Dal Controsservatorio Valsusa: 7 schede che riassumono il No al Tav.

Le 7 schede, curate dalla Commissione tecnica, sono indirizzate a informare correttamente quanti in buona fede sono stati mobilitati per la campagna SiTav. Clicca qui il commento alla crociata fondamentalista a Torino che ha un duplice obiettivo: sbloccare una situazione di stallo per aprire in fretta cantieri e sbarazzarsi nel contempo di un’amministrazione comunale scomoda e considerata un ostacolo da rimuovere al più presto.

Pensare globalmente, agire localmente: “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro”.

A 40 anni dalla sua scomparsa, l’eredità del pensiero di Giulio Alfredo Maccacaro, partigiano e scienziato, è sempre attuale. Solo uno sciocco quanto presuntuoso potrebbe millantare di detenerne titolarità e denominazione. Infatti, tra le organizzazioni che fanno riferimento ai suoi princìpi, numerose sono state addirittura quelle intitolate al suo nome. Citiamo a memoria. “Coop Epidemiologia e Prevenzione Giulio A. Maccacaro”. “Società per l’epidemiologia e la prevenzione Giulio A. Maccacaro Impresa sociale srl” che edita “Epidemiologia&Prevenzione”.“Dipartimento di Salute Mentale Giulio Maccacaro” di Torino. “Premio Maccacaro” istituito dall’ Associazione Italiana di Epidemiologia. “Centro per la Salute Giulio A. Maccacaro Onlus” a Castellanza. “Statistica medica, Biometria ed Epidemiologia G.A. Maccacaro” a Milano. “Collettivo Giulio Maccacaro Public Group”. Infine “Medicina democratica”. Nella quale è avvenuta una clamorosa e sofferta scissione: a livello territoriale si stanno costituendo collettivi di “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro” in continuità storica, culturale, scientifica e ideale con i princìpi originari di Maccacaro, dunque con una precisa “carta di identità” (clicca qui) e con primi precisi riferimenti organizzativi (clicca qui). Come caratteristica peculiare di ciascuno di questi nuclei locali è intesa la piena autonomia di ciascun Movimento territoriale, cioè l’autogoverno dei militanti, il volontariato senza alcun finanziamento né diretto né indiretto. In altre parole: è esclusa qualsiasi forma di struttura nazionale che, come da esperienza, degeneri in gestione personale e accentrata, centro di potere e di interesse economico estraneo ai Movimenti di lotta, insomma in una mutazione genetica che tradisca Maccacaro.

Luigi Mara & Medicina democratica. Luci e ombre di un grande protagonista. Il filo rosso che lega il “sessantotto” alla nascita dell’Associazione di Giulio Alfredo Maccacaro, e passando per la mutazione genetica, fino alla sua scissione.

“”Luigi Mara compare spesso nei miei libri in quanto il nostro sodalizio è durato più di quaranta anni, interrompendosi bruscamente qualche mese prima della sua morte. Della sua vita terrena e postuma, questo taccuino raccoglierà aspetti nel bene ma anche nel male, perciò non li leggerete mai nelle rituali commemorazioni dei cortigiani e degli pseudoaccademici: incapaci di affrontare un confronto-scontro di idee e, nel contempo, di rendersi conto che in questa epoca “web al quadrato” ogni censura è velleitaria.””

Continua la lettura: riproduciamo on line la prima parte del libro.

Chi intende prenotare il libro in forma cartacea deve comunicare a balzamd@gmail.com di aver fatto un bonifico di almeno 10 euro su IBAN IT25R0558410400000000002329, oppure su Paypal lubaja2003@yahoo.it . Tutte le sottoscrizioni saranno, come sempre, interamente devolute alla Ricerca per la cura del mesotelioma.

Il “Collettivo Giulio Maccacaro” festeggia i 10 anni.

Dal 21 gennaio 2009 il “Collettivo Giulio Maccacaro” (clicca qui) è stato creato per “mettere in rete, formando un collettivo virtuale, tutti coloro, operatori della salute e non, che condividono la critica della medicina fatta da Giulio Maccacaro e in particolare dell’asservimento della scienza medica alle logiche del profitto. Tutti coloro che sono per il Servizio sanitario pubblico affinchè il diritto alla salute sia sempre più esteso nello spirito dell’art. 32 della Costituzione, nella consapevolezza che c’è un rapporto stretto tra salute individuale e collettiva, situazione economico sociale ed ambiente di vita e di lavoro in tutto il mondo. Per queste ragioni, la salute si difende soprattutto con la prevenzione, la quale, oggi come ieri, confligge con interessi economici e di potere. Gli operatori sanitari, uscendo dalle logiche corporative e dalla corsa ai profitti in medicina, non possono limitarsi a difendere il Servizio sanitario pubblico, ma devono ricominciare a discutere criticamente del proprio ruolo e del proprio lavoro partecipando attivamente alla vita politica e sociale, schierandosi dalla parte degli ultimi“. Edoardo Turi è l’amministratore del Collettivo, che in 10 anni annovera tra le sue file ben 386 membri, un vero exploit se paragonato ai 181 soci (al 22/9/18) dopo 40 anni di Medicina democratica.
Clicca qui Giorgio Bert “Capovolgere” la facoltà di medicina? L’eredità di Giulio A. Maccacaro”

Il Centro per la Salute Giulio A. Maccacaro: un modello.

Il Centro per la Salute Giulio A. Maccacaro è stato l’antesignano di tutte le collettività che si sono ispirate a Maccacaro. Sulla scia dell’articolo 9 dello Statuto dei Diritti delle Lavoratrici e dei Lavoratori, fu costituito da lavoratori e lavoratrici chimici della Montedison di Castellanza (VA) e di altre fabbriche dei diversi settori merceologici, uniti nel rifiuto di scambiare i livelli di rischio con gli aumenti salariali e nell’affermare il diritto alla salute nella dimensione collettiva e prevenzionale. Diventò il modello di ogni aggregazione spontanea e autonoma di gruppi di operai e di popolazione autoorganizzata sul territorio, assieme a tecnici, ricercatori e intellettuali. Il modello di una lotta collettiva per la salute, la sicurezza, l’ambiente salubre, i diritti umani che contestava alla radice non solo come produrre ma anche cosa, per chi e dove produrre.
Il Centro per la Salute Giulio Alfredo Maccacaro si propose di sviluppare metodologie di intervento in fabbrica sui temi della salute, della sicurezza e dell’ambiente, già sperimentate in anni di lavoro, nei molteplici campi della prevenzione dei rischi e delle nocività, della bonifica dei cicli produttivi e dell’ambiente inquinato all’interno come all’esterno dei luoghi di lavoro, con la partecipazione di migliaia di lavoratrici e di lavoratori appartenenti alle piccole, medie e grandi fabbriche italiane nonché a settori dei servizi, dalle banche agli ospedali. Tali metodologie erano fondate sui principi della partecipazione diretta delle lavoratrici e dei lavoratori alle indagini in fabbrica e della popolazione autoorganizzata nel territorio; dell’affermazione della soggettività operaia nella sua accezione più ampia e pregnante sia sul piano culturale che sindacale e tecnico-scientifico; del rifiuto della monetizzazione dei rischi e della nocività nei luoghi di lavoro così come nel territorio; del rifiuto della delega da parte del gruppo operaio di lavorazione omogeneo della propria salute ai tecnici; della non accettazione della cosiddetta neutralità della scienza e della tecnica e della oggettività dei cicli produttivi che da esse derivano; della informazione e formazione permanente, attraverso il corretto rapporto fra gruppo operaio omogeneo e tecnici sugli innumerevoli temi della salute, della sicurezza, dell’ambiente salubre e dei diritti umani.

La strage dell’amianto.

Ci riferiamo questa volta alla “strage dei processi” che, con assoluzioni e prescrizioni, completano la “strage delle vittime del mesotelioma”. Sono recenti le sentenze che prescrivono gli omicidi colposi alla SKF di Torino e quelli a Roma per la Rifiutopoli di Malagrotta. Sono attesi nuovi colpi di spugna per prescrizione ai processi gemelli di primo grado a Torino, Vercelli, Reggio Emilia e Napoli sui morti da amianto all’Eternit. Idem a quello eventuale in Cassazione per i morti all’Olivetti di Ivrea (De Benedetti e Passera furono condannati in primo grado e assolti in appello). Idem per il quarto processo in primo grado per le vittime Pirelli. Eccetera. Processi inutili per le vittime, utili per le parcelle degli avvocati. Clicca qui la lucida analisi giuridica di Marco Travaglio. Vedi anche: “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia, terza edizione pagg. 518.

Il Paese sull’orlo di un precipizio idrogeologico.

Il “Rapporto sul Dissesto idrogeologico 2018”, redatto dall’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale (Ispra), così conclude: “L’Italia è un paese ad alto rischio di dissesto idrogeologico. Frane e alluvioni dovrebbero essere la nostra prima preoccupazione: la sicurezza del territorio dovrebbe essere la priorità, per l’economia e per la salvaguardia delle stesse popolazioni e dell’ambiente”. Clicca qui Marco Bersani.

PFOA. Al Parlamento europeo innalzati i limiti.

L’emendamento del Ppe ha innalzato il limite a 500 nanogrammi al litro e introdotto una distinzione tra i composti incriminati. La rabbia delle “Mamme No Pfas“. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha classificato l’acido perfluoroottanoico (Pfoa) come cancerogeno alcuni anni fa. Nel frattempo, la concentrazione di Pfas nel sangue dei cittadini veneti è salita alle stelle mentre la falda acquifera risulta impossibile da bonificare. Clicca qui

Italia dei veleni. Questi siti industriali aspettano la bonifica.

 

Sei milioni di cittadini sopportano un rischio di mortalità maggiore del 15% rispetto alle medie regionali. Chi ha inquinato non paga: assolto o prescritto. Il funzionamento della Giustizia in campo ambientale è analizzato in “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia, terza edizione pagg. 518.

L’azienda simbolo del PFOA chiude per fallimento.

Miteni chiude dopo le manifestazioni e i cortei delle popolazioni e i sequestri della magistratura. (clicca qui)
I lavoratori della Miteni in sciopero. (clicca qui)
I dati reali sullo stato di salute della popolazione esposta alla contaminazione da Pfas sono peggiori di quelli contenuti nelle relazioni (clicca qui)
Il Movimento 5 Stelle chiede di togliere le indagini sui Pfas alla Procura di Vicenza portandole a Venezia. (clicca qui).