un confronto pubblico tramite un fondamentale documento (depositato in Procura) articolato in 24 dettagliatissimi punti, capi di imputazione quanto meno morali”.
A riguardo, clicca qui alcuni stralci tratti dal libro “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”, ripresi nel dossier ”Pfas. Basta!” (disponibile a chi ne fa richiesta).
“Il PFOA deve essere finalmente, oggi, senza rinvii, eliminato dalle lavorazioni dello stabilimento di Spinetta Marengo che contaminano il sangue di lavoratori e cittadini, e avvelenano le falde e i fiumi Bormida, Tanaro e Po fino alla foce, e che debbono essere indennizzati i danni alle persone e all’ambiente”: è quanto scrivemmo allora, e resta di sconcertante attualità anche grazie a medici come Costa.
Lo spettro della chimica si aggira per l’Italia.

Mentre i sindacati (in anticipo sulla scadenza per condizionare pesantemente le trattative per tutti gli altri accordi collettivi) firmano il nuovo contratto nazionale di lavoro del settore chimico, senza dire nulla su ambiente e sicurezza, diamo uno sguardo in giro.
ROSIGNANO. Il disastro ambientale al vaglio del Parlamento Europeo (clicca qui). Il nostro ministro della ‘finzione ecologica’ si era addirittura affrettato a rinnovare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alla multinazionale Solvay, consentendole così di continuare a sversare i residui della propria produzione chimica in mare per altri 12 anni.
SPINETTA MARENGO. Si va verso il razionamento. La chiusura del pozzo dell’acquedotto a Montecastello, per l’inquinamento di Pfas (C6O4) della Solvay distante 16 chilometri, da due anni sta provocando l’emergenza idrica in quanto il Comune era stato costretto ad allinearsi con una vecchia linea, che a sua volta non è in grado di fornire l’approvvigionamento al territorio di Montecastello e Pietra Marazzi abitato a oltre mille famiglie. Clicca qui Emergenza idrica da Pfas in Alessandria.
VENETO. Prosegue il processo PFAS che vede imputati 15 manager Miteni Mitsubishi per avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari. Inquinamento che tocca le province di Vicenza, Verona e Padova. Il medico che occultava l’avvelenamento del sangue dei lavoratori era lo stesso di Spinetta Marengo. Clicca qui.
PRIOLO. Il provvedimento della magistratura di Siracusa sul depuratore industriale, con effetti deflagranti sull’intero Polo petrolchimico, è un sequestro annunciato perché da quattro anni la società consortile doveva adeguare gli impianti di trattamento alle normative ambientali indicate dalla Procura. Un gioco di scatole cinesi fra società consortili a capitale pubblico, ingranaggi di una Regione ostaggio della politica da veti e interessi incrociati, alla fine si sono bloccati da soli inceppando quel delicatissimo meccanismo a orologeria della raffinazione petrolifera, sulla quale si regge l’economia di un’intera provincia. Clicca qui.
PORTO MARGHERA. La chiusura del cracking di Eni è solo l’ultima voce di una lista di chiusure dopo Caprolattame, Vinyls, Dow Chemical, Montefibre: stabilimenti abbandonati tra promesse di bonifiche senza seguito. Lo stop del cracking crea un effetto domino sui processi a valle degli impianti di Ferrara, Mantova e Ravenna. Si tratta di una riduzione delle emissioni come si fregia l’Eni? O solo di un taglio di risorse? Il dubbio è lecito. I sindacati lamentano che “Porto Marghera ha bisogno di un progetto complessivo di re-industrializzazione” ma la conciliazione con le associazioni ambientaliste resta problematica. Clicca qui.
Pfas allarme mondiale. In Usa nuovi limiti di mille volte più bassi.

Sempre maggiore l’allarme. Precedendo la pubblicazione del regolamento nazionale sulla potabilità delle acque, prevista per l’autunno di quest’anno, l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (Epa) ha annunciato quali saranno i nuovi limiti per le sostanze perfluoro alchiliche, cioè gli ormai tristemente noti (e ubiquitari) Pfas. L’avviso sanitario, di valenza transitoria, riduce drasticamente le concentrazioni accettabili degli acidi Pfoa e Pfos che passeranno dalle attuali 70 parti per trilione per entrambi a 0,004 e 0,02 parti per trilione, rispettivamente. Prime misure anche contro i derivati più moderni che stanno sostituendo i Pfas.
Insomma, stabilire 0.004ppt ossia 0.004ng/L. per il PFOA: praticamente è come dire che non deve esserci! Che senso ha che in Veneto lo “zero tecnico”, che è definito come un limite strumentale, si ferma a 5ng/l. Zero limiti inoltre deve valere per l’intera classe dei PFAS, non per singola molecola.
Limiti zero è quanto si propone il disegno di legge presentato dal senatore Mattia Crucioli, fortemente osteggiato dalla Confindustria perchè detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia, superando l’insufficiente regolamentazione europea. Vieta la produzione (dunque li chiude a Spinetta Marengo ), vieta la commercializzazione (della monopolista Solvay dunque), vieta l’uso (alle concerie dunque) di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.
La questione Pfas è all’ordine del giorno. “L’ExtraTerrestre”, il settimanale ecologista del Manifesto, le ha appena dedicato una ampia inchiesta di Maria Cristina Fraddosio (clicca qui un articolo che cita le nostre posizioni). Per un approfondimento è disponibile per chi ne fa richiesta il Dossier “Pfas. Basta!”: una piccola enciclopedia che in oltre 430 pagine racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2021-2022 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comuni, Provincie, Regioni, Governi, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali.

Il processo Pfas a Vicenza marcia, ad Alessandria marcisce.

Le accuse che le parti civili stanno scagliando dentro il tribunale di Vicenza contro la Miteni di Trissino sarebbero le stesse che si udrebbero contro la Solvay di Spinetta Marengo se ad Alessandria il processo viceversa non fosse impaludato. A Vicenza testimoniano i carabinieri del Noe mentre ad Alessandria le cartelle sequestrate con le analisi del sangue degli operai restano secretate malgrado le avessimo denunciate in magistratura fin dal 2009. Da Vicenza insomma giunge un monito (clicca qui) ai magistrati, agli enti locali e alla stessa popolazione alessandrina. “Un monito per gli enti piemontesi che stanno autorizzando o hanno già autorizzato nell’Alessandrino lavorazioni del tutto simili a quelle già autorizzate dagli enti veneti a beneficio della Miteni. Un monito per gli alessandrini: devono trovare il coraggio di dire no alla produzione di Pfas. È arrivato il momento che i cittadini mettano sulla graticola Regione Piemonte, Provincia e Comune di Alessandria. C’è bisogno di un caso Miteni bis anche in Piemonte?”.

Il Disegno di Legge presentato dal senatore Mattia Crucioli per la messa al bando dei Pfas in Italia risponde alle esigenze emerse in Piemonte, in Veneto, in Lombardia eccetera. Ma ciò non toglie che la magistratura abbia il dovere di fare il suo corso in tutte le latitudini.
L’azienda era consapevole che con i Pfas stava uccidendo la popolazione.

Nel processo in corso a Vicenza, l’interrogativo è stato posto a Francesca Russo, direttore del dipartimento prevenzione della Regione Veneto. La risposta della teste è stata sostanzialmente affermativa: già a partire dal 2000 la Miteni (al pari della Solvay di Spinetta Marengo n.d.r) eseguiva le analisi del sangue dei lavoratori appoggiandosi a laboratori americani e tedeschi. (Clicca qui il TG.) Nei risultati, la pericolosità dei Pfas era talmente evidente che l’azienda provvide alla rotazione del personale per limitarne l’accumulo. Non è stato ancora ascoltato il professor Giovanni Costa che per trenta anni ha rabbonito le maestranze di entrambi gli stabilimenti: “A parte un po’ di colesterolo, grossi problemi non ce ne sono». Costa meriterebbe di comparire come imputato anche al processo di Alessandria.
Invece ha testimoniato il dottor Manuel Tagliaferri, ovvero il maresciallo dei Carabinieri del Noe di Treviso sulle cui spalle è gravato gran parte del peso operativo delle indagini preliminari. Tagliaferri ha confermato che dalla notevolissima mole di carte sequestrate è emerso come la società oggi imputata fosse a conoscenza del proprio stato di decozione ambientale già a partire dai primi anni ’90, incurante degli scarichi e perfino dell’impianto colabrodo, in entrambi i casi nulla facendo per le bonifiche.
Compromettente la testimonianza di Domenico Mantoan, già direttore generale della sanità della Regione Veneto, su cui grava il sospetto di aver favorito l’azienda per non aver dato seguito allo studio epidemiologico in accordo con l’Iss, sollevandola così dal reato di disastro sanitario (oltre che di disastro ambientale).
Il disegno di legge Crucioli mette al bando i Pfas. E avvia le bonifiche.
La differenza sostanziale fra i due stabilimenti produttori di PFAS è che, mentre quello della Miteni di Trissino è chiuso dal 2018, quello della Solvay di Spinetta Marengo è in piena attività: si chiede di fermarla perchè incrementa l’inquinamento di aria, acqua e suolo nel cocktail con altri 20 tossici e cancerogeni. In comune i due territori hanno il problema della bonifica dei Pfas, ingigantito per Alessandria dalla “sporca ventina” tra cui cromo esavalente e cloroformio.
La bonifica del territorio veneto (almeno 180 kmq), per quanto più facile perché circoscritta ai Pfas, è comunque ben lontana dall’essere affrontata. Infatti si è ancora nella fase di impacchettare, svuotare e vendere lo stabilimento: l’acquirente indiano non ha alcuna fretta al di là di aver acquisito i brevetti. Le barriere idrauliche, di messa in sicurezza, a loro volta restano dei colabrodi. Infine la bonifica vera e propria sarebbe a carico dei soggetti responsabili dell’inquinamento, contro i quali il processo è appena iniziato a Vicenza: durerà anni (Alessandria docet) con i difensori a sostenere che non vi erano leggi che stabilissero limiti pfas di inquinamento. Nel frattempo, senza risarcimenti, i carotaggi vengono effettuati all’1% e l’investimento infrastrutturale per le reti idriche (con sistemi di filtrazione che a loro volta, inceneriti, creeranno problemi di bonifica, es. Chemviron di Legnago) subirà prevedibili ritardi.
Al riguardo, a parte l’intento di attaccare le giunte regionali di centrodestra, non procurerà benefici pratici il disegno di legge, relatore il pidiessino Andrea Ferrazzi, permissivo a concedere limiti di dosi e di tempo agli scarichi dei Pfas nell’ambiente, e utile ad essere usato dagli imputati come un boomerang nei due processi di Vicenza e Alessandria. Tant’è che Solvay si è subito dichiarata pronta ad abbracciarlo promettendo alle calende greche -in cambio della “temporanea” tolleranza di legge alla produzione- un mitico futuro di “zero tecnico” delle emissioni di Pfas (C6O4, ADV) negli scarichi… trasformati in “acqua distillata” (sic) tramite “osmosi inversa” (metodo di filtrazione meccanica spacciato da premio Nobel mentre impiegato fin dagli anni ’50). La bufala Solvay, ad uso giornalistico (e perché no parlamentare e giudiziario?), ovviamente tace sull’inquinamento atmosferico e omette di aggiungere che i filtri dell’osmosi, una volta inceneriti, creano Pfas.
Viceversa, il secondo disegno di legge, del senatore Mattia Crucioli, è osteggiato dalla Confindustria perchè detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia, superando l’insufficiente regolamentazione europea. Vieta la produzione (dunque li chiude a Spinetta), la commercializzazione (della monopolista Solvay dunque), l’uso (alle concerie dunque) di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.
Gli obiettivi della propaganda Solvay.
Dunque la propaganda Solvay da un lato tende a paralizzare Leggi parlamentari di bando totale dei Pfas e monitoraggi ambientali e sanitari della Regione Piemonte, nonché a perpetuare autorizzazioni provinciali di produzioni (C6O4 ADV) e anche di nuove e più vaste (Tecnoflon). Dall’altro lato si presta a condizionare ad Alessandria il secondo processo penale, avendo reiterato anzi aggravato i reati -disastro ambientale e omessa bonifica- condannati nel primo e quindi chiaramente configurabili come dolosi. Soprattutto come effetti di catastrofe sanitaria.
Nel contempo a Vicenza è già in corso il procedimento penale per i Pfas della Miteni di Trissino. Insomma leggi e sentenze influiranno sulle vicende dei territori italiani inquinati da Pfas, a cominciare da quelli veneti: la lavorazione delle concerie è una bomba ad orologeria (che già grava sul fiume Fratta-Gorzone, a tal punto che ne è vietata la pesca e il prelievo).
Si comprende quanto, per il territorio alessandrino, Solvay di Spinetta Marengo spinga le storiche complicità istituzionali a omettere le analisi del sangue e a stemperare le indagini epidemiologiche che dimostrano la “correlazione stretta”, non solo la diffusione, delle patologie legate all’avvelenamento dei Pfas nel sangue e nei tessuti biologici. Le malattie riscontrate dagli studi scientifici partono dall’infecondità e dai disturbi neotali per arrivare a diabete, malattie degenerative, tumori eccetera. Peraltro queste complicità criminose già emergono al processo di Vicenza. Nel complesso si tratta di reati di “strage sociale” continuata e senziente, scientifica, ad opera di chi, azienda e istituzione, era consapevole e cosciente del proprio operato.
Un capitolo merita la bonifica. Per Solvay (in piena attività) non è bastata la condanna della Cassazione. Per Miteni (chiusa) non saranno gli acquirenti indiani a provvedere. In entrambi, stante la (complice) latitanza della politica, la bonifica si trasforma in un grande affare di denari e appalti, gestiti e pilotati dagli stessi che ostacolano la “bonifica profonda” dei territori perché tale operazione vorrebbe dire spesa senza rientro, mentre i profitti di tipo parassitario/mafioso arrivano da quei meccanismi clientelari nei quali, cosa ancor più grave nei casi emergenziali e di salute pubblica, si continua a muso duro a macinare denaro pubblico nel modo più banditesco possibile. Fa riflettere questa foto

del deposito clandestino di Pfas C6O4 di Tortona, tratta dal nostro Sito https://www.rete-
Si estende la ricerca dei Pfas nel sangue dei cittadini.
Cittadini veneti, perché per i piemontesi di Alessandria (Solvay di Spinetta Marengo) il monitoraggio non è mai iniziato. Si amplia la zona rossa: dopo la campagna di monitoraggio delle fontane e dei pozzi di via IV Novembre, da Trissino (Miteni) lo screening dell’Ulss 8 Berica interessa oltre 1000 cittadini trissinesi: principalmente persone residenti in alcune zone collinari di Trissino vecchia e persone che hanno frequentato l’asilo parrocchiale dal 1963 agli anni Ottanta.

Pfas, gli obiettivi degli ambientalisti possono diventare Legge.


Il disegno di legge depositato dal senatore Mattia Crucioli “Norme relative alla cessazione della produzione e dell’impiego delle sostanze poli e perfluoroalchiliche” (clicca qui) è in piena corrispondenza con il Dossier (clicca qui) presentato da Legambiente in occasione della Giornata mondiale dell’acqua 2022 .
La road map di Legambiente infatti, in coincidenza degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, si pone il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60), in particolare della messa al bando nella produzione e nella commercializzazione delle sostanze inquinanti, persistenti e bioaccumulabili, i PFAS, “per i quali la gravità della situazione è ben conosciuta e che, nonostante l’attivismo di associazioni e cittadini, continuano a rappresentare un pericolo per l’ambiente e per la salute delle persone”.
I PFAS, le sostanze perfluoroalchiliche, tossiche e sospette cancerogene in diverse patologie, nonché ampiamente riconosciute come interferenti endocrini, hanno contaminato aria e acque di vaste aree del Veneto e del Piemonte, e si stanno ritrovando anche in numerose parti d’Italia. Emblematici i casi della Solvay di Spinetta Marengo e della Miteni di Trissino. Per quest’ultima, finalmente chiusa dopo una gigantesca contaminazione delle falde che ha avvelenato centinaia di migliaia di abitanti, è in corso dal 2021 il processo penale a Vicenza; ad Alessandria sta per essere avviato. “Un caso paradossale” stigmatizza Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – “se si pensa che, nonostante la presenza di questo inquinante sia accertata fino al Po e nella falda esterna dello stabilimento, la Solvay ha chiesto e ottenuto dalla provincia di Alessandria l’estensione dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) per l’uso e la produzione di cC6O4. Attualmente, è perciò autorizzata a produrre 60 tonnellate/anno di cC6O4 e a scaricarne nel fiume Bormida fino a 940 Kg/anno”. E la popolazione neppure è sottoposta a monitoraggio del sangue.
Nel Disegno di Legge del senatore Crucioli si realizzerebbero gli obiettivi di Legambiente e di tutte le forze che da anni si stanno battendo: Greenpeace, Movimento di lotta per la salute Maccacaro, Mamme No Pfas, Comitato Stop Solvay, Friday for Future, Isde Medici per l’Ambiente. Infatti il DDL stabilisce –con termini temporali precisi e senza ambiguità- che “i limiti di scarico in aria, in acqua e nel sottosuolo dei PFAS siano portati allo zero tecnico, al pari delle acque potabili”; ovvero: “È vietato l’uso, la commercializzazione e la produzione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS”. Infine esso “Detta norme per la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall’inquinamento da PFAS, per la ricerca finalizzata alla individuazione di materiali sostitutivi, alla riconversione produttiva e per il controllo sull’inquinamento”.
Ingenti Pfas trovati nel sangue dei bambini veneti ma non dei piemontesi.

Per la semplice ragione che in Piemonte neppure una analisi del sangue è stata eseguita. In Veneto il Piano di Sorveglianza Sanitaria avviato dalla Regione nel 2017 dimostra che oltre l’80% dei bambini hanno quantità di Pfas nel sangue ben superiori a quelle rilevate nelle popolazioni esposte a contaminazione di fondo. Il dato è stato rimarcato dal Direttore Servizi Socio-Sanitari della ULSS durante l’udienza del 3 marzo del processo presso il tribunale di Vicenza a carico di 15 manager di Miteni, ICIG e Mitsubishi per l’inquinamento con le sostanze interferenti endocrine in un’ampia area tra Verona, Padova e Vicenza.
Chiusura della Solvay di Alessandria: come salvaguardare l’occupazione.
Per il servizio giornalistico completo clicca qui.
Le associazioni ambientaliste e i comitati dei cittadini, che da sempre hanno sostenuto “limiti zero pfas”, cioè emissioni zero in suolo-acqua- aria, sono giunti alla conclusione, ormai senza eccezioni, che le produzioni di pfas (C6O4 e ADV) della Solvay di Spinetta Marengo debbano essere chiuse, analogamente agli Stati Uniti. Anzi, ormai si parla di chiusura dello stabilimento. Si parla di Referendum popolare.
Nella recente assemblea pubblica di Legambiente, intitolata “Ultimatum a Solvay”, la relazione del’ingegner Claudio Lombardi, ex assessore all’ambiente del Comune di Alessandria, dopo la scrupolosa disamina degli impatti ambientali e sanitari, dei quali i Pfas sono appena la punta dell’iceberg, ha concluso con queste posizioni:
“L’industria chimica Solvay sorge nel cuore di un centro densamente abitato sul quale esercita un impatto ambientale estremamente negativo ed inoltre è «sito Seveso» a rischio di incidente disastroso. In tali condizioni è arduo se non impossibile garantire sicurezza e salute a popolazione e lavoratori. L’unica soluzione auspicabile per coniugare salute e lavoro è la chiusura delle lavorazioni chimiche e la trasformazione del sito in Centro di Ricerche per bonifiche ambientali “non produttivo” e quindi non inquinante e non pericoloso”.
Malgrado la sentenza della Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica, malgrado l’apertura di un nuovo procedimento penale con le stesse imputazioni, malgrado le indagini di Onu e Commissione Ecomafie, la pervicacia della Solvay di imporre alla popolazione alessandrina e all’Italia una presenza devastante, non trova più neppure sponda tra i sindacati. Nell’ampio reportage di Marina Forti su “L’essenziale”, Franco Armosino, segretario della CGIL di Alessandria, non nasconde l’autocritica: “Nei primi anni duemila la Solvay commissionava analisi del sangue dei dipendenti per tracciare il PFOA. Risultavano valori molto alti (come chi scrive ha per primo denunciato con esposti in magistratura n.d.r.), ma uno specialista di medicina del lavoro chiamato dall’azienda (Giovanni Costa, lo stesso implicato nel processo Miteni a Vicenza n.d.r.) diceva di non preoccuparci, con il tempo sarebbero diminuiti. Intanto vedevamo ragazzi di trent’anni con la leucemia o malattie della tiroide”. Dopo di che, i sindacati per venti anni non si sono preoccupati gran che. Armosino giustifica che comunque “La CGIL è stata parte civile nel processo alla Solvay, e guarda avanti: “Continuo a pensare che si possa produrre chimica senza far ammalare lavoratori e cittadini. Se no, è meglio che lo stabilimento chiuda”.
E’ meglio che lo stabilimento chiuda fanno eco associazioni e comitati. Però l’occupazione per 600 dipendenti? La risposta c’è nella ragionevole proposta scaturita nell’assemblea di Legambiente “Trasformazione del sito in Centro di Ricerche per bonifiche ambientali ‘non produttivo’ e quindi non inquinante e non pericoloso”, piuttosto che nella ardita proposizione di Franco Armosino: “La costruzione del deposito nucleare nazionale ad Alessandria potrebbe fungere da valvola di sfogo occupazionale e di sicurezza alla chiusura di Solvay”.
Giallo Pfas, uno spettro aleggia su Arpa e magistrati.

Chissà se la Procura di Alessandria si sta ispirando al processo di Vicenza, perché anche nel capoluogo piemontese negli anni passati opacità sono state adombrate al cadere nel vuoto dei nostri esposti in magistratura ed enti di controllo.
Tremano i corridoi: una annotazione bollente redatta dai carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico potrebbe inguaiare l’agenzia ambientale e alcune toghe mentre si vocifera di pressioni «indicibili» e di un fascicolo inaccessibile che toglie il sonno a pezzi da novanta dell’economia, della politica e delle istituzioni, che temono che quel faldone d’inchiesta «stranamente» archiviato possa a trasformarsi «in un vaso di Pandora». All’origine c’è l’indagine Noe sui controlli che Arpa Veneto preannunciava tempestivamente alla Miteni di Trissino affinchè risultasse “pulita”, e il relativo carteggio che potrebbe mettere in guai seri i funzionari di Arpav ma anche i magistrati che l’hanno archiviato.
Quel carteggio si lega indissolubilmente alle conclusioni cui, sull’affaire Pfas, è giunta in sede parlamentare la Commissione bicamerale Ecomafie: le ipotesi di reato erano da brivido perché più soggetti a vario titolo erano finiti sotto indagine per “rivelazione di segreto d’ufficio, abuso in atti d’ufficio, rifiuto in atti d’ufficio, falso ideologico in atti pubblici commesso dal pubblico ufficiale, favoreggiamento personale”. Dunque l’archiviazione appare strana. Tanto che sia la condotta dei funzionari pubblici quanto quella dei magistrati potrebbero essere bersaglio di un esposto in sede penale da parte degli ambientalisti e oggetto di confronto in sede di Commissione giustizia. Su questa vicenda, infatti, gravano ombre dal passato: gli esposti nel 2017 e 2018 di “La terra dei Pfas” e “Greenpeace” caduti nel vuoto.
Chi vuole approfondire clicchi qui.
Commissione Ecomafie: “Pfas emergenza nazionale, serve una legge del governo”.

È allarmante la relazione approvata dalla Commissione d’inchiesta Ecomafie sulla diffusione dei Pfas in Italia: sono un problema nazionale e vanno affrontati con una legge che ne vieti la diffusione nell’ambiente.
Le situazioni più critiche sul fronte di questo gravissimo inquinamento industriale si trovano in Veneto e in Piemonte, con decine di migliaia di persone avvelenate per decenni. In Veneto la Miteni di Trissino è chiusa mentre in Piemonte la Solvay di Spinetta Marengo produce e inquina a tutto spiano. Nelle aree attigue le due aziende, la contaminazione è ancora oggi fuori controllo. Lo conferma Arpav in Veneto, con picchi di Pfas rilevati anche a marzo 2021 nei piezometri di Trissino, lo conferma Arpa Piemonte che continua a rilevare cC6O4 nei terreni, nella falda e nell’atmosfera. Miteni e Solvay sono accomunate anche dal fatto di essere incriminate in due processi ad Alessandria e Vicenza.
Ma la Commissione ha accertato che la diffusione dei Pfas si riscontra in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle Regioni del Nord e nel bacino del Po, ma anche in Toscana e in Lazio, dove le Arpa sonnecchiano più che altrove.
Il governo Draghi, e in particolare il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, se il loro mandato durerà oltre il voto per il Quirinale, dovranno mettere urgentemente mano a una materia su cui gli esecutivi Letta, Renzi, Gentiloni e i due Conte, hanno latitato.
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