Stante l’immobilismo complice delle amministrazioni comunali e provinciali che si “bevono” i comunicati stampa e depliant della Solvay che falsamente negano il proprio inquinamento o lo attribuiscono alla passata gestione Ausimont, dovrebbe intervenire la Procura e avviando finalmente il processo per disastro ambientale e omessa bonifica sempre più in violazione della sentenza della Cassazione. A tacere l’inquinamento atmosferico.
Infatti, altro che bonifica e barriera idraulica: si aggrava l’inquinamento delle acque e dei pozzi della Fraschetta causato dalla Solvay di Spinetta Marengo. Sono i risultati di ottobre delle analisi ARPA di alcune sostanze contenute nelle acque della falda acquifera che fluisce al di sotto della piana che circonda il Polo Chimico e si estende verso Alessandria per raggiungere le colline di Pietramarazzi e Montecastello, passando dentro e sotto il Bormida. Si tratta delle analisi dei principali solventi organo alogenati quali tetracloruro di carbonio e cloroformio, sostanze tossiche e cancerogene in concentrazioni sempre più elevate: per le quali i limiti ISS e CSC ora sono superati nell’acqua di falda interna allo stabilimento fino a 1.000 volte per il tetracloruro di carbonio e fino a 1.400 volte per il cloroformio. Ma la concentrazione dei due inquinanti è sempre più elevata anche all’esterno e ora supera di decine di volte il limite anche nei pozzi di controllo più lontani, quelli oltre all’abitato di Castelceriolo, e riguarda non solo la falda superficiale ma interessa anche le falde più profonde. L’inquinamento delle falde acquifere si è aggravato dalla presenza di PFAS, sostanze parimenti se non più pericolose dei solventi clorurati, dei fluorurati e del cromo esavalente.
Ne derivano due considerazioni principali. Anzitutto gli aumenti in falda di cloroformio sono la prova del verificarsi di perdite importanti dagli impianti e dell’inefficacia del contenimento della barriera idraulica, il presunto dispositivo concepito per non far fuoriuscire inquinanti dal Polo Chimico. Altra considerazione riguarda il divieto di utilizzo dell’acqua di falda finora circoscritto ad un’area di modeste dimensioni a ridosso del polo chimico ed imposto con ordinanza comunale nel 2009. Alla luce dei controlli di ARPA il divieto dovrebbe essere esteso ben oltre, quanto meno fino alle porte di Alessandria verso ovest e alle colline delimitate dal fiume Tanaro verso nord. Stante l’immobilismo complice delle amministrazioni, dovrebbe intervenire la Procura.
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Ma c’è di più e di peggio: l’acqua tossica e cancerogena viene impunemente prelevata per irrigare le coltivazioni. Leggi il successivo articolo sul Sito.