La Commissione Parlamentare Ecomafie presa a pedate da Solvay. Cinquestelle di nuovo al bivio: perdere voti o poltrone.

Mentre l’Unione Europea si assume l’impegno di vietare Pfas e Bisfenolo, cosa (non) si fa in Italia? In barba alla UE (clicca qui) ci si barcamena per non pestare i piedi a Solvay e Miteni. Il governo, che si è rimangiato “Limiti zero per i PFAS” del ministro grillino Sergio Costa, rinvia l’ impegno sine die  cercando di fagocitare i veneti di “MammeNoPfas” e i piemontesi di “ComitatoStopSolvay” in  estenuanti “tavoli di confronto”, di cui il primo a Roma il prossimo 28 ottobre. Tirano un sospiro di sollievo le amministrazioni venete. Gongola Miteni sotto processo a Vicenza: di rinvio in rinvio prima udienza il 30 novembre. La manovra dilatoria del governo giallorosa (ex gialloverde) si consona alle amministrazioni leghiste subalpine di Regione Comune e Provincia: quest’ultima ha appena autorizzato -malgrado record di tumori e acquedotti chiusi-  alla Solvay di Spinetta Marengo il pfas C6O4 secondo i parametri di inquinamento suolo-acqua-aria dettati dalla multinazionale belga. La Procura di Alessandria, anche dopo i nostri solleciti (clicca qui) tergiversa e non requisisce alla Solvay le cartelle cliniche dei lavoratori: “pistole fumanti” dei reati di avvelenamento del sangue da PFOA. Sotto traccia anche la nostra denuncia sul Bisfenolo, ulteriore interferente endocrino nel cocktail  di Solvay (clicca qui). 

In questa palude, pur si svolge altra ginnastica isometrica dei politici. All’audizione di Alessandria, il 22 ottobre, la “Commissione parlamentare Ecomafie”, presieduta da Stefano Vignaroli  (sufficientemente comunicativo con l’altrettanto grillino ministro?), è rimbalzata sul muro di gomma dell’Arpa (sepolcri imbiancati Angelo Robotto e Alberto Maffiotti): assieme all’ ASL da noi sempre avversate quali responsabili di collusione istituzionale (destra e sinistra). Legambiente e ComitatoStopSolvay hanno incassato le immancabili promesse di indagini epidemiologiche esaustive, che unite a quelle idrogeologiche sollecitammo dai lontani anni ’90. In quegli anni, da quel di Revigliasco, spaziava già nelle amministrazioni provinciali l’attuale sindaco Gianfranco Cuttica, dal quale appunto i parlamentari avrebbero (il condizionale è d’obbligo perché gli atti sono secretati) cercato di scrutare  qualche coscienza della miliardaria bonifica del disastro ecoesanitario di Alessandria. Ma senz’altro Cuttica era stato rassicurato dal direttore Andrea Diotto  che tutto -a colpi di sedicenti barriere idrauliche- sarà sistemato nel 2029 (“messa in sicurezza definitiva”: definizione di Vignaroli), perciò non ha soldi per completare l’indagine epidemiologica sulla correlazione tra inquinamenti e patologie.

Il giorno seguente, la Commissione Ecomafie (Stefano Vignaroli, Massimo Vittorio Berutti – Gruppo Misto, Chiara Braga – PD, Alberto Zolezzi (M5S), è stata omaggiata in Solvay dal dirigente fiancheggiatore  leghista a braccetto di Gianfranco Baldi, presidente della Provincia. Costante e discreto il collegamento skipe con Bruxelles. Al termine del “sopralluogo” “informale” la spudorata velina aziendale recita: “Abbiamo confermato alla Commissione che il C6O4 non è biopersistente, non è bioaccumulabile, non è mutageno e neppure tossico per la riproduzione. Infine, non vi è alcuna evidenza scientifica che il C6O4 possa presentare un rischio cancerogeno per l’uomo. Inoltre, come confermano i risultati del bio-monitoraggio sui lavoratori, la sorveglianza medica a medio-lungo termine dei dipendenti non indica alcuna correlazione con effetti patologici legati all’esposizione professionale al C6O4 per il sito di Spinetta Marengo”. Chissà  (gli atti della Commissione sono secretati) se Vignaroli avrà almeno obiettato che le cartelle cliniche dei lavoratori sono nascoste nei cassetti di Solvay e che la relativa sorveglianza medica per essere minimamente  credibile non possa essere sequestrata da un privato. Nel “colloquio informale” Solvay ha soprattutto minacciato una falsità clamorosa: che senza Pfas dovrebbe chiudere mezzo stabilimento: I due terzi della produzione in termini di volumi dipendono da composti Pfas e rappresentano circa il 60% del nostro fatturato”. Cioè, in questa partita a scacchi nazionale che si sta giocando (sulla pelle della popolazione) sulla scacchiera Solvay ha mosso la pedina regina: il ricatto occupazionale. Cinicamente, perché ai Pfas ci sono alternative (meno remunerative). Come non bastasse, Solvay ha avvertito il Ministero dell’Ambiente con la mossa del cavallo: bada bene anche di ridurre ai minimi termini il risarcimento dovuto allo Stato per la bonifica del disastro ecologico, sentenziato dalla Corte di Cassazione.

Lo scacco al re sarebbe l’intervento legislativo che fissi limiti zero ai Pfas. Dall’altro lato della scacchiera c’è dunque  il ministro Sergio Costa, ovvero da soli i Cinquestelle che anche sul caso Pfas preferiranno  perdere voti piuttosto che poltrone.

Menare il can per l’aia. Il Tavolo tecnico presso il Ministero dell’Ambiente.

Rimangiato l’impegno “limiti zero” del ministro  Costa, avviata una pastoia di gratifichevoli  “tavoli tecnici” (Clicca qui). Primo appuntamento a Roma il 28 ottobre. “MammeNoPfas”” e “ComitatoStopSolvay” sono portatrici di due eccezionali storie dei Pfas:  incrociano Solvay e Miteni, Spinetta Marengo e Trissino, Piemonte e Veneto lungo tutta la pianura padana fino alla foce del Po. (Continua)

A Trissino, Pfas nei pozzi a livelli stellari. A Spinetta il Bormida è tinto d’azzurro.

I dati Arpav sono inequivocabili, ma la  Giunta si difende: situazione sotto controllo: clicca qui.

Un recente studio ha evidenziato che oltre 200 milioni di americani potrebbero avere a disposizione dell’acqua potabile contaminata da PFAS: clicca qui.

L’acido perfluoroottanoico, il PFOA, è una sostanza che si trova nel teflon, nei tappeti e in alcuni indumenti impermeabili e appartiene a una classe di sostanze organiche perfluoroalchiliche (PFAS), sostanze sintetiche prodotte dall’uomo che non si degradano nell’ambiente e si accumulano nei tessuti umani. Queste sostanze sono state trovate in quantità elevate nei corsi d’acqua vicino a strutture industriali che trattavano questo tipo di prodotti: clicca qui.

Ad esempio, a valle dello scarico Solvay di Spinetta Marengo il fiume Bormida diventa tinto d’azzurro: clicca qui.