La transizione ecologica può nascere solo dal basso.

Già decine di anni fa il MISE – non un centro studi di ecologisti radicali – stimò l’entità della spesa necessaria a mettere in sicurezza il paese dai rischi sismico, idrogeologico, incendi, inquinamenti. Essa ammontava a circa 190 miliardi di Euro. Sfumò ogni programma quando ci si accorse che servivano soprattutto tanti piccoli progetti “ a grana fine” di ripristino e riterritorializzazione,  e non le Grandi Opere dal sicuro effetto politico-mediatico. Lo stesso PNRR rappresenta un’enorme occasione sprecata; se si pensa che sono destinati al risanamento del territorio appena 4,5 miliardi di Euro, il  2%  del totale spendibile. Un paradosso a fronte dei 31 miliardi di euro dedicati ad alta velocità e grandi opere ad alto impatto ambientale, che diventano 81 con il Collegato Infrastrutture.  Sarebbe  necessaria una svolta reale quanto drastica nelle politiche ecologiche e territoriali. Siamo scettici che questo possa accadere per improvvise “illuminazioni” di un ceto politico-istituzionale, bloccato da incapacità e soprattutto interessi estranei a questi temi. Appare necessaria l’azione di quelle numerosissime soggettività che anche nel Belpaese lavorano ogni giorno per la tutela  di ambiente e territorio, ma anche per produrre ricchezza da beni autosostenibili; e costituiscono ormai una realtà economica da decine di miliardi di euro all’anno. La transizione che urge parte da loro. (Continua).