ComitatoStopSolvay: basta con lo scaricabarile, subito la chiusura.

Nel disastro ecosanitario della Solvay di Spinetta Marengo, il metodo politico-aziendale dello scaricabarile, adottato in Piemonte per le indagini epidemiologiche e ambientali, (clicca qui)  è ovviamente in auge –abbinato- anche per la bonifica del martoriato territorio alessandrino. Infatti, il procedimento penale avviato nel lontano 2008, e conclusosi nel 2019 in Cassazione con una ultimativa sentenza di risanamento a spese della multinazionale belga, non è mai sfociato in vera bonifica: neppure per quanto riguarda le falde avvelenate da cromo esavalente e altri ventuno tossicocancerogeni, men che meno per le emissioni in atmosfera  di cloruri e cloroformi neanche considerati in sentenza, anzi, né con l’emergere dell’inquinamento acqua-aria-suolo e nel sangue dei pfas Pfoa C6O4 ADV. 

Monica Gasparini, sul giornale Il Piccolo di Alessandria, professionalmente elenca i passaggi politico-burocratici che le fanno dubitare: si vuole davvero bonificare il polo chimico?  La procedura infatti è l’ideale corsa ad ostacoli per inciampare la bonifica.   

Lo scaricabarile della bonifica. Entro la fine dell’anno è tutt’altro che sicuro che sia conclusa la fase della “caratterizzazione “(ricerca sul campo degli inquinanti che superano i limiti di legge) che restituirebbe una fotografia certa (?) delle matrici ambientali coinvolte (suolo superficiale e profondo e acque sotterranee). Una volta (eventualmente) conclusa, i dati verrebbero elaborati e quindi si passerebbe all’ “analisi di rischio” che a sua volta dovrebbe essere presentata entro sei mesi dal termine di caratterizzazione. L’analisi di rischio si presterebbe ad una prolungata elaborazione di dati, cioè un calcolo matematico che permetterebbe di capire se nell’area interessata dal disastro ambientale c’è un rischio per i bersagli della contaminazione (ad esempio ambiente popolazione lavoratori bambini). Se i risultati diranno (come è ovvio che dicano) che siamo di fronte a un rischio allora, riprendendo lo scaricabarile, chi ha inquinato, cioè la stessa Solvay dovrebbe elaborare e progettare la bonifica. Lo farebbe col dovuto comodo (pardon: con certosina paziente diligenza) e la prospetterebbe “dialetticamente” al vaglio della Conferenza dei servizi (cui fanno parte gli amiconi di comune provincia asl e arpa). Come non bastasse, sarà, poi, il comune ad approvare il progetto con eventuali prescrizioni, definendo i tempi eccetera eccetera.  

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Alessandria maglia nera, Spinetta Marengo maglia nerissima.

Delle 102 città italiane campionate dal dossier di Legambiente, il Rapporto Ecosistema Urbano colloca Alessandria in fondo alla classifica per quanto riguarda la situazione ambientale. Tale dato risulterebbe ancor peggiore, anzi drammatico, se fosse riferito ad un sobborgo di Alessandria: Spinetta Marengo, nella zona della Fraschetta. Infatti, il dossier di Legambiente è essenzialmente finalizzato a focalizzare l’impatto del traffico (polveri sottili Pm10, Pm2.5, NO2), mentre il polo chimico di Solvay è -di fatto- un SIN (sito di interesse nazionale), cioè una estesa area contaminata con ricadute di inquinanti anomale (composti fluorurati,  acido fluoridrico, acido cloridrico, ammoniaca, cloroformio, alcoli, anidride fosforica P2O5, composti Iodurati C4F8I2, Zn, idrossido di potassio, NOx, SOx, polveri, Pfoa, C6O4, ADV) e classificabile fra le più pericolose dallo Stato italiano, dunque che necessita di bonifica. Per inciso: chiedemmo ufficialmente, e inutilmente per anni, ai sindaci di promuovere un Comitato scientifico internazionale considerata la complessità degli interventi di bonifica non gestibile a livello locale, preso atto delle richieste del Ministero dell’Ambiente nel processo Ausimont/Solvay e a maggior ragione dopo la relativa sentenza in Corte di Cassazione. Alessandria sta pagando in salute l’inerzia complice del Comune.

Dunque il rapporto di Legambiente, per quanto riguarda Spinetta Marengo e Fraschetta, è deficitario rispetto ai parametri del micidiale cocktail degli inquinanti e alle tragiche risultanze epidemiologiche in fatto di morti e ammalati. Si consideri la chiusura di acquedotti e soprattutto la presenza di Pfas nel sangue dei cittadini e dei lavoratori nella recente indagine che abbiamo organizzato con l’Università di Liegi e la TV belga. Si consideri che i 21 tossicocancerogeni sanzionati dalla Cassazione (cromo esavalente, solventi organo alogenati quali tetracloruro di carbonio e cloroformio, trielina ecc.), irrobustiti dai Pfas, navigano ancora nelle falde acquifere della provincia indisturbati dalle cosiddette barriere idrauliche.

Si consideri le montagne di rifiuti stoccate a cielo aperto.  Si consideri il cloroformio che risale dalle cantine delle abitazioni.  Si consideri, riferendoci alle emissioni in atmosfera non prese in esame da Legambiente, che esse sono probabilmente la prima causa delle rilevanti eccedenze di patologie anche tumorali dei residenti della Fraschetta messe in luce dalle indagini epidemiologiche. Ogni giorno dalle 72 ciminiere e camini dello stabilimento vengono immessi nell’aria di Spinetta e Alessandria più di 100 Kg di composti fluorurati (40 tonnellate all’anno); a questi si aggiungono le altre sostanze elencate e le cosiddette “emissioni fuggitive” cioè le 15.000 piccole e grandi perdite che accusano gli impianti.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Da che parte era la CGIL?

Le strade del sobborgo di Spinetta Marengo saranno tappezzate da manifesti che chiedono il monitoraggio e la prevenzione ad opera della Asl Alessandria delle patologie in eccesso a Spinetta rispetto al resto della popolazione alessandrina.

La CGIL se la prende (giustamente) con la precedente Giunta (di centrodestra) e   non, anche, con quelle di centrosinistra (e con se stessa) quanto meno per gli ultimi 20 anni. In realtà le risposte alle nostre domande -cioè rivendicazioni-  le stiamo aspettando da 50 anni.

Non bastavano i monitoraggi aria-suolo-acque e otto indagini epidemiologiche per convincersi che andavano fermate almeno le produzioni che la stessa CGIL -in un volantino del 2002- denunciava come cancerogene? Nota bene: sul manifesto non compare il nome della Solvay.

Quale futuro per l’ecologismo in Italia.

EU ha messo a disposizione del nostro paese 200 miliardi (a debito) che il Governo italiano sta sperperando in iniziative che nulla hanno a che fare con la transizione ecologica: armi, autostrade, alta velocità, incentivi all’auto individuale, gassificatori, navi metaniere, gasdotti e nuove trivellazioni; e case di comunità senza personale, scuole senza insegnanti, e quasi niente per il riassetto idrogeologico. Con meno di quell’importo sarebbe possibile invece convertire tutto il sistema energetico nazionale alle energie rinnovabili in poco tempo…

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