Stop al sacrificio di Taranto.

Domenica 22 maggio 2022 ore 17:00 (Durata: 4 ore) piazza Garibaldi.  Manifestazione apartitica  a sostegno della salute, dell’ambiente, delle secolari attività ecocompatibili e del terziario del nostro territorio. Per riconquistare la dignità che i Governi di questi ultimi anni, in collusione con l’acciaieria, hanno calpestato, come ricordato anche dall’ONU che ha definito Taranto “zona di sacrificio” i cui cittadini vengono trattati come “usa e getta”. Per tornare a parlare di bellezza e di lavoro che non avvelena. Per un futuro da consegnare alle prossime generazioni in una confezione regalo di sublime bellezza: Taranto.

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In Sardegna è in atto una aggressione armata della Nato.

7 nazioni della Nato, 4000 soldati, 65 navi e decine tra sottomarini, elicotteri, mezzi aerei e di terra hanno  dato il via all’esercitazione internazionale Mare Aperto che imperversa sui mari e le coste sarde ma anche sul Tirreno centro meridionale. Dicono che chi è contro la NATO sta con Putin: questa guerra è diversa dalle altre perché è vicina, ma è l’ennesima guerra tra predatori, tra due blocchi imperialisti che mostrano i muscoli per guadagnare una posizione più forte, mentre a morire sono, come sempre, soprattutto i civili. Noi sardi lo sappiamo bene: l’occupazione militare della Sardegna è  una delle dimostrazioni più esplicite del dominio coloniale che martoria la nostra terra. Devasta l’ambiente, sottrae enormi porzioni di territorio a terra e a mare che potrebbero avere ben altro utilizzo, produce una monocultura economica che si riverbera come ricatto occupazionale: impedisce forme altre di sussistenza, provoca la miseria,  sfruttamento per un tozzo di pane, inquinamento e malattie. Per questo vi invitiamo a condividere e partecipare alla prossime mobilitazioni in preparazione e alla manifestazione contro l’occupazione militare promossa dall’assemblea contro la presenza militare in Sardegna di Cagliari che si terrà a Sant’Anna Arresi il 22 maggio. Clicca qui.

Libertà di stampa al tempo della propaganda di guerra.

Il giornalista lo fa per attitudine prostituente ma anche per mestiere ad attaccare i buoi dove vuole il padrone. Il pretesto è che la maggior parte delle testate è in perdita: il posto di lavoro del direttore e dei redattori dipende tutto dalla benevolenza di chi, l’editore, continua a ripianare il rosso:  la testata deve continuare a esistere solo perché gli serve per altro: ad esempio influenzare la classe politica locale e nazionale per ottenere leggi o provvedimenti favorevoli (spesso i nostri editori sono industriali, finanzieri, proprietari di cliniche, costruttori); per attaccare concorrenti o amministratori pubblici; per blandire chi potrebbe fare dei favori. Così, capita l’antifona, il giornalista o il direttore che teme di ridurre il proprio stipendio si mette al vento e vince l’autocensura. A maggior ragione quando tutto il quadro politico è compreso dentro la maggioranza di governo: i giornali e i telegiornali diventano l’uno la fotocopia dell’altro. Aggiungi la propaganda di guerra.

Tra i campioni del mondo della disinformazione.

Proprio in questi giorni è uscita la versione 2022 del rapporto – redatto dall’organizzazione Réporters Sans Frontières – sulla libertà di stampa nel mondo; l’Italia figura, complessivamente, al cinquantottesimo posto, dietro a Paesi quali il Bhutan (trentatreesimo), la Moldova (quarantesimo), ed il Burkina Faso (quarantunesimo). Sarà interessante il prossimo anno esaminare il posto in classifica conseguito dalla dis-informazione per la guerra in Ucraina.  

Torna di nuovo la guerra giusta.

Se non sei ancora abbonato ad “Azione nonviolenta”, clicca qui per leggere:

Voci dirette dai movimenti pacifisti di Ucraina e Russia.  Le campagne e le iniziative del Movimento Nonviolento, dall’obiezione alla guerra all’incontro con il Papa.  La situazione degli obiettori di coscienza in Europa.  Come sostenere la resistenza civile in Ucraina.  Come sostenere i disertori in Russia.

Anzi c’è chi propone la riapertura dei manicomi.

Un ritorno all’inciviltà. Era il 13 maggio 1978 quando il Parlamento italiano approvava la legge 180, Legge Basaglia,  rendendo il nostro Paese l’unica nazione al mondo senza manicomi.  40 anni dopo la salute mentale non è nemmeno menzionata nel Pnrr, nonostante la pandemia prima e la guerra adesso abbiano portato a un aumento esponenziale del numero di persone in cerca di assistenza e moltiplicato i minori con disagio. La riduzione costante di risorse umane ed economiche sposta come sempre la richiesta di assistenza verso la sanità privata, visto che esistono soltanto 3 psicologi pubblici ogni centomila abitanti.  La spesa in cure sanitarie psichiatriche incide soltanto per il 3,5% sulla spesa sanitaria totale.

Palestinesi dal dominio ottomano all’israeliano.

I palestinesi sono vissuti per quattro secoli sotto il dominio ottomano, ma con la 1° Guerra Mondiale, il forzato sostegno ai turchi è precipitato e, ormai sicuri del promesso appoggio britannico, le aspirazioni arabe sembravano raggiungibili come non mai. La realtà scopre una situazione affatto diversa. Tre anni dopo la Prima Guerra mondiale, nel  2017  Arthur Balfour, Segretario agli affari esteri della Gran Bretagna, dichiara l’impegno “di favorire l’insediamento di ebrei in Palestina, luogo sicuro, dove nessuno potrà pregiudicarne le necessità civili e religiosi né il loro status meglio di qualunque altro Paese”. Le tensioni iniziano a montare in Palestina quando arrivano ondate di ebrei provenienti dall’Europa e comprano terre, costruiscono insediamenti, uno dei quali è Tel Aviv, e utilizzano solo la lingua ebraica. Nel 1947 le neonate  Nazioni Unite si accordano per la spartizione della Palestina in un territorio arabo e uno ebreo e questo genera ulteriore ostilità tra i vicini arabi di Israele. Quando Israele dichiara l’indipendenza nel 1948, la guerra scoppia. Israele ne esce vincitore ma la Palestina  vivrà da quel momento la costante  condizione di conflitto. Tramite le  guerre (1956, 1967, 1973) il territorio dello Stato di Israele si espande  e i palestinesi sono ridotti a profughi  (da 711.000 nel 1950 a oltre cinque milioni di registrati nel 2015 in Giordania, Striscia di Gaza, Cisgiordania Siria e Libano) oppure (2 milioni contro 6 di ebrei)  a vivere in regime di apartheid come denuncia Amnesty International: “ Che vivano a Gaza, a Gerusalemme Est, a Hebron o in Israele, i palestinesi sono trattati come un gruppo razziale inferiore e sono sistematicamente privati dei loro diritti. Abbiamo riscontrato che le crudeli politiche delle autorità israeliane di segregazione, spossessamento ed esclusione in tutti i territori sotto il loro controllo costituiscono chiaramente apartheid. La comunità internazionale ha l’obbligo di agire”.

Report generale Società della Cura.

Clicca qui il Report della “Società della Cura” che si prepara per il 2 giugno  con le manifestazioni nazionali e locali  contro la base di Coltano che dovranno  diventare una giornata di mobilitazione generalizzata contro la guerra. Altri appuntamenti.  2- 5 giugno un Festival su pacifismo e azione non violenta nel quartiere San  Lorenzo a Roma. Cascina Cuccagna a Milano: “Terra e pace. Agroecologia e sovranità alimentare per la giustizia climatica e sociale: per un mondo senza guerre. Il gruppo Migrazioni Società della Cura ha aderito e partecipa a “Sulla stessa rotta”, carovana virtuale per i diritti dei migranti, la cui tappa romana sarà il 21 maggio.  18 maggio: riunione del Gruppo Femm della Società della Cura – il pensiero del femminismo antibellicista e antimilitarista su pace e guerra. Il 28-29 maggio a Roma, presso lo spazio Metropoliz in via Prenestina 913, il 3′ Congresso sulla salute. A  fine giugno seminario su vertenze operaie, decrescita e economia solidale. Appello dei movimenti kurdi contro la ripresa degli attacchi turchi nel Nord Iraq e Nord della Siria. – Campagna di raccolta firme per una ICE europea per la fine del commercio illegale dei prodotti delle colonie. Campagna contro l’assedio di Gaza, che dura da 15 anni nella indifferenza generale. Il  Collettivo di Fabbrica Gkn  ha elaborato un documento con diversi punti e con alcune proposte specifiche per nuovo quadro di mobilitazioni a partire da fine giugno. 

Intanto in Palestina un’altra forma di guerra.

La polizia israeliana ha caricato migliaia di palestinesi che hanno partecipato ai funerali di Shireen Abu Akleh, la giornalista di Al Jazeera uccisa in Cisgiordania durante una ennesima incursione dell’esercito nel campo profughi di Jenin.  La polizia israeliana ha caricato il corteo funebre a Sheikh Jarrah e ha  arrestato sei persone. La bara ad un certo punto ha rischiato di cadere. Clicca qui da Zeitun  altre notizie dalla Palestina.

Venti di guerra dall’Ucraina alla Somalia.

Biden ha firmato un ordine che autorizza i militari a schierare ancora una volta centinaia di forze per le “operazioni speciali “all’interno della Somalia, in gran parte annullando la decisione di  Trump di ritirare quasi tutte le 700 truppe di terra che erano state di stanza lì. I contrasti tra i diversi imperialismi creano ogni giorno pretesti per alimentare venti di guerra: vedi l’Ucraina. L’Africa è un  continente dove la rapina delle risorse energetiche spinge alla spartizione delle aree direttamente controllate/occupate dalle potenze imperialiste, Italia compresa (il suo interesse strategico, che coincide con i profitti dell’ENI, è nel Mediterraneo Allargato, nel Sahel fino al Corno d’Africa, con la base militare di Gibuti). La Somalia  è un paese sempre più impoverito mentre la siccità sta causando una pesante carestia per le masse già afflitte dal carovita, vittime dell’oppressione straniera e del terrorismo di matrice islamista.