L’ARPA E LA SOLVAY SOLEXIS

A voi risulta che l’Arpa abbia dato notizia che sabato 7 novembre 2009 intorno alle ore 17 c’è stato un incidente all’impianto Algofrene della Solvay Solexis di Spinetta Marengo? A noi no.
Eppure sembrerebbe che a seguito della foratura della colonna di testa del reattore R3 ci sia stata una considerevole fuoriuscita di gas. All’interno di tale apparecchiatura alla pressione di 11 bar si fa reagire il Cloroformio con Acido Fluoridrico ottenendo così Clorodifluorometano (CFC22) e Acido Cloridrico. Il reattore in pochi minuti si è depressurizzato all’aria senza che la Solvay dichiarasse alcuna emergenza. Non vogliamo dubitare che sia successo nulla di grave, ci chiediamo però se l’Arpa è stata informata, e se sì ,perchè non ha informato. Magari solo per tranquillizzare, considerando che il Cloroformio ha un effetto deprimente sul sistema nervoso centrale, può produrre danni al fegato dove viene metabolizzato in fosgene ed è cancerogeno (associato al carcinoma epatocellulare). A sua volta l’acido fluoridrico è estremamente tossico sia per inalazione che per contatto e danneggia il tessuto osseo e le vie nervose; l’ingestione è spesso mortale. Il Clorodifluorometano è una sostanza classificata come pericolosa ai sensi della Direttiva 67/548/CEE, persiste nell’aria e partecipa al processo di riduzione dello strato di ozono stratosferico.
In compenso l’Arpa ha convocato una conferenza stampa su cromo e PFOA per spiegare che oggi come ieri possiamo stare tranquilli: è tutto sotto controllo, come sempre.
Come il 19 marzo 2008, quando su un giornale locale viene intervistato il direttore dell’Arpa. A seguito di esposti in Procura, infatti, l’Arpa sta rispondendo al procuratore e al giornalista. Afferma Alberto Maffiotti: “L’intervento di bonifica dell’impianto Bicromati è regolare”. Tutto regolare, non c’è cromo a Spinetta Marengo, non esistono 500 milioni di metri cubi sotterrati, le falde non sono inquinate. Attenzione: le rassicurazioni ARPA sono rilasciate a marzo. A maggio, neanche due mesi dopo, la magistratura apre l’inchiesta sullo scandalo mentre il sindaco è costretto a chiudere tutti i pozzi!!!
Era tutto regolare per l’ARPA, facendo finta di non sapere che cinque mesi prima la Coopsette aveva trovato valori incredibili di cromo esavalente; o di non sapere delle decennali denunce della responsabile del laboratorio dello zuccherificio e di Medicina democratica. Anche volendo concedere la buona fede, come si può giustificare che l’Arpa dal 2002 al 2006 aveva rilevato “cromo totale” nei terreni della Fraschetta e non le è venuto in mente di accertare la logica presenza di “cromo esavalente”? Addirittura (sta scritto sui giornali) l’Arpa viene accusata di averlo sì rilevato tra il 2003 e il 2004: ma allora l’ha nascosto. Domande che abbiamo posto alla Procura. C’è di peggio nel rimpallo delle responsabilità: il Comune di Alessandria afferma che con ordinanza 2005 aveva impegnato sul “cromo esavalente” la Regione e l’Arpa, la quale Arpa nega di averla mai ricevuta. E’ tutta una matassa di rimpalli che dovrà essere districata dalla Magistratura.
Questi sono alcuni esempi di affidabilità dell’Arpa riferiti al cromo (comprereste voi una macchina usata da…?).
Facciamone altri sul PFOA.
Maffiotti afferma che “la pericolosità del PFOA è da provare” e al riguardo “non vi è letteratura scientifica”. Ignora o finge di ignorare (non so cosa sia più grave) che gli studi internazionali si occupano dei rischi Pfoa quanto meno dal 1972, come tossico e cancerogeno, e che l’EPA americana l’ha messo infine al bando la sostanza (chissà perché? si chiede Maffiotti), vietata con qualche ritardo si dirà, ma in netto anticipo rispetto all’Arpa che ancora oggi chiude gli occhi in attesa di una legge italiana che gli imponga di aprirli.
Bastava e basta fare un clic su internet (vedi es. allegato) per essere informati conoscendo un poco di inglese o con un traduttore.
Dov’era l’Arpa nel 2002 quando le emissioni di PFOA erano di quasi 100 volte superiori a quelle di oggi (dati Solvay)? Dov’era fino ad oggi?
Dov’era l’Arpa quando i valori di Pfoa nel sangue dei lavoratori erano 30 volte superiori a quelli odierni (che pur restano inammissibili: dovrebbero essere zero)?
Cosa ha fatto l’Arpa quando in Bormida e Tanaro il Pfoa è stato trovato (non per iniziativa Arpa) a livelli da 100 a 1.500 volte superiori a tutti i fiumi italiani ed europei?
TG3 Piemonte Solvay Solexis PFOA

Le Iene Solvay Solexis PFOA

CONFERENZA STAMPA

MEDICINA DEMOCRATICA E COMITATO SALUTE AMBIENTE TERRITORIO
CONFERENZA STAMPA GIOVEDI’ 12 NOVEMBRE ORE 18,30
CIRCOSCRIZIONE CENTRO VIA VENEZIA 7 ALESSANDRIA
NON MANCATE

Quale è stato il senso degli esposti di Medicina democratica alla Magistratura? Quale è il senso della partecipazione di Medicina democratica all’imminente processo per inquinamento da cromo esavalente & altri 20 veleni tossici e cancerogeni? Perché organizziamo a parti civili del processo i lavoratori e i cittadini ammalati e i famigliari dei deceduti?

Ce ne siamo sempre fatti carico: le preoccupazioni dei lavoratori e degli abitanti sono le nostre.
Le preoccupazioni dei lavoratori di perdere la salute.
Le preoccupazioni dei cittadini di perdere la salute.
Le preoccupazioni dei lavoratori di perdere il posto di lavoro.
Medicina democratica, infatti, è nata proprio dentro le fabbriche. Difende la salute per difendere l’occupazione. La fabbrica che inquina, inevitabilmente chiuderà.
Personalmente ho partecipato per 40 anni a denunce ambientali in tutta Italia, di cui moltissime alla Montedison di Spinetta Marengo, dove ho lavorato per 35 anni. Con queste denunce -prima come sindacalista e poi come ambientalista- ho costretto Montedison a spendere miliardi per il risanamento ambientale e ho salvato i posti di lavoro di tutti e il mio. Anche se quelle denunce (essendo incorruttibile e non terrorizzabile) mi sono costate note rappresaglie**.

Se il sindacato è partner invece di controparte del padrone, come oggi avviene, allora è succube e non cura gli interessi dei lavoratori. All’imprenditore interessa il profitto, talora ad ogni costo, spreme il limone (il lavoratore e gli impianti) fino in fondo e poi lo butta via. Il sindacato dovrebbe impedirglielo. Dunque dovrebbe (doveva) essere il sindacato per primo a chiedere la bonifica dello stabilimento, senza la quale la fabbrica chiuderà. Il sindacato dovrebbe sostenere la Procura e non criticare noi che siamo in perfetta consonanza con la Procura. Il sindacato deve chiedere, come noi, che la bonifica deve essere vera, togliendo i veleni sotterrati, e non finta come il progetto Amag di sciacquatura delle acque o il palliativo di un incontinente muro lungo e profondo chilometri. Deve chiedere, con noi e la Magistratura, che la bonifica la deve pagare la Solvay che i profitti se li è messi in tasca in Belgio.

Politici e amministratori pubblici sono abituati a far finta di fare, lasciando irrisolti i problemi a marcire.
Hanno fatto finta di fare l’Osservatorio ambientale della Fraschetta, e non quello vero, quello democratico da noi rivendicato da venti anni, quello vero, finanziato da loro ma controllato da noi. Hanno fatto finta, con l’Arpa, di controllare l’inquinamento aria-acqua-suolo spendendo miliardi pubblici con il famigerato progetto Linfa.
Ora fanno finta di affrontare l’inquinamento cromo e altri venti veleni con il fasullo progetto Amag, e non potendolo chiamare “bonifica” lo battezzano “messa in sicurezza”. Quando l’unica sicurezza per l’ambiente e l’occupazione è la bonifica del sito, togliere i veleni sotterrati. Forse la Provincia ha scoperto il trucco e parla al plurale: “verificare i migliori progetti”.
Ora il sindaco annuncia una indagine epidemiologica, così fa l’Arpa su cui la nostra fiducia è pari a zero. Il rischio è che siamo di nuovo ad una finta. L’indagine epidemiologica, che rivendichiamo dai tempi della piattaforma Osservatorio, deve essere svolta da esperti al di sopra di ogni sospetto, sotto diretto controllo popolare, deve comprendere malati e morti in un arco di almeno 50 anni, deve riguardare tutte le persone che in quell’arco di tempo hanno lavorato nel polo chimico di Spinetta e/o abitato nella Fraschetta. Per essere scientifica e attendibile. Altrimenti sarà l’ennesima finta.

** Il “confronto” con Montedison si è svolto, fra l’altro, a colpi di querele, esposti, denunce, manifestazioni, scioperi della fame, incatenamenti, chilometri di firme di solidarietà, titoli su titoli in giornali e TV; ventitré udienze in tribunale, sette cause in pretu
ra, quattro in appello, due in cassazione, tutte concluse felicemente ma piene di sofferenze: cassa integrazione, tre trasferimenti, mobbing, anni di dequalificazione professionale, di inattività assoluta, oltre ad uno stillicidio di tentati provvedimenti disciplinari e vertenze minori e, dulcis in fundo, tentato licenziamento.

VIVERE CON I VELENI

Luigi Pelazza con i proprietari del Ristorante di Alessandria “IL VICOLETTO”

Solvay Solexis – Cromo Esavalente e PFIB
Il servizio dell’inviato delle Iene Luigi Pelazza si è concentrato nella prima parte sul cromo esavalente, un minerale con caratteristiche tossiche e cancerogene, in grado di provocare sterilità e mutazioni genetiche. Il problema risale agli anni ’60 quando a Spinetta c’era ancora la Montedison che produceva, tra le altre sostanze chimiche, anche il bicromato di potassio, contenente per l’appunto il cromo esavalente, che all’epoca poteva essere smaltito, senza alcun problema, semplicemente dissotterrandolo nel terreno della fabbrica. Lo scandalo risiede nel fatto che fino al maggio 2008, per un tacito accordo tra Montedison e abitanti di Spinetta, questi ultimi utilizzavano gratuitamente l’acqua accettando la presenza dello stabilimento inquinante a pochi passi dalle case. A partire dal 28 maggio 2008, il sindaco di Alessandria Fabbio vieta ai cittadini di Spinetta di utilizzare l’acqua proveniente dalla falda vicina per uso potabile e irriguo, data l’alta concentrazione di cromo VI riscontrata dalle rilevazione dell’ASL. Nel 2002 la Solvay acquista il polo chimico, nonostante sia a conoscenza della presenza di cromo VI, e si impegna a disporre un piano di bonifica con le istituzioni per evitare l’inquinamento delle falde acquifere. Ma il cromo finisce nelle falde e i danni inevitabilmente ci sono: per esempio, nell’inverno del 2005, in uno dei magazzini dello stabilimento, in seguito allo scioglimento della neve, comincia a trasudare dai muri e dal pavimento un liquido giallognolo riconosciuto come cromo esavalente. Quando uno dei lavoratori si rivolge al superiore, non ricevendo chiarimenti in merito, avverte il servizio Spresal dell’Arpa, che, dopo le analisi, vieta l’ingresso senza dispositivi di sicurezza (mascherine, occhiali). E immediatamente lo stesso lavoratore che aveva fatto la denuncia viene licenziato. Dopo la denuncia del lavoratore, anche sui giornali compaiono servizi al riguardo (si veda l’articolo della Stampa del 27 maggio 2008 a firma di Massimo Putzu). La magistratura di Alessandria inizia degli accertamenti e invia quattro avvisi di garanzia a quattro dirigenti della Solvay per inquinamento ambientale. Pelazza passa poi ad intervista tre dirigenti della Solvay: il direttore generale Bigini, il responsabile dell’ufficio stampa Novelli e il direttore del personale Bessone. Secondo il direttore generale, il fabbricato di cui si parlava poco sopra è ancor oggi inquinato, mentre secondo il direttore del personale in quelle stanze non è mai entrato alcun lavoratore, nonostante la foto di una scrivania con cartelle di lavoro e un telefono sembrano sconfessarlo. Pelazza chiede anche informazioni riguardo la lavorazione del PFIB o perfluoroisobutene, altra sostanza altamente tossica se inalata. Dinanzi al documento della dott.ssa Valeria Giunta, responsabile per l’igiene ambientale della Solvay, nel quale era scritto che “nel caso di presunta presenza di PFIB, sospendere l’analisi fino a conferma dell’assistente…“, il direttore generale Bigini non sa letteralmente cosa dire. Gli stessi dirigenti sono così preoccupati che quando il giornalista si rivolge ad un ingegnere per avere chiarimenti in merito alle rilevazioni di fughe di PFIB, i dirigenti si mettono in mezzo alla discussione per evitare di far parlare serenamente l’ingegnere. L’inviato delle Iene si reca poi al laboratorio contaminato dal cromo VI; a rispondere alle domande è ora Novelli, responsabile dell’ufficio stampa. Afferma che il laboratorio è stato chiuso, ma solo nel momento in cui sono emerse anomalie: solo quando è stato ritrovato cromo esavalente ai lavoratori è stato impedito di operare al suo interno cosicché il direttore del personale è stato sbugiardato per la seconda volta. Infine Pelazza ci parla del cosiddetto “pozzo numero 8”, situato all’interno della fabbrica, il quale ha rifornito di acqua non solo la fabbrica ma anche molte famiglie di Spinetta Marengo e la cui acqua, a detta di Novelli, era potabile. Tuttavia anche questo pozzo è stato chiuso dall’ordinanza del sindaco di Alessandria e la ditta è stata costretta all’allacciamento con l’acquedotto, sebbene, secondo i dirigenti, tale decisione sia stata presa solo a scopo precauzionale. Di tutt’altro avviso Fabbio: il pozzo “non aveva i valori corretti“; inoltre, “la pericolosità dell’azienda sta nell’aria, non nell’acqua”, in quanto una perdita può portare “alla morte di tremila persone in mezz’ora“. Sconcertanti sono le testimonianze degli abitanti di Spinetta: tutti hanno bevuto l’acqua contaminata, si fidavano della Solvay. E poi gente che racconta della polvere rossa sui marciapiedi o delle calze sintetiche letteralmente mangiate dall’aria. Ma c’è anche chi fa presente che ieri la Montedison e oggi la Solvay vogliono dire lavoro: senza di essa ci sarebbero molti disoccupati.
Ringraziamo Aldo Bonaventura per il dettagliato resoconto del servizio.
Le Iene – Vivere con i Veleni – 27 ottobre 2009