Il comunismo della decrescita.

Riallacciandosi al servizio sul nostro Sito, Pfas, Pallante, decrescita felice e socialismo., potrebbe inserirsi nel dibattito il saggio di Fabio Ciabatti (clicca qui) sulla scia delle teorie di Kohei Saito, marxista giapponese che, nel suo  Marx in the Anthropocene: Towards the Idea of Degrowth Communism, argomenta il “comunismo della decrescita” presente nello sviluppo teorico di Karl Marx.

E’ questa una tesi senz’altro originale e radicale che si contrappone ai movimenti “verdi” che spesso si sono cullati nell’illusione di uno sviluppo sostenibile compatibile con il capitalismo, oppure, come sembrerebbe nella versione della “Decrescita felice” di Maurizio Pallante, hanno pensato l’ambientalismo come una sorta di terza via tra capitalismo e comunismo.

Secondo Saito, il superamento delle precedenti concezioni produttivistiche fu indotto in Marx dai vasti studi di geologia, chimica, mineralogia, botanica, e occupandosi di problemi come l’eccessiva deforestazione, il trattamento crudele del bestiame, lo sperpero delle fonti di energia fossili e l’estinzione delle specie, con un occhio attento all’agricoltura non capitalistica e ai sistemi di proprietà fondiaria. La natura presenta a qualunque società umana dei limiti che non possono mai essere oltrepassati, pena la catastrofe ecologica. Marx dunque pone la possibilità di un ricambio organico tra umani e natura che sia al contempo egualitario e ecologicamente sostenibile, che non richieda uno sviluppo indefinito delle forze produttive. Un’economia circolare. Un comunismo connotato dalla decrescita?

La domanda resta aperta. Fabio Ciabatti, come marxista, conclude: “Queste discussioni possono apparire il frutto di una oziosa acribia filologica, ma occorre notare come la posta in gioco sia politicamente significativa. Finché l’ambientalismo sarà sinonimo di una limitazione generalizzata dei consumi in nome della sostenibilità ecologica difficilmente potrà diventare una prassi generalizzata delle classi subalterne in un mondo caratterizzato da una enorme sperequazione nella distribuzione della ricchezza. Per vincere la battaglia nel territorio conteso dell’immaginario collettivo occorre mettere in campo una concezione completamente diversa di benessere sociale che, basandosi sull’idea di ricchezza comune, sappia coniugare equità sociale e rispetto dei limiti naturali”.