Non c’è bonifica Pfas in Veneto.

Anche in Veneto si tende a confondere, come già in Alessandria, la messa in sicurezza con la bonifica. Dunque, a quasi dieci anni dalla deflagrazione dello scandalo Pfas che ha colpito Veronese Vicentino e Padovano, scarsi sono i progressi rispetto alla bonifica del sito dell’ex Miteni. Dopo l’incontro pubblico delle Mamme No Pfas con le istituzioni a Lonigo, è risultato chiaro che siamo ancora nella fase della messa in sicurezza e non della bonifica, perciò Alberto Peruffo di Pfas.land è stato chiaro: “La bonifica, se mai sarà eseguita a regola d’arte, appare collocata in futuro difficile da determinare”. Tre sono infatti gli aspetti da tenere in considerazione. Uno, la procedura per la messa in sicurezza, vista la unicità del disastro ambientale attribuito alla Miteni oggi finita a processo, è una procedura eminentemente «sperimentale». Due, la bonifica è una cosa diversa dalla messa in sicurezza: ma è solo a quest’ultima che attualmente si sta già lavorando. Tre, la bonifica effettiva, ovvero la rimozione definitiva delle cause alla base dell’inquinamento dei suoli e della falda è ben al di là da venire: non solo per ragioni di ordine tecnico.

Secondo le giustificazioni dei relatori del procedimento tecnico-amministrativo, il quadro normativo, che rende più o meno incisivo l’insieme degli interventi in capo al privato che si è accollato tale onere, è variegato. La legge, quando una bonifica per così dire totale è impossibile o inopinatamente onerosa, permette o permetterebbe il semplice contenimento perpetuo dell’inquinamento entro limiti previsti dalle leggi. Questa lettura non è stata condivisa dagli ambientalisti: quando si parla di messe in sicurezza e di bonifiche il quadro degli obblighi di legge è invece molto restrittivo. Insomma, chi inquina deve pagare, e la magistratura e i soggetti istituzionali o amministrativi sono chiamati ognuno a far rispettare le leggi.

Pfas e cancro ai testicoli.

Le sostanze classificate perfluoroalchiliche (PFAS) possono causare una serie di gravi problemi di salute, incluso il cancro ai testicoli. Nella causa intentata presso la Corte Superiore nella contea di Middlesex, clicca qui, l’acqua del rubinetto contaminata è stata la causa del cancro in un uomo di 25 anni, Daniel Sullivan, costretto a farsi  rimuovere il testicolo sinistro e a subire mesi di chemioterapia. L’acqua nella contea di Middlesex era collegata a un impianto di produzione chimica DuPont a Parlin; il PFOA nell’acqua fornita a casa sua, espresso in parti per trilione, era quasi il doppio della soglia accettata dal Dipartimento per la protezione ambientale del New Jersey.

Perché chiediamo la fermata immediata delle produzioni Solvay.

In Europa con la Convenzione di Stoccolma il PFOA era stato messo al bando già dal 2019, eppure la Solvay a Spinetta Marengo ha continuato a inquinare fino a sostituirlo con altrettanti Pfas: C6O4 e ADV. Cinque Stati membri europei, tra cui la Germania, stanno attualmente lavorando a una proposta di restrizione a livello dell’UE di tutti i PFAS per l’entrata in vigore nel 2025. Noi chiediamo la fermata immediata della produzione e dell’uso dei Pfas a Spinetta, considerata l’emergenza ecosanitaria emersa ad Alessandria.

Ogni minuto di ritardo provoca danni enormi alla salute. I risultati, pubblicati sull’International Journal of Hygiene and Environmental Health, infatti mostrano che c’è ancora una notevole esposizione delle giovani generazioni perfino ai PFOS e PFOA che pur erano stati eliminati. Lo conferma l’indagine ufficiale tedesca di biomonitoraggio umano su bambini e adolescenti dai 3 ai 17 anni: un quinto dei partecipanti aveva livelli di PFOA chimico PFAS nel sangue che superavano il valore HBM-I, limite di allarme per i gravi problemi di salute, compresi gli impatti sulla riproduzione e lo sviluppo di alcuni tipi di cancro, la riduzione del peso alla nascita e gli effetti tossici sullo sviluppo, la ridotta fertilità, la ridotta formazione di anticorpi dopo la vaccinazione, l’aumento delle concentrazioni di colesterolo e il diabete di tipo II.

Le produzioni di Pfas chiuse in Francia.

Arkema, che a Spinetta Marengo è compresa nel polo chimico con la Solvay, è stata costretta a smettere i Pfas nel suo stabilimento di Pierre-Bénite di Lione dal 2016. Benchè Il sito di Arkema, classificato come soglia superiore di Seveso, sia stato ispezionato 11 volte nel 2020 e 12 volte nel 2021, ancora oggi ha fatto suonare l’allarme dell’Università di Amsterdam per la forte presenza degli indistruttibili composti perfluorurati nell’aria, nell’acqua e nel suolo nella città di Pierre-Bénite e nei suoi dintorni.

I Pfas dai cosmetici nel sangue.

Grazie alle loro proprietà idrorepellenti, antigrasso e antisporco, i Pfas sono incorporati in numerosi prodotti di consumo tra cui i cosmetici. L’Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi (Bfr) ha rilanciato l’allarme sulla presenza di Pfas in alcuni prodotti, in grado di accumularsi per assorbimento nell’organismo umano e permanere nel sangue per anni.

La ricerca ha testato il PFOA. Ma come ci è finito il Pfoa in quei cosmetici? Il Pfoa non può essere utilizzato nei prodotti cosmetici, in quanto collegato al cancro, malattie della tiroide, colite ulcerosa e colesterolo alto. La produzione, l’uso, la commercializzazione e l’importazione di Pfoa sono vietati nell’Ue con poche eccezioni. In quanto contaminante non intenzionale e inevitabile, il Pfoa può essere contenuto nei prodotti solo fino a un massimo di 0,025 microgrammi per grammo a seguito della normativa in vigore a livello europeo da luglio 2020. Per altri importanti composti perfluorurati con lunga durata (PFAS), le normative corrispondenti entreranno in vigore a febbraio 2023.

Il coinvolgimento diretto delle donne con disabilità che fa la differenza.

La Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio ha pubblicato una Relazione sull’attuazione delle “Linee Guida sanitarie per il soccorso alle donne vittime di violenza” e questa volta l’avere coinvolto le coordinatrici del Tavolo sulle Donne con Disabilità dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità e alcune esponenti dell’associazionismo di settore, ha fatto la differenza nel descrivere in modo appropriato le attuali conoscenze sul fenomeno della violenza contro le donne con disabilità, e nel proporre misure di contrasto alle discriminazioni multiple (continua…)