Basta Pfas in Comunità Europea.

Danimarca, Germania, Olanda, Norvegia e Svezia hanno formalizzato a ECHA (European Chemical Agency) una proposta di revisione del REACH (Registration, Evaluation, and Authorisation of Chemical SubstancesRegulation CE No 1907/2006, per restringere a livello UE l’impiego di circa 10 mila sostanze perfluoroalchiliche (PFAS). E così salvaguardare la One Health (salute pubblica, sanità e benessere animale, ambiente) dai forever chemicals. Clicca qui l’analisi in quindici punti.

“The Forever Pollution Project”.

I giornalisti del Forever Pollution Project hanno costruito una mappa unica nel suo genere della contaminazione da PFAS in Europa, mappa che misura l’entità dell’avvelenamento di queste sostanze chimiche estremamente tossiche e cancerogene, molto mobili e praticamente indistruttibili, utilizzate in una vasta gamma di oggetti, dalle padelle antiaderenti agli impianti medici, nonché destinate a costi di bonifica per decine e decine di miliardi di euro che le aziende non intendono spendere.

Questo lavoro senza precedenti ha permesso un risultato spaventoso: di individuare almeno 17.571 siti contaminati in cui i livelli di PFAS superano i 10 nanogrammi per litro (ng/L). Questi siti includono 2.100 “hotspot” dove le concentrazioni superano i 100 ng/l, un livello che la maggioranza degli esperti che sono stati consultati considera pericoloso per la salute.

“The Forever Pollution Project” ha anche scoperto (sezionando più di 1.200 documenti riservati della Commissione europea e dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche nonché centinaia di fonti aperte) un ampio processo di lobbying (associazioni di settore, gruppi di riflessione, studi legali e grandi aziende) capitanato da Solvay per annacquare il divieto PFAS proposto a livello europeo, per influenzare la Commissione europea e gli Stati membri, per indebolire il prossimo divieto PFAS.

La metodologia scientifica alla base di questa “esperienza giornalistica peer-reviewed” è presa in prestito dal PFAS Project Lab e dalla mappa dei siti e delle risorse della comunità PFAS negli Stati Uniti. L’indagine esclusiva “The Forever Pollution Project, durata mesi e condotta da 18 redazioni europee, è stata inizialmente sviluppata da Le Monde (Francia), NDR, WDR e Süddeutsche Zeitung (Germania), RADAR Magazine e Le Scienze (Italia), The Investigative Desk e NRC (Paesi Bassi). Il progetto è stato sostenuto finanziariamente da Journalismfund.eu e Investigative Journalism for Europe (IJ4EU). L’indagine è stata ulteriormente sviluppata e indagata da Knack (Belgio), Denik Referendum (Repubblica Ceca), Politiken (Danimarca), YLE (Finlandia), Reporters United (Grecia), Radio lettone (Lettonia), Datadista (Spagna), SRF (Svizzera), Watershed Investigations / The Guardian (Regno Unito). Il processo di collaborazione transfrontaliero è stato sostenuto da Arena for Journalism in Europe.

La mappa dei siti italiani contaminati da Pfas elaborata da Le Monde.

Per quasi un anno, il giornale francese “Le Monde” ha lavorato con i giornalisti di 18 media partner per provare a misurare l’entità della contaminazione in Europa di Pfas, le sostanze chimiche tossiche e cancerogene praticamente indistruttibili utilizzate in una vasta gamma di oggetti, dalle padelle antiaderenti agli impianti medici.  Per questa indagine è stata adattata la metodologia sviluppata da un team di ricercatori del PFAS Project Lab di Boston con i loro colleghi della ” Mappa dei siti PFAS e delle risorse della comunità “.

Secondo una stima prudente, basata su migliaia di campioni ambientali, spiega Le Monde, in Europa ci sono più di 17mila siti contaminati a livelli che richiedono l’attenzione delle autorità pubbliche (superiori a 10 nanogrammi per litro). Gli esperti intervistati da Le Monde hanno stimato che in più di 2.100 “punti caldi” la contaminazione raggiunge livelli considerati pericolosi per la salute (più di 100 nanogrammi per litro).

Tra questi, emerge la mappa dei siti italiani. Al cui vertice spiccano i disastri ecosanitari della Miteni di Trissino in Veneto e la Solvay di Spinetta Marengo il Piemonte.

Carta igienica con Pfas favorisce il cancro.

Un team di scienziati dell’Università della Florida negli Usa, tramite una ricerca pubblicata su Environmental Science & Technology Letters avvertono che anche la carta igienica potrebbe contenere Pfas, sostanze che sono state collegate da precedenti studi a determinati tipi di cancro, ma anche ad un basso numero di spermatozoi (quindi a una scarsa fertilità maschile). Un’indagine del genere in Usa è già stata condotta da Mamavation, community di genitori “green”.

L’ispirazione per lo studio è nata da precedenti ricerche condotte sulla presenza di Pfas nei biosolidi, ovvero nei rifiuti solidi che provengono dagli impianti di trattamento delle acque reflue, dove le carte igieniche affluiscono. Il ritrovamento è ulteriormente preoccupante perché gli effluenti delle acque reflue e i fanghi sono comunemente riutilizzati per l’irrigazione e/o l’applicazione sul terreno.

Pfas, il veleno nell’acqua e nel sangue. Ma i controlli sono una beffa.

L’azienda Miteni di Trissino per anni contaminato la seconda falda più grande d’Europa, colpendo la salute di 350 mila cittadini tra Verona, Vicenza e Padova. Tanto che la Regione nel 2017 è costretta ad adottare un Piano straordinario di emergenza, suddividendo il territorio in tre aree in base al rischio sanitario: area rossa, dove sono contaminate sia l’acqua potabile sia le falde acquifere e i fiumi; area arancione, in cui gli acquedotti hanno un livello d’inquinamento inferiore. E gialla, definita per lo più area di osservazione. Le analisi del sangue e le inefficaci precauzioni (filtri a carbone) si fermano alla “zona rossa”. Per il resto nulla, nessun intervento sulle falde, con la cui acqua si irrigano i campi, sui fiumi, sul suolo, sull’aria. Nessun limite anche per l’acqua irriguaNessun controllo sulla contaminazione dei prodotti di origine animale e vegetale provenienti dalle zone inquinate. I controlli privati segnalano la presenza totale di Pfas superiore ai 6.200 nanogrammi per chilo nel terreno. In area arancione perfino le analisi del sangue sono burocraticamente impossibili.

Della bonifica del sito di Miteni, infine, si sono perse le tracce così come di un piano di riconversione industriale per azzerare tutte le fonti inquinanti.

La Regione Veneto è dunque sotto accusa. La Regione Piemonte ha fatto ancora meno, anzi nulla.

Pfas in discariche: unico sospettato Solvay. E i complici?

Chi smaltisce nelle discariche i Pfas C6O4 e ADV che solo Solvay di Spinetta Marengo produce? Non può che essere la Solvay. La domanda se l’è posta per prima ARPA Piemonte quando l’indagine regionale 2022 dei percolati di discarica ha analizzato la presenza di “classe 4”, cioè superiore ai 50 microgrammi per litro di “altri Pfas” in tre discariche in provincia di Torino. “In questi tre impianti e nelle altre discariche in provincia di Torino e in provincia di Asti si riscontra, inoltre, la presenza della molecola cC6O4“, brevettata da Solvay.

Le altre discariche del Piemonte si attestano sulla classe di concentrazione 3 (>5 e <50 microgrammi/litro ndr) per la sommatoria dei PFAS, ad esclusione di PFOA+PFOS“. “In una discarica in provincia di Torino si rileva inoltre la presenza della molecola ADV“, anch’essa di esclusiva  produzione Solvay.

Il sospettato numero uno è avvertito: l’Arpa estenderà l’indagine anche nel 2023. Nel frattempo dovrebbero essere all’opera i carabinieri.

Infatti, sono state pubblicamente poste domande alle quali non è stato rispostoA SolvayCome ci sono arrivati i Pfas nelle discariche, visto che l’unico punto di produzione è a Spinetta Marengo? E ancora: come vengono trattati questi percolati? Dove vengono smaltiti? All’ArpaPerchè Arpa nasconde l’ubicazione delle discariche alessandrine? A Comune, Provincia e RegionePerché è stato dato il permesso di spostare il cC6O4 se c’è la certezza che è pericoloso? Siccome i metodi di smaltimento non sono stati inseriti nell’Aia (Autorizzazione Ambientale Integrata che viene concessa dalla Provincia), allora  lo si sta portando in giro per la Regione in questo modo? Ancora una domanda: chi lo deve smaltire, sa come farlo? Lo fa correttamente?

ARPA: i Pfas C6O4 e ADV in atmosfera ricadono sul Spinetta Marengo.

Si tratta di uno studio innovativo, definito da un approccio rigoroso e coerente secondo i principi della ricerca scientifica universalmente riconosciuti dall’Agenzia piemontese. Il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) aveva evidenziato la presenza di Pfas nelle uova degli uccelli: i risultati odierni costituiscono un dato oggettivo che unisce la sorgente dell’inquinamento -Solvay- e i suoi effetti su Spinetta Marengo, ovvero su tutti i possibili anelli della catena alimentare.

Quali sono le sorgenti di queste emissioni atmosferiche inquinanti? Facili le risposte.  Arrivano dai camini del polo chimico. Dal risollevamento della terra vicino allo stabilimento. Dalle discariche.

Va da sé che C6O4 e ADV sono respirati dagli abitanti: disciolti nella nebbia, nella pioggia, nel pulviscolo atmosferico, nelle famigerate polveri sottili. Il sindaco Giorgio Abonante lo sa ma fa finta di niente.

Pfas nei pozzi della rete idrica: ecco dove.

I risultati in provincia di Alessandria dei campionamenti dell’acqua potabile ordinati da Asl ed eseguiti da Arpa evidenziano un inquinamento costante lungo l’asse del torrente Scrivia. Ma anche in prossimità del Tanaro. Alzano, Castelnuovo Scrivia, Isola Sant’Antonio, Guazzora, Molino dei Torti, Piovera, Tortona, Villarvernia evidenziano un inquinamento abbastanza costante di Pfoa (Solvay dice cessato nel 2013). A Pietra Marazzi, spunta il cC6O4 (brevettato da Solvay). A Montecastello, chiuso il pozzo nel 2020, c’è sempre C6O4, PFOA e ADV (altro brevetto Solvay).

Il Comune di Alessandria se ne lava le mani.

Alla lettera del Comitato Stop Solvay, che ha nella sua genesi la “chiusura subito” dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo, ha replicato a muso duro il sindaco Giorgio Abonante: per quanto sta nelle mie attribuzioni, non ho alcuna intenzione di emettere una ordinanza per la chiusura delle produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo. Per quanto riguarda il resto, i biomonitoraggi, tutto è in mano all’Asl e alla Regione, il Comune non decide nulla.

Nasce il coordinamento ecologista per la lotta alla contaminazione da Pfas.

Si è svolto a Padova, nella sede dei Beati costruttori di pace, un incontro di varie componenti del Movimento ecologista veneto cui hanno partecipato anche sindacalisti della CGIL della provincia di Vicenza e della direzione regionale. Il punto focale è stato quello della contaminazione da PFAS del territorio regionale. E’ stato messo a punto un manifesto “Per una vertenza regionale No Pfas” sulla base del quale è stato costituito il coordinamento ecologista regionale. Clicca qui.

E’ auspicabile che questo tipo di coordinamento funzioni anche ad Alessandria.