Dolo: inquinava sapendo di inquinare.

Nella testimonianza del geologo Andrea Sottani al processo di Vicenza, emerge che Miteni già dal ’98 era al corrente dell’esistenza dei Pfas in concentrazioni molto alte nella falda acquifera sottostante lo stabilimento: una rete di 60 pozzi, sia pubblici che privati, nelle cui acque campionate venivano individuati picchi di oltre 150 mg per litro, con un trend in aumento dal 2003 . Una consapevolezza dolosa della gravità della situazione fu  ribadita  nel report conclusivo del progetto “Giada”, entrato nella disponibilità dei vertici di Miteni nel 2010.

Pfas nelle acque potabili tedesche.

L’acqua che esce dai rubinetti soprattutto urbani dei cittadini tedeschi, come ormai da quelli degli altri Paesi, contiene PFAS  in concentrazione probabilmente anche oltre i limiti dei valori di riferimento, pari a 100 nanogrammi per litro, della UE.

Lo studio, appena pubblicato su Eco-Environment and Health dai ricercatori dell’Agenzia per l’ambiente tedesca e dall’Università Tecnica di Berlino, grazie al coinvolgimento dei cittadini ha esteso l’analisi a tutto il territorio nazionale e non solo, come accade di solito, a un’area specifica. Dunque i campioni sono stati raccolti da acque sia superficiali che di falda, oppure da acque miste (o, ancora, da acque provenienti da sistemi di filtrazione e riciclo di acque di falda,  e perfino da un distributore che utilizzava acqua salmastra e marina filtrata con un sistema a osmosi.

Dirottare i soldi delle armi alla bonifica e alla riconversione dell’Ilva.

Continuano le audizioni in Senato, per la conversione del decreto legge 4/2024, l’ennesimo «salva Ilva». Per Lunetta Franco di Legambiente è gravissimo che nel decreto non compaia mai la parola salute in un territorio, come quello di Taranto, definito dai relatori Onu «zona di sacrificio» ossia tra le aree più degradate e inquinate del mondo. Anche Arpa Puglia evidenzia che le emissioni di benzene, noto cancerogeno, sono in costante crescita nonostante la produzione in calo. Secondo Arpa la valutazione del danno sanitario deve essere integrata al rilascio dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) ricordando che lo Stato italiano è già stato condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo Cedu (nel 2019) per non avere difeso la salute dei Tarantini. «Un impianto che inquina e non fa nemmeno profitto» stigmatizza Alessandro Marescotti, portavoce di Peacelink, facendo riferimento all’impressionante cifra di 3,1 miliardi di euro di debiti di AdI.

«Di fronte a questa abnorme situazione di indebitamento – prosegue Marescotti – il prestito di 320 milioni deciso dal governo appare come un disperato tentativo di rimandare un incombente fallimento. La concessione del prestito rischia però di far proseguire il preoccupante trend crescente del benzene cancerogeno: lo Stato può consentire con un prestito la prosecuzione di un’attività che mette in pericolo la salute, in particolare quella dei bambini? – chiede Marescotti in Senato -.La nostra posizione è nessun prestito per proseguire questa attività pericolosa per la salute». In subordine, Peacelink propone due emendamenti al ddl: il primo per vincolare i prestiti statali al «non superamento della soglia di 27 microgrammi a metro cubo di benzene quale media oraria. In caso di 3 sforamenti (nel 2023 sono stati 32) i prestiti dovranno essere sospesi. I superamenti negli anni successivi non potranno essere più di uno all’anno». Il secondo chiede «un piano di riconversione e di reimpiego delle maestranze, utilizzando in particolare fondi per i nuovi armamenti, a partire dal programma Gcap-Tempest inserito nel Documento programmatico pluriennale i cui fondi sono 5 miliardi». Ossia dirottare fondi dedicati al comparto militare verso la bonifica e la riconversione di una delle aree più contaminate d’Italia.

Ad aprile sarà la corte di Giustizia Europea ad esprimersi sul ricorso intentato da centinaia di cittadini di Taranto danneggiati dall’inquinamento: un parere favorevole (come già lo è stato il parere dell’avvocatura della Corte Europea a dicembre), potrebbe fermare gli impianti e aprire le porte alle richieste di risarcimento dei cittadini.