Gli orrori neonazisti in Ucraina e la guerra santa senza fine della Nato.

…“I neonazisti che combattono a fianco delle truppe regolari ucraine, e in particolare quelli asserragliati nell’acciaieria Azovstal, sono chiamati con nomi più benevoli: vengono presentati come eroici partigiani, difensori ultimi dell’indipendenza ucraina. Zelensky che inizialmente voleva liberarsi dei neonazisti oggi dipende dalla loro resistenza e li elogia. La loro genealogia viene sistematicamente occultata e anche i giornalisti inviati tendono a sorvolare, ricordando raramente che nel Donbass questa maledetta guerra non è nata nel 2022 ma nel 2014, seminando in otto anni 14.000 morti. Oppure si dice che il battaglione Azov è una scheggia impazzita, certo pericolosa ma non diversa da roba tipo Forza Nuova in Italia. Invece il battaglione Azov è tutt’altra cosa: è un reggimento inserito strutturalmente nella Guardia Nazionale ricostituita nel 2014 dopo i tumulti di Euromaidan e ha legami organici con i servizi (Sbu, succedaneo ucraino del sovietico Kgb). Così come sono tutt’altro che schegge le formazioni neonaziste o i partiti vicini al battaglione: su cui Washington e la Nato puntarono durante la rivoluzione colorata di Euromaidan, perché Kiev rompesse con Mosca. Sono strategicamente cruciali perché la guerra per procura Usa-Nato-Mosca continui senza scadenza”.

Clicca qui Barbara Spinelli,  che prosegue documentando: “Lo Stato li lasciò impuniti di  torture e trattamenti inumani, proibiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo” e commenta : “Queste violenze andrebbero rievocate, nel giorno che commemora la vittoria sovietica del ’45 e quella che Mosca chiama ‘grande guerra patriottica’. La chiamano così anche i commentatori occidentali, per dissimulare il fatto che fu una vittoria che liberò dal nazismo l’Europa intera, con gli alleati occidentali, e che costò alla Russia almeno 30 milioni di morti”. Spinelli conclude: “Il riarmo e l’allargamento a Est della Nato, uniti all’impudenza delle dimenticanze storiche, hanno creato tra Russia ed Europa un fossato quasi incolmabile, politico e anche culturale. A questo servono l ‘abbaiare occidentale alle porte della Russia’ denunciato dal Papa, l’oblio dello ‘spirito di Helsinki’, la russofobia in aumento. Sono misfatti che non giustificano la brutale aggressione russa del 24 febbraio, ma che certo l’hanno facilitata. Che spingeranno la Russia, per molto tempo, a prender congedo da un’Europa che sempre più crede di progredire confondendo i propri interessi con quelli statunitensi”.

Putin sta a Zelensky come gli oligarchi russi stanno agli ucraini.

Si distinguono da altre categorie di super ricchi per il controllo che esercitano sull’economia e per il rapporto privilegiato con le istituzioni statali. Compongono, insomma, l’élite finanziaria e imprenditoriale del capitalismo. Usare il termine per indicare, in tono spregiativo, soltanto i miliardari russi è mistificante. La peculiarità russa, se vogliamo cercarla, consiste nell’anarchia economica e nella rapidità con cui, dopo il crollo dell’Urss, è avvenuta la privatizzazione dell’economia. Che si è tradotta, com’è noto, in un gigantesco furto di risorse e di beni comuni da parte di uomini senza particolari meriti e, spesso, provenienti dall’apparato. I governi americani ed europei hanno salutato come una vittoria del «mondo libero» la caduta dell’Unione sovietica e sono stati ben contenti di stringere accordi con i nuovi padroni.

In Ucraina le cose sono andate, più o meno, allo stesso modo. Gli oligarchi (circa cento) controllano l’80% delle ricchezze di un paese che, ancora nel 2019, era tra i più arretrati dell’ex Urss. In un report del Parlamento europeo dell’11 febbraio 2021, sono documentati i motivi che rendono difficile, in tempi brevi, l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue. Si parla di illegalità, dell’influenza degli oligarchi sulla politica, di corruzione, di mal funzionamento della giustizia, di mancanza di libertà di stampa, di campagne d’odio e fenomeni d’intolleranza verso femministe, Lgbt, rom. Non siamo proprio davanti a un modello di democrazia, senza nulla togliere naturalmente alla solidarietà nei confronti del popolo ucraino, vittima dell’aggressione della Russia di Putin.

Gaetano Lamanna

Ultimo assalto alla natura: gli ecosistemi quotati in Borsa.

Si chiama NAC (Natural Asset Company). Con essa la Borsa di New York ha svelato il piano più radicale e potenzialmente più distruttivo per finanziarizzare tutta la natura e la vita nella stessa. Che la relazione fra il capitalismo e la natura sia basata sulla mercificazione di quest’ultima per estrarre profitti non è sicuramente una novità, ma questa volta siamo ad un ulteriore drammatico salto di qualità. La creazione di questa nuova classe di attivi finanziari metterà infatti in vendita non solo le risorse naturali, ma gli stessi processi alla base della vita… Si tratta della definitiva privatizzazione dei beni comuni che, da beni accessibili a tutti, diventeranno asset finanziari per i profitti di pochi, mentre sarà il mercato a decidere cosa nella natura ha valore e cosa non ne ha. Clicca qui.

Fermare il governo, difendere acqua pubblica, beni comuni, sanità, diritti e democrazia.

Mobilitazione per il 14 maggio contro il disegno di legge sulla concorrenza e il mercato, che  si prefigge una nuova ondata di privatizzazioni di beni comuni fondamentali, dall’acqua all’energia, dai rifiuti al trasporto pubblico locale, dalla sanità ai servizi sociali e culturali, fino ai porti e alle telecomunicazioni. Fa il paio con il disegno di legge sull’autonomia regionale differenziata. Clicca qui.

L’inceneritore e tu chiamalo termovalorizzatore.

Se poi lo costruisci a Roma puoi sempre sperare in un miracolo. Ma il Papa è contrario, al pari della maggioranza dei romani che non si fideranno del sindaco Gualtieri  di “assolute  garanzie per ambiente e salute”. Infatti l’inceneritore non ‘distrugge’ i rifiuti ma semplicemente li trasforma in fumi, anidride carbonica (una tonnellata di rifiuti ne produce circa una tonnellata), diossine, ossidi di azoto, infine ceneri e residui di combustione che devono essere smaltiti in discariche speciali, anche  queste ubicate a Roma.

A parte la salute, l’addio alla raccolta differenziata e al riciclo graverebbe sulle tariffe dei romani perchè per costruire un inceneritore da 600mila tonnellate occorrerebbero almeno 700milioni di euro in costanti lievitazioni di costi e senza  fondi comunitari.

Ilva una vergogna nazionale.

Guarda il video Sopravvivere sotto l’ex Ilva, Tamburi di morte a Taranto

Lo Stato Italiano continua a non tutelare la salute e i diritti dei tarantini. La nuova condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è una sorta di conferma a quanto già contenuto nella prima sentenza che sulla gestione della vicenda dell’ex Ilva, inchiodò il governo di Roma. A quasi quattro dalla condanna della Cedu e a quasi dieci dal sequestro degli impianti, insomma, la salute dei tarantini è ancora a rischio. Siamo di fronte a una vergogna nazionale. Clicca qui Peacelink. Domenica 22 maggio a Taranto saremo di nuovo in piazza Garibaldi alle ore 17 per riaffermare il diritto alla vita e alla dignità dei cittadini esposti a rischi sanitari inaccettabili.

Non basta sciogliere la Nato.

Prima bisogna  inviare forze di interposizione nonarmata e nonviolenta sotto la guida dell’Onu per fermare subito le stragi e le devastazioni; per l’immediato cessate il fuoco e l’immediato inizio di negoziati di pace che facciano cessare tutte le uccisioni. Ancora prima bisogna soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone in fuga dalla guerra; inviare aiuti umanitari per sostentare l’esistenza di chi non può o non vuole fuggire, e per ricostruire prima possibile e meglio possibile le strutture e i servizi necessari alla vita quotidiana. Subito dopo  bisogna scogliere la Nato braccio armato dell’azione militare statunitense. Sciogliere la Nato è la cosa di gran lunga più efficace che i paesi europei possano fare oggi per la pace e per salvare innumerevoli vite. Clicca qui la posizione del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera”: struttura nonviolenta attiva dagli anni ’70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali; struttura nonviolenta che oltre trent’anni fa ha coordinato per l’Italia la più ampia campagna di solidarietà con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano “La nonviolenza e’ in cammino”. Da alcuni mesi è particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l’illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell’intero mon! do vivente, da 46 anni prigioniero innocente, ecc.

Dana è finalmente libera! Rieducata.

Nel 2022. Fu arrestata nel 2020. La manifestazione per la quale è stata incarcerata avvenne nel 2012.  Otto anni prima. Complessivamente sono 10 anni. Nessuna prescrizione intercorsa, in questa Italia delle prescrizioni. Evidentemente si è trattato di un reato gravissimo. Così descritto dai giornali: “La manifestazione è avvenuta il 3 marzo 2012 a un casello dell’A32, giorno in cui alcuni manifestanti No Tav  distrussero l’impianto di videosorveglianza e bloccarono con del nastro adesivo le sbarre, per consentire a tutti i viaggiatori di passare senza pagare il pedaggio”. Sarebbe bastata una condanna di risarcimento danni. Invece l’aggravante fu che Dana Labriola… “impugnava un megafono” e soprattutto era “portavoce del movimento No Tav” rendendosi in precedenza verbalmente  “protagonista di manifestazioni di protesta  contro la costruzione della linea ferroviaria in Val Susa”. Scopo della detenzione è stata di farle percepire la funzione rieducativa di espiazione della pena”.  E’ stata “rieducata”? Clicca qui come commenta Dana.