I palestinesi in Israele sono trattati peggio dei negri in Sudafrica.

Credo che chiamare le politiche israeliane nei confronti dei palestinesi “apartheid” sia in realtà un “regalo per Israele”, almeno se per apartheid si intende l’apartheid in stile sudafricano. Ho sostenuto per molto tempo che i Territori Palestinesi Occupati sono molto peggio del Sud Africa. Il Sudafrica aveva bisogno della sua popolazione nera, faceva affidamento su di loro. La popolazione nera costituiva l’85% della popolazione. Era la forza lavoro; il paese non poteva funzionare senza quella popolazione e, di conseguenza, hanno cercato di rendere la loro situazione più o meno tollerabile da parte della comunità internazionale. (…) Speravano in un’approvazione internazionale, che non hanno ottenuto.  Quindi, se i Bantustan (territori del Sudafrica e della Namibia assegnati alle etnie nere dal governo sudafricano nell’epoca dell’apartheid), erano più o meno vivibili lo stesso non vale per i palestinesi nei Territori Occupati. Israele vuole solo sbarazzarsi delle persone, non le vuole. E le sue politiche degli ultimi 50 anni, con poche variazioni, hanno in qualche modo reso la vita invivibile, in modo che le persone vadano da qualche altra parte. Queste politiche repressive si applicano all’intero territorio palestinese: A Gaza li annientano e basta. Clicca qui l’intera intervista di Noam Chomsky, l’intellettuale “più citato” e rispettato al mondo,  professore del MIT Massachusetts Institute of Technology, una delle più importanti università di ricerca del mondo.

Alzate la voce per la libertà di Julian Assange.

Le sofferenze che Julian Assange sta soffrendo per la sua ingiusta detenzione sono provocate dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna che vogliono silenziare e punire un giornalista che ha avuto il coraggio e l’etica professionale di pubblicare informazioni sui crimini commessi dagli Stati Uniti in Iraq e in Afghanistan.

Il trattamento inumano, fisico e psicologico, che sta soffrendo in prigione e gli anni di persecuzione gli hanno provocato un deterioramento fisico e psicologico. L’annuncio della sua estradizione negli Stati Uniti, dove rischia una condanna a 175 anni di carcere, equivale ad una condanna a morte.

Le conseguenze di questa politica repressiva, che viola il diritto alla libertà di stampa, puntano a controllare i mezzi di comunicazione. Si vuole far tacere col terrore i giornalisti che provano a dare informazioni sulle violazioni dei diritti umani commessi dagli Stati Uniti e da altre potenze che fanno parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Di tutto ciò non si parla, si copre l’impunità dei crimini commessi contro i popoli, minacciando chi li denuncia.

È deplorevole che la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, presieduta da Michelle Bachelet, non abbia la forza e gli strumenti giuridici per difendere la libertà di stampa, impedire l’estradizione di Assange e chiedere la sua liberazione.
Le Nazioni Unite devono essere trasformate e democratizzate. Attualmente questo organismo non ha la possibilità di agire e di difendere la pace e la vita dei popoli e delle persone. È un faro spento che ha bisogno della forza e della volontà dei popoli per essere nuovamente acceso e tornare ad illuminare l’umanità.

Mi appello ancora con forza alle associazioni di giornalisti, al mondo della cultura, ai giuristi, alle organizzazioni per i diritti umani: non rimanete indifferenti, alzate la vostra voce e chiedete la liberazione di Julian Assange.

Adolfo Pérez Esquivel    (Premio Nobel per a pace)

Autonomia differenziata: fermare il pericoloso Ddl Gelmini e aderire alla proposta di legge di iniziativa popolare costituzionale.

Il disegno di legge Gelmini è inaccettabile e va fermato: intende trasferire poteri e soprattutto risorse ad alcune regioni su materie che invece debbono restare ad ogni costo unitarie e nazionali, come certamente deve avvenire per scuola, università e ricerca. Anche l’ambiente, l’energia, le grandi infrastrutture nazionali, le comunicazioni fondamentali non sono frazionabili a piacere. L’esperienza del Covid ha messo a nudo che la regionalizzazione della gestione della sanità ha finito con il dare vita a veri e propri sistemi sanitari regionali, molto diversi tra loro, i cui difetti sono tra le cause non secondarie delle enormi difficoltà ad affrontare una pandemia inquietante e non risolta come il Covid nelle sue diverse evoluzioni. Chi ha distrutto la medicina di base a favore del privato ha creato le basi per una pressione insostenibile verso gli ospedali e ha avuto una scarsa capacità di attuazione delle misure sanitarie contro la pandemia decise con i provvedimenti di emergenza, creando ulteriori diseguaglianze tra i cittadini del nostro paese, che a seconda della residenza hanno finito per avere diritto a sistemi di cura molto diversi tra loro.

Intesa a fermare il DDL Gelmini, la proposta di legge di iniziativa popolare,  su cui inizia la raccolta delle firme, ha l’ambizione di dare un quadro chiaro delle ragioni che rendono inaccettabile qualunque tentativo più o meno mascherato di secessione nel nostro paese.  Clicca qui.