Processi Pfas. Ad Alessandria è campo minato.

Molti lamentano di aver ricevuto la mailinglist “Storica sentenza PFAS a Vicenza. Scandalo ad Alessandria” con un articolo (https://www.rete-ambientalista.it/2025/06/27/scandalizza-i-comitati-e-le-vittime-il-processo-solvay-di-alessandria/ ) gravemente mutilato. Riproduciamo il paragrafo compromesso:
Scandalizza i Comitati e le Vittime il processo Solvay di Alessandria.
Pene fino a 17 anni -per dolo– nella storica sentenza “Miteni” di Vicenza. Sono le stesse condanne che nel 2010 la procura di Alessandria (procuratore capo Michele Di Lecce, sostituto Riccardo Ghio) aveva chiesto per il management per il reato di avvelenamento doloso delle acque. Solvay era stata graziata con una mite condanna per colpa.
Il nuovo capo della procura (Enrico Cieri), benchè Solvay a Spinetta Marengo avesse per un altro decennio reiterato il reato (anzi peggiorando il disastro ambientale e sanitario), e ignorando 11 miei esposti che chiedevano di intervenire per dolo, Cieri (con Eleonora Guerra sostituto procuratore) infine ha addirittura rinviato a giudizio Solvay solo nel 2024 e con un blando capo di imputazione per colpa: a carico di due direttori privi di potere decisionale, assolvendo cioè il management e privando degli equi risarcimenti miliardari le Vittime  e la Bonifica.
Dunque, il capo di imputazione del processo bis di Alessandria scandalizza, e ancora più il pasticciaccio del patteggiamento in corso con il Gup (Andrea Perella). Il tutto è raccontato, giorno per giorno, in “Ambiente Delitto Perfetto” (di Lino Balza e Barbara Tartaglione, prefazione di Giorgio Nebbia) disponibile a chi ne fa richiesta.
Ripetiamolo chiaro e tondo: Alessandria non è la sede penale per ottenere Giustizia, possibile solo con azioni inibitorie e risarcitorie in sede civile.

Le Vittime non ottengono Giustizia nei tribunali penali.

Ripetiamolo chiaro e tondo: Alessandria non è la sede penale per ottenere Giustizia, possibile solo con azioni inibitorie e risarcitorie. Qui, più che altrove, le Vittime rischiano di diventare Vittime una seconda volta. Si consuma drammaticamente il “delitto perfetto”.
 
DELITTO PERFETTO PER SOLVAY
L’idea del “delitto perfetto” ha ossessionato l’umanità fin dai tempi antichi. Il “delitto perfetto” è quel crimine efferato commesso consapevolmente sapendo che, anche quando portato allo scoperto, resterà impunito. Appartengono a questa categoria proprio i crimini contro l’ambiente: più sono potenti gli autori, più mietono Vittime, e più sono assolti nei tribunali penali. Così che le Vittime diventano Vittime una seconda volta (talvolta terza ecc.). Il libro “Ambiente Delitto Perfetto” (di Lino Balza e Barbara Tartaglione, prefazione di Giorgio Nebbia) raccoglie una vasta casistica di delitti italiani. Il terzo volume è interamente dedicato alle Vittime di Alessandria.
Qui, ogni famiglia del circondario del polo chimico di Spinetta Marengo, nei decenni, ha fatto per conto proprio il calcolo di quanti morti e ammalati in più rispetto alle famiglie di parenti e conoscenti più distanti nell’alessandrino. Queste indagini epidemiologiche erano “domestiche” confermate da quelle istituzionali che conteggiavano l’eccedenza enorme di morbilità e decessi. Tutte le volte i giornali fanno grossi titoli: “In Fraschetta si muore di più”. Bella scoperta, lì c’è la fabbrica. Sempre lì, cambiando nome: Montecatini, Montedison ecc. e da venti anni Solvay. Solvay è riuscita a consolidare il secolare disastro ambientale e sanitario, peggiorandolo anziché bonificarlo. Con la complicità di Comune, Provincia, Regione, governi, e malgrado Comitati e Associazioni.
La soluzione è una: è la chiusura delle produzioni inquinanti, per bloccare nel tempo ulteriori Vittime (come per l’amianto). Almeno il sindaco avrebbe avuto la potestà di interrompere la spirale (invece di querelare Lino Balza). Intanto le Vittime si sono moltiplicate: a nessuna di loro è possibile restituire vita e salute. La salute non ha prezzo. Però, accidenti, almeno vada risarcita (esclamò il PG di Cassazione). Non l’hanno fatto -nemmeno quello- i Sindacati a indennizzo dei Lavoratori. Né i Tribunali hanno provveduto per i Cittadini. Né intendono farlo con l’attuale Processo in sede penale.
 
VITTIME UNA SECONDA VOLTA
Facciamo un esempio concreto. Nel primo processo (2010) alla Solvay, la mia associazione aveva chiesto 400mila euro come risarcimento patrimoniale per il bambino (TLD) colpito da leucemia, attribuibile alle sostanze emesse dall’azienda. 978.450 euro per gli eredi del tumore dell’operaio AA E così via, documentando, per tutte le nove persone costituitesi Parti Civili. Per un totale di 2.848.450 euro. Ebbene, il Tribunale evitò di entrare nel merito delle patologie e del prevedibile contenzioso causa-effetto della Difesa, e (2015) sentenziò -per gentile “elargizione”- 10mila euro di risarcimento: indistintamente per tutte le Parti Civili. A quale titolo? A titolo di danno psicologico: da “metus” (timore, paura, preoccupazione, ansia, turbamento emotivo) derivante dal (presunto) comportamento penale di Solvay.
10mila euro per “l’ansia” della famiglia per la leucemia? Per il “turbamento emotivo” del tumore mortale? E così via per tutte le altre Vittime. Questa è la giustizia nei processi penali. Per altro, fu applaudita dagli avvocati -penalisti- dell’accusa, soddisfatti della propria parcella. Benchè inutilmente appellata dalla Procura. (Per inciso: la Bonifica è rimasta lettera morta anche dopo la sentenza del 2019 della Cassazione).
Insomma, il “metus”, paradossalmente, si aspetterebbe a tutti i 300mila abitanti della provincia di Alessandria! E così per i 350mila vicentini, piuttosto che l’irrisorio risarcimento di 15mila euro per quelle poche centinaia di Parti Civili fisiche della odierna sentenza, pur storica, di Vicenza.
 
IL METUS NON E’ GIUSTIZIA, E’ INGUISTIZIA. ABERRANTE PER LE VITTIME.
Ripetiamo chiaro e tondo la previsione: l’attuale Processo bis alla Solvay sarà “antistorico”, destinato com’è ad un risultato analogo al primo, anzi peggio. Anche perché, a strozzarlo, è stato inserito il cappio del “Patteggiamento” tra Solvay e Procura. Contro questo assolutorio patteggiamento, il fronte è rimasto compatto tra i Comitati e le Associazioni ambientaliste (ma con Medicina democratica e Pro Natura spaccate al proprio interno), mentre tra le Parti Civili istituzionali il Comune di Alessandria (per l’elemosina di 100mila euro) ha aperto la breccia a Regione Piemonte e Governo, ai quali il GUP ha concesso niente meno che quindici mesi per mercanteggiare.
E’ comunque pacifico che, con o senza patteggiamento “strozza dibattimento”, la futuribile sentenza non fermerà le produzioni inquinanti – non lo chiede il capo di imputazione- e la bonifica dunque resterà araba fenice. E’ altrettanto vero che la sentenza, con o senza rito abbreviato, ripeterà lo scandalo delle “vere Vittime”, tutte quali non saranno riconosciute i risarcimenti per le morti e le malattie: non lo chiede il capo di imputazione! Questa ingiustizia apparirà addirittura come una beffa perché gli avvocati sono costituiti quali Parti Civili persone fisiche (meno di 300) rinunciando a documentare patologie e cartelle cliniche: essendo queste “vittime fittizie” essi si limitano alle facili elemosine del “metus” (oltre alle parcelle). Diciamo: 10mila euro come nel primo processo. 300 alessandrini pescati tra 100mila, vieni in una lotteria! Totale: 300.000 mila euro di risarcimenti! Una inezia per chi, come Solvay, fa profitti miliardari. In questa aberrante logica del “metus”, semmai, 10mila euro a testa spetterebbero a tutta la popolazione alessandrina a rischio. Limitandoci ai 100mila cittadini del comune capoluogo, il totale dei risarcimenti per Solvay ammonterebbe a 1.000.000.000 di euro. 1 miliardo, rispetto a 300 mila euro, farebbe una bella differenza.
Ma perfino il fantastico miliardo sarebbe immane ingiustizia sul piano etico e morale. Perché le Vittime, morte e ammalate, sarebbero indistintamente “risarcite”: 10mila euro al bambino con la leucemia, nemmeno con un miserabile milione! Questo scempio dell’etica e della morale (sia tramite dibattimento ovvero patteggiamento) può lasciare indifferenti gli avvocati, che lavorano per la parcella, ei politici per le seggiole. Ma non la comunità alessandrina, i Comitati, le Associazioni, i Sindacati. Non la Giustizia con la maiuscola.
 
Si profila un altro delitto perfetto, insomma. Non si tratta di fare moralismo o vittimismo. Bisogna reagire. Bisogna agire. Venire? Ripetiamolo chiaro e tondo (giova): non è la sede penale per ottenere Giustizia, possibile solo con azioni inibitorie e risarcitorie. “Dura lex, sed lex” difficile da tradurre in italiano. 
 

Ci vorrà un secolo per ripulire del tutto la falda più inquinata d’Italia.

E’ scontata l’indecenza di attribuzioni di vittoria e di autoassoluzioni di politici e amministratori… all’unanimità. Invece, la sentenza Pfas di Vicenza va ad assoluto ed esclusivo merito della popolazione che si è mobilitata. La sentenza per quanto tardiva assume comunque valenza storica perché è la prima che condanna per dolo: pene fino a 17 di reclusione per i manager. Ma è insufficiente per fare giustizia. La Giustizia non si realizza certo con i 50mila euro per organizzazioni ambientaliste o con i 25mila per i sindacati Cgil e Cisl. Mentre sarebbe fondamentale se assicurasse i massimi risarcimenti alle Vittime: le quali, invece, in poche centinaia su centinaia di migliaia, sono state indennizzate con irrisorie 15mila euro.
 
L’altro aspetto nevralgico è la bonifica. Chi la paga? chi e come e quando la realizza? Gli inquinatori?  Il ministero dell’Ambiente, al quale è stato riconosciuto un indennizzo da 58 milioni? La Regione Veneto con i sei milioni di euro di indennizzi? Con i circa 844mila euro di indennizzo all’Agenzia regionale per l’ambiente del Veneto (Arpav)? Con in media gli 80mila euro ciascuno per i trenta comuni della zona rossa?
 
La Regione Veneto ha già speso 2,8 milioni in filtri e nuove reti acquedottistiche e 3,5 milioni per finanziare Arpav. Mai finiti i monitoraggi ambientali.  A cui si aggiungono i costi elevati dei monitoraggi sanitari per 350mila residenti, del dosaggio dei Pfas nel sangue, delle patologie di preeclampsia in gravidanza oltre che malformazioni alla nascita, cancro del rene e del testicolo e della tiroide, malattie cardiovascolari, colesterolo e funzionalità epatica eccetera.  A tacere i costi per le cure.
 
Secondo l’Arpav ci vorrà un secolo per ripulire del tutto la falda più inquinata d’Italia.  Le altre 16 Regioni già individuate da CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), sono Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Friuli, Basilicata, Liguria, Umbria, Abruzzo, Puglia, Sardegna, Molise e Calabria.