Pfas al Rajasthan International Film Festival.

Dopo il premio “Ambiente e Società” vinto al 25° Festival CinemAmbiente di Torino, un altro riconoscimento prestigioso per il documentario “Chemical Bros” del regista Massimiliano Mazzotta: è stato selezionato per la nona edizione del Rajasthan International Film Festival, diretto da Somendra Harsh, in programma in India sino al 5 febbraio.

Il documentario di Mazzotta, che è anche direttore artistico di Life After Oil”, il festival internazionale che si tiene in Sardegna, mostra le terribili conseguenze della produzione e dell’utilizzo del fluoro. Un viaggio-inchiesta che è partito dalle miniere di Silius in Sardegna, dove viene estratto il minerale, e ha toccato numerose realtà come il Veneto e il parco nazionale del Derbyshire in Inghilterra. Realtà dove l’ambiente e la salute delle persone sono a rischio per le conseguenze legate all’estrazione dai giacimenti di fluorite, alla produzione e all’utilizzo del fluoro a livello industriale.

Ad accompagnare Mazzotta nel tour l’attivista veneto Alberto Peruffo, in prima linea per la questione dei Pfas (sostanze perfluoroalchiliche) affrontata  in “Chemical Bros”.

Le tasche dei lavoratori piangono.

A  causa dell’aumento del costo della vita, innescato anche dalle ben note sanzioni antirusse, nel 2022 gli occupati italiani hanno subìto una pesante perdita di potere d’acquisto: la differenza tra l’incremento dei prezzi al consumo e quello delle retribuzioni è arrivato a quota 7,6 punti, mai così alto dal 2001. Sono  6,2 milioni i dipendenti nel nostro Paese con il contratto di lavoro scaduto, quasi la metà del totale. Siamo l’unico Paese Ocse in cui le retribuzioni reali sono scese nell’ultimo trentennio, ma in questi mesi viviamo un’ulteriore emergenza data dall’inflazione. A differenza dell’Italia, gli altri Stati stanno rinforzando le reti di protezione sociale. La Germania ha riformato il reddito minimo riducendo le sanzioni per chi non accetta lavori. La Spagna è intervenuta sia con una stretta contro il precariato sia con norme per contrastare il dumping salariale nelle catene degli appalti. In Italia, invece, a luglio sarà sottratto il Reddito di cittadinanza a 400 mila famiglie e a breve saranno allentati i vincoli sui contratti a tempo determinato. Questo indebolimento delle tutele rischia di riversarsi sui salari, poiché fa crescere il potere negoziale delle imprese. Peraltro, essendo tolto agli “occupabili”, il Rdc non potrà più svolgere un’altra funzione svolta finora: quella di integrare le buste paga più basse.

Dove vanno a finire gli aiuti all’Ucraina.

Un nuovo repulisti  contro la corruzione della classe dirigente. A seguito degli scandali degli ultimi mesi, oggi è stata licenziata “l’intera dirigenza dell’agenzia delle dogane” ed è stata perquisita l’agenzia delle entrate, la cui responsabile ad interim è accusata di operazioni illegali per 375 milioni di euro. A casa della funzionaria sarebbero stati trovati circa 1,3 milioni di euro in contanti, gioielli, orologi e due auto di grossa cilindrata. I media locali parlano anche di “avvisi di garanzia ad alti funzionari del ministero della Difesa” per lo scandalo delle forniture alimentari dell’esercito.

L’Italia dall’inizio della guerra ha fornito all’Ucraina circa 1 miliardo di dollari in armamenti, e nessuno dei principali media ha ricordato a chi stiamo fornendo queste armi e questi soldi. Zelensky, quasi fuori tempo massimo, ha fatto una purga di sapore staliniano, dove cojo cojo, liquidando quindici alti dirigenti ucraini, viceministri, governatori, membri della magistratura, accusati a vario titolo di corruzione e di aver speculato sulla guerra ai danni di chi stava combattendo sul campo (la cosa non è nuova, almeno alle orecchie di noi italiani: durante la Prima guerra mondiale mentre i soldati contadini – vedi i Malavoglia di Verga – si battevano e morivano al fronte, la borghesia faceva affari d’oro ai loro danni). Ma la corruzione dell’Ucraina non è cosa di oggi, secondo i dati dell’International Transparency l’Ucraina è al 122esimo posto in questa poco commendevole classifica che vede al primo la virtuosa Danimarca (secondo lo stesso istituto, l’Italia è al 42esimo).

La battaglia per chiudere il buco dell’ozono.

Le Nazioni Unite (ONU) hanno rilasciato un comunicato storico: per il 2045 il buco nello strato di ozono sopra l’Artico si sarà completamente riformato, tornando ai livelli del 1980. Nell’Antartico invece questo recupero è previsto entro il 2066 circa. L’ozono è un gas che in atmosfera costituisce uno strato protettivo (l’ozonosfera) che blocca il passaggio dei raggi UV provenienti dal sole e le conseguenti radiazioni ultraviolette che mettono in pericolo la vita sul nostro Pianeta. Clicca qui il blog di Prontobolletta.

La chiusura del buco dell’ozono è un’ottima notizia per il Pianeta, ed è un avvenimento che è potuto accadere grazie anche alle lotte condotte in Italia. Il “buco dell’ozono” nella stratosfera, causa dei tumori maligni melanoma, era soprattutto originato dai clorofluorocarburi CFC, i gas contenuti nei frigoriferi e nelle bombolette spray. Nel 1992, nella fabbrica che li produceva (Montefluos-Ausimont di Spinetta Marengo oggi Solvay), gli attivisti diGreenpeace scalarono le ciminiere con striscioni che chiedevano l’eliminazione dei CFC. In quella vittoriosa campagna con Greenpeace: in prima linea un lavoratore che dal colosso chimico subì rappresaglie (fino al licenziamento) sanzionate dalla Magistratura. Con quella battaglia noi segnammo una crescita della coscienza ecologica su scala mondiale. Per saperne di più: clicca qui stralci da “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza prefazione di Giorgio Nebbia, e da “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”. 

“La rivoluzione della cura” è in libreria.

Come in un tempo sospeso, in questi ultimi quindici anni siamo passati da una crisi finanziaria a una crisi climatica, da una pandemia a una guerra, senza soluzione di continuità. Ciascuna di queste crisi viene raccontata come priva di contesto, come episodio a sé stante, senza antecedenti né causalità. Sembra di vivere dentro un eterno presente fatto di emergenze a cui rispondere, con l’angosciante sensazione che quella attuale non sarà l’ultima e che sembra essersi innescato un circolo vizioso, senza via d’uscita.
È giunto il momento di guardare la luna oltre il dito e ricostruire una chiave di lettura delle crisi multiple del capitalismo: se lette come insieme concatenato rivelano che la sua ferocia è dovuta alla propria intrinseca debolezza.

LA RETE GENOVESE.

Rete di Comitati, Associazioni, Movimenti sul territorio

Sono scesi in piazza a Genova oltre 22 Comitati che stanno dando vita ad altrettanti presidi sparsi in molte zone della città per protestare “contro le scelte dell’amministrazione comunale che prevedono investimenti per centinaia di milioni e sono calate dall’alto a danno dei cittadini”. Tra gli altri, a Sampierdarena contro i depositi chimici, a Oregina e Lagaccio contro la funivia, il Comitato di via Vecchia, i contrari allo Skymetro in Valbisagno, il Comitato Banchelle, il Comitato liberi cittadini di Certosa contro la nuova linea ferroviaria, la nuova diga foranea eccetera. Clicca qui il volantino.