Chiudere Solvay.

Legambiente è a livello nazionale l’associazione più autorevole a chiedere la fermata immediata degli impianti della Solvay di Spinetta Marengo, mentre in ambito locale Comitato Stop Solvay e Fridays For Future, recentemente costituitisi in Alessandria, rappresentano l’ala più intransigente dei movimenti antagonisti alla Solvay e fin dagli esordi chiedono esplicitamente  la chiusura del polo chimico. Lo ritengono infatti in toto non recuperabile ad un territorio esente da inquinamento, da morte e malattia. Basta con i se e i ma. Ma: Solvay promette entro qualche anno  limiti zero ai veleni tossici e cancerogeni in aria-acqua-suolo.  Se: si ha tolleranza di aspettare ancora qualche anno per verificare. Ma… se… ma se mia nonna avesse le ruote sarebbe una carriola. Non stanno in piedi i se e i ma dopo venti anni di Solvay.  I partiti che  si nascondono dietro e i se e i ma, non fanno altro che prolungare i profitti della multinazionale belga e le malattie della popolazione. L’accusa è rivolta indistintamente a tutti i partiti, localmente sempre gli stessi, che si avvicendano nei decenni, talvolta dalla stessa azienda additati  in tribunale come beneficiari di tangenti.

Questi intendimenti fanno da sfondo all’assemblea del Comitato Stop Solvay  presso il Laboratorio Sociale di Alessandria a seguito dell’Indagine epidemiologica dell’Università di Liegi e del film documentario della televisione RTBF,  dei quali abbiamo già fornito ampia pubblicazione: clicca qui e clicca qui.  Nell’occasione non sfuggirà la riflessione su un nodo importante: il fine giustifica i mezzi, però i mezzi devono essere adeguati al fine. Il rischio è di essere velleitari quando si pensa di sconfiggere a livello locale una multinazionale con la sola mobilitazione popolare. Questa è sufficiente a bloccare un inceneritore prima della sua costruzione, quando la sua autorizzazione è nelle mani della politica locale che teme i voti: l’inceneritorista si rivolge ad un altro territorio che spera più arrendevole. Vittorie di questo genere ne abbiamo ottenute tante, anche ad Alessandria, più o meno grandi: abbiamo riempito libri. Altra avventura è  buttare fuori un colosso con interessi mondiali. Non basterebbe neppure l’alleanza  -che non c’è mai-  con le forze politiche locali, che spesso non hanno o non vogliono usare lo strumento della revoca delle autorizzazioni. Il potere decisionale si sposta più in alto, a livello nazionale.

Esemplificando per il polo chimico di Spinetta Marengo. Nei decenni la nostra (almeno la mia, che è stata decisiva) mobilitazione non si è mai indirizzata  alla sua chiusura, ma a conseguire passo dopo passo importanti vittorie di risanamento ambientale con riconversioni (linea pigmenti) e anche con chiusure di impianti (DDT, CFC, Bicromati), che hanno salvato la pelle a tanti lavoratori e cittadini. Si poteva fare di più? La mia coscienza, avendo pagato prezzi personali alti, è a posto per i trascorsi 50 anni. Ora anche il traguardo (a suon di ripetuti esposti, i miei) dei processi penali ha dimostrato che si deve  fare di più: infatti i (conquistati) monitoraggi ambientali e sanitari indicano un limite raggiunto  di disastro da bloccare con la chiusura di altre produzioni e di impianti. Tutti? Tutti: sembra rispondere la stessa Solvay, per l’effetto domino.

Ma di sua spontanea volontà Solvay non chiuderà mai i rubinetti dei propri profitti. Dunque? Pur essendo solo la punta dell’iceber ecosanitario irrisolto pur dopo la condanna della Cassazione, dunque i Pfas possono rappresentare il grimaldello per forzare gli eventi, nell’immediato  anticipando gli effetti del nuovo processo penale, ovvero di quelli in sede civile. Non sfugga a nessuno, però, che è velleitario pensare di costringere Solvay ad abbandonare i Pfas con la sola mobilitazione locale e senza la sponda politica a livello nazionale. Perciò abbiamo puntato su una legge parlamentare che metta al bando uso-consumo-produzione dei Pfas su tutto il territorio nazionale, obbiettivo delineato nel Disegno di legge Crucioli.

Altrimenti si rischia di ripetere la sconfitta del Tav Terzo Valico subìta da un comitato luddista che si è sopravvalutato e isolato da qualunque alleanza con partiti, addirittura con associazioni ambientaliste. Si va verso la sconfitta sicura  se la filosofia  è la lotta per la lotta, la lotta fine a se stessa, vincere o perdere è uguale purchè si persegua la conflittualità, a prescindere dall’obbiettivo, che a questo punto immagina la rivoluzione come palingenesi.  (“La lotta fine a se stessa basta a riempire il cuore dell’uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice.” Albert Camus).

Movimento di lotta per la salute Maccacaro.