Compagni che sbagliano: quelli della redazione attuale de Il Manifesto.

Compagni della Redazione, l’articolo di Marco Bascetta del 15 gennaio è una vergogna. In prima pagina, sotto la testata “quotidiano comunista”, mostra lo smarrimento di un giornale che, ieri, era capace di “dare la linea” e che, poi, pencola tra Vendola e Ferrando, oscura Rifondazione e sbeffeggia i Cinquestelle. Così Battisti non è stato un folle stupido assassino non solo di uomini ma anche della classe operaia, bensì sarebbe stato un compagno dei proletari armati per il comunismo “caduto nelle mani” della destra brasiliana e italiana, a tempo scaduto perché ormai è un “ex terrorista” “celebre scrittore” “uomo esausto e in età di pensione”, vittima di “accanimento” e di “spirito di vendetta” e di una “ordalia propagandistica di per sé un atto di ingiustizia e gratuita violenza”, che giustificano le rifiutate estradizioni essendo state le sentenze “esercizio della giustizia non limpida e imparziale” quando lo Stato “giocò duro e non si astenne dal forzare le regole e fare ricorso a strumenti tutt’altro che ortodossi”, al punto che “anche alcuni intellettuali presero le difese del militante dei Pac” “chi ritenendolo cambiato e innocuo e dunque perseguitato per una mera questione di principio”. Per quella questioncella (2 ergastoli per 4 innocenti assassinati) il povero Battisti è vittima di “linciaggio mediatico e inutili vessazioni (come il semestrale isolamento diurno a 37 anni dalla sentenza)”. Infine Bascetta si appella ai governi stranieri: “Riflettere seriamente prima di estradare chicchessia nel paese governato da Salvini e Di Maio”.

Lino Balza (ai tempi dei Pac iscritto alla Sezione Guido Rossa del PCI).

Sono i padroni a denunciare gli schiavi.

Il presidio davanti al tribunale di Alessandria

Prende avvio il processo contro 26 braccianti, attivisti, militanti e sindacalisti accusati di aver procurato nell’anno 2012, durante gli scioperi, danni morali e materiali, ai due padroni dell’azienda agricola Lazzaro Bruno e Mauro di Castelnuovo Scrivia che, dopo averli sfruttati, licenziati, non pagati, li hanno pure denunciati chiedendo loro un risarcimento danni di 1.533.635 euro! Una vicenda incredibile, messa sotto silenziatore dai media e dalla politica che conta. Necessario il sostegno alle spese: clicca qui.

Legambiente capofila nell’emergenza Pfoa: come affrontarla.

 

Al convegno di Alessandria del 19 gennaio presenti per Legambiente il presidente nazionale Giorgio Zampetti con Fabio Dovana e Piergiorgio Boscagin presidenti piemontesi e veneti. Sotto la lente di ingrandimento i rischi per la salute nel territorio di Alessandria. (clicca qui il comunicato stampa). Sotto accusa Regione, Comune, Asl, Arpa, Provincia, Sindacati e la stessa Magistratura (clicca qui l’esposto denuncia). Come affrontare l’emergenza nazionale.

Infatti il Pfoa, perfluoroalchilico cancerogeno e interferente endocrino, è stato da anni scaricato dalla Solvay di Spinetta Marengo e si è propagato nell’ambiente e nelle falde acquifere defluendo attraverso Bormida e Tanaro fino ad inquinare le acque del Po. E’ arrivato ai prodotti alimentari e al corpo delle persone: è presente nel sangue dei lavoratori del Polo Chimico e presumibilmente dei cittadini di Alessandria. Con la collusione delle inerti Autorità pubbliche.

Impunità e lobby nelle aule penali.

 

Di norma i “grandi processi” in sede penale corrispondono a delitti perfetti contro l’ambiente e la salute, garantiti da una impunità sicura nelle aule dei tribunali. Si pensi a quelli sull’amianto. Tralascio tutta la rovente tematica giuridica ed etica già trattata in alcuni libri (“Ambiente Delitto Perfetto”, “Luigi Mara & Medicina democratica”) per estrapolare un aspetto aberrante: questi procedimenti penali servono né a condannare gli assassinii né a risarcire le Vittime e l’Ambiente, bensì unicamente ad ingrassare la lobby degli avvocati d’accusa&difesa e ad impinguare le casse delle parti civili non fisiche (associazioni e amministrazioni) che accorrono ogni volta come avvoltoi sulle carcasse ambientali. Ne è il paradigma Medicina democratica nel processo Solvay: di cui le sentenze assolutorie del disastro ecosanitario della Fraschetta, uno dei maggiori in Italia. Ebbene (continua)