Greenpeace: no patteggiamenti bensì fermare le produzioni Solvay.

Secondo l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), risalente al 2010, rinnovata nel 2021 dalla Conferenza dei Servizi provinciale, Solvay era autorizzata a produrre in deroga dal 2020: a condizione che neppure una sola molecola di Pfas ricadesse in suolo, acqua e aria. Invece, ha prolungato l’attività produttiva oltre il termine decennale previsto malgrado che in questo arco temporale di 15 anni è stato ufficialmente riconosciuto il pesante inquinamento della falda acquifera e dell’atmosfera, peraltro noto agli abitanti della Fraschetta da decenni.
 
“Il Comune di Alessandria aveva vietato di attingere acqua di falda in una vasta zona intorno al Polo Chimico. Le analisi hanno evidenziato che l’acqua risulta inquinata sia all’interno che all’esterno della fabbrica, fino a notevoli profondità. Indagini successive condotte da Ispra e Arpa hanno inoltre dimostrato che l’inquinamento si trasferisce ai prodotti ortofrutticoli, alle uova e al latte, aggravando ulteriormente la situazione ambientale e sanitaria”.
 
ARPA ha reso pubblici i risultati di una campagna accurata e continuativa di analisi dei PFAS che ricadono sui centri abitati alessandrini e che permeano l’aria circostante -le analisi hanno rilevato la presenza allarmante di queste sostanze anche ben oltre 10 km di distanza dal Polo Chimico- e sta proseguendo le indagini per determinare l’ulteriore estensione dell’inquinamento atmosferico. Le indagini confermano che il dilavamento delle sostanze nocive in Bormida e nelle falde acquifere continua, evidenziando l‘inefficacia della cosiddetta ‘barriera idraulica’, più volte assurdamente citata da Solvay.
 
Ebbene -denuncia Greenpeace con i Comitati– la Conferenza dei Servizi, conclusasi nel 2021 ha autorizzato Solvay ad ampliare la produzione del PFAS cC6O4, nonostante fosse già noto il grave sversamento nelle falde e nelle acque superficiali. “La Provincia, pur consapevole della situazione, date le evidenze riportare da Arpa, ha scelto di privilegiare gli interessi economici dell’azienda, concedendo l’ampliamento e comunicando alla cittadinanza una fantomatica tutela dei loro diritti fondamentali imponendo prescrizioni che si sono rivelate del tutto inefficaci nel contenere l’inquinamento. Ricordiamo che tra le 32 prescrizioni previste per il rilascio dell’Autorizzazione, la prima prevedeva che nessuna molecola di inquinante sarebbe più dovuta fuoriuscire dallo stabilimento: a quattro anni di distanza sappiamo con certezza che quella prescrizione non è mai stata ottemperata”.

Oggi Comune, Provincia e Regione dispongono di una significativa quantità di dati e studi scientifici che offrono l’opportunità di prendere una decisione storica e finalmente responsabile: pretendere che ogni emissione venga azzerata in ogni matrice, in acqua, nel suolo e in atmosfera; non permettere che questi impianti continuino a produrre PFAS .
 
Questa, in Conferenza dei Servizi” riaffermano Greenpeace e Comitati “è l’unica scelta davvero lungimirante per tutelare il territorio e la salute delle persone. Permettere la prosecuzione della produzione significherebbe continuare ad esporre deliberatamente la popolazione ai rischi di contaminazione da sostanze altamente persistenti. Bloccare l’attività di produzione di PFAS dell’impianto è un atto di responsabilità istituzionale, un segnale concreto che la salute pubblica non è più negoziabile”.
 
Ha negoziato il sindaco di Alessandria, piuttosto che esercitare il suo ruolo di massima autorità sanitaria locale (e mentre querela Lino Balza per diffamazione a mezzo stampa). Sta negoziando la Regione. “Mentre decine di cittadini apprendono di avere il sangue contaminato, le istituzioni continuano a dimostrare di non avere le giuste priorità, discutendo su cavilli tecnici del tutto irrealizzabili e contribuendo deliberatamente al danno verso la salute di tutta la cittadinanza”.