Interpellanza alla Camera sui PFAS.

Presentata dall’onorevole Enrico Cappelletti (M5S) che chiede al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin di intervenire per monitorare e contrastare la contaminazione dell’acqua, del suolo e dell’aria in tutto il territorio italiano di queste sostanze che gli studi scientifici associano all’insorgenza di tumori, malattie metaboliche, infertilità maschile e interferenze con la salute riproduttiva delle donne, eccetera, sostanze persistenti e bioaccumulabili  largamente utilizzate  per la produzione industriale di materiali idrorepellenti come tessuti, vernici, attrezzature antincendio, confezioni di alimenti, ecc. La situazione italiana è stata oggetto di indagini dell’ONU e della Commissione interparlamentare Ecomafie.

Se intendesse veramente intervenire, non sfugga al Ministro il Disegno di Legge presentato nella trascorsa legislatura dall’ex senatore Mattia Crucioli, che detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione (della Solvay di Spinetta Marengo AL), l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, infine dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

“Interpellanza” sui PFAS alla Presidente del Consiglio.

Presentata (clicca qui) dal “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”.  All’onorevole Giorgia Meloni si mettono a disposizione (nostri Sito www.rete-ambientalista.it e Dossier di 380 pagine) tutte le informazioni scientifiche utili sui PFAS che rappresentano la 2^ calamità ecosanitaria mondiale, in primo luogo italiana. Si rammenta che i governi prima del Suo non hanno tutelato la salute degli italiani, benchè la nostra campagna nazionale contro i fuorilegge PFAS fosse iniziata 15 anni fa, suggellata dal 2008 anche da nostri esposti alla Magistratura di Alessandria con riferimento alla Solvay di Spinetta Marengo, prima dell’insorgere dell’altro epicentro nazionale emerso dopo la chiusura della Miteni di Trissino (VI), e l’esplosione del caso fino all’ONU, passando per la Commissione Ecomafie. 

In sostanza, si chiede alla presidente Meloni di ordinare al suo governo di ripresentare il Disegno di Legge di messa al bando dei Pfas.

Nuovo esposto sui PFAS alla Procura della Repubblica di Alessandria.

Presentato al Procuratore capo Enrico Cieri dal “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” (16° esposto, 7 aprile 2023, via PEC): clicca qui. Oggetto: emissioni inquinanti in atmosfera. Infatti, come conosciuto nei monitoraggi, dalle 72 ciminiere dello stabilimento e dai 15.000 punti di perdite incontrollate fuoriescono sostanze inquinanti tossiche e cancerogene PFAS: PFOA, ADV, C6O4, Acido Fluoridrico, Acido CloridricoNH3, Alcoli, Anidride fosforica (P2O5), Composti Iodurati (C4F8I2), Zn, Idrossido di Potassio (KOH) NOx, CO2, SOx, Polveri. Composti fluorurati (c2f4, c3f6, c4f8): 107 kg/giorno; 40 t/anno.

In questo micidiale cocktail, per il PFOA, l’ADV e il cC6O4 di produzione Solvay di Spinetta Marengo, che dal cielo ricadono sulla popolazione ogni giorno per 5 microgrammi per ogni metro quadrato, richiamiamo l’attenzione della Procura su

  1. Pubblicazione scientifica di ARPA e UNIVERSITA’ di Torino “Prevenzione in Corso”, fascicolo 9, gennaio 2022. (clicca qui).
  2. Studio ARPA Deposimetri a Spinetta Marengo: i risultati delle prime attività sperimentali gennaio 2023 (clicca qui).

Rimarcate le responsabilità nel disastro ecosanitario delle amministrazioni locali: Comune, Provincia, Regione. In particolare del sindaco che non emette ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti. 

Discariche e inceneritori: è battaglia sui Pfas.

Dice Solvay: a Spinetta Marengo usiamo i filtri scaricando i reflui in aria e acqua. Noi diciamo: non c’è depuratore che tenga, non c’è filtro che tenga i PFAS. E poi i filtri vanno smaltiti: bruciarli inquinano comunque. Infatti la presenza nei rifiuti dei temutissimi tossicocancerogeni derivati del fluoro preoccupa mezz’Italia, e già sono al centro di uno scontro a Venezia, per il maxi cosiddetto “termovalorizzatore” di Fusina, dove vorrebbero incenerire 190.000 tonnellate annue di fanghi contaminati da diossine, idrocarburi, metalli e soprattutto dai famigerati Pfas della Miteni di Trissino. Ma non c’è solo l’eredità della Miteni: ad Arzignano, centro del polo conciario della Valchiampo, si adoperano Pfas in grandissima quantità per la impermeabilizzazione delle pelli, al punto che il sindaco chiede alla Regione di estendere le indagini sanitarie sulla presenza nel sangue dei Pfas a tutti i residenti (provvedimento sconosciuto in Piemonte).

Ancora più pericolosi i “nuovi Pfas” usati negli imballaggi alimentari.

Denuncia la rivista Il Salvagente: volevano essere considerati i sostituiti dei tradizionali Pfas nel realizzare gli imballaggi alimentari, capaci di rappresentare una “barriera” al grasso, all’acqua e all’olio e di non accumularsi inquinare per sempre (come i forever chemicals, ovvero gli inquinanti per sempre come vengono definiti i Pfas, capaci ormai di contaminare anche il cibo) l’ambiente e la salute umana. Invece, i nuovi Pfas polimerici, alla luce di nuovo studio condotto sul packaging dei fast food in Canada, hanno dimostrato di essere addirittura più pericolosi dei Pfas tradizionali.

Lo studio dei ricercatori degli Stati Uniti, del Canada e della Svizzera dichiara “È chiaro che i polimeri di Pfas non sono l’innocua scorciatoia che l’industria pensava di imboccare. Il loro uso negli imballaggi alimentari porta ancora a Pfas dannosi e persistenti che contaminano il cibo che mangiamo e, dopo che è stato gettato via, la nostra aria e acqua potabile”.  I ricercatori dell’Università dell’Indiana sono perentori: “Tutti i Pfas, compresi i polimeri, sono estremamente persistenti nell’ambiente o si scompongono in Pfas estremamente persistenti”. 

Cattive Acque, film drammatico sui Pfas.

Film del 2019 basato su fatti realmente accaduti a Cincinnati nell’Ohio, quando l’avvocato Robert Bilott si mosse contro la società di prodotti chimici DuPont a seguito dello scandalo dell’inquinamento idrico di Parkersburge condusse la sua ventennale battaglia legale. “Cattive acque”, trasmesso in prima Tv su Iris lunedì 3 aprile, è possibile vederlo in streaming sul sito di Mediaset Infinity.

Brevemente la trama. Alla fine degli Anni ‘90 Robert Billot è un avvocato specializzatosi nella difesa di aziende chimiche, ed è appena diventato socio nel suo studio legale. A cambiare drasticamente la sua vita tranquilla sarà la visita in ufficio di Wilbur Tennant, un contadino della Virginia conoscente di sua nonna che gli chiede di indagare su un’insorgenza anormale di tumori e malformazioni nelle sue mucche a Parkersburg, nella Virginia Occidentale. Dopo una visita alla fattoria, il legale verifica che 190 capi di bestiame sono morti con condizioni mediche insolite, mentre l’avvocato della DuPont, Phil Donnelly, gli comunica di non essere a conoscenza del caso. La società invia a Robert centinaia di scatole, e l’uomo non demorde ma si dedica alla lettura di ogni singolo documento, trovando numerosi riferimenti al PFOA, una sostanza chimica senza alcun riferimento nei testi medici. Infine Robert scopre che il PFOA è l’acido perfluoroottanoico, usato per il teflon nelle pentole antiaderenti: sostanze che non lascia il flusso sanguigno ma tende ad accumularsi in esso. La DuPont aveva eseguito in passato i test sul PFOA, sapendo benissimo che causa il cancro e altri difetti congeniti, tuttavia non aveva mai reso pubblici i risultati.

Nuovi rischi per lo scudo della Terra.

Pochi mesi fa avevamo esultato, anche appuntandoci una medaglietta, per la chiusura del “buco dell’ozono”, cioè per il recupero di questo   gas che in atmosfera costituisce uno strato protettivo (l’ozonosfera) che blocca il passaggio dei raggi UV provenienti dal sole e le conseguenti radiazioni ultraviolette che mettono in pericolo la vita sul nostro Pianeta, ovvero cancro per l’uomo. I killer dell’ozono, gli autori del buco, erano soprattutto i clorofluorocarburi CFC, i gas contenuti nei frigoriferi e nelle bombolette spray. Nel 1992, nella fabbrica che li produceva (Montefluos-Ausimont di Spinetta Marengo oggi Solvay), organizzammo con gli attivisti di Greenpeace un clamoroso blitz che avviò la storica campagna per la messa al bando dei CFC: clicca qui La battaglia per chiudere il buco dell’ozono.

 Purtroppo, nonostante le buone notizie sullo strato dell’ozono e il suo buco, un nuovo studio allarma che le emissioni globali di alcuni tipi di clorofluorocarburi utilizzati come alternativi ai killer (idrofluorocarburi o HFC) sono in aumento e rappresentano in prospettiva un pericolo essendo potenti gas serra che influenzano in ogni caso il clima.

Proteggere la madre terra. Difendere i diritti umani.

Conferenza con Michel Forst, Relatore Speciale delle Nazioni Unite – Dana Lauriola, Portavoce movimento NO Tav  -Livio Pepino, Direttore Edizioni Gruppo Abele – Francesco Martone, Portavoce della “Rete In Difesa di” – Ultima Generazione – Convenzione di Aarhus – Javier Villamizar Corona, presidente di AsoUwa – Liliana Rios Roa, Movimiento Político de Masas Social y Popular. Modera Marina Forti.

Clicca qui la conferenza sulla newslettera di Doriella&Renato, con  le altre iniziative NoTav in Valsusa.

Referendum in Italia.

Stop invio armi

Un referendum per il divieto di esportazione di armamenti in territori bellici, ovvero un referendum contro l’invio di armi italiane all’Ucraina (accompagnato da un altro sulla tutela del Servizio sanitario nazionale) è stato lanciato dal giurista Ugo Mattei con il sostegno di altri docenti e intellettuali. Servono 500 mila firme per dare corso all’iniziativa popolare. Entro fine mese partirà la campagna di raccolta firme, con una piattaforma online cui si accede tramite generazionifuture.org, poi inizieranno  i gazebo. I quesiti sono stati pubblicati sulla  Gazzetta ufficiale. Il referendum  sull’Ucraina chiede nello specifico di abrogare il decreto che consente l’invio di armi a Kiev per tutto il 2023. Il quorum per il referendum è al 50 per cento,  se dovessimo farcela, la democrazia diretta recupererebbe lo scarto accumulato rispetto alla democrazia rappresentativa, che oggi decide senza nemmeno arrivare al 50 per cento di affluenza al voto.

Referendum in Ucraina.

Entrambe le parti dicono che quei territori sono loro perché, rispettivamente, ucraine o russe sono le popolazioni che li abitano. Allora un terreno di trattativa può essere la proposta di una sospensione delle operazioni belliche e dell’indizione, in un tempo che consenta di far decantare il furore della guerra, di un referendum sotto garanzia dell’Onu, adeguatamente articolato e con sagge e opportune soluzioni alternative locali: dite che vi battete per la libertà delle vostre popolazioni, e allora andiamo a vedere cosa pensano queste popolazioni. Certo il diritto internazionale dei confini statali salterebbe, ma nella Carta delle Nazioni Unite c’è anche il principio di autodeterminazione dei popoli”. Discutono della proposta giuristi e politologi, ma anche semplici pacifisti come noi che la sostenemmo già  un anno fa: clicca qui.